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La nonviolenza e' in cammino. 340
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 340
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 13 Jan 2002 17:58:08 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 340 del 12 gennaio 2002 Sommario di questo numero: 1. Ettore Masina, sos per Safiya 2. Mao Valpiana risponde a Silvio Berlusconi 3. Walter Binni ricorda Aldo Capitini 4. "Un uomo, un voto": una proposta di lettera da inviare a governanti e parlamentari 5. Un ponte per...: il 14 gennaio a Roma 6. Palermo anno uno: a Roma il 19 gennaio contro il razzismo e il 23 febbraio contro la mafia 7. Monica Farnetti presenta il nuovo libro di Chiara Zamboni 8. Barbara Raggi, la shoah attraverso gli occhi delle donne 9. Alcuni riferimenti per contattare il MIR 10. Aggiornamento del "C.O.S. in rete" 11. Letture: AA. VV., Mortedison (tutti assolti) 12. Letture: AA. VV., Sulla inutilita' del cristianesimo (settima settimana alfonsiana) 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. APPELLI. ETTORE MASINA: SOS PER SAFIYA [Ettore Masina (per contatti: ettore.mas at libero.it) e' una delle figure piu' rilevanti dell'impegno per la pace e i diritti umani] Care amiche, cari amici, soltanto in queste ultime ore abbiamo saputo che Safiya sara' giudicata in appello lunedi prossimo. La tesi della difesa si basera' sia sul fatto che si e' trattato di violenza carnale sia sul fatto che in ogni caso il reato sarebbe stato compiuto prima dell'introduzione della sharia. Quanto al resto: il ministro federale nigeriano di grazia e giustizia, che aveva garantito che Safiya non sarebbe stata uccisa, e' stato ammazzato il 23 dicembre scorso; ed e' stato assassinato tre giorni fa anche il segretario particolare del presidente della Corte federale. Sono delitti "comuni" o episodi legati al durissimo (anzi: sanguinoso) conflitto in atto nel paese fra cristiani e musulmani? E' in questo clima che sara' esaminato l'appello di Safiya. Persone autorevoli mi consigliano di scrivere subito, e fare scrivere, nuovi appelli in favore di Safiya mandandoli questa volta per e-mail, data la ristrettezza dei tempi al seguente indirizzo: www.nigerianmission.org/_vti_bin/shtml.dll/feedback.htm Per chi e' poco pratico di Internet e/o non conosce l'inglese, spiego: sulla pagina troverete la scritta: What kind of comment woud you like to send? Selezionate "suggestion" What about us do you etc: In "other" scrivete "Safiya Hussaini" Nel riquadro successivo scrivete "We want Safiya Hussaini alive". Completate con i vostri dati e spedite. Ricordiamoci che nessuno fara' quello che potremmo fare noi. Un caro saluto. 2. LETTERE. MAO VALPIANA RISPONDE A SILVIO BERLUSCONI [Mao Valpiana e' il direttore di "Azione nonviolenta", il mensile fondato da Aldo Capitini, voce del Movimento Nonviolento. Per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org] In questi giorni, come altri venti milioni di famiglie italiane, ho ricevuto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, un convertitore euro/lire accompagnato da una lettera che inizia con "Cara amica, caro amico..." e termina con la firma di Silvio Berlusconi. Ho risposto cosi': Egregio Signor Presidente Berlusconi, trattengo il convertitore in quanto esso e' stato pagato con i soldi dello Stato, e quindi dei contribuenti, categoria alla quale appartengo. Le restituisco invece la lettera perche' - pur rispettandoLa per il consenso elettorale che Ella ha ottenuto - non mi considero Suo amico. Distinti saluti Massimo Valpiana, cittadino italiano P. S. Sono tante le cose che ci dividono. L'ultima, e la piu' grave, e' il Suo appoggio - dato a nome dell'Italia e con il voto del Parlamento - al conflitto in Afghanistan, calpestando l'articolo 11 della Costituzione che "ripudia la guerra". 3. MAESTRI. WALTER BINNI RICORDA ALDO CAPITINI [Riproduciamo ancora una volta le parole di commiato pronunciate da Walter Binni in occasione delle esequie di Aldo Capitini, a Perugia, il 21 ottobre 1968. Il testo, gia' apparso nel fascicolo speciale di "Azione Nonviolenta" del novembre-dicembre 1968, lo riprendiamo da Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, dove si trova con il titolo Un vero rivoluzionario alle pagine 497-500. Walter Binni e' nato a Perugia nel 1913, ha studiato alla Normale di Pisa, antifascista, impegnato nella Resistenza, poi deputato alla Costituente. Docente universitario, tra i massimi studiosi della letteratura italiana. E' scomparso sul finire del novembre 1997. Tra le opere di Walter Binni (la sua vastissima produzione e' tutta di grande valore) segnaliamo particolarmente gli studi leopardiani: fondamentali La nuova poetica leopardiana, e La protesta di Leopardi, editi da Sansoni; ed il giustamente celebre saggio metodologico Poetica, critica e storia letteraria, edito da Laterza. Come e' noto sono classici i suoi studi sulla poetica del decadentismo, il preromanticismo italiano, Ariosto, Michelangelo scrittore, Metastasio, Parini, Goldoni, Alfieri, Monti, Foscolo, Carducci, De Sanctis. Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977; recentemente e' stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, e un volume di Scritti filosofici e religiosi. Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, ECP, S. Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, BFS, Pisa 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999] Queste inadeguate parole che io pronuncio a nome degli amici piu' antichi e piu' recenti che Aldo Capitini ebbe ed ha, per la sua eccezionale disposizione verso gli altri, vorrebbero piu' che essere un saluto estremo e un motivato omaggio alla sua presenza nella nostra storia privata e generale, costituire solo un appoggio, per quanto esile e sproporzionato, ad una tensione di concentrazione di tutti quanti lo conobbero e lo amarono: tutti qui materialmente o idealmente raccolti in un intimo silenzio profondo che queste parole vorrebbero non spezzare ma accentuare, portandoci tutti a unirci a lui, nella nostra stessa intera unione con lui e in lui, unione cui egli ci ha sollecitato e ci sollecita con la sua vita, con le sue opere, con le sue possenti e geniali intuizioni. Certo in questo "nobile e virile silenzio" suggerito, come egli diceva, dalla morte di ogni essere umano, come potremmo facilmente bruciare il momento struggente del dolore, della lacerazione profonda provocata in noi dalla sua scomparsa? In noi che appassionatamente sentiamo e soffriamo la assenza di quella irripetibile vitale presenza, con i suoi connotati concreti per sempre sottratti al nostro sguardo affettuoso, al nostro abbraccio fraterno, al nostro incontro, fonte per noi e per lui di ineffabile gioia, di accrescimento continuo del nostro meglio e dei nostri affetti piu' alti. Quel volto scavato, energico, supremamente cordiale, quella fronte alta ed augusta, quelle mani pronte alla stretta leale e confortatrice, quegli occhi profondi, severi, capaci di sondare fulminei l'intimo dei nostri cuori ed intuire le nostre pene e le nostre inquietudini, quel sorriso fraterno e luminoso, quel gestire sobrio e composto, ma cosi' carico di intima forza di persuasione, quella voce dal timbro chiaro e denso, scandito e posseduto fino alle sue minime vibrazioni. Tutto cio' che era suo, inconfondibilmente e sensibilmente suo, ora ci attrae e ci turba quanto piu' sappiamo che e' per sempre scomparso con il suo corpo morto ed inanime, che non si offrira' mai piu' ai nostri incontri, al nostro affetto, nella sua casa, o in questi luoghi da lui e da noi tanto amati, su questi colli perugini, malinconici e sereni, in cui infinite volte lo incontrammo e che ora ci sembrano improvvisamente privati della loro bellezza intensa se da loro e' cancellata per sempre la luce umana della sua figura e della sua parola. Ed ognuno di noi, certo, in questo momento, e' come sopraffatto dall'onda dei ricordi piu' minuti e percio' struggenti, quanto piu' remoti risorgono dalla nostra memoria commossa in quei particolari fuggevoli e minimi, che proprio dalla poesia del caduco, del sensibile, dell'irripetibile, traggono la loro forza emotiva piu' sconvolgente e ci spingerebbero a rievocare, a recuperare quel particolare luogo di incontro, quella stanzetta della torre campanaria in cui un giorno -quel giorno lontano- parlammo per la prima volta con lui, o quella piazzetta cittadina -quella piazzetta- in cui improvvisamente ci venne incontro con la gioia dell'incontro inatteso, o quel colle coronato di pini in cui insieme ci recammo con altri amici. E ognuno di noi ripensa certo ora alla propria vicenda o al segno profondo lasciato dall'incontro con Capitini, fino a dover riconoscere - il caso di quanti furono giovani in anni lontani - che essa sarebbe per noi incomprensibile e non ricostruibile come essa si e' svolta, senza l' intervento di lui, senza la sua parola illuminante, senza i problemi che lui ci aiuto' ad impostare e a chiarire, spesso contribuendo a decisive svolte nella nostra formazione e nella nostra vita intellettuale, morale, politica. Ma appunto proprio da questo, dalla considerazione dell'immenso debito contratto con lui, dalla nostra gratitudine e riconoscenza per quanto, con generosita' e disponibilita' inesauribile, egli ci ha dato, veniamo riportati - al di la' del nostro dolore che sappiamo inesauribile e pronto a risorgere ogni volta che ci colpira' un'immagine, un'eco, una labile traccia della sua per sempre scomparsa consistenza concreta - a quel momento ulteriore della nostra unione con lui, in occasione della sua morte, che soprattutto dalle sue parole e dalle sue opere abbiamo appreso a considerare come l'apertura del "muro del pianto", della buia barriera della morte. Perche' qualunque siano attualmente le nostre diverse prospettive ideologiche, esistenziali, religiose o non religiose (e cosi', coerentemente, pratiche e politiche), una cosa abbiamo tutti, credo, da lui imparata: la scontentezza profonda della realta' a tutti i suoi livelli, la certezza dei suoi limiti e dei suoi errori profondi, la volonta' di trasformarla, di aprirla, di liberarla. E' qui che il ricordo e il dolore si tramutano in una tensione che ci unisce con Aldo nella sua piu' vera presenza attuale, nella sua non caduca presenza in noi e nella storia, e ci riempie di un sentimento e di una volonta' quale egli ci chiede e ci domanda con tutta la sua vita e la sua opera piu' persuasa di combattente per una verita' non immobile e ferma, ma profonda ed attiva, concretata in quella prassi conseguente di cui egli sosteneva proprio in questi ultimi giorni, parlando con me, l'assoluto primato. Il morto, il crocifisso nella realta', come egli diceva, suggerisce infatti insieme e il senso della nostra limitatezza individuale in una realta' di per se' ostile e crudele (quante volte abbiamo insieme ripetuto i versi di Montale con il loro circuito chiuso: la vita e' piu' vana che crudele, piu' crudele che vana!) e la nostra possibilita' o