[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza e' in cammino. 266
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 266
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 23 Oct 2001 01:20:59 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 266 del 23 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Domenico Gallo, l'illegittima difesa 2. Raimondo Bultrini, moriranno in sette milioni 3. Asca: 150 pacifisti arrestati in Scozia 4. Giulio Vittorangeli: Palestina, la violenza infinita 5. Virginia Woolf, la mia patria e' il mondo intero 6. Un centro per la filosofia femminista 7. Forum mondiale delle alternative: verso Porto Alegre 8. Transfair: "Cioccolato positivo" il 25 ottobre a Perugia 9. Il 16-18 novembre la nonviolenza a Como 10. Il nuovo numero di "Antimafia Duemila" 11. Letture: Graziano Lingua, La storia e le forme della fine 12. Letture: Umberto Santino, Storia del movimento antimafia 13. Letture: Bruna Zani, Patrizia Selleri, Dolores David: La comunicazione 14. Riletture: Norberto Bobbio, Politica e cultura 15. Riletture: Giuseppe Dossetti, Sentinella, quanto resta della notte? 16. Riletture: Il messaggio di Aldo Capitini 17. Per studiare la globalizzazione: da Emma Thomas a Paul Tillich 18. La "Carta" del Movimento Nonviolento 19. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. DOMENICO GALLO: L'ILLEGITTIMA DIFESA [Domenico Gallo e' magistrato, ed e' autore di molti importanti scritti sui temi della pace e del diritto. Questo intervento e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre] La nuova guerra, e' impossibile negarlo, nasce da un atto di terrorismo che, per la prima volta nella storia moderna ha assunto una dimensione catastrofica paragonabile soltanto ad un massiccio attacco bellico. L'attacco contro il Pentagono e le Torri Gemelle di New York, infatti, ha provocato, in poche ore, una quantita' di vittime equivalente a quella provocato, in Jugoslavia, dai 78 giorni di bombardamenti della Nato durante la guerra del 1999. Secondo le nostre categorie tradizionali di pensiero, non v'e' dubbio che l'attacco alle Torri non e' un atto di guerra bensi' un atto di terrorismo, poiche' la guerra e' una istituzione del diritto internazionale che nasce dall'esercizio di una facolta' strettamente inerente al potere sovrano degli stati. Soltanto gli stati possono far ricorso alla guerra, esercitando lo ius ad bellum, che peraltro la Carta della Nazioni unite ha reso illegittimo. Laddove atti di violenza di tipo bellico vengano esercitati da altri soggetti, per quanto distruttivi possano essere, non possono determinare l'instaurazione di uno status di belligeranza, cioe' di quella particolare situazione che determina il trapasso da uno stato pacifico ad uno stato bellico, rendendo lecito ai belligeranti di compiere azioni (uso della forza, interdizioni degli spazi aerei, terrestri e navali, etc.) che altrimenti dovrebbero considerarsi illecite. Tuttavia la frontiera fra azioni di terrorismo ed azioni di guerra non puo' essere tracciata in modo inequivocabile, ne' si tratta di una frontiera invalicabile, potendo il terrorismo travalicare in guerra e la guerra estrinsecarsi attraverso atti di terrorismo. La vita della comunita' internazionale presenta svariati episodi in cui alcuni stati, oggetto di attacchi terroristici (o meglio di attacchi armati compiuti da entita' non statali), hanno invocato il diritto naturale alla autotutela individuale o collettiva (la legittima difesa), garantito dall'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, per compiere azioni belliche contro stati terzi, finalizzate a (o con il pretesto di) reprimere, punire o sradicare il terrorismo. Cio' ha fatto, in particolare, Israele, a giustificazione dell'invasione del Libano, iniziata nel 1982, ed il Sudafrica, a giustificazione dei raid compiuti