15 FEBBRAIO: intervento di hevi a san giovanni e comunità kurda



"Io sono nata in Turchia, nella regione kurda del Sud-est dove sorgono le
più grandi basi aeree turche e americane. Conosco bene il fragore dei
bombardieri e delle loro bombe. Pochi giorni fa duemila donne hanno
manifestato a Diyarbakir, dove sorge una di quelle basi, per dire che non
vogliono altri aerei, missili e soldati. Ne ho visti troppi, da quando ero
bambina. Dall'Europa, dall'America, dalla Nato non vogliamo altre armi. Non
ci hanno mai difesi, hanno contribuito a massacrarci.  Io sono nata in
Kurdistan, nel paese che non c'è ma esiste. Esiste in questa piazza e in
tutte le piazze del mondo. Il suo cuore batte in una cella isolata
nell'isola di Imrali, ma poco più di quattro anni fa pulsava qui a Roma,
con i cuori di migliaia di uomini e donne. Oggi per noi è un giorno di
lutto e di memoria. Quattro anni fa, il 15 febbraio del '99, il nostro
presidente Ocalan fu sequestrato e consegnato ai suoi carcerieri. Fu un
atto di guerra. Da tre mesi non lo vedono neppure i suoi avvocati, nessuno
sa se è vivo o morto. Anche questo è un atto di guerra. Io sono nata a
Urfa, l'antica Ur dei Caldei, la città cara a tutte le religioni rivelate.
Sulla Tomba di Abramo, nella mia città, il Papa chiese invano di venire a
dire parole di pace per i kurdi, i turchi, gli armeni e tutti i popoli
dell'Anatolia. La mia città, come Gerusalemme, dovrebbe essere simbolo di
pace e convivenza. Ma qualche giorno fa mio padre è stato arrestato per
impedirgli di manifestare contro la guerra, e molti altri con lui. Forse
l'hanno torturato. Non sarebbe la prima volta. E non sarà l'ultima, se
un'altra Europa non porterà libertà e pace nella mia terra invece di armi,
se non spalancherà le porte delle prigioni e delle celle d'isolamento e di
tortura. Invece la guerra imminente sta già sprangando le porte della cella
di Imrali e di tutte le celle. La guerra è la logica amico-nemico. Se la
Turchia è alleata in guerra, non le si chiederà più conto dei diritti
violati, anzi si bolleranno come terroristi coloro che lottano per
affermarli, si negherà asilo agli esuli, si riscriverà la nostra storia di
liberazione criminalizzandola. In questo momento a Istanbul e in tutte le
città della Turchia decine di migliaia di giovani e di donne, soprattutto
le donne, manifestano contro la guerra, per la libertà di Ocalan e di tutti
i prigionieri, per la dignità e la convivenza. Noi la chiamiamo
"Serhildan". E' una parola che nel mio paese comporta anni di prigione,
perché nella mia lingua negata significa "Alzare la testa". Generazioni di
kurdi hanno vissuto a testa bassa. Ma quando l'hai alzata una volta,
nessuno ti può costringere a riabbassarla. In questa piazza solo i più
anziani hanno vissuto una guerra. Io non ho mai vissuto la pace. Il ronzìo
di un elicottero per me significa morte e distruzione. Come posso pensare
che libertà e democrazia viaggino sulle ali dei bombardieri? Come posso
accettare che il nostro dramma sia preso a pretesto per un nuovo dramma? La
morte chimica che venne dal cielo sui nostri bambini ad Halabja era portata
da aerei irakeni, ma era stata preparata nelle fabbriche americane,
tedesche e italiane. Saddam Hussein è un nome sinistro per il mio popolo
non meno di quelli dei generali turchi. La pulizia etnica dell'uno e degli
altri ha distrutto ottomila villaggi dalle due parti del confine ed ha
creato milioni di profughi. Ciò che vogliono entrambi, ciò che vogliono
inglesi e americani, è il nostro petrolio, l'acqua del Tigri e
dell'Eufrate, le ricchezze della Mesopotamia. Oggi la Turchia vuole
profittare di questa guerra per controllare e occupare il Kurdistan Sud e
per risolvere con le armi la questione kurda che non ha voluto risolvere
con il dialogo. Non è cambiando padroni che saremo liberi. Fra cinque
settimane, il 21 marzo, comincia la primavera. Sulle mie montagne si
risveglia la vita. Noi lo chiamiamo Newroz, Nuovo Giorno. Da molti millenni
è il nostro Capodanno e la nostra festa di libertà. Quest'anno potrebbe
essere insanguinato dalla guerra. Io ho un sogno. Che milioni e milioni di
persone, scendendo in piazza in Occidente e in Medio Oriente, facciano
tacere i signori della guerra e restituiscano la parola ai popoli. Che si
riapra una speranza di democrazia e di pace, perché l'una non può esistere
senza l'altra: la democrazia non si afferma con la guerra, ma la pace
dell'ingiustizia non è pace. Io sogno che dall'Italia, quattro anni dopo,
parta un appello corale che strappi dal loro isolamento e dalle loro
prigioni Abdullah Ocalan e tutti i prigionieri. Sogno che il 21 marzo non
l'Europa delle armi, ma l'Europa della pace venga nelle città e nei campi
profughi del Kurdistan turco e irakeno. Che voi veniate a migliaia per
festeggiare con noi la fine di un incubo mortale e l'alba di un Nuovo
Giorno, di un nuovo mondo possibile e necessario. Che vinca l'umanità."