almeno il nostro dovere di tentare di spezzare, di aprire quella limitatezza, di trasformare la realta', dalla societa' ingiusta e feroce alla natura indifferente alla sorte dei singoli e al loro dolore. Li' e' il punto in cui convergono tutte le folte componenti del pensiero originalissimo di Capitini: il tu e il tu-tutti, il potere dal basso e di tutti, la nonviolenza, l'apertura e l' aggiunta religiosa. Li' convergono in una profonda spinta rinnovatrice le idee, le intuizioni (tese da una forza espressiva che tocca spesso la poesia), gli atteggiamenti pratici di Capitini. Non accettare nessuna ingiustizia e nessuna sopraffazione politica e sociale, non accettare la legge egoistica del puro utile, non accettare la realta' naturale grezza e sorda, e opporre a tutto cio' una volonta' persuasa del valore dell'uomo e delle sue forze solidali e arricchite dalla "compresenza" attiva dei vivi e dei morti, tutte immesse a forzare ed aprire i limiti della realta' verso una societa' e una realta' resa liberata e fraterna anzitutto dall'amore e dalla rinuncia alla soppressione fisica dell'avversario e del dissenziente, sempre persuadibile e recuperabile nel suo meglio, mai cancellabile con la violenza. Di fronte a questo sforzo consapevole ed ai modi stessi della sua attuazione e della sua configurazione precisa alcuni di noi possono essere anche dissenzienti o diversamente disposti e operanti, ma nessuno che abbia compreso l'enorme portata della lezione di Capitini puo' sfuggire a questo nodo centrale del suo pensiero, nessuno puo' esimersi di dare ad esso adesione o risposta, tanto esso e' stringente, perentorio, come perentoria e' insieme la lezione di intransigenza morale e intellettuale di Capitini, la sua netta distinzione di valore e disvalore, la severita' del suo stesso amore, pur cosi' illimitatamente aperto e persuaso del valore implicito in ogni essere umano. Proprio per questo amore aperto e severo, questa nostra unione in lui e con lui - in presenza della sua morte - non puo' lasciarci cosi' come siamo di fronte alle cose e di fronte a noi stessi, non puo' non tradursi in un impegno di suprema lealta', sincerita', volonta' di trasformazione. Capitini fu un vero rivoluzionario nel senso piu' profondo di questa grande parola: lo fu, sin dalla sua strenua opposizione al fascismo, di fronte ad ogni negazione della liberta' e della democrazia (e ad ogni inganno esercitato nel nome formale ed astratto di queste parole), lo fu di fronte ad ogni violenza sopraffattrice, in sede politica e religiosa, cosi' come di fronte ad ogni tipo di ordine e autorita' dogmatica ed ingiusta (qualunque essa sia), lo fu persino, ripeto, di fronte alla stessa realta' e al suo ordine di violenza e di crudelta'. Questo non dobbiamo dimenticare, facendo di lui un sognatore ingenuo ed innocuo, e sfuggendo cosi' alle nostre stesse responsabilita' piu' intere e rifugiandoci nel nostro cerchio individualistico o nelle nostre abitudini e convenzioni non soggette ad una continua critica e volonta' rinnovatrice. Forse non a tutti noi si aprira' il regno luminoso della realta' liberata e fraterna nei modi precisi in cui Capitini la concepiva e la promuoveva, ma ad esso dobbiamo pur tendere con appassionata energia. Solo cosi' il nostro compianto per la tua scomparsa, carissimo, fraterno, indimenticabile amico, diviene concreto ringraziamento e la risposta alla tua voce piu' profonda: solo cosi' non ti lasceremo ombra fra le ombre o spoglia inerte e consumata negli oscuri silenzi della tomba, e proseguiremo insieme, severamente rasserenati - come tu ci hai voluto - nel nostro colloquio con te, con il tuo tu-tutti, attuandolo nel nostro faticoso e fraterno impegno di uomini fra gli uomini, come tu ci hai chiesto e come tu ci hai indicato con il tuo altissimo esempio. 4. APPELLI. "UN UOMO, UN VOTO": UNA PROPOSTA DI LETTERA DA INVIARE A GOVERNANTI E PARLAMENTARI [Questo appello abbiamo ripreso dal numero 28 del 24 ottobre 2000 del notiziario "Un uomo, un voto" promosso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo] Egregi signori, a) la Convenzione di Strasburgo del 5 febbraio 1992 sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale prevede al capitolo C il diritto di voto (elettorato attivo e passivo, ovvero la facoltà di eleggere e di essere eletto) nelle elezioni locali per ogni straniero residente; b) in altri paesi europei tale diritto e' garantito da vari decenni; c) dal 1996 anche in Italia vi sono gia' degli stranieri residenti che godono, come e' giusto, del diritto di voto per le elezioni amministrative: tutti quelli provenienti da paesi della Comunita' Europea (e tale riconoscimento del diritto di voto non ha richiesto alcuna modifica costituzionale); d) la bozza definitiva di quella che poi divenne la legge 40/98 prevedeva il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutti gli stranieri residenti, e solo nell'ultima fase immediatamente antecedente l'approvazione della legge tale ragionevole e doverosa norma fu proditoriamente e vergognosamente cassata; e) non vi e' dubbio che non occorre affatto modificare la Costituzione per riconoscere finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutti gli stranieri legalmente residenti; f) e' sufficiente una legge ordinaria. Vi chiediamo pertanto di adoperarvi affinche' cessi questa sorta di apartheid elettorale, affinché a tutte le persone legalmente residenti in Italia sia finalmente riconosciuto il diritto di voto nelle elezioni amministrative. "Un