La nonviolenza e' in cammino. 454



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 454 del 23 dicembre 2002

Sommario di questo numero:
1. Carlo Gubitosa, un appello urgente di solidarieta' con Peacelink
2. Antonella Azoti e Nico Miraglia: un appello per il diritto alla verita'
3. Diritto d'asilo, una questione di civilta'
4. Simone Weil, due insegnamenti
5. Claudio Tognonato intervista Adolfo Perez Esquivel: cosa accade in
Argentina
6. Simone de Beauvoir, non esiste una morte naturale
7. Tommaso Valentinetti, elogio della coscienza
8. Ida Dominijanni, la Costituzione italiana ripudia la guerra
9. Peppe Sini, ancora sull'immodificabilita' dell'articolo 11 della
Costituzione italiana e sulla necessita' di perseguire penalmente ai sensi
di legge i golpisti e stragisti
10. Una nota su "La fame nel mondo spiegata a mio figlio" di Jean Ziegler
11. "Il dialogo": alle persone amiche dell'appello ecumenico al dialogo
cristianoislamico
12. Cristina Papa, aggiornamento del sito de "Il paese delle donne"
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. APPELLI. CARLO GUBITOSA: UN APPELLO URGENTE DI SOLIDARIETA' CON PEACELINK
[Da Carlo Gubitosa, segretario di Peacelink, riceviamo il seguente appello
di cui diffondiamo ampi stralci. A Peacelink, a Carlo che e' un amico
carissimo, ed a tutti gli altri animatori di questa fondamentale esperienza
di pace esprimiamo la nostra piena e persuasa solidarieta'. Mentre invitiamo
tutti i nostri interlocutori ad esprimere anch'essi solidarieta' a
Peacelink, li invitiamo anche ad una solidarieta' intelligente e
responsabile, informata e consapevole, e quindi senza sciocchezze che
danneggerebbero Peacelink e con essa l'impegno per la pace di tutte le
persone di volonta' buona]
Chiesti 50.000 euro di danni per la pubblicazione su internet di un appello
ambientalista gia' diffuso su altri siti. L'associazione rischia di chiudere
i battenti e chiede solidarieta' alla societa' civile. Il futuro della piu'
antica esperienza italiana di volontariato dell'informazione in rete si
decidera' nell'aula di un tribunale, a partire dalla prima udienza del 18
febbraio 2003. Lanciata una campagna di solidarieta' per il sostegno
all'associazione e il contributo alle spese legali.
Per contatti e informazioni:
- sito: www.peacelink.it/emergenza
- Carlo Gubitosa, tel. 3492258342, e-mail: c.gubitosa at peacelink.it
*
Il fatto
"La professionalita', l'immagine e la carriera di X Y risultano fortemente
pregiudicati": e' questo il contenuto di un atto di citazione notificato
all'Associazione PeaceLink con sede a Taranto, una associazione nonviolenta,
apartitica e indipendente nata nel 1991 per diffondere, con un lavoro
volontario e non retribuito, informazioni sulla pace, l'ambiente e i diritti
umani.
Senza nessun precedente preavviso, contatto verbale o atto di diffida,
l'Associazione PeaceLink ha ricevuto una richiesta di risarcimento danni per
un importo di 50.000 euro con un atto di citazione presentato da un
consulente Nato per le questioni ambientali.
Il motivo? Il 10 febbraio 2000 PeaceLink aveva riprodotto testualmente (con
citazione della fonte) il testo completo, compresi i firmatari, di un
"Manifesto per un forum ambientalista", pubblicato sul sito web di un
partito nazionale, il partito della Rifondazione Comunista. La pubblicazione
di questo testo era avvenuta in un messaggio di una mailing list pubblica
successivamente riprodotto in una pagina web di PeaceLink. Tra i firmatari
di quel "Manifesto" compare anche il nome del consulente Nato che nel
novembre 2002 dichiara di non aver sottoscritto quel testo e cita in
giudizio l'Associazione PeaceLink, a quasi tre anni di distanza dalla
pubblicazione in rete del "Manifesto per un forum ambientalista".
*
Pubblicare o censurare?
La "colpa" di PeaceLink sarebbe quella di aver pubblicato su una pagina web
un testo con il relativo corredo di firme, tratto da un altro autorevole
sito web di cui veniva diligentemente citato l'indirizzo internet.
PeaceLink non interviene nei testi scritti da altri; in assenza di
comunicazioni o richieste ufficiali non ne puo' modificare, censurare o
rimuovere a piacere il contenuto, sia pure nei soli nomi.
(...)
Nel testo dell'atto di citazione e' spiegato perche' il consulente si senta
danneggiato nel ritrovarsi fra i firmatari del "Manifesto per un forum
ambientalista": "Tale appello si richiama a gravi e reiterate considerazioni
nei confronti di alcune associazioni internazionali, tra cui in particolare
la Nato e irragionevoli attacchi contro gli Stati Uniti".
(...)
*
I nostri dubbi
Ci poniamo alcune semplici domande:
- avremmo potuto controllare uno per uno (con intento fra il poliziesco e il
grottesco) i reali intendimenti e l'effettiva adesione dei 69 firmatari di
un appello non promosso da noi e pubblicato su un altro autorevole sito?
- Chi avrebbe mai potuto sospettare, senza entrare incautamente nella sua
privacy, che uno di quei 69 firmatari fosse un consulente della Nato?
*
In pericolo Peacelink e tutti i siti web (ma anche chi dirama appelli via
e-mail)
A causa di una inedita azione legale rischia di morire una voce libera del
movimento per la pace, che si batte per la salvaguardia ambientale e per la
difesa dei diritti umani. Questo rischia di creare un pericoloso precedente
per tutti i siti web. Infatti, se PeaceLink dovesse essere condannata ad un
cospicuo risarcimento in denaro, tutti i siti web di informazione sociale
sarebbero in grave pericolo perche' verrebbe imposto un irrealizzabile
principio di controllo totale dei testi e un'improbabile verifica di ogni
parola, di ogni nome e cognome dei tanti appelli che circolano in rete. Non
solo: a rischio sarebbero anche tutti gli utenti di posta elettronica che
fanno circolare appelli di altri.
