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La nonviolenza e' in cammino. 485
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 485
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 23 Jan 2003 05:15:58 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 485 del 23 gennaio 2003 Sommario di questo numero: 1. David Maria Turoldo, un altro giorno 2. Calavero Corbelloni: errori linguistici, e quindi politici 3. Viviana Vivarelli, un nuovo appello della Global March per i diritti dei bambini 4. Amelia Alberti, un fatto di cronaca 5. Paolo Michelotto, scriviamo lettere ai giornali contro la guerra 6. Ancora uno sforzo in difesa della legge 185/90 7. Luciana Castellina ricorda Annamaria Rodari 8. Valentino Parlato ricorda Annamaria Rodari 9. Federica Giardini, una lettura genealogica del bisogno di forma 10. Ralph Nader recensisce il rapporto "The pentagon connection" di Seymour Melman 11. Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere: dopo Santa Maria di Leuca 12. Presentazione di "DWF donnawomanfemme" 13. Elisabetta Marano, aggiornamento del sto della libreria delle donne di Milano 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. MAESTRI. DAVID MARIA TUROLDO: UN ALTRO GIORNO [Da David Maria Turoldo, Il sesto angelo, Mondadori, Milano 1976, p. 105. David Maria Turoldo, nato in Friuli nel 1916, ordinato sacerdote nel 1940, partecipo' alla Resistenza; collaboratore di don Zeno Saltini a Nomadelfia, fondatore con padre Camillo De Piaz della "Corsia dei Servi", poi direttore del "Centro di studi ecumenici Giovanni XXIII" a S. Egidio Sotto il Monte. Ha pubblicato numerose opere di riflessione religiosa, di intervento civile, di poesia. E' scomparso nel 1992. Opere di David Maria Turoldo: della sua vastissima produzione segnaliamo particolarmente alcune raccolte di versi: Il sesto angelo (poesie scelte - prima e dopo il 1968), Mondadori, Milano 1976; e O sensi miei (poesie 1948-1988), Rizzoli, Milano 1990, 1993; Ultime poesie (1991-1992), Garzanti, Milano 1999; ed almeno la raccolta di testi in prosa La parabola di Giobbe, Servitium, Sotto il Monte 1996. Per una bibliografia piu' ampia: a) poesia: Io non ho mani, Bompiani, Milano 1948; Udii una voce, Mondadori, Milano 1952; Gli occhi miei li vedranno, Mondadori, Milano 1955; Preghiere tra una guerra e l'altra, Corsia dei Servi, Milano 1955; Se tu non riappari, Mondadori, Milano 1963; Poesie, Neri Pozza, Vicenza 1971; Fine dell'uomo?, Scheiwiller, Milano 1976; Il sesto angelo, Mondadori, Milano 1976; Laudario alla Vergine, Dehoniane, Bologna 1980; Lo scandalo della speranza, Gianfranco Angelico Benvenuto, Napoli 1978, poi Gei, Milano 1984; Impossibile amarti impunemente, Quaderni del Monte, Rovato 1982; Ritorniamo ai giorni del rischio, Cens, Liscate 1985; O gente terra disperata, Paoline, Roma 1987; Il grande Male, Mondadori, Milano 1987; Come possiamo cantarti, o Madre?, Diakonia della theotokos, Arezzo 1988; Nel segno del Tau, Scheiwiller, Milano 1988; Cosa pensare., La Rosa Bianca, Trento 1989; Canti ultimi, Carpena, Sarzana 1989, poi Garzanti, Milano 1991; (con G. Ravasi), Opere e giorni del Signore, Paoline, Cinisello Balsamo 1989; O sensi miei (poesie 1948-1988), Rizzoli, Milano 1990; Mie notti con Qohelet, Garzanti, Milano 1992; Ultime poesie (1991-1992), Garzanti, Milano 1999; Nel lucido buio, Rizzoli, Milano 2002; b) teatro: La terra non sara' distrutta, Garzanti, Milano 1951; Da una casa di fango (Job), La Scuola, Brescia 1951; La passione di San Lorenzo, Morcelliana, Brescia 1961, poi Citta' Armoniosa, Reggio Emilia 1978; Vigilia di Pentecoste, Giac (pro manuscripto), Milano 1963; Oratorio in memoria di frate Francesco, Messaggero, Padova 1981; Sul monte la paura, Cens, Liscate 1983; La morte ha paura, Cens, Liscate 1983; c) saggistica: Non hanno piu' vino, Mondadori, Milano 1957, poi Queriniana, Brescia 1979; La parola di Gesu', La Locusta, Vicenza 1959; Tempo dello Spirito, Gribaudi, Torino 1966; Uno solo e' il Maestro, Signorelli, Milano 1972; Nell'anno del Signore, Palazzi, Milano 1973; Alla porta del bene e del male, Mondadori, Milano 1978; Nuovo tempo dello Spirito, Queriniana, Brescia 1979; Mia terra addio, La Locusta, Vicenza 1980; Povero Sant'Antonio, La Locusta, Vicenza 1980; (a cura di), Testimonianze dal carcere, Paoline, Roma 1980; Amare, Paoline, Roma 1982; Perche' a te, Antonio?, Messaggero, Padova 1983; Ave Maria, Gei, Milano 1984; (con A. Levi, M .C. Bartolomei Derungs), Dialogo sulla tenerezza, Cens, Liscate 1985; L'amore ci fa sovversivi, Joannes, Milano 1987; Come i primi trovadori, Cens, Liscate 1988; Il diavolo sul pinnacolo, Paoline, Cinisello Balsamo 1988; Il Vangelo di Giovanni, Rusconi, Milano 1988; Per la morte (con due meditazioni di P. Mazzolari), La Locusta, Vicenza 1989; Amar, traduzione portoghese, a cura di I. F. L. Ferreira, Paulinas, Sao Paulo 1986; (con R. C. Moretti), Mani sulla vita, Emi, Bologna 1990; La parabola di Giobbe, Servitium, Sotto il Monte 1996; Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte 1997; Il dramma e' Dio, Rizzoli, Milano 1992, 1996, 2002; d) traduzioni: I Salmi, Dehoniane, Bologna 1973; Salterio Corale, Dehoniane, Bologna 1975; Chiesa che canta, volumi I-VII, Dehoniane, Bologna 1981-1982; (con G. Ravasi), "Lungo i fiumi..." - I Salmi, Paoline, Cinisello Balsamo 1987; Ernesto Cardenal, Quetzalcoatl, Mondadori, Milano 1989; e) narrativa: ... E poi la morte dell'ultimo teologo, Gribaudi, Torino 1969. Opere su David Maria Turoldo: un'utile bibliografia di avvio e' in D. M. Turoldo, Nel lucido buio, Rizzoli, Milano 2002] Eppure di la' di questa ringhiera qualcuno chiama ancora. 