La nonviolenza e' in cammino. 367



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it



Numero 367 del 27 settembre 2002



Sommario di questo numero:

1. Un appello di docenti israeliani

2. Aldo Capitini, principi dell'addestramento alla nonviolenza

3. Tavola della pace, appello contro la guerra

4. Ida Dominijanni intervista Danilo Zolo

5. Simone Weil, amore e giustizia

6. Otello Barbacane, quelli che

7. "Il dono delle lingue" a Napoli

8. Riletture: Aung San Suu Kyi, Libera dalla paura

9. Riletture: Giancarla Codrignani, Ecuba e le altre

10. Riletture: Franco Gesualdi, Economia. Conoscere per scegliere

11. Riletture: Giovanni Salio, Le guerre del Golfo e le ragioni della
nonviolenza

12. La "Carta" del Movimento Nonviolento

13. Per saperne di piu'



1. APPELLI. UN APPELLO DI DOCENTI ISRAELIANI

[Questo appello, dal titolo "Temiamo un'escalation in Palestina", e'
apparso, nella traduzione di Stefano Sarfati Nahmad, sul quotidiano "Il
manifesto" del 26 settembre 2002 da cui lo riprendiamo]

Noi sottoscritti accademici israeliani siamo inorriditi dalla politica
aggressiva americana nei confronti dell'Iraq e dall'appoggio entusiasta
della leadership israeliana. Siamo profondamente preoccupati dalle voci
secondo le quali il governo israeliano potrebbe approfittare dell'eventuale
clima di guerra per commettere ulteriori crimini contro il popolo
palestinese, fino ad arrivare a una completa "pulizia etnica". L'attuale
coalizione di governo comprende partiti che sostengono il "transfer" dei
palestinesi come soluzione a quello che chiamano "il problema demografico".
Molti uomini politici che suggeriscono l'espulsione forzata dei palestinesi
vengono regolarmente citati dai media, come Michael Kleiner e Benny Elon,
di cui ha riferito il sito internet del quotidiano Yediot Ahronot il 19
settembre 2002.

In una recente intervista su Ha'aretz, il capo di gabinetto Moshe Ya'alon,
ha descritto i palestinesi come un "cancro" e ha paragonato le azioni
militari nei Territori Occupati ad una chemioterapia, suggerendo che
potrebbero essere necessari trattamenti piu' radicali. Il primo ministro
Sharon ha appoggiato questa "constatazione della realta'".

Una escalation nella demagogia razzista riguardante i cittadini palestinesi
di Israele potrebbe indicare l'obiettivo dei crimini che possono essere
presi in considerazione. Ci rivolgiamo alla comunita' internazionale
affinche' tenga sotto stretta osservazione gli eventi in Israele e nei
Territori Occupati, metta ben in chiaro che no nsaranno tollerati crimini
contro l'umanita' e prenda concrete misure per prevenire tali crimini.

Al 23 settembre 2002 hanno firmato i seguenti docenti universitari e
intellettuali: Zach Adam (Rehovot), Colman Altman (Haifa), Janina Altman
(Haifa), Tammy Amiel-Houser (Tel Aviv), Chaya Amit (Tel Aviv), Shmuel Amir
(Tel Aviv), Daniel Amit, (Jerusalem/Rome), Yali Amit (Chicago), Meir Amor
(Montreal- Canada), Yonathan (Jon) Anson (Beer Sheva), Shalom Baer
(Jerusalem), Dan Bar-On (Beer Sheva), Avner Ben-Amos (Tel Aviv), Matania
Ben-Artzi (Jerusalem), Linda Ben-Zvi (Tel Aviv), Avi Berg (Tel Aviv),
Louise Bethlehem (Hod Hasharon), Anat Bilezki (Tel Aviv), Uri Bitan
(Haifa), Daniel Boyarin (Berkeley), Victoria Buch (Jerusalem), Smadar
Carmon (Toronto), Nicole Cohen-Addad (Tel Aviv), Uri Davis (Sakhnin),
Athena Elizabeth De Rasmo (Haifa), Aharon Eviatar (Tel Aviv), Ovadia Ezra
(Tel Aviv), Emmanuel Farjoun (Jerusalem), Pnina Firestone (Jerusalem),
Elizabeth Freund (Jerusalem), Gadi Geiger (Cambridge, Usa), Amira Gelblum
(Tel Aviv), Rachel Giora (Tel Aviv), Anat Goldrat-First (Netanya), Ofra
Goldstein-Gidoni (Tel Aviv), Neve Gordon (Beer Sheva), Yerah Gover (New
York), Charles W. Greenbaum (Jerusalem), Lev Grinberg (Beer Sheva), Ran Ha
Cohen (Tel Aviv), Uri Hadar (Tel Aviv), Galit Hasan-Rokem (Jerusalem), Sara
Helman (Beer Sheva), Hanna Herzog (Tel Aviv), Ze'ev Herzog (Tel Aviv),
Hannan Hever (Jerusalem), Tikva Honig-Parnass (Jerusalem), Shirly Houser
(Tel Aviv), Tal Itzhaki (Haifa), Eva Jablonka (Tel Aviv), Andrea Jacobs
(Austin, Texas), Devorah Kalekin-Fishman (Haifa), Aya Kaniuk (Jerusalem),
Jacob Katriel (Haifa), Tamar Katriel (Haifa), Baruch Kimmerling
(Jerusalem), Haggai Kupermintz (Boulder, Colorado), Ron Kuzar (Haifa),
Ariela Lazar (Evanston), Micah Leshem (Haifa), Erez Levkovitz (Jerusalem),
Rene Levy (Lausanne), Orly Lubin (Tel Aviv), Ruchama Marton (Tel Aviv),
Anat Matar (Tel Aviv), Paul Mendes-Flohr (Jerusalem), Rabbi Jeremy Milgrom
(Jerusalem), Menucha Moravitz (Ramat-Gan), Regev Nathansohn (Tel Aviv),
Avraham Oz (Haifa), Ilan Pappe (Haifa), Gabriel Piterberg (Ucla), Shakhar
Rahav (Berkeley), Amnon Raz-Krakotzkin (Beer Sheva), Zvi Razi (Tel Aviv),
Tanya Reinhart (Tel Aviv), Fanny-Michaela Reisin (Berlin), Freddie Rokem
(Tel Aviv), Henry Rosenfeld (Haifa), Maya Rosenfeld (Jerusalem), Ouzi Rotem
(Philadelphia), Hannah Safran (Haifa), Tami Sarfatti (Ucla), Nita Schechet
(Jerusalem), Hillel Schocken (Tel Aviv), Ruben Seroussi (Tel Aviv), Erella
Shadmi (Beit Berl), Nomi Shir (Beer Sheva), Miriam Shlesinger (Tel Aviv),
Aharon Shabtai (Tel Aviv), Orly Soker (Sapir-Jerusalem), Nurit Steinfeld
(Jerusalem), Roman Vater (Tel Aviv), Roy Wagner (Tel-Aviv), Michael Yogev
(Haifa), Kim Yuval (Tel Aviv), Moshe Zimmermann (Jerusalem), Michal Zweig
(Herzelia).



