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La nonviolenza e' in cammino. 410
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 410
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 8 Nov 2002 20:54:54 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 410 del 9 novembre 2002 Sommario di questo numero: 1. Benito D'Ippolito, nell'anniversario della notte dei cristalli 2. Peppe Sini, agli amici suoi di Toscana 3. Alberto L'Abate: l'11 settembre, la guerra, e la giustizia 4. Lisa Clark, sintesi del gruppo di lavoro su "Gruppi di appoggio ai Corpi civili di pace all'estero" al seminario della Rete Lilliput sulla nonviolenza 5. Aldo Capitini ricorda Emma Thomas 6. Linda Bimbi, tradurre il principio in metodo 7. Maria Luisa Spaziani: Shahrazad 8. Marcella Bravetti, presentazione dell'agenda "Di marzo in marzo 2003" 9. Sommario e autori del n. 1 di "Quaderni Satyagraha" 10. Ristampe: Ernst H. Gombrich, Arte e progresso 11. Ristampe: David Maria Turoldo, Il dramma e' Dio 12. Riletture: AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista 13. Riletture: Marguerite Yourcenar, Opere. Romanzi e racconti 14. Riletture: Marguerite Yourcenar, Opere. Saggi e memorie 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento 16. Per saperne di piu' 1. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: NELL'ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DEI CRISTALLI Nella notte tra il nove ed il dieci novembre dell'anno millenovecentotrentotto, nella Germania che fu di Goethe e di Heine, di Hegel e di Beethoven caduta in pugno alla ciurma hitleriana fu scatenata la strage che reca questo nome orribile di notte dei cristalli. E tu che leggi queste spente righe fermati a considerare e accendi una lampada ancora a fare luce, a far memoria delle vittime, a tener sveglia l'umanita' sempre. 2. EDITORIALE. PEPPE SINI: AGLI AMICI SUOI DI TOSCANA Che nella giornata contro la guerra che si svolge in questo sabato 9 novembre nella bella citta' di Firenze ogni arma sia dismessa, nessuna mano sia levata, Caino non trovi seguaci. Ed ai violenti e ai provocatori, che sicuramente ci saranno, ci sia concessa l'ingenuita' di ripetere le parole che quell'uomo "di prima del peccato originale" che fu Heinrich Boell rivolse loro il 10 ottobre del 1981 alla manifestazione di Bonn contro il riarmo atomico: "Questa e' una dimostrazione di pace, badate che si concluda pacificamente. Noi non abbiamo a disposizione servizi segreti, non abbiamo il potere dell'esecutivo; noi possiamo limitarci soltanto a pregare tutti voi. E se qualcuno, senza cattiva intenzione, dovesse avere in tasca - o nella borsa - una pietra, vi prego, lasciatela cadere: lasciatela al servizio di custodia del parco di Bonn. Pensate che Bonn e' una citta' pacifica, una popolazione pacifica; che anche qui nessuno vuole guerra, e che i vetri delle finestre e delle vetrine sono innocenti come la popolazione della citta'. Un'ultimissima parola a un gruppo di persone che potrebbero essere - non voglio dire probabilmente - anche qui fra noi, gli agenti provocatori... E' un gesto molto ingenuo pregare persone di questo tipo - faccio volentieri una brutta figura mostrando una simile forma di ingenuita' -; se foste davvero qui, noi tutti qui presenti e gli organizzatori ci dichiariamo pronti a ripagarvi del mancato guadagno, se venite da noi con discrezione". Possa la ragione illuminare la coscienza di ognuno. Possa essere per tutti una giornata di pace. 3. RIFLESSIONE. ALBERTO L'ABATE: L'11 SETTEMBRE, LA GUERRA, E LA GIUSTIZIA [Ringraziamo Alberto L'Abate (per contatti: labate at unifi.it) per averci trasmesso questo suo articolo scritto il 23 ottobre 2002 per il periodico locale toscano "I ciompi". Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario, amico di Aldo Capitini, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, ed e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione". E' portavoce dei "Berretti Bianchi". Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001] I fatti dell'11 settembre hanno colpito l'immaginazione delle popolazioni di tutto il mondo, e soprattutto di quelle del mondo occidentale. Il vedere due grandi grattacieli, che erano il simbolo della ricchezza e della prosperita' del mondo "ricco", sfaldarsi in pochissimo tempo come fossero di burro, come quando il burro viene messo a scaldare sul fuoco, ha dato alle popolazioni del mondo "sviluppato" la sensazione che dietro la loro ricchezza si celi in realta' una grande debolezza, che porta, a sua volta, ad una grande insicurezza. Qualcuno ha scritto che l'11 settembre e' stato una svolta nella storia, e che la storia futura non potra' piu' essere quella del passato. Ma la risposta che Bush, seguito dai suoi vassalli (tra cui, purtroppo, tra i primi, c'e' anche il nostro attuale capo del governo, Berlusconi), si appresta a dare, non e' affatto nuova, anzi ripercorre esattamente la vecchia storia, quella che vuole dimostrare che per aver ragione bisogna essere i piu' forti, e che "ragione" e "violenza" vanno di pari passo, sono l'una il riflesso dell'altra. E si prepara percio' a combattere ed a cercare di distruggere Saddam, considerato uno dei capi della "resistenza" al potere ed alla forza del mondo occidentale, sperando, una volta eliminato questo presunto capo del terrorismo internazionale, di aver distrutto quest'ultimo e di poter vivere in un mondo di pace, tornando poi a cullarsi nell'immagine di sicurezza che il mondo occidentale aveva prima dei fatti dell'11 settembre. Bush considera percio' la guerra che si appresta a portare avanti come un atto di doverosa "difesa" del proprio mondo e dei propri valori, e cerca alleati in altri paesi del mondo ricco, tra cui anche il nostro (la settima od ottava potenza mondiale), cercando anche di convincere le Nazioni Unite della "doverosita'" di un attacco a Saddam, e dell'ordine dato ai propri soldati di "assassinarlo". Ma se volessimo realmente considerare l'11 settembre come una svolta storica dovremmo al contrario non rispondere nel vecchio modo, quel modo che cerca di scacciare la violenza con altra violenza piu' forte della prima, ma piuttosto in quello, anche questo antico, e forse piu' antico dell'altro, ma nuovo per la politica mondiale, del detto del profeta Isaia che "non ci sara' pace finche' non ci sara' giustizia". Il fatto che la popolazione del mondo occidentale, che e' circa il 20% della popolazione mondiale, utilizzi circa l'80% di tutte le risorse del mondo (petrolio, cibo, acqua, aria, ecc.) lasciando agli altri paesi, che noi chiamiamo eufemisticamente "mondo sottosviluppato", solo le briciole, costringendo percio' ogni giorno decine di migliaia di bambini di questo ultimo mondo a morire di