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L'economia occidentale nutrita a suon di bombe
- Subject: L'economia occidentale nutrita a suon di bombe
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Mon, 14 Jan 2002 23:46:45 +0100
L'economia occidentale nutrita a suon di bombe di Giuseppe Frangi (g.frangi at vita.it) 11/01/2002 Anteprima. L'editoriale di VITA magazine in edicola da oggi. L'economia USA stanzia altri 40 miliardi di dollari per la guerra. Da questo numero piu' colori piu' contenuti. La questione del commercio delle armi, sollevata da Vita settimana scorsa, ha suscitato un grande interesse da parte dei lettori. D'altra parte la grande stampa internazionale sta aprendo gli occhi su questo scandalo. Un giornale sicuramente bellicista e dalla granitica fede occidentale come l'Economist, sul numero del 4 gennaio poneva questa domanda: il congresso americano ha stanziato per la guerra contro l'Afghanistan e il terrorismo 40 miliardi di dollari. Secondo un recentissimo documento della Commission on Macroeconomics and Health (una commissione istituita dall'Organizzazione mondiale della sanità), riferisce sempre il settimanale inglese, uno stanziamento di 27 miliardi di dollari salverebbe 8 milioni di vite umane condannate ogni anno da malattie facilmente curabili. Ora, si chiede l'Economist, l'Occidente è consapevole che il terrorismo non è l'unico flagello che incombe sul destino del mondo? Di più: che per costruire un futuro stabile bisogna affrontare la grande questione della “salute della nazioni”? «Non è solo questione di compassione. è una questione profondamente economica», commenta l'Economist. «Se gli occidentali vogliono ridurre il numero di Stati canaglia che forniscono retroterra a gruppi come quelli di al-Qaeda, dovrebbero capire che è meglio spendere di più nel colpire le malattie tropicali». Purtroppo la vicenda afghana dimostra che il mondo ricco è invece prigioniero di una dinamica perversa. Anche qui la fonte non è certamente contestabile: Francesco Giavazzi, Economista ed editorialista del Corriere della Sera, ha descritto con efficacia questa dinamica. «Un dollaro di spesa del Pentagono non solo fa crescere la domanda nel momento in cui viene impiegato, ma ha un forte effetto moltiplicatore: dopo un anno il Prodotto interno lordo cresce più del doppio: 2,43 dollari. E l'effetto dura nel tempo. è possibile quindi che lo choc della guerra sia alla fine una buona notizia almeno per l'economia. Oltre il 10 per cento delle spese militari finanzia ricerca e sviluppo: una doppia buona notizia per le imprese che operano nei settori tecnologici, i più colpiti in questi mesi» (per dovere di cronaca: Giavazzi fa riferimento ad uno studio di Olivier Blanchard e Roberto Perotti, commissionato dal National Bureau of Economic Research, scaricabile all'indirizzo http://www.nber.org). D'altra parte è noto il comunicato di Morgan Stanley, datato 11 settembre, ore 8 del mattino: cosa può far uscire l'America dalla recessione? «Solo un atto di guerra» scrivevano gli analisti del grande istituto di consulenza americano. Un'ora dopo la guerra era servita su un piatto da quel personaggio, dal profilo così ambiguo, di Bin Laden. Fantapolitica? Purtroppo no. Come non è fantapolitica il fatto che per combattere una guerra in cui l'America, dopo i poveri civili massacrati alle Twin Towers, ha avuto un solo militare ucciso, abbia finanziato la costruzione di un caccia da 440miliardi di dollari (il Joint Fight Striker della Lockheed Martin: si tratta della più grande commessa della storia, come ha ricordato Enzo Modugno sulle colonne di Alias). 440 miliardi di dollari non servono evidentemente per combattere al- Qaeda. Servono purtroppo per tenere in piedi un sistema che sarà pur figlio della più evoluta civiltà della storia, ma che sembra sempre più scandalosamente vicino al suo capolinea.
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