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La nonviolenza e' in cammino. 474
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 474
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 12 Jan 2003 04:05:49 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 474 del 12 gennaio 2003 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: un commento tecnico, e non solo, alla vicenda dell'azione civile promossa da un consulente della Nato contro Peacelink (con la proposta di una possibile via di soluzione soddisfacente per entrambe le parti) 2. Giulio Marcon, alcune iniziative pacifiste italiane 3. Nelly Martin, un bilancio della partecipazione della "Marcia mondiale delle donne" al Forum sociale europeo di Firenze 4. Amelia Alberti, un gesto dal Brasile 5. Laura Lanzillo presenta il nuovo libro di Diotima 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN COMMENTO TECNICO, E NON SOLO, ALLA VICENDA DELL'AZIONE CIVILE PROMOSSA DA UN CONSULENTE DELLA NATO CONTRO PEACELINK (CON LA PROPOSTA DI UNA POSSIBILE VIA DI SOLUZIONE SODDISFACENTE PER ENTRAMBE LE PARTI) L'azione civile promossa nei confronti della benemerita associazione pacifista Peacelink da un autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e consulente della Nato, costituisce un vero e proprio caso di studio, che per piu' motivi merita quindi una approfondita considerazione anche da un punto di vista tecnico-giuridico. Con le note seguenti vorremmo contribuire a fare chiarezza su alcuni aspetti della questione ed a proporre una possibile via di soluzione soddisfacente per entrambe le parti. * 1. Una premessa personale Se intervengo personalmente su tale materia (a suo tempo ho gia' espresso a Peacelink la solidarieta' mia e della struttura e del notiziario che dirigo; ho anche dato in via privata attraverso una prolungata conversazione telefonica personale alcuni suggerimenti al segretario dell'associazione, che e' un amico carissimo; ed ho gia' ospitato sul notiziario che firmo come direttore responsabile ampi stralci dell'appello da Peacelink promosso) e' perche' per piu' versi sento che la vicenda non solo e' di grande interesse pubblico ma fortemente e direttamente interpella anche me, e mi permetto di dire perche', cosicche' chi leggera' quanto segue sappia da quale pulpito viene la predica. a) Personalmente credo che la Nato sia una struttura che debba essere abolita, essendo la sua finalita' istituzionale la guerra, che dal mio punto di vista di amico della nonviolenza e' sempre un crimine, e il piu' grande dei crimini. Inoltre credo sia evidente a tutti che la Nato (e con essa i governi dei paesi che ne fanno parte) nel 1999 si e' resa responsabile di crimini di guerra e crimini contro l'umanita' con la realizzazione della guerra dei Balcani, una guerra immorale e illegale sia ai sensi della Carta delle Nazioni Unite sia ai sensi della Costituzione della Repubblica Italiana. Credo anche che sia a dir poco spiacevole che una autorevole personalita' dell'ambientalismo scientifico e della cultura universitaria abbia rapporti di collaborazione ovvero lavoro (che potrebbero definirsi tecnicamente come mercenari, nel senso di servizi per i quali e' da supporre venga percepita una mercede) con una struttura come la Nato che con la guerra citata ha provocato abominevoli stragi di esseri umani, tremende catastrofi ambientali, distruzioni che hanno devastato altresi' monumenti e istituti patrimonio della civilta' umana (come ad esempio quell'articolato complesso giuridico che sbrigativamente viene definito con la locuzione "diritto internazionale", e i diritti umani enunciati nella Dichiarazione universale del 1948). b) Ma naturalmente credo anche che ogni persona abbia diritto al massimo rispetto della sua dignita' da parte di tutti, e che giammai siano ammissibile l'uso della menzogna e dell'offesa. La menzogna e' sempre violazione della dignita' umana in quanto offende e umilia gli esseri umani in cio' che hanno di piu' proprio, cioe' la capacita' di capire. Sono stato vittima anni fa di un caso analogo a quello occorso alla persona che ha promosso - a mio avviso impropriamente - l'azione giudiziaria contro Peacelink: anche a me e' capitato di veder inserito il mio nome (piu' precisamente, il nome della struttura che dirigo fin dalla sua fondazione) in un elenco di adesioni ad un appello ai cui promotori avevo espresso preventivamente, esplicitamente ed inequivocabilmente il mio diniego e il mio veto. Da quella condotta fui ovviamente molto amareggiato, ma naturalmente non pensai affatto di procedere per vie legali. Mi limitai a rendere pubblico che si trattava di una menzogna. Ma capisco che altri possa avere sentimenti e reazioni diverse. c) Ancora: nel corso degli anni per la mia attivita' giornalistica (per la quale sono iscritto all'ordine dei giornalisti) e di pubblico amministratore impegnato contro i poteri criminali, la corruzione politica e l'economia illegale, ho subito piu' volte procedimenti penali ed azioni civili promossi da parte di corrotti e corruttori, di criminali e loro complici, ed ho quindi una certa esperienza in materia. d) Aggiungo anche che da diversi anni mi occupo di promuovere e coordinare attivita' di informazione e consulenza su temi giuridici sia nelle lezioni che tengo a scuola, sia nelle e per le istituzioni, associazioni ed esperienze di volontariato che mi invitano a tal fine. e) Inoltre: l'esito dell'azione civile promossa contro Peacelink ovviamente costituira' un precedente: ed e' indubbio che un positivo esito di questa vicenda (e per esito positivo intendo un esito che dia piena soddisfazione tanto all'attore quanto al convenuto - che nel linguaggio tecnico delle cause civili sono i termini che designano rispettivamente l'accusatore e l'accusato - e consenta quindi la composizione migliore e piu' ragionevole per tutte le parti in causa) sara' giovevole a tutti gli operatori dell'informazione ed agli amici della nonviolenza in quanto essa e' "forza della verita'"; cosi' come un esito negativo potrebbe avere conseguenze nocive per tutti gli operatori dell'informazione. f) Infine, in questi giorni ho letto in relazione alla vicenda articoli, interventi e messaggi sciaguratamente non meditati e fin assolutamente menzogneri di vari soggetti che si sono pronunciati in merito senza avere chiara nozione dei termini esatti della questione di cui si tratta, e che con le loro grossolane imprecisioni, stolte esagerazioni e insolenti idiozie (alcuni titoli di giornali sono stati semplicemente l'orgia delle menzogne e del delirio) ottengono l'unico effetto di danneggiare ulteriormente Peacelink, di ingannare e corrompere tante persone generose, e di screditare irreversibilmente l'impegno per la pace. Scrivo queste note anche