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La nonviolenza e' in cammino. 418
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 418
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 17 Nov 2002 04:19:41 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 418 del 17 novembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Lidia Menapace, "candidi come colombe" 2. Patrizia Pasini, il silenzio 3. Un profilo di Ettore Masina 4. Le amare esperienze scolastiche di Giobbe Santabarbara: Odradek 5. Emanuel Anselmi, un incontro con Haidi Giuliani a Orvieto 6. Gabriella Lazzerini, un incontro con Svetlana Aleksievic 7. Donne in nero: Muyesser Gunes e il movimento delle "Madri per la pace" 8. La scomparsa di Alberto Tenenti 9. In libreria "Oltre il conflitto. Dalla mediazione alla relazione costruttiva" di Maria Martello 10. Riletture: Simonetta Lux, Arte e industria 11. Riletture: Lara-Vinca Masini, Art nouveau 12. Riletture: Umberto Santino, La borghesia mafiosa 13. Riletture: Renate Siebert (a cura di), Relazioni pericolose 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LIDIA MENAPACE: "CANDIDI COME COLOMBE" [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace at tin.it) per questo intervento; e per la sua lucidita' e bonta', acqua di fonte per tante e tanti di noi da tanti anni] La cosa e' molto grave comunque: forse sono piu' vicina alle posizioni nette di Peppe che a quelle di Enrico Peyretti [apparse su "La nonviolenza e' in cammino" di ieri], anche se io stessa ho guardato con speranza un po' indulgente il rientro dei Disobbedenti dalle loro iniziali farneticazioni. Come tutti/e sappiamo, non e' facile dismettere un linguaggio, un simbolico e gesti che sono sedimentati da millenni dentro di noi. Dico che la disobbedienza civile e' una teoria e una pratica studiata e praticata da tempo, la disobbedienza sociale non so che cosa e' e amerei me lo si spiegasse. Comunque chi disobbedisce a una legge ingiusta per farla cambiare, ne paga generalmente le conseguenze (gli obiettori di coscienza hanno ricevuto processi e carcere) e fonda il nuovo diritto proprio sulla evidente prepotenza di quello vigente. Ora - d'accordo con tutti e tutte quelle che protestano- vorrei chiedermi perche' succede, che fine perseguano e che cosa e' meglio fare per evitare degenerazioni: i sonni della ragione hanno appena finito di generare mostri: non devono ricominciare. Il fatto che siano state arrestate con procedure del tutto illegali un numero rilevante di persone appartenenti al movimento e in particolare ai Disobbedienti mi suscita un moto di rivolta: chi e' per legge difensore della retta applicazione delle leggi, le rispetti fin nelle minime procedure. Ma oltre agli arresti in Calabria, Campania e Puglia con traduzione nelle carceri speciali di Trani di persone per alcune ore tagliate fuori persino dalla possibilita' di comunicare con avvocati e parenti, sono stati arrestati giornalisti del "Corriere mercantile" di Genova, addirittura impedendo a un giornale di uscire perche' ne e' stato portato via non si sa dove il redattore capo: dunque sono sotto accusa (ma senza motivazioni, con una brusca interruzione dei rapporti personali: una risposta diciamo "leghista" alle invocazioni di clemenza e di trattamento umano del papa, si direbbe) aree del movimento e stampa: ma perche' proprio adesso? Da una parte certamente vi sono quelli che non possono sopportare che un movimento di opposizione sia civile, pacifico e persino allegro: la gioia li offende, come sappiamo. Durante la Resistenza cio' che ci distingueva di piu' era che i nazi e i fascisti portavano teschio e morte persino sui berretti e noi volevamo vivere. Vi sono quelli che vorrebbero cancellare le norme garantiste che ancora esistono nel nostro ordinamento e poter "fare i conti" come a Bolzaneto e alla Diaz, avere cioe' a disposizione, senza testimoni, senza garanzia, senza rapporti con l'esterno, i sospettati. Insomma una procedura indegna di un paese civile, non inaspettata in un paese che mostra nelle forze di governo una crescente influenza di parti politiche illiberali e addirittura liberticide. Ma a mio parere la stolta oltre che ingiusta operazione (qualche volta sono stupidi non solo quelli che dichiarano guerre qua e la', ma anche quelli che debordano dai vincoli di legalita' che dovrebbero tutelare) ha al centro una paura: che al movimento di protesta contro l'ingiustizia si saldi la cultura dell'azione nonviolenta e l'organizzazione sindacale e operaia (la sopportazione maldestra da parte del governo degli scioperi operai e l'opera di divisione nel sindacato sono un sintomo evidente di questo timore: ora gli operai della Fiat di tutti i sindacati stanno lottando con grande determinazione, coraggio e tenuta; la CGIL ha preso parte alle giornate di Firenze). Nel corso delle giornate di Firenze si e' visto che col movimento "Un altro mondo e' possibile" anche un certo non disprezzabile numero di intellettuali politici fornisce elaborazioni di riflessione e proposte: si delinea un movimento che ha forme politiche molteplici, itinerari differenziati, alcune profonde affinita' e un insediamento sociale e territoriale diffuso, una cultura politica che ripudia guerra e violenza in formazione: chi vuole la conservazione, e magari anche l'arretramento, ha di che essere preoccupato. Per questo la risposta deve essere forte, motivata, limpidissima e nonviolenta; e persino dimostrare che sappiamo essere certo "candidi come colombe", ma pure "astuti come serpenti". E' una bella prova, attrezziamoci per superarla: e' un passaggio decisivo nel corso del quale non possiamo permetterci di sbagliare troppo. 