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La nonviolenza e' in cammino. 421
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 421
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 19 Nov 2002 22:04:04 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 421 del 20 novembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Pax Christi, la strada maestra della nonviolenza 2. Le domande senza risposta di Brontolo: sovversivi ed anime belle 3. Benedetta Frare, solidali con gli esseri umani e con la natura 4. Chiara Schiavinotto, il 22 e il 23 novembre e' in Italia Celina Cossa 5. Enrico Peyretti, sul fronte della coscienza 6. Lidia Menapace, una pratica di nonviolenza attiva 7. Enrico Euli, nonviolenza e autorita' 8. Peppe Sini, elogio del salvare questo mondo ancor prima di progettarne un altro 9. Giulio Vittorangeli: Kurdistan, con la forza della nonviolenza 10. Documentazione: l'esito di un processo 11. Tre paragrafi per Benedetto Croce, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa 12. Riletture: Biancamaria Frabotta (a cura di), Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973) 13. Riletture: Giovanna Pezzuoli, Prigioniera in Utopia 14. Riletture: Rosalba Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. PAX CHRISTI: LA STRADA MAESTRA DELLA NONVIOLENZA [Riportiamo il testo diffuso da Pax Christi dal titolo "La strada maestra della Nonviolenza. Nota del Consiglio nazionale di Pax Christi sugli arresti di esponenti del movimento 'Un altro mondo e' possibile'". Per contatti con Pax Christi, movimento cattolico per la pace fortemente impegnato per la nonviolenza: paxchristi at tiscali.it. Anche rispetto a questo pur apprezzabile intervento dobbiamo esprimere il nostro sbigottimento per l'irresponsabilita' di alcune sciagurate e non meditate affermazioni: prima di contestare le ordinanze della magistratura bisognerebbe leggerle: alla base delle imputazioni a carico degli arrestati (che chi scrive queste righe si augura vivamente che siano del tutto innocenti di atti di grave violenza) vi e' la tesi (che ovviamente il processo potra' dimostrare o smentire) che i fatti-reato rubricati sotto la fattispecie della "sovversione" si siano concretati in azioni violente. Non crediamo che Pax Christi intenda dichiararsi disposta ad agire una "sovversione" che si avvalga della violenza come mezzo di lotta politica. E sarebbe dunque ora che tante persone perbene la facessero finita di inneggiare alla "sovversione", senza rendersi conto che chi li ascolta vi legge l'avallo a pratiche scellerate; e la facessero finita anche di continuare a regalare la rappresentanza del "movimento dei movimenti" - persino a livello di lessico -, ad alcuni dei peggiori nostri nemici: i violenti, i militaristi, i callidi e impenitenti nipotini e allievi degli sprangatori di appena ieri, peraltro gia' ampiamente infiltrati e troppo a lungo tollerati (e peggio, coperti e vezzeggiati): accadde gia' trent'anni fa che tante brave persone sottovalutarono gli esiti degli inneggiamenti alla violenza: e fini' con il sangue per le strade. Ve lo chiedo dal profondo del cuore, amici cari: fermatevi, piantatela di dire sciocchezze, prima che accadano cose irreparabili (Peppe Sini)] Il Consiglio Nazionale di Pax Christi si e' riunito presso la Casa per la Pace di Firenze il 17 novembre scorso e si e' soffermato tra l'altro sul Forum Sociale Europeo che si e' svolto nei giorni scorsi proprio nel capoluogo toscano. Ne abbiamo apprezzato il lavoro, il percorso organizzativo (cui peraltro Pax Christi ha offerto il proprio apporto), i risultati ed i metodi che hanno visto il contributo di tante organizzazioni e cittadini europei. Alle assemblee plenarie e ai 151 seminari sulle tematiche della risoluzione dei conflitti, della globalizzazione, dei diritti e della democrazia, si e' aggiunta la manifestazione colorata, partecipata e nonviolenta di sabato 9 novembre. Accanto alla piena soddisfazione abbiamo condiviso anche l'amarezza per la linea seguita dalla maggior parte dei mezzi di informazione che in troppi casi hanno posto l'attenzione esclusivamente sul problema dell'ordine pubblico. * Cio' premesso e' emerso sconcerto riguardo all'arresto delle 20 persone espressione di quello stesso movimento di Firenze. Pur riaffermando la fiducia e il rispetto nei confronti della Magistratura, il Consiglio ha espresso quantomeno perplessita' e riserve sul merito dei reati contestati, sull'opportunita' di ricorrere alla custodia cautelare, sugli effetti che tale operazione potra' generare e sui tempi scelti per realizzarla. Rispetto ai reati che risalgono all'ordinamento fascista, si ha il sospetto piu' che fondato che anche moltissimi tra gli aderenti a Pax Christi potrebbero ricevere le stesse accuse. Non v'e' ombra di dubbio che anche noi sognamo di "sovvertire", ovvero di cambiare radicalmente l'ordine economico attuale che condanna quotidianamente a morte migliaia di vite umane. Ed e' certo che anche Pax Christi e' impegnato a favorire e costruire un ordine economico e politico rispettoso della dignita' di tutte le persone. Siamo tra coloro che credono fortemente che "un altro mondo e' necessario" e non solo possibile. * Certo, attendiamo di conoscere nel dettaglio i fatti contestati e di comprendere in che modo questi giustifichino gli arresti e la strana coincidenza che essi siano avvenuti nei giorni immediatamente successivi al Social Forum. Ciononostante riteniamo che, se pure venissero provati dei fatti certi e gravi ai danni degli arrestati, questo non pregiudicherebbe assolutamente l'orizzonte di valori, la riflessione e l'azione del movimento composito che si e' riconosciuto nel percorso di Porto Alegre e di Firenze. Sono queste considerazioni che ci portano a ritenere eccessive e fuorvianti le formule accusatorie fino a farci comprendere che siamo di fronte ad una forzatura che tende a trasformare il dissenso in crimine. Avvertiamo questo come un'ulteriore violenza del sistema sulla societa' civile che si organizza, protesta e propone il cambiamento. D'altra parte la stessa inchiesta di Amnesty International conclude che a Genova: "Si e' verificata la piu' clamorosa violazione dei diritti umani realizzata in Europa negli ultimi anni". E ancora ci chiediamo: chi