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La nonviolenza e' in cammino. 276
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 276
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Thu, 1 Nov 2001 20:54:28 +0100
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 276 del 2 novembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Fermare la guerra o tacere per sempre 2. Antonio Tabucchi ed altri: e' tempo di parlare di pace 3. Eduardo Galeano, la guerra in parole 4. Luigi Cortesi: perche'? why? 5. Davide Melodia, con le bombe 6. Susan Sontag, il cancro della storia umana 7. Gianfranco Mascia, costruiamo i comitati per la legalita' 8. Il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" 9. Il settimanale "Carta" in edicola 10. Convegno e marcia di Pax Christi a Locri 11. Letture: Samir Amin, Il capitalismo nell'era della globalizzazione 12. Letture: Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci 13. Letture: Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini 14. Riletture: Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia 15. Riletture: Dario Paccino, L'imbroglio ecologico 16. Riletture: Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia 17. Per studiare la globalizzazione: da Claudine Vegh a Franco Venturi 18. La Carta del Movimento Nonviolento 19. Per saperne di piu' 1. IL PUNTO. FERMARE LA GUERRA O TACERE PER SEMPRE Perche' i morti non parlano. La guerra, questa guerra terroristica e onnicida in corso, sta mettendo in pericolo l'umanita' intera. Fermarla e' il primo dovere morale e civile di ogni persona ragionevole, di ogni essere umano che vuole vivere, e che l'umanita' viva. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. UN APPELLO. ANTONIO TABUCCHI ED ALTRI: E' TEMPO DI PARLARE DI PACE [Questo appello, promosso da alcuni prestigiosi intellettuali (Antonio Tabucchi, Moni Ovadia, Khaled Fouad Allam, Luciano Canfora, Margherita Hack, Predrag Matvejevic), e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del primo novembre] Occorre sconfiggere il terrorismo. Ed e' indispensabile individuare, catturare e punire i responsabili dell'atroce attentato dell'11 settembre, per il quale ribadiamo con la massima convinzione la nostra solidarieta', piena, sincera e fattiva, agli Stati Uniti d'America, tuttora colpiti dal vile ricorso alla guerriglia batteriologica. Ma proprio l'obiettivo prioritario della lotta al terrorismo impone oggi a ciascuno di noi una riflessione pacata e consapevole su quanto e' avvenuto in queste ultime settimane e sui rischi gravissimi di allargamento del conflitto in atto, senza limiti temporali e territoriali. E' giusto chiedersi se la guerra sia lo strumento piu' efficace per debellare il terrorismo. Dopo diverse settimane di bombardamenti in Afghanistan, cresce il numero delle vittime civili, del tutto innocenti, mentre il problema dei profughi e' gia' diventato una vera e propria emergenza umanitaria di enormi proporzioni. E' tempo di restituire la parola alla politica, alla diplomazia internazionale. Occorrono gesti e atti politici che parlino a tutto il mondo arabo con parole di pace e cooperazione, al fine di svuotare i serbatoi dell'odio, dell'integralismo e del terrore. E' tempo di revocare unilateralmente l'embargo economico all'Iraq. E' tempo di dare uno stato sovrano al popolo palestinese e piena sicurezza a Israele, due fatti che potrebbero cambiare il corso della storia, interrompere un'iniqua carneficina e privare Bin Laden di strumentali argomenti di propaganda. Per ottenere questi risultati e' necessario rilanciare il ruolo dell'Unione Europea nell'ambito e in accordo con le istituzioni internazionali, a iniziare dalle Nazioni Unite. Ma occorre ragionare senza il fragore delle armi, senza che scorrano le immagini delle vittime innocenti e dei profughi. E' indispensabile anzitutto far giungere alle popolazioni colpite gli aiuti umanitari. Chiediamo dunque un'immediata sospensione dei bombardamenti. Antonio Tabucchi, Moni Ovadia, Khaled Fouad Allam, Luciano Canfora, Margherita Hack, Predrag Matvejevic. 3. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: LA GUERRA IN PAROLE [Eduardo Galeano e' uno dei piu' grandi scrittori (e lettori) viventi, ed uno di quei giornalisti che cercano di usare il linguaggio per disvelare il pensiero e capire il mondo, anziche' occultarli e traviarli. Questo testo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 31 ottobre] Nell'anno mille e novecentonovantanove e sette mesi, dal Cielo verra' un gran re del terrore (Nostradamus, che ha voluto essere troppo pignolo con le date). Le torri che nel Cielo si credevano/ un giorno caddero/ nell'umiliazion (dalla canzone messicana "Ay amor, que malo eres", che Emilio Tuero lancio' nel 1951). Un crimine orrendo. Le cui vittime principali, come al solito, sono stati i lavoratori. Un regalo alla destra dura e patriottarda (Noam Chomsky). Io punto il dito contro di loro, sono i pagani, gli abortisti, le femministe, i gay, le lesbiche e quelli dell'Associazione per le liberta' civili... (Jerry Falwell, telepredicatore evangelico, facendo la conta dei colpevoli). Lo vidi aperto dalla barba fino alla parte inferiore del ventre, gli intestini lo tenevano attaccato alle gambe, gli si vedeva il cuore in movimento (Maometto all'inferno, parafrasando Dante Alighieri, nella Divina commedia). Migliaia di persone hanno creduto di distinguere, nel fumo, una forma sinistra. Qualcosa che sembra il volto di Satana, con la barba, le corna e un'orribile espressione di minaccia (John Gibson di "Fox News", commentando un'immagine delle torri incendiate). Molte persone, signor Holmes, hanno visto il demonio di Baskerville nella brughiera. Non puo' essere alcun animale conosciuto dalla scienza. Tutti concordano che era una bestia corpulenta, fosforescente, sinistra e spettrale (Sir Arthur Conan Doyle, Il mastino di Baskerville). L'espansione dell'Islam e' stata una catastrofe (Sir V. S. Naipaul, poche ore prima di ricevere il premio Nobel). Crociata (nome che i presidenti Bush e Berlusconi hanno dato alla nuova guerra, fino a quando qualche storico non gli ha raccontato che, al termine di otto crociate, i cristiani erano stati sconfitti dai musulmani). Chi non e' con noi, e' con i terroristi. Dio non e' neutrale (presidente George W. Bush). L'America e' stata attaccata da Allah l'Onnipotente (lo stesso dio, con nome arabo, in bocca a Osama bin Laden). Per favore, signori, tengano dio fuori da questa storia (John Le Carre'). Tutti i nostri operai stanno facendo gli straordinari, ma non riusciamo a produrne abbastanza (il direttore dello stabilimento cinese Mei Li Hua Flags, di Shanghai, che fabbrica bandiere degli Stati Uniti). Non sarebbe appropriato in un momento come questo (Bill Gates, annunciando che Microsoft aveva cambiato lo slogan previsto per il nuovo programma Windows: "preparati a esplodere"). Sarebbe di cattivo gusto, in un momento come questo (i produttori del nuovo film di Schwarzenegger, "Danno collaterale", archiviato prima del debutto). Gli Stati uniti hanno diritto alla vendetta (Jorge Castaneda, cancelliere