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La nonviolenza e' in cammino. 417
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 417
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 16 Nov 2002 00:23:46 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 417 del 16 novembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Sergio Paronetto, la nonviolenza tenera passione e motore della storia 2. Lidia Menapace, uno spettacolo deprimente 3. Benito D'Ippolito, un sonetto improvvisato durante la commemorazione di Vinoba a Viterbo il 15 novembre 2002 4. Peppe Sini, sugli arresti di alcuni giovani e sull'amore per la verita' 5. Enrico Peyretti: la critica non e' violenza, la violenza non e' critica 6. Carlo Gubitosa, Alessandro Marescotti: la posizione di Peacelink sui recenti arresti 7. Aggiornato il sito de "Il paese delle donne" 8. Programma provvisorio del secondo Salone dell'editoria di pace, Venezia 6-8 dicembre 2002 9. Riletture: Renate Zahar, Il pensiero di Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra colonialismo e alienazione 10. Riletture: Simone de Beauvoir, Esiste la donna? (a cura di Renate Zahar) 11. Riletture: Renate Siebert, Le donne, la mafia 12. Riletture: Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo 13. Riletture: Renate Siebert, Mafia e quotidianita' 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. SERGIO PARONETTO: LA NONVIOLENZA TENERA PASSIONE E MOTORE DELLA STORIA [Ringraziamo Sergio Paronetto (per contatti: paxchristi_paronetto at yahoo.com) per averci messo a disposizione i seguenti ampi stralci del suo intervento dal titolo Nonviolenza polvere della storia: il realismo dell'utopia, che appare nell'ultimo numero (n. 3/2000) del bel trimestrale "Note mazziane" (per richieste: casa editrice mazziana, via S. Carlo 5, 37129 Verona, tel. e fax: 045912039, e-mail: casaeditrice at dinmazza.com). Sergio Paronetto fa parte del consiglio nazionale di Pax Christi] La pluralita' nonviolenta del "movimento dei movimenti" costituisce, a mio parere, la prospettiva piu' adeguata sia dal punto di vista etico che da quello politico. L'unica strada praticabile. Va certamente approfondita. Ad esempio, piu' che tematizzare la nonviolenza come dottrina o come tecnica, gli operatori di pace dovrebbero proporre le nonviolenze come movimenti storici, come azioni popolari e come stili di vita. Cioe' le esperienze concrete di nonviolenza del Novecento, i volti di pace, le testimonianze reali. Personalmente, cambierei anche la parola nonviolenza che, per quanto scritta come fosse una parola sola, esprime sempre una carica negativa e puo' prestarsi a equivoci. Preferisco "azione conviviale" o "convivialita' delle differenze". O altro. Dovremmo inventarci parole nuove... Ogni azione per la pace deve basarsi sulla coerenza tra mezzi e fini e sull'etica della responsabilita'. Non si puo' contrastare le guerre favorendo un clima di guerra. Non si puo' vincere le violenze tollerando le microviolenze. Esse possono operare anche in frange del "movimento dei movimenti", ora per scelta autonoma di pochi, ora per infiltrazione poliziesca, ora per provocazione esterna, ora per ambiguita' di comportamento, ora per esibizionismo mediatico. Cedere alle violenze, siano pure piccole o motivate da nobili ideali, o solo minimizzarle, significa ridursi a stupidi ingranaggi del sistema. "Scegliere profondamente la parola nuova della nonviolenza" e' introdurre un'alternativa etica, una novita' storica, un'innovazione politica. Penso sia la scelta piu' vera, piu' buona, piu' bella, piu' utile. Le violenze sono certamente diverse tra loro per motivazioni, per consistenza e per responsabilita'. In ogni caso, hanno un carattere "reazionario". Sono clonate da quel sistema di violenze e di degrado che si vuole superare. Nelle manifestazioni pubbliche, in particolare, anche la violenza piu' piccola (sia pure favorita dal comportamento violento di settori della polizia o dei carabinieri) rovina il lavoro di anni, offende la dignita' di chi lotta, blocca il desiderio di comunicare, paralizza lo spirito di festa, umilia il valore delle proposte, scredita il movimento e accredita la violenza dei potenti che si presentano come garanti di stabilita' e salvatori del mondo. Il campo della nonviolenza, invece, e' aperto, inclusivo, compatibile con varie ispirazioni ideali, coerente con i fini auspicati. E' credibile e liberante. Garantisce tutti gli operatori di pace permettendo una varieta' di iniziative, una sperimentazione costante e reversibile. Fa corpo con l'idea di democrazia, con la sua espansione, con la sua profonda sostanza. E' un campo stupendo, poco conosciuto perche' maltrattato o banalizzato da tanti "opinionisti" e da uomini politici di segno opposto. La dichiarazione tipica di alcuni centri sociali ("la nonviolenza di principio e' un'ideologia") appare subalterna all'ideologia diffusa e trasversale della violenza. La sento contraria non solo all'annuncio evangelico (per me radicale e rivoluzionario) della pace. La sento doppiamente sbagliata anche dal punto di vista "marxiano". Mi riferisco, in primo luogo, all'idea di ideologia come "falsa coscienza" (proiezione nella mente dei rapporti di sfruttamento) perche', in realta', la scelta nonviolenta e' una forma di lotta che si basa sulla valutazione realistica dei rapporti di forza e di una storia di conflitti gestiti secondo la logica delle armi. In secondo luogo, ho presente la definizione di "ideologia religiosa" come "sospiro della creatura oppressa", come astratta aspirazione alla giustizia e alla liberta'. L'opzione nonviolenta, invece, intende dare corpo al "sogno diurno" di un mutamento reale e si propone come alternativa alle violenze del sistema e al sistema delle violenze. "Non possiamo fare gli angeli se gli altri sono diavoli", dicono in sostanza alcuni esponenti dei centri sociali. Lo stesso concetto, con intenzioni diverse, esprimono i potenti o coloro che vogliono giustificare le guerre o la lotta militare globale al terrorismo che sta eliminando diritti e snaturando la democrazia. "La nonviolenza e' scelta solo personale", dicono molti: "quando bisogna 'difendersi' dai nemici o dal terrorismo bisogna armarsi". Da opposti versanti, la nonviolenza viene