processera' l'Italia che potrebbe ancora una volta violare in maniera clamorosa l'articolo 11 della Costituzione che "ripudia lo strumento della guerra"? * A queste operazioni ci sentiamo di rispondere con gli strumenti della nonviolenza, gli unici che ci sottraggono alla logica e agli interessi dei grandi potentati economici che frenano i cambiamenti. Alla stessa nonviolenza vogliamo richiamare in maniera accorata tutti coloro di cui ci siamo fatti le compagne e compagni di strada. La nonviolenza, che pure parte dall'analisi precisa delle violenze strutturali gia' in atto e subite come sempre dai piu' poveri, appare oggi piu' che mai la strada maestra di tutti coloro che nel mondo vogliono essere voce degli esclusi e delle vittime. Parliamo di una nonviolenza attiva, di una lotta nonviolenta trasformatrice in grado di contestare il sistema adottando le forme eticamente praticabili delle obiezioni e della disobbedienza civile, del boicottaggio organizzato e dello sciopero, del digiuno e di nuovi stili di vita, di tutte le forme che la lunga pratica dei nonviolenti puo' suggerirci in modo creativo per costruire una storia ricca di umanita'. 2. LE DOMANDE SENZA RISPOSTA DI BRONTOLO: SOVVERSIVI ED ANIME BELLE I. Quando vedo tanti bravi giovani sfilare per le vie al delirante motto di "siamo tutti sovversivi" mi chiedo se stiano manifestando l'intenzione di iscriversi tutti a Forza Italia o alla Lega. II. A sentire tante brave persone che fino a ieri ritenevo sane di mente autodenunciarsi e proporre ad altri di autodenunciarsi per sovversione e per condivisione di gravi fatti di violenza giustamente configurati come reati (sebbene le fattispecie sotto cui siano stati qualificati almeno a me appaiano quantomeno discutibili, ma quel che piu' conta e' la sostanza dei fatti, non la denominazione che ad essi si attribuisce) ed attribuiti a torto o a ragione a persone agli arresti (che vanno ritenute innocenti finche' non si sia dimostrato che siano colpevoli di qualcosa; e la cui scarcerazione, in attesa del processo, auguro sia prossima: nessuno dovrebbe essere detenuto prima di una sentenza di condanna se non vi sono gravissimi motivi), mi vien da controproporre: non sarebbe meglio autodenunciarsi per eccesso di retorica e obnubilamento dei sensi e dell'intelletto? Poiche' autodenunciarsi per reati non commessi configura il reato di autocalunnia, e dichiararsi complici di ipotizzati gravi atti di violenza non mi pare che sia il modo per costruire "un mondo diverso" migliore del mondo attuale. III. Vorrei acquistare anch'io la sfera di cristallo che evidentemente tanti possiedono per essere certi che nessuno degli imputati abbia giammai promosso o commesso atti di violenza (soprattutto alla luce di certe fin rumorose dichiarazioni di taluno di essi in passato). Dove la vendono? IV. Molto controvoglia ma per senso del dovere ho letto alcune centinaia di pagine dell'ordinanza della Procura di Cosenza, disponibile integalmente nel sito della Rai (www.rainews24.it): non l'ho letta tutta; ma suggerirei a tutti coloro che in questi giorni stanno facendo dichiarazioni a dir poco avventate e sovente deliranti o in palese malafede che forse farebbero bene a darvi un'occhiata. V. Ritengo un dovere dfendere i diritti umani di tutti; invece indurre tante brave ed ingenue persone ad autodenunciarsi dichiarandosi correi di fatti di cui spero che invece gli imputati vorranno dichiararsi innocenti, non mi pare un dovere, e neppure un diritto, ma una infamia e una idiozia. Che questa infamia sia commessa da illustri personalita' non ne muta la natura di infamia e di idiozia. VI. Se non fermiamo subito la deriva di parte non piccola del movimento per la pace e la giustizia verso la catastrofe intellettuale e morale in corso, se non ristabiliamo subito il criterio del rispetto della verita' e il criterio dell'opposizione assoluta alla violenza, se non si esce subito dalle mostruose ambiguita' in cui tanti pretesi "leader" (proclamati tali non da procedure democratiche nel movimento, poiche' questo movimento per la pace e la giustizia giustamente non ha e non deve avere ne' "capi" ne' "politburo"; ma in parte per selezione di macchine burocratiche e lobbies neppure granche' trasparenti, e fondamentalmente per decisione dei mass-media, cioe' dal potere mediatico autoritario contro cui si dice che ci si batte) si voltolano da troppo tempo, temo che la fine nel tragico oltre che nel ridicolo sia prossima. VII. Certi errori li abbiamo gia' visti trent'anni fa, e ad essi seguirono orrori. Cerchiamo di evitare gli uni per impedire che seguano gli altri. 3. INIZIATIVE. BENEDETTA FRARE: SOLIDALI CON GLI ESSERI UMANI E CON LA NATURA [Dall'ufficio stampa di Transfair Italia (per contatti: tel. 3488243386, o anche: 0498750823, fax: 0498750910, e-mail: stampa at transfair.it) riceviamo e diffondiamo] Finalmente le banane biologiche ed equosolidali certificate dal marchio TransFair arrivano in Italia. A partire da novembre saranno presenti in 500 negozi specializzati in prodotti biologici in tutta Italia e nei supermercati e ipermercati Coop che hanno scelto di aggiungere alle loro referenze le banane buone con la natura e con i diritti dei lavoratori. Il rapporto con i produttori del Commercio Equo e Solidale non e' cosa nuova: da molti anni i negozi specializzati e la rete Coop commercializzano i prodotti provenienti dal Sud del mondo, cercando di coniugare l'ecologia con una giusta economia. Le banane sono garantite dal marchio TransFair che certifica la provenienza dalle cooperative e aziende che lavorano nel circuito del Commercio Equo e Solidale e la loro importazione e' curata da Organic Sur di Bologna, per lo specializzato biologico, e da Peviani di Pavia per quanto riguarda Coop. In particolare provengono da El Prieto, azienda di recente iscritta nel registro internazionale dei produttori ma una delle prime a lavorare banane biologiche certificate in Ecuador. Il crollo del prezzo delle banane, che ha raggiunto i minimi storici, aveva compromesso la tenuta di El Prieto e dei suoi lavoratori. In questo senso, in un solo anno, il Fair Trade ha fatto miracoli: sono nati dei "comitati" impegnati in diversi fronti, da quello sanitario, alla scuola, allo sport fino all'organizzazione