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"A qualsiasi prezzo" - e il prezzo è la vita di due ragazzi...
- Subject: "A qualsiasi prezzo" - e il prezzo è la vita di due ragazzi...
- From: "dino frisullo" <dinofrisullo at libero.it>
- Date: Wed, 9 Jan 2002 09:27:44 +0100
CAPODANNO DI MORTE IN ANATOLIA Sperando che sia utile, e sentendo che comunque è doveroso, diffondo una versione più ampia e documentata del mio articolo che uscirà domani (mercoledì) su Liberazione, mentre si terranno i funerali di Lele e Zeynel, lei di 26 anni, lui di 23, morti di fame, uccisi dalla proterva ostinazione omicida del governo turco. Scusatemi per l'intrusione, che proseguirà domani con l'invio del secondo numero del bollettino dell'associazione Azad "Newroz 2002" con queste e molte altre notizie. "I terroristi vanno uccisi", ha sentenziato il giorno dell'Epifania Devlet Bahceli, leader del partito dei Lupi grigi, rispondendo a una domanda sulla pena di morte nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles. Il capo di una formazione nata e cresciuta sul narcoterrorismo, oggi vice primo ministro turco, era ospite d'onore al congresso della Federazione turca in Europa. Come lui, il ministro della Giustizia Sami Turk non ha certo il difetto dell'ambiguità. Negli studi della CNN turca ha respinto seccamente la proposta di mediazione avanzata dal presidente dell'Ordine degli avvocati di Istanbul Yucel Sayman, e sostenuta dall'Associazione diritti umani (Ihd) e dagli stessi detenuti, per porre fine al tragico sciopero della fame avviato da quindici mesi contro le celle d'isolamento. Nulla di rivoluzionario: l'ipotesi era solo di tenere aperte durante il giorno le porte delle tre celle che si affacciano su ogni corridoio nelle carceri "di tipo F", in modo da rendere ogni braccio uno spazio comune per nove detenuti. Ma secondo Sami Turk questo violerebbe l'articolo 16 della Legge antiterrorismo, proprio quella che il 13 dicembre il Parlamento europeo, collegandosi a una recente sentenza della Corte di Strasburgo, ha chiesto alla Turchia di abrogare insieme agli articoli del Codice penale che ancora tengono in prigione Leyla Zana ed i suoi tre colleghi ex-deputati kurdi. La legislazione antiterrorismo limita la socialità dei detenuti politici alle sole attività sportive e lavorative. "I corridoi invece servono soltanto per il passaggio. Andremo avanti con le nuove prigioni a qualunque prezzo", ha detto il ministro. E l'ultimo dei prezzi pagati è la vita di Lale Kolak, stroncata ieri nell'ospedale di Izmit dal deperimento organico a 26 anni, dopo 222 giorni di digiuno nelle prigioni di Umranye e Kartal. Lale, quarantacinquesima vittima della lunga lotta dei detenuti della sinistra turca, aveva deciso di smettere lo sciopero della fame, ma il suo corpo non ce l'ha fatta ugualmente. Invece il suo quasi coetaneo Zeynel Karatas, morto il 6 gennaio nell'ospedale di Izmit, digiunava dall'ottobre del 2000: prima per solidarietà fuori dal carcere, poi nella prigione di Tekirdag in cui proprio per questo era stato rinchiuso in quel terribile dicembre. L'anniversario del massacro di Natale del 2000, quando la polizia fece irruzione in venti carceri massacrando 28 prigionieri, è stato celebrato a suon di manganelli dalla polizia di Istanbul, che il 19 dicembre ha arrestato venticinque persone che volevano deporre mazzi di fiori all'ingresso del carcere di Bayrampasa a Istanbul. Ma per il vicecapo della polizia della metropoli turca, Feysullah Arslan, i suoi sottoposti sono "i più genuini difensori dei diritti umani". Infatti nella stessa intervista, pubblicata a tutta pagina dall'autorevole Turkish Daily News, Arslan annunciava l'apertura di nuove inchieste a carico delle decine di migliaia di studenti che nei giorni scorsi hanno coraggiosamente firmato una petizione per l'insegnamento curricolare della lingua kurda. Non a caso proprio il 19 dicembre l'Organizzazione mondiale contro la tortura condannava la Turchia per la tortura perdurante e per il massacro di un anno fa, sul quale chiedeva un'indagine ampia ed imparziale, sottolineando che finora sono state incriminate solo le vittime. Fra gli arrestati quel giorno c'era l'avvocata Eren Keskin, presidente dell'Ihd di Istanbul, che appena rilasciata, il 31 dicembre, ha reso pubbliche le cifre delle violazioni dei diritti umani nel 2001. Due soli esempi: quasi mille le denunce di casi di tortura negli uffici della polizia, oltre tremila in un anno i nuovi detenuti politici. E l'Unione degli scrittori denuncia a sua volta la censura: 44 libri sequestrati nel 2001 e 23 editori e 38 autori sotto processo, da Pedro Almodovar e Noam Chomski fino ad Abdullah Ocalan, per la pubblicazione della sua memoria difensiva. Fra lo stupore generale i tribunali speciali "per la sicurezza dello Stato" hanno incriminato persino Ali Nihat Ozcan, ricercatore del potente "think-tank" strategico-militare Asam, ma reo di aver pubblicato un libro sulla storia del Pkk. E' stata ritirata dalle librerie persino la prima enciclopedia turca "Kamus'ul Alam", per avere incluso un capitolo sui kurdi. Ma il regime non teme critiche in tempo di guerra, mentre attende di ereditare dagli inglesi il comando del contingente afghano e intanto, anticipando la prossima guerra degli Usa, invia seicento uomini e blindati nella regione del Behdinan, nel Kurdistan irakeno. Anzi: il ministro degli Esteri Cem ha chiesto al governo tedesco l'estradizione di 155 "terroristi", in gran parte membri del Pkk. Per ora il governo tedesco ha risposto che non può consegnarli a un paese in cui vige la pena capitale, e ogni anno le corti aumentano il numero dei 57 condannati a morte in attesa dell'esecuzione. Ma intanto in dicembre la corte di Duesseldorf ha condannato a tre anni di carcere il dirigente del Pkk Mehmet Tanboga, reo di aver partecipato all'occupazione del consolato greco nel '99 dopo il sequestro e la consegna al governo turco di Abdullah Ocalan. Ma questo non basta, e ieri nel vertice europeo di Madrid il governo turco ha tuonato contro l'"intollerabile e imperdonabile" decisione dell'Unione europea che, a differenza del Dipartimento di Stato Usa, per ora non ha incluso nel suo elenco europeo delle "organizzazioni terroriste" nè il Pkk nè il Dhkc-p, il partito cui appartiene la maggioranza delle vittime dello sciopero della fame. (Dino Frisullo - pubblicato in sintesi su Liberazione il 9.1.02)
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