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La nonviolenza e' in cammino. 393
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 393
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 22 Oct 2002 21:24:08 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 393 del 23 ottobre 2002 Sommario di questo numero: 1. Il 4 novembre in piazza per la pace 2. Alcuni siti di strutture israeliane impegnate contro l'occupazione dei territori palestinesi 3. Sean Penn, un padre di famiglia americano contro la guerra 4. Daniela Binello, l'ombra del burqua 5. Tommaso Di Francesco, un incontro di poesia in ricordo di Izet Sarajlic 6. Augusto Cavadi, una domenica con Alex Zanotelli 7. Verbale dell'incontro del Comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento del 14-15 settembre 8. Il secondo salone dell'editoria per la pace a Venezia 9. Cristina Papa, aggiornamento del sito de "Il paese delle donne" 10. Riletture: Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali 11. Riletture: Ursula K. Le Guin, I reietti dell'altro pianeta 12. Riletture: Alfredo Carlo Moro, Erode fra noi 13. Riletture: Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie 14. Riletture: Gianni Rodari, Grammatica della fantasia 15. Riletture: Simonetta Tabboni, Norbert Elias 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. APPELLI. IL 4 NOVEMBRE IN PIAZZA PER LA PACE [Riportiamo un comunicato diffuso ieri dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, che aggiunge argomenti alla proposta dell'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele" da tenersi il 4 novembre ovunque possibile] "Ogni vittima ha il volto di Abele" (Heinrich Boell) Abbiamo promosso l'idea che il 4 novembre in tutta Italia si realizzino cerimonie di commemorazione per le vittime di tutte le guerre da parte delle istituzioni, delle associazioni e delle persone impegnate per la pace e la nonviolenza. Cerimonie semplici e silenziose, di cordoglio sincero, di profonda austerita' e di rigoroso impegno al rispetto e alla promozione della dignita' umana di tutti gli esseri umani. Di solidarieta' dell'umanita' intera contro la violenza e la morte. Di opposizione alla guerra e ai suoi apparati. Un 4 novembre che nel ricordo di tutte le vittime delle guerre sia anche monito ed impegno contro le guerre presenti e future, contro tutte le violenze e contro tutti gli strumenti di morte. Un 4 novembre che non deve piu' essere strumentalizzato dai comandi militari che con il loro lavorare per la guerra e inneggiare alla guerra irridono oscenamente le vittime delle guerre; ma divenire giornata di lutto e di memoria, e di solenne impegno affinche' mai piu' degli esseri umani perdano la vita a causa di guerre, affinche' mai piu' si facciano guerre. * Alcune riflessioni ulteriori: - Il 4 novembre e' un giorno di lutto, e nelle vicende umane anche l'elaborazione del lutto per coloro che non solo piu' conta. E conta altresi' il ricordo di coloro cui e' stata tolta la vita con la violenza. Non ricordarli sarebbe come volerli cancellare, quasi ucciderli una seconda volta. Chi defini' la prima guerra mondiale con la formula lapidaria "inutile strage" colse un punto decisivo: fu una orribile strage; e - di contro alle retoriche dei potenti che mandarono al macello tanta povera gente - non ebbe alcuna ammissibile utilita', poiche' le stragi non sono mai utili (se non al trionfo del male ed alla sofferenza dell'umanita'), sono stragi e basta, e tutti quelli che pensano che si possa costruire qualcosa dando ad altri la morte commettono uno sciaguratissimo e infame errore di ragionamento, oltre che un abominio morale, che li rende promotori o complici del piu' orrendo dei crimini. La memoria delle vittime e' uno degli elementi su cui e con cui costruire l'impegno per la difesa e la promozione dei diritti umani di tutti gli esseri umani (sulla memoria delle vittime ed anche sui possibili rischi di un uso distorto e strumentale di essa ha scritto pagine indimenticabili Tzvetan Todorov, ad esempio in Memoria del male, tentazione del bene). - Ebbene, la ricorrenza del 4 novembre, fine della prima guerra modiale (per l'Italia), e' stata fin qui strumentalizzata proprio dai poteri militari, che in questa giornata, loro si', "festeggiano" le forze armate, cioe' scherniscono quei poveri morti che loro stessi comandi militari hanno fatto morire. Lo troviamo ripugnante. - Sic stantibus rebus, non convincono le iniziative subalterne, e non convince il lasciar stare, il far finta di niente. Cosicche' abbiamo pensato (anche sulla base di esperienze del passato) che il 4 novembre non debba essere lasciato come irridente e iniquo monopolio delle gerarchie militari e di quella retorica pseudopatriottica che il dottor Johnson qualche secolo fa definiva "l'ultimo rifugio delle canaglie"; non debba essere lasciato alle loro menzogne ed alla loro propaganda necrofila. - Di qui la proposta: in quella data le persone e le istituzioni amanti della pace e fedeli al diritto internazionale e alla legalita' costituzionale non permettano che prevalga la sciagurata finzione che la guerra sia bella e che le vittime debbano essere contente di essere state trucidate, ma oppongano alla menzogna la verita', e all'ipocrisia la pieta'. In quella data si ricordino le vittime per affermare che la guerra, del cui orrore la loro morte testimonia, ebbene, la guerra e' un crimine che mai piu' deve darsi. "Ogni vittima ha il volto di Abele". 