*
Per la difesa della liberta' di espressione
PeaceLink pertanto chiede un gesto di solidarieta' alla societa' civile,
alle associazioni, a tutti i giornalisti e gli operatori dell'informazione
che per piu' di dieci anni hanno collaborato o tratto beneficio dai servizi
gratuiti offerti dall'associazione e dalla produzione ininterrotta di
informazioni e documenti per una cultura di pace.
All'indirizzo http://www.peacelink.it/emergenza e' possibile sottoscrivere
un appello telematico dal testo molto semplice: "Esprimo pubblicamente la
mia solidarieta' nei confronti dell'Associazione PeaceLink e dei suoi
volontari, che ritengo ingiustamente e pesantemente penalizzati dall'azione
legale attualmente intrapresa contro di loro. Mi impegno a fare quanto e' in
mio potere affinche' questa voce telematica indipendente e nonviolenta non
sia oscurata".
I messaggi di solidarieta' possono essere inviati anche:
- via posta elettronica all'indirizzo info at peacelink.it
- tramite fax al numero 1782279059
- per lettera a PeaceLink, c. p. 2009, 74100 Taranto.
*
Attivare la forza della solidarieta'
All'orizzonte si preannuncia un'impegnativa azione legale per l'affermazione
del diritto di cronaca e in difesa della liberta' di informazione. In questo
momento difficile sappiamo di non essere soli.
Contiamo di ricevere il sostegno di tanti compagni di strada, di molti amici
che in questi anni hanno collaborato con noi, ci hanno ospitato sulle loro
riviste e sui loro siti web, hanno utilizzato i nostri documenti nelle
scuole, nei sindacati, nelle associazioni, nelle parrocchie, nei centri
sociali. Assieme a tutte le persone che hanno camminato con noi, e che ogni
mese affollano il nostro sito con un milione di contatti e di abbracci
telematici, sappiamo di poter andare avanti per affermare cio' che e' giusto
con la forza della nonviolenza. Ci affidiamo alla generosita' di tutti
coloro che vorranno contribuire anche con una piccola somma alle nostre
spese legali, e se l'azione contro di noi verra' ritirata ci impegnamo a
destinare i fondi raccolti ad iniziative di solidarieta', per dare voce a
chi non ha voce e per dare sostegno a chi rischia di essere soffocato dalla
prepotenza, dagli abusi e dalla violenza.
[Segue l'indicazione di dieci forme per sostenere praticamente Peacelink:
esse, come il testo integrale di questo appello, possono essere letti nel
sito di Peacelink: www.peacelink.it]

2. APPELLI. ANTONELLA AZOTI E NICO MIRAGLIA: UN APPELLO PER IL DIRITTO ALLA
VERITA'
[Riceviamo e diffondiamo questo importante appello. Antonella Azoti e Nico
Miraglia sono, rispettivamente, figli di Nicolo' e Accursio, segretari
sindacali assassinati dalla mafia il 21 dicembre 1946 e il 4 gennaio 1947;
ad oggi non sono stati aperti i processi contro i mandanti degli assassini
dei loro padri. Giuseppe Casarrubea e' un prestigioso storico, gia'
collaboratore di Danilo Dolci e rigoroso militante antimafia; tra le sue
opere: Portella della Ginestra: microstoria di una strage di Stato (Angeli,
Milano 1997); Fra' Diavolo e il governo nero: doppio Stato e stragi nella
Sicilia del dopoguerra (Angeli, Milano1998); Salvatore Giuliano: morte di un
capobanda e dei suoi luogotenenti (Angeli, Milano 2001). Le adesioni a
questo appello vanno inviate all'indirizzo: icasar at tin.it. Il "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo naturalmente aderisce all'appello ed invita
ad aderire]
Cari amici,
il 31 gennaio del 2003, alle ore 9, presso i locali della ex-pretura di
Partinico,  riprendera' il processo intentato da un generale dei Carabinieri
nei confronti del prof. Giuseppe Casarrubea, uno storico che da anni si
batte per la ricerca della verita' sulle stragi di Portella della Ginestra
(primo maggio 1947) e di Partinico (22 giugno 1947).
Dopo anni di studi (realizzati ascoltando decine di testimoni e di storici e
consultando i principali archivi italiani e gli atti desecretati della
Commissione Nazionale Antimafia), Casarrubea ha sostenuto che alcuni
elementi chiave di quelle stragi, come Salvatore Giuliano, Salvatore Ferreri
e Gaspare Pisciotta, ricoprirono un ruolo a dir poco ambiguo: collusi con
alte autorita' della pubblica sicurezza in Sicilia, i banditi vennero in un
primo tempo utilizzati senza scrupolo per le manovre stragiste, per poi
essere eliminati in tempi diversi a causa della loro potenziale
pericolosita'.
Giuliano, Ferreri e Pisciotta sapevano troppo sui complessi e sotterranei
rapporti tra Stato, banditismo e mafia.
Le stragi siciliane del 1947 furono un punto di svolta nella storia della
giovane repubblica italiana.
L'onda montante delle forze popolari (diventata inarrestabile dopo le
elezioni del 20 aprile del 1947, data che vide la vittoria in Sicilia del
Blocco del Popolo costituito da Pci e Psi) doveva essere assolutamente
fermata, a qualsiasi costo, anche con il sangue.
Lasciamo alla magistratura il compito di chiarire i fatti: ci limitiamo
appena a evidenziare che, a distanza di 55 anni da quei tragici avvenimenti,
nessuna spiegazione credibile e' stata ancora fornita, tantomeno e' stata
raggiunta la verita' sui mandanti politici e sugli esecutori materiali.
La querela per diffamazione intentata da un generale nei confronti di
Casarrubea (querela che difende la versione ufficiale secondo cui, il 27
giugno 1947, Salvatore Ferreri, i fratelli Pianello, Antonino Coraci e Vito
Ferreri sarebbero stati uccisi in uno scontro a fuoco con i Carabinieri di
Alcamo) mina la liberta' della ricerca storica in Italia.
