La nonviolenza e' in cammino. 276



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 276 del 2 novembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Fermare la guerra o tacere per sempre
2. Antonio Tabucchi ed altri: e' tempo di parlare di pace
3. Eduardo Galeano, la guerra in parole
4. Luigi Cortesi: perche'? why?
5. Davide Melodia, con le bombe
6. Susan Sontag, il cancro della storia umana
7. Gianfranco Mascia, costruiamo i comitati per la legalita'
8. Il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato"
9. Il settimanale "Carta" in edicola
10. Convegno e marcia di Pax Christi a Locri
11. Letture: Samir Amin, Il capitalismo nell'era della globalizzazione
12. Letture: Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e
profilo biografico di Danilo Dolci
13. Letture: Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e
nonviolenza in Capitini
14. Riletture: Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di
un'utopia
15. Riletture: Dario Paccino, L'imbroglio ecologico
16. Riletture: Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia
17. Per studiare la globalizzazione: da Claudine Vegh a Franco Venturi
18. La Carta del Movimento Nonviolento
19. Per saperne di piu'

1. IL PUNTO. FERMARE LA GUERRA O TACERE PER SEMPRE
Perche' i morti non parlano.
La guerra, questa guerra terroristica e onnicida in corso, sta mettendo in
pericolo l'umanita' intera.
Fermarla e' il primo dovere morale e civile di ogni persona ragionevole, di
ogni essere umano che vuole vivere, e che l'umanita' viva.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. UN APPELLO. ANTONIO TABUCCHI ED ALTRI: E' TEMPO DI PARLARE DI PACE
[Questo appello, promosso da alcuni prestigiosi intellettuali (Antonio
Tabucchi, Moni Ovadia, Khaled Fouad Allam, Luciano Canfora, Margherita Hack,
Predrag Matvejevic), e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del primo
novembre]
Occorre sconfiggere il terrorismo.
Ed e' indispensabile individuare, catturare e punire i responsabili
dell'atroce attentato dell'11 settembre, per il quale ribadiamo con la
massima convinzione la nostra solidarieta', piena, sincera e fattiva, agli
Stati Uniti d'America, tuttora colpiti dal vile ricorso alla guerriglia
batteriologica.
Ma proprio l'obiettivo prioritario della lotta al terrorismo impone oggi a
ciascuno di noi una riflessione pacata e consapevole su quanto e' avvenuto
in queste ultime settimane e sui rischi gravissimi di allargamento del
conflitto in atto, senza limiti temporali e territoriali.
E' giusto chiedersi se la guerra sia lo strumento piu' efficace per
debellare il terrorismo.
Dopo diverse settimane di bombardamenti in Afghanistan, cresce il numero
delle vittime civili, del tutto innocenti, mentre il problema dei profughi
e' gia' diventato una vera e propria emergenza umanitaria di enormi
proporzioni.
E' tempo di restituire la parola alla politica, alla diplomazia
internazionale. Occorrono gesti e atti politici che parlino a tutto il mondo
arabo con parole di pace e cooperazione, al fine di svuotare i serbatoi
dell'odio, dell'integralismo e del terrore.
E' tempo di revocare unilateralmente l'embargo economico all'Iraq.
E' tempo di dare uno stato sovrano al popolo palestinese e piena sicurezza a
Israele, due fatti che potrebbero cambiare il corso della storia,
interrompere un'iniqua carneficina e privare Bin Laden di strumentali
argomenti di propaganda.
Per ottenere questi risultati e' necessario rilanciare il ruolo dell'Unione
Europea nell'ambito e in accordo con le istituzioni internazionali, a
iniziare dalle Nazioni Unite.
Ma occorre ragionare senza il fragore delle armi, senza che scorrano le
immagini delle vittime innocenti e dei profughi.
E' indispensabile anzitutto far giungere alle popolazioni colpite gli aiuti
umanitari.
Chiediamo dunque un'immediata sospensione dei bombardamenti.
Antonio Tabucchi, Moni Ovadia, Khaled Fouad Allam, Luciano Canfora,
Margherita Hack, Predrag Matvejevic.