2. RIFERIMENTI. ALCUNI SITI DI STRUTTURE ISRAELIANE IMPEGNATE CONTRO L'OCCUPAZIONE DEI TERRITORI PALESTINESI [Dalla mailing list "Scienza e pace" (per contatti: e-mail: Scienzaepace at area.bo.cnr.it; sito: www.bo.cnr.it/mailman/listinfo/scienzaepace) riprendiamo questo elenco di alcuni siti di strutture israeliane impegnate contro l'occupazione dei territori palestinesi. Ringraziamo Gabriele Aquilina (per contatti: gabaq at libero.it) per la segnalazione] 1) Jews Against Occupation, www.angelcities.com/members/jato 2) Jewish Peace Fellowship, www.jewishpeacefellowship.org 3) Neturei Karta, www.geocities.com/Pentagon/Bunker/5750/home.html 4) Jews not Zionists www.jewsnotzionists.org 5) Yesh Gvul, The movement for IDF men refusing to serve in the O. T., www.diak.org/Haayesh-gvul.htm 6) Israeli Committee Against Home Demolitions, www.salam.org/activism/home_demolitions.html 7) B'Tselem (Israeli Human Rights Group), www.btselem.org 8) Bat Shalom, Israeli Women for Peace, www.batshalom.org 9) "Occupied Territory", www.occupied.org 10) Rabbis for Human Rights, www.rhr.israel.net 11) Not in Our Name Coalition, www.nimn.org 12) Oz v'Shalom - Netivot Shalom (religious Zionist anti-Occupation), www.ariga.com/ozveshalom.index.asp 13) Jewish Alliance Against the Occupation, www.opentent.org/jews.html 14) Association for Civil Rights in Israel, www.nif.org/acri 15) Prominent Jews writing articles in Haaretz, www.haaretzdaily.com 16) Alliance of Middle East Scientists & Physicians, www.keck.ucsf.edu/~yoram/amesp.html 17) Visions for peace with justice in Israel/Palestine, www.keck.ucsf.edu/~yoram/amesp.html 18) Middle East Crisis Committee, www.thestruggle.org 19) Search for justice and equality http://www.searchforjustice.org 20) Jewish Voices Against the Occupation, jvao.org 21) Jews for Peace in Palestine and Israel (JPPI), jppi.org 22) Tikkun Magazine, www.tikkun.org 3. LETTERE. SEAN PENN: UN PADRE DI FAMIGLIA AMERICANO CONTRO LA GUERRA [Questo intervento del noto attore cinematografico americano e' apparso come inserzione a pagamento sul "Washington Post"; lo riprendiamo nella traduzione italiana apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre 2002] Buongiorno, Mr Bush. Sono un padre di famiglia americano. Come lei, mi ritengo un buon patriota. Come lei, sono rimasto inorridito dagli eventi dell'anno scorso, preoccupato per la mia famiglia e il mio paese. Tuttavia, non credo in una opposizione semplicistica e incendiaria tra bene e male. Credo che il nostro e' un grande mondo pieno di uomini, donne, bambini che lottano per mangiare, amare, lavorare, proteggere le proprie famiglie, le proprie convinzioni e i propri sogni. Mio padre, come il suo, e' stato decorato nella seconda guerra mondiale. Mi ha insegnato a credere profondamente nella Costituzione e nel Bill of rights, che dovrebbero essere applicati a tutti quegli americani che si sacrificano per mantenerli vivi, e in linea di principio a tutti gli esseri umani. Molte delle azioni da lei compiute e da lei proposte sembrano violare ogni principio fondante di questo paese di cui lei e' presidente: l'intolleranza del dibattito ("o con noi o contro di noi"), l'emarginazione delle voci critiche, la diffusione della paura attraverso una vuota retorica, la manipolazione dei media e il ruolo della sua amministrazione nella distruzione delle liberta' civili, tutte queste cose contraddicono il fulcro stesso di quel patriottismo a cui lei si richiama. Guardi da vicino i suoi piu' accesi sostenitori sui media. Osservi la paura nei loro occhi quando le loro voci urlanti di appoggio fanno riecheggiare quella sottocorrente di rabbia e panico, storicamente disastrosa, che si cela dietro un "discorso forte e chiaro". Quanto lontani siamo ormai dal capire cosa vuol dire uccidere un uomo, una donna, un bambino, tanto lontani siamo dal comprendere il significato dei "danni collaterali" inflitti a centinaia di migliaia di esseri umani. Il suo uso delle parole, "questa e' una guerra di tipo nuovo", e' spesso accompagnato da un sorriso strano. Mi preoccupa il fatto che lei ci stia chiedendo di dimenticare tutte le precedenti lezioni di storia e di seguirla in futuro ciecamente. Mi preoccupa perche', nonostante tutte le sue migliori intenzioni, un enorme surplus economico e' stato dissipato. La sua amministrazione ha praticamente accantonato tutte le principali preoccupazioni di natura ambientale e di conseguenza il messaggio che cogliamo e' che, poiche' lei sembra voler sacrificare i bambini del mondo, vorrebbe sacrificare anche i nostri. So che questo potrebbe non essere il suo scopo ma la prego, signor Presidente, ascolti Gershwin, legga Stegner, Saroyan, i discorsi di Martin Luther King. Si ricordi dell'America. Si ricordi dei bambini iracheni, dei nostri bambini e dei suoi. Non ci puo' essere giustificazione per le azioni di al Qaeda. Mai. Ne' benevolenza per la depravazione criminale del tiranno Saddam Hussein. Certo, solo un grande paese come il nostro puo' porre fine a un modello secondo cui alle bombe si risponde con le bombe, alle mutilazioni con le mutilazioni, all'assassinio con l'assassinio. Ma i principi non possono essere incautamente o avidamente abbandonati facendo finta di difenderli. Non e' facile evitare la guerra garantendo al contempo la sicurezza nazionale. Ma lei si ricordera' che noi americani abbiamo una volta avuto un piccolo problema missilistico con Cuba. La cautela del presidente Kennedy (e quella del comandante del sottomarino nucleare, Arkhipov) sono esempi da seguire. Le armi di distruzioni di massa sono chiaramente una minaccia al mondo intero in qualsiasi mano esse si trovino. Ma come americani, dobbiamo chiederci, dal momento che la capacita' di sviluppare tali armi da parte di Saddam Hussein non minaccia solo il nostro paese (e in realta' la sua tecnologia non sembra in grado di arrivare ad un tale livello di sofisticatezza), come mai allora gli Stati Uniti, guidata dalla sua amministrazione, sono in schiacciante minoranza tra le nazioni del mondo a predisporre un attacco preventivo contro l'Iraq? Detto semplicemente, signor presidente, lasciamo rientrare gli ispettori, che sono in grado di annullare ogni capacita' offensiva dell'Iraq. Guadagniamo tempo, garantiamo i nostri principi sia all'interno che all'esterno dei nostri confini