denutrizione, e percio' di fame, sembra che non ci interessi, e che non abbia alcun collegamento con i fatti dell'11 settembre. Infatti si dice che bisogna spendere di piu' di quello che gia' spendiamo attualmente per avere armi sempre piu' sofisticate, ed un esercito "professionalmente" ben preparato, che possa rispondere con efficacia alle minacce del terrorismo internazionale, e possa tornare a farci sentire "sicuri" nella nostra roccaforte di "mondo ricco". Ma facendo cosi' dimentichiamo due delle grandi lezioni che ci vengono dalla storia di questo secolo. La prima e' quella che ci ha insegnato Gandhi che e' riuscito, attraverso la lotta nonviolenta, quella che lui chiamava "Satyagraha", e cioe' la lotta con la forza dell'amore e della verita', a far ottenere l'indipendenza all'India, liberando il suo paese dal colonialismo inglese e stimolando anche in quel paese un cambiamento politico, e cioe' la vittoria dei laburisti, che erano contrari al mantenimento delle colonie, contro i conservatori, che pure, guidati da Churchill, avevano vinto la guerra contro il nazismo ed il fascismo. Uno degli insegnamenti principali di Gandhi e' quello che "la migliore difesa e' quella di non avere nemici". In realta' invece, non tenendo affatto conto di questa divisione tra mondo "ricco", che vede la morte di alcune migliaia di persone che si trovavano nelle due torri procurata da due aerei dell'"esercito" di Al Qaeda come un fatto da vendicare, e mondo "povero" che invece dovrebbe subire senza fiatare questi squilibri e queste ingiustizie che portano ogni giorno a morire migliaia dei propri figli, non fa che incrementare la "guerra", perche' tale e', tra mondo ricco e mondo povero. Percio' la risposta armata ed arrogante del mondo occidentale non serve ad annientare il terrorismo, ma piuttosto lo fomenta e fa nascere ogni giorno dei nuovi terroristi, giovani ed adulti che sono disposti a perdere la propria vita pur di non far soccombere il proprio popolo di fronte ai soprusi del mondo occidentale. La seconda lezione e' invece quella che ci viene dall'attuale conflitto in Israele e Palestina. Anche qui ci troviamo di fronte ad una situazione di grande squilibrio sociale e politico. Da una parte Israele, ricco e potente, che continua ad ignorare le varie risoluzioni dell'Onu che gli chiedono di ritornare ai confini precedenti, e cessare l'occupazione di molti territori palestinesi, in cui ha continuato, fino a non molto tempo fa, ad istituire nuove colonie di ebrei immigrati da vari paesi del mondo (che Israele considera a pieno diritto suoi concittadini), costringendo invece all'esilio tanti palestinesi che vorrebbero tornare nel loro paese, ma non possono; dall'altra i palestinesi, che hanno incautamente cercato, per distruggere Israele, di ricorrere alla guerra, alleandosi con i paesi arabi circostanti, ma sono stati ignominiosamente sconfitti (la cosiddetta "guerra dei sei giorni"). I palestinesi hanno poi cercato di mettere in moto una resistenza nonviolenta (rifiuto del pagamento di tasse, rioccupazione pacifica dei territori a loro confiscati, ricostruzione di case distrutte, ecc.) durante quella che e' stata chiamata la prima Intifada, che usava pietre, si', che non sono certo un simbolo di nonviolenza, ma scagliate da bambini e giovanissimi contro i carri armati ed i fucili a ripetizione dei soldati israeliani (il che fa venire in mente la storia di Davide che combatte con la fionda contro il gigante Golia), un tipo di lotta percio' che alcuni studiosi della nonviolenza, come Gene Sharp, hanno chiamato "a bassa intensita' di violenza". Ma la risposta dei governi israeliani a questa descalata di violenza dei palestinesi, rispetto al tentativo di usare le armi e la guerra fatto in precedenza, non e' stata di ascolto e di ricerca di soluzioni pacifiche, ma piuttosto quella dell'allontanamento da Israele, a tempo indeterminato, di colui che era il capo riconosciuto di questa resistenza nonviolenta: Mubarak Awad, che l'aveva anche teorizzata in un testo che era diventato molto popolare nel mondo palestinese e che stava acquisendo lo status di una strategia approvata anche dal partito di Arafath. Questa repressione ed indebolimento, da parte israeliana, della lotta nonviolenta dei palestinesi e' stato sicuramente un elemento importante per la nascita della seconda Intifada, quella attuale, che ha scoperto la forza dei "kamikaze", dei giovani che sono disposti a morire suicidandosi pur di colpire al cuore, nel suo stesso territorio, il mondo israeliano, facendo percio' uscire questa popolazione dalla illusione che basti avere un esercito potente, avere la bomba atomica, costruire un muro di pietra, e usare le armi, per liberarsi dell'incubo di questi giovani disposti a morire pur di colpire "l'avversario" nella sua vita di tutti i giorni, e percio' rendendo la sua vita quotidiana un inferno. Ma sono tutte e due delle illusioni. Anche se Sharon, con l'uso delle armi, riuscisse nel suo intento di liberare tutto il territorio palestinese dai palestinesi, o uccidendoli o cacciandoli fuori confine (come sostengono vari studiosi che sia la sua intenzione) e allargasse ulteriormente il territorio israeliano, questo sicuramente non porterebbe alla pace, ma ad aumentare le ingiustizie sociali e la sensazione negli sconfitti di aver subito una violenza inaudita da accettare forse per qualche anno, per poi esplodere con piu' forza nel desiderio di vendicarsi del sopruso subito. Ma anche per i palestinesi l'idea che la morte inflitta a tanti civili innocenti possa portare alla propria liberazione e' pure una illusione, perche' al contrario questo inasprisce il conflitto ed isola i palestinesi dalle molte simpatie che la lotta "a bassa intensita' di violenza" aveva loro procurato sia in una parte dei cittadini israeliani, sia a livello internazionale. Percio' questi due estremismi, di Sharon e dei fondamentalismi islamici, invece di portare ad una soluzione del conflitto, lo inaspriscono e lo rendono irrisolvibile. E' percio' necessario trovare altre strade, diverse da quelle dell'intensificazione della violenza. Per questo se vogliamo realmente che l'11 settembre sia una svolta storica dobbiamo imparare a combattere le ingiustizie ed i soprusi, che sono tanti, in modo nuovo, attraverso le armi della nonviolenza che sono sostanzialmente :la noncollaborazione alle ingiustizie, l'azione diretta nonviolenta, l'obiezione di coscienza e la disobbedienza civile, da una parte, come strumenti per combattere le tante ingiustizie sociali che il nostro mondo perpetua giorno per giorno contro il mondo dei poveri, ed il progetto costruttivo per dare vita ad un mondo, a livello planetario, piu' giusto ed umano. Ma e' su quest'ultimo aspetto che