in Angola ed in Lesotho. Le giustificazioni addotte da Israele e Sudafrica non avevano trovato, pero', un vasto consenso nella Comunita' internazionale. Dopo l'attacco alle Torri, la situazione cambia, in quanto si e' verificato un attacco (terroristico) che ha assunto una dimensione incommensurabile. Per questo i membri del Consiglio di sicurezza, all'unanimita', con la risoluzione n. 1368 del 12 settembre scorso, hanno dichiarato che gli atti di terrorismo costituiscono una minaccia alla pace ed alla sicurezza internazionale ed hanno riconosciuto (evidentemente agli stati che ne sono vittime) "il diritto alla autotutela, individuale o collettiva, in accordo con la Carta". Sia pure indirettamente il Consiglio di sicurezza ha equiparato l'atto di terrorismo dell'11 settembre ad un attacco armato (contro il quale soltanto e' lecito invocare l'autotutela prevista dall'art. 51 della Carta). A questo punto aggrapparsi alla distinzione astratta fra atti di terrorismo e atti di guerra e negare che l'evento dell'11 settembre abbia il carattere di un'aggressione, e' una linea di difesa piuttosto debole per quanti non ritengono giustificato il ricorso alla guerra. Ne' si deve dare eccessivo valore al fatto che la Nato ha riconosciuto che si e' verificato un attacco armato contro uno dei suoi membri, poiche' da tale riconoscimento non deriva automaticamente ne' la necessita', ne' l'opportunita' di promuovere azioni armate. Partiamo invece dal riconoscimento che l'11 settembre effettivamente si e' verificato qualcosa di assimilabile ad un attacco armato per verificare quali ne siano le conseguenze. La prima delle quali e' che scatta il diritto di autotutela dell'aggredito, la seconda e' che scatta il dovere di intervento del Consiglio di sicurezza, che deve prendere delle misure adeguate per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Nel sistema di sicurezza introdotto dalla Carta delle Nazioni Unite, il diritto di autotutela pero' non comprende il ricorso alla guerra, intesa nella sua accezione propria. E' stato osservato, infatti, in dottrina che: "la Carta di San Francisco, se prevede che l'aggressore possa essere messo in disparte (art. 5) o addirittura espulso (art. 6), non consente nei suoi confronti l'uso indiscriminato della forza, questa, infatti, presupporrebbe la sospensione dell'efficacia della norma di cui all'art. 2 (che interdice il ricorso alla forza nelle relazioni internazionali), mentre tale sospensione non e' ne' esplicitamente, ne' implicitamente disposta. Il perdurante divieto dell'uso indiscriminato della forza non preclude all'aggredito, com'e' chiaro, la possibilita' di difendersi efficacemente contro l'aggressore: ma la violenza cosi' spiegata deve essere preordinata ai fini della difesa, quindi esercitarsi in limiti tali da escludere il ricorso alla guerra... Si dovra' trattare, in altri termini, di una legittima difesa in senso stretto, non gia' di una guerra caratterizzata dalla circostanza che chi la intraprende si trova in situazione di legittima difesa" (A. C. Cialdino, voce "guerra" in Enciclopedia del diritto). L'art. 51, invocato a sproposito per giustificare la guerra, in effetti, consente soltanto la resistenza ad una aggressione armata in atto, come esercizio di un diritto naturale ed insopprimibile. Tale diritto di resistenza militare, peraltro, e' stato gia' esercitato dagli Stati Uniti che hanno respinto l'attacco del terzo aereo dirottato, abbattendolo. Inoltre il diritto all'autotutela puo' essere esercitato dall'aggredito entro stretti confini temporali e funzionali, vale a dire finche' l'attacco e' in corso e finche' il Consiglio di sicurezza dell'Onu non abbia esercitato le proprie competenze, adottando delle misure adeguate per ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. In questo caso non si puo' invocare la