2. MATERIALI. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA

[Il testo seguente e' quello del capitolo ottavo, Principi
dell'addestramento alla nonviolenza, del libro di Aldo Capitini, Le
tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967).
Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra
edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi
integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza,
Protagon, Perugia 1992 (alle pp. 253-347. In questa edizione vi sono
piccole modifiche nelle note - e la nota bibliografica originale e' ivi
ricollocata -, e stranamente non si riporta la numerazione dei capitoli;
peraltro incredibilmente l'indice del volume non riporta gli indici
dettagliati dei singoli libri e articoli che esso raccoglie; in una
eventuale riedizione di questo tomo fondamentale sarebbe opportuno farlo,
ed aggiungere almeno un indice dei nomi e delle cose notevoli). Aldo
Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente
universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la
pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed
operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior
antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari
collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977;
recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza,
Linea dâombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici,
Opposizione e liberazione, Linea dâombra, Milano 1991; e gli scritti sul
Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione
nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed
opuscoli di Capitini non pi? reperibili in libreria (tra cui i fondamentali
Elementi di unâesperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969).
Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere
scelte; sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un
volume di Scritti filosofici e religiosi. Opere su Aldo Capitini: oltre
alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di
Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo
Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, ECP, S.
Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo
Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Rocco Altieri,
La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo
Capitini, BFS, Pisa 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata.
Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999. E'
utile anche la lettura dei due libri seguenti: AA. VV., Marxismo e
nonviolenza, Lanterna, Genova 1977, e AA. VV., Nonviolenza e marxismo,
Libreria Feltrinelli, Milano 1981]

Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta
all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e'
necessaria questa parte sono queste:

a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un
individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;

b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i
modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;

c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un
addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;

d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia
sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso
improvvisamente con tutto il loro peso;

e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi,
talora una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi
in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.

I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema
dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le
qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della
nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del
guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si
ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del
nonviolento hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed
energica, per la stessa ragione che la strategia della pace e' meno
sviluppata della strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il
campo della nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e
articolato che mai fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati
addestramenti alla nonviolenza, contrapposti a quelli violenti; esempi di
monaci buddisti, i primi cristiani, i francescani, che hanno lasciato
indicazioni preziose in questo campo, che qui non e' possibile elencare. Ma
basti pensare all'armonia della posizione di Gesu' Cristo espressa in
quella raccolta di passi che e' detta "il discorso della montagna", dove e'
il suscitamento di energia per resistere, per incassare i colpi, ricordando
il "servo di Dio" come era stato espresso da Isaia (cap. LIII):
"Maltrattato, tutto sopportava umilmente"; l'enunciazione del rapporto con
le cose, del valore della prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come
un mondo migliore gia' dato in vista all'immaginazione nelle beatitudini,
messe giustamente in principio perche' sono l'elemento piu' efficace
nell'addestramento, anche piu' della preghiera.

Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei
Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame
puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato
sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana,
sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno
posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso
nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione
che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative;
"chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e'
aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle
circostanti: non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e'
aperto anche agli avversari che considera uniti nella comune realta' di
tutti; ne' puo' fare dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo,
perche' l'addestramento nonviolento tende a formare abitudini di consenso e
di cooperazione, riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali
essa venga concordata, per condurre un'azione particolare.

I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non
chiusa; essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e'
per es. la musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e'
infinito, oltre il cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci
sono altri che l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno
ascoltarla. Cosi' e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro,
che puo' essere di una persona o di un gruppo di persone; ma essa e'
presentata e offerta affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un
contributo e un'aggiunta alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale
nell'addestramento alla nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e
pazienti, toglie la febbre di voler vedere subito i risultati, toglie la
sfiducia che l'azione non significhi nulla. Anche se non si vede tutto,
l'azione nonviolenta e' come un sasso che cade nell'acqua e causa onde che
vanno lontano. Questo animo di operare da un centro genera a poco a poco il
sentimento della realta' di tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli
esseri, un sentimento molto importante per la nonviolenza, che e'
incremento continuo del rapporto con tutti.



* Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento

Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento.
E vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:

a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro
cui si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento,
un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per
raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta
situazione;

b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la
nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro
generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che
si stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi
cristiani, un agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo,
una fede che congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il
momento per l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire
che oggi non valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la
patria: oggi la patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il
rifiuto di divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello
d'incenso in loro onore.

Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:

a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi
e delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe
trovarsi per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e'
stato finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con
gruppi nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere
obbiezioni, critiche, disprezzo o ridicolo;

b) il mutamento della considerazione abituale della vita come
amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa
societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita
sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati
male, veder distrutti oggetti propri.

Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:

1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola
o dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento
culminante delle passate affermazioni della nonviolenza.  Esempi: Gesu'
Cristo al momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua
differenza dal metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata
da Gandhi; la visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate
sanguinose; l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;

2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come
hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese,
ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere
arrestato, legato).

Vediamo ora alcuni elementi psicologici:

a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli
altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non
vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a
proprio vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un
silenzioso regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle
che si imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che
pare aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa
che l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e
chiarezza, senza amareggiarlo;

b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la
tenacia, l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la
cultura che cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del
Gregg) si forma lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e'
lenta e instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi
cede, chi si stanca, chi ha paura;

c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la
nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti;
cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi
sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma
egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la
prospettiva che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il
resto ai lati;

d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che
la nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali
(la scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono
sulla realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo'
essere personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e
rafforzare il proprio ordine interno;

e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione
come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla
psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a
situazioni di impegno.

Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:

1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e'
un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una
posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono
generalmente calmo e chiaro della voce;

2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti;
essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il
nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza,
non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;

3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che
corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento
lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;

4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli
sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al
nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove
straordinarie.



* Gli elementi sociali

Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento.
Vediamone alcuni:

a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta
importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani.
San Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia
all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un
identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte
corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla
propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.

b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per
costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e
generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni
pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta
che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del
dialogo di "ascoltare e parlare".

c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra
tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.

d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel
mondo circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando
iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare
malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli
adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con
i miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una
normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando
ad essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per
ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.

e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale,
sull'importanza del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza
perche' crea un senso di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri
ben visibilmente, e abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente
ad uno scopo.

f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari,
passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.

g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei
soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il
gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le
azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le
promuove.

h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di
leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti,
processi, prigionia.

L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle
situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate
e possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro
azioni nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come
segno dei passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e
dell'aiuto venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che
cosa sia la prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile
prepararsi a. sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le
prigioni, aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente
danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto
sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se
per un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due
quarti e' coraggiosa pazienza.

E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non
potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del
metodo nonviolento.



3. APPELLI. TAVOLA DELLA PACE: APPELLO CONTRO LA GUERRA

[La Tavola della pace (organizzatrice della marcia Perugia-Assisi) e' il
principale network pacifista italiano. Per contatti: e-mail:
info at perlapace.it, sito: www.tavoladellapace.it]

 "La guerra non ha piu' senso per il semplice fatto che non si vince piu'.
Per il semplice fatto che anche una guerra vinta non chiude il conflitto
che voleva chiudere: lo riapre in forme piu' nuove e terribili" (Ernesto
Balducci).

Nonostante le numerose contrarieta', dubbi e perplessita' espresse anche da
importanti alleati, il governo degli Stati Uniti minaccia di attaccare e
invadere l'Iraq - anche in assenza di una risoluzione del Consiglio di
Sicurezza dell'Onu - costringendo il mondo intero ad affrontare una nuova
durissima crisi. La determinazione dell'Amministrazione Bush a proseguire
sulla via della guerra nonostante il successo diplomatico delle Nazioni
Unite che hanno spinto Saddam Hussein ad accettare il ritorno
incondizionato degli ispettori, sta seminando inquietudine e insicurezza in
tutto il mondo.

Noi sottoscritti, fedeli alla Costituzione Italiana, alla Carta delle
Nazioni Unite e al diritto internazionale dei diritti umani che essa ha
generato, allarmati per questa terribile prospettiva, chiediamo all'Italia,
all'Unione Europea, all'Organizzazione delle Nazioni Unite, a tutte le
donne e gli uomini di buona volonta' di agire insieme, con determinazione,
per scongiurare una nuova devastante carneficina.

La guerra - e ancor di piu' la guerra preventiva - e' categoricamente
vietata dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale. La
guerra all'Iraq sarebbe solo il primo test della nuova dottrina di "guerra
preventiva" che prevede azioni militari unilaterali contro tutti coloro,
paesi e singoli, che sono sospettati di minacciare gli Stati Uniti e i loro
interessi. Il fatto che l'Amministrazione Bush abbia deciso di abbandonare
la dottrina della legittima difesa - prevista dal diritto internazionale -
per adottare una strategia cosi' destabilizzante infligge un colpo mortale
al diritto, alla pace e alla sicurezza nel mondo. In questo modo, chiunque
potrebbe sentirsi autorizzato ad attaccare "preventivamente" un proprio
nemico gettando il mondo nell'anarchia e nel caos. Nessuna risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell'Onu potra' legittimare una guerra preventiva.

