[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 516
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 516
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 22 Feb 2003 23:56:00 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 516 del 23 febbraio 2003 Sommario di questo numero: 1. Un'istigazione a non delinquere 2. Lidia Menapace, fermare il treno della guerra 3. Michele Nardelli, dal Trentino pratiche di pace 4. Sheila Rowbotham, il paternalismo conosce molte forme 5. Joyce Lussu, nascita dello squadrismo 6. Germaine Greer, oggi la guerra 7. Nanni Salio, i criteri della lotta satyagraha 8. Ileana Montini, la paura dell'altro 9. Massimo Raffaeli presenta "Le due guerre" di Nuto Revelli 10. Norberto Bobbio, saremo i piu' forti 11. Alberto D'Onofrio intervista Joyce Ryley sulla "sindrome del Golfo" 12. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro, "El descubrimiento del sistema de escritura por parte del nino", 1979 13. Franco Fortini, La lampadina fulminata 14. Riletture: Etel Adnan, Sitt Marie-Rose 15. Riletture: Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia 16. Riletture: Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi 17. Riletture: Elsa Morante, "Piccolo manifesto" e altri scritti 18. Riletture: Anna Puglisi, Sole contro la mafia 19. La "Carta" del Movimento Nonviolento 20. Per saperne di piu' 1. APPELLI. UN'ISTIGAZIONE A NON DELINQUERE [Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha diffuso ieri questo intervento] Del dovere morale e civile di fermare i treni che recano armi per la guerra che si va preparando. Un'istigazione a non delinquere: ovvero a rispettare la Costituzione, a salvare vite umane, a fermare la macchina bellica con l'azione diretta nonviolenta. * E' la Costituzione della Repubblica Italiana che dice ai cittadini italiani: "ripudia la guerra". E' uno dei suoi principi fondamentali; e' il valore supremo che afferma nell'ambito delle relazioni internazionali: "ripudia la guerra". Se ad essa Costituzione il governo, il parlamento, il capo dello Stato fossero restati fedeli, se non avessero infranto un solenne giuramento in forza del quale sono legittimati ad esercitare il potere loro attribuito, se non avessero violato la legalita' nella forma piu' flagrante e gravida di sciagurate conseguenze, gli attuali trasporti di materiale bellico in territorio italiano da parte di chi una guerra illegale e criminale scelleratamente prepara ed ha gia' reiteratamente proditoriamente annunciato, ebbene, non avrebbero potuto aver luogo, sarebbero stati proibiti dalle pubbliche autorita' in nome della legge. * Quei materiali bellici - se non li si fermera' - di qui a poco saranno utilizzati per commettere crimini di guerra e crimini contro l'umanita'. Il loro uso - se non lo si impedira' - provochera' la morte di innumerevoli innocenti. Il loro transito nel nostro territorio rende l'Italia favoreggiatrice degli stragisti. Permettere che giungano a destinazione vuol dire rendersi complici della guerra onnicida, vuol dire violare il comando supremo della nostra Costituzione: "ripudia la guerra". E dunque e' giusto e necessario bloccare con l'azione diretta nonviolenta i treni che recano gli strumenti della morte, le armi delle stragi annunciate. E dunque e' un atto di fedelta', di rispetto e di inveramento della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico impedire che le armi efficienti alla guerra illegale e criminale possano giungere a destinazione, possano essere usate, possano colpire i loro viventi umani bersagli. * Su quei binari a fermare quei treni che trasportano armi ci dovrebbe essere il capo dello Stato della Costituzione supremo garante, ci dovrebbe essere ogni pubblico ufficiale che alla Costituzione ha giurato fedelta'. Se loro non ci sono, cio' va a loro infamia. Ci sono invece dei cittadini italiani che con questa azione diretta nonviolenta si stanno impegnando per salvare delle vite umane, stanno difendendo la dignita' del nostro popolo e la legge fondamentale del nostro paese, stanno obbedendo alla Costituzione, stanno adempiendo a un dovere di legalita' e di umanita'. Si renda loro onore e li si aiuti. * Con queste righe, non potendo oggi essere li' fisicamente, vogliamo dichiarare la nostra persuasa condivisione dell'azione diretta nonviolenta per fermare i carichi di armi destinati alla guerra illegale e criminale. E vogliamo dichiarare che intendiamo condividere le conseguenze che per aver realizzato una rigorosa e doverosa azione diretta nonviolenta ai protagonisti di essa, in quanto si atterranno scrupolosamente ai principi della nonviolenza, deriveranno. E vogliamo invitare ancora una volta tutti a sostenere ogni azione diretta nonviolenta che nel rigoroso rispetto della incolumita' e della dignita' di ogni essere umano si opponga concretamente, limpidamente e intransigentemente alla macchina bellica, e con cio' sia di adempimento al dovere di salvare delle vite umane in pericolo, sia di adempimento al dovere sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana: "ripudia la guerra". 2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: FERMARE IL TRENO DELLA GUERRA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: llidiamenapace at virgilio.