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La nonviolenza e' in cammino. 347
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 347
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 10 Feb 2002 17:48:02 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 347 del 10 febbraio 2002 Sommario di questo numero: 1. Nanni Salio: guerre e terrorismi, le alternative della nonviolenza 2. Valerio Magnani, una campagna per evitare che venga stravolta la legge 185/90 3. Pax Christi e Associazione obiettori nonviolenti: un appello ai parlamentari per fermare i mercanti di morte 4. Amnesty International contro la modifica della legge 185/90 5. Giobbe Santabarbara, per il disarmo e per la chiarezza 6. Venticinque anni di attivita' del Centro Impastato 7. La dichiarazione di obiezione di 53 militari israeliani contro l'occupazione dei territori e la repressione del popolo palestinese 8. Alessandro Dal Lago: Bourdieu, l'ultimo maestro 9. Mary Catherine Bateson, come si deve 10. Lunedi a Verona incontro sulla nonviolenza di Lanza del Vasto 11. Programma di un corso di educazione alla pace a Gubbio 12. Aggiornamento del "COS in rete" 13. "Pacedifesa", newsletter del Centro studi difesa civile 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. NANNI SALIO: GUERRE E TERRORISMI, LE ALTERNATIVE DELLA NONVIOLENZA [Nanni Salio, segretario dell'IPRI (Italian Peace Research Institute), si occupa da diversi anni di ricerca, educazione e azione per la pace, e' tra le voci piu' autorevoli della nonviolenza in Italia. Tra le opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, Perugia; Scienza e guerra (con Antonino Drago), Edizioni Gruppo Abele, Torino 1982; IPRI, Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; IPRI, I movimenti per la pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Le guerre del Golfo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, 2001. Per contatti: Centro Studi Sereno Regis, via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824, fax: 0115158000, e-mail: regis at arpnet.it, sito: www.arpnet.it/regis] La domanda e' sempre la stessa, posta in modo un po' sbrigativo: che cosa fareste voi, fautori della nonviolenza, di fronte al terrorismo o al dittatore di turno? La questione e' mal posta perche' tende a ignorare, spesso volutamente, la dimensione storica: enfatizza solo gli eventi e non prende in considerazione i processi che li generano. In questo modo impedisce di vedere le alternative: contribuisce a creare una coazione a ripetere (gli stessi errori!) e porta a sostenere profezie negative che si autogiustificano. Inoltre, vengono ignorati altri due aspetti assolutamente fondamentali: primo, coloro che sostengono che "ci sono alternative" non hanno potere decisionale; secondo, non viene spesa neppure una sola lira (o un solo euro) per costruire le alternative ai modelli, peraltro fallimentari, di intervento militare. Dateci anche solo meta' del bilancio militare e vedremo se le soluzioni che proponiamo sono solo sogni astratti di idealisti velleitari e ingenui oppure se permetteranno di ottenere risultati migliori di quelli sinora raggiunti. Come amano dire i militari: "poche chiacchiere, mettete mano al portafoglio". Dovrebbe essere ormai chiaro (ma ahime' non lo e' ancora abbastanza) che con lo stesso paradigma, con la stessa medicina, non si curano i malanni che sono conseguenze di diagnosi e di terapie sbagliate. La verifica e' immediata: se lo scopo della guerra lanciata dall'amministrazione Bush il 7 ottobre scorso era quello di catturare Bin Laden e il mullah Omar, il risultato e' stato quanto mai deludente. I due principali ricercati si sono volatilizzati, e la gigantesca macchina mediatica messa in moto per convincere l'opinione pubblica della bonta' della guerra li ha trasformati in eroi agli occhi di molti diseredati. Oggi, quella stessa macchina ha l'ordine di non parlarne piu', per non affrontare le ragioni reali della guerra e quelle dell'insuccesso. Se invece lo scopo, non dichiarato ma reale, era quello di continuare il "grande gioco" iniziato nell'800, oppure giocare alla "grande scacchiera" per controllare l'Eurasia, secondo quanto teorizzato da Brzezinski, allora gli USA sono certamente riusciti a mettere piede (e installare basi aeree) nell'Asia Centrale. Le tecniche della nonviolenza non servono a imporre progetti di dominazione, come quello esposto nei documenti del Pentagono o del Dipartimento di Stato USA (fra i tanti, la Quadriennal Defense Review), ma hanno ampiamente dimostrato di essere straordinariamente efficaci contro strutture di potere autoritarie e totalitarie ben definite. I casi che si possono citare sono assai numerosi, ben noti e ampiamente studiati nella letteratura internazionale sull'argomento: dall'India, all'apartheid in Sudafrica, alle Filippine, al crollo dei sistemi autoritari nei paesi dell'Europa dell'Est culminato il 9 novembre 1989, alle molteplici e significative lotte di resistenza civile anche durante il nazifascismo (le uniche che abbiano effettivamente permesso di salvare centinaia di migliaia di ebrei). Gli attentati dell'11 settembre hanno chiaramente messo in evidenza che il modello di difesa offensivo costruito dalle superpotenze durante la guerra fredda, e ulteriormente incrementato dagli USA dopo l'implosione dell'Unione Sovietica, non solo non ha contribuito a rendere gli Stati Uniti piu' sicuri ma, al contrario, ha provocato una reazione di blowback, un contraccolpo terribile che nessuno scudo stellare avrebbe potuto impedire. Se il Pentagono, il Dipartimento di Stato, l'FBI e la CIA fossero gestiti come normalmente avviene in aziende private, i loro dirigenti sarebbero stati immediatamente licenziati. Nonostante siano foraggiate con fondi stratosferici, tutte queste istituzioni non sono riuscite a impedire un evento altamente prevedibile. Nessuna delle pur molteplici alternative possibili alla guerra intrapresa dagli USA, che ha provocato un numero di vittime civili almeno pari se non superiore a quello degli attentati alle torri gemelle e al Pentagono e un numero imprecisato di morti tra i combattenti, permette di ottenere risultati immediati, perche', come gia' si e' detto, e' necessario invertire un processo e questo richiede tempo. Non possediamo nessuna bacchetta magica, ma siamo in grado di individuare una serie di passi per una politica ben piu' ragionevole e con maggiori probabilita' di successo di quella intrapresa. Passiamola rapidamente in rassegna, esaminando i dodici principali modi con cui e' possibile "fare la pace senza fare la guerra". 