3. RIFLESSIONE. EDUARDO GALEANO: LA GUERRA IN PAROLE
[Eduardo Galeano e' uno dei piu' grandi scrittori (e lettori) viventi, ed
uno di quei giornalisti che cercano di usare il linguaggio per disvelare il
pensiero e capire il mondo, anziche' occultarli e traviarli. Questo testo e'
apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 31 ottobre]
Nell'anno mille e novecentonovantanove e sette mesi, dal Cielo verra' un
gran re del terrore (Nostradamus, che ha voluto essere troppo pignolo con le
date).
Le torri che nel Cielo si credevano/ un giorno caddero/ nell'umiliazion
(dalla canzone messicana "Ay amor, que malo eres", che Emilio Tuero lancio'
nel 1951).
Un crimine orrendo. Le cui vittime principali, come al solito, sono stati i
lavoratori. Un regalo alla destra dura e patriottarda (Noam Chomsky).
Io punto il dito contro di loro, sono i pagani, gli abortisti, le
femministe, i gay, le lesbiche e quelli dell'Associazione per le liberta'
civili... (Jerry Falwell, telepredicatore evangelico, facendo la conta dei
colpevoli).
Lo vidi aperto dalla barba fino alla parte inferiore del ventre, gli
intestini lo tenevano attaccato alle gambe, gli si vedeva il cuore in
movimento (Maometto all'inferno, parafrasando Dante Alighieri, nella Divina
commedia).
Migliaia di persone hanno creduto di distinguere, nel fumo, una forma
sinistra. Qualcosa che sembra il volto di Satana, con la barba, le corna e
un'orribile espressione di minaccia (John Gibson di "Fox News", commentando
un'immagine delle torri incendiate).
Molte persone, signor Holmes, hanno visto il demonio di Baskerville nella
brughiera. Non puo' essere alcun animale conosciuto dalla scienza. Tutti
concordano che era una bestia corpulenta, fosforescente, sinistra e
spettrale (Sir Arthur Conan Doyle, Il mastino di Baskerville).
L'espansione dell'Islam e' stata una catastrofe (Sir V. S. Naipaul, poche
ore prima di ricevere il premio Nobel).
Crociata (nome che i presidenti Bush e Berlusconi hanno dato alla nuova
guerra, fino a quando qualche storico non gli ha raccontato che, al termine
di otto crociate, i cristiani erano stati sconfitti dai musulmani).
Chi non e' con noi, e' con i terroristi. Dio non e' neutrale (presidente
George W. Bush).
L'America e' stata attaccata da Allah l'Onnipotente (lo stesso dio, con nome
arabo, in bocca a Osama bin Laden).
Per favore, signori, tengano dio fuori da questa storia (John Le Carre').
Tutti i nostri operai stanno facendo gli straordinari, ma non riusciamo a
produrne abbastanza (il direttore dello stabilimento cinese Mei Li Hua
Flags, di Shanghai, che fabbrica bandiere degli Stati Uniti).
Non sarebbe appropriato in un momento come questo (Bill Gates, annunciando
che Microsoft aveva cambiato lo slogan previsto per il nuovo programma
Windows: "preparati a esplodere").
Sarebbe di cattivo gusto, in un momento come questo (i produttori del nuovo
film di Schwarzenegger, "Danno collaterale", archiviato prima del debutto).
Gli Stati uniti hanno diritto alla vendetta (Jorge Castaneda, cancelliere
del Messico).
Non in nome di nostro figlio (Phyllis e Orlando Rodriguez, genitori di una
delle vittime nelle Torri).
I missili sono tanto ciechi quanto i terroristi (una rifugiata afghana,
commentando le continue scemenze dei missili intelligenti, che sembrano
essere in guerra con la Croce Rossa).
Gli affamati afghani stanno mettendo insieme i rottami dei missili, per
venderseli a due dollari al chilo (il giornale "The News", Pakistan).
I contadini hanno venduto tutto per andarsene. Stanno mangiando foraggio, e
il grano che avrebbero dovuto piantare l'anno prossimo. Alcuni cercano di
vendere le proprie figlie, bambine di sei, otto anni, per una quindicina di
dollari (Rafael Robillard, responsabile in Afghanistan dell'Organizzazione
internazionale per le migrazioni).
Razione quotidiana umanitaria. Cibo donato dal popolo degli Stati Uniti
d'America (etichetta dei sacchi lanciati dagli aerei, tra un missile e
l'altro).
I bambini afghani mi commuovono. Abbiamo cominciato una campagna di carita'
(presidente George W. Bush).
Mai si mente cosi' tanto come prima delle elezioni, durante una guerra o
dopo una partita di caccia (conclusione alla quale arrivo', 130 anni fa, il
cancelliere tedesco Otto von Bismarck).
Vale la pena (risposta della cancelliere Madeleine Albright nel maggio del
1996 al giornalista che gli chiedeva se valesse la pena la morte di mezzo
milione di bambini per l'embargo all'Iraq).
Cos'e' piu' importante per la storia del mondo, un Taleban o il collasso
dell'impero sovietico? (Zbigniew Brzezinski, ex consigliere per la sicurezza
nazionale degli Stati Uniti, spiegando l'aiuto militare segreto concesso dal
1979 agli estremisti islamici in Afghanistan).
Come un principe, o un cancro, la cultura della violenza divora il proprio
padre (comprovato da uno specialista).
Non si poteva permettere che una potenza regionale ostile prendesse in
ostaggio buona parte delle forniture mondiali di petrolio (Bush padre, nel
suo libro di memorie "A World Transformed", confessando i veri motivi per il
bombardamento dell'Iraq nel 1991).
Gli Stati Uniti e l'Europa occidentale hanno bisogno di petrolio. La
produzione interna potrebbe rifornirli per un periodo massimo di cinque e
quattro anni, rispettivamente (Dati recenti dell'Agenzia mondiale
dell'energia).
L'Afghanistan e' la strada migliore per lo sbocco delle enormi riserve
petrolifere del Mar Caspio (Lester Grau, analista militare).
Ogni dieci armi vendute nel mondo, cinque si fabbricano negli Stati Uniti e
due in Gran Bretagna (Sipri, Istituto svedese di ricerche per la pace).
La spesa militare, negli Stati Uniti, ha un alto potere di moltiplicazione
nell'economia (Oxford Economic Forecasting).
Negli ultimi cinque secoli, le grandi potenze hanno dedicato alla guerra il
settantacinque per cento del proprio tempo (Jack Levy, professore di Scienze
politiche).
Nel 1847 gli inglesi si impossessarono della citta' santa di Kabul. Al posto
del vecchio emiro terrorizzato ne collocarono un altro, di razza piu'
sottomessa, che avevano portato gia' pronto con tutti i suoi bagagli, le
schiave e i tappeti (Eça de Queiros).
Guerra? Che guerra? Qui tutti i giorni c'e' la guerra. Corro sempre dietro a
mio figlio per tirarlo fuori dalle sparatorie. Della guerra, io so tutto
(Deise Nogueira, che vive nella favela di Mare' a Rio de Janeiro, Brasile).
Maschere antigas. Proteggi la tua famiglia. Sconti alle aziende per vendite
all'ingrosso (annuncio pubblicato sul "New York Daily News").
Davanti al rischio dell'antrace, l'antibiotico Cipro ha aumentato il valore
delle azioni dell'impresa Bayer da 21 a 35 in un mese (stime di Bloomberg).
Puo' danneggiare i nostri interessi commerciali e la nostra sicurezza
nazionale (motivi per cui la Casa bianca ha rifiutato un'ispezione
internazionale sulle armi chimiche e batteriologiche, il 25 luglio di
quest'anno).
E' obbligatorio l'uso dei guanti (misura adottata dalle autorita' postali di
numerosi paesi, in piena globalizzazione del panico).
Adesso ci siamo tolti i guanti (un alto funzionario della Cia, alludendo
all'autorizzazione a uccidere nelle cosiddette "operazioni coperte").
Chi sacrifica la liberta' in nome della sicurezza, non merita ne' la
liberta' ne' la sicurezza (Benjamin Franklin, oltre due secoli prima delle
recenti leggi antiterrorismo).