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] D'accordo con l'"istigazione a non delinquere" [l'appello riportato sopra], sia personalmente, sia come portavoce della Convenzione permanente di donne contro le guerre. Sottolineo anche l'iniziativa della Cgil che chiede al governo di essere informata del trasporto di mezzi bellici, anche per tutelare la salute di chi lavora sui treni, di chi viaggia, ecc. A mio parere sarebbe bene trovare molteplici forme di azione diretta nonviolenta anche perche' questo obbliga il governo ad attrezzarsi su molteplici terreni e forse lo sorprende. Tra l'altro mentre le azioni volte a fermare i treni possono essere facilmente presentate all'opinione pubblica come opera di "facinorosi", le civili raccolte di proteste di ferrovieri, viaggiatori e abitanti lungo ferrovie, strade e autostrade avrebbero l'effetto della manifestazione del 15 febbraio: tutto un popolo protesta in vario modo, colpito nei suoi diritti e interessi fondamentali (salute e diritto di muoversi liberamente sul territorio nazionale) e non solo appunto i "facinorosi". Inoltre bisogna sempre ricordare che i blocchi dei treni sono stati tipici da parte di non interventisti/e, antimilitaristi/e, neutralisti/e fin dalla prima guerra mondiale e che molte donne si sono sdraiate sui binari per non lasciar passare i treni piombati con i e le perseguitate politiche sessuali e razziali verso i campi di prigionia e sterminio nazifascisti: rincalzare la memoria serve, e' giusto, e' forte. Inoltre non bisogna mancare di sottolineare che un governo irresponsabile non solo viola la Costituzione ma viene anche meno al piu' elementare dovere di tutela della popolazione (altro che sicurezza!) esposta nella sua interezza a possibili risposte dagli aggrediti. Sento che molti e molte biasimano la Turchia: viva la faccia, almeno si fanno pagare e non danno via gratis la disponibilita' del loro territorio. Sara' bene far sapere alla Turchia che il suo atteggiamento sara' considerato, quando chiedera' formalmente di entare in Europa. Sembra che l'Europa stia avendo un soprassalto di vitalita', fosse mai vero. 3. RIFLESSIONE. MICHELE NARDELLI: DAL TRENTINO PRATICHE DI PACE [Ringraziamo Michele Nardelli (per contatti: sol.tn at tin.it) per averci messo a disposizione questo suo articolo. Michele Nardelli da molti anni e' impegnato per la pace e i diritti e la costruzione di un'alternativa solidale; e' tra gi animatori dell'esperienza di "Solidarieta'" a Trento e dell'"Osservatorio sui Balcani"] Una moltitudine mai vista di persone che riempiono le piazze di mezzo mondo, gli appelli di donne e uomini che fanno il giro del pianeta, innumerevoli forme di testimonianza individuale e collettiva per dire che la guerra non porta a nient'altro che alla barbarie... eppure la corsa alla guerra non sembra fermarsi. Ecco dunque che si richiedono pratiche attive di pace e forme diffuse di disobbedienza civile, a cominciare dall'indisponibilita' a condividere responsabilita' verso questo nuovo crimine contro l'umanita', ma anche affermando il diritto alla vita di una popolazione come quella irachena gia' sottoposta da piu' di un decennio alla disumanita' di un embargo che ha gia' prodotto una strage silenziosa nella quasi completa indifferenza dell'opinione pubblica mondiale. Questo e' il significato dell'impegno della comunita' trentina che in questi giorni ha deciso di investire sulla pace e sul futuro dell'Iraq, con un segnale forte che interpreti e faccia propria l'inquietudine e la contrarieta' verso la guerra espressa attraverso le decine di migliaia di bandiere della pace che colorano ogni angolo del Trentino. Un investimento di pace, in continuita' con l'impegno che in questi anni di embargo ha visto la comunita' trentina fra le regioni che piu' hanno sviluppato azioni umanitarie verso l'Iraq, rappresentato dalla realizzazione - in collaborazione con "Un ponte per..." - di un nuovo impianto di potabilizzazione e di distribuzione di acqua nell'area di Abu Kassib, nella regione di Bassora. Uno stanziamento da parte della Provincia Autonoma di Trento di 100 mila euro al quale si vanno aggiungendo in queste ore quello dei principali Comuni trentini e di tutti i cittadini che vorranno far corrispondere alle loro bandiere di pace un impegno concreto per il diritto alla vita di migliaia di persone. Per dire che il diritto all'acqua e alla vita vale anche per i bambini e la gente irachena. Mentre il governo italiano decide di mettere a disposizione le infrastrutture logistiche del proprio territorio per l'intervento armato degli Usa, un'intera comunita' locale intende lanciare un segnale diverso, che crediamo possa essere fatto proprio da altre comunita' locali e dalle loro istituzioni per dire in modo concreto "non nel mio nome". Con questo o altri analoghi progetti. Cosi' che dalle Regioni e dai Comuni italiani possa prendere corpo una diplomazia parallela contraria alla guerra. Una delegazione in rappresentanza della Provincia Autonoma di Trento, degli enti locali, della societa' civile, accompagnati da "Un ponte per..." e dai rappresentanti del Contratto mondiale per il diritto all'acqua si rechera' nei prossimi giorni in Iraq per dare il via a questo progetto di speranza verso il futuro. 