vorrei soffermarmi maggiormente. Infatti di fronte alla globalizzazione in atto che e' all'interno di un modello di sviluppo che pone al suo centro il capitale che trasforma tutto in merce e mette al centro dei processi che guidano quello che padre Balducci ha definito "l'uomo planetario" il potere del mercato, e' in via di organizzazione un movimento alternativo, definito variamente come "di Seattle", o di "globalizzazione dei diritti" oppure, come io preferisco, di "globalizzazione della pace". Il guaio, o il limite, di questo movimento, e' quello che mentre e' unito nella resistenza al modello di sviluppo attuale, c'e' ancora al suo interno una grossa incertezza sul metodo di lotta da portare avanti. Dato il principio insegnatoci da Gandhi che "il fine sta ai mezzi come il seme sta all'albero", e che percio' non si puo' avere un mondo di pace se non si utilizzano mezzi pacifici e, data la necessita' di lottare contro le ingiustizie, la pace non puo' essere intesa come assenza di conflitto, ma come "umanizzazione" dello stesso, e percio' come uso della nonviolenza, sia come forma di lotta che come forma di elaborazione del progetto costruttivo. Ma non tutto il movimento alternativo e' d'accordo con questa strategia. Molti ritengono ancora che per abbattere il sistema attuale sia necessario l'uso della violenza. Ma questo non accordo e non chiarezza sui mezzi porta anche ad una non chiarezza degli obiettivi. Su quest'ultimo punto molti insegnamenti ci sono venuti dall'incontro di Porto Alegre. E speriamo che il prossimo Social Forum Europeo che si terra' a Firenze, serva ulteriormente a chiarire questi obiettivi. A me sembra comunque che un grosso insegnamento ci venga sia dall'insegnamento di Aldo Capitini, sia da quello di Danilo Dolci, che hanno ambedue sottolineato l'importanza del lavoro dal basso, con la gente, del potere di tutti e del controllo dal basso verso coloro che governano sia a livello locale che nazionale. Ed anche da un libro che stiamo traducendo in italiano di uno dei migliori pianificatori mondiali, J. Friedmann, il suo Empowerment: the politics of alternative development (Blackwell Publ., Cambridge, Mass. 1992) che sto utilizzando come testo di base delle mie lezioni per il corso di laurea in "operatori di pace" presso l'Universita' di Firenze. Friedmann parte da una analisi critica delle teorie economiche tradizionali, per le quali la crescita economica e' tutta centrata sullo sviluppo dei mercati: "maggiore quest'ultimo, meglio e'". Secondo questa teoria la soluzione della poverta' puo' esserci solo con lo sviluppo economico, la raccomandazione principale di questa impostazione e' di lasciar soli i poveri (a meno che non diventino "pericolosi" e richiedano interventi di tipo repressivo). Questa teoria ritiene infatti che lo sviluppo dell'economia porti necessariamente il benessere a scendere verso il basso e quindi a creare posti di lavoro non qualificato sufficienti a superare il problema della poverta'. Friedmann sottolinea invece che l'attuale sviluppo economico, all'interno della divisione internazionale del lavoro, tende a creare una poverta' di massa, e si pone il problema di trovare uno sviluppo alternativo che elimini la poverta' e non si limiti ad azioni valide a livello locale ma che si estenda anche a livello regionale, nazionale ed internazionale. Partendo da numerosissimi esempi concreti, in Sud America e in altre parti del mondo, di azioni dal basso da parte di gruppi emarginati che hanno portato al miglioramento delle loro condizioni di vita, mostra come uno sviluppo alternativo parta proprio da questi gruppi e li porti ad agire oltre che per il superamento del loro stato di emarginazione, anche a prendere coscienza del proprio potere, e a lottare percio' per il proprio diritto di "inclusione" e per una societa' piu' giusta. Ma secondo Friedmann l'alternativa non si puo' limitare ad azioni locali da parte di questi gruppi emarginati per opporsi a cio' che va contro la loro vita e contro la convivenza civile, ma deve porsi l'obiettivo anche di operare per una democrazia "inclusiva" (che non escluda dal potere decisionale la maggior parte della popolazione povera, come di fatto, in molti paesi, succede attualmente), per una crescita economica valida (che non vada a danno dei piu' poveri, ma parta invece proprio dalla soluzione dei loro problemi e dal superamento del loro stato attuale), per l'equivalenza dei generi (per non avere una societa' "maschilista", ma una societa' in cui maschi e femmine abbiano realmente, sia nei diritti che nella vita sociale, un uguale potere), e per la "sostenibilita'" (per uno sviluppo che non distrugga l'ambiente del pianeta, ma rispetti i diritti delle future generazioni di avere un mondo anche migliore dell'attuale). Friedmann da' inoltre concrete indicazioni, con molti esempi concreti, per facilitare la comprensione del passaggio dalle lotte di base per questi diritti, nei settori suindicati, a quelle per la trasformazione della societa' intera. Non e' possibile qui dare atto di tutto gli elementi che emergono da questo libro. Ne' ricordare gli importanti contributi dati da Capitini, e Dolci ad una rivoluzione dal basso, nonviolenta, per la trasformazione della nostra societa' in una societa' piu' giusta, piu' umana. Ma e' certo che se il mondo vuole avere un futuro migliore, piu' giusto, piu' umano, questi insegnamenti vanno tenuti presenti. Mi auguro che i lavori del prossimo forum sociale europeo fiorentino tengano conto dei loro insegnamenti, secondo me molto importanti per delineare la strada per arrivare a quel "nuovo mondo possibile" che la Rete di Lilliput ed altri movimenti dal basso che si ispirano alla nonviolenza cercano non solo di chiarire teoricamente, ma anche di mettere in pratica nella vita quotidiana. 