falsamente interpretata in maniera simile: o come aspirazione vaga e inefficace o come semplice rifiuto dell'atto violento; o come generosa passivita', o come vilta', o come rifugio di anime belle. In molti opera la logica dualistica dei contrasti assoluti: bene o male, sconfitta o vittoria, vita o morte. Resiste l'immaginazione dell'assalto definitivo e della conquista decisiva legata al meccanismo del "capro espiatorio". C'e' sempre un male assoluto da distruggere per la vittoria del bene assoluto. Ognuno, ovviamente, si ritiene combattente del bene. Il guaio dell'ideologia della violenza e' che ognuno puo' ritenere "giusta" la sua violenza. Ognuno rivendica per se' la migliore giustificazione della violenza. Questa logica si scontra con una "contraddizione irriducibile: lottare contro la violenza con la violenza non permette di eliminare la violenza. Le ideologie della violenza vogliono occultare questa contraddizione". Lo scrive Jean-Marie Muller tradotto da Enrico Peyretti (Jean Marie Muller, Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Paris 1995, la traduzione del passo citato e' nel mensile "Il foglio" di Torino, n. 289, febbraio 2002); e ancora: "Se la violenza e' legittimata come un diritto dell'uomo, ciascuno potra' prendere a pretesto questo diritto per ricorrervi ogni volta che lo stimera' imposto dalla difesa dei suoi interessi. In realta' l'ideologia della violenza permette a ciascuno di giustificare la propria violenza. La storia si trova allora risucchiata in una spirale di violenze senza fine. Si crea una reazione a catena di violenze degli uni e degli altri, tutte legittimate... La violenza diventa fatalita'. La nonviolenza intende spezzare questa fatalita'". La scelta nonviolenta, infatti, e' realista. La strada nonviolenta e' concreta, attraversa i conflitti. Non e' una dottrina compiuta, un sistema di pensiero, un metodo univoco, una tecnica predeterminata (c'e' chi ha contato piu' di duecento tecniche nonviolente). E' un'esperienza. Un cammino. Anzi, una varieta' di esperienze e di cammini. Per cominciare, direi che occorre guardarsi attorno. Fare memoria storica, attivare i punti di riferimento. Verificare la rete delle nonviolenze. Riconoscerne i volti. Schematicamente, senza la pretesa di ricordarli tutti, e' possibile individuare alcuni percorsi: - la nonviolenza gandhiana di matrice induista ma, sostanzialmente, interreligiosa, in simbiosi con il cristianesimo di Tolstoj; Gandhi (che ha avuto legami con il Sud Africa e con la cultura anglosassone) ritiene che le religioni siano rami di uno stesso albero dalle radici nonviolente; - la nonviolenza buddista presente, ad esempio, nella testimonianza dei monaci vietnamiti contro gli Stati Uniti e di quelli tibetani contro il dominio cinese; - la nonviolenza musulmana: Tierno Bokar nel Mali; Badshah Khan in Pakistan; Mahmoud Mohammed Taha in Sudan (condannato a morte per "eresia" nel 1985); la sudanese Fatima Ahmed Ibrahim; in tale contesto possiamo forse citare per certi aspetti anche Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso negli anni '80; - la nonviolenza ebraica insita nello shalom messianico e profetico dell'Antico Testamento, da Isaia ad Amos, da Giobbe a Geremia e, oggi, da Martin Buber a Emmanuel Levinas, da Hannah Arendt a Etty Hillesum, da Edith Stein a Primo Levi; - la nonviolenza cristiana radicata nel Vangelo e praticata da uomini come Francesco d'Assisi, Pietro Valdo, Erasmo da Rotterdam, Bartolome' de Las Casas, via via testimoniata dai Quaccheri, dai Piccoli fratelli e dalle Piccole sorelle di padre de Foucauld, dai monaci trappisti uccisi in Algeria nel '96 e dai gesuiti centroamericani (tra tutti, Ignacio Ellacuria); e cosi' da Martin Luther King a Thomas Merton, da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II, da Helder Camara a Samuel Ruiz, da Oscar Romero a Leonidas Proano, da Primo Mazzolari a Tonino Bello, da Ernesto Balducci a David Maria Turoldo, da Jean Goss a Hildegard Goss-Mayr e altri; - la nonviolenza esistenzialistica o personalistica di Paul Tillich, Karl Jaspers, Max Scheler, Paul Ricoeur, Erich Fromm, Emmanuel Mounier, Italo Mancini; in tale contesto e' interessante la rilettura di Gandhi proposta da Giulio Girardi alla luce della teologia e della prassi latinoamericana di liberazione e del personalismo cristiano; - la nonviolenza come esperienza politica e religiosa di Aldo Capitini, Danilo Dolci, Giuseppe Dossetti, Domenico Sereno Regis, Alexander Langer; - la nonviolenza come movimento pedagogico: Maria Montessori, Lorenzo Milani, Paulo Freire; oggi il "Manifesto 2000" dei Premi Nobel per la pace propone una mobilitazione mondiale per la diffusione della nonviolenza; in tale contesto mi sembra importante inserire la grande poesia, la musica, la canzone d'autore, esperienze di teatro, di cinema, la grande mistica, la contemplazione; - la nonviolenza umanistica e illuministica sfociata nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, che trova tra le sue fonti ispiratrici l'idea di tolleranza o il progetto kantiano di pace perpetua e di governo mondiale; - la nonviolenza della Carta dell'ONU del 1945 che si articola nei numerosi organismi delle Nazioni Unite (anticipata da scienziati come Albert Einstein). Essa si presenta come regola dei rapporti internazionali e come orizzonte politico primario sia nella Dichiarazione di Nuova Delhi del 27 novembre 1986, voluta da Michail Gorbaciov e da Rajiv Gandhi, che propone un mondo "libero dalle armi nucleari e nonviolento", sia nell'abbandonata "Agenda per la pace 1992" di Boutros Ghali; - la nonviolenza ecumenica espressa, tra l'altro, nella trilogia "Pace, Giustizia e Salvaguardia del Creato", nella Carta Ecumenica (aprile 2001) - dove si parla di "soluzione nonviolenta dei conflitti" -, in centri attivi in Africa, in Asia e in Sud America grazie all'elaborazione sofferta di numerosi teologi e all'azione coraggiosa di alcune comunita'... La varieta' dei percorsi e' collegata, ovviamente, a realta' concrete, a sfide reali presenti in epoche e ambienti diversi... Negli ultimi anni, in Sud America e in Africa sta maturando una particolare mobilitazione nonviolenta, difficilissima e delicata, che puo' essere definita con il titolo di un bel libro di Desmond