della piantagione. E' stato possibile inoltre sviluppare il margine sociale derivato dalla vendita per ampliare il servizio medico con un ambulatorio per combattere la disidratazione dei lavoratori. L'azienda, di concerto con loro, ha ideato poi una forma di assicurazione sui servizi sanitari: il versamento di una quota minima dello stipendio consente a ciascuna famiglia di accedere all'assistenza e alle cure dentali. Non viene trascurato nemmeno l'aspetto formativo con occasioni di approfondimento anche esterne all'azienda riguardo alla legislazione vigente in tema di lavoro e su tecniche di comunicazione e dialogo. A ciascun lavoratore che abbia maturato sette anni di anzianita' in azienda, El Prieto concede inoltre un bonus di 3.500 dollari per l'acquisto o il risanamento di un'abitazione. Sul fronte dei diritti sindacali e' stata inserita la figura di un "valutatore del lavoro" con l'incarico di redigere lo statuto per un'associazione tra lavoratori ed un primo contratto collettivo. Oggi, grazie a questa nuova apertura nel mercato italiano, i lavoratori di El Prieto avranno ulteriori opportunita' di sviluppo per se stessi e per le loro famiglie. 4. INCONTRI. CHIARA SCHIAVINOTTO: IL 22 E IL 23 NOVEMBRE E' IN ITALIA CELINA COSSA [Dall'ufficio stampa del Consorzio Etimos (per contatti: tel. 3405311835; e-mail: chiara at koinecomunicazione.it, o anche: etimos at etimos.it; sito: www.etimos.it) riceviamo e diffondiamo] A dieci anni dalla firma degli accordi di pace per il Mozambico, Celina Cossa, leader della piu' importante rete di cooperative femminili del paese, e' in Italia, ospite del Consorzio Etimos. Sabato 23 novembre interverra' alla Giornata della finanza etica di Bologna. Celina Cossa non e' un nome noto al grande pubblico, ma la sua storia si identifica con quella di una generazione di donne che hanno contribuito a riscattare la storia tragica del proprio paese, il Mozambico. E' infatti tra le fondatrici dell'Unione Generale delle Cooperative (Ugc), un'organizzazione che comprende piu' di 200 cooperative, prevalentemente agricole e zootecniche, e coinvolge quasi 9.000 lavoratori, al 95% donne, nella regione di Maputo. Nata nel 1954, Celina Cossa alla fine degli anni '70 e' maestra elementare in un paese che, dopo aver ottenuto l'indipendenza dal Portogallo, e' dilaniato da una sanguinosa guerra civile: villaggi distrutti, fattorie disseminate di mine, centinaia di migliaia di sfollati che fuggono dalle campagne alle citta' o trovano accoglienza nei paesi vicini. In un contesto che vede intrecciarsi guerra, poverta', carenze alimentari, inadeguatezza tecnica e mancanza di sementi, l'esperienza cooperativistica nell'area di Maputo viene incoraggiata dallo stesso governo al potere per far fronte al fabbisogno alimentare della capitale, ma si sviluppa e rafforza autonomamente, anche in contrapposizione al governo, dando vita, nel 1981, al primo nucleo dell'Unione Generale delle Cooperative, presidente appunto Celina Cossa. Una fortissima fiducia nel movimento cooperativistico e la consapevolezza che il riscatto, anche economico, della societa' mozambicana doveva passare attraverso le donne (e la loro emancipazione) sono gli elementi che danno una particolare connotazione alle iniziative di Celina Cossa, come emerge anche dalle sue parole: "la nascita dell'Unione Generale delle Cooperative rappresento' una reazione al degrado assoluto delle condizioni di vita, alla mancanza di ogni cosa, alla tendenza diffusa a sperare nelle iniziative ufficiali, a dipendere dagli altri. E' stata, ed e' tuttora, un'esperienza quasi esclusivamente femminile: gli uomini tradizionalmente lavoravano in citta', nell'apparato pubblico, nelle imprese statali, o come salariati". Ora l'Unione Generale comprende 185 cooperative di primo grado (quelle piu' semplici), e 42 di secondo grado, 9.000 soci e 3.000 ettari di terre coltivate; e' il primo produttore di polli del paese e ha contribuito a stabilizzare il prezzo della carne, riducendo il volume delle importazioni e la dipendenza dall'estero; si calcola che siano quasi 50.000 i beneficiari indiretti delle attivita' dell'organizzazione. Oltre alle attivita' produttive (orticoltura e produzione di cereali, allevamento di polli da carne e di pulcini da riproduzione, produzione di uova e fabbrica di mangimi, mattatoio, incubatrice...), offre servizi di assistenza legale, fiscale e contabile e sostegno per la commercializzazione dei prodotti; ha avviato una serie di servizi sociali in ambito educativo e sanitario (scuole medie, istituti tecnici e di formazione, piccoli ospedali rurali) e da un anno ha attivato la Cooperativa di Risparmio e Credito per formalizzare le attivita' di sostegno finanziario che da sempre vengono offerte agli associati. Come riconoscimento per i risultati ottenuti, a Celina Cossa e' stato attribuito nel 1998, a New York, il prestigioso Africa Prize nell'ambito dell'Hunger Project, riservato ai leader africani che si sono maggiormente distinti nel combattere la fame e la poverta' nel loro paese. Celina Cossa sara' in Italia a partire dal 22 novembre, sabato 23 partecipera' alla Giornata della finanza etica a Bologna e successivamente sara' a disposizione della stampa per interviste e approfondimenti. 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: SUL FRONTE DELLA COSCIENZA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per questo intervento. Enrico Peyretti e' una delle piu' prestigiose personalita' della nonviolenza in Italia] Dalla "Catena di san Libero" (l'ottima rivista diffusa per e-mail a cura di Riccardo Orioles, per richieste: ricc at libero.it) del 18 novembre: "La Conferenza Episcopale Usa - la massima assemblea della Chiesa Cattolica negli Stati Uniti - ha emesso un documento ufficiale di condanna della politica militare del governo, invitando fra l'altro i fedeli a praticare l'obiezione di coscienza contro una eventuale guerra in Iraq. La decisione e' stata presa quasi all'unanimita' (quattordici voti contrari su duecentoquaranta)". * L'importanza non sta solo nel fatto che sono i vescovi americani (durante il Concilio i loro predecessori frenarono il testo sulla pace, nella Gaudium et Spes), ma nel fatto che preti, vescovi e papi, per lo piu' anzitutto incaricano Dio