[diariopalestina] isterica ilarita'




Da Fabio - Apgxxiii Palestina



"L'utopista accende delle stelle nel cielo della dignita' umana, non naviga
in un mare senza porti." (c. berneri)

01.06 - 10.06 [primogiugno/diecigiugno]

cosi' siamo ancora qui, a sud dela striscia di gaza, in una zona che vista
da una cartina sembra un barzelletta, suscitando isterica ilarita'. comincio
lentamente ad abituarci agli sguardi diffidenti, ai borbotti e agli scherni,
replicando con uguale "simpatia" impugnando l'arma della mia baresita'.
lentamente cominciamo ad entrare nella situazione anche se siamo ancora lontani dalla totale comprensione della dimensione di questo conflitto. abbiamo iniziato
una collaborazione con la sede locale dal centro per i diritti umani. la
nostra idea di presenza nell'area di khan younis piace al centro e la
collaborazione comincia gia' dal giorno successivo.
pensiamo di essere presenti non solo come osservatori per raccogliere le
storie della gente perche' diventino in italia testimonianza della sofferenza
del popolo palestinese, che fa meno notizia della miope follia del tritolo,
risposta violenta alla violenza. che genera e giustifica la successiva
"necessaria" repressione nazionista.
d'altra parte pensiamo che sia ugualmente importante giocarci il nostro
ruolo di internazionali nei territori occupati per esercitare una qualche
pressione (anche se minima visto il numero esiguo) difronte a quello che riteniamo
illegale (secondo i fondamentali diritti umani) nell'illegalita'
dell'occupazione: la demolizione delle case e la distruzione dei campi coltivati, talvolta
unica risorsa per le gia' stremate famiglie palestinesi, l'arbitrarieta' dei
militari che regolano il "traffico" ai check-point (il ridicolo semaforo di
abu holi o il "passaggio bestiame" di tufah per l'area palestinese-occupata
di al-mawasi) o il coprifuoco imposto alle famiglie le cui abitazioni sono
prossime all'area di sicurezza, non ancora sgomberate o demolite. in questo
allucinante contesto quindi cerchiamo di renderci attivi anche con gesti molto
semplici, che sono poi quelli di cui la gente ha bisogno e che piu' apprezza;
ad esempio fare protezione alle famiglie che vivono sotto coprifuoco vicino
alla by-pass road, sotto la minaccia di fucili dalla torretta e della goliardia
dei blindati e carri armati che di notte intimoriscono la gente. questo
pensiamo sia il modo migliore entrare nel conflitto e aiutare la gente a non
sentirsi sola.

qualche storia.