1. Giustizia senza vendetta: la ricerca dei colpevoli, dei perpetratori, non solo materiali, ma anche dei mandanti, e' compito di un organismo sovranazionale e non di una singola parte. Gli USA si sono finora opposti alla costituzione di un Tribunale Penale Internazionale sui crimini contro l'umanita': cambieranno idea dopo l'11 settembre? Giuridicamente, questi attentati sono un crimine contro l'umanita' e non un atto di guerra, e come tali devono essere affrontati. 2. Negoziazione: uno dei principi cardine della trasformazione nonviolenta dei conflitti e' la non demonizzazione dell'avversario e l'analisi corretta delle sue richieste. Che cosa ha chiesto Bin Laden nel corso della sua dichiarazione trasmessa dalle TV di tutto il mondo? Tre sono i punti essenziali, tutti quanti non solo negoziabili, ma di tale rilevanza che da tempo avrebbero dovuto essere affrontati: definitiva risoluzione del conflitto Israele-Palestina; cessazione dell'embargo e dei bombardamenti sull'Iraq, con lo stillicidio di morti che mensilmente sono almeno pari a tutte le vittime dell'11 settembre; abbandono delle basi USA in Arabia Saudita e piu' in generale nei paesi arabi. 3. Costituzione di una commissione internazionale per la verita', la giustizia e la riconciliazione: questa commissione potrebbe cominciare a funzionare a partire da ONG e gruppi di base, sulla falsariga di quella promossa in Sudafrica da Nelson Mandela e Desmond Tutu, coinvolgendo in un secondo tempo le istituzioni statali e sovranazionali. Un piccolissimo ma significativo esempio e' la coraggiosa iniziativa promossa da Global Exchange, che ha permesso ad alcuni parenti delle vittime dell'11 settembre di recarsi in Afghanistan per incontrare i parenti delle vittime civili dei bombardamenti USA, nel segno del riconoscimento della reciproca sofferenza. Aiutiamo i cittadini e le cittadine degli Stati Uniti a rielaborare positivamente il trauma subito, senza cadere nella spirale della vendetta. 4. Sostegno ai movimenti locali che lottano per i diritti umani e la democrazia con metodi nonviolenti: ovunque sono presenti gruppi che operano per una trasformazione nonviolenta dei conflitti, in particolare movimenti di donne come quello afghano RAWA. Aiutiamo le "signore della pace" anziche' i vecchi e i nuovi "signori della guerra". 5. Dialogo, educazione, cultura: e' il lavoro lento, ma indispensabile, per costruire un'autentica cultura della nonviolenza, compito primario di ogni educatore. Segnaliamo due importanti contributi: Umberto Eco, "Le guerre sante, passione e ragione" (La Repubblica, 8 ottobre 2001, www.repubblica.it/online/mondo/idee/eco/eco.html ); Daisaku Ikeda, "Il dialogo spegne le fiamme dell'odio" (Il Nuovo Rinascimento, n. 247, novembre 2001). 6. Movimento internazionale per la pace: cosi' come negli anni '80 una grandiosa mobilitazione riusci' a sconfiggere la minaccia nucleare, occorre a maggior ragione costruire un movimento delle societa' civili di ogni paese, del Nord e del Sud del mondo, che sappia imporre un cambiamento nell'agenda delle priorita' politiche sui temi globali, pace, ambiente e sviluppo, senza cadere nella trappola della protesta violenta. 7. Uscire dall'economia del petrolio: fonte di ricchezza per pochi, di gigantesca corruzione (ultimo lo scandalo Enron) e di minaccia ambientale planetaria (cambiamento climatico globale), e' diventata anche una delle cause prevalenti delle guerre (dalle guerre del Golfo, al Kossovo, all'Afghanistan). E' indispensabile avviare prontamente la riconversione del sistema energetico su basi rinnovabili, solari, decentrate, a piccola potenza. 8. Controllo della finanza internazionale: il mondo e' pieno di "Bin Ladren" come si usa dire nel dialetto piemontese e forse di qualche altra regione, che disinvoltamente utilizzano i proventi della droga, del commercio di armi, della speculazione finanziaria e delle attivita' mafiose per costruire paradisi fiscali e potentati economici al riparo da ogni intrusione della giustizia. Cominciamo a liberarci dai "Bin Ladren" nostrani, che hanno varato leggi scandalose e offensive del piu' comune buon senso morale. 9. Zone libere dall'odio: e' la proposta lanciata dalla ONG americana Global Exchange che richiama quella di zone denuclearizzate degli anni '80. Dichiariamo le nostre scuole, i nostri condomini e i nostri quartieri "zone libere dall'odio", con un lavoro di base, di dialogo, di incontro, di scambio culturale che valorizzi differenze e capacita' costruttive e creative di trasformazione nonviolenta dei conflitti. 10. Pane non bombe: l'Afghanistan, martoriato da oltre vent'anni di guerra, di tutto aveva bisogno tranne che di essere bombardato. Per sottrarre consenso al terrorismo e' necessario non rispondere con altro terrorismo, quello di stato, ma affrontare decisamente il problema della poverta' e lo scandalo dell'"olocausto silenzioso" delle 100.000 persone che ogni giorno muoiono di fame. Possediamo le risorse scientifiche e tecnologiche per risolvere questo problema, ma non la volonta' politica, la sensibilita' e la consapevolezza necessarie. 11. Democratizzazione delle Nazioni Unite e del sistema di relazioni internazionali: per anni il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e' stato bloccato dai veti incrociati delle due superpotenze. E' ora che questo organismo venga trasformato in modo piu' rappresentativo e democratico. E' inoltre indispensabile creare le condizioni perche' tutti i principali paesi, in particolare quelli piu' potenti, rispettino il diritto internazionale e lo rendano sempre piu' vincolante ed efficace. 12. Liberiamoci dal complesso militare-industriale: tutti i punti precedenti rischierebbero di risultare vani se la piu' potente causa di produzione delle guerre non venisse rimossa, in ogni paese, ma soprattutto nelle maggiori potenze, a cominciare dagli USA, sostituendo gli attuali modelli di difesa altamente offensivi, distruttivi e dispendiosi, con i corpi civili internazionali di pace (sui quali si veda l'amplissimo studio di fattibilita': Nonviolent Peaceforce Feasibility Study disponibile online all'indirizzo www.nonviolentpeaceforce.org ) e con forme di difesa popolare nonviolenta. 