del Messico). Non in nome di nostro figlio (Phyllis e Orlando Rodriguez, genitori di una delle vittime nelle Torri). I missili sono tanto ciechi quanto i terroristi (una rifugiata afghana, commentando le continue scemenze dei missili intelligenti, che sembrano essere in guerra con la Croce Rossa). Gli affamati afghani stanno mettendo insieme i rottami dei missili, per venderseli a due dollari al chilo (il giornale "The News", Pakistan). I contadini hanno venduto tutto per andarsene. Stanno mangiando foraggio, e il grano che avrebbero dovuto piantare l'anno prossimo. Alcuni cercano di vendere le proprie figlie, bambine di sei, otto anni, per una quindicina di dollari (Rafael Robillard, responsabile in Afghanistan dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni). Razione quotidiana umanitaria. Cibo donato dal popolo degli Stati Uniti d'America (etichetta dei sacchi lanciati dagli aerei, tra un missile e l'altro). I bambini afghani mi commuovono. Abbiamo cominciato una campagna di carita' (presidente George W. Bush). Mai si mente cosi' tanto come prima delle elezioni, durante una guerra o dopo una partita di caccia (conclusione alla quale arrivo', 130 anni fa, il cancelliere tedesco Otto von Bismarck). Vale la pena (risposta della cancelliere Madeleine Albright nel maggio del 1996 al giornalista che gli chiedeva se valesse la pena la morte di mezzo milione di bambini per l'embargo all'Iraq). Cos'e' piu' importante per la storia del mondo, un Taleban o il collasso dell'impero sovietico? (Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, spiegando l'aiuto militare segreto concesso dal 1979 agli estremisti islamici in Afghanistan). Come un principe, o un cancro, la cultura della violenza divora il proprio padre (comprovato da uno specialista). Non si poteva permettere che una potenza regionale ostile prendesse in ostaggio buona parte delle forniture mondiali di petrolio (Bush padre, nel suo libro di memorie "A World Transformed", confessando i veri motivi per il bombardamento dell'Iraq nel 1991). Gli Stati Uniti e l'Europa occidentale hanno bisogno di petrolio. La produzione interna potrebbe rifornirli per un periodo massimo di cinque e quattro anni, rispettivamente (Dati recenti dell'Agenzia mondiale dell'energia). L'Afghanistan e' la strada migliore per lo sbocco delle enormi riserve petrolifere del Mar Caspio (Lester Grau, analista militare). Ogni dieci armi vendute nel mondo, cinque si fabbricano negli Stati Uniti e due in Gran Bretagna (Sipri, Istituto svedese di ricerche per la pace). La spesa militare, negli Stati Uniti, ha un alto potere di moltiplicazione nell'economia (Oxford Economic Forecasting). Negli ultimi cinque secoli, le grandi potenze hanno dedicato alla guerra il settantacinque per cento del proprio tempo (Jack Levy, professore di Scienze politiche). Nel 1847 gli inglesi si impossessarono della citta' santa di Kabul. Al posto del vecchio emiro terrorizzato ne collocarono un altro, di razza piu' sottomessa, che avevano portato gia' pronto con tutti i suoi bagagli, le schiave e i tappeti (Eça de Queiros). Guerra? Che guerra? Qui tutti i giorni c'e' la guerra. Corro sempre dietro a mio figlio per tirarlo fuori dalle sparatorie. Della guerra, io so tutto (Deise Nogueira, che vive nella favela di Mare' a Rio de Janeiro, Brasile). Maschere antigas. Proteggi la tua famiglia. Sconti alle aziende per vendite all'ingrosso (annuncio pubblicato sul "New York Daily News"). Davanti al rischio dell'antrace, l'antibiotico Cipro ha aumentato il valore delle azioni dell'impresa Bayer da 21 a 35 in un mese (stime di Bloomberg). Puo' danneggiare i nostri interessi commerciali e la nostra sicurezza nazionale (motivi per cui la Casa bianca ha rifiutato un'ispezione internazionale sulle armi chimiche e batteriologiche, il 25 luglio di quest'anno). E' obbligatorio l'uso dei guanti (misura adottata dalle autorita' postali di numerosi paesi, in piena globalizzazione del panico). Adesso ci siamo tolti i guanti (un alto funzionario della Cia, alludendo all'autorizzazione a uccidere nelle cosiddette "operazioni coperte"). Chi sacrifica la liberta' in nome della sicurezza, non merita ne' la liberta' ne' la sicurezza (Benjamin Franklin, oltre due secoli prima delle recenti leggi antiterrorismo). 4. DIBATTITO. LUIGI CORTESI: PERCHE'? WHY? [Ringraziamo di cuore Luigi Cortesi per averci messo a disposizione il seguente intervento che compare come editoriale nel n. 38 di "Giano. Pace ambiente problemi globali" (la prestigiosa rivista di cui Luigi Cortesi e' direttore), numero dedicato ai fatti da Genova a New York alla guerra. Per contatti: sito: www.odradek.it/giano; e-mail: redazionegiano at libero.it. Ovviamente le posizioni qui espresse sono proposte alla discussione, e la redazione di questo notiziario come e' noto ha opinioni anche fortemente diverse e fin opposte rispetto ad alcune tesi e formulazioni (avere opinioni diverse e' la cosa buona che permette le discussioni). Luigi Cortesi e' nato a Bergamo nel 1929, storico, docente universitario, fa parte di strutture di ricerca e di impegno per la pace, dirige la rivista "Giano". Tra le opere di Luigi Cortesi: Storia e catastrofe, Liguori; (a cura di), Democrazia, rischio nucleare, movimenti per la pace, Liguori; 1949: il trauma della Nato (con Antonio Liberti), ECP] La parola che abbiamo assunto come titolo caratterizzante di questo fascicolo e delle riflessioni suggerite dagli avvenimenti di Genova del 21-22 luglio e degli attentati dell'11 settembre negli Usa viene "dal basso". Ed essa puo' valere anche per la "guerra infinita" che Bush e l'Occidente si sono subito apprestati a scatenare. "Perche'?" - si chiedevano in un dibattito alcuni giovani, a proposito delle manifestazioni di Genova contro la riunione del G8 e della furia repressiva che si e' scatenata contro di esse. I giovani che si interrogavano in questo modo non erano ne' sprovveduti ne' politicamente insensibili, al contrario volevano proprio arrivare a capire le ragioni profonde dei fatti e la logica della contrapposizione. Nessun organo di stampa "indipendente" o trasmissione televisiva ha neppure tentato di spiegare quelle ragioni e quella logica, e come la globalizzazione sia diventata una questione di "zona rossa" e di polizia; il vero e alto discorso politico e' bandito dalle nostre TV, private e pubbliche, per le quali la politica e' soprattutto la professione di un ristrettissimo numero di persone che si telefonano tra loro e vengono quotidianamente intervistate. "Why, why, why?" - gridava con tono disperato una donna che fuggiva dall'area delle Twin Towers, mentre dietro di lei ancora si ergevano, avvolti dalle fiamme, i due superbi grattacieli del Word Trade Center. Nessuno le avra' dato una vera risposta, ne' allora ne' poi, nel rapido susseguirsi di panico autentico, di emozione collettiva manovrata e di preparazione psicologica alla vendetta; nessuno, c'e' da temere, le dara' mai una risposta al di fuori di qualche individuo critico incontrato per caso e di qualche giornaletto di scarsa tiratura, che nel caleidoscopio merceologico e nella ventata