[centro sociale okkupato e mo' ko kazz nj cacciat]
hamad e la sua famiglia, quindici persone in tutto, abitano a ridosso della
by-pass road. maligno e' chi pensa che li abbiano demolito la casa, per
ragioni di sicurezza, oppure ordinato lo sgombero. niente di tutto cio'. il 15
novembre del 2000 i soldati sono entrati in casa e senza dare alcuna spiegazioni
hanno occupato il secondo piano e il terrazzo della casa. dal novembre 2000
la vita per hamad e la sua famiglia, come e' facile pensare, e' cambiata. non
e' concesso alla famiglia di lasciare la casa ovvero prima che qualcuno
esca, i soldati si accertano che ci sia ancora qualcuno in casa, quasi fossero
scudi umani. ogni volta che hamad o qualcuno della sua famiglia rientra in casa
viene perquisita, giusto per essere sicuri che non arrechino danni ai nuovi
vicini di casa. gli elmetti verdi e vuoti che hanno fatto di questa semplice
casa un vero e proprio avamposto militare (con tanto di telo mimetico, che fa
molto rambo) sono soliti gettare dalla finestra, in quello che una volta era
un giardino, i rifiuti delle loro porcate, cosi' da rendere l'aria
irrespirabile. nessuno puo' avvicinarsi alla casa eccetto i residenti, riconosciuti
dai cecchini posti sul tetto che hanno delle loro foto. i soliti maligni
parleranno di foto segnaletiche e invece no, e' solo una storia di tenero
vicinato... privati della loro unica fonte di sopravvivenza, la terra, vivono di
stenti e di cio' che uno dei loro figli, taxista, guadagna ogni giorno. i suoi
figli piu' grandi hanno dovuto abbandonare l'universita'. in questa precarieta'
economica e' assolutamente impensabile trovare un'altra casa da abitare, e
cosi' sono costretti a essere incarcerati in casa, continuamente umiliati e
scherniti dai soldati, nuovi padroni di casa. nella famiglia ci sono diversi
bambini, costretti a subire non solo l'umiliazione di avere la casa occupata ma
anche il coprifuoco che nella zona scatta dalle sei del pomeriggio fino alle
sei del mattino successivo e per andare a scuola tutte la mattine devono
attraversare la by-pass road, una delle tante strade speciali riservate ai soli
coloni e militari e che li collegano in un batter d'occhio al resto d'israele.
nella striscia di gaza una rete di strade speciali ha invaso quello che
teoricamente sarebbe territorio palestinese, una sovrastruttura urbana che
sovrapponendosi a quella gia' esistente non e' che causa di problemi per i
palestinesi (check-point e aree di sicurezza) che centrano l'obiettivo principale:
rendere impossibile la vita ai palestinesi.
la loro "non-vita" puzza di apartheid.
hamad, col volto di nonno arrugato e indurito dal sole e le mani che portano
i segni di terra sudata, si (e ci) chiede quale legge permette agli
israeliani di fare tutto questo. anche noi spesso ce lo chiediamo e non riusciamo a
darci risposte sensate a parte che: nessuna legge glielo vieta. la
cospirazione del silenzio della comunita' internazionale, ammutolita dai palesi consensi
statunitensi alla politica di sharon aggressiva e coloniale, meglio
fascista, non fanno che lasciare ampio spazio alla loro arroganza e alle loro
operazioni di "pulizia" spacciate per lotta al terrorismo ma che non sono che
terrorismo legalizzato. un toccasana quell'11 settembre...
per raggiungere la sua casa, percorriamo un sentiero in mezzo al "deserto"
tra le carcasse di alberi che un giorno dovevano essere verdi... percorriamo
quella terra che una volta hamad coltivava, la sua terra. ma per la sicurezza
dei coloni e' consentito distruggere e desertificare. piu' in fondo un alto
edificio, un mulino. ci dicono che e' una fabbrica palestinese ma non
riusciamo a capire per quale motivo c'e' una bandiera con la stella di davide che
sventola. poi notiamo i teli mimetici e deduciamo che anche il tetto della
fabbrica e' stata occupato. i palestinesi che vi lavorano vengono ogni giorno
perquisiti e talvolta non e' permesso loro di recarsi al lavoro... camminiamo
lentamente verso la casa, ma non ci avviciniamo piu' del dovuto. dal tetto
appostati dietro i teli mimetici qualche elmetto verde e vuoto ci scruta di certo.
che si fottesse. ci accolgono in un capanno di lamiere e tronchi di palme e
attorno ad un braciere tra narghila e un the' troppo caldo per non essere
bevuto (ed evitare ustioni alle mani) ci racconta quello che era cio' che ora
appare deserto, con alberi sradicati e giustiziati e le impronte di fetenti
cingoli di bulldozer e carrarmato. scherza sul suo piccolo nipote venuto a
"guardarci" raccontandoci che le sue crosticine sul naso sono morsi di topi e poi
ritornando serio ci dice: "la speranza è tanta ma il giorno che viene non è
migliore del precedente". e non possiamo dargli torto. tornando indietro,
fotografiamo fortuitamente la casa-avamposto mentre le donne stendono il bucato.
quella bandiera bianca con la stella di davide sventola imperiosa cosi' come
le mutande stese. con la differenza che almeno le mutande sono pulite.