4. RIFLESSIONE. LISA CLARK: SINTESI DEL GRUPPO DI LAVORO SU "GRUPPI DI APPOGGIO AI CORPI CIVILI DI PACE ALL'ESTERO" AL SEMINARIO DELLA RETE LILLIPUT SULLA NONVIOLENZA [Pubblichiamo la sintesi del gruppo di lavoro sul tema "Gruppi di appoggio ai Corpi civili di pace all'estero" svoltosi durante il seminario della Rete Lilliput sulla nonviolenza tenutosi a Ciampino il 27-29 settembre 2002. il gruppo era introdotto e coordinato da Lisa Clark, impegnata nei "Beati i costruttori di pace" ed in varie esperienze di formazione e di intervento nonviolento] Nelle due sessioni, pomeriggio di sabato e mattina di domenica, erano presenti rispettivamente 12 e 6 persone. Il gruppo ha cominciato cercando di fare chiarezza al suo interno su cosa si intendesse per "Corpi Civili di Pace" (in sigla: Ccp), visto che c'erano chiaramente percezioni diverse. Cosa sono i Corpi Civili di Pace? Un insieme di persone che, in modo organizzato, con la nonviolenza, agiscono prima, durante e dopo un conflitto armato per prevenire, ridurre gli effetti e la durata del conflitto stesso e per favorire la riconciliazione. Esiste la nozione ed il progetto per un Corpo Civile di Pace istituzionalizzato, proposto tra gli altri da Alex Langer ed approvato in risoluzioni del Parlamento Europeo. Molto lavoro e' stato fatto verso la creazione di Corpi Civili di Pace inquadrati nelle istituzioni, ma ad oggi c'e' poco di concreto. Nel quadro di questo processo, nel gruppo di lavoro si e' espresso il timore che i Ccp possano presentare il rischio di una eccessiva professionalizzazione, perdendo uno degli elementi caratterizzanti l'intervento dei civili nei conflitti, e cioe' la vicinanza con la popolazione civile. Inoltre, e' necessario che qualsiasi ipotizzata forma di Ccp "ufficiali" possano godere di totale autonomia decisionale ed operativa rispetto alle tradizionali forme di intervento statuale nei conflitti armati (cioe' Forze Armate, Forze di Polizia), pur mantenendo rapporti di collaborazione con queste. Una misura che potrebbe essere introdotta, nel frattempo, per favorire l'azione di Ccp organizzati da realta' di societa' civile e' di offrire sostegno istituzionale ad associazioni e gruppi di volontari (es: concessione di aspettativa dal posto di lavoro, ecc.). Ma se il progetto per i ccp istituzionali fatica ancora a concretizzarsi, esistono molte esperienze, passate e in corso, di corpi civili di pace dal basso (che chiameremo i "ccp" minuscolo). Sulla base di questi, abbiamo cercato sinteticamente di tracciare le caratteristiche che un intervento di "ccp" deve avere. Intervento di "ccp" formati da internazionali, cioe' persone esterne al conflitto: - devono essere "chiamati" ad intervenire da una o piu' delle parti coinvolte; non possono imporsi dall'esterno senza che l'intervento sia in qualche modo richiesto; anche se sono "chiamati" solo da una parte, devono rapportarsi con tutte le parti, anche semplicemente informando del proprio lavoro, senza cioe' richiedere specifiche autorizzazioni, ma mai lavorando in modo "nascosto" o clandestino; - l'intervento dovra' essere caratterizzato dai principi della nonviolenza; - condivisione dello stile di vita della popolazione locale; - le azioni che i "ccp" possono compiere sono molte e varie: accompagnamento di popolazioni, interposizione tra forze contrapposte, intercessione (dare voce ad una parte debole nel rapporto con una parte forte), protezione di luoghi anche simbolici, vigilanza di confini o aree di demarcazione, aiuto al dialogo tra le parti, monitorare il rispetto di diritti umani e di accordi, informazione verso l'esterno, azioni di lobbying nei confronti di istituzioni locali, nazionali, internazionali; - il rapporto con le parti in conflitto dovra' essere il piu' possibile al di sopra delle parti e nell'interesse superiore della risoluzione del conflitto in corso, senza per questo ritrarsi dalla denuncia di situazioni di oppressione da una parte o dall'altra; la posizione dei "ccp" si puo' descrivere come "non-partigianeria"; - i "ccp" possono essere composti da poche persone per operazioni di formazione di persone del luogo, per aiuto al dialogo, per intercessione, riconciliazione, ecc.; - i "ccp" possono anche essere formati da grandi numeri per realizzare delle iniziative simboliche, azioni nonviolente, ecc. Sono state citate ed esaminate molte esperienze, tra cui: presenze ed azioni di Operazione Colomba, Beati i costruttori di pace, Balkan Peace Team, Gulf Team, Mennoniti, Christian Peacemaker Teams, PBI, Voices in the Wilderness, Ambasciata di Pace, Donne in Nero, Un ponte per ..., Action for Peace, Berretti Bianchi e le grandi manifestazioni come Sarajevo 1, Mir Sada, Anch'io a Bukavu, Kosovo "I Care!" 1998. Esistono anche gli interventi di "ccp" composti da elementi delle societa' civili interne al conflitto in corso, gruppi che si fanno promotori di pace, famiglie delle vittime, ecc. Emerge da questo quadro l'importanza del collegamento tra esterno ed interno, con il ruolo cruciale che possono svolgere i gruppi di appoggio all'esterno per fungere da catalizzatori, mediatori, ponti ecc. L'efficacia di ogni forma di "ccp" dipende molto dall'attivita' dei gruppi di appoggio locali. Si ribadisce che per qualsiasi intervento di "ccp" e' importante avere dei momenti di formazione ad hoc. Nella seconda sessione, il gruppo di lavoro ha cercato di sintetizzare quali debbano essere i compiti dei gruppi di appoggio locali (in Italia, cioe') ai "ccp" operanti all'estero. Il coordinamento del lavoro all'estero dei "ccp", cioe' la preparazione dei volontari, la raccolta di fondi, lo sviluppo delle linee guida e degli obiettivi politici, viene portato avanti a livello centralizzato dal raggruppamento di associazioni o movimenti che promuovono l'intervento, ma c'e' un importante ruolo anche per gruppi locali d'appoggio: - fare informazione sul progetto e tessere contatti con i media; - sostegno morale (comunicazione con i volontari, ma anche diffondere le comunicazioni dei volontari); - sostegno finanziario (raccolte fondi locali), - reclutamento di volontari e formazione di base (quella ad hoc dovra' essere gestita dal coordinamento promotore); - azioni dirette nonviolente per fare informazione; - manifestazioni fatte con creativita', forme nuove di fare informazione; - sensibilizzazione della societa' civile (tutta); - azioni di lobbying nei confronti delle autorita' locali; - contribuire alle azioni di lobbying lanciate dal coordinamento promotore (fax, e-mail, lettere alle istituzioni nazionali ed internazionali). Dal lavoro del gruppo emergono le seguenti raccomandazioni: 1. Necessita' di un coordinamento a livello nazionale per le diverse aree di intervento. 2. Importanza di proporre all'Assemblea Nazionale della Rete di Lilliput la partecipazione al coordinamento "Verso i Corpi Civili di Pace". 3. Cercare di trovare spazi validi per le tematiche della nonviolenza nel prossimo ESF di Firenze senza disperdersi. 