4. MAESTRE. SHEILA ROWBOTHAM: IL PATERNALISMO CONOSCE MOLTE FORME [Da Sheila Rowbotham, Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976, 1977, p. 251. Sheila Rowbotham e' una prestigiosa intellettuale, nata a Leeds nel 1943, insegnante alla Workers' Education Association, impegnata nel Women's Liberation Workshop. Opere di Sheila Rowbotham: Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976; Esclusa dalla storia, Editori Riuniti, Roma 1977. Opere su Sheila Rowbotham: cfr. il fascicolo n. 14/1980 di "Nuova dwf", monografico sul tema Femminismo/socialismo partiti/movimento, che contiene ampi brani di un saggio della Rowbotham, tre interventi su di esso di Margherita Repetto, Giovanna Fiume, Mariella Gramaglia, ed altri materiali] Il paternalismo conosce molte forme, ma la linea di condotta e' essenzialmente la stessa. Lo schiavista e' un padre affettuoso finche' gli schiavi non si ribellano. Alla vittima della colonizzazione e' concesso di evolversi, ma secondo un certo modello di sottosviluppo. Il padrone predica l'eguaglianza ma poi si rimangia le proprie parole agitando la frusta. 5. MAESTRE. JOYCE LUSSU: NASCITA DELLO SQUADRISMO [Da Silvia Ballestra, Joyce L., Baldini & Castoldi, Milano 1996, p. 104. Il libro consiste di diciannove conversazioni con Joyce Lussu. Joyce Lussu, nata da una famiglia di intellettuali antifascisti, esule fin dall'infanzia, compagna di Emilio Lussu, impegnata nella lotta contro il fascismo, per i diritti dei popoli, nel movimento femminista ed in quello ambientalista; scrittrice, traduttrice; una straordinaria figura di militante e di intellettuale; e' scomparsa nel 1998. Tra le opere di Joyce Lussu segnaliamo particolarmente Fronti e Frontiere, Laterza, Bari 1967. Opere su Joyce Lussu: Silvia Ballestra, Joyce L., Baldini & Castoldi, Milano 1996] Erano reduci andati in guerra a diciott'anni, gli avevano insegnato solo ad ammazzare. C'erano teppisti terribili, fra loro, come quell'Amerigo Dubini che poi avrebbe ucciso Matteotti, che quando si presentava diceva: "Amerigo Dubini, otto omicidi". 6. MAESTRE. GERMAINE GREER: OGGI LA GUERRA [Da Germaine Greer, La donna intera, Mondadori, Milano 2000, 2001, p. 182. Germaine Greer e' una prestigiosa intellettuale femminista, nata a Melbourne, in Australia, nel 1939; docente di letteratura inglese e comparata all'Universita' di Warwick in Inghilterra. Opere di Germaine Greer: L'eunuco femmina, Bompiani, Milano 1972; Viaggio intorno al padre, Mondadori, Milano 1990; La seconda meta' della vita, Mondadori, Milano 1995; La donna intera, Mondadori, Milano 2000] La guerra non puo' essere equiparata a un'azione di difesa o di protezione del debole dall'assalto di un elemento criminale. Perdipiu', oggi la guerra viene combattuta da professionisti praticamente invulnerabili contro popolazioni civili estremamente vulnerabili; le donne e i bambini a terra sono esposti a molti piu' pericoli dei professionisti della guerra; questi li storpiano e li uccidono da lontano senza correre alcun rischio, e ricevono le migliori cure mediche nel caso vengano feriti in seguito a qualche infortunio dovuto all'infausta tendenza degli eserciti tecnocratici a scatenare la loro tecnologia omicida contro se stessi e contro gli alleati. 7. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: I CRITERI DELLA LOTTA SATYAGRAHA [Da Nanni Salio, Elementi di economia nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 2001, pp. 10-11. Nanni Salio, torinese, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da diversi anni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della nonviolenza in Italia. Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982; Ipri, Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Ipri, I movimenti per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001. Per contatti: Centro Studi "Domenico Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax: 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis] Gandhi giunse sperimentalmente a elaborare i criteri ai quali deve ispirarsi la lotta satyagraha, che possono essere riassunti in vari punti, o principi: - occorre lottare per una causa (fine) giusta; - la lotta deve escludere la violenza in ogni forma; - occorre distinguere tra leggi giuste e ingiuste (ruolo della coscienza); - lottare senza odiare l'oppositore, distinguendo tra ruolo e persona; - essere capaci e disponibili ad accettare il sacrificio e le sofferenze imposti dalla lotta. La sofferenza assume un significato importante dal punto di vista empirico, perche' consente di mobilitare le coscienze di coloro che inizialmente sono indifferenti alla causa per la quale lotta il gruppo nonviolento; - impegno concomitante in un lavoro o programma costruttivo, capace di prefigurare una soluzione positiva per tutte le parti in conflitto; - atteggiamento di grande umilta' da parte di chi si impegna in questo tipo di lotta; - atteggiamento di ricerca della verita' e della sincerita' e accettazione della disciplina durante le fasi di lotta. 8. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: LA PAURA DELL'ALTRO [Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia' insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per "L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain" di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle" insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne". Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa, scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani, Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani, Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha redatto il progetto e curato la supervisione delle operatrici: titolo: "... ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione, insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir". Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia Menapace e Rossana Rossanda] In questi giorni mi sto chiedendo se finiro' per sentirmi un po' straniera in terra di Lombardia. Non e' una domanda peregrina se confrontata con il titolo, di prima pagina, apparso su "La Repubblica" del giorno 22 febbraio: "A lezione di grammatica padana" e, in occhiello: "Ecco la scuola della devolution leghista: corsi di dialetto, ricette tipiche e storia celtica". A p. 22 il quotidiano spiega cosa sta accadendo in terra lumbard per fare crescere lo studente nativo. Ebbene, gia' due anni fa e' partita la scuola del carroccio secondo il progetto didattico del prof. Ettore Albertoni, assessore regionale alle culture, identita' e autonomie. Leggiamo insieme cosa ha scritto in proposito l'articolista Pierangelo Fiorani: l'assessore, "leghista doc, ha dettato la linea per insegnare ai piu' piccoli che cosa significa essere parte integrante del proprio territorio, anzi addirittura una emanazione della propria terra". Cioe' l'assessore, con il via libera della giunta, ha provveduto a dare l'ordine di distribuzione in tutte le classi della scuola dell'obbligo di un vocabolario e una grammatica della lingua lombarda. Il centrosinistra ha cercato di sollevare il problema e l'assessore ha risposto con una nutrita relazione, per spiegare che il territorio va difeso poiche' "con il suo patrimonio culturale rappresenta prima di tutto un valore morale in una comunita' nazionale che sta subendo l'alienante quanto pericolosa sfida alla globalizzazione". Inutile dire che la cultura lombarda deve far riferimento a una sola fonte, quella celtica. Appunto, finiro' per sentirmi straniera come se andassi in Francia o in Inghilterra. Non so bene cosa significhi e quanto sia serio il massiccio e basilare riferimento alla radice celtica per i lombardi, ma so di certo che potrei voler rivendicare altre radici, per cosi' dire quelle bizantine ed etrusche della tradizione romagnola. E' questa la devolution? Sara' bene chiarirlo per trarne le dovute conseguenze. * Intanto pero' cerchiamo di interpretare, per non buttarla subito in politichese, questo fenomeno di rivendicazione identitaria che percorre, ansimando ma con decisione progressiva, il nostro paese. Anche in Veneto si va avanti con queste scoperte e improvvisazioni addirittura sulle "razze", come la presunta "razza Piave" del sindaco di Treviso. L'assessore leghista lombardo, con il riferimento agli effetti negativi della globalizzazione, ha pero' messo il dito sulla piaga. La piaga sarebbe la paura che prende coloro che avvertono oscuramente il rischio della perdita della coesione di gruppo. La coesione di gruppo fa e regge la gruppalita'. La coesione si nutre di tradizione e la tradizione e' composta di riti, valori, comportamenti collettivi e ruoli consolidati e stratificati. In una parola la gruppalita' ha bisogno di forme identitarie sociali riconosciute, cioe' legittimate. Lo straniero e' colui che si fa portatore di altri valori, qualunque essi siano, di altri comportamenti e ruoli e, pertanto, se da solo non costituisce una minaccia (il singolo non scatena eccessivi timori, anche se va "tenuto a bada"), la costituisce quando e' un gruppo. Il gruppo e' sempre una forza, quanto dire un'altra coesione che puo' farsi elemento di contrasto, di conflitto e di lotta. Cio' genera paura a livello inconscio e repulsione insieme a curiosita' a livello conscio. A questo punto comincia la voglia di scatenare la difesa, ad oltranza e in forme anche eccessive, della propria vera o presunta identita' collettiva e difesa del territorio reale. * Quelli che oggi in Veneto sono in massa dei leghisti o razzisti scatenati contro gli emigrati, negli anni sessanta e settanta erano ostili ai comunisti identificando come tali, per esempio, i romagnoli. In quegli anni insegnavo appunto nella provincia di Treviso e potei fare la non gradevolissima esperienza di una minaccia di trasferimento d'ufficio perche', secondo i genitori dei miei alunni, essendo una romagnola dovevo essere una comunista che "faceva politica in classe", comunque e sempre. La minaccia si consolido' quando un giorno un alunno, costruendo un banale collage con frammenti di giornale, delineo' l'immagine di un volto strozzato da due mani. Il volto, per mia sfortuna, era quello dell'allora segretario del Partito Liberale. In un'altra occasione si scateno' l'ira dell'insegnante di religione perche' alcuni alunni avevano disegnato, in nome delle pari opportunita', alcune signore prete in confessionale. * Questo per dire che la paura dobbiamo comprenderla perche' e' un'ombra che ci riguarda tutti; ed e' solo comprendendola che eviteremo di demonizzare gli altri. Perche' abbiamo la necessita' di fare posto ad altre culture, per cambiare la nostra dove e' necessario, per confermarla dove e' giusto. 