I giornalisti accompagneranno le truppe USA



Fonte: New York Times
http://www.nytimes.com/2003/02/18/international/middleeast/18MEDI.html?ex=1046560179&ei=1&en=a156b1671c65eb9d

Journalists Are Assigned to Accompany U.S. Troops

February 18, 2003
By RALPH BLUMENTHAL and JIM RUTENBERG

Traduzione di Nello Margiotta - associazione PeaceLink - www.peacelink.it - in caso di utilizzo si prega di citare la fonte e l'autore.

Giornalisti assegnati al seguito delle truppe USA

Per la prima volta dalla II guerra mondiale e su una scala mai vista prima per l'esercito americano, saranno assegnati al seguito di unita' di combattimento e di supporto giornalisti che coprano tutti gli attacchi USA in Iraq e li accompagneranno per tutto il
conflitto

La mobilitazione dei media, richiedendo un vasto piano logistico, coinvolgera' almeno 500 tra cronisti, fotografi e membri di troup televisive, di cui almeno 100 di televisioni straniere ed internazionali , inclusa la tv araba Al Jazeera.

Questo promette di offrire al pubblico americano e mondiale un posto in prima fila per la guerra che potrebbe iniziare entro poche settimane. Crescono anche nuove e complesse domande sulle regole giornalistiche di ingaggio, come per esempio come evitare che qualcuno tornando a casa non abbia dalla TV la prima notifica che un suo parente sia stato ferito o ucciso.

Un altro problema e' come mantenere un segreto militare con un esercito di giornalisti ben forniti di strumenti elettronici. Dice Eason Jordan, direttore esecutivo della CNN " Loro non vogliono avere una copertura telvisiva in diretta di un convoglio di mezzi che si muova sull'autostrada Bassora- Baghdad che potrebbe rivelare agli iracheni dove questi mezzi si trovino"

In accordo con una bozza di documento del Pentagono, alcune di queste regole giornalistiche di ingaggio prevedono che non possano essere effettuate riprese in diretta senza l'autorizzazione dell'ufficiale in capo

Ci saranno forti restrizioni su qualunque pezzo giornalistico riguardante operazioni da effettuare od operazioni ritardate o soppresse . La data il luogo e l'ora di un'azione militare cosi come i risultati di una missione potranno essere descritti sono in termini generali. Altre regole di base devono ancora essere compilate. sia il Pentagono che i direttori di gornali hanno dato il benvenuto all'iniziativa.Cio' rappresenta un brusco cambio di direzione rispetto alle politiche restrittive sulle informazioni che il Pentagono ha mantenuto dai tempi della guerra nel Vietnam, che rispecchiavano la visione di molti comandanti del pericolo psicologico rappresentato dal mandare immagini di guerra direttamente nei salotti degli americani. Per esempio durante la guerra del Golfo fu dato
un regolare accesso al fronte solo ad un ristretto gruppo di cronisti


" In ogni modo tutto cio' rappresenta un fatto storico" ha detto Brian Whitman, portavoce del Dipartimento della Difesa ed ex maggiore delle forze speciali che e' direttamente impegnato ad assegnare i cronisti alle singole unita' operative. Ha ricordato come non piu' di 30 o 40 giornalisti seguirono le forze di sbarco americane durante il D-Day, benche' molti altri piu' tardi raggiunsero le truppe americane. Nel Vietnam cronisti visitarono le basi e seguirono operazioni belliche ma non furono assegnati a specifici battaglioni

Non e' chiaro se il cambiamento della politica del Pentagono sia dovuto in parte alla necessita' di contrastare le proteste irachene per eventuali atrocita' delle truppe americane o smascherare atti di auto sabotaggio attribuiti agl iinvasori Ma Mr. Whitman ha detto di avere il pieno appoggio di Donald H. Rumsfeld e del generale Richard B. Myers, capo di stato maggiore.

Alcuni direttori di testate giornalistiche televisive hanno detto che questo accesso potrebbe avere un prezzo. Dan Rather, anchorman della CBS, ha sussurrato che il Pentagono potrebbe rendere difficile la trasmissione di certe immagini se l raccontassero una storia
diversa da quella che loro vogliono che sia raccontata


"Un sacco di gente ha detto le cose giuste " ha detto Mr. Rather durante una recente presentazione in TV del piano di copertura informativo delle operazioni di guerra " Nella nbbia della guerra queste cose hanno la maniera di cambiare" L'altra settimana il Pentagono ha assegnato gli accrediti a giornali, agenzie e network televisivi. questa settimana gli organizzatori stanno registrando i nomi dei corrispondenti selezionati per completare l'assegnazione o poter cosi' permettere loro le vaccinazioni contro il vaoiolo e l'antrace gia' effettuate dalle truppe combattenti. Il Pentagono ha gia' addestrato 232 giornalisti alle condizioni di combattimento in 4 diversi corsi settimanali in basi militari interne e ,dando l'idea del senso di urgenza trasmesso dall'amministrazione Bush, ha
"esaurito il tempo" per allenarsi ulteriormente, ha detto Mr. Whitman.