5. MEMORIA. ALDO CAPITINI RICORDA EMMA THOMAS [Il seguente scritto di Aldo Capitini e' dapprima apparso nell'opuscolo "A Emma Thomas", edito dal Centro di orientamento religioso di Perugia, s. d. ma 1960, alle pp. 5-9. Noi lo abbiamo ripreso dal bel libro di autori vari curato da Sergio Albesano, Bruno Segre e Mao Valpiana, Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, Anppia e Movimento Nonviolento (e con il contributo del Centro Studi Sereno Regis), Torino-Verona 1999; un libro che caldamente raccomandiamo e che puo' essere richiesto agli editori: tel. 0115214638 (Anppia), 0458009803 (Movimento Nonviolento), 011532824 (Centro Studi Sereno Regis), al costo davvero modesto di 10.000 lire. Le persone che volessero mettersi in contatto con la Societa' degli amici (quaccheri) possono scrivere alla seguente casella di posta elettronica: bori at spbo.unibo.it. Aldo Capitini e' nato a Perugia il 23 dicembre 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace; e' morto a Perugia il 19 ottobre 1968; e' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. La miglior antologia degli scritti di Capitini e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977; negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte; sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un volume di Scritti filosofici e religiosi] Emma Thomas nacque a Lewisham, nel Kent (Inghilterra), l'8 febbraio 1872, prima di sette fratelli e sorelle. Suo padre era calzolaio e la madre lavorava spesso nella bottega; di conseguenza Emma doveva svolgere i lavori di casa. Studio' a Londra al collegio Stockwell e fu la prima donna a diplomarsi in scienze sociali nella famosa scuola inglese di economia, dove ebbe come insegnanti Hobhouse, Haddon e Westermarck. Ricevette una borsa di studio per la Francia e dopo un anno torno' a Londra, con un posto di regolare insegnante. Dopo trent'anni di lavoro si ritiro' in pensione nel 1921. Non si mise a riposo, ma con i suoi risparmi apri' una propria scuola a Gland in Svizzera (International Fellowship School), dove pote' mettere in pratica le sue teorie di un modo piu' libero, piu' organico e cooperativo di educare. Essa vi era chiamata "moto" (madre in sanscrito). Vi erano ragazzi di varie nazioni; Romain Rolland fu un amico di questa scuola, Gandhi tra i visitatori piu' illustri, Pierre Ceresole e Truda Weil tra gli insegnanti. Dopo quindici anni la scuola di Gland fu chiusa ed Emma Thomas torno' a Londra. Durante la guerra fu nei corpi di assistenza nelle incursioni aeree e poi prese in consegna quindici fanciulli evacuati in un luogo di rifugio nella campagna inglese. Insegno' la lingua inglese a prigionieri italiani ed alla fine della guerra si ostino' per ottenere il permesso di venire in Italia e lavorare per avvicinare i due popoli. Collaboro' a Roma con il pedagogista Washburne e propagava l'Unione per le nazioni unite. Resto' in Italia, insegnando in varie scuole, tra cui quella anglo-americana, organizzando riunioni di quaccheri ed assistendo i poveri. Si trovava spesso a convegni organizzati da me e da miei amici a Roma dal 1947 in poi su problemi di riforma religiosa e di nonviolenza. Una volta, sapendo che avevo organizzato a Perugia dal 1944 i Centri di orientamento sociale (C. O. S.) per la periodica discussione, aperta a tutti, dei problemi amministrativi locali, sociali e politici generali (una cosa nuova in Italia, diversa dal fascismo autoritario), mi espose la sua intenzione di stabilirsi a Perugia per aiutarmi a costituire un Centro di orientamento religioso (C. O. R.) per periodiche ed aperte discussioni su problemi di vita religiosa e di nonviolenza. Venne a Perugia ed acquisto' l'ultimo piano di una casa in costruzione in via dei Filosofi 33. Dal 1952 si sono svolte in questo centro conversazioni settimanali secondo un programma trimestrale e convegni Oriente-occidente; si e' costituita la Societa' vegetariana italiana ed e' stato tenuto un seminario gandhiano. Fino a quando e' entrata all'ospedale, ella e' stata la costante preparatrice delle riunioni nel pomeriggio domenicale, spesso parlando lei stessa con contributi efficacissimi. Al lavoro del centro di Perugia per l'orientamento religioso e del centro di coordinamento internazionale per la nonviolenza, ai collegamenti con spiriti religiosi e nonviolenti d ogni parte del mondo, Emma Thomas dava un'opera assidua di segretaria, di traduttrice, di ispiratrice. A questo lavoro univa quello di insegnante di inglese, lavoro a lei carissimo, e di frequente assistenza ai bisognosi. Era stimata ed amata da tutti quanti la conoscevano nella via dei Filosofi e nella citta'. Da due anni le sue forze erano diminuite. Nel gennaio 1959 era entrata all'ospedale per curare una grave polmonite; il prof. Benda, che era gia' suo scolaro d'inglese, la guari', ma ella rimase all'ospedale perche' debole. Dopo un po' torno' a casa, ma non era piu' come prima. Quest'anno era tornata all'ospedale in febbraio, per debolezza dei polmoni e del cuore e per disturbi alla circolazione. I medici hanno sempre detto che aveva una grande capacita' di resistere e di riprendere le forze. La sua testa era sempre limpida. Fece un'operazione ad un occhio per cateratta. Negli ultimi mesi, stando all'ospedale, era sempre piu' debole. I medici e le donne infermiere le hanno dato il massimo della loro attenzione. Da qualche mese aveva ceduto al comitato del C. O. R. la proprieta' dell'appartamento, perche' desiderava che il centro continuasse la sua vita, anche se ella era malata o morta. Da lunedi 18 luglio era gravissima, sempre nel letto, alternando momenti di assopimenti ed incoscienza a momento di lucidita'. Nella sua camera aveva come compagna la signora Anna Ascani, che le e' stata come una sorella giorno e notte. Negli ultimi giorni ha avuto periodi in cui parlava non chiaramente ora in italiano, ora in inglese. Nel penultimo giorno di vita ha chiamato molto l'amica Lilian. Non ha sofferto. Ormai il suo corpo era consumato. Il trasporto funebre e' avvenuto lunedì 25, alle ore 18, senza cerimonia cattolica: sulla cassa e' stato messo il nome e la croce. Un manifesto ed un comunicato nei giornali ha annunciato alla cittadinanza la morte di Emma Thomas. In un punto dell'accompagno funebre e' stato letto un discorso a nome degli amici. Molti erano i fiori. Al cimitero e' stata collocata provvisoriamente nella tomba di Giancarlo Sargenti, suo scolaro. Tra mesi la salma passera' nella tomba di amici del C. O. R. Emma Thomas amava le contrapposizioni: spazio e barriere, apertura ed esclusione, vita e morte. Pensava che creare sistemi chiusi, porre barriere, escogitare troppe definizioni, soffoca la vita, che e' una manifestazione tra noi dello spirito divino. Il cristianesimo ha affermato l'autorita' del papa e del libro sacro (mentre la Bibbia non e' che un periodo nello sviluppo della religione): meglio fa la Societa' degli amici (o Quaccheri) affermando l'immanenza dell'autorita' e della verita' e che percio' non ha sacerdoti, riti, dogmi, perche' il divino seme e' in ogni uomo, donna, bambino. Bisogna lasciar crescere questo seme: l'energia che va verso il fuori e' creatrice, l'energia che va verso il dentro e' rovinosa, e' cancro. Citava spesso la frase di Eddington: "Il miracolo della creazione non e' compiuto una volta nel confuso passato, ma continuamente da una mente consapevole". Come i corpi sono individuali e nemmeno due fili