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La nonviolenza e' in cammino. 528
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 528
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 7 Mar 2003 17:38:02 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 528 del 7 marzo 2003 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini, la scomparsa di Sauro Sorbini 2. Osvaldo Caffianchi, una leggenda apocrifa ovvero eulogia di Massimiliano di Cartagine 3. Maria G. Di Rienzo, educare alla pace 4. Una proposta di legge d'iniziativa popolare: Norme di attuazione del ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 della Costituzione 5. Ernesto Balducci, la decisione di Gandhi 6. Simone Weil, la regola dello specchio 7. Hannah Arendt, il diritto ad avere diritti 8. Mimmo Cortese, "Disarmiamo Exa 2003" 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento 10. Per saperne di piu' 1. LUTTI. PEPPE SINI: LA SCOMPARSA DI SAURO SORBINI E' deceduto Sauro Sorbini. Partigiano, anarchico, cittadino di antiche virtu' repubblicane, una figura esemplare per generosita' e rigore. Tutti a Viterbo lo abbiamo avuto per maestro. La sua storica tipografia "Unione" nel cuore di Viterbo e' stata scuola di impegno civile per generazioni intere di militanti antifascisti: in tempi che ora sembrano lontani quanto quelli degli Ittiti, si andava li' a portare i manifesti da stampare, e Sauro li leggeva, suggeriva, discuteva, e sempre ti offriva un bicchierino di cognac, ti citava qualche verso del grande melodramma, raccontava qualche episodio della Resistenza, ricordava quel detto, quel gesto di Mazzini... con tratto amabile e squisito, col tratto ironico e garbato, di chi sa che la lotta e' ancora lunga e proprio per questo e' da condurla oggi, di chi sa che l'umanita' e' infelice, e proprio per questo tu oggi devi amarla: con ironia e pazienza, ed insieme con impazienza e sdegno. E tu ascoltavi a bocca aperta, gli occhi lucidi, e ti dicevi: dunque l'anarchia e' possibile, dunque e' possibile la liberazione dell'umanita', dunque il fascismo puo' essere ancora e ancora sconfitto. Sempre lo avemmo compagno di lotta ogni volta che al sopruso e alla menzogna era mestieri d'opporsi. E sempre e' mestieri d'opporsi alla menzogna e al sopruso. Era leggendaria in citta' la sua figura e autorevole la sua parola: quando gli pareva che qualcosa accadesse di grave e che tutti tacessero, allora Sauro si stampava un manifesto a sua firma e sui muri i viterbesi leggevano quell'aspro vero che era duro e necessario sentirsi dire. Amava questa citta', amava l'umanita' Sauro Sorbini. Anche noi, e tra le lacrime, qui gli rendiamo omaggio. Che viva la repubblica, che viva l'anarchia, che viva l'internazionale futura umanita'. 2. RIFLESSIONE. OSVALDO CAFFIANCHI: UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE [Approssimandosi il 12 marzo, data in cui si fa memoria del martirio di quel Massimiliano, che per essere fedele alla sua fede rifiuto' il servizio militare e ne fu ucciso nel 195 d. C. (cosi' vuole la tradizione, e qui non conta se sia storia o leggenda), il nostro collaboratore Osvaldo Caffianchi ha steso il testo che di seguito presentiamo. L'agiografia - invero - non solo avverte dell'incertezza della tradizione, ma racconta una storia diversa, e finanche piu' commovente: il padre militare, e solidale col figlio; la citta' che e' un'altra; il dono della veste al carnefice che lo decapito'. Ma questa variazione del nostro collaboratore (il cui elefantiaco titolo completo sarebbe "Una leggenda apocrifa ovvero eulogia di Massimiliano di Cartagine, in forma di litania che finisce in parenesi o istigazione che dir si voglia") ci e' parsa comunque non priva di una sua patetica verita', e la offriamo ai lettori] I. Solo questo so di te, che nell'anno 195 ti fucilarono perche' obiettore al servizio militare. Immagino che venne un centurione coi suoi esperti di pubbliche relazioni, psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas, a dirti mentre eri in galera sei un bravo giovane, chi te lo fa fare vieni con noi, imparerai un mestiere. E Massimiliano rispose di no. Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti concittadini, a dirgli lo sai che noi cartaginesi siamo gia' guardati con sospetto per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti di annibali e di asdrubali e scipioni non metterti a fare casino vesti la giubba, non c'e' altro da fare e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi. Ma Massimiliano rispose di no. E vennero allora a persuaderlo certi amici di quando al campetto giocavano insieme a pallone, gli amici del bar: Massimilia' falla finita da quando ti sei messo con quei tizi del galileo morto ammazzato ti stai mettendo in un mare di guai. Che diamine mai hai contro i marines? Falla finita con quei beduini da' retta al nostro buon signor Belcore la paga e' buona ed il lavoro e' poco. E quello cocciuto, come un mulo a dire no. II. Dicono male delle corti marziali dicono male dei plotoni d'esecuzione forse che e' meglio farlo col coltello in un vicolo buio di notte? Dicono che siamo repressori e genocidi addirittura; e andiamo! forse che non ci vuole anche un po' d'ordine in questo letamaio di colonie? e il roman way of life non costa niente? Eppure la volete, la televisione il telefonino. E allora poche storie, lo ammazzammo perche' dovemmo, mica potevamo lasciarlo andare il vile disertore oltretutto terrone, anzi affricano. La civilta', insomma, va difesa. III. Quante incertezze, quanta paura certo durasti. Solo i babbei pensano che gli eroi sono una specie di nazisti spretati. E invece i martiri hanno paura come noi, e tremano come noi, come noi dubitano di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita. Ma infine ristette fermo nel suo no Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato. IV. Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea e prendo la parola, e dico: obietta alla guerra e alle uccisioni combatti contro gli eserciti e le armi scegli la nonviolenza. Ecco, io prendo la parola in assemblea, mi alzo in piedi e dico: fermiamo le fabbriche di armi assediamo le basi militari impediamo i decolli dei bombardieri strappiamo gli artigli alle macchine assassine. Ecco, io dico al soldato: diserta io dico al ferroviere: ferma il convoglio io dico al vivandiere: non preparare di carne umana il pranzo al generale. Ecco, io dico, la guerra puo' essere, deve essere fermata. Con l'azione diretta nonviolenta. Con il gesto del buon Massimiliano cartaginese, che i romani fucilarono. 3. PROPOSTE. MARIA G. DI RIENZO: EDUCARE ALLA PACE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento. Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza] Spesso diciamo che i bambini e le bambine del mondo sono il futuro, ma definire quale futuro avranno a disposizione ci e' meno facile. 35.000 di essi/e muoiono ogni giorno di poverta'. Troppi/e affrontano un'esistenza in cui non hanno cibo a sufficienza, non hanno acqua pulita (questo elementare diritto e' negato oggi ad un miliardo e trecentomila persone), non hanno una casa, non hanno opportunita' educative. Troppi/e sono vittime e testimoni di atroci violenze. Il sistema che produce questo non e' solo moralmente inaccettabile (il che e' bastante per opporsi ad esso): e' folle ed inefficiente. E' lo spreco e la dispersione dei nostri talenti umani, e' la cancellazione della capacita' umana di vivere collaborando, e' la distruzione insensata delle risorse. I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze lo sanno. Non sono ne' passivi/e ne' compiacenti. Dicono e scrivono: siamo preoccupati, la poverta' e' ingiustizia, non si devono distruggere le foreste, vogliamo la pace. Allora sediamoci in cerchio con loro, ed aiutiamoci vicendevolmente a trovare ed inventare modi per diventare "cittadini/e globali/e". Perche' queste giovani persone non sono parte del problema, sono parte della soluzione. Cos'e' un/una cittadino/a globale? E' qualcuno/a conscio dell'intero mondo e che sperimenta il senso del proprio ruolo indispensabile al benessere e all'equita' nella comunita' umana. Riconosce il concetto di interdipendenza, rispetta le differenze e da' loro valore; e' disposto/a ad agire per rendere il pianeta in cui vive un posto migliore, piu' sicuro per tutti/e; e' responsabile delle proprie azioni. * Gli elementi chiave su cui lavorare Abilita': pensiero critico, argomentazione efficace, capacita' di sfidare l'ingiustizia e la diseguaglianza, rispetto per persone, animali e cose, cooperazione e risoluzione nonviolenta dei conflitti. Conoscenza e comprensione: giustizia sociale ed equita', diversita', globalizzazione ed interdipendenza, sostenibilita' ambientale, pace e conflitto. Valori ed attitudini: autostima, empatia, condivisione e ascolto, il credere che ogni persona "fa la differenza". * Le attivita' Cosa