[solo voy con mi pena ... clandestino]
amad ha vissuto da profugo in giordania fino a tre anni fa, quando e'
tornato in palestina per sposarsi. "iellato profugo senza terra", aveva una casa a
khan younis ma malauguratamente vicino alla by-pass road, cosicche' la notte
del 22 novembre del 2000 i soldati, senza alcun preavviso, gli hanno demolito
la casa e ad amad e a sua moglie e' stato concesso soltanto di portare pochi
oggetti personali. di contro, l'amministrazione di khan younis ha concesso
loro una nuova casa nell'area al-mawasi, il ghetto palestinese tra gli
insediamenti e il mare. per via della situazione la moglie di amad ha abortito tre
volte e ora e' al terzo meso di una nuova gravidanza. venuto dalla giordania,
amad non potrebbe piu' ritornarvi perche' entrato in palestina, attraverso i
confini controllati da israele, con un visto turistico di tre mesi (unica
concessione per i profughi rientrati) e per questo verrebbe direttamente
arrestato in quanto clandestino, posizione quantomeno sospetta in questo momento.

[quindicimetri]
salam abita vicino alla by-pass road come, ormai facile da intuire,
parecchie famiglie del villaggio di al-qarara. non ha moglie ne' figli e non li e'
concesso di lavorare i suoi 15 dolum di terra, questo perche' a quindici metri
da casa sua svetta la solita torretta militare. ogni sera dal megafono di una
jeep militare gli ricordano l'inizio del coprifuoco, come se non lo sapesse
gia', che finira' il mattino successivo. con quale autorita'?
oltre alle quotidiane intimidazioni dei soldati. tutto questo dall'inizio
della seconda intifadah, due anni fa.

[vegetarianesimo]
"friedrich nietzsche era vegetariano..."
amad b. ha una moglie e sei figli e la sua casa sorge a qualche centinaia di
metri dalla by-pass road, in quella che era la sua terra ma che ora e' area
di sicurezza. ad amad la casa non gliel'hanno demolita (non ancora) ma nella
notte del 30 novembre del 2000 i soldati demolirono, per le ragioni idiote
che sappiamo, il suo allevamento adiacente alla casa, sepellendo in una buca
tutti i suoi 3000 polli, unica risorsa economica per sostenere la famiglia che
ora vive grazie all'aiuto di amici e vicini. amad non ha mai creduto che i
suoi polli fossero una minaccia per israele, forse disturbava la quiete dei
soldati appostati a qualche decina di metri? o questa azione "dimostrativa"
rientra in una qualche campagna di sensibilizzazione sul vegetarianesimo?
israele combatte il terrorismo.
israele combatte l'abusivismo edilizio.
israele combatte l'inquinamento acustico.
israele combatte il colesterolo.
israele promuove la dieta vegetariana.
nella foga o nella cattiveria hanno distrutto anche tutti i suoi sessanta
ulivi e come se non fosse abbastanza ogni sera dalle 6 scatta il coprifuoco,
fino alle 6 del mattino successivo.
dopo averci raccontato la sua storia, amad ci invita per il giorno seguente
a passare la notte in casa sua, la nostra prima notte sotto coprifuoco. la
prima e non l'unica.
il giorno successivo, nell'ora e nel posto stabilito ci aspetta con la sua
auto sgangherata e il piu' piccolo dei suoi sei figli. la strada che
percorriamo la conosciamo gia', e' quella che porta alla casa del nostro amico m., il
macedone perdente. svoltiamo per l'ennesimo sentiero polveroso che porta
dritto alla torretta militare, "quella della casa di amad". per questo scendiamo
dalla macchina e continuiamo a piedi fino casa sua. qui ci accolgono i figli
piu' piccoli, elettrizzati dalla nostra presenza. poi, sfidando il coprifuoco
solo ufficialmente cominciato, facciamo un giro dell'area. scattiamo
fortuitamente qualche foto a cio' che resta dell'allevamento con lo sfondo di
torretta, dalla quale di certo ricambiano gli scatti fotografici. continuiamo il nostro giro fino a che non ci imbattiamo in un capanno di lamiere sotto c'e' un
gruppo di uomini seduti sulla sabbia attorno ad un braciere, in quella che
ci pare un'adunata sediziosa ma che non e' che un rituale. il villaggio di
al-qarara e' infatti abitato perlopiu' da famiglie di origine beduina e quello
che si consuma sotto quel capanno e a cui partecipiamo volentieri e' il
rituale del caffe', che si ripete tre volte al giorno. cosi' tra sorsi di caffe'
riscaldato sui carboni, un po' di inglese inciampato e le solite discussioni
filosofico-politiche che sfociano nell'amara constatazione "che situazione di
merda" incalza la sera e viene il buio che sancisce l'inizio effettivo del
coprifuoco. cosi' torniamo a casa, questa volta aggirando meglio la torretta.
una volta entrati nella loro umile ma dignitosa casa, non ci resta che farci
sommergere dall'accoglienza palestinese, deglutendo the' dolcissimi o caffe'
amarissimi, senza la possibilita' di contrarre un muscolo facciale, essendo
sotto totale osservazione della moglie di amad e delle sue due figlie piu'
grandi, che quando proviamo a guardare o azzardiamo un sorriso o un cenno della
testa abbassano lo sguardo, ma questi sono meccanismi per noi ancora difficili
da mangiare giu'. ci consoliamo con i figli piu' piccoli di amad dai quali
apprendiamo un po' di arabo e da cui ascoltiamo le filastrocche in inglese,
applaudendo compiaciuti. poi dopo cena (a cui non sono invitati nessuno della
famiglia a parte il capofamiglia) ci passa sotto gli occhi l'idiozia della
televisione italiana e ci accorgiamo che non ci manca affatto, finche' non
comincia guerre stellari su raidue. ma la nostra pazienza televisiva dura poco e
preferiamo sostituire a ian solo prima il "magnifico" spettacolo, che spiamo
dalle finestre socchiuse, del polverone di sabbia sollevato da un carro armato
che passa a qualche centinaia di metri dalla casa e dai racconti di amad. ci
sorprende la sua compostezza e la sua dignita' nonostante la sua condizione
miserabile. amad non serba rancori e si dice totalmente contrario alla
strategia degli attentati suicidi contro civili israeliani che ritiene
controproducente per la causa di tutto il suo popolo, la terra e la liberta'.
eppure mi riesce difficile comprendere la sua pazienza e il suo coraggio e
mi vengono in mente le faccie dei benpensati truccate da cipria e lifting che
parlano dei palestinesi come di un popolo di terroristi.
mi addormento con le parole di amad che mi ronzano intorno (o forse sono le
zanzare che ronzano e i pensieri che mi rotulano in testa silenziosi).
al mattino al-jazeera ci annuncia l'attentato suicida contro un pullman di
civili a megiddo.