d'erba sono identici, cosi' e', anche piu', delle anime. Emma Thomas insisteva sempre sul valore dell'individuo, della sua singolarita', differenza, disuguaglianza. E la religione e' l'espressione dell'intimo rapporto dell'anima individuale, da una parte con Dio, dall'altra con gli esseri: la vita dell'Unotutti. Ognuno di noi ha un contributo unico ed indispensabile da dare al regno di Dio sulla Terra e nessun altro lo puo' dare al suo posto. L'evoluzione avviene attraverso un variare infinito. La vita opera sempre verso armonie piu' larghe, verso cooperazioni. Cosi' e' nell'organismo fisico, cosi' nella societa'. E la lotta contro quella certa inerzia che deve esser fatta dalla vita nell'individuo e nella societa' e' piuttosto uno stimolo alla crescita che un ostacolo. "Non vi e' assoluto, non perfezione neppure nello stesso Dio, poiche' cio' significherebbe la negazione della vita, la cui essenza e' l'infinito cambiamento. La vita non puo' arrestarsi". L'amore e' la pienezza e sovrabbondanza della vita, che spinge a dare, a servire, a dimenticare la propria vita in quella degli altri, fino al proprio sacrificio. Emma Thomas amava la nota preghiera di san Francesco: "O Signore, fa' di me uno strumento della tua pace... fa' che io non cerchi tanto di essere amato, quanto di amare". Non accettava che ci fossero tormenti eterni, l'inferno. L'universo ha certamente una finalita'; noi non possiamo vivere senza ideali. Nei suoi scritti e nelle conversazioni mi risultava come Emma Thomas avesse assimilato termini da me usati, come "presenza, centro, Uno-Tutti, valore, ascoltare e parlare, sempre piu', apertura", alle sue idee chiarissime, ben possedute dalla mente e congiunte strettamente con la pratica. Ho incontrato in lei una persona che viveva e creava spontaneamente caratteri dello spirito gandhiano come l'apertura, la nonviolenza, la lealta', la festevolezza, la razionalita', la costanza; ella era veramente, come Gandhi diceva di se', un'"idealista pratica". Tra le persone che ho incontrato, in mezzo a tanti che ripetono conformisticamente le idee ricevute dalla tradizioni come facevano i pagani, o le rifiutano e non cercano altro, Emma Thomas era una di quelle che possedeva idee sicure e liberamente formate e tuttavia desiderava quotidianamente di rivederle, correggerle o approfondirle: ella attuava l'idea del C. O. R. 6. RIFLESSIONE. LINDA BIMBI: TRADURRE IL PRINCIPIO IN METODO [Da Linda Bimbi, "Evoluzione storica della solidarieta'", in AA. VV., Alle radici della solidarieta', La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1990, p. 26. Linda Bimbi, glottologa, ha vissuto diversi anni in America Latina ed ha curato diversi libri sulle problematiche di quei paesi; fondamentale il suo contributo alla Fondazione Basso per il diritto e la liberazione dei popoli; tra i suoi libri, con Raniero La Valle, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983] C'e' un progetto politico dietro ogni solidarieta', magari appena abbozzato, o a lunghe scadenze, ma indispensabile. Altrimenti la solidarieta' e' solo emotiva, tattica, provvisoria. Noi apparteniamo alla schiera minoritaria di coloro che vogliono vedere tutti i popoli della terra protagonisti e soggetti del loro proprio destino. Essere d'accordo sul principio e' relativamente facile; piu' difficile e' tradurre il principio in metodo di solidarieta'. 7. POESIA E VERITA'. MARIA LUISA SPAZIANI: SHAHRAZAD [Da Maria Luisa Spaziani, Poesie 1954-1996, Mondadori, Milano 2000, p. 225. Maria Luisa Spaziani e' una delle maggiori poetesse della letteratura italiana del Novecento] Io sono Shahrazad a cui fu detto: morirai se interrompi il discorso. 8. STRUMENTI. MARCELLA BRAVETTI: PRESENTAZIONE DELL'AGENDA "DI MARZO IN MARZO 2003" [Riceviamo e volentieri diffondiamo. Marcella Bravetti e' presidente del Comitato internazionale 8 marzo] Carissime, tra pochi giorni e' disponibile, fresca di stampa, l'agenda/libro "Di marzo in marzo 2003". Tema guida: Per amore, per convenienza, per schiavitu'. Hanno collaborato: Lidia Menapace, associazione Rosa Luxemburg; Carla Corso, comitato per i diritti civili delle prostitute; Pia Covre, comitato per i diritti civili delle prostitute; Maria Rosa Cutrufelli, scrittrice; Mirta da Pra', gruppo Abele; Antonella Duchini, sost. Procuratore della Repubblica; Rosita Garzi, ricercatrice presso la cattedra di Sociologia dell'Universita' di Perugia; Anna Oliverio Ferraris, professoressa ordinaria di Psicologia presso l'Universita' "La Sapienza" di Roma; Anna Salvo, professoressa di Psicologia dinamica, Universita' della Calabria; Margherita Pelaja, ricercatrice di Storia sociale e sessualita' tra '700 e '900; Paola Tabet, etnologa; Michela Tramonti, ricercatrice presso la cattedra di Sociologia dell'Universita' di Perugia; Livia Turco, parlamentare, ex ministro agli affari sociali. L'agenda si apre con due apgine riservate al numero verde contro al tratta e proposte dal Comune di Perugia (assessorato alle politiche sociali); anche a tale motivo riteniamo che l'agenda possa rappresentare uno strumento utile di avvicinamento delle giovani vittime della tratta, ma anche di chiunque altra volesse aprire un rapporto positivo con le strutture. Redazione: Marcella Bravetti, presidente del Comitato internazionale 8 marzo; Tiziana Boirivant, grafica; Filippina Bubbo, studentessa di scienze della comunicazione; Marina Toschi, ginecologa, consigliera regionale di parita'; Francesca Utzeri, laureata in filosofia. Edizioni del Comitato internazionale 8 marzo, via della viola 1, Perugia, tel. e fax: 07542316. Formato agenda: 16,5 x 12; pp. 320; copertina rigida; costo 9 euro; sconto 10% per ordini sopra 10 agende. Per rivenditori, e organizzazioni che se ne fanno distributrici, sconto 30% (sspese di spedizione ordinaria a nostro carico). Si invita pertanto a prenotare sollecitamente evitando, come e' successo l'anno passato, l'esaurimento delle copie. Indirizzi: e-mail: donnemondo1 at interfree.it; marcella1938 at interfree.it; fax 07542316; sito:www.donnemondo.com. Con l'occasione invio un caro saluto, per il Comitato internazionale 8 marzo, Marcella Bravetti 9. RIVISTE. SOMMARIO E AUTORI DEL N. 1 DI "QUADERNI SATYAGRAHA" [La seguente scheda abbiamo ripreso dal sito del Centro Gandhi di Pisa (pdpace.interfree.it). Per richieste e contatti: e-mail: pdpace at interfree.it] - Le scienze per la pace e la formazione al metodo nonviolento, di Rocco Altieri Si presenta il ruolo della rivista nella prospettiva dello sviluppo delle scienze per la pace in Italia. Dopo un excursus storico sui Peace Studies, si affrontano i temi della loro scientificita' e multidisciplinarita', confutando le tesi dei "perplessi" e sostenendo il valore del satyagraha come