4. DIBATTITO. LUIGI CORTESI: PERCHE'? WHY?
[Ringraziamo di cuore Luigi Cortesi per averci messo a disposizione il
seguente intervento che compare come editoriale nel n. 38 di "Giano. Pace
ambiente problemi globali" (la prestigiosa rivista di cui Luigi Cortesi e'
direttore), numero dedicato ai fatti da Genova a New York alla guerra. Per
contatti: sito: www.odradek.it/giano; e-mail: redazionegiano at libero.it.
Ovviamente le posizioni qui espresse sono proposte alla discussione, e la
redazione di questo notiziario come e' noto ha opinioni anche fortemente
diverse e fin opposte rispetto ad alcune tesi e formulazioni (avere opinioni
diverse e' la cosa buona che permette le discussioni).
Luigi Cortesi e' nato a Bergamo nel 1929, storico, docente universitario, fa
parte di strutture di ricerca e di impegno per la pace, dirige la rivista
"Giano". Tra le opere di Luigi Cortesi: Storia e catastrofe, Liguori; (a
cura di), Democrazia, rischio nucleare, movimenti per la pace, Liguori;
1949: il trauma della Nato (con Antonio Liberti), ECP]
La parola che abbiamo assunto come titolo caratterizzante di questo
fascicolo e delle riflessioni suggerite dagli avvenimenti di Genova del
21-22 luglio e degli attentati dell'11 settembre negli Usa viene "dal
basso". Ed essa puo' valere anche per la "guerra infinita" che Bush e
l'Occidente si sono subito apprestati a scatenare.
"Perche'?" - si chiedevano in un dibattito alcuni giovani, a proposito delle
manifestazioni di Genova contro la riunione del G8 e della furia repressiva
che si e' scatenata contro di esse. I giovani che si interrogavano in questo
modo non erano ne' sprovveduti ne' politicamente insensibili, al contrario
volevano proprio arrivare a capire le ragioni profonde dei fatti e la logica
della contrapposizione. Nessun organo di stampa "indipendente" o
trasmissione televisiva  ha neppure tentato di spiegare quelle ragioni e
quella logica, e come la globalizzazione sia diventata una questione di
"zona rossa" e di polizia; il vero e alto discorso politico e' bandito dalle
nostre TV, private e pubbliche, per le quali la politica e' soprattutto la
professione di un ristrettissimo numero di persone che si telefonano tra
loro e vengono quotidianamente intervistate.
"Why, why, why?" - gridava con  tono disperato una donna che fuggiva
dall'area delle Twin Towers, mentre dietro di lei ancora si ergevano,
avvolti dalle fiamme, i due superbi grattacieli del Word Trade Center.
Nessuno le avra' dato una vera risposta, ne' allora ne' poi, nel rapido
susseguirsi di panico autentico, di emozione collettiva manovrata e di
preparazione psicologica alla vendetta; nessuno, c'e' da temere, le dara'
mai una risposta al di fuori di qualche individuo critico incontrato per
caso e di qualche giornaletto di scarsa tiratura, che nel caleidoscopio
merceologico e nella ventata di patriottismo  yankee abbiano saputo
mantenere la propria autonomia.
Infine noi stessi, di fronte allo spettacolo della mobilitazione militare
americana e mentre si diffondono voci di guerra e di catastrofe, ci
chiediamo: "Perche'?".
Vogliamo qui cercare di avviare almeno una prima argomentazione sui fatti, e
lo facciamo con interventi a titolo personale, riservandoci di tornare sui
discorsi e sui problemi; e vorremmo dire sul problema, dato che la risposta
a quel perche' e a quel why si articola certamente in una molteplicita' di
cause, ma ci porta infine su un unico terreno di analisi, e ad una matrice
fondamentale del malessere mondiale.
*
Il discorso su Genova potrebbe essere breve, dato che i fatti americani
hanno soverchiato quelli italiani di luglio, e che la "guerra infinita" si
e' poi sovrapposta a tutto. Ma noi crediamo che la cornice nella quale si e'
collocata la contestazione del G-8 non sia ne' locale, ne' italiana, ne'
solo europea; e quindi i due temi si mescoleranno nella nostra riflessione.
Genova e' venuta dopo Seattle, Washington, Praga, Montreal, Nizza, Davos,
Napoli, Quebec, Porto Alegre, Goteborg. In ciascuna di queste citta' ci sono
state manifestazioni di massa, o di grosse avanguardie della nuova coscienza
globale, o comunque dimostrazioni di un malessere profondo dell'epoca. Il
movimento che ha preso nome dai fatti di Seattle del novembre 1999 e' venuto
via via rivelando il proprio carattere mondiale, e ha posto le prime basi
d'una nuova cultura politica di massa. Non esiste solo la globalizzazione
della finanza, dei commerci, dell'accumulazione di ricchezza: esiste anche
quella della diseguaglianza, dell'impoverimento, della fame. Non esiste solo
la globalizzazione delle comunicazioni: c'e' anche, nelle pieghe del grande
rivolgimento, la globalizzazione delle cause di protesta e di lotta; c'e'
una consapevolezza via via piu' ampia e sdegnata dei rischi e
dell'ingiustizia connessi all'eternizzazione delle disuguaglianze, alla
morte di massa per fame nei paesi del Sud e al congelamento della dinamica
politica nelle societa' nel Nord, con la cancellazione delle conquiste d'un
secolo duro e sanguinoso come quello passato. Non facciamo, ora, differenza
tra centro-destra e centro-sinistra; in Italia e altrove: i due
schieramenti, sempre piu' simili nella sostanza della loro cultura, sono
degni di succedere l'uno all'altro senza che i processi in corso registrino
mutamenti rilevanti. I fatti d'un decennio l'hanno dimostrato.
Ma quelli che abbiamo citato sono i rischi comparativamente minori,
superabili storicamente in una dialettica rivoluzionaria di classe, che in
modo ancora non prevedibile tornera' a sollecitare il movimento storico. Il
rischio piu' grande e' l'annientamento, la perdita del mondo e della storia,
e questo rischio procede a grandi passi, come risulta evidente non solo
dalla rivolta del clima contro gli abusi dell'industrialismo e dell'high
tech, ma dall'incapacita' dell'economia e della politica dominanti ad
affrontare i cambiamenti necessari e sempre piu' drammaticamente urgenti,
cambiamenti che esse stesse provocano e sospingono. E' questa vocazione del
sistema alla distruttivita', e' questo scenario senza orizzonte e senza
futuro che il movimento di Seattle e di Genova ha introiettato. Si tratta,
prevalentemente, di giovani. Sicuramente fruttificano semi attivi, fermenti
critici e spinte al cambiamento che vengono dal profondo del secolo passato.
Ma la determinazione alla lotta, il respiro di un nuovo internazionalismo
mondiale, e potremmo dire anche il nuovo modo di guardare alla "economia di
mercato" come al becchino chiamato a sotterrare, insieme, il mondo da
cambiare e la possibilita' d'una transizione ad altri e migliori assetti
sociali, queste sono cose nuove, oppure ritrovate dopo un lungo silenzio, ma
ritradotte in creazioni generazionali che propongono una nuova cultura della
militanza. Non si tratta di un riciclo, come sperano molti militanti dei
decenni passati, bensi' di un ciclo nuovo e diverso della spinta sociale ad
un "mondo migliore"; che, tra l'altro, imputa alle ortodossie
socialcomuniste del passato d'aver rappresentato un cul-de-sac in materia di
rapporti tra politica e societa' e tra uomo e natura esterna.
Che il movimento non sia un fenomeno passeggero, o una irregolarita' nel
profilo di una storia che il riformismo sapra' riparare, ce lo garantisce
proprio l'incapacita' del sistema ad andare avanti se non nella sola
direzione della catastrofe. Basti pensare a alcuni dei fenomeni piu'
rilevanti del nostro tempo: la filosofia e il funzionamento pratico del Wto
che troviamo puntualmente documentati nel volume di Lori Wallach e Michelle
Sforza  edito da Feltrinelli, il rilancio del cosiddetto "scudo  spaziale"
da parte del presidente americano G. W. Bush, infine la disponibilita'
dell'intero Occidente ad una guerra senza limiti di spazio, tempo e tipo
d'armamenti, e perfino contro un nemico non precisamente individuabile e
localizzabile. Da un lato il doppio attacco alle economie povere e
all'ambiente naturale in nome della totale liberta' di commercio e
dell'esigenza di frantumare come technical barriers ogni impedimento -
legislativo, culturale, antropico, ecologico - allo scorrimento devastatore
delle merci; dall'altra parte il rilancio della filosofia militare di
Clausewitz e di quella atomica di Herman Kahn in una situazione che puo'
comportare una terza guerra mondiale, o quanto meno una guerra di
proporzioni intercontinentali, priva di controparti statuali in grado di
minacciare gli Stati Uniti d'America con una pioggia di missili atomici che
sia necessario neutralizzare in volo per evitare l'ecatombe - una guerra
dell'Occidente colonialista e imperialista contro societa', culture e
religioni considerate altre e nemiche, una guerra non tra civilta' ma di
sistema. Una guerra che si prepara e si fara'  mentre le condizioni della
biosfera concedono alla fabbricazione e all'uso massiccio delle attuali
tecnologie militari margini ormai molto limitati di metabolizzazione
naturale. Una guerra infinita che forza le soglie d'un mondo finito.
*
Ora, quello che gli appartenenti alle generazioni anziane apprendono e
approfondiscono per la consueta via delle letture, il carattere
potenzialmente finale del nostro tempo, e' gia' nella percezione dei
giovani; essi lo colgono e lo misurano nei dati della loro stessa vita - la