uomo, un voto" e' stato lo storico motto del movimento antirazzista sudafricano che Nelson Mandela ha guidato alla vittoria, per il suo popolo e per l'umanita' intera; facciamolo valere anche in Italia. Cessi l'apartheid elettorale, sia riconosciuto finalmente il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti in Italia. In attesa di un cenno di riscontro, distinti saluti Firma ed indirizzo del mittente Luogo e data 5. INIZIATIVE. UN PONTE PER...: IL 14 GENNAIO A ROMA [Dall'organizzazione umanitaria di solidaireta' internazionale "Un ponte per..." (per contatti: posta.unponteper at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo] Lunedi 14 gennaio dalle ore 15 alle ore 18 in Piazza Montecitorio a Roma, sit-in durante la discussione sulla politica estera della Camera dei Deputati. Per un'altra politica estera rispettosa dell'articolo 11 della Costituzione che promuova lo sviluppo dei paesi del sud del mondo come base della pace. No alla partecipazione alla guerra in Afghanistan; no all'allargamento del conflitto; revocare unilateralmente l'embargo all'Iraq; sostenere la creazione dello stato di Palestina; cancellare il debito dei paesi del sud del mondo; introdurre la Tobin Tax. Durante la manifestazione verranno consegnate al Presidente del Consiglio dei Ministri le cartoline contro l'embargo all'Iraq inviate dai cittadini italiani al Ministro degli Esteri. Prime adesioni: Altrimondi Roma, Associazione per la Pace, Attac Roma, ICS, Roma Nordest Social Forum, Un ponte per..., Verdi, PdCI, Prc. Per adesioni: posta.unponteper at tiscalinet.it 6. INIZIATIVE. PALERMO ANNO UNO: A ROMA IL 19 GENNAIO CONTRO IL RAZZISMO E IL 23 FEBBRAIO CONTRO LA MAFIA [Dall'associazione "Palermo anno uno" (per contatti: palermoannouno at libero.it) riceviamo e diffondiamo, ed invitiamo i nostri interlocutori ad aderire alle iniziative di seguito segnalate] L'assemblea nazionale prevista a Roma il 19 gennaio prossimo e' stata rinviata al 23 febbraio 2002 e si terra' in Campidoglio. Il 19 gennaio infatti e' prevista, sempre a Roma, una grande manifestazione a favore degli immigrati e contro il razzismo. Data l'evidente importanza di questa iniziativa gia' confermata e alla quale intendiamo dare il nostro contributo, riteniamo opportuno evitare la suddetta concomitanza che avrebbe potuto provocare una sovrapposizione di eventi dagli effetti di per se' depotenzianti per entrambe le iniziative e una minore visibilita' nei media. Tra l'altro, negli ultimi giorni, sono state proposte, da piu' parti, iniziative analoghe e pertanto per raggiungere una maggiore integrazione e il massimo coinvolgimento delle diverse realta' - sia individuali che associative e, comunque, sensibili ai temi della giustizia e della democrazia - e per evitare una frammentazione di eventi, ci siamo raccordati con "Libera" concordando di concentrare lo sforzo organizzativo in un'unica iniziativa da tenersi a Roma, in Campidoglio, la mattina del 23 febbraio, prima dell'assemblea nazionale di "Libera" che, per chi e' interessato, proseguira' nel pomeriggio del 23 e nella giornata del 24 febbraio 2002. Pertanto Palermo chiama... contro la mafia a Roma il 23 febbraio 2002. Seguiranno nei prossimi giorni ulteriori informazioni su altri aspetti organizzativi. Un caro saluto a tutti, Palermo Anno Uno * Palermo chiama... per esserci contro la mafia "Si muore generalmente perche' si e' soli o perche' si e' entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perche' non si dispone delle necessarie alleanze, perche' si e' privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non e' riuscito a proteggere" (Giovanni Falcone). Assistiamo ad un progressivo e costante smantellamento di tutti quegli strumenti di contrasto alla criminalita' organizzata che, dopo le stragi del '92, ci avevano fatto sperare di potere un giorno vivere in una societa' libera dall'intimidazione mafiosa. Sempre piu' difficile e' collaborare con la giustizia, sia da parte dei pentiti che di imprenditori onesti e taglieggiati, sempre piu' sfumato e' il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre fioccano le condanne di risarcimento a carico di chi racconta o analizza la mafia, e i magistrati piu' esposti vengono costantemente attaccati e delegittimati. Niente piu' falsi in bilancio, ostacoli insormontabili per le rogatorie internazionali e un bel colpo di spugna per i reati finanziari. Dopo la cessazione dell' operazione "Vespri Siciliani", ecco oggi la riduzione della "vergogna nazionale", cioe' delle scorte ai magistrati. Imperativo categorico e' diventato "imparare a convivere con la mafia", in attesa di allentare la vigilanza sui grandi appalti. Intendiamo esprimere non solo preoccupazione ma indignazione per il percorso intrapreso verso una normalita' che somiglia troppo ad una "normalizzazione".Oggi, come e piu' di ieri, e' necessario ribadire, con forza e convinzione, che la mafia esiste ancora, e controlla il territorio. La mafia non e' un'emergenza. La mafia e' un sistema criminale che trova la sua forza nei legami ancora forti con pezzi della politica, delle istituzioni, del mondo dell'economia ed in capitali immensi, appena scalfiti da sequestri e confische. Per questo e' assolutamente necessario rialzare la guardia, mobilitare le coscienze e rendere evidente nel Paese la volonta' di liberarsi dal giogo mafioso. E' ancor piu' necessario richiamare alle proprie responsabilita' tutte le cariche istituzionali a garanzia della democrazia e della liberta'. Riteniamo