per invitare tutti ad essere veritieri e responsabili in cio' che dicono e scrivono: purtroppo nell'area pacifista ci sono mass-media, associazioni e persone (tra cui nomi celebrati dai mass-media come portavoci di questo e di quello, i quali sono invece degli irresponsabili, indegni - come si direbbe dalle parti mie - "di un soldo di fiducia") che a fini propagandistici propalano menzogne colossali e che quindi col loro agire da compiuti ciarlatani ed egregi mascalzoni danneggiano enormemente la causa della pace e della dignita' umana. g) Ed affinche' nulla resti non detto di quanto e' comunque utile si sappia, quand'anche sia palesemente ovvio, aggiungo che agli animatori di Peacelink mi lega un'antica fraterna amicizia; che all'attivita' informativa, documentaria e sensibilizzatrice di Peacelink cerco per quanto e' in mio potere di contribuire; che nutro affetto e stima grandi per questa esperienza (di cui, ovviamente, vedo anche limiti ed errori - poiche' son cose umane -, i quali sono tuttavia di gran lunga superati dallo straordinario valore dell'attivita' da Peacelink svolta nell'insieme: uno straordinario impegno per la pace, i diritti umani e la nonviolenza che credo sia indubitabilmente lodevole). * 2. I termini della questione a) Sul sito di un partito politico qualche anno fa viene pubblicato un appello ambientalista in calce al quale compaiono molte firme di personalita' di varia provenienza (alcune autorevoli, altre a dir poco discutibili); tra queste appare anche la firma di un'autorevole personalita' la quale successivamente dichiara di non aver aderito a quell'appello, appello che contiene espressioni ed opinioni che evidentemente non condivide. Con tutto cio' Peacelink non ha nulla a che vedere: non e' in alcun modo implicata nell'appello; non ha alcun legame col sito in cui esso appare, non ha alcun organico legame col partito politico che di quel sito ha la titolarita'. b) Successivamente quell'appello, in relazione al quale ed alle cui sottoscrizioni per quanto ci consti nessuna smentita era di dominio pubblico, viene inviato agli iscritti ad una mailing list che e' anche ospitata nel sito di Peacelink. Le mailing list, come e' noto, sono l'equivalente telematico delle corrispondenze private tra piu' soggetti; l'ospitalita' di alcune di esse nel sito di Peacelink e' analoga a quanto avviene per altre mailing list presso altri siti. Come e' ovvio quell'appello venne riprodotto senza modifiche, come e' buona norma quando nella rete telematica si ripropongono ai propri interlocutori testi altrui. c) Dopo anni, ed in tempi recenti, l'autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e consulente della Nato promuove un'azione civile nei confronti di Peacelink chiedendo un cospicuo risarcimento, il cui importo sarebbe tale che metterebbe in gravissime difficolta' finanziarie Peacelink, che come e' noto e' un'associazione di volontariato che da molti anni svolge in ambito telematico un benemerito servizio di informazione e documentazione per la pace, i diritti umani e la nonviolenza. d) Peacelink dimostra la sua completa buona fede e dichiara il suo rammarico e naturalmente offre la sua disponibilita' ad ospitare una rettifica che dia piena soddisfazione all'autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e consulente della Nato che ha promosso l'azione civile di risarcimento, ma a quanto pare e per quanto ne sappiamo a tutt'oggi non si e' ancora pervenuti ad una bonaria composizione stragiudiziale della vicenda. e) Sotto il profilo squisitamente tecnico-giuridico l'attore (il soggetto che promuove l'azione civile) chiede il risarcimento della lesione subita in riferimento agli articoli 7 e 2043 del Codice Civile. L'articolo 7 e' quello che stabilisce la tutela del diritto al nome; l'articolo 2043 e' quello che stabilisce il risarcimento per fatto illecito. * 3. Entrando nel merito a) Il fatto che in una mailing list sia stato riprodotto e trasmesso un testo apparso nel sito ufficiale di un importante partito politico nazionale rappresentato in parlamento, testo dal contenuto perfettamente lecito e condiviso da molte autorevoli personalita' (gli altri firmatari di esso), e' cosa del tutto abituale. b) Inoltre una mailing list in se' non e' equiparabile tout court ad un mezzo di comunicazione di massa, ma piuttosto ad una forma di corrispondenza privata tra piu' soggetti (e' all'incirca l'equivalente di una normale lettera circolare). c) Non vi e' quindi motivo di ritenere che quella riproduzione configuri l'equivalente di un'azione diffamatoria o intesa al danneggiamento altrui, ed e' evidentemente del tutto escluso che Peacelink avesse la benche' minima intenzione di diffamare o danneggiare chicchessia ospitando la riproduzione in una mailing list di un appello sul quale ovviamente si pu' dissentire ma che e' perfettamente lecito e che molti ritengono del tutto condivisibile e persino superficiale e banale (ed in alcune espressioni potrebbe essere considerato persino puerile). d) La persona che si ritiene danneggiata dal fatto che la sua firma sia stata apposta arbitrariamente in calce a quell'appello avrebbe potuto (e a nostro avviso avrebbe fatto bene a farlo): I. rivolgersi al sito in cui l'appello e' primieramente comparso e smentire la sua sottoscrizione dell'appello de quo; II. chieder conto di chi avesse illecitamente dichiarato la sua pretesa e non avvenuta adesione, riservandosi ogni successiva azione legale nei confronti dell'autore materiale dell'arbitraria, fallace (e forse anche dolosa) inclusione del suo nome; III. chiedere la pubblicazione in quella sede di una rettifica con evidenza pari al rilievo dato al suo nome presentato in calce a quell'appello come sottoscrittore di esso, e tale rettifica ottenere; IV. inviare una smentita e una richiesta di rettifica agli altri siti ed agli altri mass-media in cui quell'appello recante la sua firma fosse stato successivamente riportato, ed anche tale rettifica ottenere. E la questione si sarebbe potuta chiudere cosi'. * 4. Un'analisi approfondita Ma supponiamo pure, in via ipotetica e per mero amor di approfondimento, e non concedendolo tuttavia ne' in punto di diritto ne' in punto di fatto, che la comparsa di copia di quell'appello con quella firma (a quanto ne sappiamo non precedentemente smentita dall'autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e consulente della Nato) in una mailing list che trova ospitalita' su Peacelink possa essere equiparata alla pubblicazione su un mezzo d'informazione di massa; o che comunque si configuri qui un evento qualificabile in termini tali da legittimare una richiesta di risarcimento da parte dell'attore nei confronti di Peacelink. Si pongono qui i seguenti quesiti, ai quali ci pare di poter dare le