tanto lamentata paralisi del Consiglio di sicurezza per allargare le maglie dell'autotutela. Infatti il Consiglio di sicurezza non e' stato paralizzato da alcun veto. Tutti i membri, sia quelli permanenti, sia gli altri, hanno convenuto all'unanimita' di approvare delle serie misure contro la minaccia del terrorismo, al fine di ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Infatti, il giorno dopo l'evento il Consiglio, con la risoluzione n. 1368, ha statuito l'obbligo di tutti gli stati di perseguire con la massima urgenza i responsabili di atti di terrorismo e ha dichiarato che gli stati che danno rifugio o protezione ai terroristi saranno considerati responsabili di tali comportamenti. In seguito, con la risoluzione n. 1373, il Consiglio di sicurezza ha adottato una serie di stringenti misure volte a prevenire e a stroncare il terrorismo, prevedendo - fra l'altro - il congelamento dei fondi e di ogni risorsa economica che possa essere usata dai terroristi e l'obbligo di tutti gli stati di cooperare e scambiarsi le informazioni utili per la repressione del terrorismo. Inoltre il Consiglio ha istituito una speciale commissione alla quale tutti gli stati, entro 90 giorni, devono riferire le misure adottate per implementare gli obblighi derivanti dalla risoluzione medesima. Poiche' il Consiglio di sicurezza ha deliberato le misure necessarie e opportune, e' del tutto evidente che non esiste alcuno spazio per l'ulteriore esercizio del diritto di autotutela, ricorrendo alla violenza delle armi. Il fatto poi che i singoli membri del Consiglio di sicurezza e persino lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite si siano dimostrati indulgenti con l'azione militare intrapresa dagli Stati uniti contro l'Afghanistan, non cambia questa realta' poiche' nessuna interpretazione, per quanto autorevole, puo' modificare la Carta. "Il sistema di sicurezza delle Nazioni Unite e' un tessuto compatto che non presenta smagliature attraverso cui possa insinuarsi la guerra". (A.C. Cialdino, cit.) In realta' da quando la Carta delle Nazioni Unite e' stata approvata, gli stati hanno costantemente cercato di allargare le maglie di questo sistema per riappropriarsi di quei poteri che la Carta aveva eliso al fine di mantenere la sua promessa di salvare le future generazioni dal flagello della guerra. Cosi' il diritto di autotutela (collettiva) e' stato invocato dagli Stati Uniti per giustificare il loro intervento nella guerra del Vietnam e dalla Unione Sovietica per giustificare l'invasione della Cecoslovacchia e quella dell'Afghanistan. Per questo e' importante che l'opinione pubblica internazionale si mobiliti e continui a considerare ingiustificato il ricorso alla guerra, anche se fondata sul pretesto della legittima difesa, per impedire che si consolidi una prassi che legittimerebbe di nuovo il ricorso alla guerra come istanza suprema di giustizia nei rapporti fra gli stati, annullando l'unica vera grande conquista di civilta' che il Novecento ha consegnato alle generazioni future. 2. INFORMAZIONE. RAIMONDO BULTRINI: MORIRANNO IN SETTE MILIONI [Questo corrispondenza da Peshawar e' apparsa sul quotidiano "La Repubblica". Ringraziamo Sergio Di Vita per avercela segnalata (per contatti: sdivita at neomedia.it)] Per vederli basta passeggiare nel Khyber Bazar, il cuore di Peshawar, bambini con dei grandi sacchi di carta straccia in spalla, decine e decine di donne velate che mendicano in gran parte coi figli in braccio e i piu' grandicelli tutt'attorno al burqa. Sono i vecchi e i nuovi profughi dall'Afghanistan che si mischiano e si scontrano per una rupia elargita dalle mani caritatevoli di un altro musulmano. In questo oceano di miseria si sono aggiunte ieri altre gocce, 3500 uomini, donne e tanti bambini che hanno raggiunto il confine a Quetta, nel punto caldo dello scontro