urgente e vitale organizzare una mobilitazione nazionale contro la mafia che veda convergere associazioni, gruppi, movimenti e cittadini. Una manifestazione che riteniamo opportuno proporre a Roma entro poche settimane per sottolineare il senso di una battaglia contro la criminalita' che e' dell'intero Paese. Per dimostrare a pezzi delle istituzioni non coerentemente impegnati nel contrasto alla mafia la presenza determinata e non rassegnata dei cittadini italiani. Vi invitiamo ad inviare entro i prossimi giorni la vostra adesione insieme alla disponibilita' a dare un contributo di idee ed un apporto organizzativo per la riuscita dell'iniziativa. Associazione "Palermo anno uno", e-mail: palermoannouno at libero.it, fax: 091340793. [All'appello hanno gia' aderito molti movimenti della societa' civile, autorevoli rappresentanti delle istituzioni e illustri personalita'] 7. SEGNALAZIONI. MONICA FARNETTI PRESENTA IL NUOVO LIBRO DI CHIARA ZAMBONI [Questa recensione abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 gennaio] C'e' un libro (fra altri) che mi ha sempre angosciato, Naufragio con spettatore di Hans Blumenberg, dove la luttosa metafora, derivata da Lucrezio, di una morte per acqua scortata dallo sguardo cinico di chi gode per contrasto, da una riva lontana, della propria salvezza e' assunta nientemeno che a "paradigma dell'esistenza". Nulla mi andava di quel "paradigma": ne' che il mare fosse senz'altro luogo di morte ne' che lo spettatore non avvertisse alcun istinto di soccorso ne', tantomeno, che del disastro filosoficamente godesse, ne' infine che si parlasse di "paradigma", e che ci venisse suggerito che quell'orribile scena ci riguardava tutti. Ma mi sono occorse molte letture per argomentare il mio rifiuto, e piu' di tutte quella del nuovo libro di Chiara Zamboni, Parole non consumate. Donne e uomini nel linguaggio (Liguori Editore, pp. 157, lire 24.000), che della metafora lucreziana a suo modo fa giustizia e, per quanto mi riguarda, di quell'angoscia mi libera. In questo libro, dove il mare e' l'immagine del tema principale, il linguaggio, e specificamente della differenza del e nel linguaggio fra donne e uomini, non c'e' naufragio, infatti, ma semmai l'offerta di una serie di potenti mezzi di salvataggio, che corrispondono ai diversi modi di abitare nel linguaggio stesso: di nuotarvi, anzi, visto che in esso siamo immersi e nuotiamo - parliamo - di necessita', e senza intenzione, giusto per non andare a fondo (anche se poi "a fondo", molto "a fondo", in questo libro metaforicamente si va). Si nuota quindi - si parla - perche' "squilibrati e senza luogo protetto in cui ritirarci", scrive Chiara Zamboni nell'Introduzione, "intessuti" come ci ritroviamo nella situazione che cerchiamo di rendere significativa. Ma questo "squilibrio", in cui si riconosce chi parla da donna della differenza fra donne e uomini, non e' uno smacco alla geometria ne' all'armonia delle sfere e alla loro musica perfetta; non e', per l'appunto, fonte di angoscia ma semmai di allegria. Perche', stando cosi' le cose ovvero i soggetti, galleggianti nell'oceano del linguaggio e presi nella coincidenza fra il dire e il fare, si ha "un pensiero che nasce a partire dall'esperienza e dalla sua verita' e che vi ritorna con testardaggine. Un pensiero che si apre all'interno dell'esperienza del vivere". Di qui la portentosa "allegria della mente" (formula cosi' assonante ma cosi' diversa dalla "felicita' mentale" degli antichi poeti, di Cavalcanti o di Dante, che era un'avventura dell'"intelligenza" nel senso piu' ristretto del termine, una visione tecnica, estatica e intellettuale dell'amore e della poesia). Di qui dunque quell'allegria pervasiva, che ci inonda e fa si' che il parlare valga la pena; che "sorge la' dove la disposizione del reale si trasforma" mentre irrompono "modificazioni improvvise dell'essere segnalate da nuovi simboli"; allegria che si genera sostanzialmente da "parole antiche adoperate in modo nuovo". E' qui, credo, il nucleo del libro, e insieme dell'orizzonte di pensiero che lo ospita e di tutto il lavoro sul linguaggio che lo precede: un lavoro che, assieme alla comunita' filosofica di Diotima, Chiara Zamboni ha portato avanti sempre (e chi ha partecipato almeno una volta ai suoi seminari lo sa bene) con concentrazione, energia e magistrale sapienza. E' nell'impresa della risignificazione delle parole antiche (vista peraltro, molto pragmaticamente, la difficolta' di inventarne sempre di nuove) che si fonda la possibilita' di un linguaggio della differenza, che dica e significhi l'esperienza per come nella differenza e' vista e sentita. Il segreto del risignificare, di far rinascere le parole a nuova vita, sta proprio nel pensare il linguaggio come il mare e nel praticarlo come il nuoto, nel vederlo come pratica e nel pensarlo nella pratica stessa, nel corso dell'esperienza delle cose e degli altri e delle altre. Le parole cosi' si rinnovano, ovvero rinnovano il mondo, perche' lo dislocano e indicano, scrive Chiara, "una nuova densita' dell'essere, di cui partecipiamo". E non si consumano, perche' non si sovrappongono a quello che viviamo e dunque non le segnera' la fatica di quel carico. Il linguaggio-acqua marina, fatto di parole che senza consumarsi, con leggerezza, toccano il mondo e l'"altro" mondo, la coscienza e l'inconscio, il reale e i suoi inquietanti dintorni, e' dunque un linguaggio degno di essere vissuto. E' un'eccedenza, un dono, un canto, un gioco, un'emozione, una magia, un'allegria. Lo