9. LIBRI. MASSIMO RAFFAELI PRESENTA "LE DUE GUERRE" DI NUTO REVELLI [Dal quotiiano "Il manifesto" del 22 febbraio 2003. Nuto Revelli e' nato a Cuneo nel 1919, ufficiale degli alpini nella tragedia della campagna di Russia, eroe della Resistenza, testimone della cultura contadina e delle sofferenze delle classi popolari in guerra e in pace. Le sue opere non sono letteratura, ma grande testimonianza storica, lucido impegno civile, e limpida guida morale. Opere di Nuto Revelli: La guerra dei poveri, La strada del davai, Mai tardi, L'ultimo fronte, Il mondo dei vinti, L'anello forte, Il disperso di Marburg, Il prete giusto, Le due guerre, tutti pubblicati presso Einaudi] Fosse stato a Roma sabato 15 febbraio, c'e' da giurare che Nuto Revelli sarebbe entrato nel corteo dal margine, attratto dai ventenni meno colorati, i ragazzi che danno l'idea d'essere appena usciti da un ufficio, da una caserma o da un oratorio di periferia, quelli che fanno un po' fatica a focalizzare, come svegliandosi dal sonno adolescente per ritrovarsi all'improvviso sul ciglio di un baratro, quelli che stentano ad aprire gli occhi ma poi lo fanno in via definitiva e divengono determinati, implacabili. Sessant'anni fa, sul principio della seconda guerra mondiale, Nuto Revelli era uno di loro e a loro oggi dedica il libro piu' suo, Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana (a cura di Michele Calandri, prefazione di Giorgio Rochat, Einaudi, pp. 191, euro 12,50) dove in copertina, autografata a pennarello rosso, spicca una dedica esemplare: "Vorrei dare un'idea di che cosa sia stato il fascismo per i giovani del ventennio...". Sulla traccia di corsi universitari tenuti a Torino alla meta' degli anni Ottanta, Le due guerre sono tanto un testamento etico-politico quanto una sintesi della produzione revelliana (in intersezione con almeno due capolavori: La guerra dei poveri, 1962, il libro che rivelo' la sua nuda voce di testimone della campagna di Russia, e Il mondo dei vinti, 1977, l'opera della pietas rerum, sui cicli secolari di una civilta' contadina ormai prossima all'annientamento e all'oblio). La falsariga e' la medesima del memoriale e di un asciutto romanzo di formazione. Decisiva vi e' infatti la zona di trapasso che discrimina incubazione e maturazione, stato costrittivo e libera scelta, cecita' e consapevolezza. A vent'anni Revelli e' un borghese che frequenta l'accademia militare di Modena; la famiglia lo ha educato al senso della responsabilita' e al culto del dovere, il regime, sequestrandone gli impulsi, lo ha inglobato nelle sue istituzioni. A vent'anni Revelli crede in cio' che, alla lettera, non e'; nell'automatismo delle parole d'ordine, pari a milioni di altri ragazzi, crede percio' di credere. Ma l'eco della guerra e il grottesco di una retorica sempre piu' bugiarda prima lo impietriscono e poi ne sbendano l'ingessatura; presto infatti si accorge di avere smarrito la strada, di avere fallito in una scelta (o non-scelta) che gli era parsa inderogabile. Refrattario, e lo sara' sempre, alle astrazioni ideologiche, a Modena Revelli impara a osservare, ad ascoltare, a chiedersi cosa sul serio ne e' di lui e di quanti spartiscono con lui la branda, le poche ore libere, l'ignoranza completa delle cose del mondo (in poco d'ora, lo spadino di una divisa anacronistica vale gia' virtualmente lo Sten del futuro capo partigiano, scrupoloso dei dettagli, nient'affatto verboso, anzi umbratile nel suo pragmatismo: "Cosi' i primi messaggi di un antifascismo, sia pure di un antifascismo di casta, li ho avuti a Modena, all'Accademia Militare. Non nella mia famiglia, non nella scuola. Forse perche' la guerra andava male: Ma non solo per questo motivo"). Fatto sta che l'antifascismo, la rinuncia alla carriera militare, sono il solo esito possibile alla disfatta della Armir: neanche una "scelta", ma uno strappo sanguinoso e in seguito una piaga che niente riuscirebbe a cauterizzare: "Immaginate 40.000 uomini nella conca di Podgornoe, 40.000 disperati che si dibattono tra le isbe in fiamme, come un formicaio impazzito. Molti gli sbandati, i disarmati, i congelati. Tutti con la stessa angoscia nel cuore, tutti con il terrore dei carri armati". Il bianco illimitato e abbacinante, torme di ex uomini ridotti a stalattiti semivive, scarpe di cartone e inutili carri Fiat di lamierino, un'immane sacca di gelo, il sacrificio, altrove deliberato, di un'intera generazione: tutto questo, alla maniera di un male inespiabile e di un giuramento da cui non e' lecito sciogliersi, torna a incombere nelle pagine centrali del libro, in ideale presa diretta, fedeli e ossessive quali possono esserlo i segni di un palinsesto a futura memoria. Pagine sue e di ognuno, scritte a muscoli ancora tesi, rese anonime (cioe' universali, partecipabili qui-e-ora) dalla limpidezza dello sguardo e da uno spassionato amore di verita' (non ce ne sono molte altre che reggano il confronto. Per crudo paradosso, gli occhi dei reduci sono spesso occhi invetriati, ma non gli occhi di Rigoni Stern, Il sergente nella neve, di Giulio Bedeschi, Centomila gavette di ghiaccio, o di Egisto Corradi, La ritirata di Russia, cioe' dei pochi che saprebbero spiegare a un ventenne perche' mai centinaia di migliaia di coetanei venissero allora mandati nell'inferno russo a nome di una civilta' presunta superiore e alla caccia di nemici ritenuti untermenschen, sottouomini, in quanto slavi, ebrei e comunisti). Sia pure dentro un'occasione postdatata e marcata in senso pedagogico e divulgativo, il tratto dello