2. SCORTICATE. CALAVERO CORBELLONI: ERRORI LINGUISTICI, E QUINDI POLITICI E' una stupidaggine dire che contro la guerra occorre esprimere un dissenso. Occorre esprimere un'opposizione, che e' un'altra cosa. Il dissenso e' l'azione testimoniale di una minoranza che si sente impotente a rovesciare rapporti di forza iniqui. Una opposizione quelle ingiustizie e quei crimini vuole e quindi sa e quindi puo' e quindi deve contrastare e sconfiggere. La nostra opposizione alla guerra vuole, sa, puo' e deve impedire la guerra. * E' una stupidaggine continuare a vomitare slogan deliranti e sciagurati come il famigerato "siamo tutti sovversivi". Sovversivi sono i fascisti. Noi vogliamo il rispetto del diritto e della democrazia; noi vogliamo il rispetto della Costituzione italiana che ripudia la guerra; noi vogliamo il rispetto della carta dell'Onu che si oppone alla guerra; noi vogliamo il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani sanciti nella dichiarazione universale del '48. Sovversivi sono i fascisti, anche e soprattutto quando sono al governo. * E' una stupidaggine lo slogan "non in nostro nome": poiche' esso implica la premessa implicita che la guerra sia ammissibile purche' fatta in nome altrui. Ed invece no: la guerra e' inammissibile sempre. * E' una stupidaggine dare per scontato che la guerra ci sara', poiche' proprio in questo e' la nostra complicita' con la guerra, nell'accettarla vigliaccamente come ineluttabile; quel che dobbiamo dire, ma possiamo dirlo solo se ne siamo convinti, e ne dobbiamo essere convinti, e' che la guerra non s'ha da fare. E ad impedirla la nostra azione deve essere intesa. * Chi vuol fare solo il testimone e' un complice degli assassini. Ed e' complice degli assassini anche chi non si prende cura delle parole che pronuncia, chi dice cio' che non pensa come chi cio' che pensa non dice. 3. INIZIATIVE. VIVIANA VIVARELLI: UN NUOVO APPELLO DELLA GLOBAL MARCH PER I DIRITTI DEI BAMBINI [Ringraziamo Viviana Vivarelli (per contatti: tel. 051704728, e-mail: viviana_v at libero.it) per questo intervento. Viviana Vivarelli, insegnante, costruttrice di pace, amica della nonviolenza, e' particolarmente impegnata nell'iniziativa delle "bandiere di pace" contro la guerra] Cinque anni dopo aver lanciato a Manila nelle Filippine una crociata contro lo sfruttamento del lavoro infantile, la Global March against Child Labour, di cui Mani Tese e' il coordinatore europeo, celebra oggi il suo quinto anniversario con un appello alla comunita' internazionale per un'azione urgente. * Durante gli ultimi cinque anni il problema dello sfruttamento del lavoro infantile e la necessita' di istruzione universale gratuita e di qualita' sono diventati temi principali sull'agenda internazionale. Decenni di violazione dei diritti fondamentali dell'infanzia hanno portato alla consapevolezza che nessuna societa' puo' dirsi civile se i propri bambini sono sfruttati. Attraverso la Global March, i bambini sfruttati in prima persona hanno appassionatamente sostenuto che tutti i bambini dovrebbero studiare in scuole di qualita' e non essere mandati a lavorare. L'Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che ancora oggi 246 milioni di bambini sono sfruttati: tre quarti di questi sono coinvolti nelle forme peggiori. Kailash Satyarthi, segretario internazionale della Global March, si e' rivolto alla comunita' internazionale perche' da questa crisi nasca un impegno piu' forte: "Come possiamo stare comodamente seduti nelle nostre case e nei nostri uffici mentre la vita e lo spirito di milioni di bambini spariscono davanti ai nostri stessi occhi? Bisogna agire ora". Il dramma dello sfruttamento del lavoro infantile non risparmia l'Europa. Secondo i recenti dati dell'Istat sui 144.000 bambini economicamente attivi in Italia ben 31.500 sono da considerarsi sfruttati. In occasione dell'anniversario della Global March, il 17 gennaio 2003, la Global March Europa ha organizzato una conferenza in Portogallo, proprio sullo sfruttamento del lavoro infantile in Europa. Nel suo messaggio di sostegno alla Global March, il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan si e' appellato alla comunita' internazionale affinche' l'eliminazione dello sfruttamento del lavoro infantile diventi una priorita' comune: "Poche violazioni di diritti umani sono cosi' largamente condannate, e allo stesso tempo cosi' ampiamente praticate", ha osservato. "La grande sfida, come sempre, sta nell'applicazione delle buone intenzioni. La Global March Against Child Labour ci incoraggia ad affrontare questa sfida. Facciamo che essa diventi una priorita'. Perche' un bambino in pericolo e' un bambino che non puo' aspettare". 4. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN FATTO DI CRONACA [Ringraziamo Amelia Alberti (per contatti: lambient at tiscalinet.it) per questo intervento. Amelia Alberti e' presidente del circolo verbano di Legambiente e collaboratrice del nostro foglio] Un fatto di cronaca. Un uomo afferra un pesante ciocco di legno e si avventa contro una donna, la madre dei suoi nipotini, che si abbatte al suolo in un lago di sangue e che a stento sopravvivera' alla violenza subita. La colpa della donna: quella di aver deciso, insieme con il marito, di interrompere la loro vicenda coniugale. Decisione dolorosa e sofferta, mai facile, che coinvolge storie personali e famigliari, impostazioni etiche e tradizioni. E che troppo spesso si risolve in tragedia: il marito (o il suocero, in surroga) puniscono con la morte la donna che non mantiene fede al suo ruolo. Talvolta, come nel caso di cronaca citato, la tragedia si ferma un passo prima della morte, e allora i medici legali trovano la sfrontatezza di affermare che l'uomo non aveva seriamente intenzione di uccidere, ma soltanto di sfogare i suoi istinti di violenza e di sopraffazione, brandendo un grosso ciocco e avventandosi contro una donna inerme. Come se fosse una colpa minore, come se l'ombra di suo fratello Abele non potesse, in questo caso, inseguirlo fino agli inferi. 5. INIZIATIVE. PAOLO MICHELOTTO: SCRIVERE LETTERE AI GIORNALI CONTRO LA GUERRA [Da Paolo Michelotto (per contatti: info at verademocrazia.it) riceviamo e diffondiamo. I limiti di questo genere di iniziative sono noti, ma crediamo che sia comunque utile fare anche questo.Paolo Michelotto e' impegnato per la pace e i diritti, ha avuto un ruolo trainante nella mobilitazione pacifista a Vicenza in questo periodo] Il pressing con e-mail funziona. Alcuni giorni fa avevo diffuso una e-mail in cui chiedevo a tutti quelli che erano contro la guerra di esprimerlo inviando il loro pensiero a tutta una lista di e-mail che raggruppava giornali, settimanali, mensili, tv, capo del governo, ministri, politici, etc.; lista che avevo ricavato stando su internet un paio d'ore. Beh, ha funzionato. Oggi il "Giornale di Vicenza" ha pubblicato su questo un articolo (di Gian Marco Mancassola, La voglia di pace sfila via e-mail, "Il giornale di Vicenza" del 22 gennaio 2003). Qui sotto ricopio l'e-mail su come fare pressione via e-mail, e chi non l'ha ancora fatto, lo faccia adesso. Facciamo sentire la nostra voce... Questo e' il momento di fare sapere a tutti gli organi di stampa e di governo che noi siamo contrari alla guerra... fatelo subito... se aspettiamo potrebbe essere troppo tardi... E segnatevi sul calendario che il 15 febbraio ci sono manifestazioni in tutta Italia, Europa e in tutto il mondo contemporaneamente per la pace * No alla guerra: qualcosa che anche tu puoi fare Se vuoi davvero fare qualcosa contro la guerra, questo e' un metodo che ti costa solo cinque minuti del tuo tempo e che funziona. 