disoccupazione, la crescente miseria delle fasce emarginate, la liceita' del
drogarsi o del ripudiare la vita di fronte al franare del senso, il
disfacimento della rete organizzativa della societa', la truffa della
didattica scolastica e universitaria, la ridicola distribuzione di inni di
Mameli, di bandierine tricolori e di film su Padre Pio, che dovrebbero
essere tramiti di orientamento etico ma rimandano ad una bussola di valori
dal quadrante muto. Il fallimento del capitalismo e i rischi connessi sono
nell'aria, anche qui nel suo centro. E la morte di Carlo Giuliani va
considerata come il prodotto, piu' che di un episodio di lotta di strada, di
questo fallimento e dei processi di radicalizzazione repressiva che esso
comporta, per la coincidenza dell'onda lunga della crisi storica del sistema
e dell'ondata recessiva che colpisce - in modo piu' acuto e preoccupante
dopo quasi un decennio di crescita trionfale - l'economia degli Stati Uniti
d'America. Lo sviluppo del movimento e' congiunto ai fenomeni di coscienza
di cui abbiamo detto, ma si radica su questo terreno materiale di crisi.
Questa e' stata Seattle, questa e' stata Genova. Di fronte a tutto cio', di
fronte al vuoto di futuro - che puo' essere l'inabissamento della civilta' e
della storia - appaiono in verita' del tutto comprensibili in linea di
conseguenza alcuni dei dati formali dei fatti: la volonta' dei giovani di
far fronte a polizia e carabinieri con una ferma decisione di resistenza, il
rifiuto di un trattamento violento e vendicativo, l'opposizione che si
preannuncia di una politica esistenziale di massa alla vecchia politica
oligarchica e professionale. E puo' essere compresa perfino la rabbia
prepolitica dei casseurs. Questi gruppi dell'azione estrema si prestano
oggettivamente a perdere la loro autonomia e ad essere strumentalizzati
dalle "forze dell'ordine"; e la loro esistenza rivela nel modo piu'
macroscopico i limiti intellettuali che il movimento nel suo complesso
dovra' superare. Ma, casseurs a parte, e' da considerare positivo il fatto
che sulla via della  maturazione politica movimenti come quello genovese
accettino il rapporto di forza e la situazione conflittuale.
Quello dei limiti intellettuali e politici e' un grosso problema, che i
dodici anni di esperienza e di elaborazione di "Giano" ci autorizzano a
porre. Ci sono aspetti di introduzione alla politica e di conoscenza storica
per i quali chi dirige o rappresenta pubblicamente il movimento deve
chiedere conto alle forze politiche di origine classista e rivoluzionaria,
come Rifondazione comunista (non parlo, per decenza, dei Ds e, per riguardo
ai popoli di  Serbia e Jugoslavia, del PdCI) e quelle di formazione
successiva e tutta legata all'ecopacifismo, come i Verdi piu' seri, o la
sinistra anticapitalista dei Verdi. Li' dovrebbero stare le fonti del
pensiero alternativo, l'organizzazione fondamentale della critica del
sistema, ed anche la capacita' di recepire dai nuovi militanti i frutti
della loro esperienza e di nuove analisi, che non partono direttamente dalla
lotta di classe o da una contrapposizione politica consolidata, e neppure
immediatamente dalle merci, ma dal rapporto tra prassi umana e natura.
Recepire e lasciarsene trasformare.
Nello scambio, molto impareranno i piu' giovani, ma altrettanto, e in un
certo senso ancor piu' dovrebbero apprendere i vecchi marxisti, legati al
comunismo ortodosso dell'incapacita' borghese e della candidatura del
proletariato organizzato ad un ulteriore sviluppo delle forze produttive.
Tutto cio' senza anteporre dottrinariamente la questione del soggetto o dei
soggetti della lotta; giacche' e' proprio la lotta, sono gli avversari
stessi che li creano, li stanno creando. Ci sarebbe molto da discutere su
questo; per ora diciamo che la coesione culturale e' piu' forte di quella
sociale, ma che qualcuno dovrebbe porsi seriamente il problema della
partecipazione operaia. Il senso di queste osservazioni e': attenzione,
l'esperienza diretta di questo nuovo anticapitalismo e' in vantaggio sulle
vecchie categorie teoriche e perfino sociologiche, e il suo processo di
maturazione va rispettato. Perche' mai come di fronte ad una apocalisse che
appare difficilmente evitabile bisogna lavorare di distinzione tra il
compito immediato e una concezione patrimoniale del passato, tra una prima e
una seconda linea dei problemi, e saper discernere il fondamentale e
l'accessorio.
Noi mettiamo in seconda linea anche la questione della democrazia nei
termini in cui e' stata generalmente posta, della negazione del diritto alla
libera manifestazione e delle illegalita' della polizia. Se un problema di
limiti posti alla democrazia formale esiste, esso precede Genova e sussiste
dopo Genova; ma appare soverchiato dal problema della qualita' stessa della
democrazia vigente e  della spinta a superare le menzogne convenzionali e a
costituire una democrazia autentica. Il regime vigente non e' tanto
caratterizzato da inadempienze ad un concetto condiviso di democrazia,
quanto dal mancato sviluppo e dalla paralisi della democrazia entro le forme
parziali e asfittiche che le sono tipiche in presenza di un'economia
capitalistica.
La maggioranza dei soggetti della mobilitazione (gruppi e militanti singoli)
viene dai paesi capitalistici "avanzati", quelli nei quali gli interessi
economici dominanti prosperano sotto forme democratiche di gestione del
potere politico. In alcuni dei questi paesi sono state recentemente tenute
le rituali elezioni. Ma c'e' un'enorme e crescente distanza tra queste forme
elettoralistiche, la realta' dei poteri in gioco e i problemi
internazionali e globali che hanno preso corpo nei decenni scorsi, dei quali
la cosiddetta opinione pubblica ha una conoscenza parziale e sfuocata. I
grandi poteri economici e politici dello Stato-guerra e delle organizzazioni
internazionali dominate dall'Occidente hanno confiscato a se' la gestione di
quei problemi e li manomettono sulla base di interessi che ledono in tutto
il mondo in misura sempre piu' grave il diritto alla vita, trascinano alla
disperazione e all'esodo masse sterminate e giungono alle soglie di rottura
con le leggi chimico-fisiche della vita generica. La democrazia esiste solo
nella misura della conferma dell'ut sic. Per questi poteri occidentali la
guerra e l'aggressione alla natura continuano ad essere un prolungamento
organico dell'economia e della politica; la superficie terrestre non e'
interamente nelle loro mani, ma e' incessante - e si e' fatta piu'
aggressiva nell'ultimo decennio del Novecento - la spinta ad un controllo
totale.
Qualcuno puo' trovare questo quadro troppo fosco, o partigiano, o
"antiamericano". Ma noi - come Rossana Rossanda - rivendichiamo
l'antiamericanismo come un diritto elementare dell'analisi critica; chi
personalmente scrive deve la formazione stessa del proprio pensiero
militante, la propria liberta' intellettuale, alla critica del potere e di
quello che e' stato il suo luogo mondiale per eccellenza  lungo un mezzo
secolo la cui rovinosita' e' in ragione diretta con gli sviluppi
dell'imperialismo degli Usa. Per limitarci appunto agli ultimi anni, noi
invitiamo i dubbiosi a riflettere in particolare sulla guerra del Golfo, che
nel 1990-91 ha accompagnato, non a caso, il tramonto dell'Unione Sovietica,
e che e' all'origine della situazione che stiamo descrivendo. Li invitiamo a
riflettere sulle ragioni di quella guerra e su un dopoguerra veramente
infinito, con embargo e genocidio, nel quale una sola cosa e' certa: lo
stabile insediamento americano in quella zona nevralgica del mondo, con
tutti i contraccolpi che essa ha provocato e che provoca continuamente in
ordine ad una apparente "guerra di civilta'" che e' concreta aggressione
imperialistica capace dei piu' grandi crimini. Quella guerra ha scardinato
sia i rapporti internazionali sia, in molte situazioni, gli equilibri
interni: il passaggio di secolo ne e' risultato sconvolto sul piano
continentale e mondiale.
Tutto costituisce una spaventosa registrazione dello stato attuale di crisi
della "democrazia reale", e diremmo la rivelazione della incompatibilita'
del capitalismo e dell'imperialismo con i postulati basilari della
democrazia tout court e la drammatica necessita' d'un approfondimento e di
una globalizzazione della democrazia stessa. Questa e' dunque la richiesta
fondamentale del movimento di Seattle, e questa e' la direzione in cui
lavorare, nella convinzione che il cammino intrapreso non e' che l'inizio di
un nuovo ciclo di lotte sociali che si combattono su quello che Ernesto
Balducci chiamava "il crinale apocalittico" della contemporaneita'.
*
Cio' che abbiamo detto ci ha direttamente portato sul terreno degli
attentati americani. Noi vogliamo risparmiarci qui un giudizio di
disapprovazione acritica di quanto viene attribuito al cosiddetto
"fondamentalismo islamico" (un'espressione che noi non usiamo, come non
abbiamo in casi simili o analoghi mai usato "fondamentalismo cattolico" o
"cristiano"). Siamo portati a distinguere molto nettamente islamismo da
fondamentalismo, e anche fondamentalismo da terrorismo. Siamo di principio
contrari al terrorismo, ma ne vogliamo vedere la varia tipologia.
