Lettera aperta agli israeliani di un intellettuale cristiano palestinese



Care amiche, cari amici, credo che non possa esservi persona di buona
volontè che non si commuova per questo documento: per questo vi prego di
diffonderlo a tutti i vostri corrispondenti.
ettore masina

Lettera aperta agli israeliani di un intellettuale cristiano palestinese

Ghassan Andoni è docente di fisica all'Università palestinese di Bir Zeit
ed è un attivo esponente della resistenza non violenta.
Come dimostra il cognome, è cristiano. Cosa di relativa importanza in sé,
ma è bene ribadirlo per coloro che vedono in ogni arabo un musulmano e in
ogni musulmano un extraterrestre.

1 Marzo 2002

Voglio concedervi il beneficio del dubbio e pensare che dopo 35 anni di
occupazione, non avete ancora idea di cosa stia succedendo nel cortile di
casa vostra. Non vi siete mai accorti del livello di tolleranza e di
pazienza che i palestinesi hanno avuto verso la vostra occupazione
militare. Invece di cogliere l'occasione e cercare di arrivare a una
conclusione decente del conflitto, la vostra avidità è aumentata, il vostro
dominio si è fatto più severo, il vostro livello di controllo era
soffocante e lo è ancora. I vostri sogni disumani di prendere di più quando
noi non eravamo più in grado di dare sono cresciuti. Io spero che vi
ricordiate ancora dei tempi in cui la manodopera palestinese a basso costo
ha fatto di voi dei padroni, in cui noi eravamo il vostro secondo mercato,
in cui avete consumato con piacere la nostra acqua, in cui ci avete
espropriato la maggior parte della terra e in cui noi vi abbiamo solo
guardato con occhi tristi, nella speranza che avreste desistito.

Vi ricordate ancora di ciò che ci avete fatto quando eravamo tranquilli,
quando non resistevamo, quando con lo sguardo triste facevamo appello alla
vostra umanità e alla "buona volontà" del mondo? Sono sicuro di sì. I fatti
evidenti non si possono nascondere. Ciò che non riuscite a capire è questo:
non potete uccidere la speranza e rubare il futuro di una nazione
orgogliosa, e aspettarvi che quella nazione vi sia grata. Per quanto vi
possiate inebriare di potere, non potrete mai vincere questa guerra.

Sapete quale è stata la cosa più dolorosa di tutte? È stato ascoltare i
vostri dirigenti. Prendiamo ad esempio il vostro eroe della "Gerusalemme
Unita", Ehud Olmert, con la sua campagna sistematica per cacciarci da
Gerusalemme e inondarla di altra gente. Ogni volta che abbiamo taciuto, o
che abbiamo protestato a bassa voce, lui ha detto: "Vedete, ve l'avevo
detto che non era il caso di preoccuparvi delle reazioni palestinesi, di
temere che la nostra campagna a Gerusalemme avrebbe portato a un conflitto
o al versamento di sangue. Gli arabi o sono contenti di ciò che facciamo,
oppure in fondo sanno che non ci possono sfidare." Eppure, ogni volta che
non riuscivamo più a sopportare le vostre politiche disumane, ogni volta
che abbiamo protestato o manifestato la nostra ira, lui diceva: "Vedete, ve
lo avevo detto che non dovevamo permettere loro di dettarci ciò che
dobbiamo fare e ciò che non dobbiamo fare. Dobbiamo fare di più per
convincerli che la loro violenza non paga". E tutto questo lo chiamavate
felicemente la "Risposta sionista".

Era il vostro modo tpico di trattarci. Se stavamo tranquilli, ci
spremevate di più e se resistevamo ci spremevate lo stesso. Ma dove
pensavate che tutto questo ci avrebbe portati? L'unica possibilità che
avevamo era di aumentare la resistenza. Chiudendo completamente la porta
alla speranza e aumentando ciecamente la brutalità dell'occupazione, si
gettano le basi di una guerra aperta. Tutti gli occupanti hanno commesso
questo errore, e voi pure.

Quando gridavamo che le vostre colonie ci soffocavano, o ci ignoravate o ci
accusavate di essere contro gli ebrei. Avete sempre creduto che imporre
situazioni molto dure sul terreno fosse il modo giusto di trattare gli
"arabi". Ogni volta che abbiamo gridato che Gerusalemme era molto cara
anche a noi, voi avete portato avanti ulteriormente i vostri piani per
cacciarci dalla città che amavamo e per vietarci persino dal farle visita.
Avete sempre pensato che quello fosse il modo giusto di fare. Avete sempre
pensato che fosse naturale per i palestinesi adattarsi alle necessità e
all'avidità d'Israele. Non avete mai pensato di prestare la minima
attenzione all'effetto che le vostre "necessità" avevano su di noi, né vi
siete mai chiesti se eravamo in grado di convivere con esse. Non si tratta
di nulla di nuovo, di nulla di specialmente vostro: tutti gli occupanti
raggiungono questo stato di cecità ed è per questo che tutti loro hanno
perso.

