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La nonviolenza e' in cammino. 540
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 540
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 19 Mar 2003 13:18:00 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 540 del 19 marzo 2003 Sommario di questo numero: 0. Comunicazione di servizio: il possibile 1. Ripudia la guerra 2. Guenther Anders, tesi sull'eta' atomica 3. Donne in nero, per Rachel 4. Operazione Colomba, dalla Striscia di Gaza 5. Un appello contro la guerra di ottocento reduci delle forze armate statunitensi 6. "Mediawatch", osservatorio sulle menzogne di guerra 7. Marinella Correggia, biciclette di pace 8. Ileana Montini: antropologia, intercultura e oppressione di genere 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 0. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: IL POSSIBILE Ci scusiamo con tutti i nostri interlocutori per il fatto che non riusciamo a pubblicare molti utilissimi interventi e non riusciamo neppure a rispondere che a una minima parte delle lettere piu' urgenti che ci pervengono. Ma alle centinaia di e-mail che riceviamo abitualmente ogni giorno, in queste ultime settimane e sempre piu' in questi ultimi giorni con l'approssimarsi della catastrofe bellica se ne sono aggiunte altre centinaia. Ci sforziamo di leggere tutte le lettere che ci giungono, e tutte e tutti coloro che ce le inviano ringraziamo di cuore. E tutti preghiamo di portare pazienza se sovente qualcosa di importante ci sfugge: cerchiamo di fare il possibile. 1. EDITORIALE. RIPUDIA LA GUERRA "L'Italia ripudia la guerra" e' scritto nella legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico; "tu non uccidere" e' scritto nelle tavole delle piu' importanti tradizioni di pensiero della cultura umana; "la guerra e' sempre omicidio di massa", ha scritto una volta per sempre Mohandas Gandhi. Alla guerra occorre opporsi sempre, poiche' di tutti i delitti essa e' il piu' grande, il piu' atroce. Massime nell'epoca in cui esistono armi efficienti ad annientare l'umanita' intera. Alla guerra occorre opporci tutti: dunque non aspettare che altri faccia qualcosa contro la guerra, sei anche tu che devi farlo. Con i tanti gesti di opposizione all'uccidere e di solidarieta' coi viventi, con le necessarie azioni che contrastino il terrore e le stragi, e costruiscano umana convivenza, umana dignita'. Con lo sciopero generale contro la guerra, con le azioni dirette nonviolente contro la macchina bellica, con la disobbedienza civile di massa ai poteri terroristi e stragisti, con la denuncia penale dei terroristi e stragisti. Con la scelta della nonviolenza. 2. MATERIALI. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA [Ancora una volta ripubblichiamo questo breve ma capitale testo di Guenther Anders. Ancora una volta proponendolo a tutti i nostri interlocutori come una occasione di riflessione e come uno strumento ermeneutico. Guenther Anders e' stato forse il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravivvenza stessa della civilta' umana. Insieme a Hannah Arendt, ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Il testo riprendiamo dall'appendice all'edizione italiana del libro di Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi (questo maestro grande e generoso che cogliamo l'occasione per salutare). Come li' si specifica, queste Tesi sull' eta' atomica sono "un testo improvvisato dall'autore dopo un dibattito sui problemi morali dell'eta' atomica organizzato da un gruppo di studenti dell'Universita' di Berlino-Ovest, e uscito nell'ottobre 1960 nella rivistina "Das Argument - Berliner Hefte fuer Politik und Kultur" [nota del traduttore]". Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, poi Linea d'ombra; La coscienza al bando - Il pilota di Hiroshima, Einaudi, poi Linea d'ombra; L'uomo e' antiquato, vol. I edito dal Saggiatore, vol. II edito da Bollati Boringhieri; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra; Opinioni di un eretico, Theoria; Noi figli di Eichmann, Giuntina; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo; Uomo senza mondo, Spazio Libri; Patologia della liberta', Palomar. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega"] Tesi sull'età atomica * Hiroshima come stato del mondo. Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, e' cominciata un nuova era: l'era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un'altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti modo negativo; ma potendo essere distrutti ad ogni momento, cio' significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest'epoca e' l'ultima: poiche' la sua differenza specifica, la possibilita' dell'autodistruzione del genere umano, non puo' aver fine - che con la fine stessa. * Eta' finale e fine dei tempi. La nostra vita si definisce quindi come "dilazione"; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda "Come dobbiamo vivere?" si e' sostituita quella: "Vivremo ancora?". Alla domanda del "come" c'e' - per noi che viviamo in questa proroga - una sola risposta: "Dobbiamo fare in modo che l'eta' finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo". Poiche' crediamo alla possibilita' di una "fine dei tempi", possiamo dirci apocalittici; ma poiche' lottiamo contro l"apocalissi da noi stessi creata, siamo (e' un tipo che non c'e' mai stato finora) "nemici dell'apocalissi". * Non armi atomiche nella situazione politica, ma azioni politiche nella situazione atomica. La tesi apparentemente plausibile che nell'attuale situazione politica ci sarebbero (fra l'altro) anche "armi atomiche", e' un inganno. Poiche' la situazione attuale e' determinata esclusivamente dall'esistenza di "armi atomiche", e' vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica. * Non arma ma nemico. Cio' contro cui lottiamo, non e' questo o quell'avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in se'. Poiche' questo nemico e' nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo. * Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: "La minaccia totalitaria puo' essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale". E' un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e' stata impiegata, e in una situazione in cui non c'era affatto il pericolo, per chi la impiego', di soccombere a un potere totalitario. 