di patriottismo yankee abbiano saputo mantenere la propria autonomia. Infine noi stessi, di fronte allo spettacolo della mobilitazione militare americana e mentre si diffondono voci di guerra e di catastrofe, ci chiediamo: "Perche'?". Vogliamo qui cercare di avviare almeno una prima argomentazione sui fatti, e lo facciamo con interventi a titolo personale, riservandoci di tornare sui discorsi e sui problemi; e vorremmo dire sul problema, dato che la risposta a quel perche' e a quel why si articola certamente in una molteplicita' di cause, ma ci porta infine su un unico terreno di analisi, e ad una matrice fondamentale del malessere mondiale. * Il discorso su Genova potrebbe essere breve, dato che i fatti americani hanno soverchiato quelli italiani di luglio, e che la "guerra infinita" si e' poi sovrapposta a tutto. Ma noi crediamo che la cornice nella quale si e' collocata la contestazione del G-8 non sia ne' locale, ne' italiana, ne' solo europea; e quindi i due temi si mescoleranno nella nostra riflessione. Genova e' venuta dopo Seattle, Washington, Praga, Montreal, Nizza, Davos, Napoli, Quebec, Porto Alegre, Goteborg. In ciascuna di queste citta' ci sono state manifestazioni di massa, o di grosse avanguardie della nuova coscienza globale, o comunque dimostrazioni di un malessere profondo dell'epoca. Il movimento che ha preso nome dai fatti di Seattle del novembre 1999 e' venuto via via rivelando il proprio carattere mondiale, e ha posto le prime basi d'una nuova cultura politica di massa. Non esiste solo la globalizzazione della finanza, dei commerci, dell'accumulazione di ricchezza: esiste anche quella della diseguaglianza, dell'impoverimento, della fame. Non esiste solo la globalizzazione delle comunicazioni: c'e' anche, nelle pieghe del grande rivolgimento, la globalizzazione delle cause di protesta e di lotta; c'e' una consapevolezza via via piu' ampia e sdegnata dei rischi e dell'ingiustizia connessi all'eternizzazione delle disuguaglianze, alla morte di massa per fame nei paesi del Sud e al congelamento della dinamica politica nelle societa' nel Nord, con la cancellazione delle conquiste d'un secolo duro e sanguinoso come quello passato. Non facciamo, ora, differenza tra centro-destra e centro-sinistra; in Italia e altrove: i due schieramenti, sempre piu' simili nella sostanza della loro cultura, sono degni di succedere l'uno all'altro senza che i processi in corso registrino mutamenti rilevanti. I fatti d'un decennio l'hanno dimostrato. Ma quelli che abbiamo citato sono i rischi comparativamente minori, superabili storicamente in una dialettica rivoluzionaria di classe, che in modo ancora non prevedibile tornera' a sollecitare il movimento storico. Il rischio piu' grande e' l'annientamento, la perdita del mondo e della storia, e questo rischio procede a grandi passi, come risulta evidente non solo dalla rivolta del clima contro gli abusi dell'industrialismo e dell'high tech, ma dall'incapacita' dell'economia e della politica dominanti ad affrontare i cambiamenti necessari e sempre piu' drammaticamente urgenti, cambiamenti che esse stesse provocano e sospingono. E' questa vocazione del sistema alla distruttivita', e' questo scenario senza orizzonte e senza futuro che il movimento di Seattle e di Genova ha introiettato. Si tratta, prevalentemente, di giovani. Sicuramente fruttificano semi attivi, fermenti critici e spinte al cambiamento che vengono dal profondo del secolo passato. Ma la determinazione alla lotta, il respiro di un nuovo internazionalismo mondiale, e potremmo dire anche il nuovo modo di guardare alla "economia di mercato" come al becchino chiamato a sotterrare, insieme, il mondo da cambiare e la possibilita' d'una transizione ad altri e migliori assetti sociali, queste sono cose nuove, oppure ritrovate dopo un lungo silenzio, ma ritradotte in creazioni generazionali che propongono una nuova cultura della militanza. Non si tratta di un riciclo, come sperano molti militanti dei decenni passati, bensi' di un ciclo nuovo e diverso della spinta sociale ad un "mondo migliore"; che, tra l'altro, imputa alle ortodossie socialcomuniste del passato d'aver rappresentato un cul-de-sac in materia di rapporti tra politica e societa' e tra uomo e natura esterna. Che il movimento non sia un fenomeno passeggero, o una irregolarita' nel profilo di una storia che il riformismo sapra' riparare, ce lo garantisce proprio l'incapacita' del sistema ad andare avanti se non nella sola direzione della catastrofe. Basti pensare a alcuni dei fenomeni piu' rilevanti del nostro tempo: la filosofia e il funzionamento pratico del Wto che troviamo puntualmente documentati nel volume di Lori Wallach e Michelle Sforza edito da Feltrinelli, il rilancio del cosiddetto "scudo spaziale" da parte del presidente americano G. W. Bush, infine la disponibilita' dell'intero Occidente ad una guerra senza limiti di spazio, tempo e tipo d'armamenti, e perfino contro un nemico non precisamente individuabile e localizzabile. Da un lato il doppio attacco alle economie povere e all'ambiente naturale in nome della totale liberta' di commercio e dell'esigenza di frantumare come technical barriers ogni impedimento - legislativo, culturale, antropico, ecologico - allo scorrimento devastatore delle merci; dall'altra parte il rilancio della filosofia militare di Clausewitz e di quella atomica di Herman Kahn in una situazione che puo' comportare una terza guerra mondiale, o quanto meno una guerra di proporzioni intercontinentali, priva di controparti statuali in grado di minacciare gli Stati Uniti d'America con una pioggia di missili atomici che sia necessario neutralizzare in volo per evitare l'ecatombe - una guerra dell'Occidente colonialista e imperialista contro societa', culture e religioni considerate altre e nemiche, una guerra non tra civilta' ma di sistema. Una guerra che si prepara e si fara' mentre le condizioni della biosfera concedono alla fabbricazione e all'uso massiccio delle attuali tecnologie militari margini ormai molto limitati di metabolizzazione naturale. Una guerra infinita che forza le soglie d'un mondo finito. * Ora, quello che gli appartenenti alle generazioni anziane apprendono e approfondiscono per la consueta via delle letture, il carattere potenzialmente finale del nostro tempo, e' gia' nella percezione dei giovani; essi lo colgono e lo misurano nei dati della loro stessa vita - la disoccupazione, la crescente miseria delle fasce emarginate, la liceita' del drogarsi o del ripudiare la vita di fronte al franare del senso, il disfacimento della rete organizzativa della societa', la truffa della didattica scolastica e universitaria, la ridicola distribuzione di inni di Mameli, di bandierine tricolori e di film su Padre Pio, che dovrebbero essere tramiti di orientamento etico ma rimandano ad una bussola di valori dal quadrante muto. Il fallimento del capitalismo e i rischi connessi sono nell'aria, anche qui nel suo centro. E la morte di Carlo Giuliani va considerata come il prodotto, piu' che di un episodio di lotta di strada, di questo fallimento e dei processi di radicalizzazione