Spas (grazie)

a nome del popolo kurdo Hevi Dilara, 15 febbraio 2003





Contro la guerra in Iraq e in Kurdistan
Libertà per Ocalan, pace in Kurdistan e in Medioriente
Per i kurdi il 15 febbraio è una giornata di lutto, il 15 febbraio 1999,
quattro anni fa, Abdullah Ocalan il leader del popolo kurdo fu rapito dalle
potenze guerrafondaie. Questo successe con la partecipazione di USA,
Israele, Turchia e di alcune potenze europee, che secondo i piani di un
complotto internazionale hanno lasciato che il presidente Ocalan fosse
catturato in Kenia. Sono le stesse potenze che oggi costituiscono quella
che possiamo definire la comunità della guerra. Che vuole porre fine ad
ogni forma di democrazia e pace che dall'altra parte si vuole proporre. Il
presidente Ocalan ha chiamato alla pace e proposto una soluzione della
questione kurda attraverso il dialogo, ma gli è stato risposto con un
complotto internazionale, a causa del quale oggi si trova in prigione.
Contro la volontà del popolo kurdo, che vuole pace e democrazia per sé e
per i popoli della regione, quelle forze insistono a volere la guerra. Una
nuova guerra contro i kurdi e i popoli del Medioriente è sempre più
prossima. Le discussioni per la guerra di USA e Gran Bretagna contro l'Iraq
si inquadrano in quello stesso approccio usato nel XX secolo.
Questa guerra sarebbe una nuova guerra di distruzione per i popoli del
Medioriente. Gli USA, per i propri interessi, vogliono imporre un nuovo
sistema per l'area mediorientale. Vogliono che, ancora, il sangue dei
popoli scorra, per ottenere in cambio petrolio.
Gli USA e i paesi europei, che hanno dato a Saddam questo potere, lo stesso
potere che gli ha permesso di massacrare negli anni passati migliaia di
persone, fra queste ricordiamo anche i kurdi che vivevano nel Kurdistan
iracheno, lasciando l'area in un'instabilità permanente. Sono quelle stesse
potenze e i loro collaborazionisti locali i responsabili di decenni di
guerra e morte.
Il sistema, instaurato nel XX secolo non ha aiutato i popoli, non ha
risolto le questioni politiche e sociali dei popoli, al contrario, ha
portato a gravi problemi nell'area e ha generato pesanti crisi politiche e
finanziarie. Per questo crediamo che i problemi potranno essere risolti
solo attraverso l'impegno diretto delle società e dei popoli dell'area.
Soltanto attraverso dei sistemi democratici possono essere risolti i
problemi di quella regione martoriata di cui il popolo kurdo è fra le
vittime.
Lo stato turco parteciperà con gli USA a questa guerra e nel frattempo si
prepara ad eliminare la lotta democratica dei kurdi. L'esercito turco
intende inviare 50.000 soldati nell'Iraq del nord, il Kurdistan
meridionale. La sua intenzione è quella di occupare il Kurdistan
meridionale. Dall'altra parte, nel Kurdistan settentrionale (Turchia), sta
sferzando dei nuovi attacchi militari contro le forze guerrigliere kurde.
L'attuale isolamento che ormai da tre mesi si sta praticando contro il
presidente del KADEK, Abdullah Ocalan, non permettendogli di incontrare i
propri avvocati e famigliari, lasciando il popolo kurdo senza più notizie
circa le sue condizioni di vita nella preoccupazione e nell'ansia. Nelle