2) L'argomento e' un relitto dell'epoca del monopolio atomico; oggi e' un argomento suicida. 3) Lo slogan "totalitario" e' desunto da una situazione politica, che non solo e' gia' essenzialmente mutata, ma continuera' a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita' di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e' totalitaria per sua natura: poiche' vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta', l'assoluta privazione della stessa, e' il non plus ultra dell'ipocrisia. * Cio' che puo' colpire chiunque riguarda chiunque. Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle "cortine". Cosi', nell'eta' finale, non ci sono piu' distanze. Ognuno puo' colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro agli effetti dei nostri prodotti (che non ci procurerebbe solo ignominia mortale, ma morte ignominiosa), dobbiamo fare in modo che l'orizzonte di cio' che ci riguarda, e cioe' l'orizzonte della nostra responsabilita', coincida con l'orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioe' che diventi anch'esso globale. Non ci sono piu' che "vicini". * Internazionale delle generazioni. Cio' che si tratta di ampliare, non e' solo l'orizzonte spaziale della responsabilita' per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiche' le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch'esse rientrano nell'ambito del nostro presente. Tutto cio' che e' "venturo" e' gia' qui, presso di noi, poiche' dipende da noi. C'e', oggi, un'"internazionale delle generazioni", a cui appartengono gia' anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa "internazionale": poiche' con la nostra fine perirebbero anch'essi, per la seconda volta (se cosi' si puo' dire) e definitivamente. Anche adesso sono "solo stati"; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati. * Il nulla non concepito. Cio' che conferisce il massimo di pericolosita' al pericolo apocalittico in cui viviamo, e' il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) e' gia' di per se' abbastanza difficile; ma e' un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiche' questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l'inesistenza di qualcosa di particolare, in un contesto universale supposto stabile e permanente, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioe' il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa "astrazione totale" (che corrisponderebbe, sul piano del pensiero e dell'immaginazione, alla nostra capacita' di distruzione totale) trascende le forze della nostra immaginazione naturale. "Trascendenza del negativo". Ma poiche', come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacita' limitata della nostra immaginazione (la nostra "ottusita'") non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla. * Utopisti a rovescio. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: "Noi siamo inferiori a noi stessi", siamo incapaci di farci un'immagine di cio' che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo "utopisti a rovescio": mentre gli utopisti non sanno produrre cio' che concepiscono, noi non sappiamo immaginare cio' che abbiamo prodotto. * Lo "scarto prometeico". Non e' questo un fatto fra gli altri; esso definisce, invece, la situazione morale dell'uomo odierno: la frattura che divide l'uomo (o l'umanita') non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l'inclinazione, ma fra la nostra capacita' produttiva e la nostra capacita' immaginativa. Lo "scarto prometeico". * Il "sopraliminare". Questo "scarto" non divide solo immaginazione e produzione, ma anche sentimento e produzione, responsabilita' e produzione. Si puo' forse immaginare, sentire, o ci si puo' assumere la responsabilita', dell'uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto piu' grande e' l'effetto possibile dell'agire, e tanto piu' e' difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto piu' grande lo "scarto", tanto piu' debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, e' infinitamente piu' facile che ammazzare una sola persona. Al "subliminare", noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare gia' una reazione), corrisponde il "sopraliminare": cio' che e' troppo grande per provocare ancora una reazione (per esempio un meccanismo inibitorio). * La sensibilita' deforma, la fantasia e' realistica. Poiche' il nostro orizzonte vitale (l'orizzonte entro cui possiamo colpire ed essere colpiti) e l'orizzonte dei nostri effetti e' ormai illimitato, siamo tenuti, anche se questo tentativo contraddice alla "naturale ottusita'" della nostra immaginazione, a immaginare questo orizzonte illimitato. Nonostante la sua naturale insufficienza, e' solo l'immaginazione che puo' fungere da organo della verita'. In ogni caso, non e' certo la percezione. Che e' una "falsa testimone": molto, ma molto piu' falsa di quanto avesse inteso ammonire la filosofia greca. Poiche' la sensibilita' e' - per principio - miope e limitata e il suo orizzonte assurdamente ristretto. La terra promessa degli "escapisti" di oggi non e' la fantasia, ma la percezione. Di qui il nostro (legittimo) disagio e la nostra diffidenza verso i quadri normali (dipinti, cioe', secondo la prospettiva normale): benche' realistici in senso tradizionale, sono (proprio loro) irrealistici, perche' sono in contrasto con la realta' del nostro mondo dagli orizzonti infinitamente dilatati. * Il coraggio di aver paura. La viva "rappresentazione del nulla" non si identifica con cio' che si intende in psicologia per "rappresentazione"; ma si realizza in concreto come angoscia. Ad essere troppo piccolo, e a non corrispondere alla realta' e al grado della minaccia, e' quindi il grado della nostra angoscia. - Nulla di piu' falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo gia' nell'"epoca dell'angoscia". Questa tesi ci e' inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell'epoca della minimizzazione e dell'inettitudine all'angoscia. L'imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Postulato: "Non aver paura della paura, abbi coraggio di aver paura. E anche quello di far paura. Fa' paura al tuo vicino come a te stesso". Va da se' che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale: 1) Un'angoscia senza