di fare la pace con un miracolo al posto della nostra azione, poi pregano i capi di stato di essere buoni e non fare la guerra, e solo raramente ricordano alle coscienze delle persone che il male non si puo' fare, che uccidere come strumento politico e' male e dunque la guerra non si puo' fare. Prima di questa bella eccezione collettiva, ho presenti solo pochi esempi: Primo Mazzolari e certamente altri preti sconosciuti, tra i vescovi Oscar Romero, Tonino Bello, Pier Giorgio Debernardi (vescovo di Pinerolo, con poche righe chiare sul suo giornale, all'inizio della guerra del Kossovo). Sarei lieto di essere aiutato ad apprendere altri esempi, che ci sono ma che non sono ora in grado di documentare. Anche per ricordarli a preti, vescovi e papi, che passano l'incarico a Dio e ai governi. Affinche' la chiesa sia finalmente una chiesa delle coscienze e non un potere che (sulla guerra; altra cosa e' l'etica sessuale) tratta solo coi suoi pari, gli stati. Ora vedremo quanti soldati americani cristianissimi (in quanto occidentali) useranno la coscienza. Senza la quale ci si dimette da esseri umani. 6. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: UNA PRATICA DI NONVIOLENZA ATTIVA [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace at tin.it) per questa saggia considerazione che estraiamo da un suo intervento nella mailing list "Territori" di commento e sostegno all'articolo "tre glosse" apparso sul notiziario di ieri. Lidia Menapace e' una delle figure piu' belle dei movimenti di pace, di solidarieta', di liberazione, della nonviolenza in cammino] Tutti e tutte sappiamo che e' in corso nel movimento "un altro mondo e' possibile" un serrato e per mio gusto un po' troppo sotterraneo confronto su simbolico, pratiche e forme: cose non dappoco che chiedono anche una certa sottigliezza di giudizio. Insomma il vecchio Tommaso non aveva torto a consigliare "distingue frequenter". Avverto nel sottofondo di certe posizioni echi di Padova, sede dell'estremismo di sinistra e di destra, non per caso in qualche modo accorpati anche ai margini di Firenze. Tengo troppo a quanto spero succeda e cioe' che non sbagliamo clamorosamente un'altra volta nel giro di pochi decenni e che si affermi invece una pratica di nonviolenza attiva e di impegno etico forte. Il brigatismo ha sbagliato e fallito, riconosco a Curcio di averlo detto con ferma severita' e almeno vedo che ora sceglie opere di solidarieta', non farnetica di "stato borghese che si abbatte, non si cambia". Mi ricordo che gia' negli anni settanta i piu' dotati di ironia avevano variato lo slogan cosi': "Lo stato borghese ci abbatte e non si cambia". Infatti e' lo stato come istituzione violenta che deve deperire, dato che lo stato socialista non pare sia stato meglio, quanto a liberta'. 7. DIBATTITO. ENRICO EULI: NONVIOLENZA E AUTORITA' [Ringraziamo di cuore Enrico Euli (per contatti: diabeulik at libero.it) per questo intervento in fraterno dibattito con quello di Mao Valpiana apparso sul n. 398 del nostro notiziario. Enrico Euli e' uno dei piu' apprezzati formatori alla nonviolenza, e un caro amico discutere col quale e' sempre prezioso] Per amore del dibattito in corso non da ora tra amici della nonviolenza su temi come lo stato, le leggi, il monopolio della violenza legittima, le politiche della sicurezza, vorrei provare a commentare lo scritto di Mao Valpiana (apparso su "La nonviolenza e' in cammino" del 28 ottobre scorso), cosi' pertinente ed attuale, ma per alcuni aspetti distante dal mio sentire. Ovviamente nessuno di noi propone un approccio che descrive un'unica linea come se fosse la sola possibile; nell'area nonviolenta le sensibilita' e gli approcci presenti sono vari e diversi e da sempre mi piacerebbe se tutti potessero trovare almeno un po' di spazio. Per cui, quando si dice: "i nonviolenti sono sempre stati favorevoli alla legge e alla polizia, due istituzioni che servono a garantire i deboli dai soprusi dei violenti", vorrei ricordare che esiste anche un'area del pensiero e della prassi nonviolenta - forse minoritaria in Italia, ma non vedo perche' fingere che non esista - che non e' mai stata favorevole agli stati, alle leggi e alle istituzioni statuali, e che non si e' mai riconosciuta nella legittimita' del monopolio della violenza (naturalmente proprio perche' ad ogni violenza si oppone). Per come la vedo io (e vorrei soltanto che anche questa posizione possa essere ascoltata e rispettata come legittimamente nonviolenta) mi sento disposto a riconoscere le leggi se e solo se mi convincono della loro legittimita' morale e politica, se e solo se difendono i deboli dai soprusi dei violenti (e non mi riconosco in esse se servono, come spesso capita e non per caso, al contrario); ed a riconoscere di poter essere punito dall'autorita' legale in relazione alle leggi che infrangessi, senza per questo riconoscere la legittimita' dell'autorita' stessa, ma anzi utilizzando il processo penale per smascherarne la violenza strutturale e culturale. Non sono favorevole invece a riconoscermi nella giustizia penale come unico strumento e procedura per raggiungere la verita' e la giustizia; ne' ad essere difeso da chiunque voglia utilizzare la violenza per proteggermi da eventuali aggressioni. Credo, piu' in generale, che sia giunto il momento di rimettere in discussione la nostra fiducia negli stati; essi evolvono verso direzioni non piu' compatibili con la minima violenza necessaria, ma piuttosto con la massima violenza possibile. Come direbbero Marcos e Bauman, allo stato e' lasciato, nella globalizzazione, quasi soltanto il ruolo di repressore. Gli esperimenti per saggiare la tenuta presso l'opinione pubblica di un'autorita' statale siffatta, tendenzialmente sempre piu' coincidente con il mero potere militare e finanziario, sono gia' in corso: i fatti di Pristina, Genova, Kabul, Mosca, pur nelle loro evidenti differenze, vanno tenuti insieme, in un unico tragico filo. Lo stato sembra non essere piu' (sempre che lo sia mai stato) la forma adatta a gestire la vita dei popoli e delle persone. Stiamo facendo davvero tutto per tenere la nonviolenza in relazione e all'altezza dei tempi che viviamo, o continuiamo soltanto a difendere una filosofia scolastica? Di fronte a quel che accade chiederei a tutti di farci domande nuove, di non vivere di rendita, di provare a dare nuove risposte. Non smettiamo di guardare oltre il buio. Non accontentiamoci di questa vita. Non accontentiamoci del meno peggio... 