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Newsletter N.15 del 10 Dicembre 2002
- Subject: Newsletter N.15 del 10 Dicembre 2002
- From: newsletter at bbs.olografix.org
- Date: Tue, 10 Dec 2002 13:32:55 +0100
============================================ *** Associazione Culturale Telematica *** ********** "Metro Olografix" ********** Newsletter n. 15 del 9 dicembre 2002 ============================================ IN PRIMO PIANO ------------------------- Tutti i bit della mia vita Il sogno abnorme - e parecchio inquietante - di costruire un database che registri tutto di tutti FRANCO CARLINI «MyLifeBits», ovvero «Tutti i bit della mia vita». Così si chiama il progetto sulla memoria della vita delle persone cui sta lavorando un gruppo di ricercatori della Microsoft un po' speciali, dato che sono a San Francisco anziché a Redmond e per ora non cercano di trasformare le loro idee in un prodotto immediatamente vendibile. Immaginate dunque di poter raccogliere e memorizzare tutti i documenti, i suoni, i volti, le immagini della vostra vita, o di quella dei vostri cari. Un gigantesco database multimediale dove ognuno che lo voglia potrà depositare un terabyte di informazioni all'anno. Un tera vuol dire 10 alla 12esima potenza, ovvero mille miliardi di byte; dove un byte equivale a un carattere e dove questa pagina del manifesto vale poco più di 10mila byte; dunque un tera equivale a 10 milioni di queste pagine o, se si preferisce, a 500 dischi fissi da computer, ognuno delle dimensioni di 20 giga. In un terabyte ci stanno 3 milioni e 600 mila immagini (circa 10mila al giorno). All'idea lavora un grupp o di giovani, guidati da un vecchio informatico come Gordon Bell (vedi a parte); insieme cercano di realizzare oggi un'idea avanzata per la prima volta nel lontanissimo 1945 da Vannevar Bush. Questi, che tutti considerano uno dei padri dell'Informatica, aveva chiamato Memex la sua macchina originaria, mai realizzata perché le tecnologie non lo consentivano, ma perfettamente immaginata dal punto di vista concettuale. Nelle parole dell'autore si trattava di «un apparato in cui le persone possano immagazzinare tutti i propri libri, annotazioni e comunicazioni, meccanizzato in maniera tale da poter essere consultato in maniera assolutamente veloce e flessibile». L'articolo originale di Vannevar Bush, intitolato «As we may think» è tuttora disponibile in rete sul sito della rivista che lo pubblicò, The Atlantic, all'indirizzo www.theatlantic.com/unbound/flashbks/computer/bushf.htm. Bush pensava a un archivio esclusivamente testuale, mentre Bell e i suoi collaboratori stanno progettando, in linea con i tempi moderni, un contenitore capace di ospitare anche i suoni, le voci e le immagini. Dopo di che si sono dati da fare per vedere come realizzare due delle caratteristiche fondamentali di quel sogno lontano: le annotazioni e i link, entrambe essenziali per rendere possibili le ricerche nell'archivio. Com'è ovvio si tratta di un problema generale, e non solo relativo alla memoria personale di ognuno. Se è relativamente facile descrivere con poche parole il contenuto di un documento testuale, non altrettanto lo è quando si tratti di un filmato o di una raccolta di suoni. Certo si può scrivere su una videocassetta «festa di compleanno di Paola, gennaio 1995», ma quella descrizione potrebbe rivelarsi povera e inadeguata quando nel 2005 si volesse consultarla: magari stiamo cercando le immagini del cugino Giovanni e non ci ricordiamo che era al compleanno; battiamo «Giovanni» nel motore di ri cerca del nostro archivio di vita e non troviamo nulla. Nello stesso tempo una descrizione troppo dettagliata di quella festa di compleanno (chi c'era, dove si è svolta, come eravamo vestiti, eccetera) richiederebbe troppo tempo e fatica. Gordon Bell e soci stanno provando delle architetture software che trovino un equilibrio soddisfacente (un compromesso dignitoso) tra le due esigenze opposte, quella di una schedatura facile e veloce e quella di una ricerca altrettanto facile e altrettanto veloce. Sono favoriti in questo dai grandi progressi della tecnologia che mette a disposizione dischi di memoria enormi a costi assai bassi e processori potenti e veloci in grado di scandagliare gli angoli più remoti dell'archivio. Ma la tecnica non basta, quello che serve