timore, poiche' esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi. 2) Un'angoscia vivificante, poiche' invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze. 3) Un'angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di cio' che potrebbe capitarci. * Fallimento produttivo. L'imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finche' corrispondano a quella di cio' che possiamo produrre e provocare, si rivelera' continuamente irrealizzabile. Non e' nemmeno detto che questi tentativi ci consentano di fare qualche passo in avanti. Ma anche in questo caso non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso e' salutare, poiche' ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre cio' che non possiamo immaginare. * Trasferimento della distanza. Riassumendo cio' che si e' detto sulla "fine delle distanze" e sullo "scarto" tra le varie facolta' (e solo cosi' ci si puo' fare un'idea completa della situazione), risulta che le distanze spaziali e temporali sono state bensi' "soppresse"; ma questa soppressione e' stata pagata a caro prezzo con una nuova specie di "distanza": quella, che diventa ogni giorno piu' grande, fra la produzione e la capacita' di immaginare cio' che si produce. * Fine del comparativo. I nostri prodotti e i loro effetti non sono solo diventati maggiori di cio' che possiamo concepire (sentire, o di cui possiamo assumerci la responsabilita'), ma anche maggiori di cio' che possiamo utilizzare sensatamente. E' noto che la nostra produzione e la nostra offerta superano spesso la nostra domanda (e ci costringono a produrre appositamente nuovi bisogni e richieste); ma la nostra offerta trascende addirittura il nostro bisogno, consiste di cose di cui non possiamo avere bisogno: cose troppo grandi in senso assoluto. Cosi' ci siamo messi nella situazione paradossale di dover addomesticare i nostri stessi prodotti; di doverli addomesticare come abbiamo addomesticato finora le forze della natura. I nostri tentativi di produrre armi cosiddette "pulite", sono senza precedenti nel loro genere: poiche' con essi cerchiamo di migliorare certi prodotti peggiorandoli, e cioe' diminuendo i loro effetti. L'aumento dei prodotti non ha quindi piu' senso. Se il numero e gli effetti delle armi gia' oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l'aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora piu' assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo - principio del progresso e della concorrenza - ha perduto ogni senso. Piu' morto che morto non e' possibile diventare. Distruggere meglio di quanto gia' si possa, non sara' possibile neppure in seguito. * Richiamarsi alla competenza e' prova d'incompetenza morale. Sarebbe una leggerezza pensare (come fa, per esempio, Jaspers) che i "signori dell'apocalissi", quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, siano piu' di noi all'altezza di queste esigenze schiaccianti, o che sappiano immaginare l'inaudito meglio di noi, semplici "morituri"; o anche solo che siano consapevoli di doverlo fare. Assai piu' legittimo e' il sospetto: che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel "campo dei problemi atomici e del riarmo", e invitandoci a non "immischiarci". L'uso di questi termini e' addirittura la prova della loro incompetenza morale: poiche' in tal modo essi mostrano di credere che la loro posizione dia loro il monopolio e la competenza per decidere del "to be or not to be" dell'umanita'; e di considerare l'apocalissi come un "ramo specifico". E' vero che molti di loro si appellano alla "competenza" solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola "democrazia" ha un senso, e' proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la "res publica", che vanno, cioe', al di la' della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E non si puo' dire che cosi' facendo ci "immischiamo" di nulla, poiche' come cittadini e come uomini siamo "immischiati" da sempre, perche' anche noi siamo la "res publica". E un problema piu' "pubblico" dell'attuale decisione sulla nostra sopravvivenza non c'e' mai stato e non ci sara' mai. Rinunciando a "immischiarci", mancheremmo anche al nostro dovere democratico. * Liquidazione dell'"agire". La distruzione possibile dell'umanita' appare come un'"azione"; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. E' giusto? Si' e no. Perche' no? Perche' l'"agire"" in senso behavioristico non esiste pressoche' piu'. E cioe': poiche' cio' che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall'agente, e' stato sostituito da processi di altro tipo: 1) dal lavorare; 2) dall'azionare. 1) Lavoro come surrogato dell'azione. Gia' quelli che erano impiegati negli impianti di liquidazione hitleriani non avevano "fatto nulla", credevano di non aver fatto nulla perche' si erano limitati a "lavorare". Per questo "lavorare" intendo quel tipo di prestazione (naturale e dominante, nella fase attuale della rivoluzione industriale) in cui l'eidos del lavoro rimane invisibile per chi lo esegue, anzi, non lo riguarda piu', e non puo' ne' deve piu' riguardarlo. Caratteristica del lavoro odierno e' che esso resta moralmente neutrale: "non olet", nessuno scopo (per quanto cattivo) del suo lavoro puo' macchiare chi lo esegue. A questo tipo dominante di prestazione sono oggi assimilate quasi tutte le azioni affidate agli uomini. Lavoro come mimetizzamento. Questo mimetizzamento evita all'autore di un eccidio di sentirsi colpevole, poiche' non solo non occorre rispondere del lavoro che si fa, ma esso - in teoria - non puo' rendere colpevoli. Stando cosi' le cose, dobbiamo rovesciare l'equazione attuale ("ogni agire e' lavorare") nell'altra: "ogni lavorare e' un agire". 2) Azionare come surrogato del lavoro. Cio' che vale per il lavoro, vale a maggior ragione per l'azionare, poiche' l'azionare e' il lavoro in cui e' abolito anche il carattere specifico del lavoro: lo sforzo e il senso dello sforzo. Azionare come mimetizzamento. Oggi, in realta', si puo' fare in tal modo pressoche' tutto, si puo' avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. In questo caso (dal punto di vista behavioristico) questo intervento non e' piu' un lavoro (per non parlare di un'azione). Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l'effetto di questo non-far-nulla e' il nulla e l'annientamento). L'uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge piu' nemmeno di fare qualcosa; e poiche' il luogo dell'azione e quello che la subisce non coincidono piu', poiche' la causa e l'effetto sono dissociati, non puo' vedere che cosa fa. "Schizotopia", in analogia a "schizofrenia". E' chiaro che solo chi arriva a immaginare l'effetto ha la possibilita' della verita'; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento e' senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell'azione, e cioe' al nemico, di scorgere il pericolo imminente (o a proteggere gli autori dal nemico), oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all'autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l'autore e' una vittima; in questo senso Eatherly e' una delle vittime della sua azione. * Le forme menzognere della menzogna attuale. Gli esempi di mascheramento ci istruiscono sul carattere della menzogna attuale. Poiche' oggi le menzogne non hanno piu' bisogno di figurare come asserzioni ("fine delle ideologie"). La loro astuzia consiste proprio nello scegliere forme di travestimento davanti a cui non puo' piu' sorgere il sospetto che possa trattarsi di menzogne; e cio' perche' questi travestimenti non sono piu' asserzioni. Mentre le menzogne, finora, si erano camuffate ingenuamente da verita', ora si camuffano in altre guise: 1) Al posto di false asserzioni subentrano parole singole, che danno l'impressione di non affermare ancora nulla, anche se, in realta', hanno gia' in se' il loro (bugiardo) predicato. Cosi', per esempio, l'espressione "armi atomiche" e' gia' un'asserzione menzognera, poiche' sottintende, poiche' da' per scontato, che si tratta di armi. 2) Al posto di false asserzioni sulla realta' subentrano (e siamo al punto che abbiamo appena trattato) realta' falsificate. Cosi' determinate azioni, presentandosi come "lavori", sono rese diverse e irriconoscibili; cose' irriconoscibili, e diverse da un'azione, che non rivelano piu' (neppure all'agente) quello che sono (e cioe' azioni); e gli permettono, purche' lavori "coscienziosamente', di essere un criminale con la miglior coscienza del mondo. 3) Al posto di false asserzioni subentrano cose. Finche' l'agire si traveste ancora da "lavorare", e' pur sempre l'uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioe' che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest'ultimo residuo: il che e' gia' accaduto. Poiche' l'agire si e' trasferito (naturalmente in seguito all'agire degli uomini) dalle mani dell'uomo in tutt'altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per cosi' dire, "azioni incarnate". La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) e' un ricatto costante: e nessuno potra' negare che il ricatto e' un'azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma piu' menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c'entriamo. Assurdita' della situazione: nell'atto stesso in cui siamo capaci dell'azione piu' enorme - la distruzione del mondo - l'"agire", in apparenza, e' completamente scomparso. Poiche' la semplice esistenza dei nostri prodotti e' gia' un "agire", la domanda consueta: che cosa dobbiamo "fare" dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come "deterrent"), e' una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito. * Non reificazione, ma pseudopersonalizzazione. Con l'espressione "reificazione" non si coglie il fatto che i prodotti sono, per cosi' dire, "agire incarnato", poiche' essa indica esclusivamente il fatto che l'uomo e' ridotto qui alla funzione di cosa; ma si tratta invece dell'altro lato (trascurato, finora, dalla filosofia) dello stesso processo: e cioe' del fatto che cio' che e' sottratto all'uomo dalla reificazione, si aggiunge ai prodotti: i quali, facendo qualcosa gia' per il semplice fatto di esistere, diventano pseudopersone. * Le massime delle pseudopersone. Queste pseudopersone hanno i loro rigidi principii. Cosi', per esempio, il principio delle "armi atomiche" e' affatto nichilistico, poiche' per esse "tutto e' uguale". In esse il nichilismo ha toccato il suo culmine, dando luogo all'"annichilismo" piu' totale. Poiche' il nostro agire si e' trasferito nel lavoro e nei prodotti, un esame di coscienza non puo' consistere oggi soltanto nell'ascoltare la voce nel nostro petto, ma anche nel captare i principii e le massime mute dei nostri lavori e dei nostri prodotti; e nel revocare e rendere inoperante quel trasferimento: e cioe' nel compiere solo quei lavori dei cui effetti potremmo rispondere anche se fossero effetti del nostro agire diretto; e nell'avere solo quei prodotti la cui presenza "incarna" un agire che potremmo assumerci come agire personale. * Macabra liquidazione dell'ostilita'. Se il luogo dell'azione e quello che la subisce sono, come si e' detto, dissociati, e non si soffre piu' nel luogo dell'azione, l'agire diventa agire senza effetto visibile, e il subire subire senza causa riconoscibile. Si determina cosi' un'assenza d'ostilita', peraltro affatto fallace. La guerra atomica possibile sara' la piu' priva d'odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odiera' il nemico, poiche' non potra' vederlo; e la vittima non odiera' chi lo colpisce, poiche' questi non sara' reperibile. Nulla di piu' macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l'amore positivo). Cio' che piu' sorprende nei racconti delle vittime di Hiroshima, e' quanto poco (e con che poco odio) vi siano ricordati gli autori del colpo. Certo l'odio sara' ritenuto indispensabile anche in questa guerra, e sara' quindi prodotto come articolo a se'. Per alimentarlo, si indicheranno (e, al caso, s'inventeranno) oggetti d'odio ben visibili e identificabili, "ebrei" di ogni tipo; in ogni caso nemici interni: poiche' per poter odiare veramente occorre qualcosa che possa cadere in mano. Ma quest'odio non potra' entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelera' anche in cio', che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi. * Non solo per quest'ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perche' non risultino vere. Poiche' esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilita', e se agiremo in conseguenza. Nulla di piu' terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilita' della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!". 