"portami via da questo mondo assurdo, dalle illusioni e dai percorsi
ereditari. portami dentro un alveare o in un baco da seta, lontano dal mio popolo e
anche dal mio vicino che mette sempre il giradischi" (f.battiato)

[il macedone perdente - parte seconda]
andiamo a trovare m., il macedone perdente, nella sua "nuova" casa. mentre
ci parla in serbo-croato i suoi occhi si fanno di nuovo lucidi. non riesce a
darsi pace, come dargli torto... ci dice che l'altro giorno ha tentato di
tornare a casa sua, che non e' ancora stata demolita, per cercare di portare via
le porte e le finestre e qualche altro oggetto personale lasciato. prima che
potesse raggiungere l'uscio di casa con sua moglie vengono fermati dai
militari che dall'avamposto gli intimano di non proseguire. m. parla con un
militare e chiede di parlare con un superiore, gli dice che vuole ritornare a casa
per portare via ancora delle cose ma l'ufficiale non glielo permette.
continuano a discutere e poi, con parole falsamente amichevoli, esprime i suoi
apprezzamenti nei suoi confronti, nei confronti dei palestinesi "con un minimo di
cultura" (ma lui chi cazzo e'?) e gli ricorda che israele e' un paese
democratico e se vuole potra' ritornare per una volta a casa sua, solo tramite un
avvocato all'alta corte israeliana.

"in guerra nessuno e' matto. (...) in guerra nessuno e' intelligente."

buonastrada, fabio