2. RIFLESSIONE. PATRIZIA PASINI: IL SILENZIO [Ringraziamo Patrizia Pasini (per contatti: delc.mc at pcn.net) per averci inviato il testo del cartello collocato nello spazio della meditazione silenziosa durante il Forum sociale europeo di Firenze. Suor Patrizia Pasini fa parte della Commissione Giustizia e Pace delle Missionarie della Consolata] Il silenzio e' strumento capace di condurre nelle profondita' dell'essere umano, dove ritrovare il meglio di cio' che siamo e di cio' che possiamo diventare. Il silenzio rende capaci di stare bene con noi stessi. Il silenzio conduce a sostare e gustare la vita umana, per sentirci parte di essa, coinvolgendoci a condividere questa stessa vita con chi ci vive accanto. Il silenzio apre alla riflessione di se', all'autocritica obiettiva, propositiva, e alla capacita' di autoperdono. Il silenzio apre alla capacita' critica, costruttiva, propositiva e responsabile di cio' che ci circonda. Il silenzio rende capaci di comprensione e solidarieta' con chi soffre. Il silenzio apre alla capacita' di essere riconciliati e di riconciliare, essere perdonati e perdonare. Il silenzio rende idonei a creare amicizie e rapporti umani costruttivi. Il silenzio ci fa comprendere la vita umana come valore sommo da onorare e rispettare. Il silenzio apre alla dimensione artistica e quindi ci fa capaci di godere della musica, dell'arte, della poesia, e di tutte le espressioni artistiche. Il silenzio aiuta ad immergerci nella bellezza e nella forza della natura creando dentro di noi la volonta' di onorarla, rispettarla e goderla. Il silenzio rende possibile guardare al dolore e alla morte non come realta' distruttive ma come valori misteriosamente trasformanti e umanizzanti. Il silenzio insegna a considerare che la vita umana e' piena di significato in se stessa e per se stessa, e quindi a riconoscere il diritto fondamentale per ogni persona ad avere quanto e' necessario e dignitoso alla vita. Il silenzio ci apre alla riflessione sullo sfruttamento e impoverimento di troppi esseri umani e quindi ci interpella a proteggere e promuovere i diritti umani. Il silenzio ci aiuta a comprendere che alla violenza e all'aggressivita', al male, e' possibile rispondere con mezzi e modi nonviolenti, creativi, alternativi e quindi molto efficaci. Il silenzio rende capaci di fermamente credere e di lavorare per un mondo e una globalizzazione piu' giusta e solidale. Il silenzio apre al Trascendente come realizzazione profonda di ogni essere umano. 3. MAESTRI. UN PROFILO DI ETTORE MASINA [Siamo assai grati ad Ettore Masina (per contatti: ettore.mas at libero.it) di aver generosamente accolto la nostra richiesta di scrivere per il nostro notiziario un suo breve profilo biobibliografico. Pensiamo sia un dono grande per tutti i nostri lettori] Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, ho molto viaggiato al seguito di mio padre ufficiale. Dal 1934 al 1937 abbiamo abitato in Cirenaica e i ricordi di quel soggiorno (a Bengasi e a Derna) sono in me ancora vivissimi. Vi rintraccio con evidenza i segni del colonialismo italiano. Siamo poi finiti a Varese per diversi anni. In quella citta' sono stato presidente della Fuci e ho pubbllicato i miei primi articoli e racconti sul quotidiano locale "La Prealpina". Mi sono allontanato da Varese per Milano perche' vi sono diventato libraio e poi giornalista: prima al quotidiano cattolico "L'Italia", poi al "Popolo di Milano" e infine a "Il Giorno" di Baldacci e poi di Pietra. Vi ho fatto prima il vicecapocronista, poi l'inviato. Quando papa Giovanni annunzio' che avrebbe indetto un Concilio, Italo Pietra, benche' agnostico, ebbe chiara l'idea che sarebbe stato un evento rivoluzionario e comincio' a mandarmi periodicamente a Roma, per raccogliere informazioni e scrivere articoli comprensibili ai lettori. Nel 1963 mi trasferi' stabilmente a Roma, dove da allora vivo con la mia famiglia. Con mia moglie Clotilde (preziosa compagna di ideali e di speranze: la grazia piu' grande che il Signore mi abbia donato) vivemmo il Concilio quasi "dal di dentro". Nella nostra casa si radunavano ogni sera vescovi, teologi, giornalisti, da Helder Camara a padre Rahner, da padre Chenu a Raniero La Valle, da don Carlo Colombo a Giancarlo Zizola. Fu il periodo piu' felice della nostra vita, ci diede una tale vitalita' che desiderammo intensamente di avere un nuovo figlio: cosi' Pietro Paolo si aggiunse a Emilio e Lucia. Seguii i viaggi di Paolo VI in Palestina, in India, all'Onu, a Fatima. Ebbi grande stima di questo pontefice pur vedendone alcuni limiti, anche gravi. "Le Monde" scrisse una volta che io ero "le journaliste le plus proche a la pensee si non a la personne de Paul VI". Durante il viaggio in Palestina fui radicalmente scosso dalla visione della poverta' di grandi masse. Al mio ritorno decisi con mia moglie di dare vita a un'associazione che si proponesse, mediante un'autotassazione mensile degli aderenti, di aiutare comunita' di poveri in cerca di liberazione. Nacque cosi' quella che poi si chiamo' Rete Radie' Resch (dal nome di una bambina palestinese morta di pomonite in una grotta). La rete si e' espansa al di la' di ogni previsione. Per trent'anni l'ho coordinata io, finalmente nel 1994 sono riuscito a far si' che essa assumesse una piena conduzione collettiva. E io me ne sono andato verso altre avventure. A spingermi a fondare la rete e' stato l'incontro fra la mia inquietudine (il non poter piu' vivere come se non avessi visto certe cose) e l'evangelizzazione di Paul Gauthier. Paul rimane il mio grande maestro spirituale, colui che, anche precorrendo la teologia delle liberazione, mi ha aperto gli occhi sull'importanza del magistero dei poveri. Ha dato dunque completezza e profondita' alla mia sequela di tanti altri uomini e donne "di Dio" che avevo frequentato sino a quel momento o dei quali avevo letto con amore gli scritti. Qualche nome? Simone Weil e Suhard, Tolstoj e Dostoevskij, Dossetti, La Pira e Lazzati, Steinbeck, Mounier, Merton, Voillaume eccetera