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La nonviolenza e' in cammino. 440
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 440
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 9 Dec 2002 00:27:37 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 440 del 9 dicembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace, contro la "teologia della guerra" 2. Andrea Cozzo, sulle importanti questioni poste da Giancarla Codrignani 3. Severino Vardacampi, su due questioni poste dall'editoriale di Giancarla Codrignani 4. Rete di Lilliput, no alla guerra 5. Peppe Dell'Acqua, in difesa della legge 180 6. Baldino Graziano, una lettera a sostegno della "ragionevole proposta" per salvare le vite dei migranti oggi condannati a morire nei nostri mari 7. Joan V. Bondurant, l'obiettivo del satyagraha 8. Laura Boella, una scelta di Hannah Arendt 9. Riccardo Orioles, da "Tanto per abbaiare" n. 155 10. Riletture: Anna Bravo, Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne. 1940-1945 11. Riletture: Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini 12. Riletture: Giuliana Martirani, Progetto Terra 13. Riletture: Patrizia Campagna, Progetto Terra. Repertorio 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: CONTRO LA "TEOLOGIA DELLA GUERRA" [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace at tin.it) per questo intervento. Lidia Menapace, gia' partecipe della Resistenza, e' tra le figure piu' vive e piu' lucide della cultura e della prassi che invera pace, dignita' umana, nonviolenza; tra le sue opere: (a cura di), Per un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001] Segnalo il bel volume di Massimo Toschi, L'angelo della pace. Il Vangelo nel tempo della guerra, "Quaderni di Missione oggi" n. 5, che raccoglie e ordina in un discorso organico e continuato una riflessione teologica sulla pace e sulla guerra e avverte documentatamente della ripresa di una "teologia della guerra" che Giovanni Paolo II deriva da Pio XII, invece di dare sviluppo e conclusione al discorso interrotto del Concilio Vaticano II, che si arresto' su pressione dei vescovi americani e del medioriente, prima di dichiarare sempre illecita la guerra nell'eta' dei mezzi di distruzione di massa. Attraverso la crepa dell'"ingerenza umanitaria" si arriva a giustificare gli interventi armati. Il bel testo mi e' venuto subito in mente quando ho visto che pochi giorni fa il papa ha ricevuto in pompa magna la Marina militare italiana col ministro della guerra Martino in occasione della festa di Santa Barbara: inaudito! La santabarbara e' il deposito delle munizioni e tipico appunto delle navi da guerra. La stessa santa e' anche protettrice dei vigili del fuoco, i quali operano delle "ingerenze umanitarie" che evidentemente Vaticano e Italia considerano meno importanti; la Marina militare invece si', che attacca persino le carrette del mare che portano esseri umani disperati verso le nostre coste... Gli effetti del rilancio della teologia della guerra si vedono subito: lo scandalo di una chiesa che ignora il vangelo si presenta di nuovo ai nostri occhi. Puo' darsi che sia ricattata da Bush sulla questione dei preti sessualmente violenti o da Berlusconi sulla questione dei finanziamenti alle scuole private e alla chiesa stessa con l'otto per mille: ma lo scandalo e' profondo. Aggiungo che "per giunta e buon peso" come dice un proverbio delle mie parti, adesso viene sconsigliato di ammettere al sacerdozio i credenti gay. Di bene in meglio! Intanto gli insegnanti di religione passano avanti a tutti i precari della scuola che dopo aver fatto concorsi e scalato graduatorie infinite vengono sorpassati da insegnanti della scuola privata e da insegnanti di religione senza concorso. I favori e gli scambi assomigliano molto allo scandalo dei mercanti nel tempio, verso i quali Gesu' Cristo ebbe un comportamento ai limiti della violenza, quando li scaccio' a staffilate dal tempio del quale facevano mercato. 2. RIFLESSIONE. ANDREA COZZO: SULLE IMPORTANTI QUESTIONI POSTE DA GIANCARLA CODRIGNANI [Ringraziamo Andrea Cozzo (per contatti: acozzo at unipa.it) per questo intervento. Andrea Cozzo insegna all'Universita' di Palermo, ove tiene un modulo di "Teoria e pratica della nonviolenza"; ha dato vita con altri, cinque anni fa, al "Seminario nonviolenza", un gruppo di studio e azione che si riunisce presso la Facolta di Lettere. Tra le sue opere: Tra comunita' e violenza. Conoscenza, logos e razionalita' nella Grecia antica, Carocci, Roma 2001] Accolgo con un po' di timidezza e in punta di piedi l'invito gentile ad intervenire sulle importanti questioni poste da Giancarla Codrignani nella sua "Lettera ai pacifisti dimezzati" pubblicata sul n. 437 di "La nonviolenza in cammino". Davvero non ne ho la competenza e temo che, anche per il tempo che ho a disposizione, mi possa mancare la chiarezza concettuale sufficiente. Tuttavia, credo pure che possa essere un buon segno "esporsi" a dire la propria anche in un campo in cui ci si sente insicuri, purche' si parli con rispetto ed umilta'. * Per vedere in che modo si puo' declinare la nozione di genere all'interno del pensiero (e della pratica) della nonviolenza, menzionerei subito, magari un po' pericolosamente, le parole di Gandhi sul rapporto tra la la "forza della verita'" (satyagraha) nel gioco dei conflitti, anche di quelli macrosociali, e i comportamenti all'interno della famiglia: "questa dottrina del satyagraha non e' nuova; e' solo un estendere al mondo della politica le leggi che regolano la vita familiare. I disaccordi in famiglia vengono di solito risolti con la legge dell'amore. Chi ha ricevuto un'offesa ha tanto riguardo verso gli altri che sopporta l'offesa, senza essere in collera con coloro che non accettano le sue