potete fare e discutere con bambini/e dai 5 agli 8 anni: cos'e' giusto, cos'e' ingiusto - destare coscienza del se' in relazione - somiglianze e differenze - collocazione nello spazio e coscienza della presenza di altri luoghi e altre persone - come ci si prende cura dell'ambiente circostante - senso del futuro: le nostri azioni hanno conseguenze. Cosa potete fare e discutere con bambini/e dagli 8 agli 11 anni: ricchezza e poverta' - collegamenti e connessioni fra luoghi differenti - impatto ambientale - cause del conflitto e risoluzione dello stesso - natura del pregiudizio - relazioni eque nel commercio fra paesi. Cosa potete fare e discutere con ragazzi/e dai 12 ai 15 anni: diritti umani - sistemi politici, sociali, economici - relazione nord/sud del mondo - stili di vita - relazioni fra gruppi e risoluzione nonviolenta dei conflitti. * Un esempio: creare in classe (o con i compagni di gioco, di squadra, ecc.) un "posto di pace". Nella mia esperienza, i piu' piccoli trovano particolarmente divertente trasformare la stanza in cui si trovano in un "posto di pace", ma anche gli adolescenti mostrano di godersi questa possibilita'. Di solito i/le partecipanti creano spontaneamente nel "posto di pace" degli angolini speciali in cui i bambini arrabbiati o che in quel momento non hanno voglia di collaborare possono stare tranquilli (scopi: insegnare alternative alla reazione distruttiva che puo' innescarsi quando si e' seccati; praticare la soluzione dei problemi in gruppo e la costruzione di comunita'). Come primo passo, chiedo ai presenti di completare questa frase: "Un posto speciale che io trovo pieno di pace e'...". La seconda domanda e': come si devono comportare le persone perche' il "posto di pace" sia tale? Stiliamo poche semplici regole che scaturiscono dalla discussione (ovviamente cio' che per i ragazzi piu' grandi sara', ad esempio, "Rispettare l'integrita' fisica e psichica di ciascuno/a" dai piu' piccoli verra' espresso come "Non si tirano i capelli e non si dicono parole cattive a nessuno"). Dopo di che facciamo un brainstorming su come potrebbe essere il luogo in cui ci troviamo se trasformato in un "posto di pace" collettivo con gli oggetti che abbiamo a disposizione. Troviamo il consenso sulle opzioni praticabili e le mettiamo in pratica, dividendoci per gruppi d'interesse o realizzando insieme ogni azione progettata. Le possibilita' di dissentire, di arrabbiarsi, di non essere pronti in quel momento a collaborare non sono bandite dal "posto di pace". Un'immagine che ritorna spesso discutendo con i ragazzi e le ragazze dell'emozione della rabbia e' quella del vulcano in eruzione: inarrestabile e devastante. Di solito suggerisco loro di riflettere sul fatto che come il vulcano porta alla superficie ricchi minerali dal cuore della terra, cosi' le nostre emozioni, compresa la rabbia, ci offrono intuizioni preziose sulle relazioni che abbiamo con gli altri, sul bisogno di modificarle, e cosi' via. Nel "posto di pace", quindi, noi ascoltiamo ed onoriamo le nostre emozioni senza permettere ad esse di travolgere noi stessi/e e le altre persone. 4. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE: NORME DI ATTUAZIONE DEL RIPUDIO DELLA GUERRA SANCITO DALL'ARTICOLO 11 DELLA COSTITUZIONE [Riproduciamo nuovamente il testo di questa proposta di legge di iniziativa popolare elaborata da tre illustri giuristi (Luigi Ferrajoli, Domenico Gallo, Danilo Zolo), a sostegno della quale Emergency, la prestigiosa organizzazione umanitaria di Gino Strada, sta conducendo una campagna nazionale di raccolta di firme per la sua presentazione in parlamento. Luigi Ferrajoli, illuste giurista, e' nato a Firenze nel 1940, magistrato tra il 1967 e il 1975, dal 1970 e' docente universitario; tra i suoi lavori piu' recenti segnaliamo particolarmente la monumentale monografia Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989, giunta alla terza edizione; il saggio La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997; e La cultura giuridica nell'Italia del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999. Domenico Gallo, illustre giurista, e' nato ad Avellino nel 1952, magistrato ed acuto saggista; tra i suoi scritti segnaliamo particolarmente: Dal dovere di obbedienza al diritto di resistenza, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1985. Danilo Zolo, illustre giurista, e' nato a Fiume (Rijeka) nel 1936, docente di filosofia e sociologia