repressiva che esso comporta, per la coincidenza dell'onda lunga della crisi storica del sistema e dell'ondata recessiva che colpisce - in modo piu' acuto e preoccupante dopo quasi un decennio di crescita trionfale - l'economia degli Stati Uniti d'America. Lo sviluppo del movimento e' congiunto ai fenomeni di coscienza di cui abbiamo detto, ma si radica su questo terreno materiale di crisi. Questa e' stata Seattle, questa e' stata Genova. Di fronte a tutto cio', di fronte al vuoto di futuro - che puo' essere l'inabissamento della civilta' e della storia - appaiono in verita' del tutto comprensibili in linea di conseguenza alcuni dei dati formali dei fatti: la volonta' dei giovani di far fronte a polizia e carabinieri con una ferma decisione di resistenza, il rifiuto di un trattamento violento e vendicativo, l'opposizione che si preannuncia di una politica esistenziale di massa alla vecchia politica oligarchica e professionale. E puo' essere compresa perfino la rabbia prepolitica dei casseurs. Questi gruppi dell'azione estrema si prestano oggettivamente a perdere la loro autonomia e ad essere strumentalizzati dalle "forze dell'ordine"; e la loro esistenza rivela nel modo piu' macroscopico i limiti intellettuali che il movimento nel suo complesso dovra' superare. Ma, casseurs a parte, e' da considerare positivo il fatto che sulla via della maturazione politica movimenti come quello genovese accettino il rapporto di forza e la situazione conflittuale. Quello dei limiti intellettuali e politici e' un grosso problema, che i dodici anni di esperienza e di elaborazione di "Giano" ci autorizzano a porre. Ci sono aspetti di introduzione alla politica e di conoscenza storica per i quali chi dirige o rappresenta pubblicamente il movimento deve chiedere conto alle forze politiche di origine classista e rivoluzionaria, come Rifondazione comunista (non parlo, per decenza, dei Ds e, per riguardo ai popoli di Serbia e Jugoslavia, del PdCI) e quelle di formazione successiva e tutta legata all'ecopacifismo, come i Verdi piu' seri, o la sinistra anticapitalista dei Verdi. Li' dovrebbero stare le fonti del pensiero alternativo, l'organizzazione fondamentale della critica del sistema, ed anche la capacita' di recepire dai nuovi militanti i frutti della loro esperienza e di nuove analisi, che non partono direttamente dalla lotta di classe o da una contrapposizione politica consolidata, e neppure immediatamente dalle merci, ma dal rapporto tra prassi umana e natura. Recepire e lasciarsene trasformare. Nello scambio, molto impareranno i piu' giovani, ma altrettanto, e in un certo senso ancor piu' dovrebbero apprendere i vecchi marxisti, legati al comunismo ortodosso dell'incapacita' borghese e della candidatura del proletariato organizzato ad un ulteriore sviluppo delle forze produttive. Tutto cio' senza anteporre dottrinariamente la questione del soggetto o dei soggetti della lotta; giacche' e' proprio la lotta, sono gli avversari stessi che li creano, li stanno creando. Ci sarebbe molto da discutere su questo; per ora diciamo che la coesione culturale e' piu' forte di quella sociale, ma che qualcuno dovrebbe porsi seriamente il problema della partecipazione operaia. Il senso di queste osservazioni e': attenzione, l'esperienza diretta di questo nuovo anticapitalismo e' in vantaggio sulle vecchie categorie teoriche e perfino sociologiche, e il suo processo di maturazione va rispettato. Perche' mai come di fronte ad una apocalisse che appare difficilmente evitabile bisogna lavorare di distinzione tra il compito immediato e una concezione patrimoniale del passato, tra una prima e una seconda linea dei problemi, e saper discernere il fondamentale e l'accessorio. Noi mettiamo in seconda linea anche la questione della democrazia nei termini in cui e' stata generalmente posta, della negazione del diritto alla libera manifestazione e delle illegalita' della polizia. Se un problema di limiti posti alla democrazia formale esiste, esso precede Genova e sussiste dopo Genova; ma appare soverchiato dal problema della qualita' stessa della democrazia vigente e della spinta a superare le menzogne convenzionali e a costituire una democrazia autentica. Il regime vigente non e' tanto caratterizzato da inadempienze ad un concetto condiviso di democrazia, quanto dal mancato sviluppo e dalla paralisi della democrazia entro le forme parziali e asfittiche che le sono tipiche in presenza di un'economia capitalistica. La maggioranza dei soggetti della mobilitazione (gruppi e militanti singoli) viene dai paesi capitalistici "avanzati", quelli nei quali gli interessi economici dominanti prosperano sotto forme democratiche di gestione del potere politico. In alcuni dei questi paesi sono state recentemente tenute le rituali elezioni. Ma c'e' un'enorme e crescente distanza tra queste forme elettoralistiche, la realta' dei poteri in gioco e i problemi internazionali e globali che hanno preso corpo nei decenni scorsi, dei quali la cosiddetta opinione pubblica ha una conoscenza parziale e sfuocata. I grandi poteri economici e politici dello Stato-guerra e delle organizzazioni internazionali dominate dall'Occidente hanno confiscato a se' la gestione di quei problemi e li manomettono sulla base di interessi che ledono in tutto il mondo in misura sempre piu' grave il diritto alla vita, trascinano alla disperazione e all'esodo masse sterminate e giungono alle soglie di rottura con le leggi chimico-fisiche della vita generica. La democrazia esiste solo nella misura della conferma dell'ut sic. Per questi poteri occidentali la guerra e l'aggressione alla natura continuano ad essere un prolungamento organico dell'economia e della politica; la superficie terrestre non e' interamente nelle loro mani, ma e' incessante - e si e' fatta piu' aggressiva nell'ultimo decennio del Novecento - la spinta ad un controllo totale. Qualcuno puo' trovare questo quadro troppo fosco, o partigiano, o "antiamericano". Ma noi - come Rossana Rossanda - rivendichiamo l'antiamericanismo come un diritto elementare dell'analisi critica; chi personalmente scrive deve la formazione stessa del proprio pensiero militante, la propria liberta' intellettuale, alla critica del potere e di quello che e' stato il suo luogo mondiale per eccellenza lungo un mezzo secolo la cui rovinosita' e' in ragione diretta con gli sviluppi dell'imperialismo degli Usa. Per limitarci appunto agli ultimi anni, noi invitiamo i dubbiosi a riflettere in particolare sulla guerra del Golfo, che nel 1990-91 ha accompagnato, non a caso, il tramonto dell'Unione Sovietica, e che e' all'origine della situazione che stiamo descrivendo. Li invitiamo a riflettere sulle ragioni di quella guerra e su un dopoguerra veramente infinito, con embargo e genocidio, nel quale una sola cosa e' certa: lo stabile insediamento americano in quella zona nevralgica del mondo, con tutti i contraccolpi che essa ha provocato e che provoca continuamente in ordine ad una apparente "guerra di civilta'" che e' concreta aggressione imperialistica capace dei piu' grandi crimini. Quella guerra ha scardinato sia i rapporti internazionali