è un modello concettuale, che poi possa calarsi in un software adeguato. Per ora la soluzione non c'è, ma le linee di ricerca sono leggibili all'indirizzo http://research.microsoft.com/~jgemmell/pubs/MyLifeBitsMM02.doc. Fin qui la tecnologia, ma il progetto delinea anche un'altra questione, quasi filosofica, relativa alla memoria. La quale è una caratteristica essenziale degli esseri viventi e un elemento costitutivo dell'identità di ogni umano. Ma è anche una cosa assai strana. Infatti per quanto enorme sia il nostro cervello, esso non sarebbe comunque in grado di immagazzinare tutti gli eventi che lo animano ininterrottamente, anche quando dormiamo. Dunque l'oblio, il dimenticare, è parte essenziale della memoria. Si ricorda e si dimentica in maniera selettiva, secondo regole che nessuno è mai stato in grado di spiegare fino in fondo. Apparentemente, infatti, non ci sono criteri ovvii di rilevanza o se ci sono non sono quelli della razionalità pura. La cosa dipende da molti fattori, non ultimo dal fatto che l'attività percettiva e quella di memorizzazione sono realizzate da un apparato (il corpo umano) assai particolare: la memoria viene iscritta in una grande rete di neuroni e in particolare quella a lungo termine si dep osita come modificazione dei contatti tra le cellule cerebrali stesse, le sinapsi. La numerosità di questi luoghi e degli eventi che lì si svolgono ne ha fatto finora un oggetto quasi indecifrabile. Ma oltre a tutto questa macchina cerebrale, vive dentro un corpo, lo influenza e ne è influenzata e perciò la fissazione di un episodio, così come un'idea o uno stato d'animo, non dipendono solo dalla circuiteria delle cellule nervose, ma anche dal mal di pancia, dalla pressione sanguigna di quel momento e da infiniti altri input. E poi la memoria non è affatto un magazzino statico, ma un'esperienza mentale dinamica: ogni volta che si rievoca un lontano episodio, un volto, un suono, lo si rielabora e lo si trasforma, sì che il ricordo può risultare molto difforme dai fatti come effettivamente si svolsero. Insomma: non c'è nulla di più prezioso dei nostri ricordi, ma questi sono altamente inaffidabili: violentemente selezionati all'inizio e continuamente modificati dall'attività mnemonica stessa. Inaffidabili non vuol dire che siano falsi o inutili: in qualche modo sono pur sempre parenti del reale, ma ombre appunto, e deformi. E il fatto che si ricordino certe cose in quel modo è comunque esso stesso una testimonianza: è questo un problema con cui si cimentano i cultori della storia orale i quali sanno che il racconto riversato nel registratore dai testimoni è certamente viziato, ma al tempo stesso significativo. Allora le domande si accumulano: una volta che si abbia un archivio del genere sarà meglio o peggio? E' meglio ritrovare le esatte testimonianze del passato, come rovistando in una gigantesca scatola da scarpe piena di fotografie, oppure lasciare che i nostri neuroni via via trasfigurino i ricordi? In termini personali è esattamente lo stesso problema che si vanno ponendo i moderni archivisti in un'epoca in cui sembra che sia possibile conservare tutto per le future generazioni. L'atto del conservatore finora è sempre stato frutto di una scelta: questo sì e questo no. Magari arbitraria e discutibile, ma di solito inserita in un'idea della storia e della cultura. Quando invece sia possibile tramandare ogni e-mail, ogni minimo documento, ogni filmato di telegiornale o di vacanza privata, che ne è di questa disciplina? Un semplice lavoro di etichettatura dei reperti? E l'accumulo del tutto non rischia di lasciare troppo alle generazioni che verranno? http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/08-Dicembre-2002/art9.html --- Nella nuova legge comunitaria la delega per la revisione di tutta la normativa Un codice dei documenti informatici Approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati la delega il Governo per la riscrittura di tutta la normativa su documenti informatici, firma digitale e firme elettroniche. Intanto il Ministero della attività produttive emana una circolare sull'invio degli atti societari ai registri delle imprese: obbligo rimandato, regime misto. Per la firma digitale si ricomincia da tre (M. Cammarata) La delega nel testo della legge di semplificazione 2001 Circolare del