8. DIBATTITO. PEPPE SINI: ELOGIO DEL SALVARE QUESTO MONDO ANCOR PRIMA DI PROGETTARNE UN ALTRO Ha ragione Enrico Euli, ci sono domande da tempo ineludibili. Ad esempio: cosa sono diventati gli stati negli ultimi decenni. E' una domanda che in relazione agli sconquassi provocati dalla globalizzazione neoliberista ha tematizzato con acutezza e limpidezza ad esempio un intellettuale liberale come Ralf Dahrendorf in un libriccino la cui lettura sarebbe assai piu' utile delle logorroiche ciance su "imperi e moltitudini" che oggi troppi ripetono a orecchio senza accorgersi che sono scatole vuole e trappole ideologiche che nascondono un sostanziale smarrimento. E forse ai piu' giovani sarebbe utile leggere dei grandi dibattiti degli anni sessanta e settanta sulla crisi fiscale dello stato, e sulla crisi della forma stessa dello stato-nazione come lo abbiamo conosciuto dall'inizio dell'eta' moderna; sul nesso a coppia conica delle strategie e dei progetti di riforma graduale e di trasformazione radicale; e ancora prima, i grandi dibattiti nel movimento operaio e socialista (e liberalsocialista, anche e forse soprattutto) sul welfare, sul controllo dal basso, sulle ipotesi consiliari, su quella che Aldo Capitini chiamava "omnicrazia", il potere di tutti, e Mohandas Gandhi "swaraj" (l'autogoverno, la vera indipendenza); e si dovrebbe risalire ancora prima (ma un prima che si prolunga ancor oggi e che ci accompagnera' nel futuro - c'e' una pagina fulminante di Marx all'inizio del Capitale in cui ricorda il detto che "le mort saisit le vif" -, e nell'eredita' del passato vi e' tutto il futuro, e sarebbe ora di farla finita di gettare i bambini con l'acqua sporca). Enrico ha ragione: se non si accetta la societa' della "personalita' autoritaria" indagata da Orwell e da Fromm, occore sottoporre le istituzioni e le leggi al vaglio della coscienza: e' il principio di Antigone (e di Socrate ateniese, e di Gesu' di Nazareth), che da Thoreau, a Tolstoj, a Gandhi, a Virginia Woolf, alla Resistenza, al movimento delle donne, tutte le grandi figure ed esperienze storiche della nonviolenza in cammino hanno affermato. Ed occorre saper obiettare e pagarne il prezzo. D'altronde e' questa la forza della democrazia: che come diceva quello statista britannico sara' pure una pessima forma di governo ma e' pur sempre "la meno peggio" che fin qui l'umanita' abbia saputo escogitare e mettere in pratica. Poi, ovviamente, vi possono essere punti di vista diversi, ed e' bene che siano in feconda dialettica anche tra gli amici della nonviolenza, tra chi ad esempio e' piu' incline o affine a una visione della societa' e della politica piu' caratterizzata in senso libertario ed anarchico, e chi esprime altri punti di vista; tra chi propugna forme piu' specificamente federaliste e chi no; tra chi propone alcune forme consiliari e chi altre. In un dibattito che tutti accoglie, rispetta e discute i punti di vista che siano comunque caratterizzati dal rispetto intransigente dei diritti umani di ogni essere umano, dall'opposizione alla violenza, dalla scelta della nonviolenza. Personalmente, ad esempio, ritengo che lo stato di diritto e la democrazia siano una conquista grande dell'umanita' intera, e che vadano estese, e difese - come si dice - con le unghie e coi denti. E non credo affatto che nella globalizzazione la forma statuale e l'ordinamento giuridico siano solo cadaveri o maschere; al contrario, ritengo che la forma repubblicana dell'organizzazione istituzionale della societa' sia un utile strumento di resistenza alla ferocia predatoria e onnivora dei potentati economici che non a caso sono sempre piu' intrecciati ai poteri criminali tout court; e ritengo altresi' che il principio di legalita' sia la chiave di volta per la resistenza alla barbarie. In concreto, e per fare un esempio cruciale: la difesa della Costituzione della Repubblica Italiana mi pare sia un diritto e un dovere per tutti. I casi della vita hanno fatto si' che alcuni dei miei amici piu' cari siano morti per colpa dei poteri criminali; che alcuni dei miei amici piu' cari siano familiari di vittime della mafia; e che anch'io abbia sentito il dovere di impegnarmi, nei limiti delle mie capacita' naturalmente, nella lotta contro il potere mafioso. La nonviolenza e' questo: la lotta contro la violenza, o non e' nulla. E in questi ultimi decenni in Italia innanzitutto essa e' stata, e' e sara' lotta contro i poteri criminali di tipo mafioso che opprimono e uccidono e sempre piu' pervadono l'economia, la societa', le istituzioni stesse (si leggano i libri fondamentali di Umberto Santino o alcuni lavori di Jean Ziegler, o anche quella utile sintesi di Luciano Violante di qualche anno fa, per avere un quadro nitido e terribile; e se si e' cosi' sciaguratamente pigri da non voler leggere, e' sufficiente che ci si guardi intorno). 9. INCONTRI. GIULIO VITTORANGELI: KURDISTAN, CON LA FORZA DELLA NONVIOLENZA [Giulio Vittorangeli (per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it) e' uno dei principali collaboratori di questo notiziario, e un luminoso militante della solidarieta' internazionale] Sabato 16 Novembre, ho partecipato a Tuscania (Vt) ad una "piccola" iniziativa sul "Kurdistan... il paese che non c'e'. Relatrice: Muyesser Gunes, giornalista, 49 anni, del quartiere curdo Gazi di Istanbul, madre di due figli uccisi in guerra, rappresentante del movimento "Madri per la pace" in Turchia, del quale dirige la rivista mensile. Del prezioso lavoro di questo movimento ha gia' parlato, sul n. 418 di questo notiziario, Nadia Cervoni delle Donne in Nero. Posso solo aggiungere l'emozione, il cuore che si fa piccolo, nel sentire le cose dette da Muyesser Gunes. Testimone diretta (come in moltissime altre parti di questo nostro sofferente mondo) di una violenza, feroce e disumana, che colpisce personalmente e quotidianamente; nonostante questo capace di una scelta profonda di nonviolenza, come risposta alle ingiustizie subite. E posso dire del nostro disagio, della nostra impotenza, ed anche della nostra inadeguatezza... anche