dicono, con "parole" di volta in volta diverse - parole-chiave, che si dimostrano tutte strettamente solidali e che compongono un compatto thesaurus in miniatura -, oltre all'introduzione tutti e cinque i capitoli del libro. A cominciare dal primo, bellissimo, su Walter Benjamin riletto a partire dalla beatitudine nominalistica e descrittiva dei suoi anni infantili, di quando praticava la paradisiaca, magica lingua "della domenica": la lingua materna, vicina alle cose e sensualmente cosi' travolgente da segnare in seguito tutto il suo percorso intellettuale e politico. Il secondo capitolo e' dedicato invece a Françoise Dolto e all'esperienza del desiderio, della sua messa in movimento e della sua dicibilita'. Il terzo capitolo e' intitolato La lingua gioca col mondo, e raccorda tutti i lemmi del lessico - allegria e magia, canto e controcanto, emozione, dono ed eccedenza - nella dimensione materiale, avvolgente e letteralmente esplosiva del gioco. Segue il quarto capitolo sul Parlare di donne e uomini nel mondo, essendo una donna, nevralgico per la dimensione politico-filosofica su cui dichiaratamente si concentra, dedicato al tema-principe della relazione. Qui e' la testimonianza di Mary Daly che ci aiuta ad accettare lo squilibrio del linguaggio di cui si diceva, e a rilanciare in positivo la mancanza di un linguaggio che ci rappresenti in quanto donne: insistendo (in Al di la' di Dio Padre, e poi in altri suoi testi) sulla provvidenzialita' dello squilibrio, fertile di fatto di creativita' e di pensiero, e sull'importanza, piu' che non delle parole in se stesse, del contesto in cui sono scelte, adoperate e fatte proprie. L'ultimo capitolo, il mio preferito, e' infine una sorta di magnifico corollario a questa serrata apologia dello squilibrio, e a questa messa a fuoco del contesto emozionale delle parole. Intitolato Brillio dell'essere, e' dedicato a Virginia Woolf, alla sua definizione dei "momenti di essere" e alla sua suprema pratica della conversazione, profondamente orientata, al pari della sua scrittura, da quegli stessi "momenti" estatici e sensuali di esperienza della realta'. E' questo non per caso il capitolo piu' letterario del libro: potenza della metafora, e di quella in particolare, il "brillio dell'essere", che da' scintillanza all'idea centrale del linguaggio, nell'accezione della conversazione, come eccedenza che supera il semplice "stare insieme", e che porta senza deviazioni nell'ambito del dono. Conversare e' un dono, nel senso che e' farsi dono (fare dono di se', darsi in una relazione in presenza) e farsi un dono, regalarsi la possibilita' di conoscere, attraverso la ricerca di intensita' che il conversare comporta, il proprio desiderio e i suoi orientamenti. Nella conversazione l'essere parla ed e' presente e la sua presenza accanto all'altro o all'altra scintilla: di desiderio, di verita', di emozione. E' qui, forse, cio' che piu' di tutto mi sta a cuore in questo libro: la possibilita' che si diano linguaggi - e scritture - che sfuggono alla teoria severissima dell'"autonomia del significante", in base alla quale fra la parola e la cosa c'e' sempre e sempre rimarra' una lacuna incolmabile. Chiara Zamboni, recuperando il Peirce non a caso piu' censurato, rimette in discussione l'influenza dell'oggetto sul linguaggio, la sua attivita' nel processo del significare e la sua viva partecipazione all'universo dei segni. Ci si apre cosi' all'ascolto, e alla lettura, di innumerevoli linguaggi nei quali sentiamo senz'ombra di dubbio che il "significante" non e' vuoto, che non puo' esser vero che i segni rimandino solo ad altri segni (e i libri ad altri libri), ne' che parlare e scrivere sia necessariamente un prendere congedo dal reale. Quando l'essere brilla (di emozioni, o passioni, di desiderio, di "verita'") la lingua brilla a sua volta, e quel brillio contagia chi legge e ascolta e cosi' via all'infinito. I "segni" e i loro "oggetti" circolano intrecciati, c'e' traccia pesante di questi in quelli, e le parole e la vita si fanno compagnia. Il segreto e' nella conversazione, e' - una volta di piu' - nella relazione: una relazione "di fiducia", come l'autrice non manca di precisare, con una definizione indispensabile per tappare finalmente la bocca anche a Lacan. Giacche' se e' vero che c'e' "un godimento femminile... che rimane muto", come ripete a sufficienza il Seminario XX, e' vero anche, afferma Chiara Zamboni, che "la pratica del venir chiamate a dire in una relazione di fiducia, nella quale sia in gioco un incommensurabile al legame, apre al parlare dell'esperienza, in quanto portatrici di un particolare accesso all'essere e al suo godimento". Ma piu' che sul rapporto specifico fra parola e godimento vorrei chiudere sul rapporto piu' generale fra parole e cose: la cui classica contrapposizione, o scorporazione, ci ha impedito tante volte di render conto di noi stesse nonche' delle nostre scrittrici piu' amate. Mentre invece immaginare in qualche forma una loro intimita', ammettere il loro toccarsi, improvvisamente ci restituisce voce e parola, e per soprammercato anche il mondo della letteratura femminile. 