e domandiamo a noi stessi l'ingegnosita' di essere la piu' grande forza diplomatica del pianeta, forse della storia del pianeta. La risposta verra'. Lei e' un uomo di fede, ma la sua sciabola sta scuotendo la fiducia che molti americani hanno di lei. Capisco che deve essere tremendo e sconcertante essere nei suoi panni in questo momento. Come padre di due bambini che vivranno in un mondo il cui futuro dipende anche dalle scelte di oggi, non ho altra scelta che credere che lei alla fine si distinguera' per essere un gran presidente. La storia le ha offerto questa opportunita'. Per cui la prego, signor presidente, risparmi all'America un retaggio di vergogna e terrore. Non distrugga il futuro dei nostri bambini. Noi la sosterremo. Lei deve sostenere noi, i suoi concittadini americani e l'umanita' intera. Ci difenda dal fondamentalismo all'estero, ma non finga di non vedere il fondamentalismo della limitazione delle liberta' civili, dell'eccessiva e pericolosa liberta' d'azione del presidente attraverso gli atti del Congresso, e della convinzione erronea e pervasiva che questo paese abbia il "destino manifesto" di essere il gendarme del mondo. Sappiamo che gli americani sono impauriti e arrabbiati. Tuttavia, sacrificare soldati americani o civili innocenti in un attacco preventivo senza precedenti contro una nazione sovrana, puo' essere una terapia temporanea. Dall'altra parte, se lei avra' fiducia nel meglio del nostro paese e riuscira' a rappresentare gli Stati Uniti come un potente e coscienzioso paese, lei potra' trionfare sul lungo periodo. Ci porti su questa strada, signor presidente, e saremo con lei. Sinceramente suo Sean Penn 4. TESTIMONIANZE. DANIELA BINELLO: L'OMBRA DEL BURQUA [Ringraziamo Daniela Binello (per contatti: blusole.db at flashnet.it) per averci messo a disposizione questo suo reportage da Kabul, gia' apparso su "La Rinascita della sinistra" dell'11 ottobre 2002. Daniela Binello e' una giornalista fortemente impegnata sui temi della pace e dei diritti umani] Kabul. Nascere donna in Afghanistan e' piu' o meno la sintesi di una copiosa lista di perche' senza risposta che, senza dubbio, nulla hanno in comune con i problemi, pesanti e odiosi, che pure angosciano tante donne occidentali. Tuttavia non ci sono confronti. L'Islam afghano e' un sistema di regole molto rigide, anche adesso che non sono piu' al governo i Taliban. E se si smettesse di volere dimostrare che le donne di Kabul si sono levate il burqa, portando in luce rarefatti episodi di appartenenti a ranghi privilegiati, si potrebbe tentare seriamente di fare il punto della situazione sulle reali condizioni della parte femminile della societa' che viene strumentalizzata soltanto per dire che il Paese e' sulla via di Damasco. Grazie a noi. "Elle", il periodico francese, da aprile pubblica "Roz" (Il Giorno), un mensile in duemila copie teoricamente destinato alle donne afghane in due lingue locali. Il gruppo editoriale Hachette ha stanziato ottantamila euro per questa iniziativa che si avvale di un piccolo staff di redattrici a Kabul. All'obiezione che nove afghane su dieci non sanno leggere, hanno risposto che una afghana puo' quindi leggere la rivista alle altre nove. Perche' no? Pero', quando udiamo di universita' e scuole per sole ragazze in Afghanistan o di giornaliste nella neonata tv pubblica non lasciamo confonderci le idee: in questo Islam un po' piu' integralista degli altri e' normale che le aule non siano miste e, quindi, che vi siano scuole "femminili" e due o tre giornaliste non significano una presa di coscienza sui diritti umani. Il problema risiede nella mentalita' degli uomini afghani, che non vogliono cambiare abitudini, non in quella delle donne, che lo vorrebbero. Tutte le ragazze sognano di affrancarsi da un ruolo non solo marginale, ma anche rischioso - corre il detto che in Afghanistan per le donne c'e' posto solo nella casa del marito o al cimitero - per andare ad alfabetizzarsi e trovare un lavoro. Il problema e' che gli uomini non glielo lasciano fare, salvo in quelle fasce sociali medio-alte che anche in Afghanistan, come in tutti i paesi del mondo, esistono. Ma quelle donne non stanno piu' a Kabul da decenni. Le afghane d'elite si sono gia' laureate alla Sorbona o negli atenei angloamericani. Costretta all'esilio sull'orlo della crisi degli anni Ottanta, la "regina di Radio Afghanistan" Farida Mahvash, la piu' famosa cantante afghana contemporanea, si rifugia prima in Pakistan e poi in California, dove vive tuttora. Col suo Kabul Ensemble porta in tutto il mondo i ritmi delle tablas (percussioni) del suo repertorio folk formato da oltre cinquecento brani. Mahvash ammette: "Il mio sogno e' quello di rientrare nel mio Paese, ma il pericolo e' ancora troppo forte". In agosto, intanto, e' saltata in aria con una carica d'esplosivo la scuola femminile "Jaan Maliks" di Gahzni, a meta' strada fra Kabul e Kandahar. L'attentato e' avvenuto di notte, per cui non ci sono state vittime. Su alcuni volantini apparsi subito dopo, pero', era scritto che "se le donne torneranno a scuola, le uccideremo". Nazifa Khochnassib, medico di professione, ma poetessa per diletto, e sua sorella, ex docente di fisica, hanno resistito ai Taliban e non hanno mai lasciato il Paese, pur sapendo che avrebbero potuto pagare con la vita la loro preparazione culturale. In Afghanistan, il novanta per cento delle donne (piu' o meno dieci milioni su una popolazione di 22) sono analfabete perche' e' cosi' che doveva essere. Sul foglio "Sar Zamin-e Man" (Il mio paese, apparso subito dopo la cacciata dei Taliban) e' stata pubblicata una vignetta che raffigura una donna segregata in prigione, come un uccellino in gabbia. Dalle sbarre una mano le porgeva le chiavi per uscire, ma lei non le prendeva. "La situazione per le donne sta lentamente migliorando - chiarisce la viceministra afghana per gli affari femminili