armato al suolo che sta per prepararsi con lo sbarco dei primi marines nella regione di Kandahar. Il loro numero - per la prima volta cosi' tanti allo stesso momento e raggruppati nello stesso posto - ha subito impressionato le autorita' pakistane, e anche i giornalisti che attendevano, da settimane, l'arrivo di una massa compatta di esuli da trasmettere in mondovisione. Ma le cifre fornite dall'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite superano ogni immaginazione di disastro annunciato: sette milioni e mezzo di afgani, tagiki, uzbechi, hazara, pashtun, afridi e shinwari sono ormai prossimi allo sterminio per freddo, fame e malattie. "Noi ci stiamo preparando con quello che abbiamo, cioe' con quello che hanno mandato i governi aderenti alle Nazioni Unite", racconta l'operatrice francese Corinne Perthuis nel suo ufficio dell'Unhcr a Peshawar. Ma rispetto alla cifra ideale di 220 milioni di dollari, quarantamila miliardi, "ce ne sono in cassa appena trenta". Perthuis spiega che tutti gli operatori umanitari "vivono il dramma di sentirsi impotenti di fronte al disastro di una diga che sta evidentemente per crollare e che non si puo' arginare con un dito". Gia' oggi sono indigenti un milione e mezzo di profughi tra Afghanistan e Pakistan, e le Nazioni Unite ne assistono 300 mila per i quali hanno a disposizione 25600 tende quando ce ne vorrebbero 60mila, e 100mila coperte quando ce ne vorrebbero tre volte di piu'. Per tutti gli altri niente, "perche' e' difficile individuarli - spiega Perthuis - perche' le aree delle tribu' che li ospitano sono piene di banditi che assaltano i convogli dell'Onu, e poi perche' la polizia pakistana impedisce agli operatori umanitari di assisterli in quanto si trovano illegalmente nel paese". Cosi' a migliaia vivono nell'indigenza mangiando a volte il cibo destinato agli animali, come hanno riferito testimoni giunti da Tarkam, in Afghanistan. Ma c'e' il fiume sommerso degli esuli che scappano con pochi stracci addosso e che finiscono su montagne gelide dove "i bambini muoiono come mosche", come racconta Rehman Utaki, direttore della Aohrep, una delle piu' povere tra le organizzazioni locali che si battono per i diritti umani del popolo afgano. Nel suo ufficio alla periferia di Peshawar dove non c'e' nemmeno il telefono (del resto chi si rivolge a loro in gran parte non ha i soldi per un gettone) Utaki sta raccogliendo i nomi e le firme dei rifugiati che chiedono assistenza e che lui puo' solo aiutare a sbrigare una pratica, diffondere un appello, segnalare il caso alle Nazioni Unite. Ma peggio dei disperati di Peshawar stanno tutti gli afgani che dall'inizio dei bombardamenti cercano rifugio dentro all'Afghanistan dove le bombe, la mancanza di cibo e acqua, il freddo delle prime notti invernali, la morte nei precipizi delle vie clandestine sta compiendo una strage dalle dimensioni ancora non del tutto valutabili. Ieri nell'ufficio di Utaki e' arrivato un uomo proveniente dalla regione di Bamyan che era appena entrato clandestinamente come tutti (il confine e' chiuso da nove mesi) e ha riferito una storia che ha molte probabilita' di essere vera. Dice che decine di famiglie, piu' di quattrocento persone, fuggite da Kabul all'indomani dei bombardamenti, sono morte di freddo, fame e sete sulle montagne di Bamyan, dov'erano i grandi Buddha scolpiti fatti saltare dai taliban. Avevano preso la strada dei contrafforti dell'Hindukush nella convinzione che lassu', sopra i 2500 metri, sarebbero stati al sicuro. Ma queste regioni desolate e aride abitate in passato dagli sciiti Hazara, sterminati dalla pulizia etnica talibanpashtun, sono oggi terra lunare e presto le loro poche scorte sono finite. Secondo il racconto del testimone si sarebbero spenti poco a poco, l'uno vicino all'altro per scaldarsi la notte, le madri senza piu' latte