Dobbiamo impedire la guerra contro l'Iraq perche' provochera' molti piu'
problemi di quanti ne vuole risolvere, allontanera' ancora di piu' la
possibilita' di mettere fine al drammatico conflitto arabo-israeliano e di
costruire una pace giusta e duratura in Medio Oriente che e' la vera
priorita' dell'Onu e dell'Europa, indebolira' i cosiddetti regimi arabi
moderati bloccandone ogni possibile evoluzione democratica, accrescera' il
risentimento contro gli americani e i loro alleati allargando il fossato
che separa l'occidente e il mondo islamico e ci esporra' tutti - e ancor
piu' noi che viviamo in Italia e in Europa - al rischio di violenze e
sconsiderate azioni terroristiche.

Gli attentati dell'11 settembre 2001 hanno colpito ogni coscienza
democratica provocando la condanna ferma, netta e unanime di tutte le donne
e gli uomini amanti della pace. Quei drammatici eventi hanno reso ancora
piu' evidente al mondo intero quanto sia diventato urgente mettere un freno
al disordine internazionale, rafforzare e non demolire l'Organizzazione
delle Nazioni Unite (unica "casa comune" di tutti i popoli del mondo),
rafforzare la cooperazione internazionale e non l'unilateralismo dei
potenti, promuovere e non ostacolare la nascita della Corte Penale
Internazionale, ridurre e non aumentare l'ingiustizia economica e sociale
planetaria, affrontare e non ignorare tutte le minacce globali (ambientali,
sociali, alimentari...) che incombono sull'umanita' e costruire un nuovo
ordine mondiale democratico fondato sul rispetto della vita e sul ripudio
della violenza, della guerra e del terrorismo.

Anche per questo noi diciamo che il terrorismo - minaccia per la pace, la
liberta' e la democrazia - si deve combattere e si puo' sconfiggere. Anche
per questo noi diciamo che il terrorismo si vince promuovendo non la guerra
infinita ma la globalizzazione della giustizia, della democrazia e dei
diritti umani. Anche per questo noi diciamo no ad una nuova guerra contro
l'Iraq.

Il regime di Saddam Hussein - come tutti i sistemi dittatoriali - va
contrastato dalle Nazioni Unite e dall'intera comunita' internazionale con
i numerosi strumenti del diritto, della legalita' e della giustizia penale
internazionale di cui disponiamo. Basta con le crociate ideologiche. Siamo
realisti! In Medio Oriente ci sono gia' troppe tensioni e conflitti che
attendono da lungo tempo di essere sanati.

Guerra vuol dire altre vittime innocenti, stragi, terrore, sangue,
sofferenza, angoscia, disperazione, disordine, violenza infinita. Per
questo, contro i dispensatori di odio e i predicatori della guerra
inevitabile noi ci uniamo a tutti coloro che sono impegnati, dentro e fuori
le istituzioni, nella difesa dei diritti umani, nella costruzione della
pace e della giustizia nel mondo, nella promozione di un nuovo ordine
internazionale democratico per dire: non distruggete l'Onu! non stracciate
la Carta delle Nazioni Unite!

Insieme a tutti coloro che sono impegnati nella costruzione della grande
Europa diciamo: questa guerra e' un pericolo anche per noi e per i nostri
interessi, pone serie minacce alla nostra vita e al nostro futuro
immediato. L'Europa e' un progetto di pace e non uno strumento di guerra.
Se sara' unita riuscira' a impedire questa nuova tragedia.

Insieme a tutti gli italiani, amanti della pace e della legalita',
rispettosi dei valori posti a fondamento della Repubblica diciamo: non
stracciate la Costituzione italiana! Non lasciate che il nostro paese venga
coinvolto in alcun modo in questa terribile avventura militare.

Insieme al papa, Giovanni Paolo II, e ai capi di tutte le religioni,
rinnoviamo il solenne impegno di pace pronunciato ad Assisi lo scorso 24
gennaio: Mai piu' violenza! Mai piu' guerra! Mai piu' terrorismo!

I tempi sono difficili, ma non ci lasceremo vincere dalla paura,
dall'impotenza o dalla rassegnazione. Riportiamo la pace al centro della
politica. Mettiamoci sul piede di pace. Difendiamo insieme i diritti umani
e la legalita' internazionale.

*

Nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale
dei diritti umani, garante dei diritti e dei doveri di tutte le persone, i
popoli e gli Stati della terra;

nel rispetto della Costituzione che impegna il nostro paese e tutte le sue
istituzioni ad operare per la pace e la giustizia nel mondo ("L'Italia
ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie
internazionali");

chiediamo al Parlamento e al Governo italiano, all'Europa, all'Onu e a
tutti i responsabili della politica nazionale e internazionale di:

1. svolgere una incessante opera di mediazione, dialogo e persuasione tesa
a scongiurare l'avvio di questa nuova disastrosa guerra, senza cedere alla
logica dell'ultimatum;

2. negare ogni forma di assenso e di coinvolgimento militare
nell'organizzazione di un possibile attacco armato contro l'Iraq;

3. esercitare la necessaria pressione politica sul governo iracheno
affinche' non ponga ostacoli alla missione degli ispettori dell'Onu che
deve essere altamente rappresentativa e imparziale;

4. mettere fine all'embargo che da dodici anni colpisce mortalmente la
popolazione irachena;

5. mettere fine all'occupazione israeliana dei territori palestinesi,
assumere tutte le misure di pressione e sanzione diplomatica ed economica
necessarie per fermare l'escalation della violenza, assicurare la
protezione delle popolazioni civili e riavviare il processo di pace (due
popoli, due Stati);

6. promuovere la giustizia penale internazionale accelerando l'insediamento
della Corte Penale Internazionale;

7. convocare una Conferenza Onu per l'eliminazione di tutte le armi di
distruzione di massa a partire dal Medio Oriente e dal Mediterraneo;

8. affrontare i conflitti e le gravi tensioni che si concentrano in
particolar modo nel Mediterraneo con una coerente iniziativa politica,
economica e culturale;

9. dare all'Organizzazione delle Nazioni Unite, debitamente democratizzata,
gli strumenti necessari per garantire l'applicazione di tutte le
risoluzioni approvate nel rispetto della Carta e del Diritto internazionale
dei diritti umani.