L'attentato di New York-Washington impressiona per gli aspetti spettacolari
abbondantemente sfruttati dai mass media. E' stato calcolato che ogni utente
televisivo nel mondo ha visto bruciare e affondare le torri di Manhattan 14
volte solo dall'11 al 18 settembre. Non e' poco: il sistema d'informazione
americano-atlantico e' riuscito a mettere l'attentato alle Twin Towers (piu'
che quello al Pentagono) al centro della sensibilita', dell'angoscia e
infine del sentimento di vendetta di una parte notevole della popolazione
mondiale. E' cosi' che si dimentica il genocidio iracheno; e' cosi' che si
prepara la "prima guerra del secolo XXI".
Ma l'attentato preoccupa anche chi non ha perso la testa, per il suo ordine
di grandezza e per le conseguenze che gli americani ne hanno subito tratto;
intanto, esso puo' avere una ricaduta negativa sui movimenti alternativi, e
sul movimento complessivo di Seattle-Genova. Una parte puo' sentire il
richiamo dell'Occidente ferito, un'altra parte puo' volgersi all'idea che
l'estremizzazione delle forme di lotta e' ormai un dato universalmente
caratterizzante e obbligatorio. Tener fermo sui valori profondi che ispirano
i movimenti alternativi dell'ultimo biennio e che si rivolgono contro i
sistemi di dominio e di guerra puo' essere un antidoto efficace; ma,
soprattutto questo attentato va capito.
Gli americani si sono messi subito alla ricerca di qualche nemico in carne
ed ossa, con wanted, dead or alive, fotografia e taglia; ed hanno un
presidente abbastanza incolto e ottuso da ritenersi il titano di  una lotta
contro il Demonio, non senza l'aiuto di Dio. Noi crediamo che il nemico e
il male gli americani li abbiano in casa propria, e ne esportino in grande
quantita'. Li esportano nella loro produzione culturale di massa, destinata
alla grande catena televisiva che stringe il mondo: quanti roghi di
grattacieli avevamo gia' visto in TV. Ma qui intendevo suggerire ben altro.
Si pensi ai dati dell'inquinamento, allo sviluppo degli armamenti e della
loro distribuzione nel mondo, alle basi militari disseminate dappertutto,
tranne che in quegli spazi dell'Eurasia che non a caso gli americani vanno
ripetutamente a vellicare. Si pensi alla complicita' con il sionismo e con
la destra colonialista e razzista di Israele, che alimenta un focolaio di
sofferenze e di ingiustizie in un punto nevralgico del pianeta, fortemente
simbolico di ben altri valori. Ma forse basta pensare all'embargo contro
l'Iraq e allo stillicidio quotidiano delle morti per mancanza di cibi,
medicinali e possibilita' di cura; se e' vero che i morti in undici anni
sono stati piu' di un milione, si puo' arrivare alla cifra di 9.000-10.000
morti al mese, alcune centinaia ogni giorno.  E' sbagliato contrapporre i
morti ai morti, ed e' forse inopportuno mentre ancora migliaia di corpi
giacciono sotto le rovine delle Twin Towers; ma il lutto che gli Usa hanno
subito in un solo giorno si rinnova tutti i giorni nelle regioni del mondo
dove la politica americana alimenta le disuguaglianze, le sofferenze, le
prostrazioni e ostenta muscoli e missili. Impressiona poi l'immediata
pretesa degli Stati Uniti di passare dal piano del terrorismo civile, per
quanto atroce sia stato, al piano della guerra internazionale. Come se si
potesse conquistare ed eliminare il luogo geografico  dell'odio; come se la
nuova spedizione nel mondo dell'Islam non ne fosse un'ulteriore semina.
Ma come dunque spiegare l'odio contro gli Usa? C'e' davvero da stupirsi se
tanto facilmente si reclutano terroristi in quella gigantesca area
mediorientale nella quale manca la possibilita' di difendersi dagli
americani, e di contrattaccare, ai loro stessi livelli tecnologici? C'e'
davvero da stupirsi se nei territori palestinesi, nei quali le vessazioni
israeliane con soldi, armi e veti americani sono continue e sanguinose, ci
sono state scene di giubilo collettivo? E che i dirottatori dei quattro
aerei, con il loro carico di innocenti destinati all'immolazione, siano
considerati (cosi' come i terroristi-suicidi dei Territori) eroi e martiri
da chi ha passato la propria vita in condizione di schiavitu', e sa molto
bene a chi doverlo? Io mi appello forse qui ad uno spirito critico che lo
spettacolo di Manhattan e del Pentagono ha completamente soffocato, o che
non c'e' mai stato, o che sopravvive in pochi, e invito i pochi o i molti
(gli stessi del movimento di Genova, in primo luogo, e senza differenze
tutti i giovani), ad adoperare  spirito critico nella lettura dei media e,
ancor piu' direttamente nell'analisi delle reazioni dei dirigenti americani.
Della discutibilita' della propria condotta subito dopo gli attentati, Bush
si e' rifatto subito con la chiamata alla guerra e anzi alla "prima guerra
del XXI secolo", e ha mobilitato una forza militare di cielo, di mare e di
terra sproporzionata a qualsiasi eventuale nemico nel mondo; tanto piu' che
nel frattempo i meno folli dei suoi consiglieri pare l'abbiano convinto ad
annunciare punizioni "mirate" piuttosto che colpi indiscriminati. Ma
possiamo fidarci che il Polifemo accecato faccia precisi lanci di fionda,
piuttosto che scagli scompostamente (contro Nessuno!) macigni strappati alla
montagna? Tutto il Congresso e' stato con il Presidente, in una
manifestazione di fondamentalismo fanatico e di appoggio al terrorismo di
Stato che ha stupito qualche ingenuo ma rallegrato quasi tutta la stampa
italiana, nonche' i telegiornali pubblici e privati. Bush, oggetto di
battute e sarcasmi fino a una settimana prima, ha ottenuto cosi' uno spazio
di franchigia per la sua impresa, che deve portare la Croce dell'Occidente
nelle terre degli infedeli. Il giorno dopo il "falco" Rumsfeld non escludeva
l'uso di armi nucleari. Probabilmente non le useranno, ma intanto sappiamo
che navi e aerei se le portano in giro per il mondo, e che il World Trade
Center vale bene una o piu' atomiche, e che in Italia c'e' chi - come il
generale Jean, il giornalista e neo-parlamentare Guzzanti, forse D'Alema il
Balcanico, a braccetto con il filosofo degli Inferi Buttiglione) e' disposto
a seguire gli americani.
Se dunque dalla "crociata" si e' passati alla "giustizia" e poi alla
"Operazione infinita", le premesse della guerra sono state poste, il nemico
lo si puo' pure inventare, le indagini continuano e l'Iraq e' sempre in
zona. E' certo che flotte e squadriglie non torneranno dal Golfo Persico e
dall'Oceano Indiano senza dare qualche saggio della loro potenza. Perche',
nel variare delle parole d'ordine e delle definizioni solenni, nelle
modifiche del concetto di Islam, nella straordinaria violenza che - imposta
dall'abbattimento dei templi del commercio e della strategia militare - e'
stata raccolta e sviluppata a misura di Superpotenza dagli apparati
ideologici, e' rimasto fermo che si tratta di una "colossale lotta del bene
contro il male". Non viene in mente, ai responsabili Usa, che una buona
maggioranza del mondo rovescia i due termini, cioe' pensa che il male e' in
America e in Occidente? E che proprio da quello sterminato serbatoio di
risentimenti proviene il terrorismo "islamico"? Non e', quello, odio
promosso da grandi mass media o dai mullah, ma sentimento autentico di
rifiuto d'una dominazione e d'una rapina tanto piu' ripugnanti in quanto si
presentano con gli orpelli della liberta' e della democrazia.
*
Nelle situazioni di vigilia o di pausa d'una guerra c'e' un periodo nel
quale affiora il pacifismo popolare profondo, ma anche si lavora con maggior
determinazione sulle menti e si manipolano le coscienze; una lotta decisiva
si svolge tra la forza immateriale degli Stati e la volonta' della
maggioranza. Cosi' fu nel luglio 1914; e se allora a Berlino, a Parigi, a
Londra fossero scesi in piazza centomila operai la guerra non ci sarebbe
stata. Cosi' fu in Italia nel 1915: se la direzione del Psi avesse applicato
i principi dell'internazionalismo e mobilitato la propria base l'Italia non
avrebbe potuto mercanteggiare il suo intervento. Cosi', in certo modo, fu
tra il 1939 e il '40, durante la "drole de guerre"; ma le forze della pace
erano state piegate prima, e non piu' dal patto russo-tedesco che dalle
ambiguita' inglesi e francesi che l'avevano in effetti provocato. Agire
prima e' sempre stato il problema del pacifismo; lo e' a maggior ragione da
quando esistono le armi dell'umanicidio.
Il movimento di Seattle e di Genova e' vitale; negli Usa stessi e in vari
paesi europei, Italia compresa, sta avvenendo una saldatura tra le ragioni
del pacifismo e quelle dell'ecologia, e si sviluppa la nuova coscienza
critica della societa' globale. Noi possiamo solo professarci per una lotta
senza quartiere contro quelle forze che vogliono la guerra e chi e' disposto
ad aderirvi in nome di una politica bipartisan di unita' o solidarieta'
nazionale, di alleanza, di sistema, che in tutte le guerre ha rappresentato
la rovina - per lungo tempo - d'ogni ipotesi di cambiamento e di nuovo
indirizzo della politica internazionale. Quella lotta e( tanto piu'
necessaria in un periodo in cui svellere le radici stesse della guerra
secondo una strategia che riporti e alimenti il conflitto nel cuore della
societa' appare sempre piu' chiaramente come l'unica via di salvezza
dell'umanita'.

