Antonio Tabucchi: Inseguiti dai nostri fantasmi




Inseguiti dai nostri fantasmi
da l'Unità del 12/11/2001

di Antonio Tabucchi
La fantascienza sembra avercela fatta: è diventata realtà. Le immagini
degli aerei che si infilavano nelle Torri di New York non appartenevano a
un film catastrofista di effetti speciali, di cui il cinema hollywoodiano è
stato prodigo, ma erano vere. Superarle, per quel tipo di cinema, d'ora in
poi sarà difficile. Ma la fantascienza pare essersi installata anche nella
politica, nella vita comune, nelle coscienze delle persone.
Esempio: gli Stati Uniti fabbricano mostri e poi pretendono che l'Europa li
aiuti a distruggerli. Nel suo gabinetto politico da dottor Caligaris,
l'America del dopoguerra ha fabbricato vari Frankenstein in giro per il
mondo: Pinochet in Cile, i colonnelli in Grecia, Suharto in Indonesia, lo
Scià in Iran che poi ha prodotto Khomeini, Saddam in Irak che era un utile
alleato contro Khomeini, i talebani in Afghanistan che erano utili contro
l'Unione Sovietica. Quando alcune di queste creature si rivoltano contro lo
scienziato, gli Stati Uniti le bombardano, come nel film di King Kong gli
aerei bombardano King Kong. Con la differenza che Bin Laden è un prodotto
americano, è un made in Usa esattamente come il McDonald e, ahimé, pare sia
esportato un po' dappertutto nel globo. E del McDonald è senz'altro più
nocivo, anche gli anti-global lo riconosceranno.
Bombardare l'Afghanistan, nascondiglio di Bin Laden, sarà la buona
soluzione contro il terrorismo o non sarà che dopo tante bombe e tante
vittime innocenti ce lo ritroveremo sano e salvo come Saddam Hussein? Se
l'Europa sembra non aver riflettuto a sufficienza su questo difficile
dilemma, l'Italia, dal canto suo, non ci ha pensato su due volte. Il
governo italiano, munito anche delle credenziali delle massime istituzioni
dello Stato, tanto ha fatto e tanto ha brigato che è riuscito a entrare in
una guerra per la quale non era stato richiesto il suo diretto intervento
militare.
È un po' come se gli Stati Uniti avessero "esaudito" lo spasmodico
desiderio di Berlusconi di partire per il fronte. Ce l'abbiamo fatta, ci
hanno accettato in guerra!, sembrava dicessero i volti dei ministri che
alla Camera assistevano al risultato di una votazione pressoché unanime. Il
Parlamento aveva votato compatto, come auspicava il presidente della
Repubblica: finalmente l'Italia in guerra.
Ma ho l'impressione che il sentimento degli italiani non corrisponda
esattamente alle scelte belliche del Parlamento. Le persone comuni sanno
che il terrorismo non si combatte con le guerre, ma con un'accorta politica
internazionale, con interventi di polizia, con la trasparenza finanziaria,
con i servizi di sicurezza. Mi chiedo: ma la Cia, che in questi ultimi
cinquant'anni quando ha voluto attuare ha attuato come le pareva, è andata
in pensione? Quello che è inquietante nel nostro Paese è la rapidità con
cui si è imposto il pensiero unico dopo l'ascesa al potere di Berlusconi.
In Europa i cittadini discutono, manifestano, dissentono.
In Italia è vietato: i dissidenti sono segnati a dito come negli "Achtung
banditi!" che apparivano nei bandi repubblichini. Del resto la matrice è
quella. Se i politici della sinistra non sono capaci di dirlo, sarà bene
ricordarlo ai cittadini che sulla guerra nutrono più dubbi che sicurezze:
molti dei Soloni che vi accusano di vigliaccheria o di stare dalla parte
del nemico sono degli ex fascisti, o hanno vicende oscure e pendenze
giudiziarie, e sono difesi dall'immunità parlamentare. Rispedite le accuse
al mittente. La guerra è un fatto antico, appartiene alla specie umana. Se
volete riflettere sulla guerra, sulle guerre, con la vostra testa, fatelo,
è vostro fondamentale e sacrosanto diritto. Come si sa le guerre, che per
alcuni di solito producono degli svantaggi, per altri possono perfino
essere vantaggiose. Per esempio, calamitando l'attenzione dell'opinione
pubblica, possono risultare una vantaggiosa distrazione per un governo che
abbia il progetto di far passare una serie di leggi di discutibilissima
correttezza costituzionale, anzi, che della Costituzione si possono far
beffe. Fatte, approvate e controfirmate celermente mentre la guerra infuria
e i cittadini italiani guardano sul teleschermo le imprese belliche, le
leggi la fanno in barba, e il Tricolore sventola.
E a proposito del Tricolore, che è una bandiera di cui personalmente vado
fiero, a me piacerebbe di più che nella situazione storica in cui si trova
questo Paese, piuttosto che fosse consigliato alle famiglie di tenere in
casa la nostra bandiera, si consigliasse di comprare due libri, il primo
grande e il secondo piccolo (di formato), ma entrambi grandi di contenuto:
"La Divina Commedia" e "La Costituzione Repubblicana". Ritengo che un'idea
di "italianità", se così posso dire, si trovi più in quei due testi che in
una bandiera, e la mia esperienza di professore universitario grazie alla
quale posso affermare che pochi (davvero pochi) studenti li hanno letti, mi
fa ritenere che siano ignoti a una buona parte dei cittadini italiani.
Forse un'educazione a un maggior sentimento dell'unità nazionale, a
un'appartenenza storica, culturale e sociale comuni, potrebbe cominciare
proprio dalla lettura del poema che ha fondato l'Italia linguisticamente e
dagli articoli del popolo sovrano che l'hanno fondata come Paese finalmente
libero e democratico dopo alcuni secoli di spartizioni, divisioni,
occupazioni, dittature.
Analogamente, mi piacerebbe la proposta di un parlamentare di un qualche
partito consapevole, che a differenza di quell'esponente di Alleanza
Nazionale che vorrebbe che il governo regalasse a ogni neonato italiano il
Tricolore, proponesse di fargli spedire per posta una Costituzione, seppure
in un'edizione sobria e molto economica.
A guisa di auspicio, di piccolo vitalizio ideale e morale: benvenuto,
bambino, che questo libriccino ti accompagni nella vita, è quanto di meglio
istituzionalmente e politicamente questo Paese ha saputo fare. E se non lo
volesse fare il governo, potrebbe incaricarsene lo Stato. Del resto sarebbe
una spesa modesta: quanti bambini possono mai nascere in Italia in un anno?
In confronto alle spese di certi uomini d'affari che per scendere in
politica hanno inondato le famiglie italiane con la loro lussuosa
"biografia" a colori, sarebbe una spesa irrisoria. Quanto al Tricolore e
agli oltre duemila (per ora) volontari in partenza per "missioni
d'attacco", secondo l'espressione del ministro della Difesa, ci auguriamo
che non debba avvolgere nessuna bara di ritorno. Di solito nelle guerre
succede: è la loro logica.