eccetera. Nel 1969 l'insistenza di alcuni dirigenti della Rai e il desiderio di sperimentare il "nuovo" giornalismo mi fecero accettare di entrare in via Teulada. Dopo un breve periodo di grande felicita' (sotto la direzione di Fabiani) cominciarono ben presto i miei problemi. Nel 1974 per essere stato uno degli estensori del manifesto "Ai cattolici democratici" perche' votassero no al referendum abrogativo del divorzio, fui sospeso dal video per sette mesi. Appena ebbe vita il TG2, vi passai e godetti nuovamente di liberta', ma l'estromissione di Andrea Barbato, contro la quale mi ero battuto, mi fece cadere in disgrazia presso il nuovo direttore, Sergio Zatterin, il quale mi privo' di ogni ruolo. Ridotto, come si dice, ai minimi termini, nel 1983 finii per accettare il reiterato invito del Pci di candidarmi come indipendente nelle sue liste. Fui eletto nel collegio Brescia-Bergamo e in quello Varese-Como-Sondrio. Optai per il primo e vi fui rieletto nel 1987. Durante i dieci anni del mio mandato ho rappresentato il gruppo della Sinistra Indipendente nella Commissione Esteri. Nella mia prima legislatura sono stato vicepresidente del Comitato per la cooperazione internazionale; nella seconda, su designazione unanime dei gruppi, presidente del Comitato Internazionale per i diritti umani. Ho guidato delegazioni di parlamentari in Tanzania, Zimbabwe, e nei campi profughi palestinesi. Sono stato "osservatore estero" in Cile, in occasione delle elezioni del 1989. Ho rappresentato la Camera dei deputati italiani alla cerimonia dell'investitura della Commissione per la pace nel Salvador. Ho partecipato a missioni, anche altamente drammatiche, in Somalia, Sudan e Sud-Sudan, Cina, Croazia, Slovenia e Serbia. Sono stato presidente dell'Associazione Italia-Vietnam. Molte di queste cose sono state raccontate in due miei libri autobiografici. Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in cammino (Rubbettino, 2000). I miei altri libri: Il Vangelo secondo gli anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia (Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato), El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam, Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995), Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo, 2002). 4. LE AMARE ESPERIENZE SCOLASTICHE DI GIOBBE SANTABARBARA: ODRADEK Un giorno qualunque in un liceo qualunque: uno studente acuto, vivace, fortemente assertivo, con piglio di leader, mi spiega seccato che "non possiamo aspettare che i terroristi ci attacchino di nuovo", e che quindi "occorre colpire subito". Colpire chi? Colpire come? Colpire perche'? E cosa significa che "non possiamo aspettare"? E di quali "terrroristi" stiamo parlando? Ma prima facciamo un passo indietro. * Stavo invitando gli studenti di quella classe a riflettere seriamente e onestamente sulle conseguenze logiche degli argomenti che i propagandisti della guerra adducono in pro delle stragi che alcuni stati si apprestano a compiere. Ed all'incirca dicevo cosi': a) Se si sostiene che il fatto che un regime abbia aiutato gruppi terroristici a commettere stragi sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del paese da quel regime dominato, allora essendo il governo e gli apparati degli Stati Uniti d'America certissimamente responsabili di aver sostenuto il golpe cileno dell'11 settembre 1973 (ed inifinite altre efferatezze) dovrebbero innanzitutto bombardare se stessi. b) Se si sostiene che il possesso o l'intenzione di procurarsi armi di sterminio di massa da parte di un regime sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del paese da quel regime dominato, allora essendo il governo e gli apparati degli Stati Uniti d'America certissimamente detentori ed utilizzatori di esse (contro popolazioni civili innocenti ed inermi a Hiroshima e Nagasaki), dovrebbero innanzitutto bombardare se stessi. c) Se si sostiene - e giustamente - che le stragi terroristiche di vittime innocenti sono una disumana mostruosita', allora la guerra, che di ripetute stragi terroristiche di vittime innocenti consiste, e' mostruosita' delle mostruosita', terrorismo del terrorismo. d) Se si sostiene che la presenza in un paese di gruppi criminali sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione di quel paese, allora l'Italia in cui allignano mafia, 'ndrangheta e camorra (di cui innanzitutto il popolo italiano e' vittima), dovrebbe essere bombardata da noi stessi e dai nostri stessi alleati (che cosi' bombarderebbero proprio le vittime di mafia, 'ndrangheta e camorra). e) Se si sostiene che la complicita' coi poteri occulti e criminali da parte di un governo sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del paese che esso governa, esiste un paese al mondo in cui non si siano dati sciagurati fenomeni di contiguita' tra i poteri politici e i poteri occulti e criminali? E che si dovrebbe dire ad esempio di un paese, l'Italia, governato da un ex-aderente alla loggia P2? O di un paese, gli Stati Uniti d'America, il cui governo ha finanziato lungamente e lautamente i gruppi armati da cui emerge Al Quaeda? f) Se si sostiene che il legame tra poteri economici legali dominanti e poteri criminali sia ragion sufficiente a bombardare la popolazione del paese ove quei poteri economici hanno le loro basi, esiste un paese al mondo in cui non si siano dati sciagurati fenomeni di contiguita' tra poteri economici legali dominanti e poteri criminali? Chi ha creato, finanziato e addestrato gli squadroni della morte in tutta l'America Latina? Chi ha fornito attraverso gli appalti pubblici le risorse per l'accumulazione originaria di capitale attraverso cui la mafia ha preso slancio alla conquista dei mercati illegali transnazionali? g) Se si sostiene che al terrorismo si possa contrapporrre la guerra, questo non implica aggiungere a una strage