5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: CON LE BOMBE
[Davide Melodia, amico della nonviolenza, quacchero, versatile poligrafo, e'
un collaboratore abituale di questo notiziario (per contatti:
melody at libero.it)]

Con le bombe l'Occidente non dimostra, ahime',
la superiorita' del suo mondo.
Se tale superiorita', fonte di rispetto
e di sana imitazione esserci deve,
non sulla tecnologia, ne' sulla potenza militare,
ne' sull'industria ne' l'economia,
non sulla violenza o sulla strategia,
ma su valori etici profondi, sulla giustizia,
sulla pace, sulla verita', ed anche, perche' no?
sull'amore.

Con le bombe l'Occidente ha perduto,
per sempre forse, l'occasione e la speranza
di rispondere ai desiderata ed ai bisogni
di un mondo disperato.

6. MAESTRE. SUSAN SONTAG: IL CANCRO DELLA STORIA UMANA
[Da Susan Sontag, Stili di volonta' radicale, Mondadori, Milano 1999, pp.
261-262; il testo da cui e' estratto questo brano, dal titolo "Che cosa
succede in America", e' del 1966, ed andrebbe letto integralmente.
Susan Sontag e' forse la piu' prestigiosa intellettuale americana, nata a
New York nel 1933, fortemente impegnata per i diritti civili. Tra le opere
di Susan Sontag segnaliamo particolarmente alcuni suoi saggi, come quelli
raccolti in Contro l'interpretazione e Stili di volontà radicale, presso
Mondadori; e Malattia come metafora, Einaudi]
La razza bianca e' il cancro della storia umana; e' la razza bianca ed essa
sola - con le sue ideologie e le sue invenzioni - che sradica civilta'
autonome ovunque esse si estendano, che ha sconvolto l'equilibrio ambientale
del pianeta, che adesso minaccia l'esistenza stessa della vita. Il pericolo
rappresentato dalle orde dei Mongoli e' assai meno spaventoso del danno
presente e futuro apportato dall'uomo occidentale "faustiano", con il suo
idealismo, la sua arte stupenda, il suo senso dell'avventura intellettuale,
le sue energie di conquista che divorano il mondo.

7. PROPOSTE. GIANFRANCO MASCIA: COSTRUIAMO I COMITATI PER LA LEGALITA'
[Gianfranco Mascia ha promosso nel 1993 i comitati Bo. Bi. (Boicotta il
Biscione) di tempestiva denuncia di gravi pericoli per la democrazia poi
puntualmente verificatisi. Per contatti: e-mail: mondopazzo at infinito.it;
sito: www.bobi2001.supereva.it]
Lanciamo l'idea di costituire in tutti i posti possibili e immaginabili dei
Comitati "PER.LE.", PER la LEgalita'. Comitati di quella parte della
societa' civile onesta e pulita, che potranno essere l'unita' di base
vincente di futuri comitati referendari.
Cosa vuol dire l'approvazione  della legge sulle rogatorie internazionali
(Legge 367/2001), l'abolizione della tassa su donazioni e successione (Legge
Tremonti-bis), la depenalizzazione del falso in bilancio e la parificazione
delle Cooperative a societa' di lucro? Quali sono i soggetti piu' colpiti da
questi provvedimenti? E' possibile riuscire a vincere una eventuale campagna
referendaria che voglia abolire queste leggi?
Le esperienze passate lo hanno insegnato: quando si toccano direttamente gli
interessi del capo, scatta la difesa ad oltranza, esplode il vittimismo e
l'accusa di manie persecutorie. Bisogna evitare tutto questo.
Certo pare fantascientifico che questo sia detto da noi dei comitati BO.BI.
(Boicotta il Biscione) che per primi ci siamo mossi (nel lontano 1993) per
denunciare che la discesa in campo del Cavaliere era dettata dalla
necessita' di risolvere i suoi debiti ed i suoi problemi con la giustizia;
eppure dobbiamo purtroppo constatare che, non essendosi creato un fronte
comune allora, ed avendo sprecato la sinistra le sue cartucce inutilmente
con il governo Prodi, oggi ci troviamo in questa situazione.
In realta', per fare capire ai cittadini la valenza di questa battaglia per
la legalita', e' sufficiente far capire quanti pedofili, trafficanti d'armi,
terroristi e  mafiosi verranno liberati grazie alla legge sulle rogatorie;
quante persone che lavorano nel sociale e nel volontariato saranno
penalizzate dalle norme sulla cooperazione e quanti corruttori e speculatori
la faranno franca grazie alla depenalizzazione del falso in bilancio.
Ma per fare questo abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, basta con lo stare a
domandarsi ed a recriminare, bisogna agire: mille PER.LE. brilleranno,
aderisci, adesso: www.bobi2001.supereva.it