Perugia, venerdi' 19 settembre 2002

Prime adesioni: Associazione per la Pace, Francescani del Sacro Convento di
Assisi, Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la pace, CGIL, CISL,
UIL, ARCI, ACLI, Pax Christi, Emmaus Italia, AGESCI, CIPSI, Legambiente,
Lega per i Diritti e la Liberazione dei Popoli, Centro per la pace
Forli'/Cesena, Planet, Sondagenova, FIVOL-Fondazione Italiana Volontariato,
ICS, Banca Etica, Focsiv, Manitese, Peacelink, Forum permanente del terzo
settore.

Per adesioni: Tavola della Pace, via della viola 1, 06100 Perugia, tel.
0755736890, fax 0755739337, e-mail: info at perlapace.it, sito:
www.tavoladellapace.it



4. MATERIALI. IDA DOMINIJANNI INTERVISTA DANILO ZOLO

[Questa intervista di Ida Dominijanni all'illustre giurista Danilo Zolo e'
apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 26 settembre 2002 col titolo
"Linea diretta Berlusconi-Bush"]

E' tutt'altro che un discorso improvvisato quello con cui il presidente del
consiglio si presenta in assetto di guerra prima alla camera e poi al
senato (dove pure smussera' qualche tono, dicendosi pronto a lavorare per
evitare il conflitto). Non siamo piu' in tempi di "interventi umanitari":
la guerra ha ripreso il suo nome proprio, gli argomenti per la sua
legittimazione devono cambiare e Berlusconi non esita un attimo a fare
propri quelli dettati pochi giorni fa dall'amministrazione Bush con il
documento sulla "sicurezza nazionale" degli Stati Uniti: guerra preventiva,
guerra asimmetrica, fine del containment sono le nuove parole d'ordine che
arrivano pronte per l'uso dall'altra sponda dell'Atlantico. E siccome siamo
nel 2000, anche la Costituzione italiana, figlia degli assetti
novecenteschi, e' ufficialmente invecchiata e perentoriamente archiviabile.
Giro queste impressioni a Danilo Zolo, docente di filosofia del diritto
all'universita' di Firenze e studioso dei problemi dell'ordine mondiale.

- Ida Dominijanni: Non ti sembra che il presidente del consiglio si sia
ispirato molto direttamente alle nuove tesi di Bush sulla guerra preventiva
e la sicurezza nazionale?

- Danilo Zolo: Condivido pienamente questa tua impressione. Il ghostwriter
che ha vergato le dichiarazioni di Berlusconi si e' impegnato, con
diligenza servile, in un vero e proprio plagio del documento della Casa
Bianca del 17 settembre, intitolato National Security Strategy of the
United States of America. Le novita' fondamentali di quel documento -
novita' eversive del diritto internazionale - sono le seguenti quattro:
l'idea della legittimita' della guerra preventiva contro qualsiasi
possibile nemico; il ricorso strategico alla minaccia dell'uso della forza
contro paesi arbitrariamente definiti "Stati canaglia" (rogue States); la
pressione che gli Stati Uniti devono esercitare sulla "comunita'
internazionale" per indurla a sottostare alle proprie richieste minacciando
in alternativa l'intervento militare unilaterale; il superamento del
trattato di non-proliferazione delle armi di distruzione di massa e
l'imposizione della nuova dottrina della "contro-proliferazione", cioe' del
diretto intervento militare per disarmare i potenziali avversari.
Berlusconi ha ripetuto sine glossa le disposizioni dei superiori.

- I. D.: Berlusconi ha parlato della politica estera italiana nel quadro
della "solidarieta' europea" e della "alleanza strategica" con l'America: e
se le parole hanno un senso, un'alleanza strategica pesa ben di piu' della
solidarieta'...

- D. Z.: Il nostro governo supera persino il governo laburista di Tony
Blair nel dar prova di una assoluta subordinazione atlantica. Il "ministro
degli esteri" Berlusconi passa dal silenzio in attesa di direttive al piu'
rigoroso allineamento. In questo modo e' uno dei maggiori responsabili del
vuoto di identita' politica dell'Unione Europea, della sua incapacita' di
assumere un ruolo di partner dignitoso e responsabile. E si merita
l'arroganza imperiale con cui personaggi come Robert Kagan e Edward Luttwak
si rivolgono agli europei. Non ci sara' l'Europa, se non come pura
espressione geo-economica, finche' i suoi leaders non saranno capaci di una
minima autonomia politica. Speriamo nella Germania di Schroeder...

- I. D.: C'e' un passo del discorso di Berlusconi che accenna al fallimento
della strategia tradizionale del containment degli avversari
dell'occidente. E' un giudizio attendibile?

