"Dalla parte del torto: Libro del Genoa Legal Forum



Da pochi giorni è uscito il libro "Dalla parte del torto" curato dal Genoa
Legal Forum.
Acquistarlo, non significa solo contribuire alla raccolta fondi per le
spese legali dei circa 500 indagati, ma soprattutto poter leggere
importanti ricostruzioni dei fatti di Genova durante le giornate del G8.

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Genoa Legal Forum
Dalla parte del torto
Avvocati di strada a Genova


Il libro
Nelle settimane che precedettero il G8 di Genova, il GSF incaricò un suo
responsabile per assicurare sia assistenza legale ai manifestanti, sia per
proporre che magistrati, parlamentari, giornalisti ed esponenti del mondo
dello spettacolo e della cultura si facessero "garanti" nei confronti di
possibili abusi commessi contro il diritto alla manifestazione. Quanto
questo timore fosse giustificato, è ormai cosa nota.
A Genova si è assistito ad un progressivo intensificarsi delle attività di
prevenzione, di ispezione e di repressione, consistenti perlopiù in
perquisizioni domiciliari e locali formalmente motivate dall'esigenza di
ricercare armi ed esplosivi senza un previo provvedimento di autorizzazione
dell'Autorità Giudiziaria.
Gli avvocati, durante i giorni del G8 di Genova, sono scesi in strada
indossando una maglietta-simbolo in modo da essere immediatamente
riconoscibili: non per cercare clienti, ma a rappresentare la legalità.
Scopo delle testimonianze e delle analisi raccolte in questo libro è
raccontare, nella maggioranza dei casi, la sorpresa e la rabbia nel
realizzare che i diritti non sono poi così "reali", ma molto "virtuali".

I curatori
Stefano Bigliazzi, avvocato penalista ed Emilio Robotti, civilista,
entrambi genovesi, sono tra i fondatori della sezione genovese
dell'Associazione Giuristi Democratici, e tra i promotori del Genoa Legal
Forum, che a Genova si è occupato di coordinare l'assistenza legale ai
manifestanti durante e dopo i giorni del G8.

Prefazione di Marcello Zinola
Luglio 2001, spartiacque per la democrazia e le professioni... Diversi da
chi e da cosa? Potrebbe essere questa la domanda che accompagna (e
accompagnerà) per molto tempo ancora le discussioni e i confronti sul
prima, durante e dopo G8. Il luglio 2001, con i "segnali napoletani" del
marzo precedente (governi diversi, mezzi di intervento uguali) credo potrà
essere ricordato come uno spartiacque per la democrazia e le professioni.
Professioni, come quella dell'avvocato, che si sono riscoperte "diverse".
Come quella dei giornalisti che hanno visto "in strada" rinascere la voglia
dell'informazione militante. Non nel senso dell' "appartenenza" ad una
parte politica, ma della passione per il racconto onesto dei fatti, salvo
poi avere libertà infinita nel dividersi con le diverse interpretazioni.
Come quella dei magistrati che hanno oggi una responsabilità enorme nella
ricerca della verità sulle responsabilità di ogni fronte, ma che nei giorni
caldi sono forse scattati - su ogni fronte - con un ritardo che oggi si
riflette sul buon esito di tutte le indagini in campo. Gli avvocati si sono
ritrovati e riscoperti diversi. Non solo quelli che avevano una militanza,
un'idea politica già schierata prima del G8, a favore del movimento. Ma
anche quelli che al di là della loro ideologia hanno a cuore la legalità, i
diritti, la tutela delle persone. Non era necessario essere no global o
movimentisti nei giorni di luglio per schierarsi dalla parte della
legalità, sia di fronte ai veri o sedicenti Black Bloc, sia di fronte ai
pesanti abusi delle istituzioni. Gli avvocati, rompendo un tabù che forse
non ha ancora fatto discutere sino in fondo (o a sufficienza) hanno
indossato una maglietta simbolo e sono stati in strada. Non a cercare i
clienti, ma a rappresentare la legalità. Non era mai successo. A mio avviso
identificare oggi il Glf come un qualcosa di omogeneo con una certa area
politica o una certa tendenza del movimento è sbagliato e riduttivo. Perché
all'interno del Glf ci sono anime diverse. Valutazioni diverse rispetto al
rapporto con la procura, i procedimenti in corso. Ecco perché ha valore
l'esperienza del luglio 2001: quelle magliette-toga con la scritta bilingue
"avvocato" hanno disorientato la categoria forense, fatto discutere,
attirato botte, fermato violenze. E hanno rilanciato una passione forte per
il diritto. Vissuto da testimoni. Sono ormai rare, rarissime le occasioni
in cui gli avvocati (come i giornalisti e gli stessi magistrati) sono
testimoni, anche del giorno dopo, dei fatti di cui si interessano. Nessuno,
o quasi, va più sul luogo della "notizia". Giornalistica o di reato.
Leggendo le testimonianze e le analisi di questo libro emergono elementi
chiari. Da un lato la quasi scontata razionalità, la non sorpresa, il
realismo politico di qualche maglietta-toga più anziana che descrive non
con distacco, ma con minore partecipazione, quasi con un tono un po'
dottorale-politico, la propria esperienza. Dall'altro l'incredulità dei più
giovani e di qualche anziano di fronte alle violenze di ogni tipo, di
fronte alla strafottenza subita quando è stato mostrato il tesserino da
avvocato per rivendicare il "diritto a fare valere il diritto". La sorpresa
nel vedere come un dato scontato (l'avvocato, il diritto alla difesa, la
garanzia del diritto) non lo fosse più o, forse, non lo fosse più da tempo.
Passando però sotto silenzio nella routine quotidiana, nella routine del
cliente che ti racconta l'abuso subito, seguito dal consiglio del legale
(ma anche del giornalista più attento al quale uno si rivolge per
"denunciare"): "Lascia perdere, vedi di uscire, poi (se mai lo si farà) se
ne parlerà". Ecco il vero valore delle testimonianze e delle analisi
contenute in questo libro: raccontare nella maggioranza dei casi la
sorpresa e la rabbia nel capire che i diritti non sono poi così reali, ma
molto virtuali. Ripercorrendo la mia personale memoria di quasi trent'anni
di professione e di impegno sociale e politico in campi diversi,
l'esperienza del luglio 2001, se non si assopirà, potrebbe essere per gli
avvocati lo stesso spartiacque rappresentato dalle iniziative di
sensibilizzazione e di denuncia dei movimenti per la democratizzazione
delle caserme degli anni Settanta. Sotto la divisa, in quegli anni più di
oggi, i diritti scomparivano. Per chi era di leva e per chi era di
carriera, "raffermato" come si diceva all'epoca. Sotto la toga forense
spesso si è sempre solo visto (da parte dei cittadini, dell'informazione,
della magistratura) l'interesse economico, la parcella, la concorrenza, la
ricerca della tutela per i diritti di chi è già (si è già) ampiamente
garantito. Dall'estate del 2001 qualcosa è cambiato. Risvegliando quella
parte di professione che si era un po' assopita. Lo dico da giornalista,
perché per le "penne" è stata un po' la stessa cosa: si è risvegliata la
voglia del diritto ai diritti. Per tutti. Perché (lo sostengo e ripeto da
anni, lo riscrivo qui) chi non ha cultura dei diritti non potrà mai capire
i propri, né tutelare quelli degli altri.

Marcello Zinola
Segretario Associazione Ligure dei Giornalisti-Fnsi