3. APPELLI. DONNE IN NERO: PER RACHEL [Dalle Donne in nero (per contatti: e-mail: lmorgantini at europarl.eu.int) riceviamo e diffondiamo] All'Ambasciata di Israele in Italia Alla Rappresentanza delle Nazioni Unite in Italia All'Ambasciata degli Usa in Italia Al Ministro degli Esteri del governo italiano Domenica 16 marzo 2003, a Rafah nella striscia di Gaza, un bulldozer dell'esercito israeliano ha ucciso una giovane attivista del Movimento Internazionale di Solidarieta' (ISM). Rachel Corry, 23 anni, studentessa, di nazionalita' statunitense, aveva osato interporre il suo corpo tra la macchina da guerra di Sharon e una casa palestinese destinata alla demolizione dalla sommaria giustizia israeliana. Sono centinaia le case palestinesi demolite negli ultimi due anni, colpevoli di essere sul tracciato di una nuova strada israeliana o troppo vicine ad una colonia ebraica o focolare della famiglia di un kamikaze. Queste demolizioni, esplicitamente proibite dalle convenzioni internazionali, non sono che una delle tante violazioni dei diritti umani perpetrate dall'occupazione militare. Rachel credeva nel diritto internazionale ed era a Rafah per difenderlo, spinta dall'indignazione per l'inazione delle organizzazioni internazionali. Il dolore per la sua morte, come quello per le tante vittime innocenti dei conflitti armati che tormentano il mondo, ci impone di chiedere ancora una volta al governo di Israele di mettere fine all'occupazione dei territori palestinesi, alle Nazioni Unite di inviare immediatamente in Medio Oriente una forza di protezione della popolazione civile, al governo degli Usa e al governo Italiano di impegnarsi concretamente affinche' il diritto internazionale sia rispettato in quella terra come in tutti gli altri paesi del mondo. Ci appelliamo inoltre al movimento per una pace giusta in Palestina e Israele affinche' continui a garantire la sua presenza nei territori occupati. Donne in Nero Per informazioni contattare Luisa Morgantini: tel. 0669950217, fax 0669950200, e-mail: lmorgantini at europarl.eu.int 4. TESTIMONIANZE. OPERAZIONE COLOMBA: DALLA STRISCIA DI GAZA [Dagli amici dell'Operazione Colomba (per contatti: operazione.colomba at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Tra il 16 e 17 marzo, dieci persone sono rimaste uccise dal fuoco israeliano nella Striscia di Gaza. Una di queste persone era un attivista nonviolenta americana, membro dell'International Solidarity Movement (ISM), un'organizzazione pacifista che da diversi mesi lavora nel sud della Striscia di Gaza, nella citta' di Rafah. Nel pomeriggio del 16 marzo, bulldozer dell'IDF (Israeli Defense Force) sono penetrati in un sobborgo nei pressi del campo profughi della citta' di Rafah, nell'estremo sud della Striscia, per effettuare la demolizione di abitazioni palestinesi. Nel tentativo di bloccare l'operazione, otto attivisti dell'ISM si sono interposti tra le case e un bulldozer; tra questi, Rachel Corey, ventitreenne statunitense, che e' rimasta seppellita da un cumulo di macerie riversato sopra di lei dal bulldozer, nonostante i suoi compagni urlassero al conducente di arrestarsi. Un ragazzo di 17 anni e' invece rimasto ucciso nel quartiere di el-Amal, nella citta' di Khan Younis, colpito dal fuoco israeliano mentre giocava a calcio con alcuni amici tra i quali tre sono rimasti feriti, mentre un uomo di 43 anni e' morto a Rafah. Nella prima mattinata del 17 marzo nel campo profughi di Nuseirat, sei palestinesi, tra cui una bambina di tre anni, sono rimasti uccisi in seguito ad un raid effettuato dalle forze di sicurezza israeliane; mentre nel nord della Striscia, nella cittadina di Beit Lahia, tre persone sono state uccise e centinaia di palestinesi di eta' superiore ai 15 anni sono stati arrestati, riuniti in una scuola e li' interrogati. Questi fatti, purtroppo parte della normalita' dei Territori palestinesi occupati, aggravano la gia' critica situazione della gente che vive nella Striscia di Gaza. La presenza internazionale nei territori occupati e nella striscia di Gaza in particolare, rappresenta in questo momento l'unico strumento di protezione e sostegno per la popolazione civile palestinese; si connota decisamente come una presenza nonviolenta, e' capace di affiancare la sofferenza e la disperazione dei civili costretti a vivere da piu' di due anni nell'implacabile morsa militare israeliana. Non si tratta di persone che cercano la morte eroica, ne' di esagitati; si tratta di persone di diverse parti del mondo che mettono a repentaglio la propria vita per difendere nonviolentemente quella di donne, bambini, anziani come loro. Non e' la prima volta che gli internazionali diventano obiettivo militare ed il prezzo in vite umane diventa sempre piu' alto, ma ci sembra irrinunciabile l'opera di denuncia delle violazioni dei diritti umani, di interposizione nonviolenta, di accompagnamento della popolazione, in cui sono coinvolte persone di tante parti del mondo, in prima fila i gruppi nonviolenti israeliani. I volontari dell'Operazione Colomba - Associazione Papa Giovanni XXIII, pur esprimendo forte preoccupazione per quanto accaduto, confermano la loro presenza a fianco della gente comune, le prime vittime di questo conflitto, le ultime ad essere ricordate. 5. APPELLI. UN APPELLO CONTRO LA GUERRA DI OTTOCENTO REDUCI DELLE FORZE ARMATE STATUNITENSI [Da Mariagrazia Bonollo, dell'ufficio stampa dei "Beati i Costruttori di Pace" (per contatti: tel. 0445344264, o anche 3482202662, e-mail: salbega at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo questo appello] Siamo reduci delle Forze Armate statunitensi. Siamo a fianco della maggioranza della popolazione mondiale, insieme a milioni di donne e uomini anche del nostro Paese, e ci opponiamo con determinazione alla guerra contro l'Iraq che gli Stati Uniti intendono portare avanti. Le nostre esperienze attraversano varie epoche e guerre, abbiamo idee politiche diverse, ma concordiamo tutti nel ritenere questa guerra sbagliata. Molti di noi credevano che prestare servizio militare fosse il nostro dovere e che il nostro compito consistesse nel difendere questo paese. Le nostre esperienze nell'esercito invece ci hanno fatto riflettere ed abbiamo messo in discussione molto di cio' che ci era stato insegnato. Adesso riteniamo che il