Tutu, Non c'e' futuro senza perdono. Nel vivo della ricostruzione civile dopo conflitti terribili, nascono "Commissioni per la verita' e la riconciliazione nella verita' e nella giustizia". Demond Tutu, che ha guidato la Commissione in Sud Africa, ritiene che l'esperienza sudafricana possa essere considerata un vero evento pionieristico sul piano internazionale, un modello per realta' di violenza endemica come Ruanda, Irlanda, Israele e Palestina. La partecipazione alla comune pena e all'immenso dolore si puo' accompagnare al riscatto della dignita' umana, alla ritessitura paziente dei rapporti. Perdonare-riconciliarsi e' un processo di lunga durata che cerca di affrontare l'eredita' del passato per rendere possibile il futuro. La pace e' possibile se gli attuali nemici cominceranno a immaginare di poter essere amici e ad agire in modi che favoriscano l'attuarsi di una tale amicizia. La riflessione di Tutu mi ricorda l'idea di nonviolenza presente nel vescovo ecuadoriano Leonidas Proano: una trasformazione radicale intesa come movimento di amicizia liberatrice. Da parte sua, Desmond Tutu innesta la possibilita' del perdono in quel tratto fondamentale della visione africana del mondo che si puo' definire ubuntu: una persona e' tale attraverso altre persone, siamo parte di una complessa rete di interdipendenza, la mia umanita' e' dentro la tua umanita', se disumanizzo mi degrado, se umanizzo divento piu' umano. Ubuntu e' "com-patire", ospitare, condividere e, quindi, risanare, rinascere. E' un termine bellissimo per esprimere in positivo l'idea di nonviolenza. Lo spirito di perdono "all'apice della trasformazione complessa e creativa del conflitto", ricorda Johan Galtung (in Pace con mezzi pacifici), e' "un dono per tutti noi". Gandhi e Mandela l'hanno saputo incarnare. Per-dono e' moltiplicazione del dono, sovrabbondanza di vita, prassi di gratuita'. La tematica del perdono puo' diventare parte integrante di una politica di pace. Viene studiata da alcuni organismi internazionali e da centri universitari. Essa ha una profonda radice evangelica. "Amare il nemico", "porgere l'altra guancia", "perdonare"... Tali espressioni non teorizzano passivita' o pratiche rinunciatarie, come a volte viene superficialmente inteso. Costituiscono, invece, un'indicazione rivoluzionaria: anzitutto, superare le culture del nemico, non adottare i suoi mezzi violenti, non rispondere in modo uguale e contrario aggravando il vortice devastante della violenza. Successivamente, ma anche contemporaneamente, affermare una novita' di vita, un'alternativa di civilta', il coraggio della nonviolenza come forza di cambiamento. La vera alternativa alle violenze e alle guerre non e', dunque, l'ambiguo o generico "pacifismo" ma la nonviolenza "realista" che assume il conflitto, lo attraversa (a volte lo svela o lo suscita quando vuole nascondersi), lo accompagna e lo conduce in modo costruttivo. Viviamo immersi nei conflitti. Ma il conflitto, che e' un pericolo, puo' diventare "una sfida", che e' radice di creazione. La pace e' la trasformazione nonviolenta, cioe' creativa, del conflitto. "La questione diventa allora come operare questa trasformazione" (Johan Galtung). La prospettiva e' grande. Vuol dire, in primo luogo, evitare la violenza, astenersi dall'irreversibile: "Principio basilare per l'azione pacifica e' la reversibilita', cioe' e' fare solo quello che puo' essere disfatto, visto che potremmo sbagliare", dice sempre Galtung. La capacita' di ammettere i propri errori, di correggerli, di "convertirci", aumenta "l'entropia della pace", facilita la comunicazione. Aiuta a mettere in questione la cultura dominante rimettendo in gioco se stessi. Fa emergere dalle varie fasi del conflitto personalita' piu' ricche e formazioni sociali piu' mature. E' gia' molto. Ma non basta. Ridurre la violenza e' sempre un bene. I piccoli passi sono necessari. Ma occorre proseguire. Costruire l'alternativa alla violenza. L'impresa da un lato segue i sentieri delle crisi storiche e della complessita' umana (e' travaglio costante, ricerca permanente). Dall'altro lato, si collega ad ogni aspetto della vita, della societa', delle politiche, delle culture, delle scienze, delle religioni (e' tensione globale, orizzonte totale). E', a un tempo, azione graduale e progetto globale. Arte e scienza. Avventura quotidiana e planetaria. La nonviolenza non puo' certo essere vista come scelta tattica, momentanea. "E' un'opzione di principio che ci impegna con la nostra coscienza e nei confronti dell'avversario, dell'oppositore, per conquistarne la fiducia, per ottenerne la persuasione, e il cambiamento, e per coinvolgere nella lotta settori sempre piu' ampi dell'opinione pubblica". Il movimento per la pace deve, allora, "superare la distinzione classica destra/sinistra, che peraltro non contiene al suo interno come elemento discriminante la scelta della nonviolenza" (Giovanni Salio, Il potere della nonviolenza). La scelta nonviolenta supera la logica delle ideologie contrapposte, degli schieramenti precostituiti, del settarismo laicista o clericale, dei due pesi e delle due misure. E' autonoma e originale. La si sceglie perche' e' buona, vera, giusta, bella, utile. "La pace e' un'idea rivoluzionaria", scrive sempre Galtung, "la pace con mezzi pacifici" la definisce come rivoluzione nonviolenta. Questa rivoluzione deve aver luogo costantemente, il nostro lavoro "e' espanderne l'estensione e il dominio. I compiti sono senza fine, la domanda e' se siamo all'altezza di svolgerli". La nonviolenza costituisce il "vincolo essenziale" della Rete Lilliput. Penso che le nuove forme del movimento dei movimenti debbano basarsi sull'espansione consapevole della rete delle nonviolenze. In senso ampio, esse sono le forme della vita quotidiana, le coerenze, gli stili di vita. In senso stretto, nel loro esporsi pubblico, data la complessita' delle dinamiche della comunicazione, esse sono sempre imperfette, parziali, fallibili. In ogni caso, devono sempre rendere visibili e operanti il sapere, il sapore, il valore della scelta nonviolenta. Per far questo, occorre promuovere alcuni percorsi riguardanti la priorita' dei problemi, l'articolazione organizzativa, il coinvolgimento popolare, la prospettiva di lungo