1. non sottovalutare le cose semplici. 2. crea una e-mail nuova con scritto "non voglio la guerra" o simile nell'oggetto, nel testo spiega le tue motivazioni e spedisci agli indirizzi di giornali, settimanali, mensili, tv, capo di governo, politici, etc. 3. se puoi ripeti il punto 2 quanto piu' spesso possibile, anche piu' volte al giorno. Finche' saremo cosi' tanti che lassu' ci ascolteranno e cambieranno idea. 4. inoltra questa e-mail a tutti gli indirizzi e-mail che hai. Quando i mass media e i governanti riceveranno migliaia o milioni di e-mail da parte nostra, forse si renderanno conto che noi non vogliamo la guerra. A ciascuno costa pochi minuti, ma se lo facciamo tutti insieme... 6. APPELLI. ANCORA UNO SFORZO IN DIFESA DELLA LEGGE 185/90 [Dall'ufficio stampa del nodo di Roma della Rete di Lilliput (e-mail: stampa_lilliput_roma at yahoo.it) riceviamo e diffondiamo questo appello del coordinamento della campagna "Fermiamo i mercanti di armi - In difesa della legge 185/90". La posizione di chi redige questo notiziario e' ovviamente integralmente antimilitarista e disarmista, e quindi la sola difesa della legge 185/90 ci sembra insufficiente: ma naturalmente dinanzi alla prospettiva di una ulteriore deregulation a vantaggio dei mercanti di morte e degli assassini in doppiopetto e in divisa, invitiamo tutti ad aderire alla campagna in difesa della legge 185/90] Care tutte e cari tutti, ancora una volta ci appelliamo a voi per un aiuto in difesa della legge 185/90 sul controllo degli armamenti. L'iter del provvedimento che potrebbe stravolgerla (ddl 1547 al Senato) sta infatti volgendo al termine: la discussione in aula nel secondo ramo del Parlamento e' programmata per il 28 Gennaio. Ormai la nostra Campagna sta quasi per compiere un anno, e gia' questo e' un grandissimo risultato se si considera che le intenzioni iniziali erano quelle di liquidare il provvedimento in pochi giorni. Tutto questo e' stato possibile soprattutto grazie ai notevoli sforzi che gruppi, singoli, associazioni hanno condotto in questi mesi per dimostrare come una larga fetta della cittadinanza italiana non si voglia arrendere ad una deregolamentazione selvaggia del commercio degli armamenti. Ed e' quindi a voi che chiediamo di mettere in gioco le ultime energie per la stretta finale decisiva, invitandovi a fare ancora una volta pressione sui senatori dei vostri collegi e a sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, purtroppo trascurato dai media. Come fare? Per prima cosa continuando a diffondere la petizione on line diretta ai senatori ed attiva da tempo sul sito www.retelilliput.org: i testi delle lettere sono stati aggiornati con gli ultimi sviluppi e percio' anche chi ha gia' sottoscritto l'appello puo' effettuare di nuovo l'invio. Inoltre, si sta organizzando una conferenza stampa nazionale per il 27 gennaio in cui verranno illustrate alcune azioni di sit-in che si stanno predisponendo per il 28 (giorno della votazione) davanti a Palazzo Madama. L'invito che facciamo e' quindi quello di partecipare numerosi (per chi si trova in zona) all'azione di Roma oppure ad organizzare iniziative analoghe (conferenza stampa il 27 con mobilitazioni il 28) nei vari territori locali, dimostrando cosi' in tutta Italia quanto sia alta la volonta' di difendere una legislazione avanzata ed importante come la legge 185/90. Grazie ancora, sperando di avere successo e di inaugurare cosi' un 2003 di pace. Il Coordinamento della Campagna "Fermiamo i mercanti di armi - In difesa della legge 185/90". 7. LUTTI. LUCIANA CASTELLINA RICORDA ANNAMARIA RODARI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 gennaio 2003. Luciana Castellina, militante politica, promotrice dell'esperienza del "Manifesto", piu' volte parlamentare italiana ed europea, e' tra le figure piu' significative dell'impegno pacifista in Europa. Ovviamente la gran parte degli scritti di Luciana Castellina, testi di intervento politico e di giornalismo militante, e' dispersa in giornali e riviste, atti di convegni, dibattiti parlamentari; in volume segnaliamo Che c'e' in Amerika?, Bertani, Verona] Dei comunisti Annamaria Rodari aveva la qualita' primaria, senza di cui nemmeno ci si pone il problema di essere tale: era ribelle. In politica e nella vita, che poi sono state per tanti versi tutt'uno, sicche' e' impossibile concepirla senza la passione immessa nella battaglia per il partito, dentro il partito, anche contro il partito quando l'ha ritenuto, lei e, sia pure in forme diverse tanti di noi, necessario. Era per questo che ragazzina, trovando il filo che l'ha portata alla Resistenza nella facolta' di filosofia di Antonio Banfi, era diventata staffetta partigiana: perche' quella era stata la prima occasione per contrapporsi allo stato delle cose, per cercare di cambiare il mondo. Poi il Pci, naturalmente. Era di quelle, Annamaria, che come molti, hanno continuato a dire "il partito", con questo riferendosi ad una entita' che era pur sempre il Pci, sebbene ormai morto, ma che sopravviveva dentro il cuore e la testa, quale che fosse la formazione cui via via aveva aderito. Per nostalgia, forse, ma anche perche' il Pci - al quale si era iscritta nel 1945 - era stato e restava la fonte dei valori, il codice morale, l'indicazione della pratica di vita. L'estremo saluto Annamaria Rodari lo ricevera' oggi nella sua citta', Milano, nella sede dei Comunisti italiani, il partito cui era approdata dopo l'ultima