Ministero delle attività produttive 29 novembre 2002, n. 3553/C http://www.interlex.it/ TECNOLOGIA&INTERNET -------------------------------------- Nasce la tv contro la guerra ARTURO DI CORINTO Organi di collegamento nel mondo degli insetti anziché una ragnatela per acchiappare le mosche alle proprie posizioni. Per l'agire reticolare di un movimento che è esso stesso un medium, probabilmente è questa modalità di costruzione delle connessioni fra la galassia dell'informazione indipendente che alla lunga risulterà vincente. Forse solo perché è l'unica praticabile in una situazione che per il diritto all'informazione è tanto straordinaria (il monopolio Rainvest) quanto pericolosa (il conflitto d'interessi) e desolante (l'attacco all'autonomia dei giornalisti). E l'esempio potrebbe venire proprio da NoWarTv, il progetto di convergenza di televisione, satellite (canale 150 Goldbox, decoder Tele+ e Stream), radio e Internet pensato per garantire la copertura informativa delle iniziative per la pace e contro la guerra del 10 dicembre, anniversario della dichiarazione dei diritti umani, al suono di «Fuori l'Italia dalla Guerra», manifestazione promossa da Emergency, Rete Lilliput, Libera, Tavola della Pace e Social Forum (www.nowartv.it). NoWarTtv, che dovrebbe garantire la copertura delle 120 piazze dell'evento (ci saranno cortei, sit-in e concerti da Trento a Palermo), segue a ruota esperienze similari di informazione alternativa e autogestita, come Global Tv, tivvù satellitare e analogica disobbediente, che ha avuto i primi vagiti a Firenze durante il Social forum, ma anche quella di HubTv, la tv pirata inaugurata a Firenze negli stessi giorni o le televisioni di quartiere TeleOrfeo e TeleFabbrica (www.telestreet.it). NoWarTv è un modello ibrido di televisione che potrebbe svilupparsi in rete diventando lo snodo di un tipo di informazione prodotta per mezzi e pubblici differenti con l'ambizione di coprirli tutti. E stavolta non sarà un unico gruppo a fare la tv per il movimento, ma tante singolarità dalle provenienze più disparate, mediattivisti, hacker e professionisti della tv e dei media mainstream. Il progetto prevede una regia, a Roma negli ex studi Voxson, tre uplink in alcune piazze particolarmente significative, a Bologna (dove sarà presente Sergio Cofferati), a Termini Imerese (dove Telefabbrica è appena stata chiusa) e a Genova o Milano. Via corriere arriveranno contributi da Venezia come da Napoli, e ci saranno collegamenti dagli studi di Roma in compagnia della «famiglia Guzzanti» (Corrado, Sabina e Cristina), di Giobbe Covatta, Vauro, Beppe Grillo, forse Santoro, ma anche di Gino Strada, don Ciotti e altri che dal nord al sud dell'Italia tenteranno di raggiungere gli studi nelle 3 ore di diffusione analogica (h. 21-24) garantita dal circuito di Europa 7 come era accaduto per il Fse di Firenze e prima ancora per lo Sciuscià post Bulgaria. Gran parte del merito di questa iniziativa va paradossalmente alla censura diretta e indiretta esercitata dalle tv private e di stato che gareggiano con se stesse per occultare il fermento che oggi si agita nella società italiana e, a pari merito, va alla stolida ostinazione di chi continua a difendere un modello centralizzato di informazione che non può più reggere di fronte al dispiegarsi dell'innovazione tecnologica, dell'universalità del linguaggio digitale e della cultura dell'informazione indipendente. Ma NowarTv è un progetto per niente scontato e ancora col sapore della scommessa, data l'eterogeneità dei partecipanti, la limitatezza delle risorse e il fiato grosso di una corsa contro il tempo. Perciò anche se la stessa partecipazione del movimento a NoWarTv dovrebbe essere favorita da un catalizzatore come Emergency, che l'ha proposta contro una guerra già cominciata, la scommessa è di vedere se sarà possibile allargare l'opposizione all'intervento militare in Iraq alla guerra economica e sociale, ci oè all'attacco ai diritti dei lavoratori, alla libertà di associazione e di espressione e non solo alla guerra portata dalla globalizzazione liberista che usa le bombe per aprire e controllare nuovi mercati. http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/08-Dicembre-2002/art6.html --- LA TELE SOTTO GIUDIZIO Il peso della Consulta sulla riforma della Tv Secondo la Corte, dal 2004 Retequattro dovrebbe trasmettere via satellite. E Raitre rinunciare alla pubblicità. Ma il Governo frena: prima la riforma. Tempi più lunghi anche per la pay Tv unica: su Sky Italia l'Antitrust europeo deciderà a marzo di Alessandro Lubello http://www.mytech.it/mytech/mercato/art006010043589.jsp TEMI&APPROFONDIMENTI ------------------------------------------ Privacy, una risorsa democratica La posta in gioco della tutela dei dati personali nelle società della guerra infinita e dell'emergenza continua. Domani un convegno internazionale del Garante. Intervista a Stefano Rodotà IDA DOMINIJANNI Le ultime polemiche riguardano l'ipotesi di istituire un registro dei sieropositivi, a scopi di sicurezza sanitaria prevedibilmente ribaltabili in dispositivi di discriminazione. Nella società dell'informazione, la tutela della privacy si trova sempre più spesso al crocevia fra strategie di controllo e esercizio di libertà individuali e collettive. Se ne occuperà, domani e venerdì, una conferenza internazionale organizzata a Roma, piazza di Montecitorio 123/A, dal Garante per la protezione dei dati personali. Con l'intenzione, come recita il titolo, di ribaltare la percezione della privacy «da costo a risorsa». Stefano Rodotà, presidente del Garante italiano e dei Garanti europei, ne anticipa alcuni temi. La tutela della privacy comporta troppi vincoli burocratici e troppi costi: sono due critiche classiche al vostro operato. Hanno qualche fondamento? Come tutte le critiche sì, ma sempre meno. I vincoli burocratici sono diminuiti, grazie ad alcune nostre iniziative legislative. Quanto ai costi, costano anche le norme sugli infortuni sul lavoro, però servono a salvaguardare diritti fondamentali. E sempre più, oggi, la privacy si impone come diritto fondamentale, come un pezzo della dignità della persona - la Carta europea dei diritti le dedica non a caso un articolo apposito. Se costa, pazienza. Di converso, come la conferenza dimostrerà, sta anche diventando una risorsa: economica, oltre che di cittadinanza. Molte imprese, sia negli Stati uniti sia in Europa, cominciano a usare la tutela della privacy come un asset concorrenziale, essendosi accorte che gli utenti pubblici e privati del commercio elettronico mettono la protezione dei loro dati - ad esempio, la garanzia che essi verranno cancellati una volta effettuata una transazione - in cima alle loro preoccupazioni. La tutela della privacy diventa così una strategia cruciale di fidelizzazione del client e. Altra critica: la privacy privatizza, acuisce l'atomismo sociale. Un tempo si sarebbe detto: è un diritto borghese. Si sente ancora, questa critica? Come no, ad esempio fra i communitarians americani. Ma anch'essa si può considerare superata, con l'evoluzione europea del concetto di privacy. Prendiamo l'Italia: la privacy è entrata nel nostro ordinamento con lo statuto dei lavoratori, come divieto di sorvegliarli, perquisirli, schedare le loro opinioni politiche e sindacali. Una norma contro la discriminazione, altro che diritto borghese, che allora garantì gli operai Fiat dalle schedature di Valletta come oggi tutela i malati di Aids dal rischio di dover entrare in clandestinità. Innestata sul diritto europeo, la tutela della privacy esce dall'atomismo sociale, diventa garanzia per il godimento dei diritti politici, si afferma come un elemento della cittadinanza. Dunque privacy come risorsa per il cittadino, prima che per l'impresa. Ovviamente, e tanto più oggi che viviamo in una società in cui la circolazione delle informazioni è cruciale, e di conseguenza diventa cruciale il potere di controllare l'uso che se ne fa. Da quando la nostra legge sulla privacy è entrata in vigore, nessun soggetto privato può raccogliere dati personali senza il consenso dell'interessato e nessun soggetto pubblico può farlo senza un fondamento normativo. E' stato istituito dunque un potere individuale e collettivo di controllo. Parli dell'Italia, e del concetto europeo di privacy. Ma il campo della privacy è oggetto di controversia nei rapporti fra Europa e Stati uniti. Già sotto l'amministrazione Clinton, gli Stati uniti malsopportavano le richieste di tutela dei dati dei cittadini europei. Una sessione della vostra conferenza è dedicata alla globalizzazione delle garanzie: è una prospettiva possibile? Noi provammo