infinite stragi? Non e' forse la magnificazione, l'ingigantimento del terrorismo (e dunque il trionfo e l'apoteosi del terrorismo)? * Ma quella obiezione sposta il ragionamento su di un altro versante, non meno importante: ci invita a riflettere sul significato di una formula aberrante come quella della "guerra preventiva". E quindi su questo occorre riflettere. Ho proposto questo schema di ragionamento: a) e' una conquista degli ordinamenti giuridici evoluti che un soggetto possa essere punito per un reato che ha commesso, non per un reato che non ha commesso. Io posso anche sospettare che il benzinaio all'angolo potrebbe nottetempo andare a incendiare il Louvre, ma finche' non ho prove certe di questo non posso chiederne l'arresto come piromane. O anche: posso sospettare che qualunque cacciatore in quanto detentore di un fucile potrebbe un domani spararmi addosso poiche' alla caccia mi oppongo, ma finche' non ho prove certe che un attentato omicida alla mia persona stia preparando non posso certo chiamare il 113. b) la "guerra preventiva" e' un assurdo giuridico, morale e logico, poiche' e' lo scatenamento di stragi con la motivazioni che altri potrebbero in futuro scatenare stragi. Riducendo la questione ai minimi termini e' pretendere di poter commettere omicidi in nome del fatto che altri potrebbero in futuro commettere omicidi. Una specie di faida a cronologia invertita. Con questa logica qualunque criminale rivendicherebbe l'impunita', poiche' chi puo' dire che la sua vittima se fosse restata viva non avrebbe potuto un giorno uccidere il suo uccisore magari investendolo in un incidente stradale? c) E ancora: cosa significa "non possiamo aspettare"? Se completiamo la frase col suo contenuto implicito essa dice: non aspettiamo che altri uccidano, uccidiamo noi per primi. E' un pensiero aberrante, criminogeno e criminale, del tutto subalterno alla logica dell'uccidere, antitetico al criterio fondamentale della civilta', ovvero la scelta della convivenza tra gli esseri umani, il riconoscimento del diritto alla vita di ogni essere umano. Ha scritto memorabilmente don Lorenzo Milani, e noi non ci stancheremo giammai di ripeterlo: "in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa". d) E naturalmente non vi e' alcun bisogno di aggiungere che la cosidddetta "guerra contro il terrorismo" non solo non e' efficiente contro i terroristi, ma in quanto uccide vittime innocenti e' essa stessa terrorismo e la spirale terroristica alimenta in una escalation di vittime, di stragi, di odio, di vendette. Ma fermiamoci qui per adesso. * Mi avvedo che il mio argomentare non ha minimamente scalfito la posizione dell'interlocutore che replica duro che io sarei "dimentico delle nostre vittime" (questa formula ambigua: "le nostre vittime" sono quelle che subiamo o quelle che facciamo? O ambedue? E cosa significa "nostre" in questo contesto?) e opponendomi alla guerra sarei "oggettivamente" (l'aggettivo preferito di Stalin) complice dei terroristi. Provo a proseguire la discussione, accettando questo ennesimo spostamento del discorso, che e' passato dall'astratto del "colpire subito" all'accusa personale di "intelligenza col nemico". Non si dovrebbe accettare questo slittamento, ma insomma, se si insegna nelle scuole occorre recare testimonianza personale, poiche' come diceva sempre don Milani per fare una buona scuola piu' che le tecniche conta l'esempio. E per mia fortuna sono uno di quelli che quando l'Italia forniva armi al regime iracheno ero tra i promotori di azioni nonviolente che quel business assassino denunciavano; e sono uno di quelli che quando regimi dittatoriali dell'est e del sud opprimevano - come tutora in tanta parte del mondo avviene - le popolazioni da essi dominate, nei limiti delle mie possibilita' non ho fatto mancare la mai protesta e il mio aiuto agli oppressi, mentre i poteri politici ed economici che oggi voglio scatenare la guerra facevano ricchi profitti in combutta con quei regimi; e sono uno di quelli che ha preso parte alla lotta contro i poteri criminali e che al terrorismo sempre si e' opposto (anche quando una parte non piccola della popolazione di questo paese era ignava o peggio indulgente). Perche' sono un amico della nonviolenza, e credo che ad ogni violenza opporsi occorra. Cosicche' credo di avere, come si dice, "le carte in regola" per dire ad un tempo no alla guerra, no al terrorismo e no alle dittature. E proporre vie di pace e di giustizia, di gestione nonviolenta dei conflitti, di costruzione di civile convivenza nell'unica terra che abbiamo e che e' di tutta l'umanita'. * Ma quello studente non l'ho persuaso a un supplemento di rfilessione. Lo vedo saldo nella sua pietrificata certezza, lo vedo dallo sguardo scintillante, dal sorriso beffardo, dalla postura rigida del corpo. Non ho saputo trovare una via di comunicazione, non ho saputo abbattere il muro. Me ne cruccio ancora. Posso solo sperare che voglia proseguire un dialogo, posso solo sperare che voglia cercare ancora. 