Ai gironalisti non e' stato permesso di portare od utilizzare armi. Diversamente da molti corrispondenti durante la II guerra mondiale e quella del Vietnam non indosseranno uniformi militari, benche' essi possono comprare il loro equipaggiamento. Si sono forniti del proprio elmetto e del proprio corpetto antiproiettili ma sara' dato loro il cosiddetto dispositivo NBC per proteggersi contro attacchi nucleari chimici e biologici. Parteciperanno al trasporto delle loro unita' dividendo con esse i pasti e l'alloggio.


"Non pagheranno per i sei piedi di terra su cui si sistemeranno e per le razioni di viveri, benche' tutto cio' non possa loro piacere" Ha detto Mr. Whitman. Ai giornalisti sara' proibito di possedere propri veicoli. Puo' essere che l'Iraq si stia preparando alla sua offensiva mediatica, dice Peter Arnett, il cronista televisivo che 12 anni fa fu l'unico giornalista occidentale a trasmettere sull'unico telfono satellitare da Baghdad per CNN durante la guerra del 1991. Ora a Baghdad, ha detto dopo che vi e' tornato per il National Geographic Explorer e la MSNBC, ci sono da 200 a 300 teefoni satellitari ed una dozzina di video telefoni. "Avro' molta piu'
 concorrenza"

Le logistiche di sistemazione del dispiegamernto dei media sono state sempre poche per scoraggiare alcuni dei piani militari, ha detto mr. Whitman. Gli accredti sono stati assegnati sulla base dei bacini di utenza; le pirincipali tesate di Boston, San Francisco, Atlanta e Houston. per esempio, hanno ricevuto da quattro asei accrediti ciascuno che potrebbero essere coperti in parte da freelance.

Nessun accredito e' satto assegnato specificatamente a qualcuno che scrivesse un libro, benche' alcuni giornalisti, come nel passato, potessero anche scrivere libri L'assegnazione era aperta a uomini e donne. La reazione alla nuova politica verso i giornalisti e' satta
chiaramente positiva, anche se cauta.

David Halberstam, che era stato nel Sud Vietnam per il New York Times, a partire dal 1962 e che vinse il premi Pulitzer nel 1964 ha definito la nuova impostazione un benvenuto cambiamento rispetto al 1991 " dato i controlli dell'ultimo minuto che erano eccessivi". Ma il punto cruciale era l'accesso: "Puoi andare dove vuoi?" Dice che i cronosti potrebbero beneficiare dall'esser molto vicini alle truppe. I soldati parleranno sempre con i cronisti avendoli sul campo. Il borbottio ha un inalienabile diritto di dire la verita'"

Donatella Lorch, una corrispondente del Newsweek che ha coperto guerre in Africa, nei Balcani e in Afghanistan, dove passo' a settimana con un unita' delle forze speciali, ha detto che la nuova politica, solleva un sacco di questioni per i cronisti. Ha detto che potrebbero essere sottoposti ad una considerevole pressione per rimanere critici ed indipendenti di fronte a truppe con cui convivono tutti i giorni. Mr. Arnett ha detto che rimane da vedere con quanta velocita' sara' permesso ai cronisti sul campo di pubblicare i loro articoli. Se fossero intralciati per charimenti, i cronisti potrebbero perdere lo scoop a vantaggi dei loro colleghi presenti al briefing del Pentagono. Ma niente, ha concluso, potrebbe uguagliare l'opportunita' di essere vicini al comabttimento.


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TESTO ORIGINALE

Fonte: http://www.nytimes.com/2003/02/18/international/middleeast/18MEDI.html?ex=1046560179&ei=1&en=a156b1671c65eb9d

Journalists Are Assigned to Accompany U.S. Troops

February 18, 2003
By RALPH BLUMENTHAL and JIM RUTENBERG

For the first time since World War II and on a scale never
before seen in the American military, journalists covering
any United States attack on Iraq will have assigned slots
with combat and support units and accompany them throughout
the conflict.

The media mobilization, requiring vast logistical planning
of its own, involves at least 500 reporters, photographers
and television crew members - about 100 of them from
foreign and international news organizations, including the
Arab network Al Jazeera.

It promises to offer the American public and the world at
large a front row seat to a war that could begin within
weeks. It also raises complex new questions about
journalistic rules of engagement, like how to make sure a
family back home does not get the first notification that a
relative has been wounded or killed by seeing it on
television.

How to maintain military secrecy with an army of
electronics-packing journalists is another issue. "They
don't want to have live television coverage of a convoy of
tanks moving up the Basra-to-Baghdad highway that would
tell the Iraqis where those tanks are," said Eason Jordan,
chief news executive of CNN.