8. ESPERIENZE. IL CENTRO SICILIANO DI DOCUMENTAZIONE "GIUSEPPE IMPASTATO"
[Dal sito del Centro Impastato di Palermo (www.centroimpastato.it)
riprendiamo questa breve scheda di autopresentazione]
Il Centro siciliano di documentazione e' il primo centro studi sulla mafia
sorto in Italia. Fondato nel 1977 da Umberto Santino, si e' formalmente
costituito come associazione culturale nel maggio del 1980 ed e' stato
intitolato al militante antimafia Giuseppe Impastato, assassinato dalla
mafia il 9 maggio 1978. Nel 1998 il Centro si e' dato un nuovo statuto
trasformandosi in Onlus (Organizzazione non lucrativa di utilita' sociale).
* Come si diventa soci
Lo statuto prevede varie forme di adesione: soci ordinari, coloro che
collaborano all'attivita' del Centro e si impegnano a versare una quota
mensile; amici del Centro, che versano una quota annuale e hanno diritto a
ricevere le pubblicazioni.
* Le attivita' del Centro
Il Centro ha lo scopo di sviluppare la conoscenza del fenomeno mafioso e di
altri fenomeni ad esso assimilabili, a livello nazionale ed internazionale;
promuovere iniziative allo scopo di combattere tali fenomeni; elaborare e
diffondere un'adeguata cultura della legalita', dello sviluppo e della
partecipazione democratica. A tal fine svolge le seguenti attivita':
raccogliere materiali di carattere politico, economico, storico,
sociologico; condurre studi e ricerche; promuovere iniziative culturali
(convegni, seminari, dibattiti, proiezioni, mostre, etc.); pubblicare libri,
opuscoli e materiali vari.
Nel corso della sua attivita' il Centro, completamente autofinanziato, ha
formato una biblioteca, un'emeroteca e un archivio specializzati sulla mafia
e altre forme di criminalita' organizzata; ha prodotto studi e ricerche,
rassegne stampa, bibliografie e materiali di documentazione (come il dossier
"Notissimi ignoti" sul delitto Impastato e i dossier su Salvo Lima); svolto
attivita' di informazione e di educazione nelle scuole e in istituti
universitari, in Italia e all'estero, con convegni, seminari, dibattiti,
mostre fotografiche; promosso iniziative di mobilitazione (a cominciare
dalla manifestazione nazionale contro la mafia, la prima nella storia
d'Italia, svoltasi nel maggio del 1979), e di aggregazione sociale, e ha
avuto un ruolo decisivo nell'inchiesta sull'omicidio Impastato.
Con il progetto di ricerca "Mafia e societa'", il Centro ha avviato
un'analisi scientifica del fenomeno mafioso, spesso affrontato con idee e
metodologie inadeguate, portando a compimento le ricerche sull'omicidio a
Palermo, sulle imprese mafiose, sul traffico internazionale di droghe, sul
rapporto mafia-politica e sul movimento antimafia.
* Pubblicazioni recenti
Collana "Quaderni":
- G. La Fiura, Droghe & mafie. Bibliografia ragionata e annotata su
narcotraffico e criminalita' organizzate, 1993, pp. 148, L. 15.000;
- U. Santino, La borghesia mafiosa. Materiali di un percorso di analisi,
1994, pp. 363, L. 25.000;
- A. Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri
educativi, esperienze didattiche, 1994, pp. 200, L. 20.000;
- U. Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi
all'omicidio di Giuseppe Impastato, 1998, pp. 411, L. 40.000.
Collana "Appunti":
- U. Santino, Casa Europa. Il mercato delle droghe in Europa. Mafia e
saccheggio del territorio. Economia mondiale e sviluppo locale, 1994, pp.
62, L. 5.000;
- U. Santino, La mafia come soggetto politico, 1994, pp. 62, L. 5.000;
- U. Santino, Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la
democrazia dal 1893 al 1994, 1995, pp. 78, L. 5.000;
- A. Cavadi, Volontari a Palermo. Materiali per gli operatori del Centro
sociale "S. Francesco Saverio", 1995, pp. 116; 2a edizione riveduta ed
ampliata: Volontari a Palermo. Indicazioni per chi fa o vuol fare
l'operatore sociale, 1998, pp. 120, L. 12.000;
- U. Santino, Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in
terra di mafie, 1998, pp. 80, L. 6.000;
- A. Puglisi, Donne, mafia, antimafia, 1998, pp. 120, L. 12.000.
Presso case editrici varie:
- F. Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo, 1986,
ristampa 2000, pp. 69, L. 15.000;
- A. Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna, Palermo, 1990, pp. 120, L.
14.000;
- G. Chinnici - U. Santino - G. La Fiura - U. Adragna, Gabbie vuote.
Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli,
Milano, 1992, pp. 225, L. 25.000;
- U. Santino - G. La Fiura, Dietro la droga, Edizioni Gruppo Abele, Torino,
1993, pp. 300, L. 26.000;
- A. Cavadi, Liberarsi dal dominio mafioso, Edizioni Dehoniane, Bologna,
1993, pp. 47, L. 4.000;
- A. Cavadi (a cura di), Il Vangelo e la lupara, Edizioni Dehoniane,
Bologna, 1994, 2 voll., pp. 405, L. 44.000;
- A. Crisantino, Capire La mafia, La Luna, Palermo, 1995, pp. 132, L.
14.000;
- U. Santino, La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 1995, pp. 167, L. 12.000;
- U. Santino, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e
l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, pp. 231,
L. 26.000;
- U. Santino, L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di
Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1997, pp.
324, L. 26.000;
- U. Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe
all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma, 2000, pp. 405, L. 38.000;
- A. Crisantino, Della segreta e operosa associazione. Una setta all'origine
della mafia, Sellerio, Palermo, 2000, pp. 283, L. 32.000;
- U. Santino, La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni
premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2000, pp. 248, L. 24.000.
* Per contatti: Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, via
Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax 091348997, e-mail
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it, c/c postale: 10690907.

9. RIVISTE. IL SETTIMANALE "CARTA" IN EDICOLA
[Dalla redazione del settimanale "Carta" (e-mail: carta at carta.org) riceviamo
e diffondiamo. Proprio perche' riteniamo che questa rivista presenti molti
materiali interessanti ed offra un servizio indubbiamente utile, ci sembra
altresi' necessario dichiarare che certe posizioni che su di essa vengono
rappresentate sono per noi de "La nonviolenza e' in cammino" del tutto
incondivisibili]
Cari amici,
vi segnaliamo questa settimana che il numero di "Carta" in edicola da
giovedi primo novembre contiene una ampia intervista allo studioso
statunitense Jeremy Rifkin, che spiega perche' la globalizzazione, come
l'abbiamo conosciuta, "e' finita".
Agli studenti e agli insegnanti, che protestano e scioperano, sono dedicati
il racconto del movimento nell'universita' di Bologna, l'intervista al
segretario della Cgil scuola, Enrico Panini, e l'articolo di Andrea Bagni su
"la guerra in classe".
A proposito di guerra, reportage e interviste dagli Usa sulla crisi
dell'antrace, articoli di Alessandra Redondi (Medici senza frontiere), sullo
stato drammatico della salute pubblica in Afghanistan, e di Umberto Santino
sulla coltivazione di oppio.
Si avvicina il 10 novembre, data del vertice del Wto in Qatar, e delle
proteste in tutto il mondo. Francesco Martone illustra l'agenda
dell'Organizzazione mondiale del commercio.
Un dossier e' dedicato ai forum sociali (e ai "disobbedienti"), e un
reportage allo Sri Lanka, alle sue piantagioni di te' e alla guerra civile
ventennale.
Vi raccomandiamo di consultare, giorno per giorno, il nostro sito,
www.carta.org; contiene notizie dal mondo e dai movimenti, articoli e
approfondimenti, il censimento dei forum sociali ed altro ancora.