- D. Z.: La tesi di Berlusconi - anch'essa presa di sana pianta dal
documento Bush - e' che non serve piu' "contenere" i nemici, bilanciarne il
potere, usare strumenti di deterrenza, come gli Stati Uniti hanno fatto per
decenni contro l'Unione Sovietica. Ora, dopo l'11 settembre, occorre
procedere manu militari al disarmo dei possibili avversari. Naturalmente
Berlusconi applica la dottrina al caso dell'Iraq, sostenendo che
l'intervento degli ispettori delle Nazioni Unite non ha dato alcun
risultato e che ora si rendera' necessario un "uso misurato della forza".
Che la funzione di "contenimento" svolta in Iraq dagli ispettori sia stata
fallimentare e' una tesi contraddetta proprio da ispettori di grande
competenza e di provata imparzialita' come Rolf Ekeus, Scott Ritter e
l'italiano Giampiero Perrone.

- I. D.: Sbaglio, o Berlusconi si adegua alle prescrizioni statunitensi
anche nell'ignorare completamente la funzione delle Nazioni Unite, o nel
rivolgervisi solo con toni alquanto ricattatori?

- D. Z.: Certo, e' proprio cosi'. Ancora una volta Berlusconi si limita a
ripetere la "velina" imperiale che i suoi collaboratori gli hanno passato.
Nelle 33 fitte pagine del documento di Bush non c'e' il minimo accenno alle
Nazioni Unite, sostituite dall'espressione "la comunita' internazionale".
Da questo punto di vista si tratta del documento piu' duramente unilaterale
e autocratico mai uscito dalla Casa bianca. Anche Berlusconi ignora di
fatto le Nazioni Unite, pur se le nomina una volta. Le ignora politicamente
e sembra ignorarle anche sul piano cognitivo, come ha mostrato in piu'
occasioni la sua balbettante terminologia. Cosi' come, d'altra parte, tace
del tutto sulle ragioni del crescente interesse degli Stati Uniti per
l'Iraq e l'intera regione caucasica, caspica e transcaspica: le immense
risorse di petrolio e di gas combustibile che vi sono racchiuse.

- I. D.: L'Italia ripudia la guerra, afferma la nostra Costituzione
all'art. 11, ma Berlusconi dichiara apertamente che questa norma
costituzionale e' superata.

- D. Z.: Dal punto di vista del diritto interno, questo e' l'aspetto piu'
grave del discorso di Berlusconi ed e' anche il piu' debole dal punto di
vista intellettuale e umano. Usando a sproposito la nozione di "guerra
asimmetrica" - anch'essa importata dai documenti strategici statunitensi -
Berlusconi archivia una delle prescrizioni piu' nobili della nostra
Costituzione. E manifesta nello stesso tempo la sua indifferenza nei
confronti della tragedia che sta per abbattersi su migliaia di persone
innocenti, che saranno travolte dalla guerra, a cominciare dal popolo
palestinese, che e' gia' oggetto di un vero e proprio etnocidio.

- I. D.: La nozione di "guerra asimmetrica", pero', allude ad alcuni
cambiamenti reali: niente piu' guerre "paritarie" fra Stati, in tempi di
globalizzazione e di terrorismo globale.

- D. Z.: E' una nozione da tempo presente nei documenti strategici del
Pentagono e del Dipartimento di stato. Allude al fatto che oggi i nemici
degli Stati Uniti non sono piu' delle grandi potenze - come lo era l'Unione
Sovietica durante la guerra fredda - e non sono piu', necessariamente,
neppure delle entita' statali. Possono essere organizzazioni terroristiche,
segrete e reticolari, capaci di sfidare la potenza degli Stati Uniti e
danneggiarla gravemente usando mezzi molto semplici, come e' accaduto l'11
settembre. Questo comporta, ovviamente, l'invenzione di strategie offensive
adeguate: le armi di distruzione di massa in questo caso servono a poco,
come ha provato la guerra contro l'Afghanistan.

- I. D.: Questo nuovo quadro puo' davvero rendere obsoleto l'art. 11 della
nostra Costituzione?

- D. Z.: Tutto questo non ha alcun rapporto con il generale divieto che la
nostra Costituzione sancisce nei confronti dell'uso della forza come
strumento di offesa nei confronti di altri stati. E non ha il minimo
collegamento con una guerra di aggressione nei confronti dell'Iraq nella
quale il nostro governo intende trascinarci. L'Iraq e' uno stato di cui si
esalta e si dichiara di temere il grande potenziale militare ma che per di
piu' non e' coinvolto in attivita' terroristiche. Neppure il dossier
presentato in questi giorni da Blair ai Comuni per giustificare la guerra
contro l'Iraq accenna a legami di Saddam Hussein con la rete di al Qaeda.



5. MAESTRE. SIMONE WEIL: AMORE E GIUSTIZIA

[Da Simone Weil, Quaderni, II, Adelphi, Milano 1985, 1991, p. 328. Simone
Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante
sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di
fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice
agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la
Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze,
muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come
quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil
(ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora:
radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del
1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe
imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli
o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come
vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil:
tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti
pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su
periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in
Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte pi?
importanti in edizione italiana segnaliamo: Lâombra e la grazia (Comunita',
poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima
radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le
intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dellâoppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono
fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da
Giancarlo Gaeta. Alcune opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande
biografia di Simone PŽtrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano
1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita',
Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano
1990; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, ECP, S. Domenico di Fiesole 1992;
Jean-Marie Muller, Simone Weil. Lâesigenza della nonviolenza, Edizioni
Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio,
EDB, Bologna 1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil,
Mursia, Milano 1994]

Amore e giustizia - Rendere giustizia all'essere diverso da se' significa
mettersi al suo posto. Perche' si ammette la sua esistenza come persona,
non come cosa.