Shafika Yakim -, ma sicuramente le donne non godono della stessa possibilita' di espressione degli uomini. Soltanto il due per cento delle ragazze puo' lavorare fuori casa e solo il 6 per cento di loro sanno leggere e scrivere". Rawa (Revolutionary Association of Women of Afghanistan), un'associazione fondata nel 1977 per promuovere l'uguaglianza delle donne e per un Afghanistan democratico, e' composta di militanti che lavorano in semiclandestinita' nei campi profughi del Pakistan, nelle scuole per i rifugiati di Islamabad, Quetta e Peshawar, negli orfanotrofi dove alcune migliaia di bimbe e bimbi forse non troveranno mai una famiglia disposta ad accoglierli. Zoya, oggi militante di Rawa, aveva 14 anni nel 1992 quando i mujahidin occuparono Kabul, dopo la disfatta russa. La sua adolescenza Ë trascorsa fra mille peripezie e violenze narrate nel libro ìZoya, la mia storiaî (a cura di John Follain e Rita Cristofari per Sperling e Kupfer). Ancora adesso le attiviste di Rawa, che operano perlopiu' dal Pakistan, rischiano la pelle per quello che fanno. Per contattarle, infatti, bisogna accedere a una complessa selezione di scambi di e-mail e di appuntamenti "al buio" che concedono volentieri ai media, dopo un accurato controllo. Il rituale dell'acidificazione e' ancora molto diffuso in Pakistan: sfigurare un volto femminile significa anche ferire profondamente la sua anima. Che si fa, allora, quando nasci donna in un Paese dove vieni cresciuta solo per servire a soddisfare l'istinto sessuale di un marito che ti affibbieranno fin da ragazzina per mettergli al mondo i suoi figli? E se poi, vista la lunga tradizione di scannarsi uno con l'altro, rimani vedova, cioe' senza un marito come sostentamento e senza piu' nessuno della famiglia che ti riapra le porte di casa? E se in quella situazione non ci sei solo tu, ma anche i bambini che hai messo al mondo finche' avevi quella specie di marito-risorsa? Allah, Dio, non e' mica obbligato a venirti incontro, per parafrasare il titolo del romanzo di Ahmadou Kouroma. 5. INCONTRI. TOMMASO DI FRANCESCO: UN INCONTRO DI POESIA IN RICORDO DI IZET SARAJLIC [Questo articolo abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 19 ottobre 2002. Tommaso Di Francesco e' giornalista, saggista, poeta, e un vecchio e caro amico e compagno di lotte] Sarajevo. "Noi che abbiamo vissuto l'assedio di Sarajevo,/ di tutto cio' certamente non avremo nulla da guadagnare...". Lo scrittore e poeta sarajevese Marko Vesovic legge con aria disincantata e amara i suoi versi. Siamo nel Kamerni Teatar 55, nella Galerija Gabrijel, sulla Marsala Tita della capitale della Federazione croato-musulmana. E' il secondo giorno degli "Incontri internazionali di poesia" curati da Multimedia edizioni/Casa della poesia e della mostra fotografica "... Che ci perdoni l'erba" di Mario Boccia, per ricordare la "voce di Sarajevo", il poeta Izet Sarajlic, scomparso il 2 maggio di quest'anno che mai aveva voluto lasciare la citta', nemmeno durante l'assedio, e che negli ultimi anni dopo la guerra aveva ripreso quel suo straordinario lavoro cosmopolita di raccordo tra poeti del mondo, ritessendo i rapporti con l'Italia, con Salerno e Baronissi in particolare, sede della Casa della poesia. Izet Sarajlic - che nel 2001 ha ricevuto in Italia il premio Moravia per Qualcuno ha suonato, Multimedia - e' il poeta di lingua serbo-croata piu' tradotto al mondo, soprattutto da altri poeti come Brodskij, Evtushenko, Enzesberger, Retamar e Charles Simic negli Stati Uniti; oltre ad essere stato amico fraterno di Alfonso Gatto del quale la sorella di Izet, Raza - morta nell'assedio - ha tradotto le opere in serbo-croato. E sempre mono-tonico Marko Vesovic legge: "Quell'esperienza non ci servira' a nulla/ come se avessimo perso il violino e guadagnato le mani...". Anche stavolta per stare vicino ad Izet, incontrare la figlia Tamara - il Comune di Salerno le dara' la cittadinanza onoraria - sono venuti tanti poeti a leggere versi in sua memoria: Alberto Masala dall'Italia, Carmen Yanez dal Cile, dalla Spagna Juan Vicente Piqueras e Eloy Jose' Santos, Judi Benson e Ken Smith dalla Gran Bretagna, Louis-Philippe Dalembert da Haiti, il performer Serge Pey dalla Francia e, tra tutti, un pezzo di storia della letteratura americana degli anni beat, Jack Hirschman che leggera' per la prima volta la splendida fonia del suo nuovo poema sull'11 settembre. Mancava Erri De Luca, lo scrittore italiano che con lui ha intessuto un lungo epistolario e che lo ha conosciuto, nei suoi "trasporti" balcanici, a Sarajevo sotto le bombe. Mancava forse perche' non si torna volentieri in una citta' che si e' vista dilaniata. Tanti anche i poeti di Sarajevo che sono venuti a ricordare Izet e l'assedio, come Farida Durakovic, Josip Osti e il solipsista Velimir Milosevic. Anche la parte piu' ufficiale dell'iniziativa e' stata decisiva. La lettura internazionale di poesia e la mostra sono state inaugurate dal sindaco di Sarajevo, Muhidin Hamamdzic, dall'ambasciatore italiano, dall'assessore alla cultura del Comune di Salerno - tutti organismi che hanno promosso l'iniziativa - e dal fotografo Mario Boccia, sotto lo sguardo spiritato e sorridente, beffardo e amoroso, delle grandi gigantografie di Izet Sarajlic. Una mostra quella di Boccia - si e' conclusa ieri e "Che ci perdoni l'erba" e' proprio un verso di Izet - che, pure composta per la maggior parte da una intimita' di ritratti del poeta, ha voluto offrire in una "parete buia" l'intero spettro della tragedia della guerra balcanica, con immagini che vanno infatti dalle uccisioni in Slovenia nel 1991, fino alle milizie dell'Uck in Macedonia nel febbraio di quest'anno, e con una sequenza di "pulizie etniche" che vedono albanesi cacciati dai serbi, serbi e rom dagli albanesi, musulmani dai croati, croati dai serbi e serbi dai musulmani e... E Izet Sarajilic a questa verita' si e' sempre