La nostra associazione, afferma il sacro principio costituzionale che la
ricerca storica non pu' essere trascinata nelle aule dei tribunali e che il
diritto alla liberta' della ricerca scientifica non puo' essere messo in
discussione in maniera cosi' clamorosa.
Per discutere l'inaccettabile situazione in cui viene a trovarsi lo storico
partinicese, vi invitiamo a partecipare al pubblico incontro di giovedi' 30
gennaio 2003.
Antonella Azoti e Nico Miraglia, Associazione "Non solo Portella"
Partinico (Pa), 16 dicembre 2002
Le adesioni vanno inviate al seguente indirizzo di posta elettronica:
icasar at tin.it

3. APPELLI. DIRITTO D'ASILO, UNA QUESTIONE DI CIVILTA'
[Le organizzazioni umanitarie Amnesty International, Medici senza frontiere,
Consorzio italiano di solidarieta' hanno promosso il seguente appello. Per
contatti con i promotori: www.dirittoasilo.it, www.amnesty.it, www.msf.it,
http://ics.mir.it]
Al Presidente della Repubblica
al Presidente del Consiglio dei Ministri
Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Consiglio,
il diritto di asilo e' un diritto umano fondamentale e l'Italia e'
attualmente l'unico tra gli Stati dell'Unione europea a non aver ancora
adottato una legge organica in materia, sebbene la nostra Costituzione
l'abbia recepito tra i suoi principi fondamentali.
Non si puo' inoltre dimenticare che l'Italia cinquanta anni fa e' stata tra
i primi firmatari della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei
rifugiati.
Cercare protezione dalla guerra, dalla violazione dei diritti e delle
liberta' e dalle persecuzioni e' un diritto di uomini, donne e bambini.
Dare loro asilo e' un dovere politico delle istituzioni italiane.
Il diritto di asilo e' una questione di civilta'. Un Paese come l'Italia non
puo' esimersi dall'adottare strumenti che tutelino tale diritto e che
consentano la costruzione di una cultura dell'accoglienza.
Il diritto di asilo e' una questione di civilta' e deve trovare diffusione,
promozione e difesa in ogni ambito sociale del nostro Paese.
Per la costruzione di una cultura dell'asilo che garantisca un sostegno
concreto alla difesa dei diritti umani in Italia, i firmatari della presente
petizione richiedono:
1. L'approvazione di una legge organica sul diritto di asilo che possa
finalmente attuare quanto disposto dall'articolo 10 della Costituzione
italiana, nel rispetto degli atti internazionali sottoscritti dall'Italia e
della scadenza del 2004 per il processo di armonizzazione europea sulla
materia.
2. La salvaguardia di principi irrununciabili quali:
- il non trattenimento dei richiedenti asilo;
- la tutela del diritto di accesso alla procedura per il riconoscimento
dello status di rifugiato;
- l'indipendenza, la specializzazione e la trasparenza dell'organo preposto
all'esame delle istanze di asilo;
- la competenza del giudice ordinario in materia di ricorso avverso
decisione negativa sulle domande di asilo;
- la permanenza del richiedente asilo sul territorio italiano finche' non
sia presa una decisione in merito al ricorso avverso diniego della domanda
per il riconoscimento dello status di rifugiato.
3. L'istituzione di una "giornata del diritto di asilo" nella programmazione
delle attivita' educative degli istituti scolastici per l'anno 2002/2003.
4. Il sostegno da parte della Presidenza della Repubblica e del Consiglio
dei Ministri alle iniziative volte alla creazione di un sistema nazionale di
accoglienza e assistenza a richiedenti asilo e rifugiati.

4. MAESTRE. SIMONE WEIL: DUE INSEGNAMENTI
[Da Simone Weil, La condizione operaia, Comunita', Milano 1952, Mondadori,
Milano 1990, p. 163 (il brano che citiamo e' tratto da una lettera in cui
Simone Weil descrive la sua esperienza di operaia di fabbrica in una
mansione faticosissima, esperienza che fu per lei indicibilmente penosa e
opprimente. Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu
professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e
libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i
fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra
impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita',
abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione
meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita
interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o
meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze
mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita
vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i
propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la
serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di
Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte
 di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e
su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in
Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu'
importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita',
poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima
radice (Comunita', Se, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le
intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]
In conclusione, ho tratto due insegnamenti dalla mia esperienza. Il primo,
il piu' amaro e il piu' impreveduto, e' che l'oppressione, a partire da un
certo grado di intensita', non genera una tendenza alla rivolta bensi' una
tendenza quasi irresistibile alla piu' assoluta sottomissione. L'ho
constatato su me stessa, io che tuttavia, lei se ne sara' accorto, non ho
carattere docile; e cio' e' una  conferma.
Il secondo insegnamento e' questo: che l'umanita' si divide in due
categorie: le persone che contano qualcosa e le persone che non contano
nulla. Quando si appartiene alla seconda categoria si arriva a trovare
naturale di non contare nulla - il che non significa che non si soffra. Io,
lo trovavo naturale. Esattamente come, mio malgrado, riesco ora a trovare
quasi naturale di contare qualcosa. (Lo dico mio malgrado, perche' mi sforzo
di reagire, tanto ho vergogna di contare qualcosa in un'organizzazione
sociale che calpesta l'umanita').

5. MONDO. CLAUDIO TOGNONATO INTERVISTA ADOLFO PEREZ ESQUIVEL: COSA ACCADE IN
ARGENTINA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 19 dicembre 2002 riprendiamo questa
intervista al grande militante nonviolento premio Nobel per la pace]
A Roma per i lavori del Tribunale permanente dei popoli, di cui e' uno dei
membri della giuria, abbiamo parlato con Adolfo Perez Esquivel, Nobel per la
pace.
- Claudio Tognonato: Lei e' venuto in Italia anche per ricevere donazioni
del comune di Roma. Come e' possibile che un paese come l'Argentina, uno dei
principali esportatori di alimenti del mondo, sia ridotto a chiedere la
solidarieta' internazionale?