6. CANTARI. OTELLO BARBACANE: QUELLI CHE

[Siamo assai grati a Otello Barbacane, antico e schivo collaboratore del
Centro di ricerca per la pace di Viterbo, per questa sua ripresa
prevertiana]



Quelli che sono contrari alla guerra perche' temono attentati terroristici
in Italia (e dimostrano cosi' di condividere il punto di vista dei
terroristi).

Quelli che non sono razzisti, pero' gli arabi (gemelli di quelli che non
sono razzisti, pero' gli americani).

Quelli che "chi mena primo, mena du' volte" (scesi dal ring trovarono il
deserto).

Quelli che hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace (Tacito).



Quelli che sono contrari alla guerra perche' stanno all'opposizione (e che
naturalmente sarebbero favorevoli alla guerra se stessero al governo).

Quelli che sono favorevoli alla guerra perche' stanno al governo (e che se
stessero all'opposizione sarebbero favorevoli lo stesso, quando c'e' da
menar le mani...).

Quelli che sono contro la guerra perche' la fanno quegli altri (e che per
guadagnare qualche comparsata in tivu' non hanno esitato ad esporre
tantissimi innocenti ai pestaggi e alla morte).

Quelli che sono a favore della guerra perche tanto muoiono gli altri.



Quelli che sono per la guerra umanitaria (quale e' il numero di morti
perche' una guerra cessi di esserlo?).

Quelli che sono per le guerra chirurgica (strano concetto dell'arte medica).

Quelli che sono per le bombe intelligenti (che ammazzano gli stupidi uomini).

Quelli che sono per la guerra al terrorismo (facciamoglielo vedere ai
terroristi chi ne ammazza di piu').

Quelli che sono per la guerra preventiva (se stiamo sempre ad aspettare gli
altri non se ne fa mai niente).

Quelli che sono per la guerra infinita (bisogna pur che ci sia qualcosa che
duri).



Quelli che noi siamo il bene e loro il male.

Quelli che Dio e' con noi.

Quelli che Dio lo vuole.

Quelli che Dio o non Dio, l'importante e' che vinciamo noi.



Quelli che aspirano all'immortalita' (e tanto per prendersi un po' di
vantaggio facciamo fuori un po' di gentarella).

Quelli che ha fatto bene X.

Quelli che l'ora X.

Quelli segnati con una X.



Quelli che vorrebbero la pace, ma senza disturbare.

Quelli che vorrebbero disturbare.

Quelli che sanno come va il mondo.

Quelli che sanno come finisce il mondo, e hanno letto Eliot.

Quelli che tutto riducono a ciancia.



Le ragioni dell'economia.

I produttori di armi. I commercianti di armi. I bersagli di armi.

I campi concimati dai cadaveri.

I campi contaminati dai proiettili.



Quelli che prima erano qui, e adesso sono niente.

Quelli che guardano la televisione e non vogliono essere scocciati.



7. INCONTRI. "IL DONO DELLE LINGUE" A NAPOLI

[Riportiamo un ampio stralcio del comunicato di invito al convegno su
"Ermeneutica e traduzione 2. Il dono delle lingue", che si svolgera' a
Napoli il 21-22 ottobre 2002. Ringraziamo Domenico Jervolino (per contatti:
djervol at tin.it) per avercelo trasmesso]

La filosofia contemporanea ha in vari modi e seguendo vie diverse affermato
la centralita' del linguaggio.

Ma il linguaggio, discorso vivente nel quale vengono alla luce
contemporaneamente l'essere detto o dicibile delle cose e il poter dire
dell'uomo, non esiste al di fuori di una pluralita' di lingue, che si
presenta a prima vista come dispersione disarmante e irrimediabile.
Migliaia di lingue (circa seimila, secondo una classificazione
accreditata), ancor piu' numerose se si contano, oltre le lingue oggi
viventi e le loro varianti, le lingue morte e tra le morte, oltre le lingue
illustri ancora oggi oggetto di studio, quelle scomparse senza lasciare
tracce o solo tracce minime della loro esistenza passata.

E' qui, in questo iato fra linguaggio e lingue che s'inserisce la pratica e
la problematica (e  anche la problematicita') della traduzione, che negli
ultimi decenni e' diventata campo di ricerca di un vasto arco di discipline.

La polverizzazione linguistica sembra un enigma tale da rendere in qualche
misura plausibile il ricorso a spiegazioni mitiche, come quella della
biblica Babele, e nello stesso tempo da indurre allo scetticismo circa le
possibilita' di una traduzione adeguata e di un'effettiva comunicazione
interumana.

Ma la pluralita' delle lingue puo' essere letta diversamente a partire da
una lettura diversa dello stesso racconto biblico: il pluralismo
linguistico non sarebbe una condanna e una maledizione, ma significherebbe
la rinuncia al sogno totalizzante di una lingua perfetta (e di una
traduzione globale e, per cosi' dire,  senza residui). La parzialita' e la
finitezza delle singole lingue diverrebbe, allora, non un ostacolo
insormontabile, ma la condizione stessa del comunicare possibile fra gli
umani.

In tale direzione si e' gia' svolto a Napoli nel maggio 1999 un primo
convegno su "Ermeneutica e traduzione. La benedizione di Babele". Il titolo
era debitore a quello del bel libro di  Fran?ois Marty, La benediction de
Babel,  Beauchesne, Paris 1990.

Il nuovo appuntamento previsto  per il 21 e 22 ottobre 2002 e' ancora una
volta inaugurato da un intervento di Paul Ricoeur, i cui testi sulla
traduzione, alcuni dei quali presentati in passato proprio a Napoli, sono
raccolti nel volume La traduzione. Una sfida etica, a cura di Domenico
Jervolino, Morcelliana, Brescia 2002.