per i figli e i figli senza piu' forze per chiederlo. Chissa' se si scoprira' mai la sorte dei 400 di Bamyan e se qualcuno ci pensera' ancora quando l'emergenza gia' in atto avra' provocato decine di stragi come queste. Basta considerare il fatto che non esistono registrazioni ufficiali dei profughi gia' presenti e men che meno di quelli che stanno arrivando in queste ore, per capire come vive questo popolo che da venticinque anni subisce guerre cruente e carestie. E' dai tempi della jihad contro i russi che esistono i campi profughi degli afgani disseminati in tutto il Pakistan e specialmente a Peshawar, la cui popolazione punjiabi e' di 700 mila abitanti contro un milione e ottocentomila afgani (nella vera capitale Kabul ce ne sono un milione), piu' altri settecentomila distribuiti lungo il confine, specialmente nelle aree tribali. "Di questi due milioni e mezzo - spiega Utaki - meno di un terzo ha risorse sufficienti per la sua famiglia e piu' della meta' vive in campi dove educazione e igiene sono del tutto assenti". 3. INIZIATIVE. ASCA: 150 PACIFISTI ARRESTATI IN SCOZIA [Questo lancio dell'agenzia giornalistica Asca di ieri abbiamo ripreso dal sito pacifista Peacelink (www.peacelink.it)] Circa 150 pacifisti sono stati arrestati oggi dopo una manifestazione davanti alla base di sottomarini nucleari di Faslane, nel nord ovest della Scozia, ha annunciato la polizia. Il deputato del Partito socialista scozzese Tommy Sheridan e' stato uno dei primi manifestanti a essere arrestato. Centinaia di pacifisti si erano incatenati con tubi di plastica e di cartone davanti agli ingressi della base. La manifestazione, conclusasi verso le 13, ha riunito in tutto circa 500 pacifisti, secondo la polizia, 800 secondo gli organizzatori. La polizia ha arrestato anche Llyod Quinan, deputato del parlamento scozzese e membro dello Scottish nationalist party, indipendentista, una deputata europea irlandese dei Verdi, Patricia McKenna, e due preti della chiesa anglicana di Scozia. La base di Faslane, che ospita i quattro sottomarini nucleari Trident della Gran Bretagna, e' regolarmente presa di mira dai pacifisti. 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: PALESTINA, LA VIOLENZA INFINITA [Giulio Vittorangeli, una delle figure piu' lucide e vive della solidarieta' internazionale, tiene una rubrica settimanale su questo notiziario. Per contatti: giulio.vittorangeli at tin.it] "Poche, fra le questioni oggi aperte sul piano internazionale, sono cosi' semplici dal punto di vista giuridico, storico, morale, come quella palestinese, e poche appaiono invece cosi' difficili da risolvere sul piano pratico. Dal primo punto di vista non mi pare seriamente contestabile il buon diritto dei palestinesi che rivendicano il principio di autodeterminazione, ne' seriamente difendibile la posizione di Israele, giustamente condannata ormai da decine di risoluzioni delle Nazioni Unite e dell'Unesco: eppure ancor oggi la maggioranza della pubblica opinione occidentale - sia pure una maggioranza che tende lentamente a diminuire - sembra convinta del buon diritto di Israele e ne accetta acriticamente la politica di forza". Cosi' scriveva Lelio Basso nel lontano giugno del 1977. Ma la lunga scia di sangue, la violenza infinita, in tutti questi anni, non si e' mai realmente interrotta; ed oggi la Palestina e' nuovamente sprofondata nel terrore. Dopo l'assassinio a Gerusalemme del ministro Rehavam Zeevi (uno dei "duri" del governo israeliano) da parte del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp), e' seguita la feroce vendetta israeliana, le ultime notizie parlano di nove morti in 24 ore. Come non ricordare i massacri di Sabra e Chatila del 1982 che suscitarono nei mass-media italiani scandalo e indignazione: il 16 settembre, milizie libanesi "falangiste", con il supporto e la copertura