nostro vero dovere sia quello di incoraggiare voi, membri delle Forze Armate Usa, a scoprire quale sia la motivazione reale per la quale vi mandano a combattere e a morire, e quali saranno le conseguenze delle vostre azioni sull'umanita' intera. Facciamo appello a voi, militari effettivi e riservisti, affinche' obbediate alla vostra coscienza e facciate la cosa giusta. * Nell'ultima guerra del Golfo, come soldati, ci fu ordinato di uccidere da una distanza di sicurezza. Abbiamo distrutto la maggior parte dell'Iraq dal cielo, uccidendo centinaia di migliaia di persone, civili compresi. Ci ricordiamo bene della strada per Bassora, l'autostrada della morte, dove ci avevano ordinato di uccidere gli iracheni che scappavano. Abbiamo spianato con i bulldozer le trincee sotterrando persone ancora vive. L'uso delle armi all'uranio impoverito ha reso molti campi di battaglia radioattivi. L'ingente utilizzo di pesticidi, farmaci sperimentali, l'incendio di depositi di armi chimiche, hanno creato un cocktail tossico che ha avvelenato sia il popolo iracheno che i reduci della Guerra del Golfo. Un reduce su quattro della Guerra del Golfo oggi e' un disabile. * Durante la guerra del Vietnam ci fu ordinato di distruggere il Vietnam sia dal cielo che a terra. A My Lai abbiamo massacrato piu' di 500 persone tra vecchi, donne e bambini. E questa non e' stata un'azione aberrante: e' cosi' che abbiamo combattuto quella guerra. Abbiamo usato il diserbante "Agent Orange" sul nemico, e in seguito ne abbiamo sperimentato gli effetti sulla nostra pelle. Sappiamo come si presenta e come ti riduce la sindrome da stress post traumatico, perche' i fantasmi di piu' di due milioni di donne, uomini e bambini invadono i nostri sogni. Sono piu' numerosi i reduci morti per suicidio dopo la guerra che quelli che morirono in combattimento. * Se decidete di prendere parte all'invasione dell'Iraq voi apparterrete ad un esercito invasore. Lo sapete cosa si prova a guardare negli occhi gente che vi odia con tutto il cuore? Dovreste pensare a cosa rappresenta realmente la vostra missione. Vi mandano ad invadere ed occupare territori in cui le persone, persone esattamente come voi e noi, stanno solo cercando di crescere i loro figli e vivere le loro vite. Non rappresentano una minaccia per gli Stati Uniti anche se hanno un dittatore brutale come leader. Ma chi sono gli Stati Uniti per dire al popolo iracheno come deve condurre il proprio Paese quando moltissimi statunitensi pensano che il proprio presidente sia stato eletto illegalmente? Saddam e' stato duramente attaccato per aver avvelenato con il gas la sua stessa gente e per aver cercato di produrre armi di distruzione di massa. Eppure quando Saddam ha compiuto i suoi peggiori crimini godeva dell'appoggio degli Stati Uniti. Questo sostegno significava anche la fornitura di mezzi per la produzione di armi chimiche e biologiche. Anche l'embargo e le numerose sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti hanno contribuito a decimare il popolo iracheno, uccidendo piu' di un milione di persone, in maggioranza neonati e bambini. Dopo aver distrutto tutte le infrastrutture del paese, inclusi ospedali, generatori elettrici ed impianti di trattamento dell'acqua, gli Stati Uniti con le loro sanzioni hanno poi bloccato l'importazione di beni di prima necessita' e medicine, indispensabili alla sopravvivenza. * Non c'e' onore nell'omicidio. Questa guerra e' un omicidio detto in altri termini. Quando in una guerra ingiusta, una bomba vagante colpisce una madre con la sua bambina, non e' un "danno collaterale", e' un omicidio. Quando in una guerra ingiusta un bambino muore per dissenteria perche' una bomba ha danneggiato l'impianto di trattamento delle acque di scolo, non si tratta di un'azione di "distruzione delle infrastrutture nemiche", ma di omicidio. Quando in una guerra ingiusta un padre muore di infarto perche' una bomba ha distrutto le linee telefoniche impedendogli di chiamare i soccorsi, non si tratta di "annientamento dei servizi di comando e di controllo", ma si tratta di omicidio. Quando in una guerra ingiusta, piu' di mille soldati di leva provenienti dalla campagna muoiono in una trincea nel tentativo di difendere la citta' dove sono nati e cresciuti, non e' "vittoria", ma omicidio. * Ci saranno reduci che porteranno avanti numerose proteste contro questa guerra all'Iraq e alla vostra partecipazione ad essa. Durante la guerra del Vietnam migliaia di militari in Vietnam e negli Stati Uniti si sono rifiutati di eseguire gli ordini. Molti hanno fatto resistenza e si sono ribellati. Molti sono diventati obiettori di coscienza ed altri sono andati in prigione piuttosto che impugnare le armi di fronte al cosiddetto nemico. Durante l'ultima guerra del Golfo molti soldati semplici hanno portato avanti forme di opposizione in vari modi e per ragioni differenti. Molti di noi sono usciti da queste guerre e si sono aggregati al movimento di opposizione alla guerra. * Affinche' un giorno tutte le persone nel mondo possano essere libere, dovra' pure arrivare il momento in cui sara' piu' importante essere cittadino del mondo che non essere soldato di un paese. Questo momento e' arrivato. Quando vi arrivera' l'ordine di partire, ricordate che la vostra risposta avra' un forte impatto sulle vite di milioni di persone del Medio Oriente e anche del nostro Paese. La vostra risposta aiutera' a cambiare il corso del nostro futuro. Avrete altre scelte da fare sul vostro cammino. I vostri comandanti vogliono che voi obbediate. Noi vi spingiamo a riflettere. Vogliamo che scegliate in base alla vostra coscienza. Se sceglierete di resistere, noi vi sosterremo perche' abbiamo capito che il nostro vero dovere e' quello di stare dalla parte delle persone di tutto il mondo e di contribuire alla creazione del nostro comune futuro. * Seguono piu' di 800 firme di reduci della US Army, US Navy, US Air Force, US Marine Corps, National Guard che hanno prestato servizio nella seconda guerra mondiale, nella guerra di Corea, nella guerra del Vietnam, nella prima guerra del Golfo. Sono le firme raccolte dal 6 dicembre 2002 al 2 marzo 2003; la raccolta delle firme continua. 