Con questo nuovo convegno il tema della traduzione viene accostato a quello
del dono, tema che ritorna nella filosofia piu' recente sia nei suoi
risvolti piu' rigorosamente fenomenologici (come "fenomenologia della
donation") sia in quelli piu' specificamente etici ed etico-politici, in
relazione ai motivi della gratuita', dell'ospitalita', della convivialita'.
Nel titolo di questo nuovo convegno non manca un'allusione, che viene
lasciato volutamente sullo sfondo, al kerygma pentecostale del dono delle
lingue.

Il fenomeno si da'..., si dona..., ma quale ruolo gioca nel suo donarsi il
linguaggio e quali difficolta' e prospettive introduce la pluralita' delle
lingue? Quest'ultima e lo sforzo di traduzione che essa comporta entra
quindi nel cuore stesso della costituzione del senso.

Il linguaggio come aspetto imprescindibile della condizione finita e
corporea dell'uomo, la costituzione del senso nel nesso
fenomeno-linguaggio, la tensione fra universalita' e finitudine che risulta
da questa duplicita' costitutiva dell'umano, e infine la tra-duzione come
momento di scioglimento possibile di quella tensione nella pratica
traducente e come paradigma delle molteplici forme di interazione e di
comunicazione fra le persone: questi sono i temi che reinseriscono la
problematica linguistica e antropologica della traduzione nel contesto di
un dibattito filosofico a tutto campo.

La traduzione diventa cosi' momento privilegiato di una ricostruzione
dell'unita' plurale del discorso umano che apre la strada a un'etica della
ospitalita' linguistica e della convivialita'. Il dono della lingua e delle
lingue diventa paradigma di un elemento di gratuita' che corregge
l'ossessione contemporanea verso la mercificazione generalizzata dei mondi
vitali e lascia intravedere un possibile fondamento del legame sociale in
una prospettiva di solidarieta' e di sollecitudine per le persone nella
loro concretezza.

Il convegno si propone pertanto di offrire un'occasione d'incontro e di
confronto a filosofi e a studiosi delle diverse discipline concernenti il
linguaggio, le lingue, la comunicazione e l'interpretazione, conformemente
a un'idea di filosofia che non si chiude in se stessa ma che vive nel
dialogo costante con tutto l'arco dei saperi e delle esperienze, filosofia
che riesce a diventare cosi' a pieno titolo "ermeneutica della condizione
umana".

*

Dopo i saluti delle autorita' accademiche, l'introduzione di Domenico
Jervolino e l'intervento inaugurale di Paul Ricoeur, il convegno assumera'
la forma di un grande dibattito seminariale nel quale si alterneranno
interventi predisposti e interventi liberi.

Organizzano o patrocinano il convegno il Polo delle scienze umane, la
Facolta' di Lettere e filosofia e il Dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Napoli Federico II, la Facolta' di Lingue
dell'Orientale, la Facolta' di Scienze della formazione del Suor Orsola,
l'Istituto italiano per gli studi filosofici, l'Istituto culturale
francese, il Centro napoletano di semiotica, il Dipartimento di filosofia
di Roma 3...

Il convegno ha il patrocinio del Comune di Napoli, che ha recentemente
conferito a Paul Ricoeur la cittadinanza onoraria (come gia' in passato a
Hans Georg Gadamer), come ulteriore testimonianza della vocazione
filosofica della citta' e anche come comune che ha avviato negli ultimi
anni, nel quadro dell'educazione permanente, alcune significative
esperienze di educazione alla multiculturalita' e alla cittadinanza europea.

Il nucleo responsabile dell'organizzazione del Convegno e' costituito dai
due docenti di Filosofia del linguaggio dell'Universita' di Napoli Federico
II: Domenico Jervolino (djervol at tin.it) e Rocco Pititto (pititto at unina.it).



8. RILETTURE. AUNG SAN SUU KYI: LIBERA DALLA PAURA

Aung San Suu Kyi, Libera dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 1998,
pp. XLIV + 290, lire 14.500. Una raccolta di scritti di e su la grande
attivista nonviolenta per i diritti umani, premio Nobel per la pace nel
1991.



9. RILETTURE. GIANCARLA CODRIGNANI: ECUBA E LE ALTRE

Giancarla Codrignani, Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S.
Domenico di Fiesole (Fi) 1994, pp. 256, lire 20.000. Un saggio su "la
donna, il genere, la guerra" di una delle principali figure della cultura
della pace in Italia.



10. RILETTURE. FRANCO GESUALDI: ECONOMIA. CONOSCERE PER SCEGLIERE

Franco Gesualdi, Economia. Conoscere per scegliere, Libreria Editrice
Fiorentina (LEF), Firenze 1982, pp. 292. Un vecchio e sempre utile libro di
Francuccio Gesualdi, allievo di don Milani e animatore del "Centro nuovo
modello di sviluppo".



11. RILETTURE. GIOVANNI SALIO: LE GUERRE DEL GOLFO E LE RAGIONI DELLA
NONVIOLENZA

Giovanni Salio, Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991, pp. 144, lire 18.000. Nanni Salio e'
tra i piu' importanti studiosi e amici della nonviolenza in Italia, questo
suo libro di oltre dieci anni fa merita di essere riletto oggi.



12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova
il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dellâambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dellâuomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio,
l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.



13. PER SAPERNE DI PIU'

* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org
; per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it

* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in
Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it
; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it

* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO



Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it



Numero 367 del 27 settembre 2002