2. APPELLI. VALERIO MAGNANI: UNA CAMPAGNA PER EVITARE CHE VENGA STRAVOLTA LA LEGGE 185/90 [Dalla segreteria della Rete di Lilliput riceviamo e diffondiamo. Per contatti: segreteria at retelilliput.org] In queste ultime settimane e' iniziato l'iter parlamentare della proposta di legge che intende "facilitare la ristrutturazione e le attivita' dell'industria europea per la difesa" secondo le direttive di un "accordo-quadro" sottoscritto a Farnborough il 27 luglio 2000 dai ministri della difesa di Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Svezia. La normativa in discussione, se approvata, andra' a modificare la legge 185/90 che disciplina attualmente il commercio italiano delle armi, con vari mutamenti che la stravolgeranno completamente. Il disegno di legge in questione ha esaurito il suo percorso nelle commissioni Esteri e Difesa, riunite congiuntamente, ed e' stato approvato a larghissima maggioranza. Prossimamente giungera' all'esame dell'assemblea di Montecitorio per la sua approvazione definitiva. Il disegno di legge riprende un precedente progetto gia' presentato dal governo di centro-sinistra e, nelle commissioni che lo hanno discusso, ha avuto il voto favorevole anche di DS e Margherita. La modifica principale consiste nell'introduzione di un nuovo tipo di autorizzazione alle esportazioni di armamenti, la cosiddetta "autorizzazione globale di progetto". Per quanto si inserisca nell'ottica dell'integrazione dell'industria europea degli armamenti, gli emendamenti introdotti avranno conseguenze sulla trasparenza e il controllo del commercio delle armi. Il risultato sara' che una parte significativa delle esportazioni di materiale di armamento semplicemente scomparira' dalle possibilita' di controllo degli organi parlamentari, della stampa e dell'opinione pubblica. In sintesi non saranno applicabili i tratti salienti della nostra normativa: procedure autorizzatorie, controlli contro le triangolazioni, i controlli bancari, ne' sui pezzi e componenti, ne' sul prodotto finito, i divieti di esportare a paesi instabili o aggressivi (nel caso in cui il materiale sia assemblato nel paese con cui si coproduce), trasparenza e controllo del parlamento e dell'opinione pubblica. Al momento del rilascio dell'autorizzazione il governo (con le stesse eccezioni) si esprimera' ed applichera' i principi ed i divieti della legge solo sulla destinazione intermedia (ovvero il paese con cui si coproduce), e non sulla destinazione finale. La relazione annuale del governo al Parlamento, ovviamente, non riportera' valori e destinazione finale dei materiali che ricadono all'interno dell'autorizzazione globale. La legge 185/90 e' stata una grande conquista civile voluta dalle associazioni pacifiste e di solidarieta' internazionale. Consente di bloccare le esportazioni di armi verso nazioni che violano i diritti umani o che fanno guerra; consente inoltre un controllo parlamentare e una verifica della destinazione finale delle armi inviate, evitando "triangolazioni". Nel corso degli anni attraverso norme applicative sempre piu' lassiste il potere di controllo della legge e' stato ammorbidito per far piacere ai mercanti di armi. Per questi motivi stiamo promuovendo questa campagna di informazione pubblica che metta i parlamentari italiani di fronte alle loro gravi responsabilita' nel caso passassero le modifiche alla legge che i mercanti di armi da anni chiedevano. Siamo di fronte all'ennesima conferma della necessita' di unire le forze e di indire una mobilitazione. Uniamo subito tutte le realta' impegnate per la pace e la difesa dei diritti umani: associazioni, giornali, radio, gruppi missionari, donne e uomini di buona volonta': non c'e' tempo da perdere. La Rete di Lilliput insieme al settimanale Vita e Peacelink promuovono questa Campagna. Altre realta' come Lunaria, Amnesty, Nigrizia, Missione Oggi, Mosaico di Pace, Unimondo, si stanno fortemente impegnando sullo stesso problema. Sul sito Lilliput (www.retelilliput.org) e sui siti www.vita.it e www.peacelink.it trovate tutta la documentazione necessaria per saperne di piu' (il progetto di legge, i verbali delle discussioni in commissione, un commento da parte dei ricercatori di IRES e indirizzi e-mail dei parlamentari ai quali spedire lettera di protesta). In vista della discussione parlamentare stiamo preparando un testo contenente alcuni emendamenti che chiederemo ai deputati di approvare. Nel frattempo cominciate a organizzarvi cercando i recapiti dei parlamentari della vostra zona, coinvolgendo il maggior numero di persone su questo tema e magari facendo arrivare un comunicato ai giornali locali, sotto forma di lettera aperta al deputato di collegio in modo che sia piu' semplice farselo pubblicare. Saluti a tutti, Valerio Magnani 3. APPELLI. PAX CHRISTI E ASSOCIAZIONE OBIETTORI NONVIOLENTI: UN APPELLO AI PARLAMENTARI PER FERMARE I MERCANTI DI MORTE [Da Pax Christi Italia e dall'Associazione Obiettori Nonviolenti riceviamo e diffondiamo] Chiediamo a tutte le realta' della societa' civile, agli enti locali, alle personalita' della cultura, dello sport e dello spettacolo, delle religioni e delle istituzioni, di firmare l'appello che Pax Christi Italia e l'Associazione Obiettori Nonviolenti stanno diffondendo in queste ore a difesa della legge 185 per il controllo democratico del commercio di armi. E' l'estremo tentativo di difendere una legge ottenuta grazie all'impegno di alcune associazioni che, negli anni '80,diedero vita al cartello "Contro i mercanti di morte". E' sconcertante notare la convergenza di consensi da destra e da sinistra su queste modifiche. Per maggiori informazioni sulla legge, sul testo di modifica, sull'iter parlamentare delle modifiche proposte, sugli appuntamenti che ci diamo per impedire il "ritorno dei mercanti morte" vi invitiamo a visitare il sito www.paxchristi.it. Per ricevere gli aggiornamenti sulle adesioni e sulle iniziative che intraprenderemo vi chiediamo di segnalare il vostro indirizzo e-mail a info at