5. INCONTRI. EMANUEL ANSELMI: UN INCONTRO CON HAIDI GIULIANI A ORVIETO [Emanuel Anselmi (per contatti: anselmie at libero.it), dottore in economia, gia' obiettore di coscienza in servizio civile presso la Caritas diocesana di Viterbo, e' un collaboratore del Centro di ricerca per la pace] Nell'ambito della manifestazione culturale orvietana denominata "Venti ascensionali", che ha avuto inizio il 20 ottobre e che continuera' fino al 20 dicembre, manifestazione che ha il pregio di unire, in un'unica proposta, mostre, spettacoli, dibattiti, proiezioni e presentazioni di libri con l'intento di "aggregare energie e risorse, promuovere arte e pensiero, coniugare il locale con le voci del mondo", martedi' 12 novembre e' stato presentato il libro a quattro mani intitolato Un anno senza Carlo (Baldini & Castoldi, Milano 2002), scritto da Haidi e Giuliano Giuliani, in collaborazione con Antonella Marrone, giornalista de "L'Unita'", che solitamente si occupa delle attivita' del Terzo Settore. A questo incontro, organizzato dal Comune di Orvieto e dal Laboratorio Teatro Orvieto in collaborazione con Emergency e con le botteghe del Commercio Equo e Solidale, erano presenti Haidi Giuliani, la madre del ragazzo ucciso durante la manifestazione organizzata in occasione del vertice dei G8 a Genova nel luglio dello scorso anno, Antonella Marrone, e la direttrice della biblioteca di Orvieto Maria Luisa Salvadori, che ha coordinato l'evento, il quale ha costituito l'occasione per ripercorrere idealmente gran parte degli eventi che hanno interessato l'Italia (ma anche il mondo intero: si e' ricordato anche il Forum Sociale di Porto Alegre) negli ultimi anni. Il libro dei coniugi Giuliani non e' un ritratto della vita di Carlo (anche se, naturalmente, viene ricordato dalla sorella e dal fidanzato di lei), ma si tratta di una presentazione di quello che e' stato - come il titolo chiarisce - un anno di lavoro di ricerca della verita' su quelle giornate. Haidi Giuliani ha esplicitamente parlato dell'esistenza di personaggi ai quali la verita' non interessa un gran che, i quali hanno deliberatamente diffuso bugie in merito a quanto successo a Genova, in un'operazione di cosciente distorsione dei fatti che ancora oggi rimangono molto oscuri e per chiarire i quali si auspica l'apertura di una inchiesta; nonostante la ferita infertale e la grande carica di denuncia del suo libro, la donna e' stata capace di parlare di pace in un modo realmente coinvolgente - sottolineando pero' che la pace e' figlia della verita'. Dal dibattito-confronto che e' seguito alla presentazione del libro e' scaturita la necessita' di lavorare per la pace in ogni piccolo ma coraggioso gesto quotidiano: oltre all'ormai noto ritorno della politica fra gli interessi dei giovani (e dei meno giovani), trova spazio quindi un nuovo modo di farla, diverso dal semplice portare acqua al proprio mulino che ha caratterizzato l'ultimo quarto di secolo; si tratta di una politica che si identifica nella opposizione a certi fenomeni che vengono spacciati per inevitabili, nel rifiuto di determinati consumi, nella delegittimazione di ogni violenza, nella protesta e presa di parola pubblica, il tutto condito con gioiosa vitalita', per sottolineare la volonta' degli esseri umani di essere esseri umani, e cioe' individui e collettivita' allo stesso tempo, produttori coscienti e consumatori coscienti, artisti e lavoratori, nell'intento di riappropriarsi della propria umanita' per il proprio pieno sviluppo. Se a qualcuno nella sala questo incontro e' parso come un "lamento funebre femminile", in realta' addolorato e' stato soltanto l'incipit del discorso (la morte di Carlo Giuliani, la violenza di Genova e di tutte le guerre) da cui si e' dipanata una logica di speranza e di impegno nella ricerca della verita' e per il cambiamento radicale della societa' a partire dagli individui. 6. INCONTRI. GABRIELLA LAZZERINI: UN INCONTRO CON SVETLANA ALEKSIEVIC [Questo resoconto di un incontro con Svetlana Aleksievic a Milano e' apparso sul sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it). Ringraziamo di cuore Sara Gandini per avercelo segnalato. Ovviamente non tutte le opinioni espresse da Svetlana Aleksievic cosi' come qui riportate sono condivisibili - il cosiddetto "impero sovietico" fu edificato anche sul Gulag e sul terrore totalitario: e la nostra condanna di cio' e' netta da sempre, e senza appello -, ma la sua voce e' comunque certamente degna di ascolto e di riflessione critica] Martedi' 8 ottobre Svetlana Aleksievic e' venuta al Circolo della Rosa; e' l'autrice di Preghiera per Cernobyl, un libro di grande sapienza e rara bellezza, in cui l'esplosione del reattore e cio' che e' avvenuto intorno e dopo quell'evento viene raccontato, mostrato vivo in tutta la sua terribilita', facendo parlare le donne e gli uomini che lo hanno vissuto e ne sono stati attraversati. "Ho voluto far parlare il piccolo uomo, quello che non lascia traccia di se'. Dopo l'esplosione, di questo grande fatto di Cernobyl si rischia che restino solo poche pagine nei manuali di storia, senza il vissuto, le emozioni. e di tanto dolore, di tante lacrime che cosa resta?". Cernobyl e' un evento epocale, una frattura geologica nella faglia della storia. Uno di quei fatti che fanno dire che niente sara' piu' come prima. Non a caso il sottotitolo del libro e' "Cronaca del futuro". Insieme all'invasione dell'Afghanistan, e' uno degli eventi che hanno fatto crollare il grande impero sovietico, un impero la cui potenza simbolica ha lasciato tracce profonde, perche' il socialismo reale fu un'idea magica, e ancora oggi, lei dice, non si riesce a congedarsi da questa magica utopia: creare un impero da un ideale. L'impero si e' disgregato, ma l'uomo sovietico continua a vivere. "In ognuno dei miei libri ho voluto raccontare un pezzo della sua storia, di questa storia. Il mio primo libro parla della guerra. La guerra raccontata dagli uomini e' molto diversa dalla guerra raccontata dalle donne. Alla seconda guerra mondiale hanno partecipato piu' di un milione di donne: le partigiane, le donne soldato, artigliere, tiratrici... Per scrivere il mio libro ho fatto molte interviste, spesso in case dove entrambi i coniugi avevano combattuto, ma era l'uomo a raccontare, mentre la donna si dava da fare per l'ospitalita', preparava il te', e l'uomo parlava. La guerra che gli uomini raccontavano riproponeva tutti i miti offerti dal sistema, era uno schematismo che mi interessava poco. Una volta che un uomo era impegnato altrove sono riuscita a parlare con la moglie, una donnina minuta, che aveva lavorato nei reparti sanitari, quelli che percorrono i campi di battaglia a cercare morti e feriti. Mi ha detto: 'Com'e' tremendo in tempo di guerra il campo dopo la battaglia, disseminato di morti, sia russi che tedeschi, buttati li' come le patate. Avevano 18 anni come me, erano giovani, bei giovani. C'era un giovane tedesco, morto, che guardava il cielo, io mi sono messa a piangere e il comandante mi ha detto: Perche' piangi?