lacerazione di Rifondazione comunista. Non per ortodossia, che' tutto meno che questo e' stata, ma perche' quella le era a un certo punto sembrata una scelta ordinata nel gran disordine della sinistra italiana. All'inizio degli anni Settanta era diventata femminista fra le prime del nuovo movimento, naturalmente e anzi tra le fondatrici del milanese Circolo della Rosa, una storia importante. Ed era stata anche direttrice di "Fluttuaria: segni di autonomia nell'esperienza delle donne", prima mensile e poi bimestrale uscito dal 1987 fino al 1994. Sempre, fin da giovanissima e poi fino all'ultimo, Annamaria e' stata giornalista. Bravissima, perche' curiosa e coraggiosa e duttile: i suoi giornali non sono stati solo quelli dei partiti ma anche le piu' bizzarre pubblicazioni. Aveva cominciato con "l'Unita'", appena finita la guerra, aveva diretto "Abc" e il settimanale "Il tempo", e anche Teleradio Milano 2, la prima televisione libera di area comunista. Era poi stata a lungo a "Paese sera" e, all'inizio degli anni Novanta, aveva messo su' con entusiasmo la redazione milanese di "Liberazione" e adesso collaborava a "Rinascita". Era allegra, vitale, ironica, spiritosa Annamaria. Qualita' essenziali per una buona comunista. A piangerla noi del "Manifesto" saremo in molti. 8. LUTTI. VALENTINO PARLATO RICORDA ANNAMARIA RODARI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 gennaio 2003. Valentino Parlato e' un prestigioso intellettuale della sinistra critica, tra i fondatori del "Manifesto" su cui scrive tuttora; all'acutezza analitica ed al rigore morale e intellettuale unisce la virtu' della sobrieta' e della civilta', pregio cosi' raro anche tra le persone migliori] Era da alcuni anni che non incontravo Annamaria. Si invecchia in crescente solitudine, ma il suo ricordo, la sua immagine e' vivissima nella mia memoria: i suoi occhi, il suo profilo, annuente (ti ascoltava) e polemico (replicava). Il suo viso era la sua persona e anche la sua storia. Dire che cosa ha fatto Annamaria e' impossibile. E' piu' facile dire le poche cose, pessime, che non ha fatto, anche se ha fatto scelte che non condivido. E' stata, credo, la persona piu' disinteressata e interessata che io abbia conosciuto. Non ha mai pensato alla sua persona in verso egoistico, ma sempre alla sua persona come soggetto attivo di una causa piu' vasta, di una curiosita', di un bisogno di conoscere. Siamo stati per qualche giorno insieme in Puglia, nel 1964 credo. Per un'inchiesta giornalistica, non ricordo per quale giornale di sinistra, riusci' a sapere tutto di una fabbrica di abbigliamento di Putignano, credo producesse abiti da sposa. E poi la sera, a Bari (abitavo nella casa di Alfredo Reichlin e anche lei fu ospite) si discuteva e polemizzava e lei ci imponeva di parlare dei fatti piu' che dei principi. Era decisamente di sinistra, rivoluzionaria oserei dire, ma del tutto impermeabile alle ideologie, anche se alcuni impazzimenti non le mancarono. Il marxismo andava bene, ma poi bisognava vedere come si incontrava con le cose e lei di cose ne aveva viste tante, buone e cattive, spesso amare. Dopo l'incontro barese ci siamo visti nella sua casa di Milano, quando viveva con Michelangelo Notarianni, l'uomo che forse piu' di tutti ha capito e amato Annamaria. E c'era il piccolo Masolino che sgambettava per casa. La separazione con Michelangelo non suscito' clamori (era contro lo stile di entrambi) ma credo di aver capito che sia stata pesante per entrambi: un'altra storia, come tante precedenti, personali e politiche, che andava male. Le stagioni non erano propizie. Michelangelo se ne e' andato da qualche anno, ora se ne e' andata anche Annamaria. Avanza il regno della solitudine. Certo ci sono i giovani, ci sono i figli, ma quelli che si intendevano con una frase o un cenno siamo diminuiti. Ai figli di Annamaria, Susanna e Maso, un grande abbraccio dalle compagne e dai compagni del "Manifesto". 9. RIFLESSIONE. FEDERICA GIARDINI: UNA LETTURA GENEALOGICA DEL BISOGNO DI FORMA [Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo questo intervento pronunciato da Federica Giardini in occasione del decimo simposio dell'Associazione internazionale delle filosofe, svoltosi a Barcellona, dal 2 al 5 ottobre 2002. Federica Giardini e' una prestigiosa intellettuale femminista, docente universitaria e saggista] Per tratteggiare una diversa definizione sessuata di "liberta'" adotto quel che chiamo un approccio posizionale e topologico. Il primo passo consiste nel prendere in considerazione un concetto apparentemente opposto a quello di liberta', la "norma" cioe', cosi' come e' stato elaborato nello specifico campo della cosiddetta "filosofia politica normativa". * Ho avuto a che fare con questo tipo di filosofia durante una difficile relazione professionale con un'altra donna. Nel modo molto intenso con cui sosteneva le sue idee ho riconosciuto un bisogno elementare degli esseri umani. Ma, partendo dalla constatazione che gli esseri umani sono sessuati, i loro bisogni vanno espressi in modi diversi. Per delineare la posta in gioco nei suoi singoli elementi, ho dunque disegnato una genealogia topologica dei modi in cui la tradizione filosofica ha espresso questo bisogno e una genealogia femminile, cosi' com'e' diventata visibile dopo il taglio femminista degli anni Settanta. Questo taglio ricolloca la mia posizione e i modi di pensarla e cosi' posso dare un nuovo significato alla parola liberta'. * Nel dipartimento di filosofia, dove lavoro in particolare sulla filosofia politica, ho avuto occasione di incontrare una donna della mia eta'. La relazione con lei e' stata molto intensa e difficile. E' una femminista accademica - come oggi una donna puo' esserlo, come una questione di punti di vista e argomenti - e la sua posizione era decisamente diversa dalla mia. Tuttavia il modo cosi' intenso in cui si esprimeva non mi ha permesso di ignorare le sue asserzioni. E' una rawlsiana - John Rawls e la sua Una teoria della giustizia - e femminista. E' dunque un'esponente del "pensiero normativo" e in effetti il normativo era la sua ossessione. Nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme, e' stato per me assolutamente impossibile rispondere alla sua richieste: che il