respiro. Anzitutto, bisogna mettere in primo piano le questioni fondamentali, i temi generatori. Studiarli e approfondirli. Il progetto di Porto Alegre, ad esempio, raggruppava in quattro grandi filoni il cantiere del suo lavoro: la produzione di ricchezze e la riproduzione sociale; l'accesso alle ricchezze e la sostenibilita'; l'affermazione della societa' civile e degli spazi pubblici; il potere politico e l'etica nella nuova societa' (dossier Per salvare il mondo con allegria, in "Adista" n.14, 19 febbraio 2001). Le iniziative del popolo della pace non devono logorarsi nell'inseguire i vertici mondiali o nella ripetizione quantitativa ed esclusiva di atti di forza e di folla. Devono valorizzare la formazione personale e collettiva, cioe' il lavoro di base e di profondita'. E', quindi, necessario irrobustire e qualificare i nodi locali della rete Lilliput e i "punti pace" delle proprie associazioni. Farne emergere l'originalita'. Metterne in gioco relazionale le diversita'. E' possibile, quindi, ripartire dalle citta' puntando su ampie aggregazioni che possono chiamarsi in tanti modi: forum di solidarieta', centri civili, tavoli locali di mobilitazione per le grandi campagne, osservatori sul rispetto dei diritti umani in Italia e nel mondo. Ritengo decisivo stare il piu' possibile a contatto diretto con la popolazione, coinvolgere cittadini e operatori dei vari settori. I luoghi della nuova cittadinanza nascono nelle citta'. Occorre, allora, moltiplicare i centri della comunicazione dentro la vita quotidiana. Crescere assieme in sovranita' civile. Non si tratta di rifiutare pregiudizialmente la grande piazza o la grande sfilata, ma ipotizzare cento piazze mobilitate, cento sfilate decentrate. Cento citta' attive. Cento piazze tematiche. La nonviolenza vive come un grande intreccio di idee e di esperienze. Essa accoglie varie culture, le perfeziona, le mette in comunicazione. Provoca iniziative di vario tipo per vari obiettivi. Puo' esserne il centro di gravita' permanente. Il fondamento ideale. L'orizzonte politico primario. E' una e plurale. Una e trina (il numero tre e' simbolico, significa varieta' e pienezza). Una e trina perche' pronta ad affrontare la violenza strutturale (i sistemi economici e finanziari; i centri di comando politico e militare), la violenza culturale (l'informazione, la formazione, i simboli mentali, il cervello sociale), la violenza diretta (i conflitti armati tra stati, le guerre civili, le violenze molecolari quotidiane). Una e trina anche perche' unisce molteplici azioni orientate al disarmo (corsa agli armamenti, eserciti, guerre), alla giustizia (impoverimento per sfruttamento e oppressione, furto o spreco di risorse, disastro ambientale), alla solidarieta', o meglio: alla reciprocita' (convivenza tra culture e religioni, intercultura, cittadinanza solidale). Una e trina anche per l'ecumenismo contemporaneo, che lavora per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Una e trina perche' diventa, gradualmente e contemporaneamente, forma di resistenza, tentativo di riforma, progetto di alternativa. Martin Luther King proclamava la nonviolenza "potere" o "forza dell'amore" nel vivo della polemica contro i metodi del "Black power" che, a suo parere, stavano imitando i valori piu' spregevoli e incivili della societa' americana: "Sono stanco della violenza, ne ho vista troppa... Non intendo lasciare che sia l'oppressore a prescrivermi il metodo che devo usare. Non intendo abbassarmi al suo livello; voglio elevarmi a un livello superiore. Noi abbiamo un potere che non si trova nelle bottiglie molotov... L'umanita' si aspetta qualcosa di diverso dalla cieca imitazione del passato. Non potrebbe darsi che l'uomo nuovo di cui il mondo ha bisogno sia l'uomo nonviolento? (...) La vita puo' diventare una serie continua di sogni infranti... Io pero' riesco a sentire una voce che grida: forse non sara' per oggi, forse non sara' per domani, ma e' bene che sia nel tuo cuore. E' bene che tu ci provi". In questo cammino mezzi e fini s'intrecciano. "Il fine non e' mai separato dai mezzi - precisa Martin Luther King richiamandosi a Gandhi - perche' i mezzi rappresentano l'ideale in atto". "Il fine preesiste nei mezzi". "Si dovra' presto arrivare a considerare la pace non soltanto come una meta, ma anche come il mezzo con cui si puo' arrivare alla meta stessa". E allora, possiamo dire: abbi cura dei mezzi, i fini avranno cura di se stessi; se vuoi la pace prepara la pace. Anzi, non c'e' nessuna via per la pace: la pace e' la via. I contenuti dell'azione sono importanti. Ma il primo contenuto e' la pace nella nonviolenza. "Se mi si accusa di essere troppo ambizioso - diceva Gandhi - mi confessero' colpevole. Se mi si dice che il mio sogno non potra' mai attuarsi, rispondero' che e' possibile e proseguiro' per la mia strada. Devo continuare il mio esperimento". E' bene per tutti continuare a provarci. Vincere la paura. Risvegliare le risorse profonde. Accendere le coscienze. Suscitare la gioia di vivere e il piacere di comunicare. Con sereno tormento. Con tenera passione. 2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: UNO SPETTACOLO DEPRIMENTE [Ringraziamo Lidia Menapace (per contatti: menapace at tin.it) per questo intervento. Lidia Menapace e' una delle figure piu' autorevoli della cultura e dei movimenti della pace, della liberazione, della nonviolenza] Ho spento la tv nel momento in cui, alla fine della visita papale al parlamento italiano, sfilavano "chinati al bacio dell'anello" i rappresentanti del popolo italiano. Devo dire: uno spettacolo deprimente. Non ho un'opinione precisa "a priori" se si dovesse stare in aula o non esserci: per come le cose sono andate forse era meglio non esserci, dato che l'iniziativa di Casini non pare sia stata concordata con i vari gruppi politici, ma sia stata octroye' su un parlamento poco geloso delle sue prerogative. Comunque chi e' stato fuori ha dato una prova di coerenza con le proprie opinioni e per questo va lodato. Specialmente le donne. Ma chi ha preso parte all'evento, doveva almeno fornire prova di una certa dignita' di comportamento: il baciamano, il bacio dell'anello, la genuflessione sono alquanto servili e in particolare sono un riconoscimento politico allo stato della