idee. (...) cerca di non trasformare in principi cose di poca importanza, ma cerca di andare d'accordo con il resto della famiglia, sforzandosi di ottenere la pace per se' senza disturbare quella degli altri. Pertanto la sua azione, se resiste o si rassegna, e' sempre diretta al bene comune della famiglia. (...) Sento che le nazioni non possono essere unite, ne' le loro attivita' possono condurre al bene dell'umanita', a meno che la legge della vita familiare non venga accettata nei rapporti internazionali, in altre parole nel campo politico. Le nazioni possono dirsi civili solo nella misura in cui obbediscono a tale legge" (Mohandas Gandhi, La forza della nonviolenza, Emi, Bologna 2002, IV ed., pp. 42-43). E ancora: "la regola d'oro e' di essere amici di tutto il mondo e di considerare l'umanita' intera come una stessa famiglia" (L'arte di vivere, Emi, Bologna 1993, p. 95). Il motivo del comportamento in famiglia e del sentimento verso la famiglia come criterio per stabilire il comportamento e sentimento nonviolenti e' ricorrente anche in altri. Vinoba, ad esempio, vi fa riferimento per spiegare sia il funzionamento dell'amministrazione fiduciaria sia il concetto di villaggio ideale. Anche oggi, gli ultimi gandhiani dell'India, Krishnammal e il marito Jagannathan, sono chiamati rispettivamente, Amma e Appa ("mamma" e "papa'"). * E' chiaro che il modello familiare non e' da scambiare con un modello familistico e patriarcale: la famiglia funziona sia da metafora e valore simbolico per intendere il rapporto affettivo piu' totale e fiducioso, sia da luogo concettuale per pensare, come giustamente richiede Giancarla Codrignani, "l'attraversamento dei conflitti". E' proprio la piu' specifica distinzione di genere che Gandhi mette al lavoro nelle lotte concrete. Ad esempio, in Teoria e pratica della nonviolenza (Einaudi, Torino 1973, pp. 205-9, da cui le citazioni immediatamente seguenti) si puo' leggere della particolare funzione assegnata alle donne. Innanzitutto dal punto di vista delle capacita': "in questa guerra nonviolenta, il contributo delle donne deve essere maggiore di quello degli uomini. (...) Se per forza si intende la forza bruta, allora e' vero che la donna e' meno forte dell'uomo. Ma se per forza si intende la forza morale, allora la donna e' infinitamente piu' forte dell'uomo. (...) Se la nonviolenza e' la legge della nostra esistenza, il futuro e' delle donne". Poi dal punto di vista simbolico nella strategia comunicativa con l'avversario, in quanto "le donne non potranno mai essere sospettate di far violenza o di voler fare violenza a coloro ai quali la loro azione si rivolge", nonche' dal punto di vista della effettiva capacita' comunicativa: "chi meglio delle donne puo' riuscire a far presa sul cuore della gente?". Questa modalita' comunicativa che puo' "far presa sul cuore della gente" e' forse quella che proprio noi maschi conosciamo poco, in quanto abituati a coltivare piu' il valore "forte" della razionalita' che quello "debole" dell'affettivita', piu' il linguaggio universalizzante che quello umile e parziale, piu' il tono (e il modo) assertivo che quello dell'ascolto attivo, piu' il concetto di "parita'" scandito sul parametro maschile che quello di differenza. * Nell'ambito del buddhismo e' stato scritto da una donna che e' importante trovare sentieri spirituali che sviluppino le donne "come donne, non come entita' asessuate, che devono rinnegare la loro natura intrinseca per essere accettabili in campo spirituale", e che, se "a livello assoluto la vera natura della mente non possiede caratteristiche sessuali, a livello relativo i mezzi per raggiungere l'illuminazione devono essere adattati all'individuo" (T. Allione, Donne di saggezza, Ubaldini, Roma 1985, p. 49). Probabilmente dobbiamo ancora riconoscere che pure nella nonviolenza c'e', benche' a volte solo implicito (per cui e' bene fare il lavoro di esplicitazione), un posto importante per la distinzione di genere che spesso noi invece tendiamo ad ignorare. Anche al livello categoriale: il gandhiano "seguire la verita' quale ciascuno la vede", ma sempre da porre in gioco nell'incontro con gli altri, ad esempio, e' poi molto lontano da quel "partire da se'" che le donne della comunita' filosofica "Diotima" (La sapienza di partire da se', Liguori, Napoli 1996) hanno rivendicato come fondamentale per un pensiero concreto, attivo, non arrogantemente universalistico ma umile, legato alla soggettivita', anche fisica appunto, ed attento alle differenze? La negoziazione e il compromesso, e l'accoglienza, che tanta importanza giocano nella nonviolenza, non sono forse categorie squisitamente femminili? Anche in ambito piu' strettamente costruttivo, la capacita' femminile di fondare immediatamente alternativa e' lampante: individuando il carattere sessista delle banche tradizionali e dei loro metodi di prestito Muhammad Yunus, nella fondazione di Grameen Bank, che presta a tassi bonificati e solo a famiglie poverissime, si e' rivolto quasi esclusivamente alle donne: "la pratica ci ha dimostrato che le donne si adattano meglio e piu' rapidamente degli uomini al processo di autoassistenza. Sono piu' attente, si preoccupano di costruire un futuro migliore per i figli, dimostrano maggiore costanza nel lavoro. Il lavoro affidato a una donna per la gestione familiare rende piu' di quando passa per le mani dell'uomo" (Muhammad Yunus, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 2002, p. 88). Abbiamo bisogno delle donne, dunque. Eccome. Abbiamo bisogno del loro aiuto, del loro numero, delle loro modalita', dei loro insegnamenti. Si tratta di valorizzare la differenza che permetta "quello stile di politica e di economia 'al femminile', del prendersi cura, della corresponsabilita' e del