degli israeliani (primo fra tutti il ministro della Difesa, Sharon), entrarono nei campi profughi a Beirut Ovest, al fine di "fare pulizia". I contingenti palestinesi armati dell'Olp erano ormai fuori. Nei campi erano rimasti quasi soltanto civili: donne, bambini e vecchi indifesi, che furono spietatamente trucidati dai miliziani. La prima Intifada, la sollevazione della popolazione palestinese di Cisgiordania e Gaza, esplosa nel dicembre 1987, che coglieva di sorpresa la stessa leadership dell'Olp. Una rivolta disarmata di massa, la rivolta sostanzialmente nonviolenta delle pietre, che suscitava una grande simpatia in tutto il mondo e una grande solidarieta' senza precedenti; riportando la questione palestinese al centro dell'attenzione internazionale. Impossibile dare conto delle drammatiche conseguenze umane, sociali ed economiche della repressione dell'esercito israeliano: l'85% delle vittime palestinesi saranno uccise con colpi d'arma da fuoco, le braccia spezzate dei ragazzi che lanciavano i sassi, lo sradicamento degli alberi, l'esproprio delle terre, la chiusura delle scuole. La prima Intifada durava quattro anni, a cui seguivano i duri contraccolpi della guerra del Golfo del 1991, e finalmente il 30 ottobre si sarebbe aperta a Madrid la Conferenza internazionale di pace per il Medio Oriente, per giungere, il 13 settembre 1993, alla storica stretta di mano (nel prato della Casa Bianca) fra il capo dell'Olp, Yasser Arafat, e il primo ministro israeliano, Yitzhak Rabin. Iniziava il "processo di pace": Oslo I, Oslo II, l'assassinio di Rabin (4 novembre 1995), ma soprattutto il nascente "stato" palestinese si presentava spezzato, debole e dipendente, mentre continuava l'occupazione spietata dei territori di Israele, che non rispettava gli accordi e adottava, nei confronti dei palestinesi, una politica esplicita di apartheid. Il resto e' storia recentissima. La visita (28 settembre 2000) di Ariel Sharon, capo della destra israeliana, alla spianata delle Moschee di Gerusalemme, che scatena la seconda Intifada. I linciaggi come quello di Ramallah, i bombardamenti, gli attentati, i ragazzi kamikaze dilaniati dall'esplosivo; uno stillicidio quotidiano di morti fino ai giorni nostri. E tra un morto e l'altro, e' sempre bloccata alle Nazioni Unite (da Israele e dagli Stati Uniti) la richiesta palestinese per l'invio nei Territori di 2000 "caschi blu" a protezione della popolazione civile. Sabato, 28 ottobre, ho partecipato a Celleno (VT) all'iniziativa con Ali Rashid, primo segretario della delegazione generale palestinese in Italia. Ali Rashid era appena rientrato da Firenze, dove aveva partecipato alla prima assemblea nazionale dei Social forum. Un segnale (finalmente) importante di attenzione e solidarieta' da parte del movimento antiglobalizzazione, verso le lotte dei popoli del Sud del mondo. Dobbiamo essere profondamente grati ad Ali Rashid per l'estrema e sofferta sincerita' con cui ha parlato, senza retorica, senza nascondersi dietro l'argomento dei torti storici subiti dal suo popolo. La situazione dei palestinesi e' la dimostrazione vivente del disprezzo con il quale il mondo arabo e' stato sempre trattato dalle grandi potenze. Negli anni '20 Francia e Gran Bretagna ridisegnarono a loro piacimento la mappa del Medio Oriente, usano il righello invece del rispetto della storia dell'area e dei piu' elementari diritti dei popoli. Ha ricordato i limiti dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp), colpita mortalmente nella sua autorevolezza "perche' non e' stata in grado di difendere i suoi cittadini dalle angherie quotidiane e da alcuni episodi inammissibili di corruzione". Ha sottolineato come il popolo palestinese e' stato per lunghissimi anni il piu' laico del Medio Oriente e nella storia della sua lotta di liberazione l'elemento religioso ha avuto uno