PALESTINA: Storia d'amore e di guerra




Mi chiamo Sara, ho 23 anni e da tre mesi sono sposata con Ala'a, 25 anni, un ragazzo palestinese di Halhul. La mia storia con la Palestina è iniziata tre anni fa circa, partecipando ad un campo di lavoro vicino a Betlemme. Da quella volta la mia vita è cambiata: ho avuto diverse esperienze di volontariato a lungo termine presso ong italiane e locali a Hebron e a Gerusalemme mentre in Italia resto ormai solo per brevi periodi.

Scrivo per raccontare quello che ci sta succedendo... con la speranza che la nostra storia possa essere divulgata tra la gente ancora "addormentata".... per sensibilizzarla e risvegliarla dalla cecità dell'ignoranza e del pregiudizio, perché un palestinese non è necessariamente un kamikaze...

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Sono da ormai più di un mese a Milano. Sono tornata con la speranza di lasciare un pò di stress in Palestina, invece anche qui non si può mai star tranquilli...

L'ultimo prolungato coprifuoco imposto a Hebron alla fine di Ottobre paralizza la vita anche dei villaggi limitrofi, compreso Halhul, dove abito, così io e mio marito decidiamo di partire per l'Italia e di trascorrere il periodo natalizio con i miei genitori, i quali ancora non ci hanno incontrato dopo la celebrazione del nostro matrimonio.

All'inizio di Dicembre aspetto con gioia il suo arrivo all'aeroporto di Milano, ma qualcosa gli impedisce di raggiungermi.

Quando Ala'a arriva al confine giordano (provvisto di passaporto palestinese appena rinnovato, visto in corso di validità rilasciato dal Consolato italiano di Gerusalemme per ricongiungimento familiare e del biglietto aereo Amman/Milano-Milano/Amman) è rimandato indietro...

I funzionari giordani in frontiera dicono che non è autorizzato a mettere piede in Giordania poiché sprovvisto di uno speciale permesso rilasciato dal Ministero degli Interni giordano e ottenuto tramite un parente residente in Giordania.

Io, disperata, mi metto a fare telefonate all'impazzata: chiamo l'Ambasciata giordana di Milano dove, molto sgarbatamente, mi rispondono che loro non hanno nessun potere a riguardo; chiamo il nostro Ministero degli Esteri dove mi dicono che sono faccende tra Palestinesi e Giordani e non sono argomenti di loro competenza; chiamo l'Ambasciata giordana a Tel Aviv dove già dalle 13.00, ora locale, gli uffici sono chiusi e l'ultimo impiegato rimasto in servizio mi dice in arabo (perché l'inglese non lo parla!) che lui non può aiutarmi.

Nelle stesse ore in cui Ala'a è in viaggio verso casa, io cerco ancora di fare chiarezza e trovo su internet qualche articolo inerente le nuove misure restrittive volte a impedire un nuovo afflusso di rifugiati palestinesi in Giordania. Effettivamente c'è un riferimento a questo permesso del Ministero, ma successivamente vengono elencati anche alcuni casi speciali per cui tale permesso non è necessario, come ad esempio funerali, ricoveri ospedalieri,... ed anche TRANSITI !!!!.

Appena Ala'a arriva a casa, stanco e arrabbiato, lo informo su quanto letto e, insieme, non ci capiamo più niente. Ci sentiamo vittime della sfortuna, di uno sbaglio enorme... Mai prima d'ora abbiamo sentito di tali limitazioni, ed ora, tutto ad un tratto, sappiamo di questa nuova legge.

Apprese queste notizie, Ala'a due giorni dopo ci riprova. Inoltre esempi recenti di uomini d'affari palestinesi diretti in Italia che hanno passato il confine senza permesso ci fanno sperare che tali restrizioni non vengono attuate con troppo zelo e che forse questi casi eccezionali, in cui anche Ala'a rientra, esistono veramente.

Dopo 11 ore di viaggio e snervanti attese in frontiera, Ala'a è rimandato indietro ancora una volta... senza pietà...

Ormai è tardi sul ponte King Hussein (Allemby). Un suggestivo tramonto saluta le luci del giorno, il freddo si fa pungente e con Ala'a restano ormai solo i funzionari del ponte. Ala'a, che mai si è scoraggiato, tenta ancora una volta di far valere i suoi diritti: il diritto di andare in Italia e di ricongiungersi a sua moglie che ha sposato da appena due mesi... diritti non riconosciuti dai giordani...

Un uomo il cui appellativo è "Pascià", in rispetto alla nobile famiglia giordana a cui appartiene, e a cui tutti gli altri funzionari fanno capo, dopo aver ascoltato le ragioni di Ala'a, gli dice che chi ha inventato questa legge doveva essere ubriaco. Forse mosso da un certo senso di colpa dice anche che è dispiaciuto, ma che non può fare niente.