adoperato, lui che era un musulmano di Doboj, sposato con una cattolica e con un genero di religione ortodossa, ha militato nel "Circolo 99" di Sarajevo, sempre contrario alle mafie che hanno voluto la guerra, e ha lottato fino alla fine dei suoi giorni per il mantenimento di quella cultura bosniaco-jugoslava laica della pluralita' e della convivenza della quale, prima della guerra, Sarajevo era un simbolo per tutto il mondo. Intanto Marko Vesovic non smette la sua lamentazione critica: "... Bisogna dimenticare tutto/ e poi dimenticare il dimenticato. Ma d'ora in poi, spero,/ che noi avremo un po' piu' di rispetto verso noi stessi,/ come un pugile che riceve un milione di pugni/ e rimane in piedi/ e la sua faccia massacrata nello specchio gli dice nello specchio/ chi e' lui in verita'/ (...) Abbiamo conosciuto i nostri limiti./ Perche' sapere chi sei e' sempre stato/ il privilegio della vittima...". Legge mentre la traduzione appare stampigliata grande sul telo di fondo. L'hanno fatta Raffaella Marzano e il poeta Sinan Guzdevic, l'unico che ha avuto il coraggio di denunciare che la guerra nell'ex Jugoslavia e' stata anche contro una lingua unitaria e bellissima, il serbo-croato, per arrivare a pseudo invenzioni linguistiche come il "croato" ufficiale o la "parlata" bosniaca. Legge Marko Vesovic e fuori Sarajevo aspetta. E' arrivato il primo freddo, piove in continuazione da giorni, da settimane, la Miljacka, che d'estate e' quasi un rigagnolo inesistente, e' gonfia d'acqua terragna: nessuno da tempo ha piu' curato a monte e a valle opere di bonifica. Livida la citta' rimane appesa, come l'odio rimasto che vede la citta' e la Bosnia Erzegovina divisa in cantoni e "stati", quello della Federazione croato-musulmana e la Repubblica serba. Tutti i poeti poi sono andati al Cimitero del Leone, a trovare Izet. Il monumento del Leone era ancora la' mezzo devastato dalle bombe. Li' Izet li ha accolti con una pioggerellina fastidiosa, appena il tempo di mettere un carillon di uccellini di lacca cinguettanti sulla tomba bruna. Intorno, guardavamo che alla fine serbi e musulmani - ma anche le stelle rosse degli jugoslavi - stavano insieme, finalmente: da morti. "Poi che dirti/ nessuna guerra ha fatto mai/ ridere una madre", ci saluta Marko Vesovic dai microfoni del Camerni Teatar. Per strada, arde ancora il monumento della "fiaccola", splende e fa luce e fuoco. E' sempre rimasta accesa anche durante l'assedio: ricorda la liberazione della citta' il 6 aprile del 1945 da parte dell'armata popolare jugoslava. Perche' arde ancora? 6. INCONTRI. AUGUSTO CAVADI: UNA DOMENICA CON ALEX ZANOTELLI [Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti: acavadi at lycos.com) per averci messo a disposizione questo suo articolo apparso ieri sull'edizione palermitana del quotidiano "La repubblica". Augusto Cavadi, educatore, saggista, e' impegnato a Palermo nei movimenti antimafia e di solidarieta'] Per molti lettori domenica e' stata una giornata qualsiasi. Ma per un centin aio di persone, radunetisi a Casa Professa un po' da tutta la Sicilia, e' stata una giornata speciale. L'hanno condivisa, infatti, con Alex Zanotelli, il missionario - giornalista, per anni direttore di "Nigrizia", che prominenti uomini di governo di allora si preoccuparono di far allontanare e che, dopo molti anni trascorsi in una baraccopoli a Nairobi, e' tornato in Italia. In mattinata c'e' stato il momento pubblico per discutere dei crimini della globalizzazione con Marco Pirrone e Salvo Vaccaro, curatori di un omonimo volume che raccoglie gli atti di un seminario organizzato a Palermo negli stessi giorni del vertice Onu contro la criminalita' transnazionale; dopo il pranzo a sacco, invece, e' stato il momento di una toccante e partecipatissima celebrazione eucaristica. "Non si puo' annunziare la buona novella se non si parte dalla denunzia delle cattive novelle che ci arrivano ogni giorno da ogni parte del pianeta": da qui l'importanza di conoscere, e di far conoscere, i dati "oggettivi", "ufficiali", sulle prepotenze e le ingiustizie sistemiche che il 20% dell'umanita' perpetra contro l'80%; sulle quaranta guerre in atto gia' prima dell'11 settembre 2001; sulle tre famiglie americane il cui reddito complessivo supera la somma dei PIL dei 480 paesi piu' poveri della Terra; sul processo di privatizzazione non solo dei beni elementari (come l'acqua) ma anche dei servizi sociali essenziali (come la sanita' e l'istruzione). Le informazioni si basano tutte e solo su fonti degli Organismi internazionali meno sospettabili di partigianeria, dal Fondo Monetario Internazionale alla Banca Mondiale: ma e' chiaro che l'interpretazione dei dati "scientifici", e soprattutto la deduzione di alcune conseguenze operative, non sono per nulla "neutrali". "Non sono equidistante, lo confesso: in quanto prete sono di parte. Sono dalla parte del Dio di Abramo, di Mose' e di Gesu': dunque dalla parte del Dio che ha a cuore la sorte degli impoveriti. Questo e' il cuore della fede biblica: credere che, nonostante le apparenze, il vero Dio non e' il Dio delle guerre e dell'affamamento, il Dio di Bush e di Berlusconi, ma il Dio che vuole un mondo altro rispetto a questo in cui riusciamo a vivere solo tappandoci gli occhi". Si potrebbero moltiplicare le citazioni, piu' o meno fedeli, dall'intervento di padre Zanotelli alla tavola rotonda del mattino e dalla sua omelia pomeridiana: ma sarebbe impossibile restituire, al di la' delle espressioni verbali, l'accento di autenticita' esistenziale della sua testimonianza ed il clima di serena determinazione che egli ha saputo creare anche con gesti essenziali, con il linguaggio del corpo. Sino al congedo finale, dopo aver raccolto i fogli in cui decine di persone avevano apposto la propria impronta digitale da spedire, in segno di solidarieta' con gli immigrati, al Vicepresidente del Consiglio e/o al Ministro