metodo di trasformazione nonviolenta dei conflitti. Facendo ricorso alla teoria sociologica si esamina l'obiettivo di attivare un'alternativa funzionale alla guerra. A questo proposito si discute l'agenda della ricerca per la pace di fronte ai nuovi compiti che le vengono dall'attuale istituzionalizzazione all'interno delle universita' italiane. Rocco Altieri e' studioso del pensiero e dell'opera di Aldo Capitini, di cui ha pubblicato la biografia intellettuale: La Rivoluzione Nonviolenta, Pisa, BFS, 1998. Membro del consiglio scientifico del CISP (Centro Interdipartimentale di Scienze per la Pace), e' docente in Teoria e prassi della nonviolenza presso il corso di laurea di Scienze per la Pace, Universita' di Pisa. - Satyagraha, non "resistenza passiva", di Mohandas Gandhi - Satyagraha e duragraha: i limiti della violenza simbolica, di Joan F. Bondurant Nell'articolo si indagano le differenze tra il satyagraha e le altre forme di lotta che non fanno ricorso alla violenza aperta. Confrontando il satyagraha gandhiano con la "resistenza passiva" (duragraha) l'autrice ne evidenzia gli elementi essenziali che non balzano immediatamente all'occhio e che, pure, sono determinanti per il successo di una lotta nonviolenta che si prefigga di introdurre cambiamenti non superficiali nelle relazioni che generano il conflitto. Con questo fine, le azioni satyagraha e duragraha vengono confrontati secondo tre punti di vista fondamentali: 1) il carattere dell'obiettivo per cui l'azione e' intrapresa; 2) il processo attraverso cui ci si aspetta di raggiungere l'obiettivo; 3) gli stili che caratterizzano i rispettivi approcci. Joan V. Bondurant, insuperata studiosa del satyagraha gandhiano, vive oggi a Tucson, Arizona. E' stata Research Political Scientist presso l'Institute of International Studies e Lecturer in Political Science a Berkeley, University of California. Il suo libro Conquest of Violence. The Gandhian Philosophy of Conflict, Princeton, Princeton University Press, 1958, (new revised edition 1988), e' diventato un classico della letteratura su Gandhi. - 11 settembre 2001: diagnosi, prognosi, terapia, di Johan Galtung In questo articolo, scritto nei giorni immediatamente successivi all'evento, Johan Galtung applica il metodo Transcend, basato sulla terna di ispirazione medica "diagnosi, prognosi, terapia", all'analisi degli scenari del dopo 11 settembre. Dopo aver effettuato una diagnosi secondo due linee di pensiero fondamentali, quella che si richiama al discorso sul terrorismo e quella che si basa sul ragionamento della rappresaglia, Galtung esamina due conseguenti linee di condotta che si aprivano alla scelta degli Stati Uniti e dei Paesi occidentali e da queste deriva una prognosi come sviluppo ultimo degli eventi originati dall'attacco alle Twin Towers e propone delle azioni concrete per uscire dal circolo della violenza. Anche alla luce di come gli eventi si sono svolti dopo la sua scrittura, l'articolo permette al lettore di sviluppare un punto di vista originale e valutare come tutta una serie di sviluppi fosse tutt'altro che imprevedibile. Johan Galtung, norvegese, tra i maggiori precursori della Peace Research, e' attualmente il direttore di Transcend, un programma dell'ONU per la trasformazione nonviolenta dei conflitti. Della sua sterminata produzione scientifica segnaliamo le piu' recenti pubblicazioni in italiano di La Pace con mezzi pacifici, Esperia, Milano 2000, e La Trasformazione Nonviolenta dei Conflitti, Il metodo Transcend, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2000. - 11 settembre 2001: militarizzazione e sicurezza, cultura del presente, societa' civile globale, di Giorgio Gallo L'articolo analizza alcuni elementi culturali-cognitivi che stanno dietro il tipo di risposta provocata dall'attacco terroristico dell'11 settembre 2001 e che sono emersi in modo esplicito nelle valutazioni politico-militari che ne sono seguite. La "cultura della sicurezza" e la "cultura del presente", tipiche delle societa' occidentali moderne, producono una instabilita' intrinseca. Da qui una proposta per il ruolo della societa' civile globale nella ricerca di percorsi che portino ad un sistema piu' giusto e stabile di relazioni internazionali. Giorgio Gallo e' professore presso la Facolta' di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Universita' di Pisa, dove si occupa di metodi e modelli per le decisioni, e, piu' recentemente, dei rapporti tra etica e tecnologie. Ha contribuito a fondare, nel 1998, il Centro Interdipartimentale "Scienze per la Pace" (CISP), di cui e' attualmente Direttore, e, nel 2001, il nuovo Corso di laurea in Scienze per la Pace. Nell'ambito delle attivita' del CISP si e' interessato in particolare al conflitto israelo-palestinese. - Kossovo - Balcani - Europa, di Alberto L'Abate Sintesi della relazione di Alberto L'Abate al simposio svoltosi a Pristina il 7-8 dicembre 2001. - Comunicazione e ascolto per la trasformazione nonviolenta dei conflitti, di Angela Dogliotti Marasso L'articolo si propone di presentare alcune caratteristiche essenziali per un approccio nonviolento ai conflitti. Partendo da una distinzione tra i concetti di forza, aggressivita', violenza, e dalle premesse che stanno a fondamento della prospettiva conflittuale nonviolenta, si introducono alcuni elementi di analisi della struttura e delle dinamiche conflittuali, con riferimento ad alcuni autori della letteratura in questione, in particolare J. Galtung e P. Patfoort. Il discorso, pur essendo strutturato in modo specifico per il lavoro sui conflitti al livello interpersonale, e' condotto tenendo presente anche il livello macro, in particolare alcune caratteristiche della lotta nonviolenta, secondo l'analisi di G. Sharp. Angela Dogliotti Marasso, gia' docente di storia al Liceo sperimentale "A. Gramsci" di Ivrea, e' impegnata da diversi anni nell'area della nonviolenza, in particolare nel Movimento Nonviolento, di cui e' co-segretaria. Coordina il Gruppo di Educazione alla Pace del Centro studi "D. Sereno Regis" di Torino ed e' membro dell'IPRA e della Peace Education Commission. Svolge da anni attivita' di ricerca e formazione; ha condotto seminari in diverse scuole di pace, enti ed istituti formativi pubblici e privati. E' autrice di diversi articoli e pubblicazioni. - Memoria condivisa e purificazione della memoria, di Sergio Tanzarella La purificazione della memoria richiede un esame e uno studio del passato che possa divenire patrimonio comune e condiviso della coscienza civile nazionale. Molte sono le zone d'oblio nella nostra memoria di italiani: dal colonialismo alla prima guerra mondiale, dal fascismo alle stragi in epoca repubblicana, fino alle collusioni della religione con il potere