Superato l'ultimo check point sul ponte, Ala'a non trova taxi per raggiungere Gerico. Ormai non ci sono più viaggiatori a quell'ora. Tutti sono a casa, a mangiare e a festeggiare con la propria famiglia il primo giorno di Aid Al Fitr, dopo la fine del Ramadan. Ala'a è ancora lì, solo, in mezzo alla strada... con il cellulare quasi scarico... e il suo pacchetto di sigarette ormai finito. E' dalla sera precedente che non tocca cibo o acqua; è affamato, stanco, triste, e... scoraggiato. La notte gli sembra più nera del solito, sebbene la luna in cielo sia grande e luminosa. Non sa cosa fare, dove andare... Forse dormirà all'aperto quella notte...

Io, dall'Italia, dal calduccio di casa mia, con la pancia piena, mi sento in colpa... Sono preoccupata. Non posso fare nulla per aiutarlo, sono impotente. Ripeto a me stessa che non è giusto. Vorrei tanto parlargli, rassicurarlo, ma ho paura di chiamarlo ... e se poi il cellulare si scarica definitivamente e lui ne ha ancora bisogno per emergenze?!?

Solo il giorno dopo alle 13.00 arriva finalmente a casa, a Halhul...

Sebbene questi primi due tentativi sono andati male, io e Ala'a non ci perdiamo d'animo, ci facciamo forza a vicenda e decidiamo di seguire le procedure alla lettera e di richiedere al Ministero il sopraccitato permesso d'ingresso.

Mi manca tanto, la mia famiglia è desiderosa di riabbracciarlo e lui non vede l'ora di prendersi una pausa dall'occupazione e di trascorrere il Natale con me.

Grazie a suo zio, residente ad Amman che garantisce per lui, ottiene finalmente un permesso... ma di durata troppo breve... Il giorno in cui lo riceve via fax dallo zio è già scaduto! Lo zio allora lo fa rinnovare... e così passa altro tempo e altri soldi se ne vanno dalle tasche di Ala'a, che è ancora uno studente...

Tutte le feste ormai sono finite, le ho trascorse senza Ala'a... L'albero di Natale e gli addobbi abbiamo deciso di lasciarli fino al suo arrivo. Abbiamo comprato anche del salmone, pandoro, torrone... che abbiamo accantonato in attesa di mangiarli con lui. Dall'inizio di Dicembre io e la mia famiglia continuiamo a pensare a cosa faremo quando Ala'a sarà finalmente tra noi. La speranza di vederlo presto non ci hai abbandonati e il nuovo anno ha incrementato la positività con la quale abbiamo decido di vivere gli eventi, belli o brutti che siano.

Ieri mattina Ala'a è pronto a partire: le valigie sono chiuse, il biglietto aereo e il permesso li ha nella tasca della giacca. Lo chiamo per augurargli buona fortuna, per dirgli di stare attento e per fargli sapere che comunque andranno le cose noi siamo la sua famiglia, gli vogliamo bene, ...anche a distanza, e non perderemo la speranza., mai!

Il giorno prima, a Halhul, c'era coprifuoco. L'ultimo attentato a Tel Aviv ha portato all'intensificazione dei posti di blocco in tutta la Cisgiordania e Striscia di Gaza. Tutte le strade intorno a Hebron sono chiuse. Raggiungere Betlemme e il pulmino per Gerico è un'impresa impossibile. Sulla strada verso un villaggio a nord di Hebron, Ala'a incontra degli uomini di ritorno da Wadi Al-Nar (La Valle del Fuoco), sulla via per Gerico. Gli dicono che le forze di sicurezza israeliane hanno istituito un nuovo check point e che cento metri prima di esso i soldati fermano tutti quelli che si avvicinano, li fanno spogliare completamente e poi, con il fucile puntato addosso, chiedono quale parte del loro corpo preferisco che gli venga rotta..., una gamba, un braccio, la testa...



Ala'a ritorna a casa..., é impossibile spiegare come si sente. Si sforza di trovare una soluzione, come se tutto dipendesse da lui, dalle sue abilità. Accende il televisore e le notizie che aggiornano la situazione nei Territori si susseguono drammaticamente: missili su Gaza, Nablus rioccupata, posti di blocco ovunque, e.... una nuova restrizione... decisa ad altissimo livello dal Governo Sharon appena dopo l'attentato a Tel Aviv:

NESSUN PALESTINESE TRA I 16 E I 35 ANNI PUÒ' LASCIARE LA CISGIORDANIA E LA STRISCIA DI GAZA.... FINO A DATA DA DEFINIRSI!



Oggi abbiamo messo in cantina l'albero di Natale e forse questa sera a cena i miei genitori mangeranno salmone.

Ala'a non arriva più.

Io e Ala'a siamo comunque felici. Anche oggi abbiamo riso insieme al telefono. Gli ho detto che, dopo tutto quello che ha vissuto, mio papà è preoccupato che sia lui il prossimo kamikaze. Ala'a ha risposto che ora più che mai vuole venire in Italia e ha tante ragioni per amare la vita.

Ala'a non si arrende. E io lo aspetto ancora in Italia.