- Io ho detto :- Perche' mi fa pena. - Ti fa pena un fascista? - Io qui non vedo fascisti, vedo solo un ragazzo morto'. Le donne di fronte alla guerra parlavano del valore della vita. Su questo ho scritto il libro, che pero' non sono riuscita a far pubblicare, e' uscito solo dopo Gorbaciov. Eppure allora credevo ancora nel socialismo dal volto umano, ci ho creduto fino a quando non e' incominciata la guerra in Afghanistan. Quando sono andata la' ho perso tutte le illusioni: non c'e' idea che valga tante vite... Nel 1991 il regime sovietico crolla, e da piu' parti si e' sostenuto che il popolo russo non vedeva l'ora che finisse. In realta' non e' andata cosi': la maggior parte delle persone non era ancora pronta per questa fine. All'indomani del crollo c'era un disagio diffuso, forte... Per quattro o cinque anni c'e' stata un grande ondata di suicidi. Suicidi di personaggi famosi, ma anche di tanta gente semplice. Era il suicidio di chi non tollerava il crollo dell'ideale: l'utopia non lasciava liberi, si era come sotto l'effetto di un narcotico, molti si erano consegnati interamente all'idea e non avevano altro di cui vivere. Io scrivo perche' voglio salvare quanto di umano c'e' nell'essere umano: e' uno strato sottile, voglio capire come fare a preservarlo. So che necessitano sostegni per sorreggere la dignita' umana. In qualsiasi circostanza ci troviamo a vivere, ci vuole coraggio. La nostra e' una civilta' delle lacrime, troppo spesso il nostro mondo non riesce a dare importanza al sentire. Nei miei libri io voglio raccogliere questa esperienza del soffrire, che io non penso sia solo della Russia. Tendo l'orecchio ascoltando per strada, e' un romanzo a piu' voci, che vuole che si riesca a trovare una strada che non sia solo sofferenza". 7. TESTIMONIANZE. DONNE IN NERO: MUYESSER GUNES E IL MOVIMENTO DELLE "MADRI PER LA PACE" [ringraziamo Nadia Cervoni (per contatti: giraffan at tiscalinet.it), delle Donne in nero, per averci inviato questo profilo di Muyesser Gunes e del movimento delle "Madri per la pace"] Muyesser Gunes, 49 anni, del quartiere curdo Gazi di Istanbul, madre di due figli uccisi in guerra, e' giornalista e fa parte del movimento delle Madri per la pace in Turchia, del quale dirige la rivista mensile. Il movimento nasce nel 1996 come Madri del sabato che manifestavano in piazza Galatasaray (tra il '96 e il '97). Rapidamente le Madri per la pace hanno assunto un radicamento nazionale, in parallelo con il lancio dell'iniziativa di pace da parte del Pkk e del movimento kurdo nel suo insieme, con il passaggio drammatico degli scioperi della fame di massa attaccati dalla polizia e dai Lupi grigi nelle sedi dell'Hadep durante la presenza di Ocalan in Italia. Nel '99 con la scelta anche del Pkk di abbandonare le armi e di avviare un processo di pacificazione, le madri per la pace, dei detenuti, dei guerriglieri, dei soldati, dei morti senza autori, dei rifugiati, si sono incontrate ed unite assieme. Nel 2000 furono protagoniste di una marcia per la pace da venti citta' kurde e turche fino alle porte di Ankara, dove furono fermate dall'esercito. Alle iniziative per un dialogo di pace in Turchia hanno affiancato negli ultimi mesi quella per una soluzione pacifica delle contraddizioni interkurde, con la delegazione che si e' recata a Suleymanye per incontrare Jalal Talabani e mediare nel conflitto fra le milizie del Puk e il Pkk. Al ritorno in Turchia la delegazione fu arrestata, le donne furono sottoposte a tortura e processate, ma il Tribunale per la sicurezza dello Stato di Diyarbakir le ha assolte dall'accusa di "sostegno al terrorismo". Il movimento e' composto in grande maggioranza da donne kurde, ma anche alcune pacifiste turche collaborano stabilmente con loro. "Vogliamo costruire un futuro di pace e liberta' per le future generazioni", affermano in un recente appello, in cui precisano le loro richieste: apertura di un dialogo di pace, amnistia generale per i prigionieri politici, abolizione della pena di morte e delle leggi di emergenza, scioglimento delle formazioni paramilitari dei "guardiani di villaggio", diritto al ritorno dei profughi e alla ricostruzione, istruzione nella lingua madre, e un nuovo patto costituzionale di cittadinanza che garantisca pluralismo culturale e piena liberta' di espressione e di pensiero. Tutte hanno subito l'effetto del militarismo, la violenza della guerra nelle loro vite, nelle loro case. Hanno vissuto un periodo di terrore e di razzismo, ma nonostante questo hanno cercato di mediare, spingendo al dialogo tutti i gruppi politici. Oggi le Madri per la pace aprono tutte le manifestazioni kurde, dando espressione anche al protagonismo delle donne, vera "rivoluzione culturale" che segna da piu' di quindici anni l'insorgenza kurda in Turchia. Loro e' il progetto per una conferenza internazionale delle donne a Istanbul. Vorrebbero invitare le donne di Israele, Palestina, le donne basche, le madri di plaza de Mayo, la rete internazionale delle Donne in Nero e in particolare le donne dei Balcani, le donne afghane e altre, per costruire assieme percorsi di pace. 8. LUTTI. LA SCOMPARSA DI ALBERTO TENENTI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 14 novembre 2002 riportiamo la notizia della scomparsa di Alberto Tenenti] Lo storico Alberto Tenenti e' morto all'eta' di 78 anni nella sua casa di Parigi. Dal 1965 era direttore della prestigiosa Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi - dove ha insegnato per 35 anni - e della rivista "Civilta' del Rinascimento". Autore di un centinaio di libri, pubblicati in Italia soprattutto da Einaudi (molti contributi alla Storia d'Italia portano la sua firma), Laterza e il Mulino, aveva indagato temi particolari dell'eta' moderna come il passaggio dal Comune alla Signoria, la trasformazione delle citta', le attivita' commerciali marinare (frutto anche del lungo periodo vissuto a Venezia, dove lavoro' nei primi anni '50 come archivista), il controllo delle avversita', i sentimenti e l'evoluzione del senso della morte. Era nato a Viareggio nel 1924 e si era laureato alla Scuola Normale Superiore di Pisa in storia della filosofia moderna. Negli anni '50 si era trasferito a Parigi dove era entrato in stretto contatto con lo storico Lucien Febvre, fondatore con Marc Bloch della rivista "Les Annales", entrambi rinnovatori della storiografia attraverso una saldatura della storia politico-diplomatica con quella economica, sociale e religiosa. Della sua collaborazione con Febvre sono frutto i primi saggi sui Trionfi della morte e il testo classico Il senso della morte e l'amore per la vita nel Rinascimento, apparso nel 1957 e poi ripubblicato piu' volte da Einaudi. Importanti anche i suoi contributi sulla storia di Venezia e fondamentali le sue ricerche su Lorenzo il Magnifico e sull'umanista Leon Battista Alberti. Era diventato cittadino francese alla meta' degli anni '60. 9. LIBRI. IN LIBRERIA "OLTRE IL CONFLITTO. DALLA MEDIAZIONE ALLA RELAZIONE COSTRUTTIVA" DI MARIA MARTELLO [Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa presentazione editoriale di un nuovo, utile libro; Maria Martello, l'autrice del volume, e' una nostra interlocutrice e cara amica (per contatti: mariamartello at libero.it)] E' in libreria in questio giorni il nuovo lavoro di Maria Martello, Oltre il conflitto. Dalla mediazione alla relazione costruttiva, McGraw-Hill, Milano 2002, pp. 261, euro 21. Il volume e' cosi' strutturato: Presentazione di Salvatore Natoli; Prefazione; parte I. Superare il conflitto: 1. Andare oltre il conflitto; 2. Quando il malessere si fa malattia; 3. La comunicazione empatica; parte II. La gestione del conflitto: 4. La gestione pacifica del conflitto; 5. Il mediatore; 6. La tecnica della mediazione: attenzioni preliminari; parte III. Ambiti di applicazione: 7. Gli ambiti di applicazione; 8. La mediazione penale; 9. La mediazione scolastica; 10. Un progetto operativo; parte IV. La relazione non conflittuale: 11. La relazione non conflittuale; 12. La relazione in ambito lavorativo; 13. La relazione in ambito scolastico; 14. La relazione nella coppia; 15. La relazione con i figli; parte V. La formazione: 16. La formazione per saper gestire la relazione; Conclusioni. * "Due sorelle avevano un'arancia. Entrambe pretendevano l'intera arancia e avevano le loro ragioni per volerla: il litigio appariva inevitabile. Alla fine divisero a meta' la loro arancia. La maggiore, irritata, bevve una mezza spremuta e butto' via la buccia. La minore, ancora piu' stizzita, uso' la sua mezza buccia per fare una insipida torta e butto' via il succo che non la interessava. Avessero parlato, avrebbero scoperto di poter avere un'intera spremuta e un'intera buccia con cui preparare un'ottima torta". In molti casi, conflitti apparentemente insanabili coinvolgono aspetti assai diversi. La mediazione in caso di conflitto non equivale a cercare insipidi compromessi in cui entrambe le parti si sentono, in parte, perdenti. E' un'arte che fa appello all'intelligenza emotiva, una modalita' fatta di ascolto, di riformulazione dei termini del conflitto, di comprensione delle reali motivazioni delle parti in causa. Si tratta di una disciplina indispensabile in ambito giudiziario, nel counselling familiare, in azienda, a scuola, in psicoterapia. Comprendere e superare un conflitto spesso permette di rinnovare e migliorare una relazione. Molto meglio che andare freddamente d'accordo. Questo libro e' un testo sulla mediazione e sulla risoluzione dei conflitti che tratta anche della nostra vita, delle nostre scelte e delle nostre emozioni ed anche di tecniche professionali; che indica delle opportunita' concrete per la formazione personale. Il conflitto ci interpella sulla capacita' che abbiamo di relazionarci con gli altri e ci svela insieme l'autenticita' o la falsita', la profondita' o la superficialita' del rapporto con noi stessi. Crescere nella competenza relazionale ed emotiva significa potenziare la nostra capacita' di modulare, di sviluppare tale rapporto in vista del nostro benessere. La vita degli esseri umani e' costantemente segnata da laceranti conflitti, tra comunita', popoli, singole individualita'. Gli esseri umani precipitano nei conflitti di continuo e non sempre ne sono del tutto evidenti le ragioni. Ma nei conflitti si puo' anche trovare una via d'uscita e cio' mostra che gli esseri umani sono sempre nelle condizioni di trovare delle soluzioni. Certo non tutti i conflitti trovano soluzione, ed accade che, talvolta, diano luogo a dinamiche distruttive endemiche; accade pure, pero', che essi attivino dinamiche creative, che ampliano le possibilita' di azione. Il libro invita a considerare il conflitto non a valle ma a monte, evitando che si cada sempre nella preoccupazione che, un esempio fra tutti, l'emergenza di un reato efferato crea, ma si sappia intervenire sulle prime avvisaglie di malessere. Inoltre, come dice l'autrice: "chi e' nel disagio non puo' aiutare compiutamente l'altro ad evolvere dal disagio. Il conflitto attiene alla vita di tutti quindi ciascuno, secondo la proposta del libro, e' bene che si occupi della propria crescita e vita. L'attenzione 'di mettere a posto' se stessi diventa un modo di diventare idonei a 'mettere a posto' gli altri". Assumendo come dato il conflitto non e' allora sufficiente mediarlo al solo scopo di limitarlo, ma e' necessario trasformarlo in relazione costruttiva, incentivazione e sviluppo delle diverse soggettivita'. Mediare un conflitto quindi non significa solamente cercare un accordo fra le parti - certo anche questo - ma significa soprattutto permettere alle parti in causa di scoprire le ragioni profonde dei propri atti. Mediare significa fare comprendere alle parti in causa le ragioni delle loro incomprensioni, suggerire le vie e soprattutto gli atteggiamenti mentali idonei ad eliminarle. Cio' comporta che gli individui divengano capaci di raggiungere gli strati profondi della loro mente ove si generano gli affetti e si scatenano le passioni, che portino alla parola il non detto della loro coscienza, mai emerso per ignoranza di se' o tenuto nascosto per troppo pudore se non addirittura per vergogna. Non e' facile imboccare questo cammino da soli. E' allora opportuno e spesso necessario che vi siano persone che aiutino chi ne ha bisogno. Il compito del mediatore, in questo caso e' quello della guida, ovvero di avviare chi ha sbagliato su una nuova via, di dargli una mappa di orientamento, ma soprattutto e' quello di tessere intorno a lui una rete di relazioni che ne evitino il misconoscimento. Senza il riconoscimento degli altri non e' possibile alcuna autentica consapevolezza, nessun superamento dell'impasse emotivo e relazionale. Il mediatore, figura di alto profilo professionale e di rigorosa formazione, funge da "specchio" delle parti confliggenti, e modulando gli spazi del confronto e i tempi dell'attesa e del silenzio, avvia fra le parti una rinnovata capacita' di ascolto e favorisce l'assunzione di responsabilita' personale. Mediare significa aiutare a portare alla luce le ragioni che spingono gli uomini a confliggere fino a danneggiarsi reciprocamente, significa attivare relazioni nuove e inauguranti. L'autrice non si limita solo ad esporre la tecnica della mediazione, ma pone anche attenzione al senso che tale metodologia puo' avere. Il conflitto viene approcciato in un'ottica sistemica: i diversi ambiti di applicazione, le diverse figure che interpella mostrano senza ombra di dubbio che un conflitto non e' soltanto di chi lo vive in prima persona, ma di tutti quelli che direttamente vengono coinvolti e della societa' tutta. Sono questi i temi che Maria Martello, psicologa, pedagogista, giudice onorario presso il Tribunale dei Minori di Milano, affronta nel volume. Indaga sui conflitti, ne esplora con efficacia le ragioni psicologiche e sociali che li generano a partire dalle quali disegna la natura e il compito della mediazione, ne considera alcune applicazioni concrete in ambito penale ed educativo, delle relazioni interpersonali, familiari e sociali, ambiti nei quali l'autrice ha maturato una lunga esperienza. Si avanzano, infine, alcune ipotesi di formazione per la gestione delle relazioni. * Maria Martello, laureata in filosofia presso l'Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Milano, psicologa e pedagogista, dal 1993 ricopre, su nomina del Consiglio Superiore della Magistratura, la carica di giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano. Esperta negli interventi di formazione, con una ventennale esperienza di insegnamento nella scuola secondaria, dal 1980 si occupa per conto del Ministero dell'Istruzione, dell'Universita' e della Ricerca (gia' Ministero della Pubblica Istruzione) di progetti di aggiornamento dei docenti. Ha fatto parte della Commissione di studio, istituita dal Ministero, per la revisione dei programmi di educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado. Nel 1998 ha ideato un percorso nuovo di formazione, applicabile in contesti diversi e a fasce d'eta' varie, denominato "L'intelligenza emotiva: dal conflitto alla relazione costruttiva", gia' sperimentato sul territorio nazionale in ambito scolastico e professionale. Specializzata nella pratica della mediazione per la risoluzione pacifica del conflitto e della negoziazione, ha perfezionato la sua formazione e preparazione con i piu' prestigiosi esperti italiani e stranieri di tale metodo. Conduce stage di formazione alla mediazione scolastica, penale e sociale, ed e' docente all'interno di master in psicologia scolastica e mediazione familiare rivolti ad avvocati, dirigenti, psicologi e pedagogisti. Ha partecipato all'elaborazione del Progetto per l'istituzione dell'Ufficio di Mediazione Penale di Milano e fa parte della sua equipe fin dal momento della sua costituzione. 10. RILETTURE. SIMONETTA LUX: ARTE E INDUSTRIA Simonetta Lux, Arte e industria, Sansoni, Firenze 1973, pp. 136. Un'agile monografia ancor oggi di grande interesse. 11. RILETTURE. LARA-VINCA MASINI: ART NOUVEAU Lara-Vinca Masini, Art nouveau, Giunti Martello, Firenze 1976, 1978, pp. 432. Una splendida monografia sullo straordinario fenomeno artistico. 12. RILETTURE. UMBERTO SANTINO: LA BORGHESIA MAFIOSA Umberto Santino, La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1994, pp. 366, lire 25.000. Una racclta di saggi del piu' grande studioso dei poteri criminali, una delle figure piu' prestigiose del movimento antimafia. Alcuni di questi testi hanno avuto ed hanno ancora un'importanza semplicemente decisiva (ad esempio il saggio, del 1986, su La mafia finanziaria, che dovrebbe essere riportato nei libri di scuola ed utilizzato come testo d'esami nelle universita'). 13. RILETTURE. RENATE SIEBERT (A CURA DI): RELAZIONI PERICOLOSE Renate Siebert (a cura di), Relazioni pericolose, Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2000, pp. 300, euro 15,49. Una raccolta di saggi su "criminalita' e sviluppo nel Mezzogiorno", a cura dell'illustre sociologa e militante, docente all'Universita' della Calabria. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 418 del 17 novembre 2002
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