quando - con evidenti limiti - cerchiamo di batterci, nel migliore dei modi, a fianco di questi popoli oppressi e cancellati. * Colpisce, e non puo' essere diversamente, questo protagonismo della donne che segna l'insorgenza kurda in Turchia. Come non ricordare la vicenda di Leyla Zana? Eletta nel parlamento turco nel 1991 (su 450 deputati le donne erano soltanto otto, e Leyla era l'unica deputata kurda), al momento dell'investitura parlamentare (comportava il riconoscimento della Costituzione turca, elaborata dopo il putsch militare e promulgata nel 1982, dove e' insita la negazione dell'esistenza del popolo kurdo), il suo discorso le scateno' contro un odio viscerale. Cosi' descrive nel suo libro la scena che per lei sarebbe stata cosi' gravida di conseguenze: "Per evidenziare il mio attaccamento all'identita' kurda, quel giorno mi legai i capelli con una fascia con i colori kurdi. Quando fu chiamato il mio nome piombo' il silenzio nell'affollato emiciclo parlamentare. I pochi metri che separavano il mio scranno dal podio mi parvero interminabili. Giunta sul podio, vidi fra i banchi degli uditori un'imponente schiera di generali zeppi di decorazioni e medaglie dorate, ma anche parecchi diplomatici stranieri. I dirigenti di partito e i membri del governo erano presenti al gran completo per assistere alla cerimonia, ripresa in diretta televisiva. E' il momento della verita', mi dissi. Ecco la piccola kurda di campagna gettata in pasto ai leoni. Per padroneggiare la situazione feci appello a tutte le mie forze. Prima lessi con tutta calma, in lingua turca, la formula del giuramento che dava effettivita' al mio mandato. Poi aggiunsi in turco e in kurdo questa frase: Sono stata obbligata ad adempiere la formalita' richiesta. Io lotto per la fraterna convivenza del popolo kurdo e del popolo turco in un quadro democratico". Dopo il massacro di Cizre (21 marzo 1992, in occasione del Newroz, il capodanno curdo), e il successivo abbandono del gruppo parlamentare di cui faceva parte, la vita di Leyla Zana fu in pericolo piu' di quella di qualunque altra donna in Turchia. Esisteva una lista nera dei "nemici della Stato". Nel '93 Leyla sfuggi' a due attentati; nel '94 dopo la revoca dell'immunita' parlamentare fu arrestata. Nel processo, la procura dello Stato chiese la pena di morte, e se alla fine essa non fu erogata, lo si dovette forse alle proteste internazionali e alla presenza in aula di numerose osservatrici provenienti da tutto il mondo. La misura della pena fu comunque scandalosa, Leyla Zana fu condannata a quindici anni di carcere per il reato di alto tradimento e separatismo. Con questa condanna politica lo Stato turco dimostro' chiaramente di non avere alcun interesse a una soluzione pacifica e politica della questione kurda. Nell'ottobre del '95 la corte d'appello ha poi confermato la condanna; infine contro questa condanna definitiva per motivi di opinione e' stato inoltrato nel luglio 1966 un ricorso contro la Turchia presso la Corte europea per i diritti umani di Strasburgo. * Intanto una cosa semplice e facile possiamo farla subito anche noi. Acquistare il libro delle Donne in Nero, Con la forza della nonviolenza. Voci di donne curde e turche, appena otto euro. La divulgazione del testo e' interamente finalizzata a sostenere i lavori delle associazioni di donne curde e turche per i loro progetti di pace. Per contatti, iniziative, presentazione del libro: Nadia Cervoni (Donne in Nero), e-mail: giraffan at tiscalinet.it 10. DOCUMENTAZIONE. L'ESITO DI UN PROCESSO [Venendo incontro alla richiesta di vari interlocutori pubblichiamo qui a fini documentari il comunicato emesso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo il 7 ottobre 2002 al termine del processo che ha visto la vittoria di Peppe Sini. L'Enzo Cafari di cui qui si parla secondo autorevoli fonti e' l'ultima persona ad essersi incontrata con Mino Pecorelli prima che fosse ucciso. Il capo della corrente andreottiana a Viterbo, Rodolfo Gigli, e' attualmente deputato in parlamento per Forza Italia; l'allora suo vice, Giuseppe Fioroni, e' attualmente deputato in parlamento per la Margherita] Vittorioso Peppe Sini in Tribunale. Assolto dall'imputazione di diffamazione a mezzo stampa per il documento "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995". Sconfitto il querelante Enzo Cafari. * Il Tribunale di Viterbo nella seduta odierna ha assolto Peppe Sini (gia' consigliere provinciale di Viterbo ed allora presidente della commissione d'inchiesta sulla penetrazione dei poteri criminali promossa dall'Amministrazione Provinciale di Viterbo, attualmente responsabile del "Centro di ricerca per la pace") dall'accusa di diffamazione a mezzo stampa, accusa avanzata dal signor Enzo Cafari in relazione ad un testo di Peppe Sini dal titolo "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995". Peppe Sini era difeso dall'avvocato Marcello Polacchi, una delle figure piu' autorevoli e prestigiose della societa' civile viterbese (e gia' presidente dell'Amministrazione Provinciale di Viterbo). Peppe Sini ha citato e illustrato in aula una cospicua mole di documentazione, sia di provenienza giudiziaria, sia estratta dalla letteratura scientifica prodotta dai piu' qualificati autori impegnati nello studio e nella lotta contro la corruzione politica, l'economia illecita e i poteri criminali. L'assoluzione di Peppe Sini e' stata piena. Dopo la sentenza Peppe Sini ha dichiarato: "Una vittoria del diritto, una vittoria della verita'". Alleghiamo una minima documentazione ai fini della comprensione dei fatti, rinviando ad un ulteriore comunicato una piu' ampia documentazione recante, quando sara' disponibile, la motivazione della sentenza emessa quest'oggi dalla magistratura. Viterbo, 7 ottobre 2002 * Elenco degli allegati: - Allegato 1: Peppe Sini, Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995; - Allegato 2: alcuni documenti depositati in Tribunale; - Allegato 3: breve notizia su Peppe Sini [qui omessa]. * Allegato 1. Peppe Sini, Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995 1. Il "caso Gigli-ICEM": l'ICEM di Palermo, occultamente controllata dalla famiglia Matta e titolare della manutenzione dell'illuminazione pubblica del capoluogo siciliano, venne a Viterbo negli anni '70 Rodolfo Gigli sindaco, a vincere l'appalto per la realizzazione dell'impianto di illuminazione pubblica cittadino. La vicenda ICEM diede luogo a una serie di processi, tra cui uno intentato dal Gigli nei confronti di Peppe Sini, autore di un articolo dal titolo "La mafia a Viterbo". Quel processo si concluse con la vittoria di Peppe Sini e la condanna del Gigli al pagamento delle spese. Peppe Sini sosteneva nell'articolo che il sistema di potere viterbese di cui l'andreottiano Gigli era il vertice operativo aveva costruito i prerequisiti per la penetrazione mafiosa a Viterbo. Sulla vicenda si veda l'esauriente opuscolo di Peppe Sini, Il caso Gigli-ICEM, Viterbo, 1991. 