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articolo su 185 su Secolo XIX
- Subject: articolo su 185 su Secolo XIX
- From: f.martone at senato.it (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Tue, 21 May 2002 17:31:42 +0200
Egregio Direttore, leggo con molto piacere sul Secolo XIX del 14 maggio scorso, l'importante articolo di Aldo Forbice sulla legge in discussione alla Camera sulla ratifica dell'Accordo di Farnborough e sull'annessa ipotesi di modifica dell'articolato dell'attuale legge 185 che regolamenta le modalità di controllo parlamentare sull'esportazione di armi leggere da parte del nostro paese. Vorrei cogliere l'occasione per contribuire al dibattito su tale spinosa questione, che mi vedrà, insieme ai miei colleghi del Senato, coinvolto in prima persona appena la legge verrà licenziata alla Camera. Tra le questioni, cruciali, che il dibattito sulla legge in questione sottende, ne emergono alcune che sono intimamente connesse con i meccanismi e le dinamiche della globalizzazione economica e finanziaria. Per amor di sintesi ne citerò tre. La prima è la stretta correlazione che esiste tra liberalizzazione del mercato delle armi leggere e sfruttamento delle risorse naturali, con i conflitti ad esso associati. Il tema, che purtroppo non è all'ordine del giorno della prossima conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente che si terrà a Johannesburg il prossimo settembre, è stato al centro di un interessante articolo di Michael Renner, comparso sull'ultimo rapporto del Worldwatch ora disponibile anche in Italia. Per meglio comprendere, basterà ricordare il caso denunciato da Greenpeace Italia delle importazioni di legname tropicale dalla Liberia, estratto illegalmente, i cui proventi vengono poi utilizzati dal governo per acquistare armi con le quali alimentare la guerra civile in corso, o il caso denunciato da Global Witness sul ruolo delle multinazionali petrolifere nel "coprire" le importazioni illegali di armi nell'enclave di Cabinda, teatro non solo di una grave devastazione ambientale ma anche di una sanguinosa guerra civile. Il controllo sulle esportazioni di armi deve pertanto andare di pari passo con un impegno volto ad affrontare queste forme di illegalità internazionale attraverso la messa in atto di normative internazionali vincolanti che da una parte proibiscano il commercio di legname estratto illegalmente e dall'altra elaborino una convenzione vincolante sulle attività delle imprese multinazionali. Questo però non basta. Il commercio non è la sola leva da usare. Anche nel settore finanziario andranno presi impegni chiari e vincolanti. Ad esempio per quel che concerne le banche cosiddette "armate". Secondo i dati della Campagna nazionale Banche Armate" (www.banchearmate.it), "Dalla relazione annuale al Parlamento sull'export di armi, in attuazione alla legge 185/90, risulterebbe che nell'anno 2001 sono state rilasciate complessivamente 583 autorizzazioni per transazioni bancarie, delle quali 503 per operazioni di esportazione di armi e tecnologia ad esse applicata per un valore di 610milioni 574mila euro (pari a circa 1.200 miliardi di lire). Sono quattro gli istituti di credito che si sono aggiudicati il 57% delle transazioni bancarie; tra queste le "fedelissime" Banca Nazionale del Lavoro (17,1%), Banca di Roma (11,7%) e Credito Italiano (9%), ma colpisce in particolare Bipop-Carire che per il 2001 si aggiudica il primo posto (con il 19,4 % delle transazioni) tra gli istituti finanziari che fanno da appoggio a tale commercio." Terzo tema portante riguarda la correlazione tra debito estero dei paesi in via di sviluppo e a medio reddito , e le esportazioni di armi. Le norme approvate a livello internazionale per la cancellazione del debito estero, proibiscono ai paesi beneficiari di usare i fondi liberati dalla cancellazione o riduzione del loro debito per l'acquisto di armi. Eppure l'Italia continua a vendere anche a paesi poveri, inclusi quelli direttamente coinvolti nei negoziati multilaterali per la cancellazione del debito da parte di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale. Un paradosso questo, ulteriormente aggravato dal fatto che l'Unione Europea, nella sua attuale linea politica nei confronti dei paesi in via di sviluppo ha lanciato una iniziativa "Everything but arms", cioè di liberalizzazione degli scambi commerciali con quei paesi, ad eccezione delle armi. Continuare a vendere armi anche a quei paesi sembra essere una grave contraddizione politica e non solo. Insomma attorno alla 185 si gioca una partita estremamente complessa e rilevante per quanto concerne tutta la politica estera del paese, che non può e non deve ridursi a mera appendice di interessi commerciali o finanziari, ma essere portatrice di valori basati sulla promozione e la affermazione dei diritti umani fondamentali. Riuscire a bloccare la revisione della 185 proposta dal Governo sarà un importante passo verso questa direzione. Distinti saluti Senatore Francesco Martone Capogruppo Verdi ? Commissione Affari Esteri Segretario Commissione Diritti Umani del Senato
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