Articolo su Il Manifesto di S. Anastasia



per la nota riservata del DAP si rimanda alla home page del sito di
Antigone: www.associazioneantigone.it  







Articolo di Stefano Anastasia - Il Manifesto del 13/11/2002



 Non ho mai conosciuto una persona che mi si presentasse dicendo di essere
un anarco-insurrezionalista. Non so come è fatto un
anarco-insurrezionalista. Mai avrei immaginato di potervi essere associato.
Il contrario mi è successo più spesso: troppo buono, prudente politicamente
("mollaccione" dice qualcuno). Oppure illuministi, troppo fiduciosi nelle
possibilità di riforma del sistema penale ci viene talvolta rimproverato;
ma "anarco-insurrezionalisti", questo no, non l'avevo mai sentito dire.

Un atto grave, diffamatorio, pregiudizievole dell'attività
dell'associazione e del lavoro delle socie e dei soci di Antigone che
operano, a diverso titolo, all'interno delle carceri: questo è la nota
riservata con cui l'amministrazione penitenziaria ci ha messo all'indice,
tacciandoci di «paventare» (temere? minacciare?) manifestazioni di protesta
che possano mettere a rischio le condizioni di sicurezza all'interno degli
istituti di pena. Un atto grave che ci aspettiamo che la Direzione generale
dell'Amministrazione penitenziaria voglia rapidamente revocare, attraverso
un atto eguale e contrario, che scacci l'ombra del sospetto da Antigone e
da quanti ne condividono l'impegno di denuncia e l'iniziativa politica e
culturale per la riforma del sistema penale e penitenziario.

Su iniziativa di molti parlamentari (impossibile citarli tutti, necessario
ringraziarli tutti), il Ministro sarà chiamato a discutere della nota
riservata, dei suoi contenuti e delle informative che ne sarebbero
all'origine. Ci fa ovviamente piacere, per noi, per una elementare esigenza
di chiarezza e di trasparenza. Ci farebbe ancor più piacere se ne venisse
un dibattito franco e aperto sul clima di veleni e di sospetti che intorno
al mondo penitenziario si è venuto a creare: sono due mesi che, di fronte a
una pacifica e civile protesta dei detenuti e delle detenute nelle carceri
italiane, non si fa che "paventare" la rivolta, addossandone ora ai
parlamentari, ora alle associazioni, la responsabilità, e sottraendosi a un
confronto di merito, sulle condizioni di detenzione, sulle cause del
sovraffollamento e sui suoi rimedi.

La situazione del nostro sistema penitenziario è viceversa sotto gli occhi
di tutti. Nonostante l'Amministrazione penitenziaria abbia elevato a
dismisura la soglia delle presenze tollerabili in carcere, il loro numero
resta ai massimi nella storia dell'Italia repubblicana. Ne sono
pregiudicate dignitose condizioni di detenzione e la possibilità di tener
fede ai principi costituzionali e alle stesse norme di legge, quelle che ci
sono, non quelle che vorremmo ci fossero. Intanto non un'idea è ancora
stata avanzata dal Governo per ridurre strutturalmente quel
sovraffollamento (è inutile dire che i numerosi e famigerati provvedimenti
sulla giustizia approvati in questi mesi non scalfiranno di un'unghia le
presenze in carcere, essendo altro il loro target). Domani invece Giovanni
Paolo II sarà alla Camera, e i detenuti sperano che ripeta il suo appello
giubilare alla clemenza. Lo diceva anche don Sandro, il cappellano, ieri a
Rebibbia, davanti al Consiglio comunale riunito in seduta straordinaria:
come cittadino di un Paese laico spiace dover aspettare che il Papa
richiami il Parlamento alle sue responsabilità, ma tant'è. Altro che
anarco-insurrezionalisti.