paxchristi.it. * Ritornano i mercanti di morte. Appello ai parlamentari. Il Parlamento italiano sta discutendo un disegno di legge d'iniziativa governativa (Atto Camera 1927) in materia di industria della difesa. Il progetto prevede la ratifica dell'accordo quadro sottoscritto dall'Italia e da altri cinque Paesi europei il 27 luglio 2000 per "facilitare la ristrutturazione e le attivita' dell'industria europea per la difesa" ed e' stato gia' licenziato dalle Commissioni III e IV della Camera dei Deputati in data 30 gennaio 2002. Tale accordo imporrebbe il "tempestivo adeguamento della nostra normativa" e infatti 10 dei 14 articoli che compongono il testo proposto sono volti a modificare la legge n. 185 del 1990 che disciplina attualmente l'import-export di armi nel nostro Paese. La novita' piu' rilevante e' costituita dall'introduzione di un nuovo tipo di autorizzazione per il commercio delle armi, la "licenza globale di progetto", riferita ai programmi intergovernativi o industriali congiunti ai quali le imprese partecipano e ai quali non si applicheranno piu' le norme sulle trattative contrattuali, rendendo meno trasparenti e controllabili tutte le operazioni. Anche le norme sulle attivita' bancarie relative a questo nuovo tipo di "licenza globale" verranno modificate, non essendo piu' notificate al Ministero del Tesoro e da questo autorizzate, e non comparendo piu' nello specifico capitolo dell'annuale Relazione al Parlamento. In questo modo, in nome della "razionalizzazione", della "competitivita'" e della "identita' europea" verra' stravolta una legge ritenuta da tutti "severa e rigida" e che ha fatto del nostro Paese uno dei piu' avanzati al mondo per aver provveduto a regolare il commercio delle armi nel rispetto dei diritti umani, della promozione della pace e della trasparenza. Ricordiamo che quella legge fu ottenuta grazie all'impegno tenace della Campagna "Contro i mercanti di morte" (Acli, Mlal, Mani Tese, Missione Oggi, Pax Christi). Anche il riferimento al "Codice di condotta dell'Unione Europea per le esportazioni di armi" (che non e' assolutamente vincolante) costringerebbe l'Italia a rinunciare alla propria normativa nazionale che in questo verrebbe peggiorata. Troviamo peraltro paradossale che mentre da un lato si vuole combattere una guerra totale contro il terrorismo, dall'altro si allargano le maglie del controllo della vendita delle armi con tutti i rischi che ne conseguono. Chiediamo pertanto ai parlamentari di votare contro questo disegno di legge che costituisce un passo indietro per la pace e la giustizia. Chiediamo che l'Italia si faccia promotrice a livello internazionale di un'iniziativa volta a una maggiore severita' nel controllo del commercio di armi e a un maggiore impegno nella prevenzione dei conflitti. 4. APPELLI. AMNESTY INTERNATIONAL CONTRO LA MODIFICA DELLA LEGGE 185/90 [Riceviamo e diffondiamo] Dichiarazione del presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. "Il Parlamento non deve modificare la legge 185/90 sul commercio di armi" ha dichiarato oggi Marco Bertotto, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International. "Dovrebbe invece chiederne al Governo la piena applicazione, valorizzare le misure di trasparenza e i divieti di esportazione verso quei paesi in cui armi e tecnologie militari potrebbero essere utilizzate per consentire massicci abusi di diritti umani". Il disegno di legge 1927, attualmente all'esame della Camera dei Deputati, si propone la ratifica e l'esecuzione dell'accordo quadro relativo alle misure per facilitare la ristrutturazione e le attivita' per la difesa europea, prevedendo inoltre emendamenti alla legge 185/90. La normativa italiana, sebbene disattesa sotto certi aspetti, rappresenta un modello nel panorama europeo ed internazionale per l'importanza che attribuisce al rispetto e alla promozione dei diritti umani, alla prevenzione dei conflitti. "L'integrazione dell'industria europea degli armamenti" ha aggiunto Marco Bertotto "non deve indebolire la trasparenza e il controllo del commercio delle armi. Il Parlamento e il Governo devono garantire il monitoraggio di tutti i trasferimenti di armi, intensificando e meglio coordinando gli sforzi atti a prevenire i conflitti e tutelare la popolazione civile". Per ulteriori informazioni: ufficio stampa di Amnesty International, tel. 064490224, e-mail: press at amnesty.it 5. RIFLESSIONE. GIOBBE SANTABARBARA: PER IL DISARMO E PER LA CHIAREZZA [Giobbe Santabarbara esprime il punto di vista del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo] Le armi servono per uccidere. Tutte. Sempre. E dunque sosteniamo la mobilitazione contro le manovre dei mercanti di morte, e ci associamo alle iniziative e agli appelli affinche' non venga ulteriormente peggiorato il quadro legislativo attuale in materia di commercio di armi. Ma diciamo anche con chiarezza che non diamo un giudizio positivo della legislazione in vigore, e troviamo profondamente errate certe posizioni contenute negli appelli che circolano in questi giorni, alcuni dei quali abbiamo riportato sopra. La nostra modesta opinione e' che l'unica politica corretta nei confronti del commercio di armi e' proibirlo. L'unica politica corretta nei confronti dell'uso delle armi e' proibirlo. L'unica politica corretta nei confronti della produzione delle armi e' proibirla. Dopo Auschwitz e dopo Hiroshima c'e' una sola scelta che possa garantire un futuro all'umanita': abolire le armi e gli eserciti. 