8. SEGNALAZIONI. BARBARA RAGGI: LA SHOAH ATTRAVERSO GLI OCCHI DELLE DONNE [Questa recensione e' apparsa sul quotidiano "Il manifesto" del 4 gennaio] Sulla banchina di Auschwitz, mentre i prigionieri si guardavano intorno dopo un viaggio estenuante, i vecchi del campo cercavano di mandare un messaggio alle donne: affidate i bambini alle nonne. I piccoli e i vecchi sarebbero stati immediatamente inviati nelle camere a gas insieme alle madri. Separare le madri dai figli era l'unico modo per dare una chance alle giovani donne. Non sappiamo quante abbiano risposto a quest'appello e ignoriamo quante di loro abbiano compreso cosa dicevano quegli uomini in lingue sconosciute. Ma l'episodio illustra come persone sottoposte alla stessa brutale persecuzione - segregati e assassinati in quanto ebrei - la subissero in modo diversamente articolato: a seconda del sesso, della classe sociale, dell'eta' e di altri fattori come, ad esempio, quello linguistico. Entrare in un lager conoscendo il tedesco o con un figlio piccolo al seguito poteva fare la differenza tra la possibilita' di sopravvivere o la morte immediata. Per indagare la shoah con gli strumenti dell'analisi di genere e' uscito - per i tipi di Le lettere - il volume collettivo Donne nell'Olocausto, curato da Dalia Ofer e Leonor J. Weitzman. Ricostruire la storia della persecuzione contro gli ebrei e il successivo sterminio attraverso gli occhi delle donne, significa seguire un preciso iter cronologico i cui momenti salienti sono dati dalla ripartizione stessa dello studio: prima della guerra, la vita nei ghetti, resistenza e salvezza, campi di lavoro e campi di concentramento. Una ripartizione che consente anche di seguire i vari destini degli ebrei europei: solo i paesi dell'Europa dell'est conoscono i ghetti e le risposte politiche allo sterminio che, proprio nei ghetti, presero vita. Nell'Europa dell'est, inoltre, sulle donne gravava la responsabilita' di mantenere la famiglia mentre gli uomini si dedicavano allo studio della Torah. Le stesse famiglie ortodosse, nei paesi orientali, tendevano a far studiare le bambine nelle scuole pubbliche riservando ai maschi il percorso tradizionale degli studi ebraici. Questo consenti' alle donne una migliore integrazione e maggiori chances di salvezza: avere un amico o un conoscente non ebreo disposto a rischiare faceva la differenza. D'altro canto, soprattutto in Germania, la percezione che fossero gli uomini quelli piu' esposti alle persecuzioni - perche' si pensava che persino i nazisti avrebbero rispettato le donne e i bambini - rallento' l'emigrazione femminile anche tra coloro che avrebbe avuto le possibilita' economiche per farlo. E tuttavia, via via che il cerchio della persecuzione si strinse le differenze di genere sembrarono da un lato annullarsi e dall'altro allargarsi. Le donne avevano meno possibilita' di essere scoperte come ebree se vivevano in una zona "ariana" perche' non erano circoncise; d'altra parte, per quelle che erano rimaste l'unico membro adulto di un intero nucleo familiare, era impossibile cercare una via di salvezza. Ma chi puo' dire che quest'ultimo caso sia accaduto solo alle donne? Gli archivi di Ringelblum raccontano di padri che morirono perche' non volevano separarsi dai propri figli. Certo e' che nessuno, uomo o donna che fosse, poteva determinare in autonomia la propria sorte: era la macchina nazista a decidere. E chi e' scampato ha solo avuto la fortuna di incappare in una smagliatura del meccanismo costruito per annientare tutti e tutte. Diverso il caso dell'occidente dove le donne - ebree o no - conducevano vite assai simili. Nei paesi dell'ovest, soprattutto in ambienti di piccola e media borghesia, le famiglie avevano un modello organizzativo condiviso che vedeva le donne casalinghe o, al massimo, impegnate in attivita' che oggi chiameremmo di volontariato sociale. La conoscenza profonda dell'antisemitismo eliminazionista dei nazisti pone gli autori del volume di fronte a un interrogativo: ha senso una storia di genere della shoah? Alcuni autori e alcune autrici - compresa Ruth Blody che ricostruisce in modo eccellente le vicende di Terezin e del campo familiare di Birkenau - contestano l'importanza del genere durante lo sterminio e tuttavia rilevano delle differenze. Per esempio, prima della liquidazione del campo familiare di Birkenau solo alle donne fu offerta un'alternativa: passare la selezione per un campo di lavoro abbandonando i figli o andare in gas con loro. Dai documenti soltanto due donne accettarono lo scambio, mentre alcune provarono a passare la selezione assieme alle figlie. Tutte le altre furono assassinate con i propri figli e di certo erano consapevoli del destino che le aspettava: il campo delle famiglie di Birkenau era situato nei pressi dei crematori di Auschwitz. In questo particolare contesto non deve essere dimenticato Freddy Hirsch, maestro di scuola elementare del campo familiare, che, informato della liquidazione del campo, scelse di suicidarsi per non lasciare soli i bambini e per l'impossibilita' di aderire a una rivolta che, a suo parere, non avrebbe lasciato scampo ai piccoli. In realta', si tratta di indagare quanto il genere abbia pesato all'interno di un progetto genocida portato alle estreme conseguenze con tutti gli strumenti che la tecnologia offriva. Uno sguardo che ci consente di mettere un'altro tassello nella comprensione e nella ricostruzione di un fenomeno che, piu' lo si indaga, piu' risulta complesso. Per di piu' il volume consente, al lettore italiano, di accedere a una scelta di parte della memorialistica dei ghetti, scritta in jiddish o in polacco e mai tradotta in italiano. Un lavoro storiografico che aggiunge conoscenza e amplia il nostro sguardo su quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale. Uno sguardo che non potra' mai essere esaustivo perche' non e' possibile scrivere il testo che contenga i sei milioni di storie perdute per sempre nei campi della morte. 