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su palestina da opcol
- Subject: su palestina da opcol
- From: operazione colomba <operazione.colomba at libero.it> (by way of Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
- Date: Thu, 11 Apr 2002 17:44:03 +0200
Ciao a tutti, ci scusiamo per il fatto che da un po' di tempo non ci siamo fatti sentire. Alcuni di noi sono in Palestina, tentando di dare il cambio ai volontari di action for peace a Ramallah o dove ce ne sia bisogno, se vi interessa queste sono due righe di considerazioni su quello che sta succedendo laggiù, a presto alberto
E noi? La guerra in terra santa in questi giorni ha creato una forte divisione nell'opinione pubblica : una parte appoggia la lotta di liberazione del popolo palestinese fino ad approvarne anche le espressioni più estreme, come si è visto nella manifestazione di roma , l'altra è pronta a giustificare le azioni dell'esercito israeliano, pur ammettendone la durezza eccessiva, in nome della "sacra" lotta al terrorismo. La guerra con la sua logica ferrea comanda anche da noi , lasciando aperte solo tre possibilità: con Israele, con i palestinesi , indifferenti La faccenda è complicata dalle reciproche scomuniche che le fazioni si lanciano: criticare il governo Sharon può diventare segno sicuro di antisemitismo, guardare con simpatia alla debolezza ed alle giuste richieste palestinesi una forma di complicità con il terrorismo Nonostante questo molti hanno chiaro che in questa crisi sono in gioco oltre che il destino di due popoli anche molte delle possibilità di convivenza attuale e futura tra il mondo occidentale e quello mussulmano. Israele rappresenta in pratica un modello per l’occidente nel rapporto con il terzo mondo : con la sua democrazia "perfetta" per chi è ammesso a farne parte preoccupata di garantire ed aumentare e difendere il benessere di chi ne è all’interno e pronta ad imbracciare le armi per assicurarsi le risorse e per tenere lontani i poveri che la circondano , proclamando ad alta voce l’impegno nella lotta a l terrorismo con tutti i mezzi e accaparrandosi in silenzio terra, acqua e risorse a scapito dei più deboli. Quanto ci somigliate fratelli israeliani! E la pace ? E’ possibile costruire la pace o l’unica logica realistica è quella della vittoria del più forte ? E quale ruolo abbiamo noi persone normali, c’è concesso solo scegliere per chi tifare, chi odiare ? Alla guerra contro la pace, come l’ha definita il Papa, occorre rispondere Proviamo a suggerire tre direzioni La prima : la pace ha bisogno di verità, come la guerra si nutre di propaganda, di menzogna. Non basta dire che tutti hanno sbagliato, occorre ricercare ed evidenziare le radici dell’ingiustizia: a noi sembra di poter indicare nell’occupazione militare israeliana dei territori palestinesi, espressione di una politica coloniale interessata alla terra ed alle sue risorse, l’ingiustizia principale da cui discendono le mille altre, da entrambe le parti. Abbiamo visto come vivono i palestinesi, prigionieri in casa propria, in una rete di ferro fatta di soldati che sono ovunque, di posti di blocco, carri armati, zone off-limits, perquisizioni continue: se Sharon ritiene che in questo modo si combatte il terrorismo i fatti dicono che si sbaglia, non è umiliando i civili in mille maniere che si toglie consenso alla politica dei martiri , pronti a farsi esplodere e ad uccidere innocenti . Riconoscere questo non significa essere antisemiti, altrimenti lo sarebbero anche i quattrocento militari israeliani che si rifiutano di prestare servizio nei territori occupati : "questa non è lotta al terrorismo, dicono, è occupazione militare di una terra non nostra."E' solo un sogno sperare che si affidi ad un processo di riconciliazione a partire dalla verità invece che alla forza armata l' aspirazione alla pacifica convivenza ed alla libertà dei due popoli come chiedono i nonviolenti israeliani?
La seconda : in questo momento è fondamentale un intervento esterno, non schierato a favore di una delle due parti ma con forza e decsione contro la violenza da qualsiasi parte venga .Oggi tutto il confronto è affidato allo scontro militare : alla fine avremo solo una ingiustizia più grande ed ostacoli ancora più grandi alla convivenza. E’ proprio in questa fase che è indispensabile che la comunità internazionale si metta in mezzo, interceda, pronta ad ascoltare le paure di chi ha sofferto la Shoà e teme che si ripeta e la richiesta di libertà di chi ha perso tutto e non ha mai avuto uno stato, ma anche decisa a rifiutare e condannare che degli innocenti come donne e bambini diventino obbiettivi militari o di rappresaglia. Terza ed ultima; Anche la pace, e con l’urgenza di chi si trova a far i conti con la vita e la morte , ha bisogno di "soldati" disarmati disposti a entrare nelle zone di guerra; pronti a tutto, anche a rischiare la propria vita ma non a sostenere la violenza . E’ il momento che le azioni di intervento dei civili in guerra non siano più una testimonianza, un’ utopia , ma una proposta concreta per riportare il confronto su un piano di dialogo e non di duello armato. E’ il momento dicostruire una convivenza a partire dalle vittime, da chi ha perso qualcuno di caro in guerra , da chi paga con il carcere o con la vita la scelta di non odiare e di non uccidere. Questa possibilità è nelle nostre mani, non dipende da altri che da noi, dalle nostre scelte personali. Centinaia di persone in questi giorni hanno difeso pacificamente l’ospedale di Ramallah, altri sono pronti a dar loro il cambio, sfidando la guerra a viso aperto con la presunzione come civili di non essere vittime ma costruttori di pace. E noi? Alberto capannini, comunità papa giovanni xxiii - operazione
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