2. Le imprese dei "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania penetrano nell'Alto Lazio: e' documentata la presenza sia nel cantiere della centrale di Montalto, sia nell'operazione "CAT-nuovo porto di Civitavecchia" di imprese dei gruppi facenti capo ai "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania, particolarmente Graci e Rendo. Sui "cavalieri" di Catania si espressero duramente il giudice Livatino, il generale Dalla Chiesa, il giornalista Pippo Fava, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tutti poi assassinati dalla mafia; li fece arrestare il giudice Carlo Palermo che anch'eglì subi' poi un attentato mafioso da cui si salvo' a stento. Collegate ai cavalieri erano anche alcune delle imprese che avevano composto il consorzio "Alosa" che doveva ristrutturare la Valle di Faul a Viterbo. Sui cavalieri di Catania cfr. Peppe Sini (a cura di), L'arrembaggio del cavaliere, (dossier documentario con testi, fra gli altri, di Santino, Dalla Chiesa, Bocca, Falcone e Borsellino, Palermo), Viterbo 1992; ed i fascicoli monografici di "Alternativa Vetrallese" nn. 69, 70, 73, 96. 3. La presenza di Alvaro Giardili: l'imprenditore, collegato alla camorra cutoliana e al Supersismi del faccendiere Pazienza, che svolse un ruolo nella vicenda del Banco Ambrosiano (fu l'ultimo a contattare il banchiere Calvi poi trovato morto a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri), e nella vicenda della trattativa tra DC, servizi segreti deviati, camorra, brigate rosse, in relazione al sequestro Cirillo. Anni fa subi' un attentato con autobomba. Coinvolto in vari processi su alcuni dei piu' gravi misteri d' Italia. Su Giardili cfr., tra le tantissime pubblicazioni in cui e' citato, l'atto d 'accusa del giudice Carlo Alemi pubblicato in L'affare Cirillo, Roma 1993; ed il rapporto della Commissione Parlamentare Antimafia, Camorra e politica, Roma-Bari 1994. 4. La presenza nel viterbese dei boss mafiosi Pippo Calo' e Gaspare Mutolo: Pippo Calo', il "cassiere" di Cosa Nostra, il plenipotenziario della mafia a Roma, il contatto con la banda della Magliana e con gli ambienti politico-affaristici e dell'eversione di destra romana, per lungo tempo ha avuto un alloggio a Tuscania ove era in clandestinita'; Gaspare Mutolo, importante boss palermitano poi divenuto collaboratore di giustizia, e' stato arrestato a Montalto di Castro. Sui citati personaggi la letteratura e' immensa e si identifica con quanto pubblicato di valido sulla mafia negli ultimi anni. 5. Il finanziamento della Cassa di Risparmio di Viterbo all'operazione "Hotel Costa Tiziana" a Crotone: la Carivit finanzio' Cafari e Telesforo nell'operazione Hotel Costa Tiziana su cui e' in corso un processo a Roma per reati gravissimi. Cafari in particolare e' personaggio collegato alla 'ndrangheta, alla criminalita' romana, alla massoneria deviata. Cfr. al riguardo il dossier inviato alla Procura della Repubblica di Viterbo da Peppe Sini in data 19/9/'94 ed i materiali successivamente raccolti dalla Commissione conoscitiva istituita dalla Provincia di Viterbo e presieduta dallo stesso Peppe Sini; inoltre cfr. Tranfaglia (a cura di), Cirillo, Ligato e Lima: tre storie di mafia e politica, Bari 1994; vedi anche il volume che da' conto delle inchieste del giudice Cordova, di Forgione e Mondani, Oltre la cupola, Milano 1994; inoltre cfr. Ciconte, 'Ndrangheta: dall'Unita' ad oggi, Bari 1992. 6. Le inquietanti allusioni di Sbardella: nel 1990 attraverso l'agenzia giornalistica "Repubblica" diretta dall'inquietante personaggio Lando Dall'Amico (su cui cfr. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma 1991), il leader andreottiano romano Vittorio Sbardella lanciava oscure allusioni a viaggi ed interessi del leader andreottiano viterbese Rodolfo Gigli in Sicilia (a Termini Imerese): cio' durante un durissimo scontro tra i luogotenenti andreottiani risoltosi rapidissimamente con una nuova alleanza di ferro tra i due; a Viterbo, feudo di Gigli, Sbardella operava con la Coop Casa Lazio guidata dall'altro andreottiano Falco che, successivamente arrestato, ammise dinanzi ai magistrati che lo inquisirono che le spericolate operazioni edilizie e finanziarie illecite eseguite erano sostenute da amministratori pubblici collegati al gruppo. A seguito di altre vicende i fratelli Gigli (Rodolfo, gia' sindaco di Viterbo, assessore e presidente della Regione Lazio, segretario regionale della DC, attualmente presidente Arsial; e Ugo, direttore generale dello IACP di Viterbo) sono tuttora titolari di un fascicolo presso la Procura di Roma per l'ipotesi di reato di ricettazione. Il sistema di potere andreottiano domina notoriamente da decenni a Viterbo. Su questi argomenti cfr. riassuntivamente l'ultimo dossier documentario trasmesso alla magistratura da Peppe Sini in data 21 agosto 1995 (in relazione ad una precedente serie di esposti sui fratelli Gigli) con centinaia di pagine di documenti. 7. Salvo Lima a Viterbo: nel 1977 Salvo Lima presiedeva il congresso provinciale della DC viterbese (una DC dominata pressoche' totalitariamente dalla corrente andreottiana; gli andreottiani ovviamente controllano anche enti locali, istituti di credito, Usl, Universita', et similia). Al riguardo cfr. quanto riportato nell'esposto-dossier citato al punto 6. 8. La banda della Magliana: e' presente nel viterbese per vari contatti ed in varie forme. Oltre ai contatti con vari personaggi citati ai punti precedenti, va rilevato che anni fa fu presidente della societa' calcistica cittadina l'Annibaldi condannato per il crack dell'Ambrosiano, del clan Annibaldi collegato alla banda della Magliana. Sulla banda della Magliana cfr. almeno Flamini, La banda della Magliana, Milano 1994. 