Citta' del Vaticano, non c'entrano niente con la chiesa e la fede. A mio parere di una vicenda come questa le procedure dovevano essere ben studiate e in primo luogo doveva essere chiaro che il papa veniva ricevuto come il capo di uno stato e valevano per lui le norme che riguardano ogni ricevimento dello stesso tipo. Secondo: il bacio dell'anello, o - per le signore - il velo, sono atteggiamenti richiesti (ormai non piu') dal papa come capo della chiesa ai credenti; ma gli stessi credenti quando sono in rappresentanza del popolo non possono fare quei gesti di ossequio al potere religioso. Se voglio andare in una moschea e' giusto che mi attenga alle procedure richieste, ma se vado in visita al parlamento iraniano non accetto di mettere il velo, non sono mussulmana. La distinzione tra ambiti del potere politico e di quello religioso e' caratteristica, nelle religioni monoteiste, quasi solo della professione cristiana, che appunto ha introdotto la laicita'. Bisogna essere rigorosi, soprattutto nei momenti - e ci siamo proprio - in cui dalle religioni monoteiste partono correnti fondamentaliste fortissime e tragiche. * Inoltre: se il papa chiede che la Costituzione europea citi Dio e le radici cristiane del continente, bisogna fermamente dire di no. La tradizione laica in Europa e' forte e va rispettata, la storia d'Europa comincia ben prima del cristianesimo e non vedo perche' dovremmo cancellare Atene e Roma, o anche i popoli precristiani del nord. Lo stato della Citta' del Vaticano non puo' aver nulla da dire: non essendo uno stato democratico non puo' nemmeno far parte dell'Europa: e' infatti una monarchia assoluta per sua decisione; ha tutte le caratteristiche della sovranita': territorio, bandiera, esercito; ha avuto la pena di morte fino a non molto tempo fa, e ancora la ritiene legittima; la sua amministrazione della giustizia non e' tale che possa giudicare quella altrui: un grave fatto di sangue avvenuto tra le guardie svizzere non ha avuto la minima pubblicita' processuale e non si sa nemmeno se si sia svolto un qualsiasi processo. Va bene tutto, la personalita' del papa e' forte, decisa e molto politica: bisogna avere almeno la stessa ferma decisione nella laicita'; non possiamo accettare che per la simpatia e popolarita' della quale Giovanni Paolo II gode si laceri il valore politico della laicita': Cesare ha suoi ambiti fondati e non dipendenti da Dio; tra i due poteri vi e' separazione e differenza. La chiesa cattolica e' presente alle Nazioni Unite con uno statuto speciale che molti non gradiscono, come osservatore: tutte le altre confessioni religiose sono presenti come ong. Anche questa questione non puo' essere trascurata, prima che il mullah Omar chieda rappresentanza alle Nazioni Unite. 3. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: UN SONETTO IMPROVVISATO DURANTE LA COMMEMORAZIONE DI VINOBA A VITERBO IL 15 NOVEMBRE 2002 [Si e' svolta il 15 novembre a Viterbo per iniziativa del Centro di ricerca per la pace una commemorazione di Vinoba, il grande collaboratore di Gandhi e prosecutore dell'opera sua, nel ventesimo anniversario della scomparsa. Durante la commemorazione il nostro Benito D'Ippolito ha improvvisato il sonetto che qui si riporta. Vinayak Bhave, detto Vinoba, 1895-1982, discepolo e collaboratore di Gandhi, ne prosegui' l'impegno. Promosse grandi campagne nonviolente, la "Societa' per l'elevazione di tutti" (Sarvodaya Samaj), il movimento per il dono della terra ai contadini. Opere di Vinoba: Gandhi. La via del maestro, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Mi) 1991. Opere su Vinoba: Shriman Narayan, Vinoba, Cittadella, Assisi 1974; Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Jaca Book, Milano 1980. Nella rete telematica: www.mkgandhi-sarvodaya.org/vinoba] Tre cose di Vinoba reco incise - un motto, un movimento, una campagna - nel cuore, e voglio che mi sian divise stemma e cartiglio, antiche qual montagna. Vittoria al mondo, il motto che conquise ingenti masse a lottar senza lagna perche' sia pace a tutti in chiare guise; tirandoli su' per la cuticagna il movimento per l'elevazione di tutti, amore che ogni cosa ingloba; e il dono della terra, forte azione. Lo sguardo limpido, la vita proba il camminar persona in comunione: l'eredita' feconda di Vinoba. 4. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: SUGLI ARRESTI DI ALCUNI GIOVANI E SULL'AMORE PER LA VERITA' Primo: noi rispettiamo la magistratura, ne rispettiamo l'indipendenza, ne riconosciamo il ruolo insostituibile. Secondo: noi non sappiamo di quali prove la magistratura disponga nei confronti dei giovani arrestati con l'azione notturna di alcune ore fa. Ma ci chiediamo se quegli arresti erano necessari: ci chiediamo se vi era il pericolo di fuga degli imputati, se vi era il pericolo dell'inquinamento delle prove da parte degli imputati, se vi era il pericolo di reiterazione di eventuali gravi reati da parte degli imputati. Se questi pericoli non vi erano, l'arresto e' ingiusto e moralmente inaccettabile. Terzo: tutti sono sottoposti alle leggi, ma quindi anche alla protezione che le leggi a tutti gli esseri umani offrono: chiediamo per gli arrestati di adesso, come anche per tutte le persone sottoposte a procedimenti e a pene, il rispetto integrale dei diritti umani previsto dall'ordinamento giuridico del nostro paese (tra cui l'incolumita' psicofisica e la liberta' di pensiero e di espressione). Quarto: noi non sappiamo se gli imputati abbiano commesso atti di violenza e crimini perseguibili ai sensi di legge, e proprio questo ci par di capire che l'azione giudiziaria debba accertare secondo le procedure previste. Quinto: ma passando dal piano del diritto a quello della morale, alcune considerazioni ulteriori sono necessarie se vogliamo essere, come dobbiamo, amici della verita' piu' che di Platone. Noi non dimentichiamo che almeno taluno degli imputati ha sovente espresso opinioni irresponsabili e compiuto gesti - sia pur solo "simbolici" a suo avviso - sciagurati; una cosa e' difendere i diritti umani di tutti, un'altra cosa e' aderire alle loro posizioni. E noi a quelle opinioni violentiste ed irresponsabili ci opponiamo nel modo piu' energico. Noi crediamo che inviare pallottole a persone che svolgono pubblici