sia, in molte situazioni, gli equilibri interni: il passaggio di secolo ne e' risultato sconvolto sul piano continentale e mondiale. Tutto costituisce una spaventosa registrazione dello stato attuale di crisi della "democrazia reale", e diremmo la rivelazione della incompatibilita' del capitalismo e dell'imperialismo con i postulati basilari della democrazia tout court e la drammatica necessita' d'un approfondimento e di una globalizzazione della democrazia stessa. Questa e' dunque la richiesta fondamentale del movimento di Seattle, e questa e' la direzione in cui lavorare, nella convinzione che il cammino intrapreso non e' che l'inizio di un nuovo ciclo di lotte sociali che si combattono su quello che Ernesto Balducci chiamava "il crinale apocalittico" della contemporaneita'. * Cio' che abbiamo detto ci ha direttamente portato sul terreno degli attentati americani. Noi vogliamo risparmiarci qui un giudizio di disapprovazione acritica di quanto viene attribuito al cosiddetto "fondamentalismo islamico" (un'espressione che noi non usiamo, come non abbiamo in casi simili o analoghi mai usato "fondamentalismo cattolico" o "cristiano"). Siamo portati a distinguere molto nettamente islamismo da fondamentalismo, e anche fondamentalismo da terrorismo. Siamo di principio contrari al terrorismo, ma ne vogliamo vedere la varia tipologia. L'attentato di New York-Washington impressiona per gli aspetti spettacolari abbondantemente sfruttati dai mass media. E' stato calcolato che ogni utente televisivo nel mondo ha visto bruciare e affondare le torri di Manhattan 14 volte solo dall'11 al 18 settembre. Non e' poco: il sistema d'informazione americano-atlantico e' riuscito a mettere l'attentato alle Twin Towers (piu' che quello al Pentagono) al centro della sensibilita', dell'angoscia e infine del sentimento di vendetta di una parte notevole della popolazione mondiale. E' cosi' che si dimentica il genocidio iracheno; e' cosi' che si prepara la "prima guerra del secolo XXI". Ma l'attentato preoccupa anche chi non ha perso la testa, per il suo ordine di grandezza e per le conseguenze che gli americani ne hanno subito tratto; intanto, esso puo' avere una ricaduta negativa sui movimenti alternativi, e sul movimento complessivo di Seattle-Genova. Una parte puo' sentire il richiamo dell'Occidente ferito, un'altra parte puo' volgersi all'idea che l'estremizzazione delle forme di lotta e' ormai un dato universalmente caratterizzante e obbligatorio. Tener fermo sui valori profondi che ispirano i movimenti alternativi dell'ultimo biennio e che si rivolgono contro i sistemi di dominio e di guerra puo' essere un antidoto efficace; ma, soprattutto questo attentato va capito. Gli americani si sono messi subito alla ricerca di qualche nemico in carne ed ossa, con wanted, dead or alive, fotografia e taglia; ed hanno un presidente abbastanza incolto e ottuso da ritenersi il titano di una lotta contro il Demonio, non senza l'aiuto di Dio. Noi crediamo che il nemico e il male gli americani li abbiano in casa propria, e ne esportino in grande quantita'. Li esportano nella loro produzione culturale di massa, destinata alla grande catena televisiva che stringe il mondo: quanti roghi di grattacieli avevamo gia' visto in TV. Ma qui intendevo suggerire ben altro. Si pensi ai dati dell'inquinamento, allo sviluppo degli armamenti e della loro distribuzione nel mondo, alle basi militari disseminate dappertutto, tranne che in quegli spazi dell'Eurasia che non a caso gli americani vanno ripetutamente a vellicare. Si pensi alla complicita' con il sionismo e con la destra colonialista e razzista di Israele, che alimenta un focolaio di sofferenze e di ingiustizie in un punto nevralgico del pianeta, fortemente simbolico di ben altri valori. Ma forse basta pensare all'embargo contro l'Iraq e allo stillicidio quotidiano delle morti per mancanza di cibi, medicinali e possibilita' di cura; se e' vero che i morti in undici anni sono stati piu' di un milione, si puo' arrivare alla cifra di 9.000-10.000 morti al mese, alcune centinaia ogni giorno. E' sbagliato contrapporre i morti ai morti, ed e' forse inopportuno mentre ancora migliaia di corpi giacciono sotto le rovine delle Twin Towers; ma il lutto che gli Usa hanno subito in un solo giorno si rinnova tutti i giorni nelle regioni del mondo dove la politica americana alimenta le disuguaglianze, le sofferenze, le prostrazioni e ostenta muscoli e missili. Impressiona poi l'immediata pretesa degli Stati Uniti di passare dal piano del terrorismo civile, per quanto atroce sia stato, al piano della guerra internazionale. Come se si potesse conquistare ed eliminare il luogo geografico dell'odio; come se la nuova spedizione nel mondo dell'Islam non ne fosse un'ulteriore semina. Ma come dunque spiegare l'odio contro gli Usa? C'e' davvero da stupirsi se tanto facilmente si reclutano terroristi in quella gigantesca area mediorientale nella quale manca la possibilita' di difendersi dagli americani, e di contrattaccare, ai loro stessi livelli tecnologici? C'e' davvero da stupirsi se nei territori palestinesi, nei quali le vessazioni israeliane con soldi, armi e veti americani sono continue e sanguinose, ci sono state scene di giubilo collettivo? E che i dirottatori dei quattro aerei, con il loro carico di innocenti destinati all'immolazione, siano considerati (cosi' come i terroristi-suicidi dei Territori) eroi e martiri da chi ha passato la propria vita in condizione di schiavitu', e sa molto bene a chi doverlo? Io mi appello forse qui ad uno spirito critico che lo spettacolo di Manhattan e del Pentagono ha completamente soffocato, o che non c'e' mai stato, o che sopravvive in pochi, e invito i pochi o i molti (gli stessi del movimento di Genova, in primo luogo, e senza differenze tutti i giovani), ad adoperare spirito critico nella lettura dei media e, ancor piu' direttamente nell'analisi delle reazioni dei dirigenti americani. Della discutibilita' della propria condotta subito dopo gli attentati, Bush si e' rifatto subito con la chiamata alla guerra e anzi alla "prima guerra del XXI secolo", e ha mobilitato una forza militare di cielo, di mare e di terra sproporzionata a qualsiasi eventuale nemico nel mondo; tanto piu' che nel frattempo i meno folli dei suoi consiglieri pare l'abbiano convinto ad annunciare punizioni "mirate" piuttosto che colpi indiscriminati. Ma possiamo fidarci che il Polifemo accecato faccia precisi lanci di fionda, piuttosto che scagli scompostamente (contro Nessuno!) macigni strappati alla montagna? Tutto il Congresso e' stato con il Presidente, in una manifestazione di fondamentalismo fanatico e di appoggio al terrorismo di Stato che ha stupito qualche ingenuo ma rallegrato quasi tutta la stampa italiana, nonche' i telegiornali pubblici e privati. Bush, oggetto di battute e sarcasmi fino a una settimana prima, ha ottenuto cosi' uno spazio di franchigia per la sua impresa, che deve portare la Croce dell'Occidente nelle terre degli infedeli. Il giorno dopo il "falco" Rumsfeld non escludeva l'uso di armi nucleari. Probabilmente non le useranno, ma intanto