According to a Pentagon document outlining some of the
rules of journalistic engagement, reports of live,
continuing action cannot be released without the permission
of the commanding officer.

There will be strict prohibitions on any reporting of
future operations or postponed or canceled operations, the
document further states. The date, time and place of
military action, as well as the outcomes of mission
results, can be described only in general terms. Other
ground rules remain to be spelled out.

Yet both the Pentagon and news executives welcomed the
initiative. It is a sharp about-face from the restrictive
news policies the Pentagon has maintained since the Vietnam
War, which to many commanders showed the psychological
perils of broadcasting a war into the nation's living
rooms. In the Persian Gulf war, for example, only pool
reporters were given regular front-line access.

"In many ways this is going to be historic," said Brian
Whitman, the deputy Defense Department spokesman and a
former special forces major who is directing the effort to
place reporters in the individual units. Even on D-Day in
World War II, he said, no more than 30 or 40 journalists
went in with invading American forces, although many others
later ended up traveling with United States units. In
Vietnam, reporters visited forward bases and went out on
operations but were not assigned to particular outfits.

Whether the Pentagon's policy change was in any part an
effort to counter anticipated Iraqi claims of American
atrocities or self-sabotage attributed to the invaders was
not clear. But Mr. Whitman said it had the full support of
Secretary of Defense Donald H. Rumsfeld and Gen. Richard B.
Myers, chairman of the Joint Chiefs of Staff.

Some television news executives said they knew access could
come with a price. Dan Rather, the CBS news anchor, voiced
concern that the Pentagon could make it hard to get certain
images out if they tell a story other than the one the
Pentagon wanted told.

"A lot of people said the right things," Mr. Rather said
during a recent presentation on network war coverage plans.
"In the fog of war, these things have a way of changing."

Last week, the Pentagon allocated the slots to newspapers,
news agencies and television networks. This week the
organizations are to report the names of correspondents
selected to fill the assignments so they can be offered the
same inoculations against smallpox and anthrax already
given to fighting forces. The Pentagon has already trained
232 of the journalists for combat conditions in four
separate weeklong boot camps on domestic military bases
and, conveying the Bush administration's sense of urgency,
has "run out of time" to train more, Mr. Whitman said.

The journalists will not be allowed to carry or fire
weapons. Unlike many World War II and Vietnam
correspondents, they will not wear military-issue uniforms,
although they can buy their own fatigues. They are to
provide their own helmets and flak jackets but will be
given so-called NBC gear to protect against nuclear,
biological and chemical attacks. They will also share their
units' transport, food and accommodations, such as they
are.

"There's no cost for the six feet of ground they'll lay on
and the rations, although they may not like them," Mr.
Whitman said. The journalists are forbidden to have their
own vehicles.

Iraq may be preparing its own media offensive, said Peter
Arnett, the television reporter, who a dozen years ago was
a last lonely Western voice broadcasting on the only
satellite phone from Baghdad for CNN during the 1991 war.
Now, he said, as he goes back for National Geographic
Explorer and MSNBC, there are 200 to 300 satellite phones
in Baghdad, and a dozen video uplinks and video phones.
"I've got far more competition," he said.

The logistics of arranging the media deployments were every
bit as daunting as some of the military planning, Mr.
Whitman said. Slots were awarded based on circulations and
markets served. Major papers in Boston, San Francisco,
Atlanta and Houston, for example, received four to six
slots each, which could be filled in part with freelancers.


No slot was awarded specifically to anyone writing a book,
although some journalists, as in the past, would probably
also write books. The assignments were as open to women as
to men.

Reaction to the new policy among journalists was clearly
positive, if cautious.

David Halberstam, who was stationed in South Vietnam for
The New York Times starting in 1962 and who won a Pulitzer
Prize in 1964, called the new arrangement a welcome change
since 1991, "given the controls last time, which were
excessive." But the crucial issue, he said, was access:
"Can you get where you want?"

He said reporters would benefit from close proximity to the
troops. "Soldiers will always talk to reporters with them
in the field," he said. "The grunt has an inalienable right
to tell the truth."

Donatella Lorch, a correspondent for Newsweek who covered
wars in Africa, the Balkans and Afghanistan, where she
spent a week in a Special Forces unit, said the new policy
"brings up a lot of issues for reporters." She said they
would be under considerable pressure to remain critical and
independent in the face of troops they were living with
every day.

Mr. Arnett said it remained to be seen how quickly
reporters in the field, even with the new access, would be
allowed to put out their reports. If they were held up for
clearance, he said, the reporters could end up being
scooped by their colleagues at a Pentagon briefing. But
nothing, he said, could equal the opportunity to be close
to combat.

http://www.nytimes.com/2003/02/18/international/middleeast/18MEDI.html?ex=1046560179&ei=1&en=a156b1671c65eb9d