Comunicato Stampa GLF 13.04.02




Genova, 13 aprile 2002<?xml:namespace prefix = o ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:office" />


Comunicato Stampa




300.000 Black Bloc!

Lascia esterrefatti l'ordinanza del Tribunale genovese che, giudicando dopo l'intervento della Cassazione, ha ritenuto che i teatranti del gruppo austriaco Volksteaterkarawane fossero complici morali dei Black Bloc e dunque compartecipi delle loro malefatte.

Il provvedimento si distingue non solo per un nugolo di errori in punto di fatto e per la leggerezza con cui evita di prendere in considerazione i moltissimi elementi a favore degli indagati, ma per il suo asse portante: essere stati a Genova nelle giornate del 20 e del 21 luglio scorsi, pur non avendo commesso alcuna devastazione o saccheggio (perché, almeno questo, la sentenza riconosce anche ai malcapitati austriaci), significa essersi schierati coi facinorosi, se non si è fatto alcunché per fermarli.

Bisogna convenire, allora che gli austriaci sono in buona compagnia: all'incirca trecentomila altri manifestanti pacifici. Ma il provvedimento si segnala anche perché dal "concorso morale" alle devastazioni fa discendere una compartecipazione all'associazione delittuosa Black Bloc, stante che non si potrebbe chiedere al giudice di indagare se effettivamente costoro fossero o meno collegati con altri gruppi eversivi. Inutile ricordare a questi giudici che proprio questo è il compito di chi deve giudicare di un'associazione.

L'ordinanza, però, bontà sua, riconosce che oggi ormai la carcerazione per gli austriaci sarebbe un non senso. Ovvio, naturalmente. Ma ci viene il dubbio che questo sia stato l'escamotage per evitare che i giovani e i loro difensori possano ricorrere in Cassazione contro un'ordinanza così aberrante, sul piano giuridico e su quello politico.

Perché, sia ben chiaro che anche coi provvedimenti giurisdizionali si fa politica: ci si schiera coi manifestanti pacifici, oppure con le violenze delle forze dell'ordine. Meravigliano, infine, le prese di posizione dei colleghi del Consiglio dell'ordine rappresentati da Di Rella, che contrappone le giornate di Genova a quella del 23 marzo a Roma, dimenticando la fondamentale differenza fra le due, consistita nel diverso atteggiamnto delle forze dell'ordine e soprattutto di chi le comandava.

Auspichiamo che i PM chiudano questa indagine al più presto, così che si possa andare velocemente al confronto dibattimentale e verificare l'inconsistenza degli indizi e delle argomentazioni del giudice del rinvio.



Per il Genoa Legal Forum

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dal testo della sentenza di riesame (pag. 27)
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Ne quella manifestata nell'occasione dai ricorrenti sembra essere consistita in una mera connivenza, caratterizzata da una semplice adesione interna ad una altrui condotta penalmente rilevante che non arrechi alcun contributo alla commissione del reato (c. Cass., sez. VI, n° 7985 del 24.8.1993, Menzio): qui l'adesione alle attività di saccheggio e devastazione è stata tutt'altro che interna, ma addirittura proclamata all'esterno scendendo in piazza con gli stessi simboli adottati dagli autori di quei delitti per coprire le proprie gesta dietro l'anonimato di indumenti neri, idonei a renderli riconoscibili soltanto come "massa" e non come individui. Di connivenza, in senso giuridico, potrebbe parlarsi per i tanti che, in piazza per manifestare pacificamente, hanno mantenuto un atteggiamento meramente passivo di fronte ai gruppi di devastatori, nemmeno troppo numerosi, che hanno agito indisturbati davanti ai loro occhi, pur avendo la possibilità - ma non anche il dovere giuridico - di tentare di bloccarli: ma i ricorrenti non sono rimasti semplici spettatori passivi, in quanto hanno scelto di aderire - indossandone la simbolica uniforme - allo "spirito", e con esso alle gesta in cui questo s'è incarnato, che ha animato l'attività delle torme di "Black Bloc".

Partecipare alle manifestazioni del 20 e del 21 luglio con la loro caratteristica divisa, al di fuori di qualsiasi esigenza scenica ed in contesti di spazio e di tempo nei quali era già emersa appieno la potenzialità distruttrice di quella gente, ha significato esprimere una pubblica adesione nei loro confronti; moltiplicare, di fatto, l'apparente "consenso" della piazza - in tal modo puntellata di un numero maggiore di "tute nere" - a favore degli autori materiali delle gravi azioni criminose realizzate ai danni di beni di proprietà pubblica e privata; far percepire loro un avallo, se non addirittura una protezione, rispetto a possibili atteggiamenti ostili ad opera dei manifestanti pacifici che avessero inteso ostacolarne l'opera di devastazione di intere zone della città, e che infatti, non a caso, se ne sono astenuti.

Il contributo dei ricorrenti, insomma, ha senz'altro concorso - quand'anche non ne restasse provata una diretta partecipazione materiale a singole condotte, peraltro carente di riscontri nella stessa impostazione accusatoria - a rendere i "BIack Bloc" più sicuri della loro impunità, più certi di poter contare sull'inerzia della "piazza" e di poter continuare nelle proprie attività di guerriglia urbana. Un apporto assai rilevante, dunque, perché è stato anche il mancato isolamento dei "BIack Bloc" da parte della piazza, ed anzi il loro riassorbimento nelle file dei manifestanti pacifici - poco importa se per paura, ignavia od altre ragioni -, a consentire alla massima parte dei più facinorosi di tornarsene indisturbati alle proprie occupazioni al termine del vertice G8, unitamente all'inesperienza ed alle oggettive carenze manifestate dalle forze dell'ordine nell'affrontare questo fenomeno criminoso fino a quel momento inusitato per il nostro Paese, almeno in quelle forme così virulente.

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