- Adolfo Perez Esquivel: L'Argentina e' stata per anni il laboratorio per
mettere alla prova le ricette del modello neoliberista. Questo processo ha
portato alla demolizione delle strutture e della capacita' produttiva del
paese. E' vero che l'Argentina produce alimenti, ma questi alimenti non
arrivano alla gente. Negli ultimi anni sono usciti miliardi di dollari dal
paese, mentre le banche si sono impossessate del risparmio degli argentini.
Questa Argentina che fino a poco fa era citata come l'esempio del successo
delle politiche neoliberiste oggi, in realta', e' la dimostrazione di quanto
rovinoso e deleterio sia questo modello. La conseguenza del neoliberismo
sono 19 milioni di persone in situazione di poverta', su una popolazione di
37 milioni, di cui 8 milioni al di sotto della soglia dell'indigenza. In
Argentina per fame o malattie derivate dalla malnutrizione muoiono ogni
giorno circa 100 bambini. Bisogna pero' dire che questo sarebbe stato
impossibile senza la complicita' interna dei dirigenti politici, l'impunita'
e la corruzione.
- C. T.: Sabato l'Argentina ha confermato il default rifiutando di pagare
alla Banca mondiale i 726 milioni di dollari in scadenza 60 giorni fa.
Questo rifiuto ha come conseguenza la chiusura non solo di ogni linea di
credito di Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale ma di tutti i
mercati di capitali del mondo. Come uscire dal vicolo cieco del debito
estero?
- A. P. E.: Sono anni che analizziamo l'alto costo umano che ha il pagamento
del debito estero. Noi sosteniamo che una percentuale molto alta di questo
debito e' illegittima, e' usura internazionale. Percio' vogliamo portare la
questione alla Corte internazionale dell'Aja. Non ci sono le risorse per
pagare il debito estero. Dovrebbero prosciugare totalmente le riserve e il
problema si riproporrebbe un mese dopo, alla successiva scadenza. Non si
tratta di non volere pagare il debito estero, si tratta della legittima
rivendicazione di un popolo di fronte alle Nazione Unite e agli organismi
giuridici internazionali. Ma il governo Duhalde non vuole intraprendere
questa strada.
- G. T.: Oggi e' un anno dalla ribellione degli argentini contro il governo
De la Rua-Cavallo...
- A. P. E.: Il dicembre argentino fu preceduto da un lungo periodo di
manifestazioni di protesta: piqueteros, organismi di diritti umani,
sindacati, ecc. Il 20 di dicembre questo processo arrivo' al suo culmine e
scoppio' la rivolta lasciando un risultato di 34 morti. Lo Stato decise di
congelare i depositi bancari, le banche s'impossessarono dei risparmi in
dollari, gli sportelli si chiusero. Sono nati cosi' i "cacerolazos", che
furono prevalentemente la protesta della classe media, perche' i poveri non
hanno conti in banca. Tutti questi settori hanno generato la sollevazione
popolare che in pochi mesi si e' tradotta in una miriade di organizzazioni
di base come le assemblee di quartiere, i gruppi di baratto, l'occupazione
di fabbriche chiuse che sono state riaperte e ora producono con un sistema
di autogestione operaia. Oggi e domani saranno giorni in cui la gente
tornera' ad occupare le piazze. La parola d'ordine da un anno a questa parte
e' sempre la stessa: "que se vayan todos". Siamo di fronte ad un grande
movimento di partecipazione popolare, ma siamo anche consapevoli che gli
manca ancora una dimensione politica, un progetto alternativo. Stiamo
lavorando in quella direzione.
- C. T.: Il governo argentino e' paralizzato nell'attesa di un accordo col
Fondo monetario. Ma, se ci sara' l'accordo, restera' il debito che quanto
piu' si paga tanto piu' cresce. Che fare?
- A. P. E.: Il debito estero argentino e' fondamentalmente illegittimo: 1)
si tratta per la maggior parte di debiti privati che durante la dittatura
militare furono assunti dallo Stato; 2) questi crediti furono concessi alle
aziende private ad un tasso d'interesse intorno al 6%, ora e' arrivato al
22%. Miliardi di dollari solo d'interessi. Usura internazionale. Gran parte
del debito estero e' una pretesa illegittima.
- C. T.: Ad aprile l'Argentina andra' alle urne. Esiste la possibilita' di
canalizzare la protesta di quest'ultimo anno verso un'alternativa?
- A. P. E.: Queste elezioni non serviranno a nulla. L'intera classe politica
e' corrotta e screditata, ed e' molto difficile in cosi' pochi mesi mettere
in piedi un'alternativa. Per di piu' riguarderanno soltanto il presidente e
il suo vice, mentre deputati e senatori resteranno ai loro posti: un governo
"diverso" non avrebbe margini di manovra. Si votera' solo per cambiare
facciata conservando i privilegi. La classe dirigente ha paura di essere
giudicata. Per questo si abbarbica al potere. La crisi non e' solo economica
e politica ma anche morale.

6. MAESTRE. SIMONE DE BEAUVOIR: NON ESISTE UNA MORTE NATURALE
[Da Simone de Beauvoir, Una morte dolcissima, Einaudi, Torino 1966, 2001, p.