servizio, indispensabile oggi alla storia umana, per vivere nel terzo millennio e nella 'civilta' della tenerezza'" (Giuliana Martirani, Il drago e l'agnello, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 2002, II ed., p. 248). * Forse si tratta, anche, di dare maggiore spazio in noi maschi alla nostra parte femminile (riconosciuta dalla psicologia odierna, oltre che dalla filosofia orientale, ad esempio dal taoismo), e ancor piu' alla nostra parte materna (per quanto questa possa essere soltanto pensata). Gandhi lo faceva. Della modalita' femminile, anzi materna, nel rapporto che egli instaurava con gli altri e testimone particolare Vinoba (Vinoba, Gandhi. La via del maestro, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1991, p. 23): "parlava come una madre, rispondeva come una madre e cosi' la gente si rivolgeva a lui senza esitare. Cosi' si esprimeva la sua compassione. Tra i bambini era un bambino. Tra le donne, una di loro. Gli parlavano sinceramente. Ognuno lo considerava membro della propria famiglia. Tutti quelli tra noi che gli erano vicini lo chiamavano Bapu [cioe': padre]. Piu' tardi l'intero paese prese a chiamarlo Bapu e poi Padre della Nazione. Ma quando penso a Bapu, penso a lui piu' come a una madre che come a un padre. Il nostro libro sacro dice: 'La gloria della madre e' mille volte quella del padre'. Bapu era una madre piu' che un padre". Secondo lo stesso Vinoba, del resto, "la base del satyagraha e' l'amore, (...) esso dovrebbe esprimere amore materno. (...) Cosa fa una madre? Dice al bimbo di svegliarsi e se il bimbo non ascolta lo scuote. Il tocco della mano che segue alla parola non e' un atto di violenza bensi' d'amore" (op. cit., pp. 74-75). Anche Capitini ha parlato in modo analogo: "Riguardo ad esseri umani la nonviolenza e' l'appello continuo e intenso alla comprensione, alla spontaneita', alla capacita' che ha l'altro essere umano di giungere ad una decisione razionale. Nel campo umano la dedizione a questo appello ha un fondamento piu' saldo che per ogni altro essere: basta che io pensi che colui che incontro, potrebbe essere mio figlio: (...) io penso che sempre nei riguardi di un essere umano debbo richiamarmi a un punto interno in cui io mi senta madre di lui; che debbo abituarmi a costituire costantemente questo atteggiamento del mio intimo; che, insomma, almeno per una volta, esaurite e sfogate se si vuole, tutte le altre possibilita', io debbo domandarmi: 'ma mi sono anche considerato pur per un istante madre di costui? Come agirei se fossi sua madre, certo una madre non stolta, ma pronta a vedere che cosa c'e' a favore di lui, a sperare per lui?'. La nonviolenza, porgendo l'appello alla razionalita' altrui, e' anche un potenziamento del tu, e dell'interesse a che l'altro viva, si svolga, e come un generarlo dall'intimo nostro, una gioia perche' l'altro esiste, un appassionamento alla radice" (Il messaggio di Aldo Capitini, a cura di G. Cacioppo, Lacaita, Manduria 1977, pp. 226-227). E in Teoria della nonviolenza (Quaderni di "Azione Nonviolenta" n. 6, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1980, p. 16) diceva: "dire un tu ad un essere concreto e individuato; e' avere interessamento, attenzione, rispetto, affetto per lui; e' avere gioia che esso esista, che sia nato, e se non fosse nato, noi gli daremmo la nascita: assumiamo su di noi l'atto del suo trovarsi nel mondo, siamo come madri". La nonviolenza, come e' noto, e' antica come le montagne; forse e' meno noto che gli strumenti della nonviolenza si possono considerare ben vecchi proprio "se pensiamo che le madri li hanno sempre usati" (Aldo Capitini, Rivoluzione aperta, Parenti, Firenze 1956). 3. RIFLESSIONE. SEVERINO VARDACAMPI: SU DUE QUESTIONI POSTE DALL'EDITORIALE DI GIANCARLA CODRIGNANI [Severino Vardacampi e' schivo un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo] Mi sembra che l'editoriale di Giancarla Codrignani apparso sul notiziario n. 437 del 6 dicembre, ripreso e sviluppato dall'editoriale di Lidia Menapace apparso sul notiziario n. 438 del 7 dicembre, ponga questioni decisive. Vorrei provare a segnalarne due. * La prima: una questione, diciamo cosi', immediata e contingente: la necessita' di contrastare le derive maschiliste, autoritarie, militariste e violentiste che possono distruggere il movimento per la pace, e questo soprattutto in un momento come quello attuale in cui il movimento per la pace dovra' fronteggaiore il pericolo di una nuova guerra che potrebbe presto diventare una vera e propria guerra mondiale quantunque "asimmetrica" che potrebbe mettere in pericolo l'umanita' intera (nell'eta' atomica indagata da Guenther Anders ogni guerra puo' innescare la catastrofe del genere umano). E' questione da non sottovalutare, e su questo foglio da anni si cerca di apportare qualche contributo di chiarezza e di proposta. Che vorrei provare a riassumere cosi': a) ci si puo' opporre con efficacia alla guerra solo se si e' un movimento effettualmente, concretamente costruttore di pace, e quindi non subalterno alla cultura maschilista, totalitaria e guerrafondaia; occorre quindi essere un movimento che si opponga a tutte le violenze, e che nel suo stesso esistere non riproduca modalita' autoritarie, carrieriste, militariste, violentiste. A questo fine il contributo del movimento delle donne, della cultura delle donne, del pensiero e delle pratiche delle donne, e' semplicemente fondamentale. Che molti maschi non se ne accorgano e' cosa che inquieta enormemente me e credo tutte le persone ragionevoli. b) Occorre che il movimento che si oppone alla guerra e vuole impegnarsi per la giustizia e la dignita' umana faccia la scelta della nonviolenza come forma di opposizione intransigente a tutte le violenze; solo la scelta della nonviolenza consente di essere un movimento per la pace adeguato alla terribile situazione del mondo di oggi. E per fare la scelta della nonviolenza occorre mettersi all'ascolto e alla scuola delle grandi esperienze storiche della nonviolenza, e tra esse decisive mi sembrano due: la Resistenza al fascismo (che e' stata nella sua grandissima parte esperienza di resistenza nonviolenta - questa e' la verita' storica, ben diversa dalle ricostruzioni cinematografiche di una industria culturale maschilista, bellicista, gravemente fascistizzante e narcoticamente consumistica), e le lotte dei movimenti delle donne per la dignita' umana, per l'ambiente, per la convivenza, per la pace (e infiniti esempi ed innumerevoli nomi potrebbero essere fatti). Il fatto che molti dicano di essere vicini alla nonviolenza e poi ne ignorino pressoche' tutto, e lo dimostrano proprio soprattutto negando valore e dimenticando completamente le rilevantissime esperienze nonviolente di pensiero e di azione delle donne, e' sintomatico di un'ambiguita' morale, di un obnibilamento cognitivo, di una insipienza politica che sono sconcertanti e le cui conseguenze sono e non possono non essere nefaste. c) Solo se si fa la scelta preliminare e fondante della nonviolenza sara' possibile opporsi concretamente alla guerra, in modo non subalterno, in modo non rituale, in modo non ridicolo e recuperato a priori dal potere bellicoso e bellicista; solo se si fa la scelta della nonviolenza si possono poi fare le cinque cose che occorre fare davvero e innanzitutto: - azioni dirette nonviolente che contrastino operativamente ed efficacemente la macchina bellica (come l'esperienza delle mongolfiere della pace nel '99); - una campagna di massa di disobbedienza civile vera che miri a bloccare la catena di comando dei poteri politici ed amministrativi fedifraghi e fuorilegge, golpisti e stragisti, che alla guerra trascinassero il nostro paese; - la preparazione di uno sciopero generale che provochi la caduta del governo e lo scioglimento del parlamento che violando la Costituzione italiana aderissero alla guerra immorale e illegale; - la campagna di denunce penali da presentare a tutte le forze dell'ordine ed a tutte le magistrature per chiedere l'arresto e il processo e la punizione dei golpisti stragisti per violazione della Costituzione e crimini di guerra e contro l'umanita'; - e prioritariamente (perche' per far tutto questo occorre una preparazione severissima e partecipatissima ed autenticamente intimamente trasformatrice) una formazione e un addestramento di massa alla nonviolenza: ai valori logici, ermeneutici ed assiologici della nonviolenza, alle tecniche deliberative ed operative della nonviolenza, alle strategie della nonviolenza, alle metodiche e progettualita' della nonviolenza (e lasciamo che siano i cretini a brigare per finire in tivu' o sui giornali, ed asteniamoci nel modo piu' rigoroso dal fare le pagliacciate che piacciono ai mass-media e agli insensati e comici ideologi che confondono la realta' con quello che i padroni delle tivu' fanno vedere sugli schermi - appunto: schermi). Ma per far queste cose che a me paiono necessarie e le sole ad un tempo utili e praticabili quantunque almeno in parte difficilissime e di esito incerto ("di esito incerto": e' la formula con cui Giaime Pintor definisce la sua "impresa" nell'ultima lettera al fratello Luigi - e riecheggiava quella "intrapresa risicata" del testamento politico dell'amato Pisacane), e' indispensabile mettersi alla scuola della cultura e della prassi del movimento delle donne, delle tradizioni teoretiche ed esperienziali dei movimenti femministi, delle proposte ermeneutiche e politiche in senso forte - arendtiano - che dalle acquisizioni e proposte della cultura delle donne dell'ultimo secolo a tutti noi vengono come dono grande e illuminante orientamento. Se non si accolgono nel campo delle nostre risorse teoretiche e comportamentali le idee e le pratiche grandi di movimenti come ad esempio quello delle Madri e Nonne di Plaza de Mayo, o le donne in nero, o le lotte delle donne in India; e le esperienze e riflessioni di figure come Etty Hillesum, Virginia Woolf, Simone Weil, Hannah Arendt, Simone de Beauvoir; e Germaine Greer, Franca Ongaro Basaglia, Luce Irigaray, Rigoberta Menchu', Aung San Suu Kyi, Vandana Shiva e molte altre; ebbene, se non si fa tesoro e non si valorizza questa ricchezza, il nostro accostamento alla nonviolenza non sara' tale ma solo autoinganno; e il nostro agire per la pace sara' cosi' inane ed intimamente falso che meglio sarebbe non far nulla invece che far cose peggio che inutili, controproducenti ed autolesioniste. * La seconda questione (ma di questa scrivero' molto piu' frettolosamente, non voglio sottrarre troppo spazio): non e' possibile essere movimento per la pace, e ancor meno e' possibile essere persone amiche della nonviolenza, se non si parte dalla lettura e discussione e meditazione delle Tre ghinee di Virginia Woolf, se non si coglie la crucialita' di quell'analisi che connette maschilismo, fascismo e guerra. Chi pensa di potersi opporre alla guerra senza opporsi anche al fascismo e al maschilismo e' peggio che un illuso: e' uno sciocco e un malandrino. Chi pensa di poter essere antifascista senza lottare contro l'ideologia e le prassi patriarcali e maschiliste non e' una persona seria, non e' una persona ragionevole, non e' una persona onesta. Cosi' come tutti siamo dovuti passare, scrisse quell'esule e non fallava, attraverso il torrente di fuoco (feuer-bach: Feuerbach), ugualmente tutti dobbiamo passare attraverso la riflessione di Virginia Woolf, altrimenti il nostro parlare di pace e di nonviolenza e' solo chiacchiera e fumisteria: potremo pure ingannare noi stessi, ma non inganneremo nessun altro, e non fermeremo la guerra (che, scrisse Gandhi, e' sempre omicidio di massa) ne' rovesceremo l'ingiustizia strutturale che oggi vampirizza e strazia e uccide innumerevoli esseri umani e devasta ed inquina e soffoca nella morte quest'unico mondo che abbiamo. * Queste due cose essenziali mi pare di aver colto da quanto Giancarla Codrignani e Lidia Menapace hanno scritto. Vorrei sperare che molte altre e molti altri su questo intervenissero, almeno sul nostro notiziario. 4. INCONTRI. RETE DI LILLIPUT: NO ALLA GUERRA [Dagli amici della Rete di Lilliput (per contatti: e-mail: ufficiostampa at retelilliput.org; sito: www.retelilliput.org) riceviamo e diffondiamo] "La guerra deve diventare un tabu' per l'umanita'". Con queste parole il missionario comboniano Alex Zanotelli e Gino Strada di Emergency hanno aperto a Vico Equense i lavori dell'Assemblea programmatica di Rete Lilliput che definira' le campagne prioritarie per il 2003. Il rifiuto della guerra e' la priorita' numero uno sulla quale tutto il movimento italiano sta lavorando in maniera coordinata dopo la grande manifestazione del 9 novembre a conclusione del Forum Sociale Europeo. Zanotelli ha ricordato davanti ad una platea di 350 persone provenienti da tutta Italia come "il conflitto contro l'Iraq costera' ai soli Stati Uniti dai 250 ai 1.250 miliardi di dollari mentre basterebbero 13 miliardi di dollari l'anno per risolvere il problema della fame e dell'accesso ai farmaci in tutto il pianeta". Dati che indicano come il governo del mondo sia nelle mani di un gruppo di potere asservito agli interessi economici e geopolitici dominanti. Per Gino Strada, che dal 1994 opera in paesi teatro di conflitti armati come l'Afghanistan e l'Iraq, "il problema della guerra non e' contingente ma e' qualcosa di strutturale. La guerra contro l'Iraq, e le prossime annunciate contro gli "stati canaglia" dalla cosiddetta dottrina Bush, servono a mantenere gli stili di vita di un'esigua minoranza. Se tutti non hanno gli stessi diritti, questi diritti diventano privilegi. La Rete Lilliput riunita in assemblea e' convinta che la costruzione della pace dipenda da ogni singolo cittadino e dai suoi gesti concreti. Come ricorda Massimiliano Pilati referente del gruppo Nonviolenza "le azioni quotidiane sono basilari per cambiare questo sistema economico di sfruttamento. Adottare uno stile di vita sobrio, utilizzare prodotti dal basso impatto ambientale e sociale, togliere i propri risparmi dalle banche che agevolano il mercato delle armi, sono gesti personali ma molto concreti per costruire un'economia alternativa di giustizia". Da Vico Equense, sulla penisola sorrentina, Rete Lilliput invita tutti gli italiani a partecipare alle mille fiaccolate che il 10 dicembre illumineranno le strade del nostro paese nell'ambito della giornata dell'anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Il sostegno alla campagna "Fuori l'Italia dalla guerra" e' di vitale importanza per far comprendere al governo che la maggioranza degli italiani, nel rispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione, e' contro la guerra. 5. DIRITTI UMANI. PEPPE DELL'ACQUA: IN DIFESA DELLA LEGGE 180 [Dal quotidiano "Il manifesto" del 5 dicembre 2002 riprendiamo questo articolo. Peppe Dell'Acqua, tra i protagonisti dell'esperienza del movimento di psichiatria democratica, e' direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste] Caro giornalista, con questa lettera, che tante volte avrei voluto scriverti, vorrei rivolgermi ai tanti amici con cui so di condividere la fede nella democrazia e molte battaglie per il riconoscimento dei diritti di cittadinanza alle fasce piu' deboli della popolazione. Vorrei parlare a quanti, di fronte al rischio di cancellazione della legge 180, vogliono assumere posizioni di equilibrio neutrale, riconoscendo (e chi non la riconosce) la sofferenza che vivono le persone con disturbo mentale e le loro famiglie e ritenendo la chiusura dei manicomi come causa di quella sofferenza. A quegli amici che dichiarano ideologica ed utopica la 180 e che sono convinti che i malati di mente, cosi' li chiamano senza imbarazzo, vanno collocati in luoghi dignitosi che, per carita', non diventino "lager". Non c'e' imbarazzo nelle tue affermazioni perche' pensi al dolore delle famiglie, perche' pensi all'evidenza di troppe risposte mancate. Perche', come me, pensi di avere a cuore il destino delle persone con disturbo mentale. Eppure se tu avessi potuto attraversare, con me e con loro, gli ultimi trent'anni della storia psichiatrica italiana, forse qualche sicurezza la perderesti. E proveresti imbarazzo perche' quella legge (che io temo tu conosca poco), con un gesto assolutamente semplice e umanamente comprensibile, con un semplice atto di giustizia, ha restituito a quelle persone ridotte a "matti da legare" lo statuto di cittadini, il diritto ad esistere dentro quel contratto sociale da cui erano stati definitivamente espulsi in modo del tutto improprio, anche se "giustificabile" per la cultura scientifica del XIX secolo. Perche' oggi in Italia, grazie a quella legge, i soprusi che i malati e le loro famiglie continuano a subire sono riconosciuti per quello che sono: ingiustizie che, proprio perche' esiste quella legge, sono finalmente riconoscibili come tali. Le persone ancora legate ai letti, le porte chiuse, le mortificazioni corporali, gli abbandoni intollerabili sono gli oltraggi a quel diritto di cittadinanza, che oggi, quando viene violato o negato, genera imbarazzo, obbliga a nascondersi, a trovare scuse. E allora faresti fatica a liquidare cosi' in fretta la questione, pensando a una malattia che ancora si ritiene invalidante perche' non si sa di che cosa si sta parlando e ci si fida di parole di cui non si legge il significato. Proveresti imbarazzo perche' avresti visto troppe persone "dementi" riaversi, rimontare, rimettersi a parlare di se', di te, di tutti noi, rimettersi a guardare oltre il muro dietro cui la psichiatria aveva sepolto vive le loro storie. Conosceresti molti uomini e donne che oggi lavorano, hanno una famiglia, svolgono compiti di responsabilita', frequentano i teatri, i cinema, leggono, scrivono, giocano a calcio. Insomma amano fare le stesse cose che tu ami. Avresti visto che le persone con schizofrenia guariscono, e vogliono vivere e si battono per non essere mai piu' discriminate. * "Voglio che la gente capisca che io sono proprio come tutti gli altri. Sono una persona e voglio essere trattata come tale. Nessuno dovrebbe pensare di mettermi in una scatola con l'etichetta" ha detto con commozione Nadia, a un convegno delle associazioni di persone con disturbo mentale. Solo perche' non sei stato la', allora, continui a non sapere che quella sofferenza che chiamiamo "malattia mentale" non risponde ad alcun decorso inesorabile, ma che ben diversamente si gonfia, si piega o si frantuma a seconda di come la si guarda, la si ascolta; di come ci si avvicina a chi vi e' rimasto intrappolato. Che la malattia mentale non e' un'entita' granitica, un'evidenza biologica, un'ipoteca irreversibile sulla condizione umana. Che le ferite, le storture, i sobbalzi dell'esistenza di questi uomini e donne assomigliano ai nostri, che quel dolore ci riguarda ed e' comprensibile, come lo e' tutto cio' che appartiene all'umanita' che e' in noi. E solo dato che non sei stato la', continui a ignorare che la malattia si nutre dell'abbandono, della violenza, dell'incomprensione, eppure riesce a stemperarsi fino a sfaldarsi quando il diritto di cittadinanza che quella legge oggi sancisce si tramuta in appartenenza: nel diritto di esistere, abitare, lavorare, avere relazioni. E che oggi non e' piu' possibile spacciare la violenza, l'usurpazione, il controllo per pratica terapeutica perche' c'e' sempre, da qualche parte, qualcuno che finisce per smentirlo: un operatore, un volontario, un sindaco, una madre, un fratello, un semplice cittadino che sa. Una persona che chiede aiuto, che pretende di parlare, di capire, di essere ascoltata. Che chiede ostinatamente di guarire. Un padre o una madre che pretendono un figlio da amare e non qualcuno di cui avere paura, qualcuno di cui disfarsi, una povera cosa da abbandonare altrove. * Conosceresti, se invece fossi stato con me nei luoghi della follia, i sussulti, le tribolazioni, lo smarrimento della "scientificita' psichiatrica" perche' avresti incontrato i suoi cedimenti mille volte. Riconosceresti che l'inguaribilita' e la cronicita' nascondono l'incapacita' della psichiatria di vedere i propri limiti e l'inerzia che le impedisce di inventarsi strategie nuove e diverse. Avresti visto Servizi di Salute Mentale fasulli, inesistenti, grotteschi nel loro disimpegno, nella loro sciatteria, nella loro stupidita'; e ti accorgeresti della falsita' di chi intende far ricadere sulla legge la responsabilita' di questi fallimenti. Ma avresti visto anche centri di salute mentale territoriali funzionanti, residenze comunitarie, gruppi di convivenza diffusi in tutte le regioni italiane, e sapresti quanto e' stata ricca e faticosa la costruzione di una alternativa all'internamento, alla deprivazione, all'abbandono istituzionale, la costruzione di una risposta adeguata al bisogno di relazioni che le persone finalmente manifestano. Avresti incontrato migliaia di maestri, educatori, accompagnatori, attori, imprenditori, scrittori sempre molto motivati che hanno dato vita alle cooperative sociali: esperienze che sono oggi uno strumento irrinunciabile di emancipazione, di rimonta, che meglio dovrebbe essere conosciuto e alimentato. Avresti frequentato le tante associazioni formate da persone con disturbo mentale, da familiari, da cittadini che, al di la' delle strumentalizzazioni che tu stesso inconsapevolmente alimenti, rappresentano il segno piu' evidente del cambiamento. Riconosceresti che, nei fatti, una legge quadro, come e' la legge 180, ha avuto a Trieste, nella nostra regione e in molti altri luoghi in Italia applicazioni pratiche esemplari. E ti fideresti di quanto segnala l'Organizzazione Mondiale della Sanita' che indica l'esperienza del nostro paese come uno dei pochissimi eventi innovativi nel campo della psichiatria su scala mondiale. E per questo diventa ancora piu' colpevole la disattenzione dello stato e dei governi locali nel corso di tutti questi anni. Riconosceresti cosi' anche quello che manca: - investimenti materiali e risorse umane finalmente adeguati, stimabili intorno a quel 5% della spesa sanitaria da destinare alla salute mentale. Da anni ormai lo richiedono tutte le associazioni e gli stessi governatori regionali; - un impegno tangibile da parte delle regioni per rafforzare le reti dei servizi comunitari, attivando centri di salute mentale aperti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e residenze comunitarie come da vent'anni succede a Trieste, per popolazione ed aree definite; - un'azione di vigilanza perche' i servizi ospedalieri di diagnosi e cura, i servizi dell'emergenza, non siano situati nei sottoscala degli ospedali ne' diventino bunker inesorabili e terrificanti; - un'assunzione di responsabilita' da parte del mondo accademico per garantire un insegnamento coerente con il modello di organizzazione dei servizi che il nostro paese ha individuato e cerca di realizzare; - il coinvolgimento degli enti locali perche' promuovano programmi di formazione e di inserimento lavorativo delle persone con disturbo mentale, soprattutto i piu' giovani. Tutte cose gia' possibili grazie alla 180 e al progetto obiettivo. * Forse allora sapresti tutto questo che non sai perche' troppe volte abbiamo dimenticato di chiamarti in causa. Di farti vedere che cosa e' davvero successo. E cosi' tu hai visto soltanto l'abbandono delle persone in nome di una liberta' che era solo indifferenza e arroganza. Hai visto la supponenza dei tecnici, le negligenze delle amministrazioni, la miopia dei politici. Hai incontrato mille volte la falsa coscienza di una democrazia che si elargisce facilmente a chi ci assomiglia molto, a chi e' forte e ha il potere. Ma che si concede con riserva a tutti gli altri, soprattutto a chi si e' convinti di dover diversamente considerare. Come la persona con disturbo mentale e la sua famiglia, che piu' di altri rischiano di perdere contrattualita', potere, credibilita', ascolto, comprensione. L'irruzione della malattia mentale fa perdere soggettivita', rende debolissimo il diritto e finisce per "giustificare" interventi al limite della legalita', soprusi, gesti violenti. La legge 180 ha voluto impedire che questi gesti banali e drammaticamente automatici avessero legittimita' formale, avessero autorita' giuridica. * "La liberta' e' terapeutica" scrivemmo sui muri del manicomio di Trieste che si apriva, "la cittadinanza e' terapeutica" ha ribadito il cardinale Martini in un recente convegno della Caritas a Milano. Ma riconoscere questa cittadinanza e questa liberta', che la legge garantisce formalmente, non significa credere che queste persone siano gia' libere, a dispetto degli innumerevoli condizionamenti affettivi, cognitivi, relazionali, sociali che la loro sofferenza e lo sgomento che suscita portano con se'. Significa invece, come ricorda la Consulta di bioetica, che con straordinaria lucidita' si e' espressa su questi temi, aiutarle a diventare libere. Come vedi e' possibile riproporre tutta la questione senza nulla di assoluto e di ideologico. A una condizione pero': che le persone con disturbo mentale continuino ad essere considerate cittadini. Persone come tutte le altre, la cui dignita' e il cui valore devono costituire un limite invalicabile per l'operato delle organizzazioni, delle tecniche, delle amministrazioni. Se perdessimo questa rotta, come sembra minacciare il vento controriformista, si finirebbe per spostare tutele e garanzie dai "matti" e le loro famiglie ad una piatta ed anacronistica difesa dell'ordine sociale, per proteggere in realta' la supponenza e gli interessi dei mercati e delle lobby professionali. Legalizzeremmo di nuovo la violenza e l'abbandono da cui gia' ora, con tanta difficolta', devono difendersi le persone con disturbo mentale e le loro famiglie. Una miriade di persone che, nonostante la 180, devono battersi quotidianamente contro tanti nemici, spesso lontani e invisibili, ma sempre molto piu' forti di loro. Ministri, politici, tecnici, sindacati, amministratori locali, giudici, preti, giornalisti, uomini comuni che troppo spesso le hanno considerate oggetti, pensando che non avessero niente da dire, negando sempre le loro storie. Condannandole ad un'estraneita' irreversibile. 6. RIFLESSIONE. BALDINO GRAZIANO: UNA LETTERA A SOSTEGNO DELLA "RAGIONEVOLE PROPOSTA" PER SALVARE LE VITE DEI MIGRANTI OGGI CONDANNATI A MORIRE NEI NOSTRI MARI [Baldino Graziano e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo] Cari amici, a sostegno della "ragionevole proposta" di consentire a tutti l'ingresso legale in Italia e di istituire un servizio di trasporto pubblico e gratuito per le donne e gli uomini aventi diritto ai sensi dell'art. 10, comma terzo, della Costituzione della Repubblica Italiana, vorrei riassuntivamente evidenziare quanto segue: I. cesserebbero le stragi di migranti nei nostri mari, ergo si salverebbero migliaia di vite umane; II. cesserebbero gli enormi arricchimenti dei poteri mafiosi che oggi gestiscono monopolisticamente lucrandovi giganteschi profitti il trasporto di esseri umani in fuga da fame, guerre, persecuzioni; III. cesserebbe la piaga della clandestinita' in Italia, che condanna centinaia di migliaia di persone a una vta di paura, solitudine e soprusi, ed alimenta l'insicurezza di tutti; IV. si risparmierebbero ingentissime risorse pubbliche oggi sperperate con risultati catastrofici; V. si migliorerebbe il rapporto tra Italia e sud del mondo (e quindi anche tra Europa e sud del mondo); VI. si promuoverebbe l'incontro, il dialogo e la crescita tra e delle culture (e la storia d'Italia, e il suo patrimonio monumentale, e' forse il simbolo piu' evidente di quanto fecondo sia l'incontro e l'intreccio di diverse culture); VII. si promuoverebbero ed invererebbero la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani; VIII. si realizzerebbe una politica italiana all'altezza della mondialita', della solidarieta' tra e con tutta l'umanita' (esigenza ineludibile nell'era della globalizzazione); IX. si disarmerebbe la propaganda dei violenti e dei terroristi; X. si toglierebbero ai poteri criminali molte vittime effettuali e potenziali, salvando cosi' molti esseri umani dal divenire bersaglio o complici di attivita' criminali; XI. si restituirebbe valore e vigore alla legalita', applicando finalmente la Costituzione della Repubblica Italiana. Non mi sembra piccola cosa. Un cordiale saluto. 7. MAESTRE. JOAN V. BONDURANT: L'OBIETTIVO DEL SATYAGRAHA [Da Joan V. Bondurant, Satyagraha e Duragraha: i limiti della violenza simbolica, in "Quaderni Satyagraha" n. 1, primo semestre 2002, p. 31. Joan V. Bondurant, docente universitaria, e' forse la piu' importante studiosa di Gandhi; vive a Tucson, Arizona. Tra le opere di Joan F. Bondurant fondamentale e' Conquest of Violence. The Gandhian Philosophy of Conflict, Princeton University Press, Princeton 1958, nuova edizione riveduta 1988] L'obiettivo del satyagraha e' la trasformazione costruttiva delle relazioni in un modo che non solo produce un cambiamento di politica, ma assicura anche la trasformazione della situazione che ha condotto al conflitto. 8. MAESTRE. LAURA BOELLA: UNA SCELTA DI HANNAH ARENDT [Da Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995, p. 210. Laura Boella e' docente di storia della filosofia morale all'Universita' di Milano, tra le massime studiose di Gyorgy Lukacs, Ágnes Heller, Ernst Bloch, Hannah Arendt; e' impegnata nella ricostruzione del pensiero femminile nel Novecento; fa parte della redazione della rivista filosofica "aut-aut". Tra le opere di Laura Boella: Il giovane Lukacs, De Donato, Bari 1977; Intellettuali e coscienza di classe, Feltrinelli, Milano 1977; Ernst Bloch. Trame della speranza, Jaca Book, Milano 1987; Dietro il paesaggio. Saggio su Simmel, Unicopli, Milano 1987; Parole chiave della politica, Mantova 1995; Hannah Arendt. Agire politicamente, pensare politicamente, Feltrinelli, Milano 1995; Morale in atto, Cuem, 1997; Cuori pensanti. Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein, Maria Zambrano, Tre Lune, Mantova 1998; con Annarosa Buttarelli, Per amore di altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Cortina, Milano 2000; Le imperdonabili. Etty Hillesum, Cristina Campo, Ingeborg Bachmann, Marina Cvetaeva, Tre Lune, Mantova 2000. Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000] Ribadendo la separazione di verita' e significato, Hannah Arendt conferma la sua scelta per il filosofare socratico come esercizio maieutico del render conto delle parole piu' abusate e della loro misura nascosta. Chiedendo infaticabilmente: che cosa vuoi intendere, quando dici questo, quando usi le parole bellezza, giustizia, felicita', amore? Socrate non raggiunge nessuna verita' definitiva, si limita a scongelare i significati rappresi e atrofizzati, eliminando spesso quelli inservibili o sterili. 9. INFORMAZIONE. RICCARDO ORIOLES: DA "TANTO PER ABBAIARE" N. 155 [Dalla rivista diffusa per e-mail di Rioccardo Orioles, "Tanto per abbaiare", n. 155 del 2 dicembre 2002 (per richieste: ricc at libero.it) riprendiamo i seguenti fulminanti articoli. Riccardo Orioles e' il giornalismo come dovrebbe essere, l'impegno civile nel campo dell'informazione come si dovrebbe fare] Informazione 1. Il migliore commento che ho trovato finora sul processo Andreotti: "Uno puo' pensare cio' che vuole sulla condanna di Andreotti per omicidio. Pero', per farsi un'opinione, deve avere degli elementi. Al terzo giorno di servizi sulla vicenda, i commenti continuano a irridere la Corte d'Assise di Perugia che avrebbe condannato il mandante e scagionato i killer. Le cose non stanno cosi'. Semplicemente, la Corte ha stabilito che per uno dei due uomini indicati come presunti killer non c'erano abbastanza riscontri alle accuse dei pentiti. Per l'altro i riscontri c'erano, solo che nel frattempo e' stato a sua volta ammazzato, e quindi e' uscito dal processo. Queste cose le ho sapute da uno degli avvocati di parte civile della famiglia Pecorelli. Il quale mi ha anche spiegato quali sono i riscontri contro Andreotti: si tratta delle dichiarazioni di due testimoni attendibili, Chiara Zossolo e Franca Mangiavacca. Non e' stato difficile. Ho telefonato a questo avvocato e mi ha spiegato tutto. Ho impiegato un quarto d'ora. I miei colleghi dei Tg non hanno ancora trovato il tempo. Speriamo domani". La firma e' di Michele Gambino, uno dei piu' noti giornalisti investigativi italiani (e' stato lui, una decina di anni fa, a scoprire il caso delle false fosse comuni in Romania. Si occupa di mafia da vent'anni). La notizia pero' non sta nel commento in se', ma nel fatto che per trovarlo ho dovuto andare su un piccolo sito di satira e informazione alternativa, www.pipponews.it. Sui giornali italiani, evidentemente, per un giornalista come Gambino non c'e' piu' posto. Il bavaglio, evidentemente, non tocca solo a Santoro. * Informazione 2. Censurata da Rai e Mediaset l'inchiesta di Antonio Mazzeo sui retroscena mafiosi (appalti e cosche) del deragliamento di quest'estate a Rometta in Sicilia. Bookmark: http://www.terrelibere.it * Cronaca. Rubati documenti d'archivio dalla sede di don Ciotti a Torino. Svuotato da ignoti (ma tecnologicamente ferrati) ladri il computer di "Libera" a Roma. L'altra settimana avevano messo le mani sul computer di uno dei magistrati di Palermo. Cosa stanno cercando di sapere? 10. RILETTURE. ANNA BRAVO, ANNA MARIA BRUZZONE: IN GUERRA SENZA ARMI. STORIE DI DONNE. 1940-1945 Anna Bravo, Anna Maria Bruzzone, In guerra senza armi. Storie di donne. 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. VIII + 214, lire 25.000. Un libro utilissimo. 11. RILETTURE. CLARA CUTINI (A CURA DI): UNO SCHEDATO POLITICO: ALDO CAPITINI Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988, pp. 304.Le carte del fascicolo su Aldo Capitini nella serie "Schedati" del fondo "Questura di Perugia" conservato nell'Archivio di Stato di Perugia. Una lettura per molti versi assai istruttiva. 12. RILETTURE. GIULIANA MARTIRANI: PROGETTO TERRA Giuliana Martirani, Progetto Terra, Emi, Bologna 1989, pp. 422, lire 30.000. Fondato sulla serie di articoli di una rubrica tenuta su "Nigrizia", un testo utile sia per l'accostamento che per l'approfodnimento dei temi dello sviluppo, dell'ambiente, della pace. 13. RILETTURE. PATRIZIA CAMPAGNA: PROGETTO TERRA. REPERTORIO Patrizia Campagna, Progetto Terra. Repertorio, Emi, Bologna 1989, pp. 142, lire 20.000. Un volume complementare al precedente, che segnala sui medesimi temi e con la stessa articolazione libri, riviste, video, mostre, materiali, indirizzi utili. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 440 del 9 dicembre 2002
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