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"Al telefono con chi sta aspettando da guerra"
- Subject: "Al telefono con chi sta aspettando da guerra"
- From: "Teatro Di Nascosto" <hidden.theatre at sirt.pisa.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Tue, 28 Jan 2003 14:23:32 +0100
Teatro di Nascosto - Hidden Theatre Dal diario di Annet Henneman "Al telefono con chi sta aspettando da guerra&" Inghilterra, 19-1-2003.Non so più cosa fare dopo avere visto limpotente dolorosa e silenziosa disperazione di D. (kurdo iracheno con asilo politico da un anno in Inghilterra). Sa che tra poco inizierà la guerra. Che viene fatto di tutto per farla iniziare lì, in Iraq.
Ha detto il suo cugino ieri, al telefono, ma cosa facciamo? Noi stiamo nella parte dove cadranno le prime bombe, a Camcamal, perché stiamo vicino alla "frontiera" con lIraq. Scappare? Qua ci sono centomila case, scappiamo tutti? Mi dice D.: "Annet ma sai che vita fanno adesso? Lo sai? Nessuno se ne frega più di niente, perché nessuno sa se domani morirà sotto le bombe& Che piani fai? A cosa pensi, come vivi in una situazione simile? Non fai piani e vivi finché vivi". Non so cosa rispondergli. Penso a N. che mi diceva al telefono da Suleymania (Kurdistan iracheno), Annet, tutti si agitano in Europa, in America, ma per noi non cè niente di nuovo in questa situazione, per noi è una situazione normale. Parlo al telefono e lo sento come sempre. Ridiamo e scherziamo&
Natale lho passato a imparare come vivere con le immagini di guerra, come vivere con incubi di case distrutte e questa volta, case dove sono stata& Volendo o non volendo vedevo loro che sono diventati "famiglia mia", i loro corpi morti sparsi tra le rovine di quella che era stata la loro casa, il loro quartiere, Shebang, bambina di 6 anni che ho visto fare i compiti, con cui giocavo, perché dormivamo, mangiavamo e vivevamo tutti per terra nella stessa stanza, la bambina appena nata di M., tutti quei bambini, daia (mamma di questa famiglia grande), con la sua risata e la sua voce ancora nei miei orecchi, risento come cercava in tutti modi di parlarmi in Inglese& Ed ho cercato di dimenticare, quelle immagini mi paralizzavano& Ecosì che funzioni? mi sono chiesta. Che per sopravvivere devi scappare dalla realtà immaginaria futura? Ecosì? E chi vuole la guerra, se ne approfitta e va avanti con i suoi piani che poi portano alla realtà prima solo immaginata?
Stamattina abbiamo guardato il telegiornale della BBC. E ci siamo ammalati dentro. Ha creato una tale rabbia e sentimento di impotenza. Cosa puoi fare contro un mezzo così forte e potente. Questo mezzo che vuole fare credere che tra i rifugiati ci sono tanti terroristi per cercare di creare panico, rabbia e odio, per fare credere che veramente cè bisogno di una guerra contro Sadam Husseyn. Un mezzo che prova a non fare capire cosa succede con tutta quella gente innocente che vivrà le consequenze di di questa guerra. Un mezzo che qua in Inghilterra vuole fare sembrare che questa guerra è come un operazione, durante il quale il dottore, il salvatore, toglie il pezzo ammalato di un corpo che poi dopo funzionerà a meraviglia& Già lha fatto tutto da solo questa dittatura S.H. o forse estato sostenuto da una parte del suo popolo per qualunque ragione, p.e. per ottenere soldi in grande povertà, per potere, per paura, ma cè anche gente e paesi che ci hanno "creduto" in lui e lo hanno sostenuto coscientemente& Non sono un esperta di politica. Studio e provo a capire con tutte le informazioni che posso avere, quale è la verità dietro tutto questo. Ma so che vengo continuamente manipolata, che ogni informazione sembra fatta per portarti in una direzione& Vivo con alcuni rifugiati in Italia. B. viene dallAfganistan, "il paese salvato&" dove, dice lui che segue da vicino tutto quello che succede nel suo paese, anche adesso continuano a cadere bombe, con morti, famiglie intere uccise, dove i capi delle diverse città vogliono far ognuno a modo suo non esitando ad usare armi, dove i bambini nei campi di rifugiati muoiono di freddo (una notte anche 36 bambini)& dove la ricostruzione in questo caos, va lenta, perché il governo centrale di Kabul non