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La nonviolenza e' in cammino. 513
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 513
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 20 Feb 2003 05:24:18 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 513 del 20 febbraio 2003 Sommario di questo numero: 1. Giorgio Caproni, all'amico appostato 2. Un appello ai parlamentari: via dalla guerra 3. Tiziana Valpiana, fermare la guerra anche con l'obiezione alle spese militari 4. Arundhati Roy, affrontare l'impero 5. Giuliana Sgrena, da Baghdad 6. Il 6 aprile una Via Crucis da Pordenone ad Aviano 7. Maria Luigia Casieri: una sintesi di Emilia Ferreiro e Ana Teberosky, "La costruzione della lingua scritta nel bambino", 1985 - ed. or. 1979 - (parte seconda) 8. Cesare Bermani ricorda Roberto Leydi 9. Archivi della disobbedienza civile. Erich Fromm, "Nell'attuale fase storica" 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento 11. Per saperne di piu' 1. IN GUISA DI EDITORIALE. GIORGIO CAPRONI: ALL'AMICO APPOSTATO [Da Giorgio Caproni, Poesie 1932-1986, Garzanti, Milano 1991, p. 593. Giorgio Caproni nacque a Livorno nel 1912, lungamente vissuto a Genova, partigiano, si trasferi' poi a Roma, maestro di scuola, poeta, traduttore, e' scomparso nel 1990. La sua poesia a noi pare una fusione incantevole di musica e pensiero, e gliene siamo grati] Presta bene orecchio, amico, a quel che ti dico. Tu miri contro uno specchio. Sparerai a te stesso, amico. 2. APPELLI. UN APPELLO AI PARLAMENTARI: VIA DALLA GUERRA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 febbraio 2003] Signori membri del Parlamento, le straordinarie mobilitazioni del 15 febbraio hanno mostrato la volonta' di pace dei popoli di tutto il mondo. I cittadini di ogni Paese chiedono ai Governi di rispettare questa volonta', chiedono di trovare strade diverse per risolvere i problemi, senza mai ricorrere alla barbarie della guerra. In Italia, piu' dell'ottanta per cento dei cittadini e' contrario alla guerra. Chiediamo a tutti i membri del Parlamento italiano di rispettare la volonta' di pace dei cittadini. I rappresentanti eletti hanno, ne siamo convinti, il dovere democratico di ascoltare l'opinione degli elettori sulla questione piu' importante per la nostra vita collettiva, la scelta tra pace e guerra. Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la propria fedelta' al ripudio della guerra indicato all'articolo 11 della Costituzione. Chiediamo che il Parlamento italiano esprima con un voto la volonta' del nostro Paese di non prendere parte ad alcun atto di guerra. Non un soldo ne' un uomo, non una base ne' un permesso di sorvolo. L'Italia, i cittadini italiani, non vogliono guerre: fuori l'Italia dalla guerra, fuori la guerra dall'Italia. Luigi Ciotti, Sergio Cofferati, Flavio Lotti, Gino Strada, Tiziano Terzani, Alex Zanotelli 3. RIFLESSIONE. TIZIANA VALPIANA: FERMARE LA GUERRA ANCHE CON L'OBIEZIONE ALLE SPESE MILITARI [Ringraziamo Tiziana Valpiana, parlamentare, da sempre impegnata per la pace (per contatti: pres_valpiana at camera.it) per questo intervento] Ogni guerra, oltre che costi non quantificabili in termini di perdita di vite, di dolore fisico e morale e di incalcolabili conseguenze, comporta elevatissimi costi economici per approntare arsenali e apparati bellici. Uno dei principali mezzi con cui materialmente "ripudiare" la guerra e' il rifiuto di destinare risorse umane e materiali alla sua preparazione. Aderendo alla campagna per l'obiezione alle spese militari, iniziata in Italia nel 1982, intendo non essere complice della predisposizione di strumenti bellici, nemmeno, indirettamente, con un contributo economico. In questo drammatico momento, in cui sembra difficilmente scongiurabile un'incostituzionale "guerra di aggressione preventiva" contro l'Iraq, un problema personale puo' assumere un significato simbolico e va, quindi, reso pubblico, anche scrivendo al presidente Ciampi. Personalmente ogni anno ho destinato la quota parte dell'Irpef non versata allo Stato per le spese militari al Fondo per la pace, per molti anni consegnato al Presidente della Repubblica, in qualita' di garante della Costituzione. Nel corso di questi anni ho ricevuto solleciti al pagamento delle quote non versate, fino ad arrivare, in alcuni casi, al pignoramento di beni mobili; all'inizio di quest'anno, pero', il Servizio Riscossione Tributi, Concessione di Verona, mi ha comunicato il fermo amministrativo dell'autovettura in relazione al debito tributario di soli 136 euro... La lotta contro il terrorismo e le dittature si realizza affermando i diritti fondamentali di tutti i popoli del pianeta, riducendo le ingiustizie e rinforzando l'Onu, non certo attraverso le guerre. Oggi per fermare la guerra c'e' bisogno del coinvolgimento in prima persona di ciascuno di noi ed e' per questo che portero' avanti la mia obiezione alle spese militari, per dire no alla guerra senza se e senza ma. Sia come cittadina contribuente, sia come parlamentare, faro' sentire in ogni modo la mia voce contraria alla guerra, in sintonia con i milioni di cittadine e cittadini italiani che sostengono iniziative per la pace e la difesa dell'articolo 11 della Costituzione. 4. RIFLESSIONE. ARUNDHATI ROY: AFFRONTARE L'IMPERO [Dal sito della rivista "Internazionale" (www.internazionale.it) riprendiamo questo articolo di Arundhati Roy, tratto dal suo intervento al Forum sociale mondiale 2003 di Porto Alegre e pubblicato dalla rivista indiana "Frontline". Arundhati Roy e' una celebre scrittrice indiana, impegnata contro il riarmo, in difesa dell'ambiente e per i diritti dei popoli. Opere di Arundhati Roy: cfr. il romanzo Il Dio delle piccole cose, Guanda, Parma 1997; poi in edizione economica Superpocket, Milano 2000; e i due saggi di testimonianza e denuncia raccolti in La fine delle illusioni, Guanda, Parma 1999, poi in edizione economica Tea, Milano 2001, poi recuperati poi nella piu' ampia raccolta di saggi di intervento civile, Guerra e' pace, Guanda, Parma 2002] Per capire come affrontare "l'Impero", dobbiamo prima stabilire cos'e' l'Impero. E' il governo statunitense (e i suoi satelliti europei), la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, l'Organizzazione mondiale del commercio e le multinazionali? Oppure e' qualcosa di piu'? In molti paesi l'Impero ha generato sottoprodotti pericolosi: il nazionalismo, il fanatismo religioso, il fascismo e, naturalmente, il terrorismo. Sono tutte cose che marciano fianco a fianco con il progetto di globalizzazione