scrittore si conferma nella sua interezza. Revelli non dice "io" per narcisismo e neanche per convenzione autobiografica, perche' il suo "io" e' parte viva di un "noi" che non prende la parola dall'alto ma la lascia scaturire dal basso, rispettandola, mentre la protegge e ne dilaziona la durata. In secondo luogo, e d'accordo con Primo Levi, non avalla una semplice letteratura di memoria ma avvalora, semmai, il bene del ricordo: perche' la memoria e' flusso, alone, persino puo' essere alibi ed autosuggestione; viceversa il ricordo, nella sua parzialita', ha spessore, durezza minerale, ben conficcato all'origine (infatti la memoria, che riassorbe ogni cosa, ha due sole dimensioni, il ricordo ne ha tre, quasi si trattasse di sostanza meteoritica. Percio' la memoria appaga, esalta, mentre il ricordo assilla e rimorde. E infine: la memoria, per sua natura, e' ideologica, subisce ridisposizione e sistemazione, quando il ricordo sta la', disponibile e in attesa di giudizio, allo stadio di reperto e di prova). Circa la Resistenza in Piemonte, tra le file di "Giustizia e Liberta'", i ricordi sono di un allievo d'accademia costretto, dal contatto con una etimologica empieta', a mutare in gesti responsabili ed estremi i doveri metafisici che il fronte russo gli ha per sempre sterilizzato. Chi decide di salire in montagna e' un giovane ignaro della tradizione antifascista, impermeabile all'ottimismo di chi canta, nei bivacchi, rosse primavere e il sol dell'avvenire. Per la seconda volta, ha bisogno di guardarsi dentro e intorno, di ponderare i pensieri e le azioni, se all'inizio diffida persino di Dante Livio Bianco, l'erede di Duccio Galimberti, che pure diverra' per lui un compagno d'armi, e un maestro nella battaglia politica del dopoguerra; ne scrive commosso, introducendo il libro postumo di Guerra partigiana: "La mia scelta partigiana l'avevo maturata sul fronte russo: la' avevo imparato a odiare i tedeschi, a disprezzare i fascisti" (non e' un caso che proprio su suggerimento di Livio Bianco abbia composto in montagna La Badoglieide, una canzone ispirata da sarcasmo e collera politica ma pervasa, nel gioco linguistico, dal presentimento della liberazione). Cosi' oggi si sorprende a ricordare la solitudine, la paura, un'idea di futuro che allora coincideva col possesso e il buon funzionamento di un parabellum e di due machinepistol: "Avevo scelto d'istinto la guerra partigiana e avevo dovuto superare momenti difficili, momenti pieni di incertezze, di contraddizioni, di ripensamenti. La mia scelta partigiana mi era stata facile, istintiva, ma l'inserimento nella guerra partigiana mi era riuscito difficile". Basterebbero le note disadorne sulla liberazione di Cuneo a restituire un uomo e uno scrittore cui sono fraterni solo i sentimenti elementari, essenziali. Nuto Revelli non li ha mai vissuti e scritti come fossero eterni ma li ha testimoniati nella pienezza etica, dunque nell'azione che, manifestandosi, vieta a se stessa qualunque abuso di parola (e non e' un caso, nemmeno, che il classico studio di Claudio Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralita' nella Resistenza, Bollati Boringhieri 1991, lo menzioni decine di volte). Perche' anche la parola e' un'azione, anzi un'arma, e Revelli, come ha detto una volta, l'ha puntata sempre da una parte sola, contro l'Italia dei benpensanti, dei furbi, e dei servi: per questo i ragazzi di sabato scorso (tra di essi i piu' schivi e mutamente indignati) sono i suoi lettori naturali. 10. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: SAREMO I PIU' FORTI [Da Norberto Bobbio, Il terzo assente, Sonda, Torino-Milano 1989, p. 182. Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909, antifascista, filosofo della politica e del diritto, e' autore di opere fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace. E' uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani viventi. Opere di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico, morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso Einaudi. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, varie ristampe; Il terzo assente, Sonda, Torino 1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza, Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la lettura di Politica e cultura, Einaudi; Profilo ideologico del Novecento, Garzanti, Teoria generale del diritto, Giappichelli. Di Bobbio recentemente e' stato pubblicato il volume-conversazione con Maurizio Viroli, Dialogo intorno alla repubblica, Laterza, Roma-Bari 2001. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino 1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni cultura della pace S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto Bobbio, Donzelli, Roma 2000] Saremo i piu' forti se riusciremo ad ubbidire alla voce che nasce dal profondo del nostro animo e che ci suggerisce questo nuovo comandamento: "Disarmati di tutto il mondo, uniamoci". 