seguenti ragionevoli risposte. a) Vi e' stato illecito da parte di Peacelink? Pare evidente che nessun illecito possa imputarsi all'associazione Peacelink per il semplice fatto di aver ospitato nel suo sito una mailing list all'interno della quale e' stato fatto circolare un appello il cui testo non contiene nulla di illecito e di cui la stessa persona proponente l'azione civile contesta unicamente l'errore materiale dell'apposizione della sua firma - cosa rispetto a cui ne' Peacelink, ne' la mailing list in cui e' stato riprodotto il testo hanno avuto alcun ruolo ne' potevano supporre alcunche' ne' erano in grado di poter procedere ad una verifica firma per firma dei presunti sottoscrittori di quello come degli infiniti altri appelli che nelle miriadi di e-mail vengono riprodotti e fatti circolare. b) Vi e' stata da parte di Peacelink lesione dell'onore della persona (ovvero diffamazione)? Il fatto che il nome di un'autorevole personalita' sia comparso insieme a quello di altre autorevoli personalita' in calce ad un appello senza il suo consenso, per errore o per dolo che sia, puo' naturalmente essere percepito come lesione dell'onore da parte dell'interessato, e puo' costituire altresi' un effettivo danno per la di lui immagine e i di lui interessi; ma quanto a questo il soggetto nei cui confronti un'eventuale azione civile avrebbe dovuto essere indirizzata non e' certo Peacelink, bensi' chi quella firma ha arbitrariamente, erroneamente e/o dolosamente apposto a quell'appello; nei confronti di Peacelink l'attore avrebbe dovuto presentare una mera richiesta di rettifica che sarebbe stata naturalmente immediatamente effettuata. c) Ma qualora lesione dell'onore e danneggiamento dell'attore da parte di Peacelink vi fossero stati (e la nostra tesi e' che cosi' non sia), vigono in questo caso in pro di Peacelink gli elementi che il noto pronunciamento della Corte di Cassazione (il cosiddetto "decalogo del giornalista") stabilisce efficienti al fine del riconoscimento delle previste esimenti? Sicuramente si': poiche' qualora si potesse attribuire a Peacelink una qualche diretta responsabilita' giudiziariamente rilevante, cosa che riteniamo sia da escludere, si sarebbe altresi' in presenza degli elementi che configurerebbero comunque le esimenti previste dal pronunciamento della Corte di Cassazione noto come "decalogo del giornalista". I. il primo criterio e' quello del pubblico interesse della notizia: vi era o no un pubblico interesse nella diffusione di un appello sottoscritto da autorevoli personalita' dell'ambientalismo scientifico? Certamente si', un appello pubblico sottoscritto da autorevoli rappresentanti dell'ambientalismo scientifico, pubblicato nel sito nazionale di un importante partito politico, e' una notizia di pubblico interesse. II. il secondo criterio e' la verita' almeno putativa dei fatti: non vi e' dubbio che chi ha inserito in uno dei messaggi accolti nella mailing list ospitata da Peacelink quel testo lo riteneva a tutti gli effetti autentico in ogni sua parte; questo e' del tutto incontestabile. III. il terzo criterio e' il considdetto "principio di continenza" da parte di chi riferisce una notizia, ovvero che non si diffondano espressioni o giudizi offensivi che ledano l'altrui onorabilita': non vi e' dubbio che da parte di chi ha riprodotto il testo dell'appello in un messaggio di una delle mailing list ospitate dal sito di Peacelink tale principio di continenza e' stato assolutamente rispettato, infatti si e' riprodotto quell'appello comprensivo delle firme dei sottoscrittori non per criticarlo o peggio per insultarne i sottoscrittori (reali o abusive che fossero quelle firme) ma per diffonderlo in quanto ritenuto degno di approvazione. Peraltro lo stesso attore ha evidentemente escluso che si configurasse il reato di diffamazione da parte di Peacelink, non avendo presentato - per quanto ne sappiamo - una denuncia penale relativa, ma essendosi limitato a proporre un'azione civile a carattere risarcitorio. d) Vi e' stata da parte di Peacelink la realizzazione di un'azione tesa a provocare un danno morale e materiale all'attore, o comunque la realizzazione di un'azione il cui esito sia tale da fondare la richiesta di un risarcimento ex. artt. 7 e 2043 del Codice Civile? Su questo punto occorre essere analitici. I. Il fatto che l'attore abbia subito un danno morale e/o materiale a seguito dell'arbitraria pubblicazione della sua firma in calce a quell'appello e' argomento che a fil di logica potrebbe motivare, piuttosto che un'azione legale nei confronti di Peacelink (che sarebbe anch'essa vittima di un errore o inganno da altri commesso), un'azione giudiziaria nei confronti sia di chi avrebbe arbitrariamente apposto in calce all'appello quella firma non concessa, sia del mezzo d'informazione che primo ha reso di pubblico dominio quell'appello recante quella firma non concessa, sia - con particolar riferimento al danno materiale - anche e decisivamente nei confronti di chi ha concretamente provocato esso danno materiale (quindi l'eventuale ente che avesse rescisso un contratto in essere con l'attore a seguito di quella pubblicazione). II. Quanto al mero danno morale subito dall'attore anch'esso e' stato provocato dal soggetto che ha diffuso l'appello includendovi erroneamente o dolosamente quella firma non concessa, e dal sito che quel testo ha reso di pubblico dominio. Peacelink ha semplicemente ospitato una mailing list in uno dei messaggi circolanti nella quale e' stato riprodotto un appello diffuso nel e dal sito nazionale di un partito politico, sulla cui integrale veridicita' non potevano esservi ragionevoli dubbi, ed e' pertanto ancora una volta da considerare come una mera vittima in questa vicenda. e) Non sarebbe necessario, ma si puo' inoltre aggiungere che e' del tutto evidente come non vi sia stata la benche' minima volonta' di offendere o di ledere chicchessia da parte di Peacelink. f) Non sarebbe necessario, ma si potrebbe aggiungere anche che la completa buona fede di Peacelink e' stata ulteriormente dimostrata: I. sia dalla disponibilita' ad una rettifica con pari ed anche maggiore evidenza; II. sia dalla disponibilita' ad un componimento bonario della vicenda riconoscendo le ragioni di lagnanza dell'attore rispetto all'abusivo apparire della sua firma in calce a quel documento che lo stesso attore dichiara di non aver sottoscritto; III. sia anche dal fatto stesso che ancora nell'appello diffuso in questi giorni l'associazione pacifista: - si prende cura di ancora tutelare finanche la privacy dell'attore dell'azione civile, di cui non ha divulgato il nome; - nei confronti di esso da' pienamente atto di quanto da esso attore dichiarato in ordine all'erroneita' della presenza della sua firma in calce all'appello all'origine della querelle; - ed infine non si permette alcuna espressione men che riguardosa nei confronti della persona dell'attore, come del resto e' dovere di tutte le persone civili e ragionevoli (forse analogo riguardo non hanno avuto alcune persone e testate che venute a conoscenza della vicenda si sono successivamente espresse su di essa, ma di cio' non e' certo responsabile Peacelink). * 5. Concludendo Detto tutto questo vorremmo concludere come segue: a) rinnoviamo la nostra solidarieta' a Peacelink, e nuovamente invitiamo i nostri interlocutori a fare altrettanto (per informazioni e contatti: www.peacelink.it); b) all'autorevole rappresentante ambientalista, docente universitario e consulente della Nato esprimiamo la nostra comprensione e rispetto, e il dispiacere per essere stato il suo nome abusivamente inserito e divulgato in calce a quell'appello da lui non condiviso; ma insieme vogliamo esprimergli l'invito sincero a recedere dall'azione civile nei confronti di Peacelink, o comunque ad accedere ad una soluzione stragiudiziale che componga bonariamente la vertenza e liberi Peacelink dalla minaccia di un gravoso onere finanziario; c) a tutti coloro che interverranno sulla questione rivolgiamo l'invito ad astenersi dalle menzogne, dalle offese e dalle esagerazioni, con le quali otterrebbero l'unico risultato di danneggiare Peacelink, l'impegno per la pace (che deve fondarsi sul rispetto assoluto della verita' e della dignita' umana) e se stessi; d) infine agli amici di Peacelink vorremmo suggerire sia di valorizzare tutte le dichiarazioni di solidarieta', anche quelle che giustamente evidenziano aspetti della questione su cui non si puo' essere distratti o negligenti; sia di chiarire ai piu' ingenui o superficiali o roboanti sostenitori che la solidarieta' in tanto ha valore in quanto aiuta e non danneggia; sia di insistere nella ricerca di un accordo con la controparte tale che la vicenda si concluda nel modo migliore con soddisfazione di tutte le parti in causa e nella riaffermazione del pieno rispetto della dignita' umana di ogni persona. 2. RIFLESSIONE. GIULIO MARCON: ALCUNE INIZIATIVE PACIFISTE ITALIANE [Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 dicembre 2003. Giulio Marcon e' presidente dell'Ics, Consorzio Italiano di Solidarieta'] In queste ore i pacifisti italiani si praparano ad una nuova ondata di mobilitazioni contro la guerra. Alla guerra preventiva rispondono con l'alternativa della prevenzione della guerra, alla legittimazione della guerra (magari umanitaria, giusta, ecc.) come strumento di politica estera oppongono la definizione di quello che la guerra e': un crimine contro l'umanita'. E che deve diventare tabu', comportamento vietato nel genere umano. Alla realpolitik dei governi occidentali ricordano che l'unico realismo possibile e' quello di una pace con giustizia e che le armi e la violenza sono solo e sempre strumento di dominio, di sofferenza e di ingiustizia. Nelle ultime settimane era gia' cresciuta la partecipazione alle iniziative pacifiste contro la minacciata guerra americana contro l'Iraq. Manifestazioni e cortei come quello del Forum Sociale a Firenze il 9 novembre con piu' di 700.000 persone e assemblee affollatissime; poi fiaccolate e raccolte di firme (quella di Emergency ha raccolto 407.000 adesioni), migliaia di piccoli e grandi eventi (sit in, banchetti, bandiere arcobaleno ai balconi, digiuni, ecc.) come quelli della giornata internazionale dei diritti umani del 10 dicembre che ha coinvolto gruppi di base e organizzazioni nazionali del mondo cattolico e del pacifismo laico. Realta' che hanno incontrato il piu' vasto movimento della globalizzazione dal basso (italiano e mondiale) e che ha gia' fatto vedere la forza della mobilitazione di cui e' capace a Firenze: i prossimi appuntamenti sono quelli del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre (dal 23 al 28 gennaio 2003) che avra' come centrale il tema della lotta alla guerra in Iraq (e alla guerra permanente ed infinita) e il prossimo 15 febbraio per una serie di manifestazioni contro la guerra nelle piu' importanti citta' europee. Il confronto tra la prima edizione (2001) del Forum di Porto Alegre e la terza e' emblematico: allora, solo dopo esplicita richiesta della delegazione italiana fu inserito nel documento finale della conferenza un riferimento all'impegno contro la guerra; oggi la mobilitazione dei movimenti sociali globali contro la guerra infinita e' esplicita e scontata. A fine gennaio, avremo notizie di altre iniziative internazionali. La Tavola della pace - nell'"audizione" che organizzera' a Porto Alegre dal titolo: "Il ruolo dell'Europa nel mondo", preludio della prossima Assemblea dell'Onu dei Popoli - si e' posta l'obiettivo di decidere nella citta' brasiliana un nuovo evento globale contro la guerra. * Pur partecipando alla mobilitazione unitaria dei movimenti sociali, alcune organizzazioni e reti (Emergency, Tavola della pace, Rete Lilliput e Libera) ribadendo la loro "specificita'"hanno lanciato insieme una campagna che ancora continua, dal titolo "Fuori l'Italia dalla guerra". E sull'Italia si stanno concentrando le prossime iniziative: Emergency organizzera' nei prossimi giorni banchetti in tutta Italia per la raccolta di almeno 50.000 firme sul disegno di legge di iniziativa popolare per l'attuazione dell'articolo 11 della costituzione ("l'Italia ripudia la guerra"), la Tavola della pace sta gia' preparando (il prossimo 15 gennaio la conferenza stampa di lancio con l'avvio di un comitato promotore) la manifestazione nazionale del 15 febbraio a Roma, mentre "Un ponte per..." lancera' la prossima settimana una campagna nazionale di pressione sul Parlamento. Pubblichera' sul suo sito tutti gli indirizzi mail dei parlamentari, organizzera' incontri nei collegi con questo logo: "Il Parlamento si deve esprimere, deve parlare". Analogo lavoro lo faranno Il Consorzio Italiano di Solidarieta' (Ics) e la Tavola della pace che lancera' nelle prossime settimane anche una campagna sull'Unione Europea: far inserire il "ripudio della guerra" nella Costituzione Europea. Con le tante sigle del mondo cattolico: da quello piu' radicale dei Beati i Costruttori di Pace e di Pax Christi (che hanno da subito sposato l'opposizione alla guerra) a quello piu' moderato di Acli, Cisl e Focsiv che - con qualche tentennamento, e qualche "se" e qualche "ma" (riassunti nella domanda: "e se e' l'Onu a decidere l'intervento?") - hanno sostenuto, dopo le dichiarazioni piu' esplicite del pontefice, l'iniziativa della Tavola della pace contro la guerra in Iraq. E a sinistra la Cgil, l'Arci e l'Associazione per la pace hanno fatto da tempo la scelta di dedicarsi al lavoro unitario e di promuovere le iniziative contro la guerra delle varie anime del movimento. Di andare in Iraq per continuare l'impegno di pace se ne parla ormai da settimane: delegazioni, interposizioni, missioni umanitarie. "Un ponte per..." (presente da 11 anni in Iraq) ha gia' organizzato diverse delegazioni (una con i parlamentari) e missioni sul campo nelle scorse settimane, e ne ha in programma altre a febbraio. In cantiere anche missioni di "simbolica" interposizione; le organizzazioni che ci stanno pensando - sulla scia di altre missioni di pacifisti americani ed europei - hanno insieme la preoccupazione evidente di non essere strumentalizzate dal regime di Saddam Hussein, ma anche quella di rilanciare la preziosa esperienza di "interposizione" nei Territori occupati palestinesi. Anche le Ong di cooperazione internazionale si muovono. "Un ponte per..." e l'Ics si sono dette d'accordo ad aprire un tavolo tra le organizzazioni di solidarieta' internazionale per coordinare il proprio lavoro nell'eventualita' di una nuova tragedia umanitaria. Con una discriminante: l'impegno pacifista contro la guerra e a non utilizzare fondi (umanitari) di governi coinvolti nell'intervento militare. Viste le precedenti esperienze (vedi "Missione Arcobaleno") e gli attuali sgomitamenti di alcune Ong che - in previsione dei soldi dei donatori - stanno facendo di tutto per fare "tappa" anche in Iraq, l'avvertimento e' d'obbligo. * Kosovo, Afghanistan, ora - di nuovo - Iraq: il pacifismo e' alle prese, dopo le "nuove guerre" (etniche e nazionali, dimenticate e periferiche) con quella che oggi e' definita la guerra "preventiva e infinita" e che abbiamo conosciuto meglio dopo l'11 settembre: l'altra faccia di un dominio egemonico fondato sull'unipolarismo americano e su politiche di potenza. Prima in modo magmatico e sotterraneo, ora in modo sempre piu' visibile, il movimento italiano sta dimostrando di essere insieme politico (contestare e produrre alternative) e concreto (solidarieta' attiva, azione nonviolenta, presenza sul campo), spiazzando la lettura superficiale di chi - tra i media e la politica - vuole ridurre il pacifismo a mera testimonianza o a soggetto residuale. Portare il pacifismo nella politica e nella societa', dentro le contraddizioni globali, e' invece sempre di piu' necessario e possibile, e le mobilitazioni ce ne daranno una concreta dimostrazione. 3. RIFLESSIONE. NELLY MARTIN: UN BILANCIO DELLA PARTECIPAZIONE DELLA "MARCIA MONDIALE DELLE DONNE" AL FORUM SOCIALE EUROPEO DI FIRENZE [Dal sito di Peacelink (www.peacelink.it) riprendiamo e diffondiamo questo testo; l'autrice e' una militante francese della Marcia mondiale delle donne. La traduzione italiana, curata da Nadia De Mond, e' stata inviata alla mailing list "pace" di Peacelink da Valeria Savoca (per contatti: v.savoca at tiscalinet.it)] 1. Bilancio globale E' stato un successo spettacolare, una vittoria contro Berlusconi che aveva tentato, in seguito agli avvenimenti di Genova, di criminalizzare il forum e i/le suoi/sue partecipanti. Nei mesi precedenti, lui e il suo governo hanno cercato di sollevare l'opinione pubblica, gli italiani in generale e i fiorentini in particolare, contro questa iniziativa, predicendo loro una Firenze a ferro e fuoco. Le trasmissioni televisive e gli articoli dei giornali erano incredibili. Un'isteria che ricade loro sul naso quando si fa il bilancio. Un numero enorme di persone: 20.000 persone erano attese, 32.000 si sono iscritte, 60.000 erano presenti il venerdi'; i paesi rappresentati erano numerosi: 3.0 00 francesi, 1.500 spagnoli, greci, inglesi e tedeschi, 500 belgi, 300 ungheresi, 150 polacchi e svedesi, 70 russi; la manifestazione del sabato ha riunito da 600.000 a un milione di persone in una atmosfera festiva e pacifista, dando alla fine del forum l'ampiezza del rapporto di forza che si e' costituito. Questo successo riflette innanzitutto la realta' italiana. Con Berlusconi al potere, essa ha realizzato gia' da diversi mesi mobilitazioni molto forti sul piano sociale, con due scioperi generali negli ultimi mesi e manifestazioni enormi, quella di un milione e mezzo e quella di tre milioni di persone in aprile, per iniziativa della Cgil. Ci sono state anche grandi manifestazioni contro la guerra in Irak, nonche' mobilitazioni contro il governo causate dagli attacchi al sistema giudiziario italiano e all'indipendenza dei giudici. Il movimento italiano contro la mondializzazione neoliberista ha saputo integrarsi a tutte queste mobilitazioni e tessere legami anche con le organizzazioni sindacali, legami che hanno portato i loro frutti con la partecipazione effettiva all'organizzazione del Forum sociale europeo di un sindacato della Cgil, la Fiom (metalmeccanici), e con un'importante presenza, nei dibattiti e nel pubblico, dei sindacati. Il processo di preparazione, pesante, costoso con tutte le sue riunioni in tutta Europa, e dunque difficile da seguire per la maggior parte delle associazioni meno fortunate, si e' di fatto rivelato molto adeguato. Esso ha permesso l'espansione geografica ai paesi dell'Est e del Sud, cosi' che a poco a poco potessero stringersi legami tra paesi e organizzazioni ben prima del Forum, permettendo in tal modo di prepararlo meglio. I forum sociali devono potersi riunire per lavorare insieme in modo permanente e non in modo episodico di volta in volta, per approfondire i dibattiti tra le associazioni che lavorano sugli stessi temi con l'idea di costruire o di consolidare le reti, di sfociare in campagne europee, con un calendario coerente di mobilitazioni. Il Forum sociale europeo, in questo senso, e' stato un successo. (vedere l'appello dei movimenti sociali). * 2. E le donne in tutto questo Del buono e del meno buono. Il piu' alto numero di iniziative delle donne al Forum sociale europeo sono state promosse o sostenute dalla rete europea della Marcia mondiale delle donne. Questa e' stata particolarmente rappresentata dai coordinamenti italiano, spagnolo, francese e greco, con altre compagne provenienti dalla Svizzera, dal Belgio, dall'Austria, dalla Gran Bretagna, dalla Germania. Noi siamo state impressionate dal numero di giovani donne presenti. Durante i tre giorni, sostenere la presenza allo stand della Marcia ci ha permesso di prendere contatto con molte di esse, alcune in associazioni di giovani, di scambiare le nostre esperienze e di prendere appuntamenti per proseguire i lavori insieme. Se il numero di donne nel forum non aveva nulla da invidiare a quello degli uomini, non e' stato lo stesso per il numero di interventi uomini/donne. Uno sforzo e' stato fatto per le conferenze mentre si puo' dire senza esagerare che le tribune dei seminari e delle finestre della sera erano soprattutto di tonalita' "vecchio maschio bianco". Numerosi sono stati i tavoli