pensiero delle donne dovesse farsi una teoria sistematica con chiare assunzioni ontologiche, in grado di fornire principi, norme e regole da seguire nell'azione pubblica e politica. Era per me impossibile pensare a desiderio, pensiero e politica a partire dal suo approccio razionalista che negava quanto avevo imparato dalle autrici di un pensiero della differenza sessuale - Irigaray, Lonzi, Muraro e le donne di Diotima. Nonostante questo ero toccata dalla sua urgenza, avevo la netta impressione che era tutta in quel che diceva, radicata nella sua posizione, con quella forza perturbante che il desiderio puo' esercitare su di se' e sugli altri. E questo non potevo ignorarlo. * La relazione di lavoro con lei e' presto finita, ma quell'impressione e' rimasta. La mia resistenza era diretta alle parole e al quadro teorico che usava ma non al bisogno che esprimevano. Da allora ho intuito che il bisogno in gioco era un bisogno di ordine, di forma - un bisogno che segna gli esseri umani sin dalla loro nascita, penso in particolare a quel corpo in frammenti (il corps morcele' di Lacan) che ha bisogno del corpo dell'altra, della sua immagine e forma, per acquistare la coordinazione dei movimenti e un primo senso di se'. Un bisogno elementare dunque, la cui violenza e intensita' mi costringeva a prenderlo sul serio, sebbene in quella donna lo trovassi letteralmente mal posto. * Il giudizio negativo, o meglio, il fatto che non potessi accettare il modo in cui quella donna dava forma a quel bisogno, deriva dalla mia posizione politica e filosofica che e' costituita nella relazione con le autrici del pensiero delle differenza sessuale, in particolare Luce Irigaray e la comunita' filosofica di Diotima. Questo pensiero, non solo nelle parole ma anche e soprattutto nelle sue pratiche politiche, rivela che il pensiero e' sessuato e che, fino agli anni Settanta e all'evento femminista che li ha segnati, la tradizione filosofica si e' conformata sui bisogni del corpo sessuato maschile. In altre parole, l'ordine simbolico era patriarcale, fallologocentrico, e cosi' via. Ma da allora sappiamo che l'essere umano e' strutturato dalla differenza sessuale, sebbene cio' non significhi che l'umanita' e' costituita da due identita' separate. Piuttosto pensare l'essere umano e' una questione di conflitto, e' il campo di battaglia per una libera significazione della differenza sessuale (Diotima, Oltre l'uguaglianza). * Eccomi allora a contendere per una libera significazione del bisogno di forma e di ordine. Nella tradizione occidentale si trovano molte nozioni connesse a questo. Propongo allora di applicare un approccio topologico alla nozione di forma, approccio che consiste innanzitutto nello scomporre le questioni in singoli elementi, per poi ricombinarli secondo nessi che si attaglino meglio a quel che richiede l'esperienza di una donna. All'inizio la forma era l'essenza di un corpo, forma e materia erano strettamente connesse, sebbene la prima godesse di una priorita' ontologica e teoretica. Penso qui alle tesi di Aristotele, secondo le quali la forma ordina la materia ma anche il pensiero. Le forme, in quanto schemi, sono infatti "i diversi movimento del pensiero attraverso i quali raggiungere conclusioni sillogistiche". Cosi' la forma riguarda l'ontologia e la teoria. Successivamente la forma diventa la "ratio" individuale di un corpo, cio' che ne fonda l'individualita'. Con Kant si ha poi l'esempio per eccellenza di una teoria della forma. Spazio e tempo, categorie e idee sono forma del molteplice, sono principi di unificazione. Questa teoria si applica non solo alla conoscenza ma anche all'azione, all'ambito etico. Il formalismo indica cosi' un insieme di regole che guidano il comportamento morale - oggi un aggiornamento delle tesi kantiane si ritrova, in ambito politico e giuridico, sotto il nome di "proceduralismo". Infine la nozione di forma e' connessa a quella di ordine quando viene concepita come serie di relazioni che connettono le singole parti di un tutto, di un sistema. Questo puo' essere considerato una radicalizzazione del formalismo kantiano in quanto le condizioni di un ordine sono date dalla coerenza interna di un sistema a prescindere dal suo riferimento alla realta'. * Ho dato in breve alcuni elementi che ricorrono nelle tradizionali concezioni della forma - nelle loro connessioni con il corpo, l'azione, la relazione e l'ordine - da una posizione del tutto concreta e materiale, cioe' a partire dal corpo sessuato che sono, che fa esperienza e la nomina nella sua dimensione storica. Questa posizione si delinea a partire dall'evento femminista degli anni Settanta. Penso a quell'insieme di lotte e pensieri che hanno compiuto un taglio nella tradizione del pensiero occidentale, sospendendo la validita' che pretendeva di avere anche per le esperienze di una donna. Rispetto alla tradizione maschile che riguarda il bisogno elementare di forma vedo agire un doppio taglio e sospensione. Questa duplicita' e' insieme problematica e promettente. Da una parte, infatti, si trova il rifiuto radicale della forma nel suo nesso con l'ordine quale sistema coerente e autosufficiente. Le autrici della differenza sessuale ne danno molti esempi. Carla Lonzi, con il suo "sputare su Hegel" e sugli "autori sistematici" che con le loro teorie escludono, o meglio, collocano in posizione fissa l'esperienza di una donna, rifiuta di dare priorita' alla riflessione teorica e crea dei modi di pensiero che poggiano sulla nominazione di cio' che accade tra donne (Sputiamo su Hegel). Sul versante del corpo, Luce Irigaray esprime la resistenza femminile alle forme rigidamente prefissate attraverso la figura di un "volume senza contorno". Sul versante del pensiero si trova il suo rifiuto di una teoria sulla donna perche' "la teoria e' da sempre appropriata al maschile" (Speculum). E Luisa Muraro invita a pensare in modo metonimico, poiche' l'ordine metaforico del discorso consiste in una coerenza interna e autoreferenziale che rende irrilevante l'esperienza (Maglia o uncinetto). D'altra parte, la stessa Irigaray auspica una "morfologica" appropriata al corpo di una donna. Il disordine isterico, la sua sofferenza confinata al fisico e al corporeo, e' dovuta alla