per le Riforme istituzionali e Devoluzione: "La Messa e' finita. Qualcuno di voi ha ricordato che anche Palermo, per certi versi, e' Sud del mondo e che almeno un 30% dei cittadini stenta ad arrivare dignitosamente alla fine del mese. Andate, dunque, per le strade di questa difficile citta' facendovi parola e pane per quanti ne hanno bisogno". Nel corso della celebrazione liturgica, svoltasi peraltro non in chiesa ma attorno alla mensa in cui molti avevano consumato il pasto frugale portato da casa, un ragazzo aveva confidato la gioia interiore provata: "Era da molto tempo che non partecipavo piu' a momenti liturgici perche' le solite messe in parrocchia mi annoiavano". E una ragazza proveniente da un piccolo Comune dell'agrigentino gli ha fatto eco sottovoce: "Anch'io ho un ricordo repellente delle funzioni religiose cui partecipavo da bambina, per non parlare del catechismo tutto proibizioni e divieti, al punto da provare disagio solo a pronunziare il nome di Dio. E mi chiedo se il cristianesimo di certe nostre parrocchie e il cristianesimo di queste assemblee siano davvero la stessa religione". 7. MATERIALI. VERBALE DELL'INCONTRO DEL COMITATO DI COORDINAMENTO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO DEL 14-15 SETTEMBRE [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo e diffondiamo] Coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento. Verbale dell'incontro del 14-15 settembre 2002 a Montevaso. Presenti: Claudia Pallottino, Renato Solmi, Enrico Peyretti, Adriano Moratto, Daniele Lugli, Piercarlo Racca, Mao Valpiana, Rocco Pompeo, Luciano Capitini, Marco Bandini, Luca Giusti, Elena Buccoliero, Matteo Soccio, Filippo Ciardi, Massimiliano Pilati, Marco Siino, Luciano Bertoldi, Patrizio Loprete, Giovanni Mandorino, Rocco Altieri. Assenti giustificati: Alberto Trevisan, Pasquale Pugliese, Flavia Rizzi, Angela Dogliotti, Francesco Lo Cascio. Ordine del giorno: 1. approvazione del verbale precedente; 2. di fronte alla possibilita' di una guerra in Iraq; 3. aggiornamento sulla marcia Assisi-Gubbio; 4. la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza; 5. la manifestazione di Roma del 15 settembre; 6. le dieci parole in preparazione al cammino Assisi-Gubbio; 7. i Corpi Civili di Pace. * 1.Approvazione del verbale precedente Il verbale viene approvato all'unanimita', nella versione corretta da Daniele. * 2. di fronte alla possibilita' di una guerra in Iraq Giovanni stimola il coordinamento a preparare una forma di mobilitazione nonviolenta contro la guerra in Iraq e fa due esempi di azione concreta: la richiesta, da parte del segretario del Movimento Nonviolento, di un incontro con il Presidente del Consiglio, e la diffusione di un ordine del giorno contro la guerra in tutti i Comuni italiani. Si succedono opinioni diverse. Secondo Luciano C. e Massimiliano la campagna di obiezione del cittadino e' la risposta piu' valida alla guerra in Iraq: nata non sull'urgenza, ricca e meditata, e' una risposta complessiva all'apparato di preparazione della guerra. Massimiliano aggiunge che sul sito web di Lilliput si trovera' presto un kit di azione per tutti i nodi, per avviare la campagna di obiezione del cittadino. Daniele invita a verificare se, tra gli appelli contro la guerra gia' formulati, ce n'e' uno che ci convince per dare una adesione convinta, e richiama l'esperienza del manifesto contro la guerra nelle citta'. Marco S. propone una versione della campagna piu' mirata sull'Iraq e ricorda l'efficacia, almeno per la sua citta', dei manifesti nella citta', realizzati durante la guerra in Kossovo. Luciano B. richiama all'importanza di promuovere una cultura complessiva di nonviolenza, senza dimenticare che oltre all'Iraq, proposto dai media con maggiore insistenza, esistono anche molti altri focolai di guerra. Mao si chiede quale sia il nostro livello di azione. "Forse Zanotelli ha ragione quando chiede di rispondere rapidamente agli eventi, ma se riusciremo a pensarci piu' profondamente, saremo piu' coerenti e diremo davvero qualcosa di nostro. C'e' guerra in tutto il mondo, stiamo attenti a non entrare nel gioco delle parti". * 3. aggiornamento sulla marcia Assisi-Gubbio Mao presenta i primi risultati del primo sopralluogo in Umbria (Mao, Daniele, Elena): da quattro anni il Cai, la Provincia di Perugia, il Comune di Gubbio ecc. hano ripristinato il sentiero Assisi-Gubbio originario, seguito da Francesco nel suo cammino. E' lungo 49 km e richiede, ai gruppi meglio allenati del Cai, 9 ore di cammino. Il sentiero in alcuni tratti coincide con la strada carrozzabile e puo' essere suddiviso in tappe, approfittando di luoghi che possono diventare punti di appoggio per la notte o per i pasti. L'Amministrazione e l'Apt di Gubbio sono disponibili a sostenere l'iniziativa, ma il percorso di contatto con le istituzioni e' tutto da fare. L'iniziativa potrebbe sostanziarsi non in una marcia (troppo lunga e faticosa per un pubblico di famiglie e di persone non allenatissime) ma in un cammino di tre giorni, una sorta di campo itinerante di circa 120 persone, ad iscrizione, tenendo per l'ultimo giorno gli ultimi cinque chilometri, dalla Vittorina a Gubbio, e poi l'arrivo ed il convegno finale, in modo da rendere possibili diversi tipi e livelli di partecipazione. Giovanni propone che questa sia la festa annuale della nonviolenza per il 2003, secondo la proposta di Pasquale alla conferenza di organizzazione, e incontra l'accordo generale. * 4. la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza Patrizio Loprete, del sindacato CGIL di polizia di Livorno, chiede al Movimento Nonviolento una collaborazione rispetto alla formazione della polizia alla nonviolenza. Soprattutto dopo il G8 di Genova sente la necessita' che le forze dell'ordine riflettano sulle loro modalita' di azione. Richiama l'importanza di dare contenuto alla proposta di legge Occhetto, perche' "il