zone kurde di Turchia già numerose persone, scese in piazza protestando
contro l'isolamento e la guerra, sono state arrestate. Possiamo così dire
che, già prima di avviare la guerra in Iraq, i turchi hanno iniziato una
nuova guerra contro i kurdi.
Prima con il PKK, oggi con il KADEK, i kurdi hanno intrapreso numerosi
passi in avanti verso la pace: il presidente Ocalan ha dichiarato per tre
volte un cessate il fuoco unilaterale. Ma a nessuno di questi passi, il
governo turco ha risposto, se non con l'intensificazione delle operazioni
militari. Tuttavia, il presidente Ocalan da 4 anni ha avviato una strategia
per la soluzione della questione kurda attraverso la pace e il dialogo
democratico. Due gruppi della pace da parte del KADEK sono stati inviati in
Turchia, uno dalle montagne e uno dall'Europa; tutte le forze guerrigliere
sono state trasferite fuori dai confini della Turchia; mentre il movimento
kurdo ha cercato di realizzare questa nuova strategia per la soluzione
democratica della questione nei paesi dove i kurdi vivono. Nei confronti di
tutti questi passi positivi, il governo turco non ha dato alcuna risposta.
Naturalmente gli USA e l'Unione Europea non hanno voluto fare niente contro
questa mancanza di buona volontà che la Turchia ha espresso, al contrario
l'hanno aiutata. Il sostegno che è stato dato allo stato turco porta a
continuare nell'intenzione e nella pratica ad eliminare i kurdi. Questo ha
aiutato la Turchia a mantenere vivo quel suo carattere che l'ha vista
coinvolta nell'eliminare i kurdi. Se oggi diciamo che i passi intrapresi
del movimento kurdo non sono stati strumento per una soluzione positiva,
non è altro che per colpa di questa volontà della parte turca di perpetrare
gli antichi atteggiamenti.
La guerra degli Usa contro l'Iraq e la guerra della Turchia contro i kurdi
è un male per i popoli dell'area e per l'umanità. I popoli del Medioriente
e il popolo kurdo non vogliono una nuova guerra, ma chiedono soltanto pace
e democrazia. Però il governo turco mantenendo l'isolamento contro il
leader kurdo, vuole distruggere il movimento kurdo e il Kurdistan
meridionale, le operazioni militari che sono già cominciate ci lasciano
affermare che lo stato turco vuole insistere con la guerra contro i kurdi.
Il popolo kurdo risponde all'insistenza per la guerra con la propria
strategia di soluzione democratica, attraverso le Serhildan (insurrezioni
popolari) politiche e con la legittima difesa, attraverso la quale intende
continuare a proteggersi.
Chiamiamo tutti i democratici, i pacifisti, l'opinione pubblica, la
comunità internazionale ad esprimere proprio in questo momento solidarietà
e vicinanza al popolo kurdo e ai popoli del Medioriente. La questione
strategica del Medioriente, come la questione kurda, vanno risolte
attraverso il sistema democratico.
Facciamo appello a tutti i popoli del Medioriente ad unirsi insieme per la
democrazia.

No alla guerra, viva la pace! No al complotto internazionale contro il
presidente Ocalan! Viva la lotta per la democrazia e la pace del popolo
kurdo e dei popoli del Medioriente! Libertà per Ocalan e pace in Kurdistan!

Comunità kurda in Italia, 15 febbraio 2003