mancanza di un linguaggio appropriato al desiderio femminile, alla mancanza di un ordine simbolico sessuato. Inoltre respinge l'idea di un avvicendarsi di caos e ordine, quando considera la relazione tra la madre e il feto come una relazione "stranamente ordinata". E ancora, "ordine simbolico della madre" e' il nome inventato da Luisa Muraro per dare spazio alle relazioni tra donne nel linguaggio, nella societa', nella politica. Infine, Diana Sartori vede nel formalismo kantiano l'appropriazione maschile dell'ordine e della misura che si danno nella relazione con la madre (Diotima, Oltre l'uguaglianza). * Cosi', corpo, forma, ordine, sono di nuovo in gioco, ma secondo nessi differenti. Ora, se la mia posizione, come so, e' fatta da e a partire dal taglio agito dalle autrici del pensiero della differenza sessuale, non posso significare la mia esperienza, e in particolare quella del bisogno di forma, secondo la tradizionale opposizione tra corpo e forma, tra ordine e realta'. Ma, data la dimensione storica dell'esperienza, non posso nemmeno concordare letteralmente con l'istanza femminista che, anche se nel senso di una valorizzazione, pone il femminile dalla parte della materia, dell'assenza di confini e di ordine, o di un pensiero che rifiuta un'organizzazione teoretica. Se guardo alla mia esperienza, posso ancora constatare l'urgenza del bisogno di forma nei corpi di donna e nelle posizioni che assumono, come un bisogno che ancora e di nuovo manca di una dimensione simbolica, che manca cioe' delle forme che tramutano un bisogno in desiderio che circola nel mondo, che viene scambiato e politicamente agito. Di questa mancanza ho presente due esempi: da una parte, l'anoressica e la bulimica, una coppia che molte psicoanaliste considerano una trasformazione storica del sintomo isterico (Molfino). In queste posizioni vedo al lavoro il controllo del corpo come un modo per esprimere il bisogno di confini contro l'indifferenziato, con una chiusura per l'anoressica, con l'espulsione dell'esterno invasivo per la bulimica. Dall'altra, nelle societa' occidentali sempre piu' donne supportano, quando non sopravvalutano, e aspirano a ruoli e regole che non hanno creato loro stesse, in particolare nella loro partecipazione alle istituzioni della vita pubblica. Talora questo le rende persino meno creative e critiche degli uomini, dato che alcuni di questi sono consapevoli della crisi politica e istituzionale cui sta incorrendo la loro tradizione. In questo caso il bisogno di forma e' indirizzato e collocato in un ordine sociale che non tiene conto della sessuazione dei corpi e dell'essere umano. * Cosi' il bisogno di forma non e' estraneo al corpo di una donna, al suo agire politico. Ma l'opposizione tra materia e forma, ordine e caos del molteplice, non offre delle configurazioni appropriate a rendere conto dell'esperienza. Arrivo cosi' alla questione della liberta' e della sua riconfigurazione. L'ordine, come si e' visto, puo' stare in una relazione di contiguita' con il corpo, con la realta' dell'azione, senza diventare norma o principio trascendente. Quanto alle forme del pensiero, ci puo' essere un modo per mantenere un radicamento nell'esperienza senza rinunciare alla formalizzazione. Quanto alla politica, un "ordine puo' fondare la liberta'", per dirlo con le parole di Hannah Arendt. Che tipo di ordine e' questo? Penso che la liberta' - nelle riconfigurazioni rese possibili dal taglio femminista - sia concepibile come invenzione di nuovi nomi e forme per l'esperienza concreta. Esperienze senza nomi rimangono invisibili e politicamente inefficaci, nomi, organizzati dalle sole connessioni formali e non dalla relazione con cio' che viene esperito e praticato, diventano insignificanti per il desiderio di un'altra donna. Dalla posizione che e' la mia - che ricombina elementi della tradizione e della genealogia femminile - propongo di pensare alla liberta' come liberta' di esprimere forme, di creare un differente ordine di connessioni, a partire dai bisogni dei corpi sessuati e dalla loro struttura relazionale. Ne' indipendenza, ne' autonomia, ne' introiezione nell'intimo di principi razionali, la liberta' sarebbe, di questi tempi, un'immaginazione corporea, la ricreazione di forme per la realta' e il pensiero (Giardini). * Riferimenti - Arendt, Hannah, Cos'e' l'autorita'? In Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991. - Arendt, Hannah, Cos'e' la liberta'? In Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1991. - Aristotele, Metafisica. - Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, La tartaruga, Milano 1987. - Diotima, La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 2001. - Diotima, Approfittare dell'assenza, Liguori, Napoli 2002. - Giardini, Federica, Speculum of Being Two. Theory and Politics After All These Years, "Theory, Culture and Society", in stampa. - Guillaume, Paul, Psychologie de la forme, Flammarion, Paris 1937. - Irigaray, Luce, Speculum, Feltrinelli, Milano 1975. - Irigaray, Luce, Etica della differenza sessuale, Feltrinelli, Milano 1985. - Kant, Immanuel, Critica della ragion pura. - Lacan, Jacques, Scritti, Einaudi, Torino 1966. - Lonzi, Carla, Manifesto di Rivolta femminile, Rivolta Femminile, Milano 1974. - Molfino, Francesca, Zanardi Claudia, Sintomi corpo femminilita'. Dall'isteria alla bulimia, Clueb, Bologna 1999. - Muraro, Luisa, Maglia o uncinetto. Sull'eterna inimicizia tra metafora e metonimia, manifestolibri, Roma 2001. - Muraro, Luisa, L'ordine simbolico della madre, Editori Riuniti, Roma 1991. 