delle grandi multinazionali. E in questo l'India - la piu' popolosa democrazia del mondo - e' all'avanguardia. L'Organizzazione mondiale del commercio sta forzando il suo "mercato" di un miliardo di persone. Il governo e l'elite indiana hanno accolto a braccia aperte le privatizzazioni. Non e' una coincidenza che il primo ministro, il ministro dell'interno, il ministro delle privatizzazioni - gli uomini che hanno firmato l'accordo con la Enron in India, che stanno vendendo le infrastrutture del paese alle multinazionali, che vogliono privatizzare l'acqua, il petrolio, il carbone, l'acciaio, la sanita', l'istruzione e le telecomunicazioni - siano tutti membri o sostenitori del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), una corporazione indu' ultranazionalista di destra che ha apertamente dichiarato di ammirare Hitler e i suoi metodi. Lo smantellamento della democrazia procede rapido ed efficiente come un programma di ristrutturazione aziendale. Mentre il progetto di globalizzazione liberista dilania la vita degli indiani, la privatizzazione sistematica e le "riforme" del lavoro tolgono alle persone la loro terra e la loro occupazione. Centinaia di agricoltori impoveriti si suicidano ingerendo pesticidi. Da tutto il paese arrivano notizie di morti per fame. Mentre l'elite viaggia verso la sua immaginaria destinazione vicino alla cima del mondo, gli emarginati sprofondano in una spirale di crimine e caos. Questo clima di frustrazione e disillusione nazionale, come ci insegna la storia, e' il brodo di coltura ideale del fascismo. Il governo indiano ha messo a punto una perfetta azione a tenaglia. Da un lato e' impegnato a vendere l'India a pezzi, dall'altro distrae le persone orchestrando un coro urlante e rabbioso di nazionalismo indu' e fascismo religioso. Effettua test nucleari, riscrive i libri di storia, brucia chiese e demolisce moschee. La censura, la sorveglianza, la sospensione delle liberta' civili e dei diritti umani, la definizione di chi e' cittadino indiano e chi non lo e', soprattutto per quanto riguarda le minoranze religiose, stanno diventando prassi comune. Nel marzo scorso, nello stato del Gujarat duemila musulmani sono stati massacrati in un pogrom promosso dallo stato. Le donne musulmane sono state particolarmente prese di mira. Le hanno spogliate e stuprate in massa prima di bruciarle vive. Gli incendiari hanno saccheggiato e messo a fuoco negozi, case, fabbriche tessili e moschee. Oltre centocinquantamila musulmani sono stati cacciati dalle loro case. La base economica della comunita' musulmana e' stata devastata. * Il Saddam del Gujarat Mentre il Gujarat bruciava, il premier indiano appariva su Mtv per pubblicizzare le sue nuove poesie. Nel dicembre dell'anno scorso, il governo che ha orchestrato la strage e' stato rieletto con un'ampia maggioranza. Nessuno e' stato punito per il genocidio. Narendra Modi, l'architetto del pogrom, membro orgoglioso dell'Rss, ha cominciato il suo secondo mandato come primo ministro del Gujarat. Se fosse Saddam Hussein, ogni sua atrocita' apparirebbe sulla Cnn. Ma visto che non lo e' - e visto che il "mercato" indiano e' aperto agli investitori globali - il massacro non e' neppure un incidente imbarazzante. Ci sono piu' di cento milioni di musulmani in India. Una bomba a orologeria diffonde il suo ticchettio nella nostra antica terra. E' un mito che il libero mercato abbatta le barriere nazionali. Il libero mercato non minaccia la sovranita' nazionale, mina la democrazia. Mentre il divario fra ricchi e poveri aumenta, la lotta per accaparrarsi le risorse si sta intensificando. Per scambiarsi le loro "promesse d'amore", per mercificare quello che coltiviamo, l'acqua che beviamo, l'aria che respiriamo e i sogni che sogniamo, la globalizzazione liberista ha bisogno di una confederazione internazionale di governi fedeli, corrotti e autoritari che sappiano attuare riforme impopolari e soffocare le rivolte nei paesi piu' poveri. La globalizzazione liberista - chiamiamola con il suo nome: l'imperialismo - ha bisogno di una stampa che finga di essere libera, di tribunali che fingano di amministrare la giustizia. Nel frattempo, i paesi del nord sbarrano le loro frontiere e ammassano armi di distruzione di massa. Dopo tutto devono accertarsi che siano solo i soldi, le merci, i brevetti e i servizi a essere globalizzati. Non la libera circolazione degli individui, il rispetto dei diritti umani, i trattati internazionali sulla discriminazione razziale, sulle armi chimiche e nucleari, sulle emissioni di gas serra, sui cambiamenti climatici o - dio non voglia - sulla giustizia. Questo - tutto questo - e' l'Impero. Questa oscena accumulazione di potere, questo divario enorme fra chi prende le decisioni e chi deve subirle. * Resistenza positiva La visione di un mondo diverso deve puntare a eliminare questo divario. La nota positiva e' che non va troppo male. Ci sono state importanti vittorie. In America Latina ce ne sono state tante. Il mondo guarda al popolo dell'Argentina, che sta cercando di far risorgere il suo paese dalle ceneri della devastazione scatenata dall'Fmi. In India il movimento contro la globalizzazione liberista sta acquistando forza e si prepara a diventare l'unica forza politica reale in grado di contrastare il fascismo religioso. Eppure sappiamo che sotto l'ampio mantello della "guerra al terrorismo" gli uomini in giacca e cravatta stanno lavorando sodo. Mentre i missili da crociera solcano i cieli, sappiamo che vengono firmati contratti, registrati brevetti, costruiti oleodotti, saccheggiate risorse naturali, sappiamo che viene privatizzata l'acqua e che George W. Bush sta progettando di muovere guerra all'Iraq. Se guardiamo a questo conflitto come a un confronto diretto, ai ferri corti, fra l'Impero e quelli di noi che gli oppongono resistenza, potremmo avere la sensazione di essere sconfitti. Ma possiamo vederla in un altro modo. L'Impero e' in piedi sul palcoscenico del mondo in tutta la sua brutale e malvagia nudita'. L'Impero puo' sicuramente entrare in guerra, ma ora e' sotto gli occhi di tutti - troppo mostruoso per tollerare il proprio riflesso. Troppo mostruoso persino per chiamare a raccolta la sua gente. Non ci vorra' molto tempo perche' la maggioranza degli americani diventino nostri alleati. Centinaia di migliaia persone hanno gia' manifestato contro la guerra in Iraq. La protesta diventa ogni mese piu' forte. Oggi sappiamo che ogni argomento a cui si fa ricorso per l'escalation della guerra all'Iraq e' una menzogna. E la piu' ridicola e' quella dell'impegno per portare la democrazia in Iraq. Uccidere le persone per salvarle dalla dittatura o dalla corruzione ideologica e', ovviamente, un vecchio gioco del governo americano. Nessuno dubita che Saddam Hussein sia un dittatore spietato, un assassino (i cui peggiori eccessi furono approvati dai governi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna). Non c'e' dubbio che gli iracheni starebbero molto meglio senza di lui. Ma se e' per questo, tutto il mondo starebbe molto meglio senza un certo signor Bush. E allora, dovremmo bombardare Bush per cacciarlo dalla Casa Bianca? E' piu' che evidente che Bush e' deciso a muovere guerra all'Iraq, indipendentemente dai fatti e dall'opinione pubblica internazionale. Nella ricerca di alleati, gli Stati Uniti sono disposti anche a inventarli, i fatti. La nuova guerra contro l'Iraq e' gia' cominciata. * Che fare? Ma noi possiamo impegnarci per far diventare l'opinione pubblica un ruggito assordante. Possiamo trasformare la guerra all'Iraq in una dimostrazione degli eccessi del governo americano. Possiamo accusare George W. Bush e Tony Blair - e i loro alleati - di essere vili massacratori di bambini, avvelenatori d'acqua e vigliacchi guerrafondai. Possiamo reinventare la disubbidienza civile in un milione di modi diversi. Insomma, possiamo trovare un milione di modi per diventare una rottura di scatole collettiva. Quando George W. Bush dice: "O siete con noi o siete con i terroristi", noi possiamo rispondere: "No, grazie". Gli abitanti del mondo non hanno bisogno di scegliere fra Topolino Maligno e i Mullah Impazziti. La nostra strategia dovrebbe essere non solo affrontare l'Impero, ma stringerlo d'assedio. Togliergli l'ossigeno. La rivoluzione delle aziende fallira' se ci rifiutiamo di comprare quello che vendono - le loro idee, la loro versione della storia, le loro guerre, le loro armi, il loro concetto di inevitabilita'. Noi siamo tanti e loro sono pochi. Hanno piu' bisogno loro di noi che noi di loro. 5. TESTIMONIANZE. GIULIANA SGRENA: DA BAGHDAD [Dal quotidiano "Il manifesto" del 18 febbraio 2003. Giuliana Sgrena, prestigiosa giornalista e saggista, da sempre impegnata per la pace e i diritti umani, e' inviata a Baghdad] Le immagini terribili di donne consumate dal dolore con in braccio i loro bambini malati e senza speranza di guarigione hanno fatto il giro del mondo, ma avvicinarsi a loro cercando di intuire quel che si nasconde dietro sguardi assenti diventa un esercizio straziante. Il Saddam children hospital e' pero' una tappa inevitabile per verificare gli effetti devastanti dell'embargo all'Iraq, che per strada sono molto meno percettibili. Anche davanti all'ospedale, striscioni contro la guerra annunciata ricordano che la situazione potrebbe persino peggiorare. Duecento bambini, da pochi giorni di vita fino a 17 anni, sono ricoverati in corsie dignitose per lottare contro la morte. I casi ricoverati sono fra i piu' gravi: molti malati di cancro, soprattutto leucemie, effetto dei bombardamenti all'uranio impoverito durante la guerra del Golfo. Ci sono anche malattie come la malaria o altre causate da punture di insetti che potrebbero essere ridotte con la disponibilita' di insetticidi. Anche molti casi di cancro potrebbero essere curati se fossero disponibili le medicine adeguate, ma all'interno del cocktail per la terapia alcuni prodotti vengono considerati di doppio uso - potrebbero essere utilizzati per la produzione di armi! - e cosi' la commissione di verifica delle importazioni li blocca, come molti altri elementi indispensabili negli ospedali. In una corsia sono ricoverati diversi bambini affetti da malattie genetiche, tra le quali la talassemia. Tra le cause vi e' sicuramente la diffusione di matrimoni tra consanguinei, una tradizione che non viene contrastata ne' con misure legislative e nemmeno con l'informazione. Peraltro in periodi difficili, come quello che sta attraversando l'Iraq, la tendenza e' al rafforzamento dei legami tribali che passano anche attraverso i matrimoni. * Un'altra delle piaghe provocate dall'embargo e' la malnutrizione con conseguenti anemie che colpiscono prima di tutto le donne incinta: il 50 per cento. Questo comporta spesso la nascita prematura dei bambini, sono numerosi quelli nati a 7/8 mesi e difficilmente recuperabili con delle incubatrici obsolete. E' vietata anche l'importazione di incubatrici? che pericolo possono rappresentare? chiediamo a un medico. "Teoricamente potremmo importarle ma finora di quelle richieste ne e' arrivata solo una, cosa possiamo fare con una incubatrice nuova e tanti bambini che ne hanno bisogno?", risponde Mohammed Daham, un giovane pediatra che lavora nell'ospedale. E guarda sconsolato quei corpicini che non hanno nemmeno la forza di agitarsi. Quel che colpisce terribilmente infatti e' che nell'ospedale non si sentono nemmeno strilli, come se la rassegnazione avesse colpito anche questi bambini fortunatamente ignari della loro sorte. Le madri invece lo sanno bene. E lo si vede nei loro sguardi. La situazione e' aggravata dal fatto che molti medici hanno abbandonato il paese, qui non avevano nessuna possibilita' di aggiornarsi, di lavorare, senza medicine e strutture sanitarie adeguate. * La mortalita' infantile e' salita dal 47 per mille (1985-89) al 107 per mille (1995-99), e per i bambini al di sotto dei cinque anni e' passata dal 56 per mille al 131, secondo i dati Unicef. "Nell'83 quando l'Unicef ha iniziato l'intervento, allora si trattava di piccoli progetti, gli indicatori del paese erano molto buoni, in rapporto a Medioriente e Nordafrica l'Iraq era al secondo posto, dopo la Turchia", ricorda Christopher Klein Beekman, coordinatore dell'Unicef. La malnutrizione si manifesta anche nel sottopeso dei bambini alla nascita. La percentuale dei bambini nati con un peso inferiore ai 2,5 chilogrammi e' passata dal 4,5 per cento (media mensile) nel 1990 al 24,68 nel 2001. Il problema non riguarda pero' solo il momento della nascita. Sempre secondo i dati forniti dall'Unicef, la malnutrizione cronica nei bambini e' passata dal 18,7 per cento nel 1991 al 32 nel 1996 per scendere al 20,4 nel 1999 e risalire al 30 nel 2000, come effetto della variazione della "oil for food" che permette all'Iraq una maggiore produzione di petrolio e quindi anche di approvvigionamento di cibo. Che tuttavia ha subito un calo nel secondo semestre del 2000. E, secondo le Nazioni Unite, "per mancanze di fondi" sono state tagliate forniture di cibo per 688 milioni di dollari nel 2000. Una