6. ESPERIENZE. VENTICINQUE ANNI DI ATTIVITA' DEL CENTRO IMPASTATO [Dal Centro Impastato di Palermo, il fondamentale punto di riferimento del movimento antimafia, riceviamo e diffondiamo. Per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it] 1977-2002: 25 anni di attivita' del Centro siciliano di documentazione. Nuovi materiali nel sito Internet del Centro: www.centroimpastato.it Il Centro siciliano di documentazione quest'anno compie 25 anni, avendo cominciato la sua attivita' nel 1977, con il convegno "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo". Il Centro si e' formalmente costituito come Associazione culturale nel 1980 ed e' stato intitolato a Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia nel 1978. Nel 1998 si e' trasformato in Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilita' sociale). Nel corso della sua attivita', il Centro, con i soli mezzi dei soci, ha formato una biblioteca, un'emeroteca e un archivio specializzati sulla mafia e altre forme di criminalita' organizzata; ha prodotto studi e ricerche; svolto attivita' di informazione e di educazione nelle scuole e in istituti universitari, in Italia e all'estero; promosso iniziative di mobilitazione, a cominciare dalla manifestazione nazionale contro la mafia nel maggio 1979. Il Centro, accanto ai familiari e ad alcuni compagni di Impastato, ha avuto un ruolo decisivo nell'inchiesta sul suo omicidio, riuscendo a raggiungere risultati fino a qualche anno fa insperati: il processo a Vito Palazzolo si e' concluso nel marzo del 2001 con la condanna a 30 anni di carcere e il processo a Gaetano Badalamenti e' vicino alla conclusione; la Commissione antimafia, su sollecitazione del Centro, ha indagato sul ruolo di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini e nel dicembre del 2000 ha approvato una relazione successivamente pubblicata nel volume Peppino Impastato, anatomia di un depistaggio. Nell'ambito del progetto di ricerca "Mafia e societa'" il Centro ha svolto ricerche sull'omicidio a Palermo (volumi La violenza programmata e Gabbie vuote), sulle attivita' imprenditoriali mafiose (L'impresa mafiosa), sul traffico internazionale di droghe (Dietro la droga), sul rapporto mafia e politica (L'alleanza e il compromesso), sul ruolo delle scienze sociali nell'analisi della mafia (La mafia interpretata), sulle lotte contro la mafia (Storia del movimento antimafia). Alcune pubblicazioni sono dedicate al lavoro nelle scuole, per esempio: A scuola di antimafia, Oltre la legalita'. Il Centro si e' impegnato anche nel movimento per la pace e per una globalizzazione dal basso. Dal 1997 il Centro ha un sito Internet (www.centroimpastato.it), recentemente arricchito con nuovi materiali. Segnaliamo: - Nelle pagine "La storia del Centro" e "Ultime notizie": aggiornamento sulle iniziative del Centro. - Nella pagina "Per conoscere Peppino": tutti gli scritti di Impastato (articoli, documenti, poesie, brani di "Onda pazza"); tra gli scritti su Peppino segnaliamo il piu' recente: Umberto Santino, Peppino Impastato: la memoria difficile. - Nella pagina "Il processo Impastato": aggiornamento fino all'ultima udienza del processo a Badalamenti. - Nella pagina "Cronologia dei fatti di mafia": aggiornamento fino al dicembre 2001. - Nella pagina "Saggi e articoli", gli scritti piu' recenti: Umberto Santino, La fabbrica dei diavoli. A lezione dalla Cia: fondamentalismo e droga in Afghanistan; Modello mafioso e globalizzazione; I crimini della globalizzazione. Voci per un glossario; L'acqua rubata. Dalla mafia alle multinazionali; Mafia e politica tra prima e seconda Repubblica. Nella stessa pagina, sulle elezioni in Sicilia, sempre di Umberto Santino: Cu vinciu. La Sicilia dopo la disfatta; Confiteor per Palermo. Di Augusto Cavadi, Il Dio dei mafiosi. - Nella pagina "Mafia: un percorso di analisi": le idee correnti e una sintesi dell'analisi del Centro. - Nella pagina "Per le scuole": materiali e indicazioni per corsi per insegnanti e per seminari per docenti e alunni. - Links con istituzioni e organizzazioni nazionali e internazionali sui seguenti temi: mafia e antimafia, riciclaggio, globalizzazione, guerra in Afghanistan. 7. DOCUMENTI. LA DICHIARAZIONE DI OBIEZIONE DI 53 MILITARI ISRAELIANI CONTRO L'OCCUPAZIONE DEI TERRITORI E LA REPRESSIONE DEL POPOLO PALESTINESE [La seguente dichiarazione sottoscritta da 53 ufficiali e soldati riservisti di Tzahal, l'esercito di israele, e' apparsa lo scorso mese sul principale quotidiano israeliano, "Haaretz"; riproduciamo la traduzione italiana apparsa sulla prima pagina del quotidiano "Il manifesto" il 26 gennaio 2002] Noi, ufficiali e soldati combattenti della riserva di Tzahal, che siamo stati educati nel grembo del sionismo e del sacrificio per lo stato di Israele, che abbiamo sempre servito in prima linea, che siamo stati i primi, per ogni compito, facile o difficile che fosse, a difendere lo Stato di Israele e a rafforzarlo. Noi, ufficiali e soldati combattenti che serviamo lo Stato di Israele durante lunghe settimane ogni anno, nonostante l'alto prezzo personale che abbiamo pagato. Noi che siamo stati in servizio di riserva in tutti i territori e che abbiamo ricevuto ordini e istruzioni che non hanno niente a che fare con la sicurezza dello Stato, e il cui unico obiettivo la dominazione sul popolo palestinese. Noi che con i nostri occhi abbiamo visto il prezzo di sangue che l'occupazione impone su entrambe le parti di questa divisione. Noi che abbiamo sentito come gli ordini che ricevevamo stavano distruggendo tutti i valori di questo paese. Noi che abbiamo capito che il prezzo dell'occupazione e' la perdita dell'immagine umana di Tzahal e la corruzione dell'intera societa' israeliana. Noi che sappiamo che i territori occupati non sono Israele, e che tutte le colonie sono destinate ad essere rimosse... Noi dichiariamo che non continueremo a combattere in questa guerra per la pace delle colonie, che non continueremo a combattere oltre la linea verde per dominare, espellere, affamare e umiliare un intero popolo. Noi dichiariamo che continueremo a servire Tzahal in qualsiasi obiettivo che serva la difesa dello Stato di Israele. L'occupazione e la repressione non hanno questo obiettivo. E noi non vi parteciperemo. 8. MAESTRI. ALESSANDRO DAL LAGO: BOURDIEU, L'ULTIMO MAESTRO [Questo articolo di Alessandro Dal Lago e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 25 gennaio 2002. Alessandro Dal Lago e' docente di sociologia dei processi culturali all' Università di Genova, presso la stessa Università coordina un gruppo di ricerca sui conflitti globali; è membro della redazione della rivista filosofica "Aut Aut", ha curato l'edizione italiana di opere di Hannah Arendt e di Michel Foucault. Tra le opere di Alessandro Dal Lago segnaliamo particolarmente il suo recente volume Non-persone. L'esclusione dei migranti in una società globale, Feltrinelli, Milano 1999. Cfr. inoltre: I nostri riti quotidiani, Costa & Nolan, Genova 1995; (a cura di), Lo straniero e il nemico, Costa e Nolan, Genova 1997; La produzione della devianza, Ombre corte, Verona 2001; Giovani, stranieri & criminali, Manifestolibri, Roma 2001. Per alcune brevi notizie biobibliografiche su Bourdieu cfr. il notiziario di ieri] Con la morte di Pierre Bourdieu, la Francia perde uno degli ultimi maitres-a-penser assoluti, quegli uomini che avevano fatto di Parigi, per piu' di quarant'anni, il polo intellettuale per eccellenza nell'immaginario occidentale - uomini del calibro di Sartre, Barthes, Lacan e Foucault. Anche questo e' un segno dei tempi. Nonostante i tentativi, spesso anacronistici, di difendere la propria preminenza culturale, la Francia sembra arrendersi all'inevitabile dominio dell'inglese e dei suoi stili culturali. Era proprio Bourdieu a rappresentare, con i suoi volumi in traduzione che occupavano le migliori librerie di Londra o di Berlino e delle universita' americane, l'ultimo richiamo internazionale della cultura francofona. Bourdieu poteva godere di questa fama globale perche', come era avvenuto per Foucault (che non a caso l'aveva voluto al College de France), interpretava un ruolo essenzialmente politico. Non era solo il sociologo dei fenomeni intellettuali e culturali di massa - scuola, arte, scienza - e dell'esperienza quotidiana - poverta', disagio, dominio sessuale. Era soprattutto l'ultimo grande critico della societa' liberale e delle manifestazioni o distorsioni simboliche del capitalismo. Tutta la sua ultima produzione, come appare dalle due riviste a cui si era consacrato ("Actes de la recherche en sciences sociales" e "Liber") si presenta come una denuncia, rigorosa e documentata ai limiti dell'ossessione, dell'inganno capitalistico nelle sue forme molteplici, subdole e avvolgenti. Cio' gli era costato, nella Francia della difficile coesistenza tra destra e sinistra governativa, una buona dose di veleno pubblico. Negli ultimi anni erano usciti libelli polemici - di ambiente universitario piu' che politico - in cui venivano presi di mira il suo metodo, il suo supposto strapotere nella repubblica francese delle lettere, la sua superbia. Un veleno di cui Bourdieu, che era uomo molto sensibile, deve avere sofferto molto e che l'ha spinto sempre di piu' verso l'impegno politico. Fino a poco tempo fa, era l'infaticabile tessitore di reti internazionali per l'animazione di una cultura politica anti-liberista e per la costruzione di un'altra Europa. Dire che il richiamo mondiale di Bourdieu era essenzialmente quello politico significa raccontare solo una piccola parte della sua storia. C'e', per cominciare, lo studente povero che conquista l'agregation alla prestigiosa Ecole Normale in un'epoca di imperante heideggerismo - una corrente per cui Bourdieu provava una profonda avversione (come risulta da diversi saggi degli anni '70 e '80 in cui il linguaggio "profetico" di Heidegger viene smontato fino alle sue origini di classe, il mandarinato borghese dell'universita' tedesca). C'e' il ricercatore sul campo in Algeria, autore di alcune tra le piu' belle analisi dell'influsso del colonialismo sulla cultura tradizionale (Sociologie de l'Algerie, del 1958, e Le deracinement del 1964, con A. Sayad). C'e' l'analista delle istituzioni incaricate di trasmettere la cultura dominante, dalla scuola all'arte, dall'universita' alla letteratura, dalla fotografia ai salotti intellettuali (La reproduction, 1970, La distinction, 1979, Homo academicus, 1984, Les regles de l'art, 1992). C'e' anche il teorico capace non solo di rivisitare liberamente le categorie marxiane alla luce di una sensibilita' sociologica modernissima (i concetti legati all'intuizione del "capitale culturale"). E soprattutto l'infaticabile animatore di una cultura sociologica aperta, senza pregiudizi, a quanto di meglio proveniva dall'altra parte dell'Atlantico. Si deve a Bourdieu, per esempio, se la Francia - condizionata da sociologi con la feluca come Aron, Touraine e Boudon - ha potuto conoscere l'opera di un ricercatore atipico come Erving Goffman. Questa molteplicita', questa capacita' di fare sociologia a 360 gradi - in un'epoca in cui la sociologia si stava istituzionalizzando e banalizzando anche in Francia - appare compiutamente in quella che, secondo me, e' la sua opera piu' bella e meno cosnosciuta da noi, La misere du monde, 1994. In questo lavoro monumentale, che Bourdieu ha caparbiamente voluto e organizzato, facendo lavorare i suoi collaboratori migliori e (oggi) piu' noti (da Boltanski a Champagne, da Sayad a Wacquant), parlano, sotto forma di interviste e storie di vita, gli uomini comuni, le vittime del liberismo, dei pregiudizi e della violenza della societa' opulenta: migranti, insegnanti, lavoratori pubblici, operai, pensionati, casalinghe. Un coro articolato di voci che sostituiscono la pretesa sociologica di ricostruire la verita' sociale dalle prospettive anguste dei dipartimenti universitari. Nelle considerazioni finali, Bourdieu si spinge quasi a teorizzare un ritiro dello sguardo sociologico dallo studio degli ultimi - gli anonimi, i marginali, i reietti. Una posizione metodologica radicale che non va confusa con l'empirismo, trattandosi piuttosto di un'intuizione della fecondita' della letteratura nella descrizione sociale. Sta di fatto, comunque, che quest'opera di quasi mille pagine si fa leggere come una catena aperta di romanzi-verita' - talmente lontani dalle croste letterarie da essere divenuti, in diversi casi, testi teatrali, e di successo. Nessun editore italiano ha finora accettato, e forse nemmeno pensato, di tradurlo. Ma, in un paese che pure disbosca foreste per farci conoscere tante mediocrita' di richiamo, c'e' da sperare che ora qualcuno ci ripensi. 9. FRASI COLTE AL VOLO. MARY CATHERINE BATESON: COME SI DEVE [Da Gregory Bateson, Mary Catherine Bateson, Dove gli angeli esitano, Adelphi, Milano 1989, 1993, p. 303] Padre. Stai ancora lavorando a quest'ora di notte? Figlia. E tu? Sei un'ombra molto ostinata, sai? A volte vorrei che tu facessi il morto come si deve. 10. INCONTRI. LUNEDI A VERONA INCONTRO SULLA NONVIOLENZA DI LANZA DEL VASTO [Riceviamo e diffondiamo. Per ulteriori informazioni: Movimento Nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org] Lunedi 11 febbraio a Verona presso la Casa per la Nonviolenza di via Spagna 8 (Vicino alla Basilica di San Zeno) si terra' il secondo incontro del ciclo "Elementi di Nonviolenza" organizzato dal Movimento Nonviolento di Verona. Verra' approfondita la figura di Giuseppe Lanza del Vasto. Dalle ore 18 alle 19,30 lettura collettiva e proiezione di filmati originali. Dalle 21 alle 23 incontro-dibattito con Beppe Marasso, del Centro Studi Sereno Regis di Torino. 