10. INCONTRI. CONVEGNO E MARCIA DI PAX CHRISTI A LOCRI
[Volentieri diffondiamo questo comunicato di Pax Christi, per contatti: Pax
Christi Italia, segreteria nazionale, via Petronelli 6, 70052 Bisceglie
(BA), tel. 0803953507, fax: 0803953450, e-mail: info at paxchristi.it, sito:
www.paxchristi.it o anche www.peacelink.it/users/paxchristi/]
Nei giorni immediatamente precedenti la Marcia per la pace del 31 dicembre
(appuntamento annuale di Pax Christi, quest'anno dedicata al tema: "Senza
perdono non c'e' pace") che si svolgera' a Locri, si terra' un convegno dal
titolo: "Le violenze della globalizzazione. Percorsi di liberazione a
partire dai Sud del mondo".
L'incontro avra' luogo a Locri presso il Teatro dei Salesiani a partire
dalla sera del 29 fino al 31 dicembre 2001.
Si prevedono gli interventi di mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di
Locri-Gerace, Diego Cipriani, Tonino Perna, Beppe Lumia, Giovanni Mazzillo,
Vincenzo Salvati.
Il convegno sara' arricchito dalla presenza di numerosi testimoni del Sud
del mondo.
Mons. Bregantini parlera' del senso della nonviolenza a partire dal vangelo
(il re non si salva per un forte esercito); la nonviolenza sara' posta a
confronto dei temi cruciali dell'economia di mercato, della criminalita'
organizzata, e della guerra.
A partire dalla parola di Dio e dalla profonda conoscenza delle condizioni
di vita del sud italia, don Gianni Mazzillo e don Vincenzo Salvati
tracceranno l'itinerario possibile per un autentico percorso di incontro tra
le persone e di liberazione da ogni schiavitu'.
L'accoglienza avverra' presso le famiglie delle citta' di Locri e di Gerace
e stiamo cercando di ridurre al minimo tutte le spese di segreteria e
soggiorno.
Per questo aspettiamo numerosi coloro che vorranno unire la partecipazione
alla Marcia ad una vera e propria preparazione che porti a conoscere meglio
le strade da percorrere per essere autenticamente nonviolenti e saper
rispondere alle sfide dell'oggi.
Maggiori informazioni presso la segreteria nazionale di Pax Christi (tel.
0803953507, e-mail: info at paxchristi.it).

11. LETTURE. SAMIR AMIN: IL CAPITALISMO NELL'ERA DELLA GLOBALIZZAZIONE
Samir Amin, Il capitalismo nell'era della globalizzazione, Asterios, Trieste
1997, pp. 192, lire 29.000. "Sette studi sulla gestione capitalistica della
crisi in cui si trova l'umanita'" del grande economista egiziano direttore
del "Forum per il Terzo Mondo".

12. LETTURE. GIUSEPPE BARONE: LA FORZA DELLA NONVIOLENZA. BIBLIOGRAFIA E
PROFILO BIOGRAFICO DI DANILO DOLCI
Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo
biografico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, pp.
176, lire 15.000. Un utilissimo strumento di lavoro che nuovamente
segnaliamo ai nostri interlocutori. Per richieste all'editore: tel.
0815515368, e-mail: dantelib at tin.it

13. LETTURE. ANTONIO VIGILANTE: LA REALTA' LIBERATA. ESCATOLOGIA E
NONVIOLENZA IN CAPITINI
Antonio Vigilante, La realta' liberata; escatologia e nonviolenza in
Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999, pp. 240, lire 30.000. Uno dei
piu' recenti e piu' impegnati studi del pensiero di Aldo Capitini. Per
richieste all'editore: e-mail: rosone at isnet.it

14. RILETTURE. ERNESTO BALDUCCI, LODOVICO GRASSI: LA PACE. REALISMO DI
UN'UTOPIA
Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia,
Principato, Milano 1983, 1985, pp. 464. Forse la migliore introduzione alla
riflessione sulla pace dal Rinascimento ad oggi, un'antologia che dovrebbe
essere utilizzata in tutte le scuole.

15. RILETTURE. DARIO PACCINO: L'IMBROGLIO ECOLOGICO
Dario Paccino, L'imbroglio ecologico, Einaudi, Torino 1972, 1973, pp. 272.
Un testo ormai classico ma tutt'altro che imbalsamato. Da rileggere, o da
leggere per la prima volta.

16. RILETTURE. SERGIO QUINZIO: UN COMMENTO ALLA BIBBIA
Sergio Quinzio, Un commento alla Bibbia, Adelphi, Milano 1991 (seconda
edizione in unico volume; in quattro volumi l'opera era apparsa tra il 1972
e il 1976), pp. 824, lire 60.000. Uno dei capolavori di Sergio Quinzio, di
cui occorrerebbe leggere tutto.

17. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA CLAUDINE VEGH A FRANCO
VENTURI

* CLAUDINE VEGH
Profilo: psichiatra, studiosa della Shoah. Opere di Claudine Vegh: Non gli
ho detto arrivederci. I figli dei deportati parlano, Giuntina, Firenze 1981.

* RODOLFO VENDITTI
Profilo: nato a Ivrea nel 1925, docente universitario e magistrato, ha
pubblicato vari libri in cui ha analizzato in chiave critica la legislazione
penale militare alla luce dei principi costituzionali e in cui ha dedicato
ampio spazio allo studio dell'obiezione di coscienza al servizio militare.
Opere di Rodolfo Venditti: L'obiezione di coscienza al servizio militare,
Giuffrè, Milano 1981 (nuova ed. 1994); Le ragioni dell'obiezione di
coscienza, EGA, Torino 1986; La difesa popolare nonviolenta, Eirene,
Bergamo. Segnaliamo anche una sua aggraziata e felice Piccola guida alla
grande musica, Sonda, Torino 1990.

* FRANCO VENTURI
Profilo: nato a Roma nel 1914, figlio dello storico dell'arte Lionello
Venturi (uno dei pochissimi docenti universitari che nel 1932 rifiutarono il
giuramento di fedeltà al fascismo), esule, giovanissimo collaboratore di
Rosselli ed autorevole esponente di "Giustizia e Libertà", prigioniero nelle
carceri di Franco e di Mussolini, combattente antifascista, dirigente della
Resistenza. Docente e storico illustre. E' deceduto a Torino nel 1994. Opere
di Franco Venturi: Giovinezza di Diderot, Sellerio, Palermo; Il populismo
russo, Le origini dell'Enciclopedia, Utopia e riforma nell'Illuminismo, il
monumentale Settecento riformatore, tutti presso Einaudi, Torino. Sempre
Einaudi ha pubblicato nel 1996 una raccolta di scritti politici di Venturi,
La lotta per la libertà. Opere su Franco Venturi: chi studia il Settecento
europeo o il populismo russo non può non far riferimento alle ricerche di
Venturi. Due saggi-testimonianza di Vittorio Foa ed Alessandro Galante
Garrone, ed una nota introduttiva e biografica di Leonardo Casalino, aprono
il sopra citato volume La lotta per la libertà. A Venturi è dedicato il
fascicolo dell'agosto 1996 (a. CVIII, fasc. II-III) della "Rivista storica
italiana", di cui era stato direttore.

18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

19. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 276 del 2 novembre 2001