11. TESTIMONIANZE. ALBERTO D'ONOFRIO INTERVISTA JOYCE RYLEY SULLA "SINDROME DEL GOLFO" [Dal quotidiano "Il manifesto" del 22 febbraio 2003. Joyce Ryley e' portavoce dell'Associazione dei veterani americani della guerra del Golfo] - Alberto D'Onofrio: Cosa e' successo al generale Blanck, accusato da molti veterani di essere il vero responsabile della "Sindrome del Golfo", avendo approvato nel 1991 l'uso dei vaccini incriminati? - Joyce Ryley: Il generale Blanck si e' ritirato dall'esercito. Vive in Texas e insegna in una scuola. Molti veterani malati vorrebbero sedersi intorno ad un tavolo con lui, e magari anche Schwarzkopf, per spiegare come la vita di tanti militari e civili americani sia stata sconvolta per sempre, grazie alle loro scelte. - A. D'O.: Signora Ryley, quanti veterani sono affetti dalla "Sindrome del Golfo", e quanti sono morti? - J. R.: Come sapete il contingente americano nella guerra del Golfo era composto da circa 700.000 soldati. Secondo le nostre stime gli ammalati ora sono circa 400.000 e sono gia' morti tra i 30 ed i 40.000 veterani. Rispetto al 1995-96, quando lei giro' il suo documentario, le cifre sono quadriplicate. Questi dati sono confermati dalle ricerche del dott. Garth Nicholson, che da anni studia l'evoluzione della "Sindrome del Golfo". Il Dipartimento della difesa ha ammesso che solo 230.000 soldati sono ammalati. Ma le loro cifre non tengono conto dei riservisti. E in ogni caso c'e' ancora la tendenza, da parte del Dipartimento, ad interpretare la sindrome soprattutto come malattia mentale, una specie di esaurimento nervoso che ha colpito i reduci del Golfo. Quando una malattia colpisce il 5-10% della popolazione si parla di epidemia: nel caso della Sindrome del Golfo ormai piu' del 50% dei veterani e' coinvolto. Ma per l'esercito questo non e' un problema, perche' il 98% dei 700.000 soldati spediti nel Golfo nel '91 e' ormai fuori servizio. Sono malati e non servono piu'. Adesso ci sono le nuove leve, ragazzi di vent'anni pronti di nuovo a combattere. - A. D'O.: Quali sono secondo lei le vere cause della "Sindrome del Golfo"? - J. R.: Oltre che dalle armi di Saddam, le nostre truppe sono state contaminate dalle nostre bombe e pallottole all'uranio impoverito e dalla miscela di vaccini che avrebbe dovuto proteggerci dagli agenti chimici e batteriologici. I vaccini, oltre a non proteggerci, hanno contribuito ad abbassare le nostre difese immunitarie, interagendo tra di loro in maniera inaspettata. I vaccini che ci sono stati somministrati erano sperimentali, e continuano ad esserlo anche ora. Non hanno mai avuto un regolare test da parte della "Drug and food administration", l'organismo incaricato di verificarne la nocivita' per l'organismo umano. E poi, si parla sempre di antrace ma ce ne sono centinaia di varianti: come e' possibile che il Pentagono sappia in anticipo quale tipo verra' usato? Come fanno ad essere sicuri che quella certa miscela di vaccini puo' effettivamente proteggere? Lo sa perche' sono cosi' sicuri? - A. D'O.: Perche'? - J. R.: Perche' gli Usa nel 1984, durante l'amministrazione Reagan, hanno venduto a Saddam i componenti per l'antrace ed altri batteri, e poi Saddam ha usato queste armi contro l'Iran. Quando andammo nel Golfo ci somministrarono una certa miscela di vaccini idonea a proteggerci da quello stesso tipo di antrace che avevamo dato a Saddam. Ma evidentemente le armi biochimiche nel frattempo avevano avuto un'evoluzione. - A. D'O.: Il Pentagono vi ha mai comunicato l'esatta composizione di questa misteriosa miscela di vaccini? O era considerato segreto militare? - J. R.: Ci venivano date informazioni sui vaccini che eravamo obbligati a prendere, ma noi non sapevamo di rischiare una contaminazione chimica o batteriologica. - A. D'O.: Lei ha detto giorni fa alla Bbc che anche i soldati americani e inglesi vaccinati di recente si stanno ammalando. - J. R.: Il 35% circa dei militari ha accusato gravi reazioni dopo la somministrazione dei vaccini. Di solito dopo la terza iniezione si avvertono i primi sintomi, soprattutto problemi neurologici. C'e' il caso del soldato Joseph Johnnet, di 21 anni, che dopo avere accusato gravi malori e' stato buttato fuori dall'esercito, essendogli stato riconosciuto il 30% di invalidita' e un assegno di 300 dollari al mese. Sua madre e' inferocita con l'esercito ed ha aperto un sito web per rendere pubblica questa scomoda verita'. Joseph ora e' molto malato. - A. D'O.: Riuscite a comunicare all'opinione pubblica questa drammatica situazione? Cercate di mettervi in contatto con i nuovi arruolati? - J. R.: Nel 1995 eravamo riuniti in centinaia di associazioni di reduci. Ora siamo rimasti in pochi a lottare, perche' la malattia debilita, le forze diminuiscono, e molti nostri compagni sono morti. Ma sono aumentati i civili, in America, che credono alla nostra versione dei fatti e sono contro questa nuova guerra. Dobbiamo fare capire ai civili di tutto il mondo che la "Sindrome del Golfo" non e' una malattia che attacca solo i militari, ma una minaccia per l'intera umanita'. I veterani ammalati infettano inconsapevolmente, durante il periodo di incubazione, mogli, fidanzate e parenti, persone che vivono a stretto contatto con loro. E poi deve essere chiaro che i civili di qualsiasi paese, in caso di un attacco terroristico biochimico, sarebbero costretti dal proprio governo a prendere gli stessi vaccini che hanno fatto ammalare i soldati americani. Costretti: quando si scatena un'epidemia non ci si puo' rifiutare, all'interno di una comunita', di farsi immunizzare. 12. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO, "EL DESCUBRIMIENTO DEL SISTEMA DE ESCRITURA POR PARTE DEL NINO", 1979 [Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985] Data di edizione: 1979. Tipo di documento. Relazione presentata al convegno "Aprendizaje y practica de la lectura en la escuela", organizzato dal Ministero dell'educazione francese (dattiloscritto). Titolo: El descubrimiento del sistema de escritura por parte del nino. Luogo di edizione: Paris. Casa editrice: Ministere de l'Education, Centre National de Documentation Pedagogique. Pagine 5. Fonte: Convegno "Apprentissage et Pratique de la lecture a' l'ecole", organizzato dal Ministero dell'educazione francese a Parigi dal 13 al 14 giugno 1979. La stessa relazione e' stata presentata, con minime varianti, anche alla conferenza "La adquisicion de la lecto-escritura como problema conceptual", organizzato dall'11 al 13 febbraio dal Sistema Universidad Abierta della Facultad de Filosofia y Letras de la UNAM, Mexico. Lingua: Spagnolo. Altre versioni: In francese: "La decouverte du systeme de l'ecriture par l'enfant" en Apprentissage et Pratique de la lecture a' l'ecole. Actes du Colloque de Paris.1979, Ministere de l'Education, Centre National de Documentation Pedagogique, Paris, pp. 215-220. Pubblicato con minime varianti con il titolo spagnolo "El descubrimiento del sistema de escritura por parte del nino" nel Nuevo Boletin de la Facultad de Filosofia y Letras de la UNAM, Mexico, ano 1, mayo de 1980, n. 1 [traduz. Di Leticia Moreno]. * Abstract E' una prima presentazione dei risultati della ricerca del '74-'76 in cui si mette a fuoco che la lingua scritta, cosi' come la lingua orale, e' un oggetto di conoscenza socialmente costituito, su cui il bambino elabora ipotesi di comprensione e costruisce idee molto diverse da quelle degli adulti. Viene evidenziata la regolarita' con cui i bambini si pongono alcuni problemi e le ipotesi di soluzione da loro individuate, tenendo conto dell'appartenenza a diverse classi sociali e della diversa provenienza geografica. Cio' che cambia in dipendenza di variabili di classe sociale e' piuttosto il ritmo con cui si realizza questo percorso di conoscenza. I problemi incontrati dai bambini sono soprattutto relativi alla comprensione del ruolo simbolico della scrittura, che passa attraverso una prima differenziazione dal disegno, per poi essere collegata ai nomi delle cose, di cui condividono alcune proprieta'. Solo dopo un lungo processo in cui i bambini e le bambine elaborano ipotesi relative a cio' che si aspettano che sia scritto, arrivano a considerare la scrittura come una rappresentazione del linguaggio. All'interno di questo percorso stabiliscono una corrispondenza sillabica, individuano la regola della quantita' minima, e arrivano infine a stabilire una corrispondenza alfabetica. Tutto questo realizzando una riflessione dalle caratteristiche squisitamente cognitive su problemi logici e metalinguistici. 13. POESIA E VERITA'. FRANCO FORTINI: LA LAMPADINA FULMINATA [Da Franco Fortini, Poesie inedite, Einaudi, Torino 1995, 1997, p. 12. Poeta e saggista tra i maggiori del Novecento, Franco Lattes (Fortini e' il cognome della madre) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti. Opere su Franco Fortini: in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo] Qualcosa tintinna nel vuoto, qualcosa si e' rotto. Il filo rovente che spento ora oscilla non vedi ma senti e un ronzio si ostina se scuoto nel buio quel filo che piu' non brilla e che fu tuo, mio. 14. RILETTURE. ETEL ADNAN: SITT MARIE-ROSE Etel Adnan, Sitt Marie-Rose, Edizioni delle donne, Milano 1979, pp. 94. Nella tragedia libanese, la vita, la lotta, la morte di Marie-Rose Boulos, educatrice, militante, "in nome della giustizia e della dignita'". 15. RILETTURE. FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO: LA MAFIA IN CASA MIA Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1987, pp. 72, lire 10.000. La testimonianza nitida e struggente della madre di Peppino Impastato, in colloquio con Anna Puglisi e Umberto Santino. 16. RILETTURE. SHULAMITH FIRESTONE: LA DIALETTICA DEI SESSI Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi, Guaraldi, Firenze-Rimini 1971, 1976, pp. 250. E' ancora una delle analisi piu' profonde e appassionanti su "autoritarismo maschile e societa' tardo-capitalistica". 17. RILETTURE. ELSA MORANTE: "PICCOLO MANIFESTO" E ALTRI SCRITTI Elsa Morante, "Piccolo manifesto" e altri scritti, Linea d'ombra, Milano 1988, pp. 40. Un piccolo prezioso opuscolo che raccoglie scritti, lettere e fotografie di Elsa Morante, per le cure di Goffredo Fofi. 18. RILETTURE. ANNA PUGLISI: SOLE CONTRO LA MAFIA Anna Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990, pp. 124, lire 13.000. A cura di Anna Puglisi, socia fondatrice del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", due dialoghi con Michela Buscemi e con Piera Lo Verso, con un'introduzione di Umberto Santino. Rileggendolo oggi, passati non pochi anni, questo libro e' ancora una lettura necessaria. 19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 20. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 516 del 23 febbraio 2003
- Prev by Date: Stop that train - news da Migliarino Pisano
- Next by Date: [Internet per tutti] 2003.02.22-01. Asereje, la canzone del diavolo (o del cavolo?)
- Previous by thread: Stop the train - le forze dell'ordine
- Next by thread: [Internet per tutti] 2003.02.22-01. Asereje, la canzone del diavolo (o del cavolo?)
- Indice: