Nanni Moretti critica l'Ulivo



Fonte: http://www.repubblica.it/online/politica/comme/perdenti/perdenti.html

Il j'accuse del regista dal palco di piazza Navona:
"Serviranno tre-quattro generazioni per tornare a vincere"

L'ultimo urlo di Nanni
"Corteo inutile, siete perdenti"


di CONCITA DE GREGORIO


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ROMA - "Ho bisogno di bere qualcosa. Un bar. Ci sarà un bar qui vicino". Piazza delle Cinque lune, via dei Portoghesi. Nanni Moretti cammina svelto dentro al suo loden, si volta appena quando lo chiamano per dirgli "bravo, hai fatto benissimo". Sì grazie, sì sì. Più svelto ora, in un vicolo buio. Ha appena finito di dire, dal palco di piazza Navona: "E' stata una serata inutile, con questi dirigenti non vinceremo mai", parlava a Rutelli e Fassino, in piedi dietro a lui.

Ci vorranno generazioni prima che il centrosinistra torni a vincere", gli ha detto. Li ha lasciati secchi, bianchi come fantasmi, a balbettare: "E' un intellettuale, non è un politico, è libero di dire quel che vuole". Ha le labbra bianche anche lui. "Scusa, sono un po' agitato. Non sono abituato, non mi rendo nemmeno bene conto di quel che è successo. E' successo, così. No, no, non ero arrabbiato. Ero stupefatto, poi ero sul palco, poi ho parlato. Ho parlato molto?". No, non molto, due minuti. "E cosa ho detto esattamente?". Chiede sul serio? "Sì, bisogna che chiami qualcuno che era in piazza e mi faccia raccontare com'è andata". Glielo racconto io, se vuole. "Sì, racconta. Come fosse un film".

Come un film, certo. E' andata così. La manifestazione era finita. Era durata due ore e non c'era tanta gente. "Eh certo, lo vedi come fanno le cose? Hanno detto alle tre in piazza Farnese, poi alle cinque in piazza Navona. Io l'ho saputo per caso, all'ultimo minuto, che era alle quattro". Insomma, c'erano quattrocinquemila persone. Hanno applaudito molto quel professore di Firenze, "il geografo", sì Pardi, il geografo, poi Bachelet, "bravissimo Bachelet", sì, Bachelet, poi Sylos Labini. Dopo hanno parlato Fassino, e Rutelli. "Come no, non ci potevo credere. Sembrava che fossero arrivati in quel momento, che non avessero sentito niente prima. Ma come, dico, si fa un po' di autocritica, si ricomincia a discutere, una boccata d'ossigeno, persone, persone normali che dicono cose di buon senso, la piazza applaude e respira e tu non li ascolti? ti metti lì e fai il discorsetto che ti eri scritto prima? Almeno cambialo, il discorsetto". Ecco, appunto. E' successo così. Nando Dalla Chiesa ha detto: c'è qui Nanni Moretti, ci fa un saluto. La gente stava già andando via, si è fermata, è tornata indietro. "Adesso dice qualcosa di sinistra", ha riso una ragazza mentre saliva in piedi su una panchina per sentire meglio, per vedere. Allora lei, Moretti, è andato al microfono e ha detto, per prima cosa: "Ho avuto qualche momento di ottimismo, oggi pomeriggio", Rutelli ha sorriso, era proprio dietro a lei, a sinistra, "poi ho sentito gli ultimi due interventi e ho pensato: no, anche questa è stata una serata inutile". Si è fatto silenzio. Fassino è indietreggiato: era proprio sotto la U della scritta "la legge è uguale per tutti". Lei diceva: "Ci vorranno 2 o 3 generazioni prima che si vinca di nuovo, con questi dirigenti non vinceremo mai", e li ha indicati col braccio. D'Alema è andato verso le scalette. "Ho detto tre o quattro generazioni, non due o tre. Poi che altro?". Poi ha detto: "La burocrazia che sta alle nostre spalle non ha capito nulla. Ci aspettavamo un'autocritica degli errori. Comunque sono contento si aver sentito qui in questa piazza il nuovo leader dell'Ulivo". Ha detto così.

"Il geografo, intendevo. Ho sentito che si chiama Pancho". Pancho quando stava in Potere Operaio, si chiama Francesco. Sempre il geografo comunque, e allora Rutelli ha cominciato a scuotere la testa, ha abbracciato Albertina Soliani, quella signora bionda accanto a lui, l'ha vista? "No, non mi ricordo. Poi ho finito, no?". Quasi. Prima ha parlato di Emilio Fede, ha detto "la sinistra sbaglia a pensare che sia comico, Fede è un violento come gli squadristi che c'erano negli anni '50 '60 e '70", poi di Berlusconi, "ha fatto il pieno nel suo elettorato perché i voti se li compra attraverso le televisioni non se li guadagna, l'Ulivo l'ha fatto vincere con una campagna elettorale timida", poi di Bertinotti. Ha detto "io voto Ds", "sì l'ho detto: voto Ds", ecco, e ha detto anche "io non riesco a parlare con Rifondazione, proprio non ce la faccio, ma loro sì, loro ci devono parlare, è il loro mestiere. Lo devono fare bene, il loro mestiere. E invece non sanno parlare al cuore, né alla testa, né all'anima della gente. Devono ascoltare, se no non vinceremo mai. Facciamo che non sia stata una serata inutile". Poi ha fatto un gesto con la mano, un saluto, e tutti in piazza urlavano, e applaudivano. "Una liberazione, bravo, finalmente", urlavano così. Li ha sentiti? "No. Cioè sì, uno mi ha detto di Tafazzi". Il comico, Tafazzi, quello che si bastona fra le gambe: era una critica.

Gliel'hanno detto mentre scendeva le scalette del palco. Le ha scese insieme a D'Alema ma non vi siete salutati. "Non l'ho visto". Era proprio accanto a lei. "Non l'ho visto. Cosa prendi da bere? Posso avere una Coca? Scusa, bisogna che mi riprenda un momento". Tavolino in via dei Portoghesi. Passa il portavoce di Fini, Salvo Sottile. Passa una signora bionda. "Bravissimo, Moretti, ma come ha fatto a parlare, lei che è così timido?". "Eh, si vede che proprio non ho resistito". Un sorso di Coca. "No, non fumo grazie. Capisci, quel professore ha fatto un discorso bellissimo, semplice, non demagogico non pomposo. Non come Cossutta che ha alzato la voce sul finale, urlando: "L'unità, l'unità della sinistra", la retorica dei comizi per prendere gli applausi. No, quello ha detto delle cose semplici: che la Bicamerale è stata un errore, che la legge sul conflitto d'interessi si doveva fare, l'hanno applaudito venti volte e quelli che erano lì dietro sordi. Bachelet. Bachelet è andato a dirgli: "Ci avete fatti stare zitti dopo il '96, ci avete detto non siamo in America la politica la fanno i partiti, e poi ecco dove siamo". Ma lo hanno sentito, Bachelet?". La politica dei partiti è il loro mestiere, però. "Certo che è il loro mestiere, ma bisogna che lo sappiano fare. Io devo e voglio stare a sentire chi mi fa delle osservazioni sul mio lavoro. Tu scrivi articoli, io faccio film, loro fanno politica di professione. Ma non la sanno fare. Non fanno bene il loro mestiere. Erano imbarazzati e imbarazzanti, inadeguati. Ecco cosa sono: inadeguati. Questi dirigenti dell'Ulivo che si fanno dare i calci in bocca, credono nel Costanzo...". Lo show? "Il Costanzo show. Ma io conosco deputati che sono stati eletti senza andare da Costanzo. Non ce ne è bisogno. Guarda, io non sono stato mai un mistico della società civile, della "base", mai, nemmeno negli anni Settanta, ma dico però: se sbagli, stai a sentire quello che ti dice chi ti vota".

Parla di sé? "Ma no, dico gli elettori. Poi anche io, certo. Se leggo un libro, se vedo un film che non mi piace lo dico. Se sento un leader del partito per cui voto che sbaglia devo essere libero di dirgli: sbagli, e quello deve ascoltare. Sennò rivinciamo fra 15 anni". Tre o quattro generazioni. "Ecco, appunto. Io c'ero in piazza quel lunedì sera, dopo la vittoria di Veltroni. Avevano portato il vecchio Foa sul palco, a fargli fare il bel discorso sull'unità, bello, poi il giorno dopo, il martedì, erano lì a litigare sui presidenti di commissione. Ma come si fa? Ma ci meritiamo questo spettacolo? Non dico che la vittoria di Berlusconi sia colpa loro, ma le dimensioni della vittoria sì. Ci voleva il premio di maggioranza, si sa. Senza quello nella migliore delle ipotesi si andava al pareggio, e non ci siamo arrivati. Ma le leggi, diceva il geografo, le leggi perché non le hanno fatte quando governavano? E' da qui che si deve ripartire, dagli errori. Non come dice Di Pietro: il passato è passato. No, perché sennò rifate lo stesso. Quelle tre leggi, l'antitrust, il conflitto d'interessi, la riforma della giustizia: andavano fatte. E poi le rogatorie, le potevamo ratificare, non l'hanno fatto per sciatteria. Poi così ci ha pensato Berlusconi alle rogatorie, molto bene no? Io non credo nemmeno nei complotti, non sono nemmeno... com'è quella parola che usate sui giornali... quelli che pensano dietro... quella brutta parola". Un dietrologo. "Ecco, no. Non lo sono. Penso che siano sciatti e incapaci. Che non ascoltino, e che non sappiamo parlare al cuore e alla testa della gente". Sì questo glielo ha detto in faccia: né al cuore, né alla testa, né all'anima. "Ecco. Perché a me dispiace, proprio non ce la faccio a vedere questo spettacolo, come ci siamo ridotti. Qualcuno lo deve dire, no? Ora basta comunque. Io politica non la faccio non la so fare. Non parlo più, stasera è andata così, e basta. Non so nemmeno com'è successo. Anzi guarda, vado a fare due passi, scusa sai. Devo fare qualcosa per lo stomaco". Sì, lo stomaco. "Allora vado. E' che è stato un colpo, sai, anche per me. Una sorpresa". Certo, una sorpresa. Un bel colpo per tutti.