macabra beffa: secondo i dati forniti dal governo iracheno al 27 maggio 2002 ammontavano a 6.112,7 milioni di dollari i contratti di importazioni approvati ma rimasti inevasi e di questi 675,6 milioni di dollari riguardano alimenti e 649,1 la sanita'. E sui proventi da petrolio iracheno depositati - per mesi e forse anni, con relativi interessi - nelle banche americane in attesa dell'approvazione dei progetti, viene trattenuto il 25 per cento per rimborso dei danni di guerra e vengono detratte tutte le spese sostenute dall'Onu per l'Iraq, personale e strutture compresi. * Il mancato arrivo di forniture alimentari costituisce un ricatto pesante che ricade ancora una volta sulla popolazione irachena: il governo in previsione di una guerra ha gia' distribuito le razioni mensili fino a giugno, anche perche' il 60 per cento degli iracheni dipende dal punta di vista alimentare completamente dalle razioni e se venissero a mancare sarebbe una catastrofe. Questa anticipazione ha comportato che la distribuzione mancasse di alcune alimenti, soprattutto cereali indispensabili per una alimentazione che non prevede carne. Le razioni sono comunque passate da 1.096 calorie a 2.200 giornaliere, con una parziale riduzione della malnutrizione. Qui a Baghdad, nonostante la popolazione ostenti sicurezza e fatalismo rispetto alla guerra, si sta preparando al peggio. Cominciano gli approvvigionamenti: cibo, gas e acqua, soprattutto e per chi puo'. Mentre i piu' facoltosi hanno gia' abbandonato l'Iraq: la settimana scorsa i voli per Damasco ed Amman - nei due paesi confinanti che non richiedono visto - erano pieni, in questi giorni di attesa anche la fuga si e' fermata. Ma intanto a Damasco i prezzi degli affitti sono gia' saliti alle stelle. E le possibilita' di sistemarsi all'estero si riducono. In caso di guerra comunque non potra' essere evitata la tragedia di centinaia di migliaia di profughi, come previsto anche dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati che prepara i piani per farvi fronte. 6. INIZIATIVE. IL 6 APRILE UNA VIA CRUCIS DA PORDENONE AD AVIANO [Ringraziamo Tiziano Tissino (per contatti: t.tissino at itaca.coopsoc.it) per averci inviato questo appello che volentieri diffondiamo] Siamo un gruppo di persone: giovani, donne, alcuni preti, che da sette anni preparano e propongono la Via Crucis Pordenone-Base Aerea Usaf di Aviano; e' un segno che intende esprimere il coinvolgimento alla profezia della nonviolenza e della costruzione della pace a cui il Vangelo continuamente ci sollecita. Ci troviamo di fronte ad una gigantesca struttura militare, sentinella di questo ordine mondiale che impoverisce centinaia di milioni di persone e ne uccide quotidianamente migliaia, dotata di testate atomiche e di armamenti sofisticati e terribili, attiva nella guerra dei Balcani, pronta ad intervenire nelle prossime azioni belliche o comunque a supportarle. Per conoscenza diretta e partecipazione a diversi incontri, sappiamo che sono tante le donne e gli uomini sensibili e impegnati attivamente per la pace che non vivono un'esperienza religiosa esplicita o che in essa non si riconoscono. Noi pensiamo che solo Dio conosca l'autenticita' della fede e che, comunque, per tutti siano decisive le scelte e i comportamenti della vita. Ci rivolgiamo alle donne e agli uomini di buona volonta' per chiedere sinceramente perdono per tutte le volte che il Vangelo della pace e' stato tradito da logiche di potere, la croce e' stata presentata con la spada, l'altare ha cercato l'appoggio del trono. La croce era lo strumento di supplizio e di morte per eliminare ribelli e dissenzienti. Gesu' di Nazareth e' stato ucciso sulla croce per la sua fedelta' e coerenza al Padre e ai fratelli, per le conseguenze del suo rivoluzionario messaggio di nonviolenza, di giustizia, di misericordia, di pace. Niente e' piu' laico della morte in croce di Gesu' di Nazareth: ucciso fuori dalla citta', considerato come maledetto da Dio e dalle istituzioni politiche e religiose, abbandonato e deriso dai piu'. Ripercorrere la Via della Croce da Pordenone alla Base Usaf di Aviano, per noi significa riflettere sui crocifissi di oggi, impoveriti, vittime, oppressi, emarginati; riproporre a noi stessi il coinvolgimento fedele e coerente nel cammino di liberazione dall'ingiustizia, dalle violenze, dalle guerre; ritrovare nell'Uomo Crocifisso il coraggio e la forza della perseveranza. Ci preoccupa che nel mondo ecclesiale questo segno da tanti sia rifiutato perche' considerato troppo politico, dimenticando che il mistero della persona e della presenza di Gesu' Cristo nella storia si e' incarnato nella concretezza di situazioni anche politiche. Ci dispiace, nel rispetto delle ispirazioni e dei percorsi di ciascuna persona, che il segno della Via Crucis possa essere avvertito da amiche e amici impegnati nella pace come discriminante per la loro partecipazione. Vorremmo contribuire a farlo percepire nella sua autenticita'. Ci permettiamo quindi di invitare alla Via Crucis Pordenone-Base Usaf di Aviano di domenica 6 aprile 2003, tutti coloro che hanno a cuore la giustizia e la pace e che per questo pensano valga la pena di esporsi. Ciascuno/a partecipera' con la propria sensibilita', con le parole e i gesti che avvertira' possibili. A noi sembra che il camminare insieme verso la pace possa comunque farci sentire uniti nella medesima direzione, nello stesso impegno. * "Beati i costruttori di pace" Friuli Venezia Giulia, Pordenone, tel. 0434578140 Centro di accoglienza "Ernesto Balducci", Zugliano - Udine, tel. 043/560699 7. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: UNA SINTESI DI EMILIA FERREIRO E ANA TEBEROSKY, "LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO", 1985 - ED. OR. 1979 - (PARTE SECONDA) [Proseguiamo la pubblicazione di una serie di schede bibliografiche curate da Maria Luigia Casieri relative all'opera di Emilia Ferreiro. Maria Luigia Casieri insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali collaboratrici di questo foglio. Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, pedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del processi di alfabetizzazione, e' di fondamentale importanza il suo contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da parte dei bambini. Tra le opere di Emilia Ferreiro si veda in primo luogo l'ormai classico volume scritto insieme ad Ana Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Ana Teberosky, docente in varie universita', ha collaborato con Emilia Ferreiro al volume sopra citato, ed ha condotto numerose altre ricerche; un suo lavoro condotto nell'ambito dell'Imipae di Barcellona e' in Emilia Ferreiro, Margarita Gomez Palacio (a cura di), Nuevas perspectivas sobre los procesos de lectura y escritura, Siglo veintiuno editores, Mexico 1982, 2000] * Gli aspetti formali del grafismo e la sua interpretazione: lettere, numeri e segni di interpunzione A questo riguardo le autrici esplorano le idee che i bambini si formano sugli aspetti formali di un testo scritto e arrivano alla conclusione che "e' utile distinguere due tipi di fatti legati tra loro ma di origine diversa. Che non sia possibile leggere con meno di tre lettere o che tanto meno si possa leggere con lettere ripetute o, ancora, che una lettera si converta in numero, non sono nozioni trasmesse socialmente" (pag. 65). "Accostandoci al problema della distinzione numeri/lettere/segni di interpunzione ed a quello del riconoscimento dell'orientamento convenzionale della lettura, siamo, al contrario, nel campo delle conoscenze socialmente trasmesse, e profondamente convenzionali. Che i bambini differiscano sensibilmente rispetto a questi e' quindi prevedibile, perche' la loro acquisizione richiede condizioni sociali particolari (poter disporre di oggetti e di informatori)" (pag. 66). Questa prima indagine si focalizza sulle "condizioni precedenti ad una lettura: qual e' il materiale specifico, la classe di 'oggetti' con cui e' possibile compiere atti di lettura e le proprieta' (astratte) che il bambino ritiene necessarie" (pag. 67). In questa sede noi ci soffermiamo sui concetti spontaneamente elaborati dai bambini. Caratteristiche formali che un testo deve possedere per consentire un atto di lettura: 1) nessun criterio di classificazione definito: "o tutti i cartelli sono buoni per leggere" o alcuni si' ed altri no "indipendentemente dalle loro caratteristiche oggettive (bastera' cambiare di posto un cartello perche' esso cessi di essere utile alla lettura): i bambini non sono ancora in grado di effettuare discriminazioni in un universo grafico costituito unicamente da lettere e numeri"(pag. 40); 2) utilizzazione di indici: "se il cartello presenta un indice che permetta di interpretarlo, il cartello serve per leggere" (pag. 46); non si tratta di un criterio generale sistematicamente applicato; 3) applicazione sistematica di un criterio: - quantita' sufficiente dei caratteri: i bambini ritengono che con meno di tre lettere non si possa leggere; sulle scritte di tre lettere possono verificarsi incertezze, ambivalenze e differenze tra diversi bambini; - varieta' dei caratteri: i bambini ritengono che "anche qualora ce ne sia un numero sufficiente, se tutti i caratteri sono uguali, codesta scritta non puo' consentire un atto di lettura" (pag. 44). Esistono altri criteri con cui e' possibile che i bambini classifichino dei testi (quali la distinzione tra caratteri a stampa e corsivi e tra lettere e numeri), ma questi non sono cosi' generalizzati come i due criteri finora indicati e spesso vengono utilizzati in combinazione con i precedenti due criteri. Va segnalato che nella definizione di questi criteri esiste spesso una differenza di vocabolario tra i significati dei termini utilizzati dall'adulto e quello che vi attribuiscono i bambini. "L'evoluzione del problema tra lettere e numeri [...] presenta tre momenti fondamentali: 1) inizialmente lettere e numeri si confondono non solo perche' presentano evidenti somiglianze grafiche" e vengono assimilati in un'unica categoria "in quanto elementi grafici" (pag. 56), ma soprattutto perche' la discriminazione principale che il bambino cerca di effettuare e' quella tra il disegno figurativo e la scrittura. 2) "Il secondo momento importante e' quando si fa la distinzione tra le lettere, che servono per leggere, ed i numeri, che servono per contare" (pag. 48). In questa fase e' possibile che gli stessi elementi grafici siano considerati lettere o numeri a seconda che si trovino in un contesto caratterizzato da varieta' e molteplicita' di caratteri (una sequenza di testo) oppure che si trovino isolati. Questa caratteristica e' basata sulla distinzione funzionale delle due categorie, non e' socialmente trasmessa ed e' correlata con l'esperienza che, a differenza di quanto accade per le lettere, "il nome dei segni corrispondenti ai numeri coincide con le parole che pronunciamo nell'atto di contare" (pag. 56) e costituiscono un'unita' semantica autonoma. 3) "Il terzo momento, perp', reintrodurra' il conflitto [...] che un numero possa essere letto, indipendentemente dal fatto che non abbia lettere, costituisce un problema reale. Un problema che si risolve solo quando si prende coscienza che i numeri sono scritti in un sistema di scrittura differente dal sistema alfabetico utilizzato per scrivere le parole" (pag. 48). * Lettura di testo con immagini In questo capitolo si indaga la relazione della scrittura col disegno, considerate entrambe come "manifestazioni posteriori della funzione semiotica piu' generale. Cio' nonostante differiscono. Per un verso, il disegno mantiene una relazione di somiglianza con gli oggetti o i fenomeni ai quali si riferisce; la scrittura no; per altro verso, la scrittura costituisce, cosi' come il linguaggio, un sistema con regole proprie; il disegno, invece, no. Tanto la natura che il contenuto dei due oggetti simbolici sono diversi" (pag.69). Vi si sostiene che "la scrittura mantiene relazioni molto strette con il disegno e con il linguaggio, pur non essendo ne' la trascrizione del linguaggio (Smith 1971) ne' un derivato del disegno" (pag. 70). Sintetizziamo di seguito le fasi di sviluppo individuate. 1) indifferenziazione tra disegno e scrittura - le azioni pertinenti ai due oggetti, consistenti nel guardare o leggere, non sono ancora differenziate; - si verifica l'applicazione diretta del significato di un oggetto simbolico all'altro; - i due sistemi di rappresentazione sono considerati complementari per esprimere un significato e vi e' un'aspettativa di corrispondenza tra testo e disegno; 2) etichettamento lettura di parole: - testo come etichetta; - eliminazione degli articoli; - non contano le proprieta' del testo; - il testo cambia se cambia l'immagine: manca la stabilita' e la convenzionalita' dei segni grafici; lettura di frasi: - emergono due tipologie di concettualizzazione: * se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento: - la scrittura e' considerata come scrittura di nomi; - il testo viene messo in relazione al nome e non piu' all'oggetto disegnato; - viene cancellato l'articolo; - il testo e' un tutto non scomponibile; - rifiuto delle proposizioni; - non rilevanti le proprieta' del testo; - esempio: testo: "L'anatra nuota" domanda: potrebbe dire "l'anatra sta nell'acqua"? risposta: "no, soltanto anatra". * se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento: - la scrittura rappresenta una proposizione associata all'immagine; - viene operata la distinzione tra cio' che si puo' scrivere e cio' che si puo' leggere; - si verifica il completamento del nome in funzione della lunghezza del testo; - vi e' una corrispondenza globale tra l'espressione suggerita dall'immagine e il testo, indipendentemente dalle sue proprieta'; - esempio: testo: "Luca rema sul fiume" ipotesi di lettura: "bambino che sta remando", oppure: ""bambino con la barca alla spiaggia". 3) proprieta' formali lettura di parole: - le proprieta' formali del testo, quali la lunghezza, la continuita' (assenza di piu' frammenti) e la presenza di alcune lettere note (il riconoscimento di lettere consente l'inizio del processo verso l'acquisizione del concetto di stabilita' e di conservazione del significato) vengono usate come indicatori per controllare l'anticipazione di significato: dall'anticipazione realizzata meramente in funzione dell'immagine, si passa ad attuare un processo di ricerca delle verifiche attraverso il testo; - esempio: testo: "PIPA" domanda: potrebbe dire "papa' sta fumando"? risposta: no, perche' e' molto piccolo e non basta. lettura di frasi: - emerge un inizio di considerazione delle proprieta' grafiche del testo con particolare riferimento alla presenza di piu' righe e alla quantita' di frammenti di testo; - permane una continuita' di concettualizzazione rispetto alle due possibili tipologie precedentemente emerse: * se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento: - si pone il conflitto tra l'unita' del significato e la pluralita' delle righe: si pone l'occasione per iniziare progressivamente a falsificare l'ipotesi della scrittura come nome dell'oggetto disegnato (es.: un nome per ogni riga o una sillaba per ogni riga); - si instaura una relazione quantitativa tra le unita' percepibili: il nome e' l'unita' che consente di porre in relazione gli elementi dell'immagine con le parti grafiche e consentira' il successivo passaggio alla relazione con l'emissione sonora (es. un nome per ogni frammento in corrispondenza con gli elementi del disegno); - emerge un principio di ordinamento lineare corrispondente con l'immagine (es.: viene attribuito a ciascun frammento di testo il nome del disegno piu' vicino); * se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento: - la scrittura e' ancora considerata come proposizioni associate all'immagine; - permane la differenziazione tra cio' che e' scritto e cio' che si puo' leggere, in quanto la scrittura continua a rappresentare i nomi ma non le relazioni; le relazioni costituiscono la componente interpretativa che non necessariamente compare scritta; - esempi: attribuzione di una frase per ogni riga, con pertinenza semantica; attribuzione di nomi ai diversi frammenti di testo e rilettura del testo formulando una frase completa di senso compiuto contenente i nomi che si indicavano scritti nel testo; 4) corrispondenza termine a termine lettura di parole: - le parti del testo vengono considerate come frazioni di unita' significative e non come unita' discrete; - ricerca di corrispondenza tra frammenti grafici e segmentazioni sonore; - si opera una segmentazione dell'emissione sonora di tipo sillabico ma senza una precisa corrispondenza con i frammenti grafici; - corrispondenza tra il movimento della mano e la scansione sillabica orale; - corrispondenza tra la sillabazione orale e i segni grafici operando salti piu' o meno regolari, o raggruppamenti di segni grafici o ripetizioni o allungamenti di parti dell'emissione sonora per arrivare alla fine del testo; - corrispondenza di tipo sillabico; lettura di frasi: * se il bambino considera il nome come unita' semantica di riferimento: - scansione sillabica orale senza una precisa corrispondenza al testo; - si opera una ricerca di corrispondenza tra l'emissione sonora e il testo rispetto all'inizio e alla fine; - si opera una ricerca di corrispondenza progressivamente piu' precisa tra suoni sillabici e frammenti del testo: si puo' operare raggruppamenti di parti del testo a cui viene attribuito un suono sillabico; si puo' attribuire un suono sillabico ad ogni frammento allungando o ripetendo parti dell'emissione sonora; infine si arriva a variare le ipotesi di significato fino ad ottenere una corrispondenza di tipo sillabico con la quantita' di frammenti presenti nel testo; - i frammenti di testo vengono considerati come frazioni di unita' significative e pertanto con il metodo sillabico nasce l'equilibrio tra integrita' significativa e discontinuita' grafica; * se il bambino considera la frase come unita' semantica di riferimento: - viene iniziata la ricerca di corrispondenza che si basa sulla struttura logica dell'enunciato: es.: nome + proposizione: ad una riga viene attribuita la lettura di un nome con corrispondenza sillabica con i frammenti del testo mentre nell'altra riga viene letta l'intera proposizione; es.: soggetto + predicato: ai diversi frammenti di testo si fa corrispondere il soggetto e il predicato; es.: soggetto + verbo + predicato: la corrispondenza non comprende l'ordine dell'enunciato. * Lettura di frasi senza immagini In questo ambito di analisi, partendo dalla lettura di una frase scritta nota ai bambini si chiede di mettere in corrispondenza le parole dell'enunciato orale con i frammenti del testo scritto, attraverso un processo di deduzione. Emerge cosi' la progressione nella concezione della scrittura, individuando progressivamente quali siano gli elementi di una proposizione rappresentati nella scrittura nella concezione del bambino a confronto con quella adulta. Nella sintesi che segue si e' provato a elaborare una ipotesi di comparazione tra le fasi di sviluppo individuabili nei diversi ambiti della ricerca, riportata tra parentesi quadre. Va precisato che tale comparazione non e' stata realizzata nel testo dalle autrici e si basa su analisi di tipo logico e sull'esperienza didattica della scrivente, ma non e' stata suffragata da dati sperimentali. A) e' tutto scritto [va dalla fine della fase sillabica alla fase alfabetica] - messa in corrispondenza tra parti ordinate (sonore e visive) attraverso un processo di deduzione; - la scrittura riproduce, riordinandole nello spazio da sinistra a destra, le unita' dell'espressione sonora ordinate temporalmente; - la decifrazione e' strategia iniziale e sottoposta a giudizio di grammaticalita'; B) e' tutto scritto eccetto gli articoli [va dalla fase di corrispondenza termine a termine a buona parte della fase sillabica] - gli articoli (preposizioni, congiunzioni...) non sono parole e quindi non si scrivono; - sono deducibili; - confliggono con la regola della "quantita' minima"; - risultano come frammenti eccedenti e pongono una situazione di conflitto che viene per lo piu' risolta con strategie di assimilazione o di eliminazione; - il verbo puo' essere scritto in forma autonoma; C) i due sostantivi sono scritti indipendentemente: il verbo sostiene l'intera proposizione o l'intero predicato [corrisponde alla fase di corrispondenza termine a termine e presenta una particolare affinita' con le ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano l'unita' della frase ad unita' di riferimento. Puo' essere usato questo ambito di riflessione per favorire il passaggio dalla fase delle proprieta' formali alla ricerca di corrispondenza in quanto la mancanza di immagini favorisce lo stabilirsi della correlazione tra testo scritto ed enunciato orale] - la scrittura rappresenta la struttura logica del messaggio; - l'ordine dei termini puo' cambiare senza alterare il significato della relazione, in quanto si ritiene che la scrittura sia la rappresentazione della struttura logica della frase (argomenti + relazione) mentre i vincoli relativi all'ordine sintattico intervengono solo al livello dell'enunciato orale; - difficolta' a comprendere che il verbo possa essere scritto in forma autonoma: il verbo viene unito al suo complemento oppure e' considerato scritto all'infinito; [Nota: I punti "D", "E" e "F" vengono lasciati con la stessa denominazione riportata nel testo di Ferreiro e Teberosky (1985), in cui si afferma trattarsi di un'unica fase di sviluppo. Noi riteniamo tuttavia di cogliere alcune sfumature che ci hanno portato a proporre un diverso ordine. Mentre la fase "E" e la fase "F" corrispondono alla stessa fase di sviluppo delle proprieta' formali con riferimento in un caso all'unita' semantica della frase e nell'altro all'unita' semantica della parola, la fase "D" ci sembra corrispondere alla fase dell'etichettamento, che precede quella delle proprieta' formali. Ovviamente siamo sempre in fase presillabica] E) tutta la proposizione sta in un frammento del testo: nella parte rimanente stanno altre proposizioni congruenti con la prima [corrisponde alla fase di attenzione alle proprieta' formali e presenta particolari analogie con le ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano la frase ad unita' di riferimento] - l'unita' semantica della proposizione non puo' essere suddivisa in frammenti; - vi e' un'attenzione alla quantita' di frammenti di testo in quanto si formulano tante proposizioni quanti sono i frammenti di testo percepiti; - viene garantita l'unita' semantica del testo in quanto le altre proposizioni si attengono allo stesso tema; F) ubicazione esclusiva dei nomi in due frammenti del testo: nelle parti restanti vi sono altri nomi compatibili con i precedenti [corrisponde alla fase di attenzione alle proprieta' formali e presenta particolari analogie con le ipotesi di lettura su frasi in bambini che assumano il nome ad unita' di riferimento] - la scrittura e' una maniera di rappresentazione degli oggetti e puo' mantenerne alcune proprieta': i nomi vengono considerati come proprieta' degli oggetti; - c'e' una componente interpretativa: i verbi possono essere espressi anche se non scritti; - possono essere scritti altri nomi come designazione di oggetti compresi nello scenario e che non vengono letti perche' dati per scontati; D) impossibilita' di effettuare una separazione tra le parti dell'enunciato che possa farsi corrispondere con le parti del testo [corrisponde alla fase dell'etichettamento] - la frase e' un'unita' sintattica, semantica, di intonazione; - l'enunciato puo' stare tutto in qualunque delle parti del testo e cosi' qualunque parola; - per il bambino e' scritta la frase e non la singola parola e a differenza dell'adulto non conserva invariata la rappresentazione della parola qualunque sia il sistema di relazioni e significazioni (in quanto cio' presuppone la nozione di identita'). (2. Continua) 8. LUTTI. CESARE BERMANI RICORDA ROBERTO LEYDI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 febbraio 2003] "Io ho cercato di divertirmi, intendo dire nel senso di Bertolt Brecht quando diceva che il teatro deve essere divertente, cioe' che e' giusto avere il piacere di vivere delle cose che si fanno. Puo' essere il jazz, la musica popolare, Juliette Greco o Luciano Berio. Io ho fatto poche cose nella vita di cui non ricordi un'emozione anche di piacere". Lo poteva dire Roberto Leydi, una delle figure piu' ragguardevoli della musicologia contemporanea, interessato a tutta la buona musica, di qualunque genere fosse. Un rendiconto della sua attivita' non e' facile, perche' ha utilizzato i piu' diversi canali per fornire fonti di riflessione agli studiosi e agli appassionati, svolgendo una mole di attivita' che ha dell'incredibile. Ma larga parte di essa si e' anche esplicata attraverso le conversazioni, indimenticabilmente vivaci e intelligenti, con decine e decine di lavoratori della musica, cui e' stato prodigo di consigli, di materiali del suo archivio e di indicazioni di ricerca. Per capire lo spirito con cui Leydi ha operato, credo si debba risalire alla sua formazione giovanile, tutta antiaccademica, nella Milano del dopoguerra pervasa da afflati di genuina democrazia e da grandi speranze di ricostruzione di un Italia ben diversa da quella che ci ritroviamo oggi. Milano allora - come mi ricordava lui - "conteneva una vitalita' enorme, grandi illusioni e speranze. Ed era il mio mondo. Noi eravamo 'Politecnico' ed una delle componenti della nostra cultura era l'America. L'America a cui guardavamo era quella del New Deal rooseveltiano, dei negri, dei poveri del Sud, dei mandriani del West, dei boscaioli del Nord; era l'America di Hemingway, dello Steinbeck di Furore, di Caldwell, insomma di tutta la letteratura del New Deal. Una delle facce del New Deal era stata quella di fare riscoprire l'America dei poveri, dei disperati. Che cos'era questa America per noi? Era la disperata ricerca di una patria da parte di un: generazione senza patria. Non potevamo riconoscerci nell'Italia