incarichi sia peggio che un'idiozia pubblicitaria, sia un atto di teppismo; noi crediamo che fare in televisione (fameliche, cannibaliche televisioni sempre a caccia di scempiaggini) "dichiarazioni di guerra" allo stato italiano sia peggio che una porcheria, sia un contributo allo scatenamento della violenza; noi crediamo che non si possa essere ambigui su questo: hic et nunc si e' movimento per la pace, si e' movimento per la giustizia, solo se si fa la scelta della nonviolenza. Noi non crediamo che chi propugna le posizioni sostenute da taluno delle persone oggi vittima di un provvedimento di arresto (che ci pare, per quel poco che sappiamo, non convincente e non necessario, quindi ingiusto alla luce delle imputazioni cosi' come la stampa le ha fin qui rese note) sia un nostro compagno di lotta: e' un nostro avversario. La nostra lotta o e' contro tutte le violenze, o non e' nulla. E sarebbe ora che su questo tutti si assumessero le proprie responsabilita' e la si facese finita con le posizioni ambigue che in ultima analisi riproducono e rafforzano l'oppressione, l'ingiustizia, la violenza di un ordine iniquo del mondo. 5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: LA CRITICA NON E' VIOLENZA, LA VIOLENZA NON E' CRITICA [Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: peyretti at tiscalinet.it) per queste riflessioni scritte dopo un confronto con altri amici del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del Movimento Nonviolento del Piemonte. Enrico Peyretti e' una delle figure piu' prestigiose della cultura della pace e della nonviolenza in Italia. Su un punto dobbiamo esprimere un dissenso da questo intervento di un amico e maestro assai caro: la ricostruzione dei fatti di Napoli e di Genova qui di seguito proposta ci sembra che sia, per quanto certamente animata da generosita' e misericordia, francamente incondivisibile: anche nel cosiddetto "movimento dei movimenti" - e fin nella sua leadership , e con una diffusa complicita' - ci sono stati atteggiamenti ed atti peggio che ambigui che allo scatenamento della violenza hanno fortemente contribuito] Gli arresti di questa notte, dopo la limpida e forte manifestazione di Firenze, sono molto utili a criminalizzare il movimento "new global" (e non no-global), teso a superare l'attuale globalizzazione immensamente iniqua, dei profitti e non dei diritti, per pochi e non per tutti, del dominio e non della giustizia, per costruire nel tempo una giusta societa' planetaria dei popoli. Certamente, chi, nel movimento, usa linguaggio violento o minaccioso, anche senza fare azioni violente, fa il gioco dei vassalli dell'impero, come molti hanno sempre avvertito, ultimamente Zanotelli a Firenze. Vogliamo aver fiducia nella magistratura, nonostante che, salvo migliori informazioni successive, i reati contestati agli arrestati sembrino di natura piuttosto ideologica e politica. La critica non e' crimine, il crimine non e' critica. La critica non e' violenza. La violenza non e' critica. La critica del dominio non e' un crimine, ma un contributo alla civilta'. E il crimine disumano del terrorismo non e' una critica giusta ne' efficace, ma piuttosto utile e utilizzata dall'impero. Solo la nonviolenza attiva, costruttiva, coerente, e' la vera alternativa, la piu' temuta alternativa alla violenza strutturale. Ricordiamo che a Napoli e a Genova, secondo montagne di prove e testimonianze, la violenza e' venuta dalla parte di chi doveva assicurare l'ordine e difendere i diritti dei manifestanti, ed ha invece tollerato squadre nere di violenti, per falsare l'immagine delle dimostrazioni popolari. C'e' il pericolo che questi arresti odierni spingano qualcuno a compiere atti di sconsiderata violenza. Lo invitiamo a riflettere che cosi' facendo agirebbe contro il grande significato del movimento mondiale per la giustizia e farebbe un favore gradito a chi vuole criminalizzare questo nostro movimento. 6. RIFLESSIONE. CARLO GUBITOSA, ALESSANDRO MARESCOTTI: LA POSIZIONE DI PEACELINK SUI RECENTI ARRESTI [Peacelink (www.peacelink.it) e' una delle piu' importanti esperienze pacifiste nella rete telematica, fortemente impegnata per la nonviolenza. Carlo Gubitosa (per contatti: c.gubitosa at peacelink.it) e' segretario di PeaceLink; Alessandro Marescotti (per contatti: a.marescotti at peacelink.it) ne e' presidente] L'ondata di arresti effettuata in data 15 novembre 2002 fra esponenti di spicco del movimento "no global" meridionale ci preoccupa. Non vogliamo che questa sorprendente azione crei un clima di esasperazione del conflitto sociale proprio ora che - dopo la civile, pacifica e imponente manifestazione di Firenze - il movimento di critica alla globalizzazione aveva avviato un dialogo a 360 gradi con il mondo politico e sociale. La grande prova di maturita' e compostezza del forum sociale europeo di Firenze era servita a scompaginare pregiudizi e a rivedere stereotipi. Dopo l'appuntamento europeo di Firenze nessuno piu' poteva dire che l'Italia era di fronte ad un esercito di barbari. I "devastatori" da cui occorreva difendersi avevano a Firenze espresso una nuova idea della societa', discutendo, proponendo, manifestando, scegliendo la strada della nonviolenza. Una fiumana di giovani e di intelligenze fuori dagli schemi precostituiti della politica tradizionale esprimeva aspettative e avanzava progetti che non potevano piu' essere ghettizzati con banali operazioni di disinformazione. Tuttavia quelle operazioni di disinformazione e di deformazione della percezione del fenomeno sociale noglobal hanno purtroppo trovato spazio fra apparati statali che dovevano essere viceversa preposti alla corretta raccolta delle informazioni a supporto della gestione democratica dell'ordine pubblico, fino ad ispirare proposte di divieto della manifestazione di Firenze. Una "guerra psicologica" ha preceduto Firenze ed e' stata prova di maturita' per tutti venirne fuori con una manifestazione pacifica ed estremamente civile che tracciava le linee di un futuro confronto utile all'intera societa' italiana. A noi sembra che chi ha raccolto gli indizi per aprire indagini cosi' gravi, chi ha fatto partire una simile imponente macchina di intercettazioni e controlli a carico di militanti "no global", abbia ipotizzato un pericolo non corrispondente alla realta'. In buona sostanza settori particolari dei servizi segreti - la cui storia in Italia e' ben nota - potrebbero aver raccolto e comunicato alla magistratura una mole imponente di intercettazioni e di indizi per cui i magistrati forse non hanno potuto esimersi dall'avviare l'azione attualmente in corso. Questo esagerato o distorto senso del pericolo ha fatto leva piu' sulle paure e su ipotesi precostituite che su reali minacce. Questa e' la nostra sensazione, che tuttavia non vuole essere una critica alla magistratura: e' solo l'espressione di una sommaria valutazione preliminare, che ci riserviamo di precisare alla luce delle maggiori informazioni che trepeleranno nelle prossime ore. Infatti non ci possiamo e non ci dobbiamo pronunciare sul lavoro della magistratura, a cui riconosciamo un valore insostituibile di garanzia di legalita' anche qualora dovesse sbagliare o anche quando assumesse ipotesi di lavoro che non condividiamo. Infatti riteniamo che il sistema della giustizia italiano - pur con tutti i suoi difetti - abbia al suo interno i meccanismi di verifica, di garanzia e di autocorrezione. Pertanto ci auguriamo che le persone arrestate, poste nelle carceri di sicurezza o inquisite, possano far varere le ragioni della loro innocenza. Abbiamo potuto conoscere direttamente alcuni di questi indagati e pertanto ci sorprendono le ipotesi di reato a loro attribuite. Si tratta di persone che hanno svolto la loro attivita' alla luce del sole e che hanno propagandato apertamente le loro idee. Nei nostri contatti non abbiamo ravvisato la preparazione di un sovvertimento violento e clandestino degli ordini dello stato democratico. In piu' occasioni abbiamo partecipato ad incontri in cui - pur a volte nella diversita' di vedute - da parte loro e' emersa una sincera volonta' di confronto e di partecipazione ad un cambiamento sociale improntato al rispetto dei principi democratici che il nostro ordinamento pone a garanzia della sovranita' popolare. Pertanto la nostra esperienza, pur limitata e non certo esaustiva, ci porta ad esprimere una spontanea preoccupazione. PeaceLink, che fa parte integrante di Rete Lilliput e quindi dell'anima gandhiana del movimento di critica alla globalizzazione, sara' disponibile in tutti i momenti di confronto in cui si manifestera' la volonta' di una civile, pacata e ragionevole ricerca della verita'. 7. SITI. AGGIORNATO IL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE" [Riceviamo e volentieri diffondiamo] All'indirizzo www.womenews.net e' disponibile il nuovo aggiornamento de "Il Paese delle donne". In questo numero parliamo di: - Solidarieta' e guerra/terrorismo; - Social forum europeo: tutto e' bene quel che finisce bene; - Madame l'Histoire e le sue sorprese; - Due generazioni a confronto; - "Lessico politico delle donne": 24 anni dopo un filo tra ieri e oggi; - Politica e memoria del femminismo romano; - Liberta' senza emancipazione; - Fra i Sud e i Nord; - Civilta' delle lacrime; - Turchia/Kurdistan: Madri per la pace; - Donne in nero osservatrici in Kurdistan; - Per un'Europa non neutra; - I signori della guerra; - Voci di donne dai luoghi di conflitto; - Differenze; - In difesa della 194; - Corea: pari opportunita' al via; - La volta del Brasile; - Nuove regioni; - Decimo Festival Internazionale del Cinema delle Donne; - Autrici a confronto; - Un dio marginale. * Per festeggiare i quindici anni di registrazione ufficiale de "Il foglio del paese delle donne", tutte e tutti coloro che rinnoveranno o sottoscriveranno un nuovo abbonamento entro la fine di novembre, riceveranno gli atti del ciclo di seminari "L'eredita' del femminismo". Abbonamento ordinario 42 euro; enti ed associazioni 83 euro; telematico 21 euro. Conto corrente postale n. 69515005, intestato a Associazione "Il paese delle donne", via Matteo Boiardo 12, 00185 Roma. e-mail: cristina at www.womenews.net, sito: www.womenews.net 8. INCONTRI. PROGRAMMA PROVVISORIO DEL SECONDO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE, VENEZIA 6-8 DICEMBRE 2002 [Riportiamo la bozza di programma aggiornata a pochi giorni fa del secondo Salone dell'editoria di pace - Fondaco di Venezia, che si terra' il 6-8 dicembre 2002: un appuntamento di grande importanza non solo per tutti gli operatori di pace, ma anche per quanti a vario titolo si occupano di questioni sociali, di problemi dell'informazione e di cultura nel senso piu' ampio. Per piu' precise informazioni, e per partecipare attivamente, contattare la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace, ed in particolare il responsabile del Progetto Iride, Giovanni Benzoni (per contatti: gbenzoni at tin.it) che cogliamo l'occasione per salutare con affetto. In rete si puo' visitare il sito: www.terrelibere.it/fondacodivenezia] Mostre ed eventi Durano tutti e tre i giorni e per ognuna sono indicati nel programma i momenti specifici di confronti. Presso l'area Tolentini: 1. Universo/diverso, 48 banners, a cura di Giancarlo Vianello e Centro Pace. 2. AAA. cittadini cercansi..., 40 pannelli fotografici di Riccardo De Luca con testi di Daniela Binello di situazioni venete di immigrati, a cura della Cgil veneto e di Matteo editore. Presso il patronato Frari: 3. Dieci anni di magliette per la pace contro la guerra, mostra-mercato di almeno 500 esemplari diversi, a cura di Cesare Scarpa e dei Capi scout dei Frari. 4. Tex Willer, giustiziere di pace (ancora in forse) a cura di Emanuele De Sandre e l'editore Bonelli. 5. Vauro, dieci anni di satira per la pace: da "Il manifesto" le guerre del decennio, a cura di Cesare Scarpa e dei capi scout dei Frari. Presso l'area Scuola grande san Giovanni Evangelista): 6. Etty Hillesum, il cuore pensante, pannelli a cura dell'Istituzione biblioteche di Roma. 7. Conflitti, litigi e... altre rotture, mostra itinerante interattiva a cura del Centro psicopedagogico di Piacenza. * Convegni e seminari 1. Educazione alla nonviolenza, linee teoriche di un percorso. Inizio venerdi 6, Sala Frari, con Daniele Novara, Enrico Peyretti, a cura di Bernardino Mason e Luigi Barbieri. 2. Archiviare la pace: seminario di lavoro tra operatori e rappresentanti delle associazioni. Sabato 7 pomeriggio, salette Frari, con Francesca Cavazzana Romanelli, Giuliana Martirani, a cura di Luigi Barbieri del Centro pace del Comune di Venezia. 