Il vostro problema però è ancora più grave. A differenza degli inglesi o
dei francesi, non potete prendere su la vostra roba e andarvene. Proprio
come voi vi trovate nel cortile di casa nostra, noi ci troviamo in quello
di casa vostra. Se riuscite ad aprire gli occhi e la mente, vi renderete
conto che potrete vivere solamente se anche noi potremo vivere.

Anche quando avete cominciato a rendervi conto che non era possibile
cacciarci con la forza dal nostro paese, e avete capito che eravamo troppi
da poterci annettere, proprio allora avete voluto che noi ci adattassimo
ancora di più. Le vostre impsizioni erano insopportabili. Era così che
ragionavate: "voi dovete scendere dalle nostre spalle mentre noi
continuiamo a sederci sulle vostre." Anche dopo questo lungo periodo di
diretta occupazione militare, volevate che noi accettassimo di essere umani
a metà, di avere diritti umani a metà, di avere diritti civili a metà e di
accettare di non aver alcun diritto nazionale. Pensavamo che grazie alla
vostra storia, sareste stati il popolo più sensibile al mondo ai diritti
dei popoli che vivono dentro altre nazioni, o sono controllati da altre
nazioni. Abbiamo sbagliato totalmente. L'unica lezione che avete appreso
dalla vostra tragedia è stata questa - "dovrà essere qualcun altro e non
noi a soffrire." Non era, "non dovrebbe succedere mai più a nessuno".

Sapete, l'umanità ha sofferto molto per colpa di quelli che avevano il
potere e si sono comportati come se fossero superiori a tutti gli altri.
Riuscite a guardarvi allo specchio e riconoscere ciò che vedete? Riuscite a
fermarvi un attimo ed esaminare ciò che le vostre pretese e la definizione
che date dei vostri diritti significano per gli altri?

Ce la fate a smetterla di essere gli unici intelligenti e pensare che tutti
gli altri siano stupidi? Quando ci siamo impegnati nelle trattative di pace
alla ricerca di una coesistenza pacifica, voi non avete mai negoziato con
noi. Avete negoziato tra di voi e poi ci avete informati. E quello che ci
dicevate era, "questo è quanto, prendere o lasciare". Avete sempre pensato
a noi come se fossimo dei minorenni, degli inferiori, un problema tra i
tanti che voi avete. Allo stesso tempo, pensavate che noi fossimo ciechi.
Pensavate che non potessimo vedere quanto avevate sfruttato il tempo che
duravano i negoziati, che non potessimo accorgerci che le zone occupate
dalle colonie erano raddoppiate, come sono raddoppiati i vostri
"ambasciatori" tra di noi, i fanatici più estremisti della vostra società
(che voi chiamate coloni). Ricordatevi che non potevamo essre ciechi,
perché anche se non riuscivamo a vedere le belle case in stile europeo in
cima a ogni collina attorno a noi, riuscivamo comunque a sentire come
quelle colonie e le strade che le servivano avevano trasformato le nostre
vite in un inferno.

Sapete, il senso di superiorità va sempre di pari passo con l'arroganza.
Sapete cosa prova un palestinese anziano e rispettato quando i vostri
adolescenti armati e arroganti lo guardano con disprezzo? Avete mai provato
anche voi questa sensazione dal vostro passato? Ci avete mai guardato come
persone che hanno un loro orgoglio e una loro dignità? Pensando alla nostra
esperienza con voi, ne dubito.
Di una cosa potete essere certi. Non possiamo sopportare di essere tenuti
come ostaggi mentre decidete tra di voi cosa volete e cosa intendete fare
di noi.

Io non so come fare appello a voi. Ci ho provato per quindici anni. Io
credo che prima di poter porre termine a questo sanguinario conflitto,
dobbiamo guardarci attentamente allo specchio, per definire chi siamo e
cercare di camminare nelle scarpe dell'altro, per poter vedere oltre noi
stessi.

Spero che abbiamo ancora il tempo per farlo.


Ghassan Andoni
The Palestinian Centre for Rapprochement between People
64 Star Street, P.O.Box 24
Beit Sahour - Palestine
www.rapprochement.org


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http://www.kelebekler.com -
e che si pubblichi anche questa precisazione