di presidenza esclusivamente maschili e si e' potuto contare fino a 20 interventi dalla sala senza una donna. Di chi la "colpa"? Noi non rigettiamo la responsabilita' solo sugli organizzatori del Forum sociale europeo, questa situazione e' purtroppo lo specchio di cio' che avviene nelle organizzazioni e associazioni. Tocca ad esse, tramite le loro delegazioni di relatori/relatrici, di far si' che il forum innovi anche questo aspetto e che si ponga all'ascolto della parola, delle analisi e delle esperienze delle donne. Le associazioni femministe hanno anch'esse le loro responsabilita' e ci possiamo interrogare, in rapporto a Porto Alegre, sui pochi seminari tenuti sulla questione. Manca l'interesse per il Forum sociale europeo? Manca la disponibilita' e le finanze per parteciparvi ? O le cause sono altre ancora? Bisognera' riflettere e consultarci molto per preparare il prossimo forum. * La conferenza "Uomini e donne: un conflitto necessario per un futuro comune" Si e' tenuta nella Sala dei Congressi piena (circa 2.000 persone), con un pubblico per la stragrande maggioranza femminile e di tutte le eta'. Le relazioni introduttive hanno illustrato le varie dimensioni del patriarcato nella vita politica, nel mondo del lavoro e nella sfera personale. Un'ora e' stata dedicata al dibattito, donne di diversi paesi hanno testimoniato o fatto domande o polemizzato con le relatrici. Siamo in possesso delle tre introduzioni: "Potere politico e democrazia di genere" di Lidia Cirillo, "Le radici del dominio patriarcale" di Christine Delphy, e "Il conflitto di genere nel mondo del lavoro" di Laura G. de Txabarri, in lingua originale. * Il seminario " Prostituzione, tra schiavitu' e scelta" Difficolta' tecniche hanno compromesso lo svolgimento di questo seminario. La sala che ci era stata assegnata non assicurava ne' microfoni ne' traduttori/traduttrici e si teneva vicina a un altro seminario molto rumoroso sulla Palestina e con microfoni. Alcune tra le organizzatrici, come le rappresentanti delle prostitute, si sono sentite umiliate e maltrattate e hanno vissuto la situazione come l'ennesima oppressione da parte degli organizzatori del Forum sociale europeo. Da cio' e' nata la decisione di protestare in sala stampa per pubblicizzare attraverso i mass media l'avvenimento. Questa azione, da non tutte condivisa, ha fatto perdere del tempo, del pubblico e qualche relatrice, in particolare. Il seminario si e' in effetti spaccato in due, sfortunatamente, secondo linee di divisione politiche e geografiche. * Il seminario "Che cosa diventa la libera scelta delle donne tra interdizioni, integralismo religioso, nuove tecniche di procreazione e mercificazione del corpo" Circa 300 persone a questo seminario. Le relatrici hanno messo a fuoco nei loro discorsi aspetti molto differenti della questione della libera scelta, dall'interpretazione delle implicazioni delle nuove tecniche di procreazione medicalmente assistita, alla questione dei fondamentalismi religiosi e alla lesbofobia. Sfortunatamente, anche qui, la traduzione non era delle migliori, cosa che non ha favorito il dibattito. * Il seminario "Donne e Sindacalismo" Ha riunito 180 persone di 12 paesi. Dopo gli interventi di responsabili dei sindacati francese, italiano e greco, c'e' stato il dibattito con le presenti in sala, gli interventi vertevano principalmente sul ruolo delle donne nei sindacati e sulle loro difficolta'. A conclusione di questo seminario e' echeggiata l'idea di rifare un seminario intersindacale delle donne europee al prossimo Forum sociale europeo, con la proposta delle francesi di assumere uno o due temi sui quali lavorare insieme nel corso di quest'anno preparatorio. Indirizzi di posta elettronica di responsabili sindacali sono stati raccolti, ci apprestiamo a metterci all'opera a partire da questi indirizzi nel tentativo di allargare il campo nel corso del prossimo anno per rivolgerci alle organizzazioni attraverso la preparazione del Forum sociale europeo. Problema: costruire una rete di sindacaliste in Europa o una rete strutturata di rappresentanti di sindacati, o entrambe le cose mescolate? Porremo la questione alle responsabili di sindacati di cui abbiamo gia' l'indirizzo. * Altri seminari hanno avuto luogo dove noi non siamo potute andare e di cui sollecitiamo il resoconto: - "Per un'Europa disarmata e neutra contro la guerra", Convenzione di donne contro le guerre; - "Donne migranti, rapporti Nord-Sud: quale politica?", Associazione Nosotras; - "Che il futuro non ci sia indifferente: lesbiche, gay e transessuali nel progetto sociale europeo". * Da segnalare la presenza di giovani donne della rete Next Genderation che hanno organizzato un laboratorio sulle "missing link" tra il femminismo accademico e quello militante, tra il femminismo in generale e il movimento antiglobalizzazione. Si tratta di una rete internazionale di giovani donne studentesse e laureate che lavorano nei differenti campi degli studi femministi o di genere (sia che essi siano istituzionalizzati nelle facolta' universitarie o meno) con un'attivita' nei movimenti sociali che combina analisi di genere, di classe, di razza e d'orientamento sessuale. Sono venute mercoledi' pomeriggio alla riunione del coordinamento europeo della Marcia e sabato mattina al seminario sulle nostre prospettive e potremo fare un percorso insieme. Il loro sito: http://nextgenderation.let.uu.nl/ * Il seminario "Dopo la Marcia del 2000, quali sono le strategie di lotta delle donne europee?" Promosso dalla Marcia mondiale delle donne sabato mattina prima della manifestazione (circa 150 persone), ha riunito differenti partner europee della Marcia delle donne. "E' necessario far convergere le nostre iniziative e rafforzare la nostra cooperazione a livello europeo" ha dichiarato Anne Leclerc (Francia). Per pesare sulle politiche dell'Unione europea si tratta di organizzare una larga mobilitazione delle donne in occasione della prossima riscrittura del trattato europeo. Nadia de Mond, rappresentante della Marcia delle donne italiana, ha sottolineato il bisogno di rafforzare i legami e gli scambi con il movimento per un altro mondo possibile ("altromondista") spingendo contemporaneamente il femminismo ad accelerare il passo. "Poiche' non vogliamo strutture burocratiche o centralizzate dobbiamo prendere l'iniziativa di rafforzare la nostra cooperazione" ha precisato. Concretamente, due proposte hanno avuto consenso nel corso del laboratorio. L'una consiste nell'identificare un certo numero di temi di dibattito, come i diritti delle donne immigrate, il diritto delle donne a decidere del loro corpo, la lotta contro la poverta' e la precarieta', e la lotta contro l'estrema destra in Europa. Altri argomenti sono stati lanciati da differenti