scarsissimo peso, per non dire nullo. Se oggi l'integralismo ha cosi' successo, e' perche' la corrente islamica non si limita alla lotta armata o al reclutamento di "martiri volontari", ma si incarica di essere presente attraverso le proprie istituzioni la' dove l'Anp e' assente: scuole, ospedali, asili e universita' sono stati aperti soprattutto a Gaza dove la situazione economica e' gravissima e dove nonostante gli accordi sottoscritti i governi israeliani continuano a fare cio' che vogliono. Anche nei confronti di Bin Laden, l'autoproclamato vendicatore degli oppressi mussulmani, le parole di Ali Rashi sono state chiare, affermando che egli parla a nome del dio violento, di parte, somigliante a quello dell'antico testamento. Aggiungendo: "Vedendo l'immagine dei ragazzi palestinesi che portavano il ritratto di Bin Laden, mi sono chiesto se noi, come Autorita' nazionale palestinese, avessimo veramente svolto al meglio il nostro ruolo. Vedendo i nostri ragazzi cadere morti e feriti sotto il fuoco delle forze dell'ordine palestinesi ho provato un'infinita tristezza e ho potuto vedere la profondita' della sconfitta della mia generazione e l'inadeguatezza delle strutture rappresentative e di governo che ci siamo dati". Io credo che quella sconfitta riguardi anche noi, noi che siamo solidali con la lotta del popolo palestinese, perche' il fallimento e' (anche nostro) nel non riuscire a fermare la violenza. Non dovremmo lasciare a Bin Laden ne' la difesa della causa palestinese ne' l'evidenza di certe accuse alla nostra "civilta'". Tutto questo sangue un giorno finira', ma che finisca dando ai palestinesi una terra veramente loro, non esposta a ogni attacco di coloni, non tagliata in cento pezzi, e' anche compito nostro. 5. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: LA MIA PATRIA E' IL MONDO INTERO [Da Virginia Woolf, Le tre ghineee, Feltrinelli, Milano 1987, p. 147. Virginia Woolf, scrittrice tra le più grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue opere letterarie scrisse saggi di cui alcuni fondamentali per una cultura della pace. Morì suicida nel 1941. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un' edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) è stata recentemente pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per sé, Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987. Opere su Virginia Woolf: Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Manconi Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980. segnaliamo anche le pagine di Erich Auerbach, «Il calzerotto marrone», in Mimesis, Einaudi, Torino 1977] Perche', dira' l'estranea, "io in quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria e' il mondo intero". 6. INIZIATIVE. UN CENTRO PER LA FILOSOFIA FEMMINISTA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre riportiamo questa notizia] Si chiama "Centro interuniversitario studi filosofici femministi"; ha come scopo "l'elaborazione e la diffusione di una ricerca filosofico-politica avanzata a partire dal pensiero e dalla politica delle donne, in ambito non soltanto accademico"; e' nato dalla collaborazione tra diversi dipartimenti e diverse universita' con questi nomi come referenti: Francesca Brezzi, Giacomo Marramao, Federica Giardini per il Dipartimento di filosofia e Paola Bono per il Dipartimento di comunicazione letteraria e dello spettacolo di Roma Tre; Elena Gagliasso e Caterina Botti per il Dipartimento di studi filosofoci ed epistemologici de "La Sapienza" di Roma; Maria Luisa Boccia, insegnamento di filosofia politica, Dipartimento di filosofia e scienze sociali, facolta' di lettere e filosofia di Siena; Sebastiano Maffettone e Ingrid Salvatore per la Luiss. Il coordinamento del Centro - che avra' sede presso il Dipartimento di filosofia di Roma Tre - e' affidato a Caterina Botti, Federica