102. Simone de Beauvoir e' nata a Parigi nel 1908; e' stata protagonista,
insieme con Jean-Paul Sartre, dell'esistenzialismo e delle vicende della
cultura, della vita civile, delle lotte politiche francesi e mondiali dagli
anni trenta fino alla scomparsa (Sartre e' morto nel 1980, Simone de
Beauvoir nel 1986). Antifascista, femminista, impegnata nei movimenti per i
diritti civili, la liberazione dei popoli, di contestazione e di
solidarieta', e' stata anche lucida testimone delle vicende e degli ambienti
intellettuali di cui e' stata partecipe e protagonista. Opere di Simone de
Beauvoir: pressoche' tutti i suoi scritti sono stati tradotti in italiano e
piu' volte ristampati; tra i romanzi si vedano particolarmente: Il sangue
degli altri (Mondadori), Tutti gli uomini sono mortali (Mondadori), I
mandarini (Einaudi); tra i saggi: Il secondo sesso (Il Saggiatore e
Mondadori), La terza eta' (Einaudi), e la raccolta Quando tutte le donne del
mondo. (Einaudi). La minuziosa autobiografia (che e' anche un grande
affresco sulla vita culturale e le lotte politiche e sociali in Francia, e
non solo in Francia, attraverso il secolo) si compone di Memorie d'una
ragazza perbene, L'eta' forte, La forza delle cose, A conti fatti, cui vanno
aggiunti i libri sulla scomparsa della madre, Una morte dolcissima, e sulla
scomparsa di Sartre, La cerimonia degli addii, tutti presso Einaudi. Opere
su Simone de Beauvoir: Enza Biagini, Simone de Beauvoir, La Nuova Italia,
Firenze 1982 (cui si rinvia per una bibliografia critica ragionata)]
Non esiste una morte naturale: di cio' che avviene all'uomo, nulla e' mai
naturale, poiche' la sua presenza mette in questione il mondo. Tutti gli
uomini sono mortali: ma per ogni uomo la propria morte e' un caso fortuito,
ed anche se la conosce e vi acconsente, una indebita violenza.

7. RIFLESSIONE. TOMMASO VALENTINETTI: ELOGIO DELLA COSCIENZA
[Questo intervento e' apparso sul quotidiano "Avvenire" il 15 dicembre 2002,
trentesimo anniversario della legge 772 che riconosceva in Italia il diritto
all'obiezione di coscienza al servizio militare ed istituiva il servizio
civile alternativo. Tommaso Valentinetti e' vescovo di Termoli-Larino e
presidente nazionale di Pax Christi]
Il 15 dicembre di trent'anni fa veniva promulgata la prima legge che
riconosceva nel nostro Paese il diritto all'obiezione di coscienza.
Grazie a quella legge, nei giorni successivi, alcune decine di obiettori
uscivano di prigione. Per molti altri iniziava una storia che arriva fino ai
nostri giorni.
In realta' quella legge riconosceva ancora assai parzialmente il diritto ad
obiettare. Tante, infatti, erano le contraddizioni dell'articolato che
mostro' subito un suo perdurante intento punitivo: il servizio civile, ad
esempio, durava otto mesi in piu' rispetto al servizio militare e le domande
di obiezione erano esaminate da una commissione ministeriale semi-militare
incaricata di sondare (non si sa poi con quale strumentazione) la validita'
delle motivazioni soggettivamente addotte dagli obiettori. Per non dire,
sempre a proposito di ostacoli frapposti, della gestione dell'intero sistema
del servizio civile affidata al Ministero della Difesa che, facile intuirlo,
non appare il piu' adatto ad apprezzare le ragioni di chi rifiutava di
servire la Patria in armi. Da cio' sono scaturite interminabili querelles
tra militari da un lato e obiettori ed enti dall'altro.
Tuttavia, nonostante che l'apparato remasse contro, il numero degli
obiettori e' andato di anno in anno aumentando e il fenomeno e' diventato
una scelta "normale" tra i giovani italiani, tanto che il numero degli
obiettori ad un certo punto superava quello dei militari di leva.
Solo di recente, nel 1998, una nuova legge ha sostituito la precedente,
riparando almeno in parte ai guasti da essa provocati. Ma, ahime', dopo due
anni una nuova legge decretava la sospensione della leva obbligatoria (e
quindi anche dell'obiezione di coscienza) a partire dal 2007.
In un simile scenario, a che cosa puo' servire ricordare questi 30 anni di
obiezione di coscienza?
Il primo motivo e' dato da un doveroso omaggio che il nostro Paese deve a
questi "servitori" che hanno fatto una scelta di coscienza.
Soprattutto a coloro che, prima del 1972, hanno fatto da apri-pista.
Ma ci piace ricordare anche uomini come Lorenzo Milani, Giorgio La Pira e
Ernesto Balducci, che ebbero a cuore la sorte degli obiettori difendendo la
possibilita', per una persona, di affermare sempre il primato della propria
coscienza.
Il secondo motivo per "festeggiare" e' che l'obiezione non e' morta. Non si
potra' mai negare infatti ad un uomo, anche se avesse scelto volontariamente
di servire in armi, il diritto di obiettare a un comando che contrasti con
la propria coscienza.
Le centinaia di "obiettori" (non solo giovani di leva, ma anche soldati
professionisti) che, dall'inizio della seconda Intifada, si rifiutano di
servire nelle forze armate israeliane, ci stanno drammaticamente a ricordare
non solo l'attualita' della guerra ma anche i drammi quotidiani delle
singole coscienze. Oggi, il nostro pensiero va a loro, cosi' come ai tanti
obiettori che, in molti paesi, non vedono ancora riconosciuto i loro
diritti.
Se dunque l'obiezione non e' morta, non sono morti nemmeno quei valori che
portarono al sacrificio i primi obiettori e che hanno continuato ad ispirare
migliaia di giovani. Parliamo, insomma, di un'obiezione razionale e radicale
alla guerra, a qualsiasi tipo di guerra e a ogni modo e strumento per
prepararla.
Se qualcuno pensasse di aver tagliato l'erba sotto i piedi degli obiettori
perche' ha tolto l'appiglio della leva obbligatoria forse ha sbagliato i
conti. Si', perche' fino a quando l'aspirazione alla pace non sara'
realizzata per tutta l'umanita' si dovra' continuare a muovere "guerra alla
guerra", perche' purtroppo molti uomini pensano ancora che proprio dalla
guerra, e dalla sua preparazione, puo' nascere la pace.
Ci sembra, infatti, che l'invito del Concilio "a considerare l'argomento
della guerra con mentalita' completamente nuova" venga spesso stravolto:
sempre piu' gente si affanna a inventare nuovi modi per fare la guerra,
facendola diventare, a seconda dei casi, umanitaria, chirurgica, preventiva.
Si perde di vista, insomma, quella "necessita' di evitare la guerra" che il
Concilio stesso richiamava, cosi' come sempre meno spazio viene dato alle
alternative alla guerra per la soluzione dei conflitti.