economico e politico. Contemporaneamente e' gravissima l'omissione di informazione e formazione storica per le nuove generazioni di cui e' corresponsabile la scuola. Tocca agli storici restituire alla collettivita' una memoria eticamente ricostruita, presupposto di ogni purificazione, poiche' per perdonare il passato bisogna conoscerlo e ricordarlo. Sergio Tanzarella, dottore di ricerca in storia, insegna Storia della Chiesa presso la Facolta' Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli (sez. San Luigi). Sua ultima pubblicazione: La purificazione della memoria (EDB, Bologna 2001). Ha curato tra l'altro: il volume"Costruire la pace sulla terra. A trent'anni dalla Pacem in terris (La meridiana, Molfetta 1993); e le voci: "Pace" nel Dizionario delle idee politiche (AVE, Roma 1993); "La Chiesa nei primi secoli. Non violenza e pace nella Chiesa antica" nel Dizionario di Teologia della Pace (EDB, Bologna 1997); "Pace e nonviolenza nel cristianesimo antico (I-III secolo)" in Mai piu' la guerra. Per una teologia della pace (La meridiana, Molfetta 1998). Socio dell'"Associazione italiana dei professori di Storia della Chiesa", e' membro del consiglio di redazione della rivista "Rassegna di Teologia". Attualmente sta curando con Donatella Abignente il volume Tra Cristo e Gandhi. L'insegnamento di Lanza del Vasto, per le edizioni San Paolo. E' stato parlamentare nella XII legislatura. E' vicepresidente della Fondazione "don Peppino Diana" contro l'usura e per la legalita'. - Silone e Simone Weil, di Margherita Pieracci Harwell Fin dagli anni '50 "Tempo presente", giornale dell'Associazione Italiana per la Liberta' della Cultura, contribui' a far conoscere la Weil in Italia. I due direttori, Nicola Chiaromonte e Ignazio Silone, scoprivano profonde affinita' nei suoi scritti politici e sindacali. Questo articolo esamina specialmente l'intenso interesse di Silone per il modo in cui la Weil visse una percezione della giustizia e della fraternita' con gli oppressi estremamente simile agli ideali che guidarono lui, Silone, nelle sue scelte. Margherita Pieracci Harwell ha tradotto con Cristina Campo La source grecque di Simone Weil. Alla fine degli anni '50 conobbe sia Silone che la madre della Weil, ai quali e' poi rimasta sempre vicina. Avendo sposato un pastore americano, anche lui studioso e traduttore della Weil, si trasferi' nel '65 negli Stati Uniti; da allora insegna all'Universita' dell'Illinois a Chicago. Un suo libro di saggi sui contemporanei si intitola, dal saggio principale, su Silone, Un cristiano senza chiesa. - La via del sole: un cammino di solidarieta' piena, di Enrico Turrini Forte e' il nesso tra la scelta delle fonti energetiche ed il modello economico-politico che domina una societa'. La scelta per le energie "dure", che necessitano di grandi investimenti, e' connaturata al modello economico capitalista-liberista ed ai suoi sviluppi. Anche quando si tratta di utilizzare fonti energetiche rinnovabili, la proposta neo-liberista passa attraverso la realizzazione di grandi opere che sconvolgono il panorama naturale e mantengono saldamente la produzione energetica nelle mani di pochi. La "via del sole" e' una sfida a livello planetario per il terzo millennio, nella direzione di un mondo piu' giusto e solidale. A partire dalla produzione dell'energia, realizzata con impianti di piccole dimensioni e sotto il diretto controllo democratico fino alla riorganizzazione dell'intera societa' umana intorno ad un modello solidale e non predatorio nei confronti della natura. Enrico Turrini e' nato a Tesero (Trento). Laureato in ingegneria elettrotecnica e dottorato al Politecnico di Milano. Ha Lavorato per molti anni in Italia e all'estero nel campo della sicurezza dei reattori nucleari comprendendone i seri pericoli ambientali e socio-politici. Attualmente presidente di una camera dei ricorsi di fisica all'Ufficio Europeo dei Brevetti con sede in Monaco (Germania). E' impegnato nel campo della solidarieta Nord-Sud del Mondo e nella promozione delle energie rinnovabili (energia solare). - Un modello matematico per le corse alle armi: le equazioni di Richardson, di Leila Lisa D'Angelo Questo lavoro si propone di divulgare ad un pubblico non necessariamente esperto in matematica il primo tentativo di discutere con metodi formali un problema di relazioni internazionali come le corse alle armi. Il modello di Richardson rappresenta e descrive l'evolversi delle relazioni tra due nazioni (o gruppi di nazioni) ciascuna delle quali e' determinata a difendersi da un possibile attacco dell'altra. Il lettore puo' seguire passo passo la costruzione del modello e nello stesso tempo gustare la saggezza mista a humour britannico di un originalissimo matematico di fede quacchera che, anche a causa del suo convinto pacifismo, resto' sempre ai margini del mondo accademico. Il modello di Richardson e' oggi il punto di partenza per lo sviluppo di modelli che usano il recente concetto di caos. E' allegata una nota biografica su Louis Fry Richardson. Leila Lisa d'Angelo e' nata a Rionero in Vulture, in Basilicata, nel 1959. Laureata in matematica, insegna dal 1988 nelle scuole superiori; si e' anche occupata di formazione degli insegnanti per conto del Ministero della Pubblica Istruzione. Vive a Pisa con il marito e due figli. 10. RISTAMPE. ERNST H. GOMBRICH: ARTE E PROGRESSO Ernst H. Gombrich, Arte e progresso, Laterza, Roma-Bari 1985, 2002, pp. VIII + 152, euro 6,50. Ricavato da due conferenze, questo libro e' - come gli altri suoi - una magistrale lezione del grande studioso e saggista scomparso un anno fa. 11. RISTAMPE. DAVID MARIA TUROLDO: IL DRAMMA E' DIO David Maria Turoldo, Il dramma e' Dio, Rizzoli, Milano 1992, 2002, pp. 176, euro 7. L'ultimo libro di padre Turoldo, una delle figure piu' grandi della nonviolenza in Italia. 12. RILETTURE. AA. VV.: ROSA LUXEMBURG E LO SVILUPPO DEL PENSIERO MARXISTA AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista, Fondazione Basso - Mazzotta, Roma-Milano 1976 (ma stampato nel 1977), pp. 504. Gli atti di una "Settimana di studi" dedicata a Rosa Luxemburg nel 1973. 13. RILETTURE. MARGUERITE YOURCENAR: OPERE. ROMANZI E RACCONTI Marguerite Yourcenar, Opere. Romanzi e racconti, Bompiani, Milano 1986, 2000, pp. XXXVIII + 1.306, euro 15,24. Tutta l'opera narrativa della grande scrittrice. 14. RILETTURE. MARGUERITE YOURCENAR: OPERE. SAGGI E MEMORIE Marguerite Yourcenar, Opere. Saggi e memorie, Bompiani, Milano 1992, VIII + 1.934. Tutta l'opera saggistica e memorialistica della grande scrittrice. 15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 16. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 410 del 9 novembre 2002
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