10. SEGNALAZIONI. RALPH NADER RECENSISCE IL RAPPORTO "THE PENTAGON CONNECTION" DI SEYMOUR MELMAN [Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 gennaio 2003, che cosi' presenta questo intervento: "Questa recensione autorevole dell'altrettanto autorevole rapporto di Melman 'The Pentagon Connection' e' apparsa sul sito progressista-pacifista http://commondreams.org/". Ralph Nader e' da decenni un celebre militante per i diritti civili, avvocato e scrittore americano, promotore del movimento per i diritti dei consumatori, fondatore di "Public Citizen" una delle piu' importanti organizzazioni ambientaliste e di difesa dei consumatori americani] Per piu' di mezzo secolo Seymour Melman, rispettabile professore (adesso emerito) di ingegneria industria della Columbia University ha fatto ricerche, scritto e discusso sull'enorme eccesso di spesa del settore militare del bilancio pubblico e di come questo spreco stia deindustrializzando l'America, facendo perdere milioni di posti di lavoro e affamando gli investimenti in opere pubbliche - vale a dire, la spesa per la manutenzione del capitale fisico. Recentemente Melman ha preparato un memoriale intitolato "The Pentagon Connection" nel quale fa una relazione dettagliata sui sistemi di armamento ridondanti e costosissimi - come la nuova generazione di aerei da combattimento, missili, sottomarini e portaerei - e sul rapporto costi-benefici, cosi' avverso ai bisogni interni del nostro paese. Ricordiamoci che da un pezzo gli Stati Uniti non hanno piu' un grande e importante nemico che giustifichi enormi budget militari. Sia la Russia che la Cina si stanno convertendo verso un modello di stato oligarco-capitalista e l'Unione sovietica non c'e' piu'. Per cominciare, il professor Melman cita il rapporto sulle infrastrutture americane prodotto dall'American society of civil engineers (asce.org/reportcard). La cifra stimata per la riparazione di dodici categorie di opere pubbliche (dalle scuole agli acquedotti, fognature, aeroporti, transiti pubblici, ponti e strade) supera i 1.300 miliardi di dollari. L'associazione degli ingegneri ha detto quel che chiunque puo' osservare: grandi bisogni che derivano da grande decadenza e sfacelo. Aggiungendo i 618 miliardi che servono per abitazioni e ferrovie, si arriva a 2.000 miliardi di dollari, nota Melman. E aggiunge, dall'alto della sua leggendaria conoscenza del sistema industriale statunitense: "Tutte le industrie manufatturiere i cui prodotti servirebbero per riparare e modernizzare le infrastrutture americane sono tenute fuori dai piani militari del governo". E dalle sue spese. L'economia militare prosciuga quella civile e questo trend e' stato accelerato da quello che Melman chiama un "gigantesco cambiamento" dell'economia americana: "Questa deindustrializzazione si e' verificata cosi' rapidamente da minare alla base la stessa capacita' dell'America di produrre qualcosa. Per esempio, lo scorso anno il governo di New York City ha annunciato un programma per l'acquisto di una nuova flotta di treni metropolitani. Sebbene il contratto valesse 3-4 miliardi di dollari, non ha risposto neanche un'azienda americana. Di 100 prodotti offerti sul catalogo L. L. Bean di quest'autunno, 92 sono importati e solo 8 sono made in Usa". E ancora: "La chiusura degli impianti negli Stati Uniti non solo ha lasciato milioni di persone senza lavoro, ma ha anche diminuito la capacita' produttiva richiesta agli Stati Uniti per tener in funzione le infrastrutture". Melman non lo scrive in questo memorandum, ma i suoi precedenti studi hanno dimostrato che un milione di dollari in investimenti civili crea piu' lavoro che un milione di dollari in sistemi di armamenti militari. Gli stati e le citta' riportano deficit sempre piu' profondi. Quest'anno gli stati saranno in rosso per 60 miliardi di dollari. Salgono tasse e tariffe. Si tagliano beni necessari - spese per scuole, biblioteche, sedi di pompieri e polizia, distretti sanitari, welfare per l'infanzia, salute e servizi per gli anziani, sottolinea Melman. Ma ci sono centinaia di miliardi di dollari spesi per armamenti dell'era sovietica, indirizzati dalle corporation degli armamenti e dalla loro campagna in denaro sonante presso i membri del Congresso che decidono dei soldi delle nostre tasse. 11. APPELLI. AMNESTY INTERNATIONAL, ICS E MEDICI SENZA FRONTIERE: DOPO SANTA MARIA DI LEUCA [Riceviamo e volentieri diffondiamo questo appello. Per ulteriori informazioni: press at amnesty.it] Amnesty International, Consorzio Italiano di Solidarieta' (Ics) e Medici Senza Frontiere (Msf), promotori della campagna "Diritto di asilo: una questione di civilta'', esprimono forte preoccupazione dopo la tragedia di Santa Maria di Leuca dello scorso 18 gennaio, costata la vita a sei immigrati curdi di cittadinanza prevalentemente turca e, presumibilmente, ad altri 23 loro compagni di viaggio, considerati dispersi in mare dalle autorita' italiane. "Quelle di Santa Maria di Leuca sono solo, in ordine cronologico, le ennesime vittime di una tragedia che, tra il 1993 e il 2002, e' costata la vita nel Mar Mediterraneo a piu' di 3.000 esseri umani. Un numero di morti spaventoso, che fa del Mediterraneo un mare solido, quasi calpestabile, a causa del numero crescente delle vittime dei naufragi", ha detto Nicoletta Dentico, direttore generale di Msf Italia. La decisione del governo italiano, in assenza di appositi accordi di collaborazione con Libia e Turchia, di stanziare 260 milioni di euro nel corso del 2003 per contrastare l'immigrazione clandestina attraverso l'adozione di tecnologie piu' incisive, non fara' altro che rendere il Mediterraneo un mare ancora piu' pericoloso e mortale. Un numero crescente di disperati - non solo migranti economici ma, sempre piu' spesso, bambini, donne e uomini in fuga dalla guerra - popola ormai il Mediterraneo, scegliendo proprio i giorni in cui si annuncia mare grosso per mettere in acqua le loro spesso improvvisate imbarcazioni, nella speranza, in virtu' delle avverse condizioni meteorologiche, di poter cogliere di sorpresa la guardia costiera e di sfuggire ai radar. Le vittime di Santa Maria di Leuca, come i 37 morti di Agrigento del 15 settembre 2002, gli 11 di Scoglitti della settimana successiva, ma anche i 44 di Tripoli della notte tra il primo e il 2 dicembre 2002 ed i 18 di Tangeri dei giorni scorsi dimostrano sempre piu' la tendenza dei migranti a prendere il mare di notte ed in condizioni di assoluta insicurezza meteorologica, con le conseguenza tragiche ormai davanti agli occhi di tutti. Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere chiedono che agli stanziamenti del governo per le misure di deterrenza seguano stanziamenti ed interventi per ammodernare e rendere umane le misure di accoglienza degli immigrati, ed in particolare dei richiedenti asilo. Chiedono, inoltre, che il governo italiano si impegni a riconoscere lo stato di grave pericolo personale che spinge molti migranti a prendere le vie del mare, per sfuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione personale. E' il caso dei richiedenti asilo liberiani e sierraleonesi. Ancor di piu', con il rischio di una guerra alle porte, e' il caso dei curdi di nazionalita' irachena che fuggono per sottrarsi alle persecuzioni del regime di Saddam Hussein ed ai bombardamenti dell'annunciata offensiva militare. Ma, come la tragedia di Santa Maria di Leuca dimostra, e' anche il caso dei curdi di nazionalita' turca che sfuggono alle violazioni dei diritti umani perpetrate dal governo di Ankara. Amnesty International, Ics e Medici Senza Frontiere chiedono al governo di farsi garante della protezione e della sicurezza dei migranti che si dirigono verso l'Italia alla ricerca di asilo, assicurando loro l'accesso agli strumenti garantiti dalla legge. Per ulteriori informazioni: Amnesty International, tel. 064490224; Ics, tel. 0685355081; Medici Senza Frontiere, tel. 0644869238. La campagna "Diritto di asilo: una questione di civilta'" ha il suo sito Internet ufficiale all'indirizzo www.dirittoasilo.it 12. RIVISTE. PRESENTAZIONE DI "DWF DONNAWOMANFEMME" [Dal sito www.storiadelledonne.it/dwf/ riprendiamo questa presentazione della storica rivista] "DWF donnawomanfemme" e' una rivista di produzione teorica e di ricerca che, dal 1975 ad oggi nella vecchia e nella nuova serie, costituisce un riferimento essenziale per chiunque si occupi del pensiero scientifico e politico, della cultura delle donne in Italia e nel mondo. E' trimestrale, e' edita dalla Cooperativa Utopia che e' proprietaria della testata e che provvede in proprio alla distribuzione per abbonamento e in libreria. Il gruppo redazionale e' composto da: Paola Bono, Patrizia Cacioli, Laura Fortini, Federica Giardini, Paola Masi. Ogni numero prevede: una parte centrale che sviluppa il ragionamento impostato nell'editoriale; la rubrica "sequenze" costituita da uno o piu' saggi che presentino caratteri di originalita' oppure da traduzioni importanti; la rubrica "legami magistrali" in cui una studiosa affermata presenta un saggio di una giovane ricercatrice; la rubrica di filosofia "themis" curata da Angela Putino e naturalmente recensioni e segnalazioni di libri e riviste. L'intenzione con cui la redazione di "DWF" contribuisce alla progettualita' di questo luogo politico polivalente - in collaborazione con la Libreria "Al tempo ritrovato" e naturalmente con il Centro studi e biblioteca Donnawomanfemme - e' di contribuire alla vita sociale e politica con dibattiti, seminari, discussione della rivista. Vogliamo in modo piu' visibile ed integrato costituire un punto di riferimento per chi segue e ama la produzione delle donne, la ricerca, l'approfondimento, la memoria e la storia dei movimenti politici: le caratteristiche proprie di ciascuna delle testate che consistono in questo luogo rappresentano altrettante possibilita' di utilizzazione di servizi diversi e interagenti. La rivista ha una diffusione nazionale; quindi, la troverete nelle principali librerie delle maggiori citta' italiane oltre che nelle Librerie delle donne. "DWF" e' pubblicata dalla editrice cooperativa Utopia, via dei Fienaroli 32, 00153 Roma, tel. e fax: 065880577; e-mail: dwfroma at tin.it 13. SITI. ELISABETTA MARANO: AGGIORNAMENTO DEL SITO DELLA LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO [Riportiamo la newsletter n. 1 del 2003 della Libreria delle donne di Milano (per contatti: e-mail: info at libreriadelledonne.it; sito: www.libreriadelledonne.it); i lettori del nostro notiziario sanno quanto apprezzabile sia questo sito, i cui materiali sovente riproponiamo] * Stanza movimento di movimenti: e' on line l'articolo di Stefano Ciccone. Stefano Ciccone da tempo e' in rapporto con alcuni uomini con i quali si confronta ìa partire da se'. Durante il Social forum di Firenze ha partecipato all'incontro "Donne e uomini, un conflitto necessario per un futuro comune"; nel suo contributo ci racconta come vorrebbe esprimere nel quotidiano il massimo di una conflittualita' che non vive di contrapposizioni, ma di relazioni, parole, e che significa liberta' tra donna e uomo. * Dalla Rassegna stampa del "Cosa c'e' di nuovo" segnaliamo due contributi: - Africa, va in scena il talento delle donne. Dialogo tra Odile Sankara, creatrice con altre dell'associazione "Talents de Femmes", e Luisa Muraro. Odile Sankara si dedica a "promuovere l'eccellenza" di altre donne, africane come lei, che sono artiste e artigiane di grande talento. Per questo organizza iniziative di donne sia in Africa che in Europa, ed intanto insegna loro ad osare e ad avere fiducia in quello che sanno. - Relazione di Nurit Peled-Elhanan all'incontro "Guerra e pace: esistere oltre il terrore". Nurit Peled-Elhanan e' insegnante, traduttrice, scrittrice, madre israeliana ed infine attivista per la pace tra Palestina e Israele, nonostante l'assassinio di una sua bambina durante un attentato terroristico. Considera le differenze una "benedizione", non un divario da livellare, e la sua voce di madre il modo migliore per ribadirlo forte e chiaro. * E' on line la Stanza del lavoro. Cliccate alla voce "Le nostre stanze" (nella home page del sito) e troverete un'altra nuova Stanza, che indicizza gli scritti prodotti da alcune donne che da tempo si interrogano sul senso della trasformazione del lavoro femminile. * La voce "Testi" ospita: - Il frutto della riflessione del Gruppo lavoro della Libreria delle donne, il numero 37 di "Via Dogana" interamente dedicato al tema. Per ogni articolo potrete leggere degli abstract che ne riassumono il contenuto. - Alla voce "L: lavoro di donne e uomini" un elenco ordinato dei testi apparsi dal 1991 al 2001 sulla rivista "Via Dogana". La Stanza propone spazi dedicati alla rassegna stampa, alle ricerche e documenti, alla segnalazione di eventi, e che saranno presto arricchiti dai materiali che anche voi potrete segnalarci. Cliccando su "Scriveteci" e' infatti possibile comunicare con chi ha realizzato la stanza. A presto. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto de ll'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 485 del 23 gennaio 2003
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