6. INFORMAZIONE. "MEDIAWATCH", OSSERVATORIO SULLE MENZOGNE DI GUERRA [Da Peacelink (per contatti: info at peacelink.it) riceviamo e volentieri diffondiamo. Vorremmo solo garbatamente aggiungere che ancor piu' necessario e urgente a nostro modesto avviso sarebbe contrastare le idiozie e le menzogne che pullulano sui media pacifisti] Dalla societa' civile prende vita una "commissione di vigilanza popolare", che documentera' i casi in cui l'informazione italiana si trasforma in propaganda. L'iniziativa parte da un gruppo di siti e riviste di informazione indipendente: Altreconomia, Azione Nonviolenta, Buone Nuove, Guerre & Pace, Information Guerrilla, Informazione senza frontiere, PeaceLink, Terre di Mezzo, Unimondo, Vita, Volontari per lo sviluppo. All'indirizzo http://www.peacelink.it/mediawatch parte la raccolta delle "bufale" e delle faziosita'. * "Non riuscivo a credere che i giornalisti fossero qui per firmare praticamente pezzi scritti dai militari. Tutto questo e' il contrario di quello che ha sempre significato l'America, liberta' di pensare, liberta' di scrivere" (dichiarazione di Oriana Fallaci nel 1991, al ritorno dalla prima guerra del Golfo). * Nel 1991, durante la prima azione di guerra della Nato contro l'Iraq, i mezzi di informazione hanno inventato la favola delle "bombe intelligenti", capaci di fare distinzione tra "buoni" e "cattivi". Solamente a cose fatte le stesse autorita' militari statunitensi hanno spiegato che le "bombe intelligenti" erano state solamente il sette per cento degli ordigni sganciati. Come se questo non bastasse, 77 "bombe intelligenti" su 167 hanno mancato il bersaglio. e anche il 70 per cento delle 80.000 tonnellate di esplosivo sganciate durante l'operazione "Desert Storm" ha raggiunto obiettivi diversi da quelli prefissati. Questi dati sono stati occultati da un silenzio omertoso, e ancora oggi qualcuno cerca di farci credere alla "bufala" degli ordigni selettivi e dotati di senso critico. Questa volta, pero', l'opinione pubblica non e' impreparata. Dieci anni di propaganda e informazione manipolata dal Kossovo all'Afghanistan, uniti a dieci anni di esperienza nell'attivismo digitale ci hanno insegnato a difenderci dalle bugie con cui gli strateghi dell'"information warfare" e i "giornalisti con l'elmetto" inquinano il sistema dell'informazione. La nostra arma nonviolenta per difenderci dalle informazioni manipolate sara' l'articolo 8 della legge sulla stampa, la 47 del 1948, che da' a qualunque cittadino il diritto di ottenere una rettifica sulla pubblicazione di notizie false che lo riguardano. Questi venti di guerra riguardano ognuno di noi, e pertanto richiederemo alle testate giornalistiche e televisive di rettificare tutte le informazioni false o manipolate. Ci rivolgiamo ai cittadini che davanti al teleschermo o leggendo il giornale lottano contro la rabbia e il senso di impotenza che nascono da affermazioni palesemente false o faziose. Ci rivolgiamo ai giornalisti e agli operatori dei media che vorrebbero esprimere il loro disagio per tutte le manipolazioni, gli imbrogli, le scorrettezze e le violazioni deontologiche a cui assistono senza poter reagire. Ci rivolgiamo a tutte le realta' di informazione indipendente, ai mediattivisti, alle associazioni e alle organizzazioni di volontariato dell'informazione. Ci rivolgiamo a tutte le persone di buona volonta' che vogliono ribellarsi contro chi gioca a rimpiattino con le coscienze. Ci rivolgiamo anche alle persone che pur non essendo contrarie alla guerra, sono contrarie alla menzogna. A tutti loro chiediamo di segnalare tutte le informazioni false, faziose, parziali o inesatte che riguardano l'eventualita' di un attacco militare all'Iraq o altre azioni di guerra presenti e passate. Tutte le segnalazioni vanno effettuate all'indirizzo www.peacelink.it/mediawatch Le organizzazioni che promuovono questa iniziativa si impegnano a raccogliere e produrre documenti, articoli, approfondimenti e riflessioni sul ruolo dell'informazione in tempo di guerra, per rendere un servizio a tutti coloro che vorranno leggere tra le righe della propaganda per cercare la verita' nascosta dietro le regole dell'"infotainment" e dell'informazione spettacolo. Il supposto tecnico per questa raccolta di segnalazioni e' messo a disposizione dall'associazione PeaceLink, che non intende proporsi come gestore centralizzato di questa iniziativa, ma vuole semplicemente offrire uno spazio aperto a tutti e un luogo comune di raccolta delle controinformazioni sulle "bufale" giornalistiche e televisive. Questa "commissione popolare di vigilanza" sul sistema dei media non avra' un capo ne' un padrone, e il suo lavoro sara' costruito a partire dal libero contributo di tutti coloro che parteciperanno a questa iniziativa. Oggi piu' che mai i giornali e la televisione sono chiamati a rispondere del loro operato, e la lista delle cose di cui rendere conto verra' costruita da ciascuno di noi. Per informazioni: e-mail: info at peacelink.it; tel. 3492258342 (Carlo Gubitosa). 7. INIZIATIVE. MARINELLA CORREGGIA: BICICLETTE DI PACE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 16 marzo 2003] Contro la guerra cambia la vita. Ad esempio, pedala anziche' guidare. Gia' nell'autunno scorso alcuni militanti pacifisti statunitensi manifestavano in bici, per mostrare il nesso fra gli elevati consumi di petrolio e la conseguente avidita' rispetto ai pozzi, un'avidita' madre di guerre. Nei prossimi giorni a Washington i pedali contro la guerra saranno una delle azioni del movimento statunitense. In queste azioni (economiche) dirette, l'Italia non e' da meno. Con il coordinamento dei Gruppi di azione nonviolenta (i Gan promosso dalla Rete di Lilliput) le biciclettate munite di bandiera della pace "contro la guerra del petrolio" sono iniziate in alcune citta' nel lontano 29 novembre, giornata del non acquisto (di benzina, in questo caso). Via via sono aumentate e ormai si svolgono periodicamente in molte citta': Caltanissetta, Fidenza, La Spezia, Lodi, Lucca, Oderzo, Palermo, Pesaro, Prato, Rimini, Riccione, Reggio Emilia, Roma, Torino, Trento, Treviso, Verona (chi vuole aggiungersi o saperne di piu' puo' scrivere a: puglipas at interfree.it). La Federazione italiana amici della bici (Fiab) sottolinea che "un uso piu' consapevole e razionale delle risorse, l'utilizzo di forme di energie alternative e un consumo piu' responsabile siano elementi indispensabili per la pace"; cosi' anche l'associazione Ruotalibera di Bari. I Gan propongono che si svolga al piu' presto una biciclettata contemporanea in moltissime citta', con milioni di persone, per fermare il traffico automobilistico, "lasciando tutti la macchina a casa e inondando le citta' e i paesi di chilometri e chilometri di bici". Circola fra gli attivisti la vignetta che rappresenta un uomo al volante e sotto, al posto della carrozzeria, un panciuto missile. Ma l'efficacia del "boicottaggio dell'auto" sarebbe maggiore se per un giorno lo decretassero le amministrazioni comunali di tutto il mondo; ne sono stati fatti in alcune citta' italiane, ma il coro sarebbe un'altra cosa. Mesi fa gruppi di attivisti lanciarono l'idea di "car free days ovunque"; farebbe un effetto "15 febbraio" piuttosto forte, oltre a provocare se ripetute una notevole riduzione nei consumi petroliferi. 8. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: ANTROPOLOGIA, INTERCULTURA E OPPRESSIONE DI GENERE [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] "Patrie elettive" e' una densa raccolta di saggi tra l'antropologia e l'etnologia, appena uscita presso Bollati Boringhieri e a cura di Clara Gallino. "Patrie elettive" e' anche, come si legge nella presentazione, un omaggio al grande Ernesto De Martino, ma si spinge oltre il suo pensiero e la sua ricerca perche' fa riferimento a terminologie piu' recenti come quella di identita' etnica. Il libro ha un approccio etnografico rispetto a casi singoli e gli autori sono tutti provenienti dall'Istituto universitario orientale di Napoli. Il sottotitolo del libro e' eloquente di per se': "i segni dell'appartenenza", un'espressione che delimita i campi e il metodo di studio. Ma non solo: vuole anche significare che "appartenenza" rinvia agli attori sociali che, nelle diverse situazioni, mettono in atto procedure di condivisione o competizione per definire le appartenenze, o le esclusioni. Lo si vuole affine a quelle di identita', in un certo qual modo ma non in senso psicologico. I segni hanno una duplice natura, sia pratica che fantasmatica in quanto riproducenti parole, gesti e azioni capaci di intervenire sul reale o di rappresentarlo. Ogni appartenenza e' un prodotto culturale con una dimensione immaginativa. Scrive Clara Gallino: "Di fatto, ogni appartenenza esiste e si manifesta attraverso un lavoro sociale di produzione dell'identita' e della differenza, cioe' attraverso l'attivazione di modalita' - immaginarie e pratiche - atte a indicare che questo o quello e' un gruppo, e come tale e' dotato di determinare caratteristiche che lo rendono differente da un altro. Piu' in generale, si tratta di un lavoro simbolico e relazionale: simbolico perche' veicola segni e produce significati, relazionale perche' costruisce insieme il se' (l'identico) e l'altro da se' (il differente), instaura confini distintivi tra chi e' dentro e chi e' fuori il territorio, non necessariamente fisico o geografico, da essi delimitato". * Il primo saggio e' a firma di Enrico Sarnelli con il titolo "Relazioni scherzose. Senegalesi e autoctoni in un mercato di Napoli". L'autore spiega il significato delle pratiche scherzose, che costituiscono eventi in cui mimiche, sguardi e vocalita' si incontrano in dinamiche complesse. Le pratiche scherzose danno vita alle relazioni scherzose nell'ambito interculturale. Alludono all'insieme di argomenti, di storielle e di idee scherzose "che hanno corso in una data cultura a proposito dei valori, delle abitudini e dei modo di pensare di un altro gruppo (una popolazione limitrofa o lontana, ma anche una minoranza allogena interna) a vario titolo rappresentato o configurato come diverso o straniero". Il contesto studiato e' un mercato di Napoli dove gli stranieri, come i senegalesi, s'incontrano con i mercanti indigeni. Anche se mercati e fiere hanno perso per la strada della storia l'antico splendore e valore, sembrano aver rilanciato l'antica funzione culturale di luoghi dell'incontro con le diversita' culturali. La prima componente straniera analizzata e' dunque quella dei senegalesi composta di uomini tra i venti e i quarant'anni. Nella stragrande maggioranza sono musulmani appartenenti alla confraternita murida e all'etnia Wolof. Gran parte delle attivita' scherzose ha carattere verbale e, dallo studioso,viene rubricata come scambio rituale di insulti e pratica interculturale. Chi e' oggetto di questi scambi interculturali? Scrive l'autore: "si misurano nella sfida ad attribuire alle rispettive madri le piu' stravaganti condotte sessuali". Facciamo qualche esempio: "Quando lo stadio di San Paolo e' inagibile il Napoli gioca la partita tra le gambe di tua madre...". "Se non trovo posto per la macchina parcheggio tra le gambe di tua madre...". Veniamo avvertiti, noi lettori, che, nella competizione verbale, come in quella commerciale, si tratta sempre di "sfottere" l'avversario. Pertanto se ne puo' dedurre che chi viene "fottuto" e' parificato a una donna, essere inferiore per gli uni e per gli altri. Come dire che l'interculturalita' si attua a spese del genere femminile, come sempre. "Ci sono scherzi fra maschi giovani - scrive Sarnelli - improponibili al di fuori di questa specifica relazione diadica: il gioco della finta vendita di una ragazza bianca al nero e', ad esempio, assoluto appannaggio dei giovani e suscita molte critiche nei venditori napoletani piu' anziani, agli occhi dei quali rievoca fastidiose memorie di signorine del dopoguerra disponibili alle truppe di colore dell'esercito americano". Nelle interazioni emerge anche il dialogo con le colf somale al mercato. La colf somala chiede dei peperoni, ma il venditore le indica un cespo di banane dicendo: "Come no, guarda come sono belli". E continua: "E che fa? Non ti piacciono le banane? Guarda che le banane sono meglio dei peperoni, sono piu' saporite... Non e' vero? (rivolgendosi al suo collega)". Il venditore continua, imperterrito, mentre la somala fatica a comprendere le allusioni o non vuole. Si tratta, in fondo di un esempio di mobbing che pero' l'autore del saggio non ha saputo e voluto rilevare, insieme al resto dove le considerazioni si fanno generiche, neutrali. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 540 del 19 marzo 2003
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