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8 marzo per leyla zana e il popolo curdo
- Subject: 8 marzo per leyla zana e il popolo curdo
- From: "Ass. Culturale Punto Rosso" <puntorosso at puntorosso.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Fri, 07 Mar 2003 12:38:01 +0100
8 marzo per Leyla Zana Care amiche, cari amici, approfitto della ricorrenza dell'8 marzo per informarvi dell'evoluzione importante che sta avendo la questione di Leyla Zana e degli altri parlamentari curdi in carcere da otto anni in Turchia. Il nuovo governo islamista ha promosso nei mesi scorsi una serie di modificazioni costituzionali e legislative che hanno lo scopo di adeguare la Turchia alle condizioni per l'entrata nell'Unione Europea. Tra queste modificazioni c'è la possibilità di rifare quei processi che abbiano avuto militari nel collegio giudicante, qualora un organo giurisdizionale abbia sentenziato essere stati svolti in condizioni di violazione dei diritti degli imputati. Ricapitolando rapidamente il processo a Leyla Zana e agli altri parlamentari curdi ricordiamo come esso inizialmente si fondò sull'accusa di separatismo (delle provincie a popolazione curda dalla Turchia) e come, dato il carattere inconsistente di quest'accusa, essa fu repentinamente trasformata in terrorismo. Ma l'accusa di terrorismo si basò sulla dichiarazione durante le indagini, però non ripetuta in tribunale, di un capo tribù curdo legato a un partito della destra turca e direttamente compromesso, assieme al leader di questo partito, in attività di mafia, tra le quali il traffico di eroina. Quindi il 28 marzo prossimo inizierà un nuovo processo a Leyla Zana e agli altri parlamentari curdi in carcere, che avrà giudici civili e che sarà pubblico, avendo appunto la Corte di Strasburgo del Consiglio d'Europa sentenziato non solo essere stati violati nel precedente processo i diritti degli imputati ma essere stato basato questo processo su accuse non dimostrate. Vorrei anche ricordare,a proposito del profilo di Leyla Zana, come le sia stato offerto a più riprese negli anni scorsi di uscire dal carcere per motivi di salute (è affetta da una grave forma di osteoporosi) e come essa abbia sempre rifiutato, in solidarietà con gli altri parlamentari, che sarebbero rimasti in carcere. La situazione politica attuale della Turchia, infine, presenta dei tratti importanti di novità, anche se non sono sempre facilmente interpretabili. Il nuovo governo islamista manifesta una propensione superiore rispetto ai precedenti governi laici, di matrice kemalista e perciò autoritaria e sciovinista, all'ottemperanza delle richieste di democratizzazione che vengono dall'Unione Europea. Alle modificazioni giuridiche in questo senso, che non sono di poco conto, tra le quali la legalizzazione dell'uso del curdo, non corrisponde tuttavia granché. Gli abusi e le violenze contro i curdi continuano. Le provincie del sudest curdo, in vista della guerra degli Stati Uniti all'Iraq, sono tornate sotto lo stato d'emergenza, cioè sotto giurisdizione militare. Öcalan è da quasi tre mesi in isolamento totale, non riescono cioè a vederlo neppure gli avvocati. L'impressione è di un'oscillazione sotto traccia nel rapporto tra governo e potere militare che va dal braccio di ferro alla ricerca di punti di compromesso, quindi di un'instabilità di fondo della situazione turca e della possibilità che essa abbia più sviluppi. L'atteggiamento del governo dinanzi alla guerra degli Stati Uniti all'Iraq, cioè la vicenda che più abbiamo avuto modo di seguire in questi giorni sui mass-media, segnala esso pure un notevole cambiamento di posizione della Turchia e al tempo stesso un'instabilità di fondo nella gestione di questa posizione. Gli islamisti hanno per propensione culturale e per ragioni politiche una contrarietà di fondo rispetto a questa guerra e vedono i militari come il fumo negli occhi - centinaia di loro militanti sono stati condannati negli anni scorsi da tribunali militari, molti sono tuttora in carcere - inoltre hanno la necessità di tenere conto dell'ostilità alla guerra da parte della quasi totalità della popolazione e dei mass-media. La guerra all'Iraq inoltre rilancerebbe alla grande la presa dei militari sulla popolazione e il loro potere sullo stato, infine rischierebbe di aprire un conflitto di grandi proporzioni tra Turchia e curdi del nord dell'Iraq, tra le cui conseguenze potrebbe esserci la ripresa della guerra nel sudest della Turchia. Non solo. Il leader islamista Erdogan, che non è parlamentare né capo del governo, in ragione di una condanna a suo tempo di un tribunale militare che ne ha cancellò i diritti politici, e che è ora candidato al Parlamento in un collegio del sudest in un'elezione parziale che gli è stata appositamente ritagliata, dopo che il Parlamento ha cancellato i reati (d'opinione) per i quali era stato condannato, ha il problema che la partecipazione della Turchia alla guerra potrebbe fargli perdere il seggio. Tuttavia gli islamisti sono pure dentro alla tenaglia tra potere militare (storica succursale degli Stati Uniti, sciovinista e che aspira a portare i confini della Turchia oltre Kirkuk, annettendo cioè il nord petrolifero dell'Iraq), rapporti tradizionali di sudditanza della Turchia agli Stati Uniti e dipendenza della Turchia dal finanziamento internazionale (che fondamentalmente è in mano agli Stati Uniti). Insomma da tutto ciò il quadro di un governo che si dichiara favorevole alla guerra, ne tratta però a lungo e accanitamente le condizioni con gli Stati Uniti, economiche e politiche, sino quasi alla rottura, alla fine ce la fa, però poi è battuto in ParlamentoŠ Quanto c'è in questa sconfitta parlamentare di non voluto dalla leadership islamista e quanto di più o meno voluto, dunque, è difficile capirlo. Quanto quelle trattative puntassero a farcela o al fallimento, è pure difficile capirlo. L'Unione Europea, in ultimo, ha manifestato in tutte queste vicende, a partire dagli stessi punti fondamentali di ostilità alla guerra, quali i governi di Francia e Germania e la presidenza della Commissione Europea, una straordinaria incapacità di capire la nuova situazione della Turchia e di offrirle una sponda, rafforzando così obiettivamente il condizionamento dei militari e degli Stati Uniti. Anche per questo, in conclusione, la decisione sulla guerra verrà probabilmente presa, scavalcando di fatto il Parlamento, dal Consiglio per la Sicurezza Nazionale, organismo nel quale hanno ruolo preponderante i militari. Amichevolmente, Silvana Barbieri. Milano, 5 marzo 2003 ------------------------------------------------------------------ ASSOCIAZIONE CULTURALE PUNTO ROSSO puntorosso at puntorosso.it FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE fma at puntorosso.it LIBERA UNIVERSITA' POPOLARE lup at puntorosso.it EDIZIONI PUNTO ROSSO edizioni at puntorosso.it VIA MORIGI 8 - 20123 MILANO - ITALIA TEL. 02-874324 e 02-874324 (anche fax) www.puntorosso.it
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