del diritto all'Universita' di Firenze; tra le sue opere segnaliamo almeno: Stato socialista e liberta' borghesi, Laterza, Bari 1976; Il principato democratico, Feltrinelli, Milano 1992; (a cura di), La cittadinanza, Laterza, Roma-Bari 1994; Cosmopolis, Feltrinelli, Milano 1995; Chi dice umanita', Einaudi, Torino 2000] 1. Un ricorso crescente alla guerra A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, dopo la conclusione della '"guerra fredda", abbiamo assistito a un ricorso crescente alla forza militare, quasi esclusivamente da parte delle potenze occidentali: l'occupazione di Panama per il controllo del canale, la guerra del Golfo, l'invasione di Haiti, gli interventi militari in Somalia e in Ruanda, le due guerre balcaniche della Bosnia e del Kosovo, l'Afganistan. Ora si sta progettando, per volonta' degli Stati Uniti, un attacco militare contro l'Iraq: un attacco che potra' avere conseguenze incalcolabili in termini di perdite di vite umane, di distruzioni di strutture civili, di devastazioni ambientali. Nel corso di questi conflitti, anche a causa dell'uso di armi di distruzione di massa sempre piu' potenti e sofisticate, centinaia di migliaia di persone innocenti hanno perso la vita, sono state mutilate o ferite, hanno visto distrutti i loro affetti e i loro beni. Altre centinaia di migliaia di civili sono morti per fame o per malattie a causa degli embarghi, primo fra tutti quello contro l'Iraq. A questo flagello vanno aggiunte la persecuzione del popolo palestinese, le continue violenze contro i ceceni, i curdi, i tibetani e molto altri popoli emarginati ed oppressi, e, infine, le atrocita' del terrorismo internazionale. All'escalation di odio, di dolore, di distruzione e di morte ha corrisposto l'inerzia o l'impotenza delle istituzioni internazionali che dovrebbero operare per la pace, anzitutto delle Nazioni Unite. Le Nazioni Unite sono ormai sottoposte a un permanente ricatto da parte delle massime potenze mondiali, che se ne servono come di uno strumento di legittimazione delle proprie strategie egemoniche. Ma la Carta delle Nazioni Unite non puo' essere usata, se non sulla base di una conclamata violazione dello spirito e della lettera delle sue norme, per giustificare la guerra, e tanto meno una "guerra preventiva" come quella che Stati Uniti e Gran Bretagna si apprestano a scatenare contro l'Iraq. Questa Carta fu un patto solenne con il quale fu messo al bando, come e' scritto nel suo preambolo, il ripetersi del "flagello della guerra", che per due volte nel corso di una stessa generazione aveva causato indicibili sofferenze all'umanita'. In essa fu definito, contro le minacce alla pace, un complesso di misure, tra le quali l'uso controllato della forza nelle forme e alle condizioni stabilite dal capitolo VII. Fu insomma progettato, al fine di "conseguire con mezzi pacifici la soluzione delle controversie internazionali", il monopolio della forza in capo al Consiglio di Sicurezza, attraverso l'istituzione - che pero' non e' stata mai attuata - di organismi militari permanenti alle sue dipendenze, chiamati a svolgere di fatto funzioni di polizia internazionale. Oggi quel patto e' stato dimenticato. In tutti i casi sopra citati le potenze occidentali hanno infatti usato la forza militare ignorando il diritto internazionale e violando i diritti piu' elementari delle persone. Il bombardamento della televisione di Belgrado, la strage di Mazar-i-Sharif, il lager di Guantanamo sono esempi di un uso criminale della forza internazionale che molto probabilmente nessuna Corte penale internazionale avra' mai il potere di sanzionare. E dopo l'attentato terroristico subito l'11 settembre, gli Stati Uniti hanno elaborato una teoria militare e inaugurato una pratica bellica che presentano aspetti eversivi non solo della Carta delle Nazioni Unite, ma anche del diritto internazionale generale: basta pensare al carattere preventivo, unilaterale, spazialmente indefinito e temporalmente indeterminato della "nuova guerra" dichiarata dal presidente Bush contro l'"asse del male". Il nostro paese, per volonta' sia di governi di centro-sinistra sia di governi di centrodestra, e' stato corresponsabile di una larga parte di questi gravissimi illeciti internazionali, partecipando sistematicamente, con le proprie strutture militari, le proprie armi e le proprie basi, alle aggressioni decise dalle potenze occidentali contro Stati sovrani e contro i loro