poliziotto vede il nonviolento come un altro mondo, da' per scontata la violenza. La nonviolenza non e' tra le materie di studio del poliziotto, per professione costretto a ricorrere, anche improvvisando, a metodi che fanno piu' male che bene". La proposta di Patrizio e' accolta con entusiasmo da tutto il coordinamento, che da' la propria disponibilita' a collaborare. Decisione: Viene incaricato Rocco Pompeo, gia' coinvolto sul tema della formazione, per seguire il contatto con il sindacato di polizia. Si ripromette di mantenere il contatto anche con la Pubblica Amministrazione e di raccogliere il progetto di Angela Marasso sulla violenza negli stadi, per prendere visione di esperienze diverse. * 5. la manifestazione di Roma del 15 settembre Di ritorno dalla manifestazione di Roma, Enrico Peyretti e Renato Solmi ne riferiscono l'entusiasmo, la partecipazione e i contenuti. Enrico: il problema della giustizia e' centrale per la nonviolenza. Abbiamo il dovere di difendere la legalita', di ridurre la violenza. Viviamo un deficit di cultura giuridica e di senso dello Stato, che va recuperato. Il movimento di protesta oggi non e' nonviolento ma condivide una cultura democratica. Il tema della democrazia e' centrale per noi, perche' la violenza strutturale e' piu' grave, profonda ed accettata di quella diretta, per esempio della guerra. Il Movimento Nonviolento dovrebbe coinvolgersi in questo, consapevole che non e' esclusa una degenerazione, anche provocata. Renato ripercorre alcune tappe. 7000 persone avevano partecipato all'iniziativa "Una domenica senza", 600 a "Un mese senza", solo 60 hanno risposto all'invito a continuare. Chiede al Movimento Nonviolento di farsi carico di questi temi, per un lavoro ampio contro il monopolio dellíinformazione, la guerra, la messa in discussione dell'articolo 18, gli attacchi alla Magistratura. Propone un testo da lui preparato, che Enrico suggerisce di inviare a "Micromega" a nome del Movimento Nonviolento. Il testo chiede, tra l'altro, la nazionalizzazione di Mediaset e l'affidamento a gruppi di regioni, insieme ad una rete Rai e a La 7. La discussione che si sviluppa mette a confronto punti di vista molto diversi. Piercarlo e' d'accordo con Enrico e aggiunge la pubblicazione del testo su "Azione Nonviolenta". Luca: puo' essere un modo per proporre il discorso della nonviolenza al movimento dei girotondini che, senza aver compiuto scelte precise, mostra una certa sensibilita' al riguardo. Mao: non siamo pronti per accettare un documento che di base e' sicuramente condivisibili, ma interviene su molti passaggi senza che vi sia un sentire comune maturato nella discussione interna al coordinamento. Rocco: rileggiamo nei documenti congressuali le indicazioni emerse su questo tema. Matteo: costruiamo una campagna attenta, condividiamola con altri, con esperti che gia' hanno cominciato a lavorare. Ci serve di piu' preparare la Difesa Popolare Nonviolenta al tiranno di turno, che far sentire la voce del Movimento Nonviolento di per se', solo per un fatto di visibilita'. Marco S.: mi sgomenta sottoscrivere impegni che forse non abbiamo le forze per mantenere. Claudia: sono díaccordo con Mao. Luciano B.: sono complessivamente d'accordo col testo, anche se dovrei capire meglio molte cose. Credo che dovremmo valorizzare i contributi dei pii' esperti. Vedo molte resistenze verso tante proposte valide, perche' invece non le divulghiamo, con i mezzi che abbiamo? Adriano: le mie resistenze non riguardano solo Mediaset ma la tv nel suo insieme, come strumento di potere. Massimiliano: non sono d'accordo che il documento passi come espressione del Movimento Nonviolento. La proposta delle macroregioni non la condivido, ne' puntare líindice solo su Mediaset mantenendo la Rai cosi' com'e'. Luciano C.: questa operazione, anche se non e' esattamente quella che cerchiamo, e' nello spirito del congresso. La legge Frattini consolida il monopolio, dobbiamo reagire, ma come? Qualcuno lavora gia' su questi temi? L'Auditel per esempio non e' di vera rappresentanza popolare ed e' costruito secondo i criteri dei pubblicitari. E' in corso la creazione di un organismo alternativo all'Auditel, e mi sembra un impegno serio e di sostanza. Il documento forse e' da correggere, ma sono per passarlo. Daniele: non c'e' una convinzione totale del comitato di coordinamento. Apprezziamo tutti che su questo ci sia una mobilitazione collettiva con modalita' nonviolente, e troviamo il modo per dire questo pubblicamente. Mettiamo a verbale il documento di Renato e pubblichiamolo sul sito, perche' sia proposto alla discussione. Affidiamo ad un gruppo composto da Mao, Renato, Enrico, Rocco, Matteo e Piercarlo il compito di stendere una comunicazione condivisa da inviare a "Micromega". Matteo: proponiamo al gruppo di Torino di preparare un seminario su comunicazione e democrazia. Rocco propone un titolo: "Telecrazia e democrazia nella prospettiva della nonviolenza". Enrico: facciamo tutto questo e poi inviamo il documento di Renato a "Micromega" come segnalato dal Movimento Nonviolento. Attenti allo sbaglio del massimalismo, il meglio e' nemico del bene. Mao: il comitato decide il gruppo che preparera' il seminario. Matteo invita tutti a inviargli contributi, materiale, idee e proposte per una mini-guida sul consumo critico della televisione. Decisioni: - il testo di Renato viene pubblicato sul sito del Movimento Nonviolento; - contributi sul tema dell'uso della tv sono da inviare a Matteo Soccio; - il gruppo composto da Mao, Renato, Enrico, Rocco, Matteo e Piercarlo ha il compito di stendere un eventuale documento condiviso (da inviare, fra gli altri, a "Micromega"). * 6. le dieci parole in preparazione al cammino Assisi-Gubbio Ci si confronta su come promuovere "le 10 parole". Prima risorsa e' certamente la rivista, che in ogni numero dedichera' almeno due pagine al tema del mese, con un