a imporla già nella conferenza di Venezia due anni fa, e gli americani erano contrari: la privacy l'hanno inventata loro, ma ora malsopportano la sua rideclinazione europea in termini di diritti. Anche se il quadro dei rapporti fra Europa e Stati uniti è in movimento. Due anni fa, nel corso di una mia audizione al Congresso americano, la richiesta di noi garanti europei di condizionare alla protezione l'invio di dati oltreeoceano fu accusata di autoritarismo, paternalismo, violazione della libertà. Oggi questo atteggiamento sta cambiando. Un po' perché alcuni stati americani stanno varando proprie leggi in materia di privacy, e le autorità federali cominciano a pensare che sia auspicabile una legge federale. Un po' perché molte società americane ormai accettano di proteggere i dati dei cittadini europei, e i cittadini americani cominciano a reclamare lo stesso trattamento. In questo come in altri campi, gli americani che hanno a cuore i diritti guardano all'Europa come al bastione della loro dif esa. Il punto è capire se queste tendenze positive reggeranno di fronte alle pretese di total awareness che ispirano l'amministrazione Bush... Cioè? Dopo l'11 settembre, il governo americano sta progettando una serie di strategie per avere il controllo totale di tutto in tutto il mondo: telefonate, e-mail, sms, viaggi in aereo - hanno chiesto di avere l'accesso a dati delle compagnie aeree dell'intero pianeta, e il garante europeo ha espresso parere negativo. Ma le novità più rilevanti si profilano nell'Homeland Security Act del 19 novembre: istituzione di un superministero degli interni, accesso generalizzato alle banche dati. Si profila una Grande Fratello non più nazionale ma globale: la tecnologia rende oggi un'eventualità molto concreta quello che fino a pochi anni fa era solo un incubo. Per fortuna spuntano anche degli anticorpi spontanei: la lobby degli internet provider, ad esempio, ha impedito che nel Patriot Act passasse la norma che imponeva loro di conservare tutti i dati del traffico in Rete. E spuntano degli effetti controparadossali: le stesse banche dati che vengono usate nella lotta al terrorismo, possono essere usate dalle reti terroris te a proprio vantaggio, e sono vulnerabili dal cyberterrorismo degli hackers. D'altronde non siamo noi stessi, a sinistra, a contrapporre le misure di intelligence alla guerra contro il terrorismo? Sì, ma senza trasformare tutti i cittadini in sospetti terroristi. Il problema sta tutto qui: nel discrimine che passa fra sistemi di intelligence mirati contro il terrorismo e sistemi di controllo generalizzato che finiscono con l'essere contro la democrazia. Non possiamo azzerare tutte le libertà in nome della sicurezza. Qual è, nelle società democratiche, il limite passato il quale si produce un tradimento della democrazia? Guerra infinita e emergenza permanente rischiano di mutare la natura stessa dei sistemi democratici. Tu concepisci insomma la difesa della privacy come un'arma di lotta politica contro queste degenerazioni della democrazia? Sì, perché la privacy non è più quello che era in origine, la parola rischia ormai di essere inadeguata a dire la cosa. La posta in gioco non è più la tutela della vita privata, ma la protezione dei dati personali.Personalmente non sono fra quelli che sostengono che noi siamo ormai le nostre informazioni, e che il corpo umano coincide ormai con il corpo elettronico. Però è vero che ormai il sistema delle libertà e dei diritti è sytrettamente correlato all'uso delle informazioni. In un mondo così, la tutela della privacy altro non è che la difesa del diritto di muoversi liberamente nel mondo. http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/04-Dicembre-2002/art39.html --- Oggi e domani un convegno per discutere come l'e-commerce possa prosperare rispettando la privacy Basta e-mail spazzatura il garante corre ai ripari http://www.repubblica.it/online/scienza_e_tecnologia/spam/convegno/convegno.html NEWS DALL'ASSOCIAZIONE ------------------------------------------- http://www.olografix.org/lugescuole/ aggiornamento della rassegna stampa sull'evento -------------------------------------------- a cura di Loris D'Emilio http://www.olografix.org/loris/ Ø UNREGISTERED Version of PostMan for Wildcat 5.x
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