popoli, per lo pio' deboli e poveri. Nel farlo i nostri governi e i nostri rappresentanti parlamentari - spesso votando in complicita' bipartisan - hanno apertamente violato la Costituzione repubblicana. * 2. Contro la normalizzazione costituzionale della guerra La nostra Costituzione, all'art. 11, stabilisce che "l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Questa norma non solo e' stata ripetutamente violata nel corso dell'ultimo decennio, ma si e' affermata una tendenza a considerarla normativamente inesistente, come se fosse ormai del tutto desueta. E' in corso, in altre parole, un'operazione politica e giuridica di normalizzazione costituzionale della guerra che intende privare l'art. 11 della Costituzione di ogni valore vincolante. Esso conserva al piu' - si sostiene - un significato programmatico: e' un nobile auspicio per tempi migliori. E' ormai un coro unanime in questo senso: il presidente del Consiglio Berlusconi ha apertamente sostenuto questa tesi, ispirandosi ad un documento del Pentagono, nel suo discorso alla Camera del 25 settembre scorso. Massimo D'Alema, sin dalla partecipazione dell'Italia alla guerra per il Kosovo, ha dichiarato che la sinistra deve liberarsi di ogni arcaico "tabu' pacifista". Piu' recentemente, una delle massime autorita' dello Stato - il presidente della Camera, Pierferdinando Casini - ha sostenuto che il ripudio costituzionale della guerra non ha piu' il suo significato originario, che i tempi sono cambiati, che i principi costituzionali vanno interpretati in modo flessibile. Per sconfiggere il terrorismo internazionale anche l'Italia deve impegnarsi ad usare lo strumento della guerra. Si tratta di una tendenza molto grave, come ha denunciato con forza Pietro Ingrao, e tanto piu' pericolosa perche' e' largamente sostenuta dai grandi mezzi di comunicazione di massa, controllati dal duplice monopolio multimediale, pubblico e privato, di cui e' titolare il presidente del Consiglio italiano. Contro gli apologeti della guerra, la pace deve essere considerata un bene fondamentale del popolo italiano: un bene che ne' il Parlamento, ne' il governo dovrebbero mai mettere in discussione. Parlamento e governo dovrebbero al contrario impegnarsi a realizzarlo collaborando alla costruzione della condizioni politiche ed economiche generali che rendano meno spietati e violenti - meno "terroristici" - i rapporti fra le nazioni. Il ripudio della guerra appartiene in dote al popolo italiano. E al popolo italiano spetta oggi la responsabilita' di ripristinarlo, delegittimando le scelte in senso contrario del governo, del Parlamento ed anche della Corte di cassazione. Per questo, oggi piu' che mai, e' importante - come e' stato fatto per l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori - che una larga mobilitazione politica impugni la bandiera dell'art. 11, una bandiera che i bipartisan di casa nostra hanno irresponsabilmente ammainato. Uno strumento che puo' promuovere una vasta iniziativa popolare contro la guerra e' quello apprestato dall'art. 71 della Costituzione: una proposta di legge di iniziativa popolare, redatta in articoli, e firmata da almeno cinquantamila elettori. * 3. Una iniziativa di legge popolare contro la guerra Il progetto di legge di iniziativa popolare che viene qui presentato - Norme di attuazione del ripudio della guerra sancito dall'art. 11 della Costituzione - chiede al Parlamento l'approvazione di una serie di garanzie che rendano operante l'art. 11 della Costituzione, ne consentano una effettiva applicazione e prevedano rigorose sanzioni delle sue violazioni. Il progetto si compone di cinque articoli. L'art. 1 (Ripudio della guerra) si richiama direttamente alla prescrizione dell'art. 11 della Costituzione che bandisce l'uso della guerra in ogni sua forma (comma 1) e propone una definizione di "guerra" (comma 2) coerente con il dettato costituzionale e con la Carta delle Nazioni Unite. Al comma 3, richiamando congiuntamente l'art. 52 della Costituzione e l'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, viene affermato un principio di grande valore. L'uso della forza militare, consentito dall'art. 52 per la difesa della patria da aggressioni esterne, e' la sola eccezione ammessa sia all'art. 11 della nostra Costituzione, sia alla generale normativa della Carta delle Nazioni Unite, che riserva al Consiglio di Sicurezza il potere di usare la forza internazionale. L'eccezione prevista