Don Vitaliano: Lettera aperta di Nichi Vendola al vescovo di Montevergine abate Tarcisio Nazzaro



Gentile Monsignor Nazzaro, forse non le importerà nulla di questa
lettera, ma io gliela scrivo ugualmente perché sento l'urgenza di
comunicarle il grande turbamento (stavo per dire lo "scandalo") che
provoca in me il suo brutale licenziamento di Don Vitaliano. Ho
imparato a conoscere questo giovane parroco nel vivo di molte battaglie
di giustizia, ho imparato a volergli bene anche per quella sua capacità
di spendersi sempre in prima persona, ho sentito sempre
l'urto "evangelico" della sua testimonianza.


Oggi lei lo butta fuori dalla sua parrocchia: ma perché? Don Vitaliano
è forse un usuraio, è forse un pedofilo, è forse un truffatore, è forse
uno spericolato appaltatore di opere pie e di sacri affari, è forse un
trafficante? Non credo. E allora? Forse perché ci spiega San Paolo
mentre manifestiamo contro le basi militari? Forse perché è un
costruttore e un camminatore di pace, non con l'eloquio della domenica,
ma con la fatica feriale dei suoi passi che lo hanno accompagnato tra i
poveri indigeni del Chiapas o nella terra santa del dolore palestinese?
Qual è la sua colpa? Quella di aver lavato i piedi alla Maddalena e di
aver parlato al gay pride? Quella di aver levato alta e forte la sua
voce contro quel Mercato che spesso invade anche il Tempio? Quella di
credere che ogni uomo è icona di Dio e che Dio spesso ha un figlio
kurdo o senegalese inchiodato alla croce di una espulsione e di un
foglio di via?


Mi perdoni se mi intrometto nelle faccende di Chiesa: io sono un
militante comunista, siedo su uno scranno parlamentare, non ho titoli
per sindacare la sua decisione di cacciare don Vitaliano. Eppure mi
prende una strana rabbia dentro: ripenso alla chiesetta di Sant'Angelo
a Scala, a quel paesello caldo e accogliente, a quel prete sempre di
corsa che però ha sempre il tempo per dare un consiglio o una carezza a
tutti: un pastore premuroso, così direste se non fosse don Vitaliano.


Caro Monsignore, si sente la puzza del "sepolcro imbiancato" nella sua
lettera: così burocratica e così povera di speranza. Questo genere
epistolare ricorda le lettere aziendali di licenziamento piuttosto che
le Scritture. Appartiene alla storia del Potere e delle sue censure
piuttosto che alla storia dell'Annuncio e delle sue profezie. Proprio
qualche sera fa don Vitaliano mi parlava di lei: Tarcisio Nazzaro è un
buon uomo, così mi diceva, chissà quante pressioni riceve per la mia
estromissione dalla parrocchia. E dunque anch'io credo che lei sia un
buon uomo: ma oggi ha scritto una pagina cattiva, ispirata da una fede
capovolta e vendicativa. Lo so che questa è una lettera che le giungerà
da molto lontano, da territori forse sconsacrati, chissà: eppure sappia
che ogni volta che ho incontrato don Vitaliano ho sentito di imparare
qualcosa di bello e di pulito.

Caro Monsignore, mi perdoni se io, oggi, nel mio piccolo, non riuscirò
a perdonarla.

Nichi Vendola