3. Le citta' per i diritti: incontro con le associazioni di alcuni dei rappresentanti convenuti a Venezia per la terza conferenza "Carta europea per i diritti dell'uomo nella citta'" (Venezia, San Servolo, 9-10 dicembre). Domenica 8, ore 16-18, aula Tafuri, a cura dell'Assessorato alle relazioni internazionali del Comune di Venezia. 4. Per un paradigma di pace, la scelta di Etty Hillesum. In collaborazione con l'Istituzione comunale biblioteche di Roma). * Spettacoli 1. Venerdi 6, ore 21, Scuola grande S. Giovanni Evangelista. Al bunduqija. Il luogo delle genti diverse, di e con Alberta Tonnato. 2. Sabato 7, ore 21, concerto/reading. Esecuzione musicale a cura della Camerata marciana, e letture di Rita Degli Esposti, John Gian e Chicco Giusti. * Video Presso patronato Frari: 1. "Common journey in Cardiff". Artisti Palestinesi ed Israeliani partecipano assieme al progetto "Situation" a Cardiff, con tutte le dinamiche del caso. 2. "Reflections" di Liliana Kadishevski. Tel Aviv, 1999. * Animazioni Venerdi' 6: con Arnaldo Cecchini, simulazioni e giochi in collaborazione con le Edizioni la meridiana di Molfetta. Aree: Tolentini e patronato Frari. Sabato 7: con Vauro. Aula magna di architettura, Tolentini. Domenica 8: con Laboratorio blue. Aree : Tolentini e patronato Frari. * Presentazioni, conferenze, incontri * Giovedi 5 dicembre: - Fondaco di Venezia in anteprima: ore 20,15, aula magna di Architettura: Per fare la pace, video e incontro con Alex Zanotelli. * Venerdi' 6: - Ore 10, scuola san Giovanni Evangelista, inaugurazione del secondo salone e presentazione del secondo Annuario di pace. Italia giugno 2001 - maggio 2002, Asterios editore, con Alex Zanotelli, Paolo Cacciari. - Ore 12, patronato Frari: "Conflitti, rivista italiana di ricerca e di formazione psicopedagogica". - Ore 16,30, patronato Frari: Introduzione al cristianesimo pacifista. Luci ed ombre delle Chiese cristiane in merito alla pace, di Davide Melodia, Zephyro Edizioni. - Ore 17, aula magna Tolentini: Granello di senape e ristretti orizzonti, presentazione della proposta di legge sull'affettivita' dei detenuti. Coordina Ornella Favero; partecipano: on. Marco Boato, primo firmatario del disegno di legge; dott. Alessandro Margara, magistrato ex-direttore DAP; Livio Ferrari, presidente della conferenza nazionale volontariato giustizia. - Ore 18, ex cappella soccorso: Bilanci di giustizia, anche in casa propria? Si puo'. Preentazione di libro e video, un incontro con Gianni Fazzini. - Ore 18,30, aula Tafuri: presentazione con l'autrice del saggio Etty Hillesum, l'intelligenza del cuore, ed. Messaggero, Wanda Tommasi conversa con Giuseppe Goisis. * Sabato 7: Ore 11: presentazione di Partenze, nuova collana dell'editrice La Meridiana. - Ore 12: presentazione de La perla nera, EdizioniPaoline, con padre Kizito, G. M. Elia e Claudio Ragaini. - Ore 16,30, scuola grande san Giovanni Evangelista: Le religioni e la conquista della Pace, con Lucia Ricco e Julio Savi, a cura della Assemblea Baha'i d'Italia. - Ore 17,30, aula magna di Architettura, Tolentini: incontro con fratel Ibrahim, custode della basilica della nativita', autore del libro intervista La Nativita' assediata, Ponte alle Grazie. All'incontro promosso dallíamminstrazione provinciale e dal centro pace partecipano i due intervistatori Giuseppe Bonavolonta' e Marc Innaro. - 0re 18, aula Tafuri: presentazione del numero speciale di "Esodo": Universo/diverso, con Paolo Cacciari, Carlo Rubini, Giancarlo Vianello, Doron Polak. - Ore 20,30, aulaTafuri: ncontro con Giuliana Martirani in occasione della discussione del suo quaderno Il paese tra due fuochi. * Domenica 8: - Ore 10,30, aula magna Tolentini: Caro Gesu' bambino, Edizioni Paoline. - Ore 12, aula Tafuri: presentazione de Il diritto non cade in prescrizione di Daniela Binello, edizioni Ediesse. - Ore 12, aula magna Tolentini: Nadia Lucchesi presenta Frutto del ventre, Frutto della mente. Maria, madre del Cristianesimo, edizioni Tufani. - Ore 15,30: presentazione di "Quaderni Satyagraha", Centro Gandhi Pisa. - Ore 16,30: incontro con Luigi Sandri, autore de La citta santa lacerata, editrice Monti. - Ore 17: La rivincita del Dialogo, di Brunetto Salvarani, Emi edizioni. - 0re 18, ex-cappella soccorso: Processo a Portomarghera, Nuova dimensione editore. N. B. Mancano ancora molte indicazioni dai singoli editori e la presente indicazione delle presentazioni deve essere verificata con i singoli proponenti per previsione pubblico, per individuazione presentatori, etc. * Personaggi ed eventi ancora non certi 1. Incontro su Tex Willer con Sergio Cofferati (si sta verificando la cosa per il giorno 8, in Aula magna ad architettura). 2. Incontro con Arundhati Roy e conoscenza della produzione cinematografica di difesa ambientale indiana (la parte cinematografica si terrebbe nella ex Cappella Domus, e' in atto una verifica tecnica). 9. RILETTURE. RENATE ZAHAR: IL PENSIERO DI FRANTZ FANON E LA TEORIA DEI RAPPORTI TRA COLONIALISMO E ALIENAZIONE Renate Zahar, Il pensiero di Frantz Fanon e la teoria dei rapporti tra colonialismo e alienazione, Feltrinelli, Milano 1970, pp. 144. Un acuto saggio di Renate Siebert. 10. RILETTURE. SIMONE DE BEAUVOIR: ESISTE LA DONNA? (A CURA DI RENATE ZAHAR) Simone de Beauvoir, Esiste la donna? (a cura di Renate Zahar), Il Saggiatore, Milano 1976, 1981, pp. 278. Una sintesi del fondamentale lavoro di Simone de Beuavoir, Il secondo sesso, a cura di Renate Siebert che vi premette un'ampia introduzione. 11. RILETTURE. RENATE SIEBERT: LE DONNE, LA MAFIA Renate Siebert, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, Est, Milano 1997, pp. 464, lire 18.000. Un libro fondamentale. 12. RILETTURE. RENATE SIEBERT: LA MAFIA, LA MORTE E IL RICORDO Renate Siebert, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995, pp. 56, lire 10.000. Un saggio di grande profondita'. 13. RILETTURE. RENATE SIEBERT: MAFIA E QUOTIDIANITA' Renate Siebert, Mafia e quotidianita', Il Saggiatore, Milano 1996, pp. 128, lire 10.000. Una utile sintesi introduttiva. 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 417 del 16 novembre 2002
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