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[comunicati_lilliput] “Le bandiere della pace restino ai balconi in caso di guerra!”
- Subject: [comunicati_lilliput] “Le bandiere della pace restino ai balconi in caso di guerra!”
- From: Rete Lilliput Comunica <ufficiostampa at retelilliput.org> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Tue, 18 Mar 2003 16:07:00 +0100
Comunicato stampaUfficio Stampa Rete Lilliput: Cristiano Lucchi 339/6675294 - ufficiostampa at retelilliput.org Ufficio Stampa Pace da tutti i Balconi: Mariagrazia Bonollo 348/2202662 - salbega at tiscali.it
“Le bandiere della pace restino ai balconi in caso di guerra!”Forti richieste dall’estero, bandiere anche al Parlamento europeo, mentre il Comune di New York vota una risoluzione contro la guerra. Intanto raggiunta quota 2.500.000 per le bandiere della pace ai balconi italiani.
In queste ore nelle quali sembra già iniziato il funesto conto alla rovescia per il via all’attacco unilaterale contro l’Iraq, la campagna “Pace da tutti i balconi!” ricorda la contrarietà della maggioranza delle popolazioni del mondo a tale attacco e chiede con forza a tutti i cittadini, nel caso sia effettivamente dato il via ai bombardamenti, di non togliere le bandiere dai balconi delle case e degli edifici pubblici e privati, ma, anzi, di partecipare, nella forma e con le modalità che ognuno riterrà più opportuno, a tutte le iniziative di pressione per far sì che il nostro paese non entri in guerra, non la supporti e ne prenda le distanze, utilizzando come segno di visibilità ulteriore proprio la bandiera della pace nei sit-in, nelle manifestazioni e nelle veglie.
“Il nostro impegno per scongiarare la guerra, anche in queste ore drammatiche – spiega il coordinamento della campagna - continua regolarmente e siamo costantemente sollecitati dall’estero a inviare piccoli e grandi quantitativi di bandiere, soprattutto da Germania, Svizzera, Austria, Gran Bretagna, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Francia, Australia e Canada. Quello di esporre la bandiera della pace è un gesto che evidentemente anche fuori dall’Italia è visto come un segnale forte del “no” alla guerra da parte della gente comune”.
“Il palazzo del Parlamento europeo di Strasburgo è pieno di bandiere della pace, pendono dalle finestre di Parlamentari, messe da molti assistenti...” lo afferma l’europarlamentare Luisa Morgantini.
E sempre a proposito di Europa, durante le scorse settimane si è svolta, sul sito dell'Unione Europa un’indagine conoscitiva sulla crisi irachena. Per mezzo di un questionario si è cercato di capire cosa pensa la popolazione europea di questa vicenda. A tutt'oggi sono pervenuti più di 83.000 questionari: il 56,9% delle persone ritiene che non si debba assolutamente fare questa guerra, un ulteriore 36,3% che non si debba fare ora. Tutto ciò anche se addirittura il 47,8% ritiene che l'Iraq abbia probabilmente armi di distruzione di massa. L'82,7% degli intervistati afferma che la via da seguire è quella della diplomazia e il 9,1% che si debba rimanere neutrali; in ogni caso, per il 75,6% l¹Europa dovrebbe avere su questo genere di questioni una posizione comune. Per concludere, il 79,4% ritiene che alla base della decisione americana ci sia il controllo del petrolio.
Un no alla guerra arriva anche dalla città vittima degli attentanti dell’11 settembre. Scrive la Cnn: “Il Consiglio Municipale di New York, la città vittima degli attentati dell'11 settembre 2001 - gli stessi che spingono il presidente americano George W. Bush ad attaccare l'Iraq - ha votato mercoledì una risoluzione contro un'eventuale guerra. La votazione sulla risoluzione, terminata con 31 voti a favore e 17 contrari, è arrivata dopo mesi di dibattiti. New York non è comunque la prima città americana che si oppone apertamente ad un'azione militare in Iraq. Dal settembre 2002 risoluzioni in questa direzione sono state approvate a Los Angeles, Chicago, Portland e Milwaukee”.
Intanto in Italia le bandiere esposte ai balconi sono 2.500.000. Le richieste, nonostante una fisiologica flessione, sono continue e interessano particolarmente in questo momento il Sud Italia, che è stato l’ultimo ad organizzarsi ma che non è certo l’ultimo per la richiesta di pace.
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