sappiamo che navi e aerei se le portano in giro per il mondo, e che il World Trade Center vale bene una o piu' atomiche, e che in Italia c'e' chi - come il generale Jean, il giornalista e neo-parlamentare Guzzanti, forse D'Alema il Balcanico, a braccetto con il filosofo degli Inferi Buttiglione) e' disposto a seguire gli americani. Se dunque dalla "crociata" si e' passati alla "giustizia" e poi alla "Operazione infinita", le premesse della guerra sono state poste, il nemico lo si puo' pure inventare, le indagini continuano e l'Iraq e' sempre in zona. E' certo che flotte e squadriglie non torneranno dal Golfo Persico e dall'Oceano Indiano senza dare qualche saggio della loro potenza. Perche', nel variare delle parole d'ordine e delle definizioni solenni, nelle modifiche del concetto di Islam, nella straordinaria violenza che - imposta dall'abbattimento dei templi del commercio e della strategia militare - e' stata raccolta e sviluppata a misura di Superpotenza dagli apparati ideologici, e' rimasto fermo che si tratta di una "colossale lotta del bene contro il male". Non viene in mente, ai responsabili Usa, che una buona maggioranza del mondo rovescia i due termini, cioe' pensa che il male e' in America e in Occidente? E che proprio da quello sterminato serbatoio di risentimenti proviene il terrorismo "islamico"? Non e', quello, odio promosso da grandi mass media o dai mullah, ma sentimento autentico di rifiuto d'una dominazione e d'una rapina tanto piu' ripugnanti in quanto si presentano con gli orpelli della liberta' e della democrazia. * Nelle situazioni di vigilia o di pausa d'una guerra c'e' un periodo nel quale affiora il pacifismo popolare profondo, ma anche si lavora con maggior determinazione sulle menti e si manipolano le coscienze; una lotta decisiva si svolge tra la forza immateriale degli Stati e la volonta' della maggioranza. Cosi' fu nel luglio 1914; e se allora a Berlino, a Parigi, a Londra fossero scesi in piazza centomila operai la guerra non ci sarebbe stata. Cosi' fu in Italia nel 1915: se la direzione del Psi avesse applicato i principi dell'internazionalismo e mobilitato la propria base l'Italia non avrebbe potuto mercanteggiare il suo intervento. Cosi', in certo modo, fu tra il 1939 e il '40, durante la "drole de guerre"; ma le forze della pace erano state piegate prima, e non piu' dal patto russo-tedesco che dalle ambiguita' inglesi e francesi che l'avevano in effetti provocato. Agire prima e' sempre stato il problema del pacifismo; lo e' a maggior ragione da quando esistono le armi dell'umanicidio. Il movimento di Seattle e di Genova e' vitale; negli Usa stessi e in vari paesi europei, Italia compresa, sta avvenendo una saldatura tra le ragioni del pacifismo e quelle dell'ecologia, e si sviluppa la nuova coscienza critica della societa' globale. Noi possiamo solo professarci per una lotta senza quartiere contro quelle forze che vogliono la guerra e chi e' disposto ad aderirvi in nome di una politica bipartisan di unita' o solidarieta' nazionale, di alleanza, di sistema, che in tutte le guerre ha rappresentato la rovina - per lungo tempo - d'ogni ipotesi di cambiamento e di nuovo indirizzo della politica internazionale. Quella lotta e( tanto piu' necessaria in un periodo in cui svellere le radici stesse della guerra secondo una strategia che riporti e alimenti il conflitto nel cuore della societa' appare sempre piu' chiaramente come l'unica via di salvezza dell'umanita'. 5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: CON LE BOMBE [Davide Melodia, amico della nonviolenza, quacchero, versatile poligrafo, e' un collaboratore abituale di questo notiziario (per contatti: melody at libero.it)] Con le bombe l'Occidente non dimostra, ahime', la superiorita' del suo mondo. Se tale superiorita', fonte di rispetto e di sana imitazione esserci deve, non sulla tecnologia, ne' sulla potenza militare, ne' sull'industria ne' l'economia, non sulla violenza o sulla strategia, ma su valori etici profondi, sulla giustizia, sulla pace, sulla verita', ed anche, perche' no? sull'amore. Con le bombe l'Occidente ha perduto, per sempre forse, l'occasione e la speranza di rispondere ai desiderata ed ai bisogni di un mondo disperato. 6. MAESTRE. SUSAN SONTAG: IL CANCRO DELLA STORIA UMANA [Da Susan Sontag, Stili di volonta' radicale, Mondadori, Milano 1999, pp. 261-262; il testo da cui e' estratto questo brano, dal titolo "Che cosa succede in America", e' del 1966, ed andrebbe letto integralmente. Susan Sontag e' forse la piu' prestigiosa intellettuale americana, nata a New York nel 1933, fortemente impegnata per i diritti civili. Tra le opere di Susan Sontag segnaliamo particolarmente alcuni suoi saggi, come quelli raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volontà radicale, presso Mondadori; e Malattia come metafora, Einaudi] La razza bianca e' il cancro della storia umana; e' la razza bianca ed essa sola - con le sue ideologie e le sue invenzioni - che sradica civilta' autonome ovunque esse si estendano, che ha sconvolto l'equilibrio ambientale del pianeta, che adesso minaccia l'esistenza stessa della vita. Il pericolo rappresentato dalle orde dei Mongoli e' assai meno spaventoso del danno presente e futuro apportato dall'uomo occidentale "faustiano", con il suo idealismo, la sua arte stupenda, il suo senso dell'avventura intellettuale, le sue energie di conquista che divorano il mondo. 7. PROPOSTE. GIANFRANCO MASCIA: COSTRUIAMO I COMITATI PER LA LEGALITA' [Gianfranco Mascia ha promosso nel 1993 i comitati Bo. Bi. (Boicotta il Biscione) di tempestiva denuncia di gravi pericoli per la democrazia poi puntualmente verificatisi. Per contatti: e-mail: mondopazzo at infinito.it; sito: www.bobi2001.supereva.it] Lanciamo l'idea di costituire in tutti i posti possibili e immaginabili dei Comitati "PER.LE.", PER la LEgalita'. Comitati di quella parte della societa' civile onesta e pulita, che potranno essere l'unita' di base vincente di futuri comitati referendari. Cosa vuol dire l'approvazione della legge sulle rogatorie internazionali (Legge 367/2001), l'abolizione della tassa su donazioni e successione (Legge Tremonti-bis), la depenalizzazione del falso in bilancio e la parificazione delle Cooperative a societa' di lucro? Quali sono i soggetti piu' colpiti da questi provvedimenti? E' possibile riuscire a vincere una eventuale campagna referendaria che voglia abolire queste leggi? Le esperienze passate lo hanno insegnato: quando si toccano direttamente gli interessi del capo, scatta la difesa ad oltranza, esplode il vittimismo e l'accusa di manie persecutorie. Bisogna evitare tutto questo. Certo pare fantascientifico che questo sia detto da noi dei comitati BO.BI. (Boicotta il Biscione) che per primi ci siamo mossi (nel lontano 1993) per denunciare che la discesa in campo del Cavaliere era dettata dalla necessita' di risolvere i suoi debiti ed i suoi problemi con la giustizia; eppure dobbiamo purtroppo constatare che, non essendosi creato un fronte comune allora, ed avendo sprecato la sinistra le sue cartucce inutilmente con il governo Prodi, oggi ci troviamo in questa