9. INDIRIZZI UTILI. ALCUNI RIFERIMENTI PER CONTATTARE IL MIR [Il MIR, Movimento Internazionale della Riconciliazione, e' uno dei principali movimenti nonviolenti. Il seguente elenco di riferimenti abbiamo estratto dall'utilissimo indirizzario contenuto nell'agenda "Giorni nonviolenti 2002" edita dalle edizioni Qualevita (per richieste e per contatti: Edizioni Qualevita, via Buonconsiglio 2, 67030 Torre dei Nolfi (AQ), tel. 086446448, 3495843946, e-mail: sudest at iol.it)] - Presidenza: Luciano Benini, Fano (PS), tel. 0721830265, fax 0721825662, e-mail: lucben at libero.it - segreteria: Beppe Marasso, Neive, e-mail: angelaebeppe at libero.it - segreteria operativa: Maria Chiara e Alvise Alba, Alba (CN), tel. 0173440345, e-mail: a.alba at areacom.it - sito: www.peacelink.it/users/mir - e-mail della segreteria: mir at peacelink.it - a Riesi (CL), tel. 0934928123 - a Palermo: Enzo Sanfilippo, tel. 091226513 - a Napoli: Giuliana Martirani, tel. 0817875268 - a Padova: tel. e fax: 0498075964, sito: www.intercity.it/associazioni/mir - a Brescia: centro per la nonviolenza, tel. 030317474, fax: 030318558 - ad Aosta: Andrea Asiatici, tel. 0165239942 - a Torino: Centro "Sereno Regis", tel. 011532824, fax: 0115158000 - a Ivrea: Centro Gandhi, tel. 012543460 - a Roma: tel. 069343715, e-mail: colanton at macronet.it - a Pachino (SR): N. e G. Gullotta, tel. 0931592249 - a Cosenza: Nicola Cupelli, tel. 098473141 - a Marcellina (CS): Sergio Maradei, tel. 098542647 - a S. Marco in Lamis: Gabriele Tardio, tel. 0882833907 - a Grottaglie (TA): Etta Ragusa, Casa per la pace, e-mail: casaxpace at criptanet.it - a Torre dei Nolfi (AQ): Pasquale Iannamorelli, tel. 086453309, 086446448, 3495843946, e-mail: sudest at iol.it - a Fano: Barbara e Luciano Benini, tel. 0721825662 - a Viareggio (LU): Paola Bittini, tel. 0584940576 - a Bagnacavallo (RA): Francesco e Mariarosa Giacomoni, tel. 054563489 - a Roncoscaglia (MO): Vittorio Merlini, tel. 053661062 - a Bolzano: Leone Sticcotti, tel. 0471912593 - a Trieste: Massimo Chersicla, via delle Campanelle 74, 34149 Trieste - a Verbania: famiglia Rinaldelli, tel. 0323405887 - ad Alba (CN): Mariachiara e Alvise Alba, tel. 0173440345 - a Forano Sabino (RI), Eugenio Rivor, tel. 0765570018 - a Vicenza: Giovanni Giuliari, tel. 0444512726 - ad Arezzo: famiglia Vadala', tel. 0575295482 10. SITI: AGGIORNAMENTO DEL "C.O.S.IN RETE" [Dall'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (e-mail: capitini at tiscalinet.it) riceviamo e diffondiamo questa notizia sull'utimo aggiornamento dell'utilissimo sito del "C.O.S. in rete" da cui si accede anche alle numerose ed eccellenti pagine web dedicate alla figura e all'opera di Capitini] Vi segnaliamo nell'ultimo aggiornamento del "C.O.S. in rete", www.cosinrete.it, riflessioni nella stampa italiana sui temi capitiniani di nonviolenza, difesa della pace, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta, antifascismo; tra cui l'eresia di Capitini, l'eresia di Thomas Merton, vangelo e nonviolenza, l'aggiunta religiosa di Giovanni Bazoli, il parere degli intellettuali, la memoria del fascismo, la destra e l'euro, gli obiettivi di Porto Alegre, buttiamola in politica e altri. Ricordiamo che la partecipazione al "C.O.S. in rete" e' ancora libera e possibile. 11. LETTURE. AA. VV.: MORTEDISON (TUTTI ASSOLTI) AA. VV., Mortedison (tutti assolti), Tam tam libri, Mestre 2001, pp. 40, 2 euro. Nella bella collana di opuscoli "Tam tam libri" editi dall'Ecoistituto del Veneto "Alex Langer" (e diffusi anche come inserto a "Gaia", la rivista trimestrale di ecologia, nonviolenza e tecnologie appropriate diretta da Michele Boato e Gianfranco Zavalloni) segnaliamo particolarmente questo recente volumetto che raccoglie poesie di Antonella Barina, Ferruccio Brugnaro, Michele Boato, Jack Hirschman, Anna Lombardo, con una nota di Francesco Moisio, foto di Stefano Bertolucci, ed una scheda a cura di "Parte civile, comitato per la giustizia e la verita' su Porto Marghera" sul processo per le morti di esseri umani e i danni all'ambiente causati dal Petrolchimico di Porto Marghera. Per richieste: tel. 041935666, e-mail: info at ecoistituto.veneto.it 12. LETTURE. AA. VV.: SULLA INUTILITA' DEL CRISTIANESIMO (SETTIMA SETTIMANA ALFONSIANA) AA. VV., Sulla inutilita' del cristianesimo (settima settimana alfonsiana), fascicolo monografico di "Segno", n. 230 del novembre-dicembre 2001, pp. 208, euro 9,30, lire 18.000. Questo volume dell'ottima rivista mensile palermitana diretta da padre Nino Fasullo reca gli atti della settimana alfonsiana tenutasi a Palermo dal 22 al 30 settembre 2001. Relazioni di Nino Fasullo, Roberto Ando', Adriana Valerio, Giovanni Ruffino, Giancarlo Zizola, Luigi Tine', Massimo Naro, Massimo Cacciari, Maria Cristina Laurenzi, Paolo De Benedetti, Remo Bodei, Silvio Perrella, Gaetano Gucciardo, Pietro Percont i, Pasquale Colella, Alfonso Maurizio Iacono, Stefano Ceccanti, Luca Diotallevi, Nicolo' Madonia, Giuseppe Silvestri, Antonio Di Masi, Martin McKeever, Letizia Tomassone, Raniero La Valle. Una lettura appassionante. "Segno" e' da quasi trent'anni una delle migliori riviste di riflessione ed impegno morale, culturale e civile disponibili in Italia. Per contatti e richieste: tel. e fax 091228317, e-mail: rivistasegno at tin.it 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 340 del 12 gennaio 2002
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