Montalbano si vuole dimettere a causa del G8



Fonte: La stampa Web - 9 marzo 2003

http://www.lastampa.it/search/albicerca/ng_articolo.asp?IDarticolo=754932&sezione=

NEL NUOVO ROMANZO DI CAMILLERI, «IL GIRO DI BOA», PESA IL
RICORDO DEL G8 DI GENOVA: E IL PROTAGONISTA PENSA DI
DIMETTERSI DALLA POLIZIA

9/3/2003

NUTTATA fitusa, `nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e
rivotati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un
curcati. E non per colpa di una mangiatina eccessiva di purpi
a strascinasali o di sarde a beccafico fatta la sira avanti,
perché almeno una scascione di quell´ affannata insonnia ci
sarebbe stata, invece, nossignore, manco questa soddisfazione
poteva pigliarsi, la sira avanti aviva avuto lo stomaco
accussì stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d´
erba. Si era trattato dei pinsèri nìvuri che l´avevano
assugliato doppo avere sentito una notizia del telegiornale
nazionale. «All´annigatu, petri di `ncoddru» era il detto
popolare che veniva esclamato quando una insopportabile serie
di disgrazie s´abbatteva su qualche sbinturato. E per lui,
che già da qualche mese nuotava alla disperata in mezzo a un
mare in timpesta, e si sentiva a tratti perso come un
annegato, quella notizia era stata uguale a una vera e
propria pitrata tiratagli addosso, anzi una pitrata che
l´aviva pigliato preciso `n testa, tramortendolo e facendogli
perdere le ultime, debolissime forze. Con un´ariata
assolutamente indifferente, la giornalista del tg aveva detto
che la Procura di Genova, in merito all´irruzione della
polizia alla scuola Diaz nel corso del G8, si era fatta
pirsuasa che le due bombe molotov, trovate nella scuola,
erano state portate lì dagli stessi poliziotti per
giustificare l´irruzione. Questo faceva seguito - aveva
continuato la giornalista - alla scoperta che l´agente il
quale aveva dichiarato di essere stato vittima di un
tentativo di accoltellamento da parte di un no- global,
sempre nel corso di quell´irruzione, aveva in realtà mentito:
il taglio alla divisa se l´era fatto lui stesso per
dimostrare la pericolosità di quei ragazzi che invece, a
quanto si andava via via svelando, nella scuola Diaz stavano
pacificamente dormendo. Ascutata la notizia, per una
mezzorata Montalbano era restato assittato sulla poltrona
davanti al televisore, privo della capacità di pinsari,
scosso da un misto di raggia e di vrigogna, assammarato di
sudore. Non aveva manco trovato la forza di susirisi per
rispondere al telefono che stette a squillare a longo.
Bastava ragionare tanticchia supra quelle notizie che
venivano date col contagocce e con governativa osservanza
dalla stampa e dalla televisione per farsi preciso concetto:
i suoi compagni e colleghi, a Genova, avevano compiuto un
illegale atto di violenza alla scordatina, una specie di
vendetta fatta a friddo e per di più fabbricando prove false.
Cose che facevano tornare a mente episodi seppelluti della
polizia fascista o di quella di Scelba. Poi s´arrisolse ad
andare a corcarsi. Mentre si susiva dalla poltrona, il
telefono ripigliò la camurria degli squilli. Senza manco
rendersene conto, sollevò la cornetta. Era Livia. «Salvo! Dio
mio, quanto ti ho chiamato! Stavo cominciando a preoccuparmi!
Non sentivi?». «Ho sentito, ma non avevo voglia di
rispondere. Non sapevo che eri tu». «Che facevi?». «Niente.
Pensavo a quello che hanno detto in televisione». «Sui fatti
di Genova?». «Sì». «Ah. Anch´io ho visto il telegiornale».
Pausa. E poi: «Vorrei essere lì con te. Vuoi che domani
prendo un aereo? Possiamo parlarne assieme, con calma. Vedrai
che...». «Livia, ormai c´è poco da dire. In questi ultimi
mesi ne abbiamo parlato e riparlato. Stavolta ho preso una
decisione seria». «Quale?». «Mi dimetto. Domani vado dal
Questore e gli presento le dimissioni. Bonetti-Alderighi ne
sarà felicissimo». Livia non reagì subito, tanto che
Montalbano ebbe l´ impressione che fosse caduta la linea.
«Pronto, Livia? Sei lì?». «Sono qui. Salvo, a mio parere, tu
commetti un errore gravissimo ad andartene così». «Così
come?». «Arrabbiato e deluso. Tu vuoi lasciare la polizia
perché ti senti come chi è stato tradito dalla persona nella
quale aveva più fiducia e allora...». «Livia, io non mi sento
tradito. Io sono stato tradito. Non si tratta di sensazioni.
Ho sempre fatto il mio mestiere con onestà. Da galantomo. Se
davo la mia parola a un delinquente, la rispettavo. E perciò
sono rispettato. E´ stata la mia forza, lo capisci? Ma ora mi
siddriai, m´abbuttai». «Non gridare, ti prego» fece Livia con
la voce che le tremava. Montalbano non la sentì. Dintra di
lui c´era una rumorata stramma, come se il suo sangue fosse
arrivato al punto di bollitura. Continuò. «Manco contro il
peggio delinquente ho fabbricato una prova! Mai! Se l´avessi
fatto mi sarei messo al suo livello. Allora sì che il mio
mestiere di sbirro sarebbe diventato una cosa lorda! Ma ti
rendi conto, Livia? Ad assaltare quella scuola e a fabbricare
prove false non è stato qualche agente ignorante e violento,
c´erano questori e vicequestori, capi della mobile e
compagnia bella!». Solo allora capì che a fare quel suono che
sentiva nella cornetta erano i singhiozzi di Livia. Respirò
profondamente. «Livia?». «Sì». «Ti amo. Buonanotte».
Riattaccò. Si curcò. Ed ebbe inizio la nuttata ´nfami.

Andrea Camilleri