arriva facilmente alle altre città, p.e. Herat ( a causa della distruzione delle strade non ricostruite ancora, un viaggio a Herat in macchina, che prima durava un 12 ore, adesso prende tre giorni). Dice B. che segue ogni giorno radio Kabul, la radio iraniana, pakistana& ma dove rimangono tutti questi soldi che sono arrivati in Kabul? Come mai non ci sono quasi strade rifatte, come mai la più grande parte delle scuole non sono state ricostruite? Mille domande su un paese dove tutti provano a intervenire ma che sembra, forse tranne per una parte centrale a Kabul che è piena di armate straniere, che rimane un paese incontrollabile. E in quel momento incontrollabile, naturalmente si fanno contratti giganteschi sul petrolio&
Cosistamattina guardavamo il BBC io e D. e vedevo limpotenza e la rabbia crescere dentro di lui. Non riusciva più a parlare, mi chiedeva di non dire più niente& Questa rabbia che vedo come impotenza e disperazione per chi sente che la sua voce non arriva a quelli che distruggeranno la sua vita, e con la sua, la vita delle persone a chi vuole bene, quella del suo popolo. Una rabbia e impotenza che gli chiude la bocca perché non sa cosa può fare, non ha il potere& Mi sono disperata anche io. Penso tutta "la mia famiglia di rifugiati" della nostra Accademia di Teatro Reportage, con cui vivo adesso e che hanno delle ferite dentro, dei ricordi, che non possano più dimenticare& urli e pianti di donne disperate che hanno perso il loro figlio& frustrate, anche 80, per chi non aveva pregato per una volta, torture, sangue per le strade, pezzi di corpi, corpi bruciati irriconoscibili& la paura per una porta che si apre allimprovviso&e tutti con la nostalgia e il dolore di avere lasciato, nei loro paesi nei quali era cosi difficile sopravvivere, la loro famiglia, loro amici&
Ho pensato. Ma a cosa serve il nostro lavoro? Serve se alcuni superano il dolore e lodio e riescono a comunicare con il nostro mondo occidental? Serve davvero? E dentro di me eesplosa la stessa disperazione e rabbia di D. ,perché lavoro ogni giorno per cercare di fare arrivare in un modo diverso le storie di queste persone, di questi paesi e popoli, senza che ho una voce in capitolo su cosa succederà nel mondo& sembra& Partirà una guerra, non voluta da tante persone, nella quale si prevedono bombe chimiche come quelle usate in Halebje (Kurdistan iracheno) in 1988 dove sono morti circa 5000 persone in 5 minuti e ancora delle persone stanno morendo per le conseguenze di queste materie chimiche, con malattie di cancro e neonati malformati&
Mazzolla 27 gennaio.Oggi mi dice N. al telefono da Suleimanya che è meglio che sua madre va alla famiglia a Ducan, perché li ci sono delle caverne dove proteggersi, rifugiarsi. Epiù al sicuro lì che in città. Parliamo di quanto durerà la guerra, lui spero solo alcuni giorni. Si chiede se ci sarà il tempo che vengono usati le armi chimiche. Mi dice che sua sorella che era venuta a casa di sua madre in città ma voleva subito ritornare a casa in Ducan perché non si era preparata per la guerra. Dice che si dovrebbe preparare un sacco con vestiti caldi di ogni cosa una o due, una pentola per fare il tè e acqua calda, due coperte forti e farina. Questo sacco ognuno se lo deve sempre portare con se per quando deve scappare allimprovviso in montagna nelle caverne per sopravvivere agli attacchi chimici. Si deve anche preparare la casa alla guerra, tutto quello che ha valore o che fa capire che hai studiato, si deve sotterrare, nascondere, se no si rischia che la casa viene bruciata. D. si sente egoista e male che non è insieme alla sua famiglia ad affrontare tutte queste difficoltà. Mi sembra di entrare di più e di più in questa vita che stanno vivendo, che sta vivendo un popolo intero e tutti gli abitanti dellIraq& giorno per giorno aspettare una guerra. Vedono come vengono preparate le tende di soccorso, di rifugio, fuori città& Aspettano e sperano per il meglio& Mi dice D. che il tempo prima della guerra è come il momento prima di un lungo viaggio. Tutti parlano con tutti, visitano tutti, perché non si sa mai se ci si rivede o quando mai succederà&
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