9. La confessione Mammoliti: pochi giorni fa e' stata resa nota la confessione dello 'ndranghetista Mammoliti di un intervento di Andreotti tramite la mafia siciliana su quella calabrese per far cessare attentati ai danni di un imprenditore viterbese operante in Calabria, e diminuire l' importo del "pizzo" richiesto. Su questo argomento cfr. i quotidiani degli ultimi giorni che riportano la notizia della confessione acquisita agli atti del processo a carico di Andreotti; particolarmente "La Repubblica" del 20/9/'95, ed "Il messaggero", cronaca di Viterbo, del 21 e 22/9/'95. Una intervista all'estensore di queste note e' sul "Corriere di Viterbo" del 22/9/'95. 10. Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali nel viterbese: da anni alcuni osservatori della realta' altolaziale, ed in particolare l'estensore di queste note, hanno elaborato un modello interpretativo della situazione viterbese fondato sulla relazione tra sistema di potere andreottiano, intreccio politico-affaristico, modello di sviluppo, penetrazione dei poteri criminali. Su questo tema, sull'approccio interpretativo e sui riscontri documentari su cui il paradigma si appoggia cfr. ad esempio i seguenti lavori: Peppe Sini, Modello di sviluppo, sistema di potere, penetrazione mafiosa, (con enorme bibliografia ragionata), Viterbo 1989; Idem, Regime della corruzione e penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio, Viterbo 1993. Fondamentale e' la consultazione delle varie annate del settimanale viterbese "Sotto Voce" che dagli anni '80 conduce un'importante azione di informazione e sensibilizzazione su questi temi. Viterbo, 22 settembre 1995 (Postilla del 7 ottobre 2002 al documento sopra riportato: e' ovvio che questo documento riferisce di situazioni e cognizioni dell'epoca; nel frattempo ad esempio i procedimenti giudiziari citati si possono essere conclusi con diversi esiti. Naturalmente questo documento e' qui riprodotto esclusivamente per necessaria conoscenza del lettore. del presente comunicato. Dal '95 ad oggi molte cose sono accadute). * Allegato 2. Alcuni documenti depositati in Tribunale - Estratto da Enzo Ciconte, Isaia Sales, Vincenzo Vasile, a cura di Nicola Tranfaglia, Cirillo, Ligato e Lima. Tre storie di mafia e politica, Laterza, Roma-Bari 1994; - Estratto da Enzo Ciconte, 'Ndrangheta dall'Unita' a oggi, Laterza, Roma-Bari 1992; - Estratto da Maria Antonietta Calabro', Le mani della mafia, Edizioni Associate, Roma 1991 (alla p. 158 si cita testualmente una durissima dichiarazione dell'allora Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli sul Cafari); - Estratto da Francesco Forgione, Paolo Mondani, Oltre la cupola, Rizzoli, Milano 1994; - Estratto da Enzo Fanto', Massomafia, Koine', Roma 1997; - Estratto da Marco Corrias, Roberto Duiz, Mino Pecorelli un uomo che sapeva troppo, Sperling & Kupfer, Milano 1996; - Estratto da Mario Guarino, I santuari proibiti, Laser Edizioni, Viareggio 1996; - Estratto dai capi di imputazione a carico di Cafari e altri, riportati nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere degli stessi Cafari e altri emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, dott.ssa Maria Luisa Carnevale, in data 12 ottobre 1992; - Documento della Questura di Roma sui rapporti tra Enzo Cafari ed Alvaro Giardili, in data 8 aprile 1992; - Estratti dagli atti del processo di Roma sulla vicenda "Costa Tiziana". * Peppe Sini dispone inoltre nel suo archivio personale di numerosi altri documenti ancora, sia messi a disposizione dalla magistratura romana, sia estratti da pubblicazioni a stampa. * Peppe Sini redasse inoltre e invio' alla magistatura e ad altre istituzioni un ampio dossier documentario di 219 pagine, dal titolo "Documentazione su caso Carivit; affaire "Costa Tiziana"; contesto politico-affaristico e presenze mafiose nel viterbese. Dossier inviato dal consigliere provinciale Peppe Sini alla Procura della Repubblica di Viterbo in data 19 settembre 1994". (Postilla del 7 ottobre 2002 all'elenco di documenti sopra riportato: e' ovvio che questi documenti possono aver dato luogo a valutazioni e vicende diverse, nel frattempo ad esempio i procedimenti giudiziari citati si possono essere conclusi con diversi esiti. Naturalmente quanto precede e' qui riprodotto in quanto documentazione esclusivamente per necessaria conoscenza del lettore del presente comunicato). 11. MEMORIA. TRE PARAGRAFI PER BENEDETTO CROCE, NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA [Il 20 novembre 1952 scompariva Benedetto Croce, il grande filosofo antifascista] 1. Scrisse don Benedetto: "malinconica e triste che possa sembrare la morte, sono troppo filosofo per non vedere chiaramente che il terribile sarebbe se l'uomo non potesse morire mai". 2. Scrisse don Benedetto: "quella fede che si compose di amore alla verita', di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitazione per la liberta', forza e garanzia di ogni avanzamento" (sono parole del manifesto degli intellettuali antifascisti del '25). 3. Per lungo tempo parlar male di Croce e' stato una specie di sport nazionale. Sarebbe ora invece di rileggerlo. Con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi difetti, e' ancora un maestro. 12. RILETTURE. BIANCAMARIA FRABOTTA (A CURA DI): FEMMINISMO E LOTTA DI CLASSE IN ITALIA (1970-1973) Biancamaria Frabotta (a cura di), Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), Savelli, Roma 1973, 1975, pp. 256. Una bella raccolta di documenti. 13. RILETTURE. GIOVANNA PEZZUOLI: PRIGIONIERA IN UTOPIA Giovanna Pezzuoli, Prigioniera in Utopia, Il Formichiere, Milano 1978, pp. 204. "La condizione della donna nel pensiero degli utopisti": un inferno. 14. RILETTURE. ROSALBA SPAGNOLETTI (A CURA DI): I MOVIMENTI FEMMINISTI IN ITALIA Rosalba Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia, Savelli, Roma 1971, 1978, pp. 176. "Le posizioni teorico-politiche del femminismo italiano delle origini in un'antologia dei documenti piu' significativi (1966-'71)". 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 421 del 20 novembre 2002
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