Obiezione di coscienza



Signor Presidente della Repubblica,
condividendo pienamente ciò che Le ha scritto il giornalisa
Farid Adly e per esprimere la mia solidarietà a tutti i cittadini
extracomunitari che subiscono e subiranno questa
discriminazione, dichiaro anch'io la mia intenzione
di scegliere l'obiezione di coscienza, di non lasciarmi
spontaneamente a rilevare le impronte digitali presso
le questure e di accettarlo soltanto nella modalità adottata
per tutti i cittadini italiani e comunitari.
Molto cordialmente,

Yukari Saito
giornalista-traduttrice di cittadinanza giapponese
residente in Italia da 18 anni
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Signor Presidente della Repubblica,

oggi 10 settembre 2002 entra in vigore la legge 30 luglio 2002, n. 189 "Modifica alla normativa in
materia di immigrazione e di asilo", meglio conosciuta come legge Bossi-Fini.

E' una legge discriminatoria e xenofoba, che non fa onore all'Italia.

Molti stranieri, durante il mese di luglio, hanno sperato che Lei non la firmasse.

Cosi' non e' stato. Lei l'ha firmata il 30 di quel mese, dando via all'iter per la sua applicazione.
I nostri appelli non l'hanno convinta.

In questa legge trovo odioso, signor Presidente, l'imposizione della presa delle impronte digitali a tutti gli immigrati presso i commissariati di polizia, per una forma di schedatura criminale (art. 5, comma 2-bis). Questa pratica mi offende e offende centinaia di migliaia di onesti lavoratori, che sono venuti in Italia per guadagnarsi il pane quotidiano. Ad una parte politica, questa legge serve per dare l'immagine di sicurezza all'opinione pubblica. E' giusto garantire sicurezza ai cittadini;
ma non una parvenza di sicurezza di carta e per di piu' immaginaria.

Questa legge, signor Presidente, creera' piu' clandestini. Probabilmente e' quello che serve a quei politici dalla demagogia straboccante. Molti "leader" hanno fatto la loro fortuna politica sparando slogan razzisti e xenofobi e, adesso, hanno bisogno dei clandestini per continuare ad avere una legittimita' politica. I clandestini non potranno mai scioperare, non chiederanno aumenti salariali, non alzeranno mai la testa e serviranno per ricattare i lavoratori italiani che lavorano in nero. Prendere le impronte digitali agli stranieri rafforza nell'opinione pubblica l'idea "immigrati
uguale criminalita'". Anche Lei sa che e' un'equazione falsa e pretestuosa.

All'Italia non serve una legge simile.

L'immagine dell'Italia ne sara' offuscata, paragonabile ad un regime militarista sudamericano. Una tale discriminazione tra cittadini italiani e soggiornanti stranieri sara' sottoposta all'attenzione degli organismi internazionali, dell'ONU e della stessa UE, che operano contro il razzismo e la xenofobia. Si e' detto che le impronte verranno prese a tutti gli italiani sulla nuova carta di identita'. Ma non e' la stessa cosa, signor Presidente. Agli stranieri si impone una schedatura criminale presso le questure, ai cittadini italiani si chiede di apporre un'impronta sul documento,
una sorta di firma per l'identificazione legale.

Agli stranieri, le impronte digitali si prendono gia', in applicazione delle leggi vigenti, per i clandestini, per chi compie reati e per chi e' senza documenti di identita'. Non c'e' nessuna giustificazione di sicurezza che impone la presa delle impronte digitali a tutti gli stranieri richiedenti il permesso di soggiorno. Se la mia identita' e' certa da documenti comprovati da dichiarazioni delle autorita' consolari del mio governo a che cosa serve prendere le mie impronte digitali, visto che non ho compiuto nessun crimine? E' una punizione gratuita contro chi proviene da un paese povero del Sud del mondo. I ministri, che hanno redatto il testo di legge, hanno capito che non sarebbe stato possibile chiedere le impronte ad un militare statunitense soggiornante in Italia oppure ad un ricco cittadino svizzero o giapponese; nella versione originale, infatti, non hanno utilizzato il termine "stranieri dei paesi extra UE", ma "non appartenenti ai paesi OCSE". Ecco una doppia discriminazione che rasenta il razzismo. "Tu straniero bianco e ricco, non ti prendo le impronte; voi neri, gialli, olivastri e poveri, avanti, le dieci dita nell'inchiostro!". No, una
discriminazione cosi' non e' ammissibile.

Ma non conviene all'Italia anche per altre ragioni, economiche soprattutto. Pensi, per esempio, alle complicazioni che incontrera' il lavoro italiano all'estero. Se la vostra polizia prendesse le impronte digitali ai diplomatici sauditi o agli uomini d'affari sudafricani, anche quegli Stati, in rispetto del principio di reciprocita', farebbero altrettanto con i lavoratori e gli uomini d'affari
italiani che operano da loro.

Per tutte queste ragioni, signor Presidente, io non ci sto.

Sono 36 anni che vivo in Italia, sono sposato con una cittadina italiana ed ho figli italiani, e non ho mai vissuto un giorno senza permesso di soggiorno. Io, oggi, dichiaro l'obiezione di coscienza. Non daro' spontaneamente le mie impronte digitali quando presentero' la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Saro' catalogato, allora, come clandestino ed i poliziotti dovranno venire ad arrestarmi con la forza per prendere le mie impronte digitali o per espellermi dal territorio
italiano.

So di molti altri stranieri che hanno deciso di fare altrettanto.

In questo modo avrete tolto molti agenti al loro lavoro di lotta contro il crimine, per perseguitare onesti cittadini e non avrete fatto, sicuramente, un bene per il vostro paese e per la sicurezza dei
cittadini.

Cordialmente,

Farid Adly

direttore "Anbamed, notizie dal Mediterraneo"