di Vittorio Emanuele Il o di Cavour, di Crispi o di Leonardo da Vinci. Avevamo bisogno di una patria popolare, e il jazz era questo: una patria popolare. Cioe' era l'esigenza di riconoscerci dentro un mondo di lavoratori, di operai di fabbrica, contadini. Cio' avveniva intellettualisticamente, perche in realta' ignoravamo che questo mondo esisteva anche qui. Il mio passaggio all'interesse per il mondo popolare si verifica quando ho cominciato a rendermi conto che quella patria americana era un'astrazione e che era possibile trovarla qui. La mia coscienza politica e' stata pero' a lungo istintivo-retorica, mitologica, cosmopolita, tipicamente radical-borghese, anche se colorata di rosso". Nella Milano del dopoguerra Leydi e' gia' una presenza culturale di tutto rispetto. Critico musicale dell'"Avanti!", la sua casa in via Solferino (poi in via Cappuccio) era il punto di riferimento di molta intellettualita', dall'architetto Rogers a Umberto Eco, da Bruno Maderna a Luciano Berio, da Luigi Pestalozza ai componenti della Original Lambro Jazz Band (quanti sanno che quel nome lo invento' proprio Roberto Leydi?). Ma a casa sua ci si sarebbe potuti imbattere anche in Alan Lomax o in Big Bill Broonzy di passaggio da Milano. Nel 1954, quando Bruno Maderna e Luciano Berio fondano lo Studio di fonologia della Rai di Milano, Roberto Leydi e' della partita. Scrive il testo di Ritratto di citta', musicato dai due. Ci si muove in un paesaggio sonoro e mentale che propone una musica elettronica priva di limiti, in un interrelazione del nastro con qualsiasi altro mezzo di produzione di suoni. Tra Colonia (Karlheinz Stockhausen) e Parigi (Pierre Schaeffer) si e' insomma scelto Parigi. Nel 1962, per merito di Roberto Leydi e Gianni Bosio, decollano il "Nuovo Canzoniere Italiano" e "I Dischi del Sole", attivita' che dara' un corpus di canto sociale al nostro paese. L'incontro fra i due fa maturare ulteriormente l'"essere a sinistra" di Leydi: "Nella vicinanza di Gianni Bosio quello che era un fatto astratto e mitologico diventa un fatto concreto, e' l'acquisizione che la Rivoluzione d'Ottobre c'e' stata davvero; e' attraverso Bosio che ho acquisito la coscienza dell'esistenza di un mondo contadino e una certa metodologia dell'analisi politica". Dentro a quella vicenda Leydi si rivelo' allora uno straordinario organizzatore, che motivo' al lavoro di ricerca, e in modo duraturo, i primi ricercatori di canto sociale. Posso testimoniare che mi ha messo un magnetofono in mano nel 1962 e che non me lo sono piu' staccato di dosso. Perche' Leydi, forse senza rendersene conto sino in fondo, ha dato anche a noi una patria e ci ha quindi fatto fare delle scelte di vita. Leydi ha pero' legato il proprio nome anche ad altre imprese di organizzazione della cultura che hanno fortemente contribuito a modificare il panorama della nostra musica orale. Ricordo anzitutto l'attivita' del "Servizio per la cultura del mondo popolare" della Regione Lombardia, che promosse ricerche sulla cultura e sulla musica popolare provincia per provincia, sfociato nella monumentale opera in 15 volumi Mondo popolare in Lombardia e nella collana discografica Documenti della cultura popolare, cui hanno collaborato decine di studiosi. Nella sua attivita' di titolare della cattedra di etnomusicologia al Dams di Bologna - alla cui fondazione contribui' non poco - e' riuscito a creare un buon gruppo di ricercatori preparati, che hanno portato l'etnomusicologia italiana al riconoscimento mondiale. Tra le imprese editoriali che ha promosso mi pare importante ricordare in questa sede l'opera collettiva in due volumi Guida alla musica popolare in Italia e, curata con Febo Guizzi, Gli strumenti musicali e l'etnografia italiana (1881-1911). Fondamentali resteranno le sue ricerche sulla canzone narrativa e sulla musica di Creta. Ma, per capire lo spirito di Leydi, il volume chiave e' L'altra musica, dove la tradizione colta e' vista una volta tanto come "altra" e per una volta sono i "bianchi" a essere "gli altri"; e dove si nota che e' stata la crisi dei modi tradizionali di fare la storia o di occuparsi del folklore ad aprire la strada al processo di svecchiamento dell'etnomusicologia italiana. Non ultimo merito di Roberto Leydi e' stato quello di raccogliere per tutta la vita le fonti del suo lavoro: ha lasciato una importantissima raccolta di strumenti musicali popolari (oltre ottocento), una quantita' innumerevole di dischi, oltre 3.000 ore di registrazione, una biblioteca specializzata al "Centro di dialettologia e di etnografia" della Svizzera italiana, con sede a Bellinzona. Un modo di salvare un patrimonio, lasciatoci per preservarlo e farlo conoscere, da un paese che non sa che distruggere questi suoi beni culturali (non attrezzarsi per conservarli significa di fatto distruggerli). Credo che questa sia stata la sua ultima proposta culturale: non sara' il caso che salvaguardiate anche voi all'estero quelle porzioni del nostro patrimonio di cultura orale che vi sono state affidate? 9. ARCHIVI DELLA DISOBBEDIENZA CIVILE. ERICH FROMM: "NELL'ATTUALE FASE STORICA" [Da Erich Fromm, La disobbedienza e altri saggi, Mondadori, Milano 1982, 1988, p. 19. Erich Fromm, psicoanalista e sociologo impegnato per la pace e i diritti umani (Francoforte 1900 - Locarno 1980), collaboratore della scuola di Francoforte, esule in America, nella sua riflessione unisce analisi e suggestioni di Marx, Freud, della tradizione ebraica e cristiana, del buddhismo zen. Tra le sue opere principali: Fuga dalla liberta', Comunita'; Dalla parte dell'uomo, Astrolabio; Il linguaggio dimenticato, Garzanti; Psicoanalisi della societa' contemporanea, Comunita'; L'arte di amare, Il Saggiatore; Psicoanalisi dell'amore, Newton; Marx e Freud, Garzanti; La rivoluzione della speranza, Bompiani; La crisi della psicoanalisi, Mondadori; Anatomia della distruttivita' umana, Mondadori; Avere o essere?, Mondadori; Grandezza e limiti del pensiero di Freud, Mondadori; La disobbedienza, Mondadori. Fromm ha anche curato il volume di AA. VV., L'umanesimo socialista, Rizzoli. Opere su Erich Fromm: Rainer Funk, Erich Fromm. La vita e il pensiero, Massari Editore] Nell'attuale fase storica, la capacita' di dubitare, di criticare e di disobbedire puo' essere tutto cio' che si interpone tra un futuro per l'umanita' e la fine della civilta'. 10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 11. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 513 del 20 febbraio 2003
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