articolo di inquadramento del tema, riferimenti bibliografici e citazioni, e talvolta anche interviste e contributi esterni. In questo modo si cerchera' di mettere a punto materiale che possa essere utilizzato nei gruppi locali per promuovere manifestazioni e momenti pubblici. Daniele invita a proporre le 10 parole ad altri ambienti o organi di stampa (Lilliput, Arci, "Il foglio" mensile, "Mosaico di pace", "Nigrizia"). Mao sottolinea che "il successo dell'iniziativa e' nelle nostre mani, deve partire da noi, dai gruppi locali, dalle citta', con iniziative anche piccole". Si invitano i gruppi a segnalare le loro attivita' al sito del Movimento Nonviolento, dove troveranno uno spazio dedicato. Enrico suggerisce di coinvolgere le altre riviste di pace e poi personalita' che possano scrivere per "Azione Nonviolenta", per es. scrittori che collaborano con quotidiani, ma dice di non essere personalmente in grado di occuparsene. Marco osserva la coincidenza della seconda parola con l'11 dicembre, che e' anche giornata dei diritti umani, e apprezza la possibilita' di agire simultaneamente in citta' diverse. Patrizio e' affascinato dall'idea delle "10 parole" e, data la difficolta' che tutti possano riflettere e organizzare iniziative su tutto, propone che i gruppi locali "adottino" una parola in particolare e costruiscano una mobilitazione su quella. Mao comunica che sulla rivista di novembre, sul tema coscienza, sara' pubblicata una intervista a obiettori di coscienza vecchi e nuovi, mentre Matteo preparera' una bibliografia. * 7. i Corpi Civili di Pace Claudia e Mao hanno partecipato all'incontro del coordinamento, il 14 luglio scorso. E' confermato l'impegno del gruppo di organizzare un forum sui corpi civili di pace a Bologna entro dicembre 2002. Il prossimo appuntamento e' a Bologna in ottobre per raccogliere i temi da approfondire nel forum. Marco S. chiede alla segreteria una attenzione verso i gruppi locali, che sono disposti a lavorare sul tema ma hanno la necessita' di materiale aggiornato e coordinato. 8. INIZIATIVE. IL SECONDO SALONE DELL'EDITORIA PER LA PACE A VENEZIA Si svolgera' dal 6 all'8 dicembre a Venezia il secondo salone dell'editoria per la pace, il piu' importante appuntamento annuale in Italia di quanti fanno informazione, studiano, documentano, riflettono sui temi della pace, della dignita' umana, della nonviolenza. Per ulteriori informazioni: Giovanni Benzoni, e-mail: gbenzoni at tin.it 9. SITI. CRISTINA PAPA: AGGIORNAMENTO DEL SITO DE "IL PAESE DELLE DONNE" [Da Cristina Papa, una delle animatrici dell'ottimo sito femminista e pacifista "il paese delle donne" (per contatti: e-mail: womenews at www.womenews.net; sito: www.womensnews.net) riceviamo e diffondiamo] In questo numero: - Verso il social forum europeo: Le "nostre" parole: per una pratica femminista contro la guerra - "Associazione Rosa Luxemburg della Convenzione permanente di donne contro le guerre"; - Resistenza - Alidina Marchettini; - Ordine/disordine - Maria Grazia Campari; - Estraneita'/infedelta' - Clotilde Barbarulli; - Complicita'/Responsabilita' - Marisa La Malfa; - Rappresentanza e rappresentazione; - Contro un'uguaglianza solo a parole; - Native/migranti: Un punto di partenza; - Voci di donne contro le guerre: - L'Associazione Rosa Luxemburg verso il Forum sociale europeo; - Dopo l'Afghanistan l'Iraq? - La partita che si gioca in Afghanistan; - Io andro' anche in Iraq - Intervista a Luisa Morgantini; - Se parto dall'Europa; - Iran: una crescente ondata di violazioni dei diritti umani; - Nemici fondamentalisti; - Per una pace giusta e degna; - Fermare l'Alca; - Italia Svezia; - Per un nido accogliente; - Pratiche economiche; - Piano Regolatore - Parola d'ordine: Uccidere le differenze. Presso la nostra redazione potete richiedere il volume L'eredita' del femminismo per una lettura del presente, Atti del ciclo di seminari curati da Associazione libera universita' delle donne, Crinali, Fondazione Elvira Badaracco, Unione femminile italiana. Edizioni Il Paese delle Donne, costo 8 euro + spese di spedizione da versarsi sul c/c postale 69515005 intestato a "Associazione il Paese delle donne", via Matteo Boiardo 12, 00185 Roma. 10. RILETTURE. LUISELLA BATTAGLIA: ETICA E DIRITTI DEGLI ANIMALI Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. XVI + 192, lire 15.000. Dedicato ad Alexander Langer, un saggio di una delle piu' acute studiose dell'argomento. 11. RILETTURE. URSULA K. LE GUIN: I REIETTI DELL'ALTRO PIANETA Ursula K. Le Guin, I reietti dell'altro pianeta, Editrice Nord, Milano 1976, 1982, pp. XII + 334. Non solo un classico della narrativa d'anticipazione, ma una profonda riflessione di una grande intellettuale. 12. RILETTURE. ALFREDO CARLO MORO: ERODE FRA NOI Alfredo Carlo Moro, Erode fra noi, Mursia, Milano 1989, pp. 288, lire 18.000. L'orrore della violenza sui bambini in un libro di riflessione e denuncia scritto da un illustre magistrato e giurista. 13. RILETTURE. SYLVIA PLATH: LADY LAZARUS E ALTRE POESIE Sylvia Plath, Lady Lazarus e altre poesie, Mondadori, Milano 1976, 1998, pp. 208, lire 12.000. Nella traduzione di Giovanni Giudici e con testo originale a fronte una silloge delle liriche della grandissima poetessa. 14. RILETTURE. GIANNI RODARI: GRAMMATICA DELLA FANTASIA Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino 1973 e piu' volte ristampato, pp. VIII + 196 (nell'edizione di cui disponiamo, del 1981). Un libro fondamentale per chiunque si occupi di educazione, di diritti umani, di nonviolenza. 15. RILETTURE. SIMONETTA TABBONI: NORBERT ELIAS Simonetta Tabboni, Norbert Elias, Il Mulino, Bologna 1993, pp. 314, lire 36.000. Una assai utile monografia sul grande studioso. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it; angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it Numero 393 del 23 ottobre 2002
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