dall'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite riguarda il diritto di difesa di uno Stato attaccato militarmente da un altro Stato. In questo caso lo Stato aggredito puo' usare la forza per difendersi dall'attacco in atto, in attesa che intervenga direttamente il Consiglio di Sicurezza e prenda, a sua discrezione, le misure necessarie per il ristabilimento della pace. E' chiaro, fra l'altro, che un atto terroristico, per grave che sia, non rientra tra i presupposti della guerra di legittima difesa, previsti dalla Costituzione italiana e dalla Carta delle Nazioni Unite. E' infatti un atto criminale, che richiede l'identificazione, la cattura e la punizione dei colpevoli, e non certo la risposta illegittima della guerra, idonea a provocare migliaia di vittime innocenti e non, come l'esperienza dimostra, a sconfiggere le organizzazioni terroristiche. L'art. 2 (Prevenzione dei conflitti), al comma 1, conferma l'impegno dell'Italia alla cooperazione internazionale per il mantenimento della pace, incluse le missioni di peacekeeping, e cioe' di interposizione armata con il consenso delle parti interessate. Ma afferma anche, al comma 2, un principio di grande importanza. Afferma che qualsiasi "missione" che comporti l'uso della forza e non risponda alle rigorose previsioni degli artt. 43, 45 e 47 della Carta delle Nazioni Unite deve essere considerata illegale. Questi articoli prevedono che l'uso della forza, eventualmente deliberato dal Consiglio di Sicurezza, deve essere affidato a contingenti militari posti sotto la sua diretta responsabilita' e sorveglianza, con l'assistenza di un Comitato di Stato Maggiore permanente. Queste previsioni, come e' noto, non sono mai divenute effettive ed e' invalsa la prassi di "appaltare" l'uso della forza alle grandi potenze interessate ad esercitarla. La conseguenza e' stata che il Consiglio di Sicurezza si e' spesso limitato a legittimare ex ante o, piu' spesso, ex post guerre di aggressione che le potenze interessate avrebbero comunque condotto - o avevano gia' condotto - in ossequio alle proprie convenienze strategiche. L'art. 3 (Inammissibilita' di ulteriori interventi armati), al comma 1, vieta qualsiasi intervento militare all'estero da parte delle forze armate italiane in violazione delle norme contenute nei due articoli precedenti, e ai commi 2 e 3 prevede specifiche sanzioni per tali violazioni. L'art. 4 (Armi vietate dalla convenzioni internazionali), ai commi 1 e 2, in applicazione di vari trattati internazionali ratificati dal nostro paese, vieta non solo l'uso ma anche la produzione, il transito nel nostro paese e l'esportazione di armi biologiche, chimiche e nucleari ed estende questo divieto alle "bombe a grappolo", ai proiettili all'uranio impoverito e alle mine anti-uomo. Bombe a grappolo e proiettili all'uranio impoverito sono stati largamente usati dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna sia nella guerra del Golfo del 1991, sia nelle due guerre balcaniche, dal 1993 al 1999, sia infine in Afghanistan, con effetti che secondo molti osservatori sono stati gravissimi - e lo sono ancora - per le vite umane e per l'ambiente naturale. Le mine antiuomo sono state recentemente bandite da un trattato multilaterale, al quale solo gli Stati Uniti, fra i paesi occidentali, si sono rifiutati di aderire. Le industrie belliche italiane ne hanno prodotto per decenni grandissime quantita' e le mine italiane, fra le piu' pericolose, sono ancora sparse, in centinaia di migliaia, nel territorio dell'Afghanistan. L'art. 5 (Cooperazione con la Corte Penale Internazionale), al comma 1, conferma la collaborazione del nostro paese con la Corte Penale Internazionale recentemente entrata in funzione (luglio 2002), nonostante l'opposizione degli Stati Uniti. La Corte ha il compito di perseguire gravi illeciti internazionali come i crimini contro l'umanita', i crimini di guerra, il genocidio, i crimini contro la pace. Nello stesso tempo, vietando al comma 2 che l'Italia possa stipulare accordi per sottrarre cittadini di paesi terzi alla giurisdizione della Corte, questo articolo intende reagire sia al sabotaggio della Corte che gli Stati Uniti hanno orchestrato sfruttando l'art. 98 del suo Statuto, sia alla complicita' del governo italiano con il sabotaggio statunitense. * Art. 1 (Ripudio della guerra) 1. La realizzazione di un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, di cui all'art. 11 della Costituzione, non puo' essere perseguita facendo ricorso allo strumento della guerra. 