11. INCONTRI. PROGRAMMA DI UN CORSO DI EDUCAZIONE ALLA PACE A GUBBIO [Riportiamo ampi estratti dal programma di un corso di educazione alla pace rivolto a studenti e insegnanti delle scuole medie superiori di Gubbio (PG) ed aperto a tutti gli uditori interessati, che si svolgera' con cadenza settimanale nei mesi di febbraio-aprile 2002] Parte prima: una ovvia premessa Il presente progetto di corso di educazione alla pace fa seguito alla positiva esperienza svoltasi lo scorso anno scolastico presso l'Istituto Tecnico Industriale Sperimentale di Gubbio. Esso accoglie e sviluppa le indicazioni emerse dalla relazione conclusiva del corso tenutosi nel febbraio-marzo 2001; ovviamente si contestualizza nella situazione odierna (l'emersione di una sempre piu' diffusa ed acuta coscienza delle problematiche connesse al processo della cosiddetta "globalizzazione"; la tragedia degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001; le terribili guerre in corso ed il diretto coinvolgimento italiano nella guerra in Afghanistan); e naturalmente ha alla base le premesse già esplicitate nella premessa del progetto del corso del 2001, che di seguito si riproduce: "Perché un corso di educazione alla pace? 1. Quando parliamo di pace di cosa stiamo parlando? La risposta non è semplice, ed il corso che qui si propone intende rendere consapevoli della complessità e delle difficoltà del concetto di pace, ed a maggior ragione della difficoltà di costruire la pace in un mondo in cui pressoché tutti i poteri vigenti si dichiarano per la pace ed insieme usano la violenza, l'ingiustizia, la guerra per opprimere, sfruttare, eliminare gli "altri". Nello stesso tempo costruire la pace è necessario ed urgente poiché i poteri dominanti attuali (economici, politici, militari, ideologico-mediali...) stanno distruggendo non solo un numero enorme di vite umane con le guerre, l 'ingiustizia, la fame, la contaminazione dell'ambiente; ma stanno altresì devastando e degradando irreversibilmente la biosfera ad un ritmo tale che se l'attuale "modello di sviluppo" non viene urgentemente, profondamente e radicalmente modificato è ragionevole temere la distruzione della civiltà umana così come noi l'abbiamo conosciuta e la desertificazione e contaminazione di una parte notevole della superficie del pianeta. 2. E quando parliamo di educazione alla pace di cosa stiamo parlando? Se la pace è cosa complessa e difficile ed insieme un impegno necessario ed urgente, l'educazione alla pace è anch'essa tutt'altro che un semplice apprendere le buone maniere, o un elenco di banali precetti di buona condotta. L'educazione alla pace è un impegno anch'esso insieme complesso, difficile e urgente. Ma è altresì un tema su cui ancora poca chiarezza vi è tra gli stessi studiosi che da decenni se ne occupano in modo approfondito. Studiosi diversi e ugualmente autorevoli ne danno definizioni diverse e fin contraddittorie, e la confusione che vi è intorno al suo stesso statuto è ovviamente ancora più grande quanto ai metodi, ai curricoli, alle forme di organizzazione e valutazione. Noi qui ci limitiamo a rilevare: a) che occorre formare alla pace, e che la scuola pubblica in quanto principale agenzia formativa della nostra società e del nostro ordinamento giuridico deve assumere tale impegno; b) che l' educazione alla pace non deve essere né "una materia in più", né un rozzo e precario collegamento trasversale tra le discipline curricolari, ma un approccio diverso e ulteriore e soprattutto - a questo stadio della riflessione e della pratica - un appello e una sperimentazione, che diversamente connetta i campi del sapere sussumendoli a un criterio e un impegno precisi, e proponga pertanto scelte metodologiche e percorsi di ricerca suoi propri. 3. La presente proposta di corso di educazione alla pace, valorizzando l' opportunità data dai Piani dell'Offerta Formativa, intende formulare, sperimentare e verificare un percorso di ricerca (ad un tempo di metodo, di tecniche e di saperi; di relazioni e di contenuti) e di azione formativa atto anche a fornire alla sua conclusione più precise indicazioni per l' agire futuro". * Parte seconda: programma del corso 1. Primo incontro: pensare la pace per costruire la pace (logica, comunicazione, esistenza, società). Temi che verranno proposti nel primo incontro: il rigore logico come premessa per il rigore morale; centralità della comunicazione e teorie della conoscenza; un approccio esistenziale; un approccio sociologico. 2. Secondo incontro: la guerra e la pace oggi (la morale, la politica, il diritto, l'umanità). Temi che verranno proposti nel secondo incontro: il diritto internazionale; la carta delle Nazioni Unite; la Dichiarazione universale dei diritti umani; la Costituzione della Repubblica Italiana; letture da Emmanuel Levinas; letture da Hans Jonas; letture da Virginia Woolf. 3. Terzo incontro: l'umanità dopo Auschwitz (la storia). Temi che verranno proposti nel terzo incontro: letture da Primo Levi; letture da Lorenzo Milani; letture da Hannah Arendt. 4. Quarto incontro: l'umanità dopo Hiroshima (la scienza, la tecnologia). Temi che verranno proposti nel quarto incontro: lettura de "Le tre verità di Hiroshima" di Ernesto Balducci; lettura delle "Tesi sull'età atomica" di Günther Anders; letture da Simone Weil. 5. Quinto incontro: il diritto e la dignità umana nell'epoca della globalizzazione (diritto, economia ed ecologia, etica e politica). Temi che verranno proposti nel quinto incontro: il diritto e la dignità umana; l'interazione sociale e la civile convivenza; l'economia e l' ecologia; la riflessione etica sul crinale apocalittico; principio responsabilità e azione collettiva. 6. Sesto incontro: la nonviolenza. Temi che verranno proposti nel sesto incontro: la nonviolenza come insieme di valori; la nonviolenza come insieme di tecniche deliberative ed operative; la nonviolenza come strategia e come progetto. 