situazione. In realta', per fare capire ai cittadini la valenza di questa battaglia per la legalita', e' sufficiente far capire quanti pedofili, trafficanti d'armi, terroristi e mafiosi verranno liberati grazie alla legge sulle rogatorie; quante persone che lavorano nel sociale e nel volontariato saranno penalizzate dalle norme sulla cooperazione e quanti corruttori e speculatori la faranno franca grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio. Ma per fare questo abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, basta con lo stare a domandarsi ed a recriminare, bisogna agire: mille PER.LE. brilleranno, aderisci, adesso: www.bobi2001.supereva.it 8. ESPERIENZE. IL CENTRO SICILIANO DI DOCUMENTAZIONE "GIUSEPPE IMPASTATO" [Dal sito del Centro Impastato di Palermo (www.centroimpastato.it) riprendiamo questa breve scheda di autopresentazione] Il Centro siciliano di documentazione e' il primo centro studi sulla mafia sorto in Italia. Fondato nel 1977 da Umberto Santino, si e' formalmente costituito come associazione culturale nel maggio del 1980 ed e' stato intitolato al militante antimafia Giuseppe Impastato, assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Nel 1998 il Centro si e' dato un nuovo statuto trasformandosi in Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilita' sociale). * Come si diventa soci Lo statuto prevede varie forme di adesione: soci ordinari, coloro che collaborano all'attivita' del Centro e si impegnano a versare una quota mensile; amici del Centro, che versano una quota annuale e hanno diritto a ricevere le pubblicazioni. * Le attivita' del Centro Il Centro ha lo scopo di sviluppare la conoscenza del fenomeno mafioso e di altri fenomeni ad esso assimilabili, a livello nazionale ed internazionale; promuovere iniziative allo scopo di combattere tali fenomeni; elaborare e diffondere un'adeguata cultura della legalita', dello sviluppo e della partecipazione democratica. A tal fine svolge le seguenti attivita': raccogliere materiali di carattere politico, economico, storico, sociologico; condurre studi e ricerche; promuovere iniziative culturali (convegni, seminari, dibattiti, proiezioni, mostre, etc.); pubblicare libri, opuscoli e materiali vari. Nel corso della sua attivita' il Centro, completamente autofinanziato, ha formato una biblioteca, un'emeroteca e un archivio specializzati sulla mafia e altre forme di criminalita' organizzata; ha prodotto studi e ricerche, rassegne stampa, bibliografie e materiali di documentazione (come il dossier "Notissimi ignoti" sul delitto Impastato e i dossier su Salvo Lima); svolto attivita' di informazione e di educazione nelle scuole e in istituti universitari, in Italia e all'estero, con convegni, seminari, dibattiti, mostre fotografiche; promosso iniziative di mobilitazione (a cominciare dalla manifestazione nazionale contro la mafia, la prima nella storia d'Italia, svoltasi nel maggio del 1979), e di aggregazione sociale, e ha avuto un ruolo decisivo nell'inchiesta sull'omicidio Impastato. Con il progetto di ricerca "Mafia e societa'", il Centro ha avviato un'analisi scientifica del fenomeno mafioso, spesso affrontato con idee e metodologie inadeguate, portando a compimento le ricerche sull'omicidio a Palermo, sulle imprese mafiose, sul traffico internazionale di droghe, sul rapporto mafia-politica e sul movimento antimafia. * Pubblicazioni recenti Collana "Quaderni": - G. La Fiura, Droghe & mafie. Bibliografia ragionata e annotata su narcotraffico e criminalita' organizzate, 1993, pp. 148, L. 15.000; - U. Santino, La borghesia mafiosa. Materiali di un percorso di analisi, 1994, pp. 363, L. 25.000; - A. Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, 1994, pp. 200, L. 20.000; - U. Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi all'omicidio di Giuseppe Impastato, 1998, pp. 411, L. 40.000. Collana "Appunti": - U. Santino, Casa Europa. Il mercato delle droghe in Europa. Mafia e saccheggio del territorio. Economia mondiale e sviluppo locale, 1994, pp. 62, L. 5.000; - U. Santino, La mafia come soggetto politico, 1994, pp. 62, L. 5.000; - U. Santino, Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, 1995, pp. 78, L. 5.000; - A. Cavadi, Volontari a Palermo. Materiali per gli operatori del Centro sociale "S. Francesco Saverio", 1995, pp. 116; 2a edizione riveduta ed ampliata: Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, 1998, pp. 120, L. 12.000; - U. Santino, Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, 1998, pp. 80, L. 6.000; - A. Puglisi, Donne, mafia, antimafia, 1998, pp. 120, L. 12.000. Presso case editrici varie: - F. Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo, 1986, ristampa 2000, pp. 69, L. 15.000; - A. Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna, Palermo, 1990, pp. 120, L. 14.000; - G. Chinnici - U. Santino - G. La Fiura - U. Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano, 1992, pp. 225, L. 25.000; - U. Santino - G. La Fiura, Dietro la droga, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1993, pp. 300, L. 26.000; - A. Cavadi, Liberarsi dal dominio mafioso, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1993, pp. 47, L. 4.000; - A. Cavadi (a cura di), Il Vangelo e la lupara, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1994, 2 voll., pp. 405, L. 44.000; - A. Crisantino, Capire La mafia, La Luna, Palermo, 1995, pp. 132, L. 14.000; - U. Santino, La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1995, pp. 167, L. 12.000; - U. Santino, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, pp. 231, L. 26.000; - U. Santino, L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, pp. 324, L. 26.000; - U. Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma, 2000, pp. 405, L. 38.000; - A. Crisantino, Della segreta e operosa associazione. Una setta all'origine della mafia, Sellerio, Palermo, 2000, pp. 283, L. 32.000; - U. Santino, La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2000, pp. 248, L. 24.000. * Per contatti: Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax 091348997, e-mail csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it, c/c postale: 10690907. 9. RIVISTE. IL SETTIMANALE "CARTA" IN EDICOLA [Dalla redazione del settimanale "Carta" (e-mail: carta at carta.org) riceviamo e diffondiamo. Proprio perche' riteniamo che questa rivista presenti molti materiali interessanti ed offra un servizio indubbiamente utile, ci sembra altresi' necessario dichiarare che certe posizioni che su di essa vengono rappresentate sono per noi de "La nonviolenza e' in cammino" del tutto incondivisibili] Cari amici, vi segnaliamo questa settimana che il numero di "Carta" in edicola da giovedi primo novembre contiene una ampia intervista allo studioso statunitense Jeremy Rifkin, che spiega perche' la globalizzazione, come l'abbiamo conosciuta, "e' finita". Agli studenti e agli insegnanti, che protestano e scioperano, sono dedicati il racconto del movimento nell'universita' di Bologna, l'intervista al segretario della Cgil scuola, Enrico Panini, e l'articolo di Andrea Bagni su "la guerra in classe". A proposito di guerra, reportage e interviste dagli Usa sulla crisi dell'antrace, articoli di Alessandra Redondi (Medici senza frontiere), sullo stato drammatico della salute pubblica in Afghanistan, e di Umberto Santino sulla coltivazione di oppio. Si avvicina il 10 novembre, data del vertice del Wto in Qatar, e delle proteste in tutto il mondo. Francesco Martone illustra l'agenda dell'Organizzazione mondiale del commercio. Un dossier e' dedicato ai forum sociali (e ai "disobbedienti"), e un reportage allo Sri Lanka, alle sue piantagioni di te' e alla guerra civile ventennale. Vi raccomandiamo di consultare, giorno per giorno, il nostro sito, www.carta.org; contiene notizie dal mondo e dai movimenti, articoli e approfondimenti, il censimento dei forum sociali ed altro ancora. 