2. Per "guerra" si intende qualunque intervento armato di uno o piu' Stati che, a causa del ricorso massiccio alla violenza, sia idoneo a provocare la morte, la mutilazione o il ferimento di persone innocenti o a produrre distruzioni indiscriminate o a causare gravi alterazioni dell'ambiente naturale. 3. La difesa della patria, di cui all'art. 52 della Costituzione, si esercita nell'ambito delle disposizioni dell'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite. * Art. 2 (Prevenzione dei conflitti) 1. L'Italia coopera alla soluzione pacifica delle controversie internazionali, a norma del Capo VI della Carta delle Nazioni Unite. 2. Fino a quando non avranno attuazione gli articoli 43, 45 e 47 della Carta delle Nazioni Unite, l'Italia potra' fornire soltanto formazioni non armate, nonche' contingenti militari per il mantenimento della pace ("caschi blu") con il consenso delle parti interessate. I relativi accordi dovranno essere autorizzati dalle Camere in conformita' all'art. 80 della Costituzione. * Art. 3 (Inammissibilita' di ulteriori interventi armati) 1. Le forze armate italiane non possono compiere interventi militari all'estero in contrasto con le disposizioni di cui agli articoli precedenti. 2. I fatti commessi nel corso di operazioni militari all'estero, eseguite in violazione delle disposizioni di cui sopra, sono regolati dal diritto penale comune. 3. I fatti illeciti e le conseguenze dannose connesse ad operazioni militari non possono essere sottratti al sindacato giurisdizionale. * Art. 4 (Armi vietate dalle Convenzioni internazionali) 1. In attuazione del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, ratificato con Legge del 24 aprile 1975, n. 131, della Convenzione che vieta la fabbricazione e l'immagazzinamento di armi batteriologiche e tossiche, ratificata con Legge dell'8 ottobre 1974, n. 618, della Convenzione che mette al bando la produzione, lo sviluppo e l'immagazzinamento delle armi chimiche, ratificata con Legge del 18 novembre 1995, n. 496, sono vietati la produzione, l'introduzione e il transito nel territorio nazionale delle armi biologiche, chimiche e nucleari, nonche' la loro fornitura ai Paesi esteri. 2. Tale divieto si estende alle mine anti-uomo, alle bombe a grappolo (cluster bombs), ai proiettili e alle munizioni all'uranio impoverito ("DU") e a ogni altro sistema d'arma il cui uso sia vietato dalle Convenzioni internazionali. 3. Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, le violazioni del presente articolo sono punite ai sensi dell'art. 435 del Codice penale. * Art. 5 (Cooperazione con la Corte Penale Internazionale) 1. L'Italia fornisce piena collaborazione all'attivita' della Corte Penale Internazionale, istituita con il Trattato di Roma del luglio 1998, ratificato con legge 12 luglio 1999, n. 232, ai sensi degli articoli 88 e seguenti dello Statuto istitutivo della medesima Corte. 2. E' fatto divieto di stipulare accordi internazionali volti a sottrarre i cittadini di paesi terzi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale. 5. MAESTRI. ERNESTO BALDUCCI: LA DECISIONE DI GANDHI [Da Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1988, p. 14. Ernesto Balducci e' nato a Santa Fiora (in provincia di Grosseto) nel 1922, ed e' deceduto a seguito di un incidente stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale, promotore di numerose iniziative di pace e di solidarieta'. Fondatore della rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (Ecp) nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, e' stato un pensatore di grande vigore ed originalita', le cui riflessioni ed analisi sono decisive per un'etica della mondialita' all'altezza dei drammatici problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio (Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario (Camunia, poi Ecp); La terra del tramonto (Ecp); Montezuma scopre l'Europa (Ecp). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude (Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una cosa (Ecp); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano (Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo (Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a lui dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed Ernesto Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn. 373-374, 1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa introduzione biografica e' il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di attivita', Libreria Chiari, Firenze 1996. Recente e' il libro di Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita', Laterza, Roma-Bari 2002. Cfr. anche Enzo Mazzi, Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002. Mohandas Gandhi e' il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, Lef. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991. Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem] Fu dunque in una fredda sala d'aspetto che Gandhi, accovacciato sulla sua borsa tra le gambe, prese coscienza del suo dovere di resistere al sopruso del razzismo, basandosi sulla semplice forza della verita' (...). Nel decidere di intraprendere la lotta contro la discriminazione, egli ebbe l'impressione di prendere contatto, per la prima volta, con la verita'. 6. MAESTRE. SIMONE WEIL: LA REGOLA DELLO SPECCHIO [Da Simone Weil, Quaderni, III, Adelphi, Milano 1988, p. 370. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994] La regola dello specchio e' la norma morale per eccellenza. Che tutto cio' che si fa rifletta il bene. 7. MAESTRE. HANNAH ARENDT: IL DIRITTO AD AVERE DIRITTI [Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunita', Milano 1967, 1996, pp. 410-411. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l 'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Ci siamo accorti dell'esistenza di un diritto ad avere diritti (e cio' significa vivere in una struttura in cui si e' giudicati per le proprie azioni e opinioni) solo quando sono comparsi milioni di individui che lo avevano perso e non potevano riacquistarlo a causa della nuova organizzazione globale del mondo. 8. APPELLI. MIMMO CORTESE: "DISARMIAMO EXA 2003" [Ringraziamo Mimmo Cortese (per contatti: domecort at tin.it) per questo intervento. Mimmo Cortese e' impegnato nel Brescia social forum, ed ha preso parte a importanti iniziative di pace e di solidarieta'; tra le sue opere: (con Roberto Cucchini), La forza lieve, Edizioni la meridiana, Molfetta (Ba) 2001] Cari amici, care amiche, vi abbiamo inviato [e' apparso sul notiziario di ieri - ndr -] un appello attraverso il quale vorremmo avviare anche quest'anno la campagna "Disarmiamo Exa 2003". Come molti/e di voi sanno, nei mesi che ci hanno separato dalla campagna dello scorso anno non siamo stati fermi. Quest'estate il Brescia Social Forum, assieme a numerose associazioni e organizzazioni cittadine, laiche e religiose, ha sostenuto una iniziativa per richiedere la modifica del regolamento di Exa 2003. Formulavamo in quell'appello una minima richiesta: che in quella mostra venisse esposto esclusivamente cio' che effettivamente e' promosso nel marchio pubblicitario di Exa, cioe' "armi sportive e da caccia". Non c'e' stato nulla da fare. Ci hanno risposto affermando che la ricerca del profitto non si pone problemi etici, non guarda in faccia a nessuno. Cio' che viene esposto e' legale e le armi - tutte - sono un prodotto come un altro. Non solo, abbiamo dato in questi mesi il nostro contributo affinche' il percorso per la costruzione di un osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) andasse avanti. Speriamo, quanto prima, di potere avviare anche questa importante novita' tra le iniziative prodotte a Brescia. Ora pero' "Exa 2003" e' alle porte e chiunque pensi che sia un problema produrre, promuovere e diffondere armi per la difesa personale, per la repressione violenta della liberta' di pensiero e di manifestazione e per l'uso bellico dovrebbe essere seriamente preoccupato. Non crediamo utile dilungarci sugli argomenti gia' sviluppati nell'appello. Speriamo fortemente pero' che si manifesti il vostro sostegno a questa iniziativa. Siamo pronti a discutere con voi di ogni eventuale arricchimento, ogni integrazione, ogni approfondimento, su questa direzione di lavoro, sugli eventuali sviluppi al lancio della campagna. Speriamo che si esprima con la piu' grande varieta' di iniziative, attraverso la sensibilita' e la storia di ognuna/o, la volonta' e l'auspicio per la costruzione di un mondo senza armi. Speriamo di potere esprimere insieme la volonta' di pace e giustizia proprie di grandissima parte della societa' civile di Brescia e del Paese. 9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 528 del 7 marzo 2003
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