7. Settimo incontro: autovalutazione del corso e stesura della relazione conclusiva. 8. Ottavo incontro: discussione ed approvazione della relazione conclusiva. * Parte terza (...) * Postilla Il presente progetto è stato redatto dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo su proposta del movimento pacifista eugubino "Gubbio per la pace"; riprende il progetto di corso già realizzato nello scorso anno scolastico a Gubbio e tiene conto dei suggerimenti contenuti nella relazione conclusiva approvata all'unanimità dai partecipanti al corso del febbraio-marzo 2001. Come già accaduto lo scorso anno scolastico il programma potrà avere alcune variazioni se ne verrà posta l'esigenza dai partecipanti e su di esse si troverà il consenso di tutti coloro che al corso prendono parte. La gestione del corso, infatti, sarà anche quest'anno di tipo seminariale, cooperativa e mirante a promuovere la partecipazione attiva di tutti coloro che vi prenderanno parte. 12. SITI. AGGIORNAMENTO DEL "COS IN RETE" [Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini, che cura un eccellente sito nella rete telematica attraverso cui tutti gli interessati possono conoscere la figura, l'opera e l'eredita' del grande apostolo della nonviolenza, riceviamo e diffondiamo. I C. O. S. (Centri di orientamento sociale) sono una delle esperienze di democrazia diretta promosse da Aldo Capitini. Per contatti: e-mail: capitini at tiscalinet.it] Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento del "C.O.S. in rete", www.cosinrete.it, riflessioni nella stampa italiana sui temi capitiniani di nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, antifascismo; tra cui: i C.O.S. in Brasile, i disegni della Signora, L'Onu con noi, il cattivo esempio di papa Woytila, il fallimento dello sviluppo, musica e cultura, omosessuali e nonviolenza, i miliardi di Capitini, le balle dei pacifisti, i pirati di Merlo, le nostre colpe in Palestina, e altri. Ricordiamo che la partecipazione al C.O.S. in rete e' ancora libera e possibile. 13. INFORMAZIONE. "PACEDIFESA", NEWSLETTER DEL CENTRO STUDI DIFESA CIVILE [Riceviamo e ridiffondiamo integralmente la newsletter "Pacedifesa" n. 2 del 9 febbraio 2002 del Centro Studi Difesa Civile. Per richieste e contatti: pacedifesa at libero.it] La prima ricerca sul tema della difesa civile commissionata dal Ministero della Difesa ad esponenti dell'area nonviolenta e obiettori di coscienza. E' uscito: La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi. Peacekeepers civili disarmati, a cura di Francesco Tullio, Franco Angeli, Milano 2001, 158 pp., Lire 28.000. Hanno collaborato: Rocco Altieri, Mauro Cereghini, Paolo Di Giandomenico, Giorgio Giannini, Alberto L'Abate, Giovanni Scotto, Andrea Scognamillo. Si tratta di una ricerca curata dal Centro Studi Difesa Civile, La Difesa Civile e il Progetto Caschi Bianchi. Peakeepers civili disarmati, recentemente pubblicata dall'editore Franco Angeli. La nostra e' una proposta pragmatica maturata nell'ambito dell'area nonviolenta al fine di individuare i principali strumenti civili che contribuiscano alla prevenzione, alla gestione e alla risoluzione dei conflitti. Siamo infatti convinti che la sicurezza di ogni paese, Italia compresa, dovra' essere inserita in futuro in un progetto globale e multidimensionale di sicurezza, non limitato esclusivamente agli aspetti militari. Il volume e' il frutto della prima collaborazione italiana di ricercatori che si identificano nei movimenti per la pace con un organo del Ministero della Difesa, il Centro Militare di Studi Strategici. Crediamo infatti che un confronto aperto e leale con le istituzioni democratiche del nostro paese sia indispensabile per promuovere il rispetto dei diritti umani e un approccio nonviolento alla prevenzione/trasformazione dei conflitti in una fase storica che vede prefigurarsi all'orizzonte uno stato di guerra permanente, oggi in Afghanistan domani chissa'. Nella ricerca viene individuato uno strumento in particolare - i "Corpi Civili di Pace" o "Caschi Bianchi" - che puo' realizzare la cooperazione civile-militare e organizzazioni governative-non governative in interventi di politica estera che evitino il ricorso alla forza tout court. Se infatti da un lato non si puo' negare il ruolo fondamentale di controllo della violenza che possono avere le Forze Armate internazionali in un teatro di guerra (ad esempio nelle missioni internazionali di pace sotto l'egida dell'ONU), dall'altro bisogna anche dare piena dignita' al lavoro degli "operatori di pace", specialisti in azione umanitaria, mediazione, negoziato, sviluppo di comunita', diritti umani e processi elettorali, attraverso l'esperienza accumulata in questi anni da quella parte del mondo del volontariato che rivolge la propria attenzione ai paesi colpiti da guerre o da emergenze umanitarie. * Il Centro Studi Difesa Civile (CSDC) si e' costituito nel 1984 ed ha contribuito alla emanazione della legge 230/98, di riforma del servizio civile, in particolare per l'inserimento dei paragrafi che prevedono la ricerca e la sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta e l'utilizzo degli obiettori in missioni all'estero. Ha poi effettuato le prime ricerche istituzionali in tal senso. Dall'inizio del 2000, gli aspetti operativi, amministrativi ed organizzativi degli interventi di mediazione, di problem solving e di formazione, sono stati delegati alla agenzia "Mediazioni" appositamente costituita. Sono rimaste di diretta competenza del CSDC la ricerca e la progettazione della strategia psico-sociale per la trasformazione dei conflitti. Per maggiori informazioni e per approfondimenti: Centro Studi Difesa Civile, segreteria operativa a Roma: c/o Associazione per la Pace, ufficio nazionale, via Salaria 89, 00198 Roma, responsabile Karl Giacinti, tel. 3386373236; e-mail: pacedifesa-roma at mediazioni.org; segreteria operativa a Perugia: c/o AUOC, via della Viola 1, 06122 Perugia, responsabile Sandro Mazzi, tel. 0755726641; e-mail: pacedifesa at libero.it Siti amici: Coop. Mediazioni: www.mediazioni.org; Comitato promotore CeCoP: http://go.to/cecop 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 347 del 10 febbraio 2002
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