Insomma, l'impegno per gli obiettori non si esaurisce, anzi coinvolge tutti,
uomini e donne: non si tratta piu' tanto di "evitare" il militare, ma di
vincere, con le armi della nonviolenza, la lotta per la pace.

8. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: LA COSTITUZIONE ITALIANA RIPUDIA LA GUERRA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 dicembre 2002]
"La Costituzione non si puo' cambiare pezzo a pezzo ad ogni cambio di
maggioranza". Riferito alla questione delle riforme istituzionali che agita
il piccolo mondo della politica italiana, la sentenza di Carlo Azeglio
Ciampi e' riferibile anche a quella parte della Costituzione, in primo luogo
l'articolo 11 sul ripudio della guerra, che si occupa delle relazioni
dell'Italia col vasto mondo?
Presentando il recente libro di Claudio De Fiores sull'articolo 11 (L'Italia
ripudia la guerra?, Ediesse), Pietro Ingrao prende in parola il presidente
della Repubblica, "la dichiarazione che e' uscita dalla bocca del capo dello
stato", e vuole assumerla anche come una rottura, sia pur indiretta, del
silenzio del Quirinale - "un silenzio che mi aveva sorpreso" - sulla
questione, da Ingrao stesso sollevata nelle settimane passate, della
validita' vincolante dell'articolo 11 nella posizione che il parlamento
avra' da prendere sulla crisi internazionale e la piu' che probabile guerra
contro l'Iraq. Ora, sostiene Ingrao, se la Costituzione non si puo' cambiare
pezzo per pezzo, questo vale anche per l'articolo 11. Il quale pero' non
solo viene di tanto in tanto definito obsoleto da alte cariche politiche, ma
e' gia' stato di fatto "silenziosamente cancellato".
Quando? Con la partecipazione italiana alle "operazioni" in Bosnia, in
Kosovo, in Afghanistan, vere e proprie guerre camuffate da missioni di pace,
interventi umanitari, spedizioni antiterrorismo: un cambio di nome
strumentale, qui in Italia, anche all'aggiramento del divieto
costituzionale.
Ma se e' vero che "le parole del capo dello stato sembrano escludere
modifiche silenziose della Costituzione", non se ne dovrebbe poter dedurre
che Ciampi "disapprovi" anche e in primo luogo questa cruciale, silenziosa
modifica che e' stata apportata, e corre il serio rischio di esserlo di
nuovo, al comandamento costituzionale del ripudio della guerra? Si dovrebbe,
si potrebbe. Tuttavia, se le penultime dichiarazioni del presidente della
Repubblica autorizzano questa interpretazione, le ultime la scoraggiano.
Giusto ieri Ciampi, confermando la fiducia dell'Italia nelle Nazioni Unite e
nella Carta dell'Onu, ha altresi' definito il Consiglio di sicurezza
dell'Onu ´la fonte di legittimita' degli interventi per "il mantenimento
della pace e della sicurezza internazionale".
Che, tradotto, vuol dire che se il consiglio di sicurezza dell'Onu dovesse
autorizzare la guerra in Iraq, la guerra in Iraq sarebbe legittima. Mentre
non lo sarebbe, come ha spiegato nei giorni scorsi il Tribunale dei popoli,
e sarebbe anzi un'autorizzazione emessa in violazione, non in coerenza, con
la lettera e i principi della Carta delle Nazioni Unite. E allora Ingrao e'
costretto a frenare il suo elogio del presidente: "le sue due dichiarazioni
sono in contrasto", dal momento che la seconda rischia indirettamente di
avallare l'ennesimo "silenzioso" strappo sull'articolo 11; e poi, "perche'
Ciampi non nomina la guerra?".
Il contrasto fra le due dichiarazioni di Ciampi allude in realta' a un piu'
epocale contrasto fra la legge sancita nelle Costituzioni nazionali e nelle
Carte internazionali all'indomani della seconda guerra mondiale, e il
cambiamento vorticoso che e' in atto nel mondo unipolare e che si manifesta
anche nelle continue violazioni delle Costituzioni e Carte suddette. Ingrao
questo lo sa benissimo, ma proprio per questo non demorde, convinto com'e'
che nella globalizzazione che avanza "lo stato nazionale resta un luogo in
cui si esprime e si decide la politica, interna e internazionale". Percio'
il richiamo agli alti vertici sull'osservanza della Costituzione; percio',
simmetricamente, il richiamo al movimento pacifista perche' non si senta
esentato dal compito di incidere "sui luoghi del potere e della decisione"
nazionale.
Quella fra dimensione globale e dimensione nazionale non e', del resto,
l'unica contraddizione con cui deve confrontarsi oggi il discorso pacifista.
Un'altra la richiama il costituzionalista Mario Dogliani, sempre a partire
dal libro di De Fiores che contiene una dettagliata analisi del progressivo
cambiamento del paradigma di legittimazione della guerra nel corso degli
anni '90, cambiamento in cui la riesumazione della teoria della "guerra
giusta" prima, l'invenzione della guerra "umanitaria" poi, hanno svolto un
ruolo decisivo. Nel decennio che abbiamo alle spalle non si e' trattato
dunque solo, spiega Dogliani, di una violazione fattuale del ripudio della
guerra, ma anche di un tracollo dei suoi presupposti culturali, sotto i
colpi di una malposta teoria dei diritti umani che autorizza le guerre in
loro nome.
Il punto, oggi, non e' "aspettare di vedere cosa fa il consiglio di
sicurezza dell'Onu", come predicano in coro i leader della sinsitra
moderata, ma ripensare i presupposti di un ordine della pace.
Presupposti che sono l'esatto contrario, argomenta Isidoro Mortellaro, di
quelli della "guerra preventiva", basati sulla piu' assoluta sproporzione
delle forze e dei mezzi fra i contendenti. Presupposti - raccomanda Titti Di
Salvo della Cgil, non prima di aver ricordato come la cancellazione
silenziosa dell'articolo 11 della Costituzione sia andata di pari passo con
l'erosione di altri principi costituzionali, sul lavoro sulla salute e
sull'istruzione - che devono comprendere anche l'elaborazione di una lotta
al terrorismo diversa dalla guerra.

9. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: ANCORA SULL'IMMODIFICABILITA' DELL'ARTICOLO 11
DELLA COSTITUZIONE ITALIANA E SULLA NECESSITA' DI PERSEGUIRE PENALMENTE AI
SENSI DI LEGGE I GOLPISTI E STRAGISTI
Poiche' si persiste in un equivoco e una resa sciocchi e pusillanimi sara'
utile ripetere una volta di piu' quanto segue.
1. L'articolo 11 della Costituzione fa parte di quei "principi fondamentali"
(articoli 1-12) che costituiscono i "valori supremi" in cui si sostanzia e
su cui si fonda la Costituzione della Repubblica Italiana.
L'ultimo articolo della Costituzione, il 139, stabilisce che tutta la
Costituzione puo' essere modificata secondo le procedure da essa stessa
previste, tranne la sua forma repubblicana. La Corte Costituzionale in un
memorabile pronunciamento di qualche decennio fa ha fornito
l'interpretazione autentica - e quindi inequivocabile e cogente - di quanto
disposto dall'articolo 139 Cost. sopra richiamato. Ovvero che della forma
repubblicana sono elementi fondanti ed imprescindibili i valori supremi
definiti nei principi fondamentali.
Cosicche' l'articolo 11 della Costituzione non e' modificabile se non con un
colpo di stato. Ma chi fa un colpo di stato e' un fuorilegge e va perseguito
penalmente ai sensi di legge.
2. Il fatto che ripetutamente dal 1991 ad oggi l'articolo 11 della
Costituzione sia stato violato da governi, parlamenti e capi dello stato
golpisti e stragisti non significa che esso non vale piu', cosi' come il
fatto che vengano commessi degli omicidi in Italia non significa che
l'articolo del codice penale che punisce l'omicidio sia da considerarsi per
questo abolito.
3. Coloro che si arrendono ai golpisti e agli stragisti sono dei vigliacchi
e dei complici. Coloro che predicano la rassegnazione all'illegalita' dei
potenti sono dei provocatori che, per torpore morale o perche' assoldati dai
golpisti stragisti, vogliono renderci tutti favoreggiatori del colpo di
stato dei gangster al potere.
4. E' invece dovere morale e civile del movimento per la pace, ma anche di
ogni persona di volonta' buona e di ogni cittadino onesto, difendere la
vigenza della Costituzione della Repubblica Italiana, difendere lo stato di
diritto, la democrazia, la legalita', e denunciare coloro che l'articolo 11
della Costituzione hanno gia' violato e coloro che hanno gia' annunciato di
apprestarsi a farlo di nuovo.
Dobbiamo denunciare alle competenti magistrature i golpisti stragisti e
chiedere che le forze dell'ordine intervengano per metterli in condizione di
non nuocere ed assicurarli all'amministrazione della giustizia.
5. Ovviamente questo non basta; ma il fatto che non basti non ci esime dal
farlo: dobbiamo contrastare la guerra e i suoi apparati e i suoi folli e
criminali promotori anche con l'azione diretta nonviolenta, anche con la
dissobbedienza civile di massa, anche con lo sciopero generale, certamente;
ma dobbiamo contrastarli anche in nome della legge, con la forza del diritto
stabilito nel nostro ordinamento giuridico, denunciando i golpisti e gli
stragisti alla magistratura per i delitti di attentato alla Costituzione e
crimini di guerra e contro l'umanita'.

10. LIBRI. UNA NOTA SU "LA FAME NEL MONDO SPIEGATA A MIO FOGLIO" DI JEAN
ZIEGLER
[Da una nostra scheda su alcuni lavori di Jean Ziegler di qualche anno fa
riprendiamo questa nota su uno dei molti buoni libri del grande sociologo e
costruttore di pace svizzero. Jean Ziegler, sociologo, docente, parlamentare
svizzero, ha denunciato nelle sue opere i rapporti tra capitale finanziario,
governi, poteri criminali, neocolonialismo, sfruttamento Nord/Sud. Opere di
Jean Ziegler: Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto; I vivi e la morte;
Le mani sull'Africa; Il come e il perche'; La Svizzera lava piu' bianco; La
felicita' di essere svizzeri, La Svizzera, l'oro e i morti; tutte presso
Mondadori. La vittoria dei vinti, Sonda; Les seigneurs du crime, Seuil; La
fame nel mondo spiegata a mio figlio, Pratiche]
Questo nuovo libro dell'illustre sociologo svizzero (Jean Ziegler, La fame
nel mondo spiegata a mio figlio, Pratiche Editrice, Milano 1999) con uno
stile insieme vivace e commosso analizza il piu' drammatico dei problemi
attuali, e dimostra che gli esseri umani che a decine di milioni muoiono
ogni anni di fame possono essere salvati, che la fame puo' essere debellata,
che questa tragedia non e' una fatalita', ma la conseguenza di un ordine
ingiusto, di una rapina e una strage che uomini commettono a danno di altri
uomini: di un selvaggio sterminio dei poveri che i ricchi pianificano ed
eseguono.
Sollecitato dalle domande di suo figlio Karim, Ziegler a sostegno della sua
denuncia allinea con pignoleria dati statistici e fonti documentarie;
fornisce spiegazioni rigorose; e rievoca incontri, figure, vicende di cui e'
stato diretto testimone; esamina fatti e concetti con la precisione dello
studioso che ama la verita' e la passione dell'uomo indignato dinanzi a
tanta ingiustizia e violenza.
Riportiamo qualche breve citazione dal libro.
Lo sterminio: "La Fao stima siano state piu' di trenta milioni le persone
morte per fame nel 1998. Nello stesso anno le persone che hanno sofferto di
denutrizione grave e permanente sono stati piu' di 828 milioni. Si tratta di
uomini, donne e bambini che, a causa della penuria di alimenti, hanno subito
lesioni irreversibili, e sono condannati a morire in un arco di tempo piu' o
meno breve o a vegetare in un grave stato di handicap" (p. 11).