10. INCONTRI. CONVEGNO E MARCIA DI PAX CHRISTI A LOCRI [Volentieri diffondiamo questo comunicato di Pax Christi, per contatti: Pax Christi Italia, segreteria nazionale, via Petronelli 6, 70052 Bisceglie (BA), tel. 0803953507, fax: 0803953450, e-mail: info at paxchristi.it, sito: www.paxchristi.it o anche www.peacelink.it/users/paxchristi/] Nei giorni immediatamente precedenti la Marcia per la pace del 31 dicembre (appuntamento annuale di Pax Christi, quest'anno dedicata al tema: "Senza perdono non c'e' pace") che si svolgera' a Locri, si terra' un convegno dal titolo: "Le violenze della globalizzazione. Percorsi di liberazione a partire dai Sud del mondo". L'incontro avra' luogo a Locri presso il Teatro dei Salesiani a partire dalla sera del 29 fino al 31 dicembre 2001. Si prevedono gli interventi di mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Locri-Gerace, Diego Cipriani, Tonino Perna, Beppe Lumia, Giovanni Mazzillo, Vincenzo Salvati. Il convegno sara' arricchito dalla presenza di numerosi testimoni del Sud del mondo. Mons. Bregantini parlera' del senso della nonviolenza a partire dal vangelo (il re non si salva per un forte esercito); la nonviolenza sara' posta a confronto dei temi cruciali dell'economia di mercato, della criminalita' organizzata, e della guerra. A partire dalla parola di Dio e dalla profonda conoscenza delle condizioni di vita del sud italia, don Gianni Mazzillo e don Vincenzo Salvati tracceranno l'itinerario possibile per un autentico percorso di incontro tra le persone e di liberazione da ogni schiavitu'. L'accoglienza avverra' presso le famiglie delle citta' di Locri e di Gerace e stiamo cercando di ridurre al minimo tutte le spese di segreteria e soggiorno. Per questo aspettiamo numerosi coloro che vorranno unire la partecipazione alla Marcia ad una vera e propria preparazione che porti a conoscere meglio le strade da percorrere per essere autenticamente nonviolenti e saper rispondere alle sfide dell'oggi. Maggiori informazioni presso la segreteria nazionale di Pax Christi (tel. 0803953507, e-mail: info at paxchristi.it). 11. LETTURE. SAMIR AMIN: IL CAPITALISMO NELL'ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE Samir Amin, Il capitalismo nell'era della globalizzazione, Asterios, Trieste 1997, pp. 192, lire 29.000. "Sette studi sulla gestione capitalistica della crisi in cui si trova l'umanita'" del grande economista egiziano direttore del "Forum per il Terzo Mondo". 12. LETTURE. GIUSEPPE BARONE: LA FORZA DELLA NONVIOLENZA. BIBLIOGRAFIA E PROFILO BIOGRAFICO DI DANILO DOLCI Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, pp. 176, lire 15.000. Un utilissimo strumento di lavoro che nuovamente segnaliamo ai nostri interlocutori. Per richieste all'editore: tel. 0815515368, e-mail: dantelib at tin.it 13. LETTURE. ANTONIO VIGILANTE: LA REALTA' LIBERATA. ESCATOLOGIA E NONVIOLENZA IN CAPITINI Antonio Vigilante, La realta' liberata; escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999, pp. 240, lire 30.000. Uno dei piu' recenti e piu' impegnati studi del pensiero di Aldo Capitini. Per richieste all'editore: e-mail: rosone at isnet.it 14. RILETTURE. ERNESTO BALDUCCI, LODOVICO GRASSI: LA PACE. REALISMO DI UN'UTOPIA Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano 1983, 1985, pp. 464. Forse la migliore introduzione alla riflessione sulla pace dal Rinascimento ad oggi, un'antologia che dovrebbe essere utilizzata in tutte le scuole. 15. RILETTURE. DARIO PACCINO: L'IMBROGLIO ECOLOGICO Dario Paccino, L'imbroglio ecologico, Einaudi, Torino 1972, 1973, pp. 272. Un testo ormai classico ma tutt'altro che imbalsamato. Da rileggere, o da leggere per la prima volta. 16. RILETTURE. SERGIO QUINZIO: UN COMMENTO ALLA BIBBIA Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia, Adelphi, Milano 1991 (seconda edizione in unico volume; in quattro volumi l'opera era apparsa tra il 1972 e il 1976), pp. 824, lire 60.000. Uno dei capolavori di Sergio Quinzio, di cui occorrerebbe leggere tutto. 17. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA CLAUDINE VEGH A FRANCO VENTURI * CLAUDINE VEGH Profilo: psichiatra, studiosa della Shoah. Opere di Claudine Vegh: Non gli ho detto arrivederci. I figli dei deportati parlano, Giuntina, Firenze 1981. * RODOLFO VENDITTI Profilo: nato a Ivrea nel 1925, docente universitario e magistrato, ha pubblicato vari libri in cui ha analizzato in chiave critica la legislazione penale militare alla luce dei principi costituzionali e in cui ha dedicato ampio spazio allo studio dell'obiezione di coscienza al servizio militare. Opere di Rodolfo Venditti: L'obiezione di coscienza al servizio militare, Giuffrè, Milano 1981 (nuova ed. 1994); Le ragioni dell'obiezione di coscienza, EGA, Torino 1986; La difesa popolare nonviolenta, Eirene, Bergamo. Segnaliamo anche una sua aggraziata e felice Piccola guida alla grande musica, Sonda, Torino 1990. * FRANCO VENTURI Profilo: nato a Roma nel 1914, figlio dello storico dell'arte Lionello Venturi (uno dei pochissimi docenti universitari che nel 1932 rifiutarono il giuramento di fedeltà al fascismo), esule, giovanissimo collaboratore di Rosselli ed autorevole esponente di "Giustizia e Libertà", prigioniero nelle carceri di Franco e di Mussolini, combattente antifascista, dirigente della Resistenza. Docente e storico illustre. E' deceduto a Torino nel 1994. Opere di Franco Venturi: Giovinezza di Diderot, Sellerio, Palermo; Il populismo russo, Le origini dell'Enciclopedia, Utopia e riforma nell'Illuminismo, il monumentale Settecento riformatore, tutti presso Einaudi, Torino. Sempre Einaudi ha pubblicato nel 1996 una raccolta di scritti politici di Venturi, La lotta per la libertà. Opere su Franco Venturi: chi studia il Settecento europeo o il populismo russo non può non far riferimento alle ricerche di Venturi. Due saggi-testimonianza di Vittorio Foa ed Alessandro Galante Garrone, ed una nota introduttiva e biografica di Leonardo Casalino, aprono il sopra citato volume La lotta per la libertà. A Venturi è dedicato il fascicolo dell'agosto 1996 (a. CVIII, fasc. II-III) della "Rivista storica italiana", di cui era stato direttore. 18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 19. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 276 del 2 novembre 2001
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