partecipanti al laboratorio: la violenza e la prostituzione, l'impiego. La seconda proposta riguardava l'organizzazione di un forum femminista europeo che dovrebbe precedere il prossimo forum sociale europeo del 2003 che si terra' a Parigi e a Saint-Denis in Francia, al fine di creare una situazione dinamica e una mobilitazione delle donne. L'obiettivo e' sempre di aggregare tutte le reti femministe esistenti a livello europeo. C'e' stato un dibattito sulla difficolta' rappresentata dallo svolgimento del Forum sociale mediterraneo quindici giorni dopo. * La manifestazione Dopo una corsa contro il tempo (noi avevamo il nostro seminario il sabato mattina, mentre altre si inserivano gia' in posizione nel corteo) e costeggiando il corteo, un blocco di donne, combattivo, gioioso, rumoroso e creativo ha raggiunto la testa della manifestazione, che oltrepassava nel suo insieme tutte le previsioni, per piazzarsi dietro la delegazione del Forum sociale europeo stessa e dei/delle lavoratori/lavoratrici della Fiat in lotta. Eravamo tante e gridavamo: "Guapas, listas, antimilitaristas". * Ricordare questa data: prossimo coordinamento europeo della Marcia il 22 e 23 febbraio a Zurigo, in Svizzera. Proponiamo che questa riunione sia anche l'occasione per preparare la giornata "donne" del Forum sociale europeo 2003. Questo coordinamento e' dunque aperto alle associazioni e alle reti che desiderano organizzarla insieme a noi. 4. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: UN GESTO DAL BRASILE [Amelia Alberti (per contatti: lambient at tiscalinet.it) e' presidente del circolo verbano di Legambiente, e collaboratrice di questo foglio] Lo so bene che certi gesti sono simbolici e magari anche un tantino demagogici, ma siamo esseri umani, che ragionano e si esprimono per mezzo di codici e che da questi traggono gioia e dolore. E' con gioia quindi che abbiamo letto questa breve nota, che non ha bisogno di altri commenti. "Il nuovo governo brasiliano ha rinviato di un anno l'acquisto di una nuova generazione di jet supersonici, destinando il miliardo di dollari gia' stanziato al programma per la lotta alla fame. 'Nel momento che il paese sta vivendo, il presidente Lula pensa che una cifra simile sarebbe meglio utilizzata per comprare alimenti' ha detto il neoministro della difesa Jose' Viegas, specificando che il 'progetto Fx' - come e' chiamato il bando di concorso attraverso il quale Brasilia vuole cambiare i suoi caccia - non viene abbandonato ma rinviato di un anno (per ora). Il progetto prevedeva l'acquisto di 12 caccia, che potevano essere 24 se fossero stati fabbricati in Brasile: Lockheed Martin, Dassault, Bae, Mikoyan e Sukhoi tra i giganti aeronautici militari che dovranno rassegnarsi ad attendere. Continuare a far volare i vecchi Mirage III non sara' l'unico contributo delle forze armate alla svolta di Lula: d'ora in poi i meno abbienti del Brasile potranno utilizzare piscine, campi da calcio, piste di atletica e palestre di 36 caserme sparse nel paese" (cfr. l'articolo di Frei Betto, Il mio amico Lula, in "Il manifesto" del 4 gennaio 2003). 5. SEGNALAZIONI. LAURA LANZILLO PRESENTA IL NUOVO LIBRO DI DIOTIMA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 gennaio 2003] Ogni libro vive di vite molteplici, diverse eppure collegate, strettamente intrecciate fra di loro. Quando leggo un libro, qualsiasi libro, narrativa o saggistica che sia, mi scopro a interrogarmi su di esso come sopra un ente vivo, non statico, ma in movimento, che mi guarda e dialoga con me e con cui io, a mia volta, scambio sguardi e parole. Ed e' in questo scambio che si intrecciano le vite, la mia (le mie) e le sue. Un libro vive singolarmente, come ente autonomo; ma un libro vive anche della vita che gli ha donato il suo autore, in qualche modo dalle sue pagine scopriamo qualcosa di chi l'ha scritto; e un libro vive anche della vita che gli dona chi lo legge, che non e' mai la stessa vita, ma e' generata dalle sensazioni sia interiori sia provenienti dall'esterno che prova chi sta leggendo in quel momento, preciso e puntuale, proprio quelle pagine. La percezione lucida delle molteplici vite che si intrecciano in una pagina scritta l'ho provata leggendo l'ultimo volume uscito in libreria a firma della comunita' filosofica femminile di Diotima (Approfittare dell'assenza. Punti di avvistamento sulla tradizione, Liguori, pp. 224, euro 13,50). E' un libro complesso, non facile, e che tuttavia tiene il lettore fra le sue pagine, quasi prendendolo per mano, accompagnandolo nella lettura, per chiedergli tuttavia non un esercizio di autocoscienza, bensi' una partecipazione non solo intellettuale, ma anche pratica, concreta, dunque politica. Nel leggere le pagine di Diotima, nel procedere nella lettura come nel ritornare indietro e rileggere pagine gia' lette, ho piu' volte sentito vivere quelle pagine e ne ho scoperto l'intreccio di vite, quelle singolari delle autrici che ne hanno scritto i saggi, quella collettiva della comunita' di Diotima all'interno della cui continua discussione i testi sono stati elaborati, ma anche la mia vita e quella dell'epoca tragica e travagliata che viviamo in questi mesi. Un intreccio e non una somma algebrica, qualcosa cioe' che spezza e rompe una visione e una lettura lineare degli eventi e delle parole che quegli eventi narrano, un qualcosa che nomino, appropriandomi della parola che Luisa Muraro usa nell'introduzione, "intermittenza", di cui la vita delle donne, di ogni donna e di tutte le donne diventa momento esemplare. Ma la parola intermittenza in queste pagine non si connota di un'idea negativa di precarieta' e dunque di inaffidabilita', ma ha in se' il bagliore dell'originalita', di cio' che origina, nasce, che di nuovo ha vita, e che porta in se' l'eccesso della novita' e al tempo stesso il debito verso chi lo ha fatto nascere. Con una scrittura, giova ripeterlo, che ha in se' il segno polemico della vita - che nella nostra epoca tragica, dominata dalla guerra e dalla morte, acquista la dimensione del manifesto politico -, queste autrici entrano proprio nella concretezza dell'azione politica, riflettendo su un tema, quello della tradizione, classico nella riflessione filosofica, e che tuttavia Diotima affronta operandone un significativo spostamento lessicale. * Per il punto di vista femminile non e' nella continuita' che si da' tradizione, ma nella sua assenza e nel suo silenzio, che solo se tale si rivela parlante, cioe' si ancora alla concretezza storica vissuta e non piu' artificialmente rappresentata. Un gesto di rottura, dunque, che si pone in conflitto con la tradizionale storia narrata al maschile, e a cui si affianca un ulteriore gesto di rottura: il prendere parola, il mettersi in gioco non sulla questione dello spazio (che tanto seduce i nostri compagni maschi), ma su quella del tempo. E di nuovo non il tempo storico, che, comunque si declini il rapporto passato-presente-futuro, sempre lineare e immaginato e', ma il tempo ciclico, che ogni donna pratica innanzitutto nella relazione primaria con il proprio corpo. Come ci ricorda Ida Dominijanni, "un corpo femminile sa che il tempo va periodicamente avanti e dietro, progredisce e regredisce, sfreccia e si avvita su se stesso"; un sapere questo del tempo ciclico che muta radicalmente la relazione che le donne intrattengono con se', con gli altri, con il mondo, e che determina nella riflessione femminile un diverso punto di vista su di se', sugli altri, sul mondo, e di conseguenza un diverso modo del darsi dell'azione (politica) propria, con gli altri e nel mondo. Se il discorso pubblico e politico, che narra un quotidiano ogni giorno piu' tragico, e' connotato dai concetti di morte, guerra, violenza legati insieme dalla disputa per lo spazio sia fisico sia culturale (leggo in questi termini il terrorismo e la guerra "infinita" contro il terrorismo, la guerra che insanguina i territori israeliani e quelli palestinesi e la tragedia del popolo ceceno come di quello curdo, le barriere innalzate contro coloro che vengono bollati come clandestini e le retoriche sullo scontro fra Oriente e Occidente e sulla presunta fine dell'Occidente, ma anche le cronache nazionali di omicidi fra familiari, di vicini, di uomini che uccidono donne, di piccoli uomini che uccidono piccole donne), la parola singolare e collettiva di Diotima oppone un discorso sulla tradizione. Il "punto di avvistamento sulla tradizione" si fa, allora, discorso su una modalita' di essere e fare tradizione che e' differente dalla tradizione maschile del potere che ha ed e' tradizione perche' domina - attraverso modalita' di assimilazione o di esclusione - l'altro da se', costringendolo al silenzio, cioe' al suo annientamento. La tradizione di cui ci parla Diotima si costruisce contro il potere che sovrasta, sull'autorita' che sostiene (dal basso) e che fonda le nostre relazioni, rivelandoci sia il dono sia il dovere della vita; e la tradizione diventa allora discorso sul tempo e sul conflitto che innesca ogni relazione fra individui e che, allora, non e' foriero di morte, ma di vita reale. Una tradizione che e' incapace di costruire e dunque di raccontare linearmente la storia delle donne e della pratica di pensiero femminile. Un'incapacita' questa che pero' si rivela produttiva, perche' non mette in scacco il femminismo della differenza - a cui la comunita' di Diotima si collega -, ma gli permette di comprendere concretamente la propria differenza; di sapere - con le parole di Anna Maria Piussi - "sopportare, oggi, i vuoti, le assenze, anche le sconfitte, con una certa leggerezza (...) una volta riconosciuto come inutile fardello il volontarismo e il dover essere connessi al bisogno di durare". * Al tempo come durata (del potere) si oppone un tempo differente, un tempo che e' il tempo vivo delle donne che animano il vangelo di Matteo e che ci vengono ricordate da Chiara Zamboni, un tempo che proprio perche' "vissuto in una presenza carnale e orientante", quella di Gesu', e' semplice e dunque "e' tempo rivoluzionario e non privato". Un tempo che e' anche un tempo di rottura poiche' fa tabula rasa, come scrive Annarosa Buttarelli, ma che nel tradimento di quello che appare come tradizione ritrova la propria tradizione, "la sorgente della fedelta' alla madre e a cio' che sta all'inizio". Un tempo che e' difficile da vivere, un tempo che richiede di mettersi in gioco, che in opposizione al discorso politico maschile, neutralizzante e normalizzante, impone di entrare in relazione, in contatto con la differenza dei corpi che ci circondano, di assumere cioe' "il farsi concreto della storia". Un tempo che si chiede "ma chi te lo fa fare?". E' nella stessa domanda che emerge la relazione insopprimibile e ineludibile che ci vincola al senso del presente, un presente che non e' immaginato, rappresentato, ma vissuto nella comprensione del tempo che ci e' si' alle spalle, ma che vive in noi come tradizione fatta di intrecci, di nodi, di debiti che il presente per farsi tale, per nascere, deve agire, cioe' tagliare come si taglia il cordone ombelicale, ma che al tempo stesso non puo' che riconoscere come propria origine. Un tempo che e', in definitiva, tempo dell'assenza, che e' il tempo - seguendo Luisa Muraro - di Diotima, la maestra di Socrate, la maestra (o la tradizione) assente, che manca, ma che la mancanza fa presente; e' il tempo di Eros, il dio dell'amore, figlio di Carestia e Passaggio, un tempo dunque che c'e' perche' sente la mancanza, che desidera senza doversi appropriare (e dunque distruggere) dell'oggetto del desiderio, "perche' l'amore fa del niente un passaggio al suo avvenimento". * Quello che emerge dalle pagine del libro di Diotima e' allora un tempo "imprevisto", un tempo libero, il tempo della liberta' femminile. Quella liberta' che se riconosce il dono racchiuso nelle pagine di un testo della tradizione politica del pensiero occidentale, la Dichiarazione dei Diritti del 1789, di quel testo, e dunque di quella tradizione, rifiuta - come ricorda Diana Sartori - la simmetria che innesta il discorso occidentale dei diritti, fondato su una giustizia degli uguali, un equilibrio di potenze alla pari e che esclude chi a tale modello non e' equiparato o non si lascia equiparare, perche' diverso. Una liberta', quella femminile, che invece si da' perche' dei diritti riconosce anche il rovescio, "cio' che dobbiamo nel senso del debito in cui ci pone questo nostro essere dipendenti per quel che abbiamo ricevuto alla nascita, che ci e' stato donato senza che lo chiedessimo e ne avessimo diritto". * Una vita e un tempo differenti quelli che animano le pagine del volume di Diotima, perche' non si generano sulle parole d'ordine della paura della morte, dell'immunizzazione dal rischio, della ricerca di sicurezza e della necessita' di barriere e confini dentro e fuori di noi, che alimentano il discorso politico delle odierne democrazie. Una vita e un tempo che, invece che neutralizzazione della liberta' eccedente, si fanno liberta', cioe' concretamente azione politica, poiche' della tradizione riconoscono non il segno del passato, ma il lampo sul futuro, che si apre all'imprevisto, all'eccesso, a cio' che esce dalla norma, al nuovo; a cio' che sempre ancora continua a nascere, rinnovando, nella capacita' di differire da se' che e' la nascita, il gesto piu' rivoluzionario che il corpo della donna oppone al potere maschile. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 474 del 12 gennaio 2003
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