Questa catastrofe non e' fatale: "Il mondo, in base all'attuale stato della
capacita' produttiva agricola, potrebbe nutrire senza alcun problema piu' di
dodici miliardi di esseri umani... Se la distribuzione degli alimenti fosse
equa, tutto il mondo avrebbe da mangiare" (pp. 16-17).
La diagnosi: "Principale responsabile della tragedia della denutrizione e
della fame sul nostro pianeta e' la distribuzione ineguale delle ricchezze.
Un'ineguaglianza negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre piu'
ricchi, i poveri sempre piu' poveri" (p. 129).
Cosa occorre fare: "Affermare l'autonomia dell'economia rispetto alla fame
e' un'assurdita' o, peggio ancora, un crimine. Non si puo' delegare al
libero mercato la lotta contro il flagello della fame. E' necessario
assoggettare tutti i meccanismi dell'economia mondiale a questo fondamentale
imperativo: vincere la fame e nutrire adeguatamente tutti gli abitanti del
pianeta. Jean-Jacques Rousseau scriveva: "Tra il debole e il forte, e' la
liberta' che opprime e la legge che libera". La liberta' totale del mercato
e' sinonimo di oppressione, la legge e' la prima garanzia della giustizia
sociale. Il mercato mondiale ha bisogno di norme e deve essere soggetto alla
volonta' collettiva dei popoli. Lottare contro la massimizzazione del
profitto come unico obiettivo dei soggetti che dominano il mercato, e contro
l'accettazione passiva delle sue regole, e' un imperativo urgente" (p. 136).
Molti sono i temi esaminati nelle 140 pagine del libro: il potere
neocoloniale e le guerre; le ambiguita' e le aporie delle organizzazioni e
degli interventi internazionali; la desertificazione ed i "profughi
ecologici"; gli esiti disumani dell'ordine economico vigente; pagine di
grande efficacia sono quelle sulla "arma alimentare", e quelle sulle
bidonville. Un ricordo commosso e' dedicato a Thomas Sankara.
Ziegler formula anche una serie di proposte concrete, di emergenza e
strutturali, evidenziandone altresi' ambiguita', limiti e valenze.
Il succo del libro e' nell'invito a non considerare ineluttabile la fame,
che e' frutto dell'ingiustizia e della violenza: "nessuna vittima della fame
e' una vittima inevitabile".
Il sociologo ginevrino e' netto: "Niente, se non la brutale imbecillita' di
un regime strutturato in classi sociali preesistenti alla loro nascita, di
ideologie discriminatorie, di privilegi difesi con la violenza, 'giustifica'
l'ineguaglianza vissuta dagli esseri umani". E l'ultima risposta del dialogo
e' quindi: "Va cambiato l'ordine omicida del mondo".

11. LETTERE. "IL DIALOGO": ALLE PERSONE AMICHE DELL'APPELLO  ECUMENICO AL
DIALOGO  CRISTIANOISLAMICO
[Dalla redazione de "Il dialogo" (per contatti: redazione at ildialogo.org)
riceviamo e diffondiamo]
Care amiche, cari amici,
in questo tempo di Natale, cosi' tradizionalmente denso di speranza per
tutti i cristiani del mondo, vorremmo augurarci di cuore che i nostri sogni
di pace e di amore universale trovino riscontro nella realta'.
A voi, che in diverse forme avete sostenuto l'ipotesi di una Giornata
ecumenica per il dialogo cristianoislamico (ipotesi che ha trovato una prima
realizzazione lo scorso 29 novembre, ultimo venerdi' di Ramadan per i nostri
fratelli e sorelle musulmani), giunga un abbraccio forte, affinche' questo
impegno diventi stile di vita, apertura allo straniero, alla vedova e
all'orfano, per i quali soprattutto Gesu' di Nazaret ha scelto la forma
umana e poi la croce, facendosi simile a noi e abbattendo ogni muro fra gli
uomini.
Intendiamo condividere la gioia che il Natale regala con le comunita'
islamiche in Italia, e con tutte le altre comunita' di fede qui presenti.
Con loro ci proponiamo di proseguire il cammino intrapreso di conoscenza
reciproca e di dialogo rispettoso, nella prospettiva di un arricchimento
vicendevole e duraturo.
Che il "Principe della pace" che oggi nasce al mondo ci doni forza,
perseveranza e umilta' nell'ascolto dell'altro.
Con un sincero augurio di Shalom-Salaam-Pace
*
Per firmare l'appello per il dialogo cristianoislamico e per adesioni o
segnalazione di iniziative, ci si puo' rivolgere a:
- "Il dialogo": redazione at ildialogo.org; tel. 3337043384;
- Brunetto Salvarani: b.salvarani at carpi.nettuno.it;  tel. 3291213885.
Per l'elenco completo dei firmatari dell'appello, per tutti i materiali ad
esso relativi e per le iniziative in corso si puo' visitare il sito:
www.ildialogo.org

12. RIFERIMENTI. CRISTINA PAPA: AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE
DONNE"
[Da Cristina Papa (per contatti: cristina at www.womenews.net) della redazione
de "Il paese delle donne" (sito: www.womenews.net) riceviamo e diffondiamo]
Questi gli articoli dell'ultimo numero del "Paese delle donne"
(www.womenews.net) per il 2002:
- Disobbedienza: femminile plurale;
- Comitato pari opportunita' dell'Universta' di Cassino: passato e futuro;
- Essere povere nel Lazio;
- La citta' sognata;
- Napoli sostenibile;
- Globalizzazione e vita delle donne;
- Cura e progetto;
- Un seminario indisciplinato;
- Premio "il Paese delle donne";
- Le discipline disordinate;
- Traduttrici di culture;
- Una visione diversa;
- Musica, danza e teatro dal Marocco;
- Corpo pensante;
- Sterilizzazioni del Nord e del sud del mondo;
- Basta un poco di zucchero...;
- Genet senza casa e senza diritti;
- Afghanistan: non ci dimenticate.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 454 del 23 dicembre 2002