Giardini e Ingrid Salvatore. Il progetto e' nato da donne - in primis Federica Giardini, Caterina Botti e Ingrid Salvatore - che hanno a cuore di mettere in evidenza e profitto la portata teorica della ricerca delle donne e, soprattutto, la sua capacita' di tenere insieme l'approccio politico e quello filosofico, teoria e prassi. E' proprio la produzione teorica femminista, connotata per tradizione da un approccio trasversale alle discipline, che favorisce quell'intreccio tra diverse competenze che la complessita' del presente richiede, offrendo la capacita' di impostare e di "leggere" in modo diverso le grandi "questioni" dell'oggi, dalla bioetica al multiculturalismo alla globalizzazione. Assumere a criterio di ricerca la produzione delle donne ha come ricaduta la riformulazione "dei problemi su cui riflettere: dalla ridefinizione dei soggetti implicati nel legame sociale al rapporto tra i diversi piani della teoria, della prassi e delle norme, alla proposta di nuovi strumenti concettuali per l'analisi della realta'", spiega lo statuto del Centro. Il Centro si presenta come una risposta del tutto originale nel dibattito in corso in Italia sulle modalita' di istituzionalizzazione del pensiero delle donne in ambito accademico. Anziche' imboccare la via di un'imitazione di modelli di women's studies nati in realta' diverse da quella italiana, vuole ribaltare il ritardo della nostra universita' nel riconoscere la ricerca delle donne in un'occasione per elaborare pratiche di produzione del sapere piu' avanzate ed efficaci. Cosi' non e' riservato alle donne, al contrario si presenta come spazio di confronto teorico tra donne e uomini a partire dal riconoscimento della portata e dell'autorevolezza della ricerca femminista. Tra le attivita' previste: convegni; collaborazioni con altre universita' in Italia e all'estero (New School for Social Research, University di Utrecht); pubblicazione dei risultati delle ricerche su riviste specializzate (Sofia, Filosofia e Questioni Pubbliche, Annali di Dipartimento delle facolta' coinvolte, Societa' degli individui, Dwf, European Journal of Women's Studies, Theory Culture and Society, Cahiers du Grif); incontri tematici attinenti a eventi politici di rilievo (una delle prime iniziative del Centro sara' quella di martedi 23 ottobre: "In guerra: incontro per pensare insieme" con Ida Dominijanni, Paola Bono, Francesca Brezzi, Giacomo Marramao: ore 10.30, Facolta' di Lettere e Filosofia, via Ostiense 234, Roma). 7. INCONTRI. FORUM MONDIALE DELLE ALTERNATIVE: VERSO PORTO ALEGRE [Diffondiamo questo comunciato dell'associazione culturale Punto Rosso (puntorosso at puntorosso.it)] Le organizzazioni e i movimenti della societa' civile del mondo intero saranno riuniti a Porto Alegre dal 31 gennaio al 5 febbraio 2002 per scambiarsi le loro esperienze e continuare nell'elaborazione delle alternative alla globalizzazione neoliberista e per costruire un societa' planetaria piu' giusta e piu' democratica. Il Forum Mondiale delle Alternative con sede presso l'Associazione Culturale Punto Rosso, in via Morigi 8 a Milano, fma at puntorosso.it, raccoglie le iscrizioni per la partecipazione al Forum Mondiale di Porto Alegre. Potete iscrivervi attraverso fax ed e-mail entro la fine d'ottobre 2001. Se appartenete a delle associazioni, ong, movimenti sociali e sindacati, potete partecipare al Forum come delegate/i e rappresentarle. Vi daremo in seguito informazioni sull'organizzazione del viaggio e del soggiorno. La segreteria inoltre fornira' consulenza a chi vorra' organizzare gruppi di lavoro o di studio sulle tematiche della globalizzazione neoliberista e sulle alternative per un altro mondo, e pubblichera' un bollettino on line sul quale troverete informazioni relative agli eventi legati al FSM. Per informazioni potete contattare il Forum Mondiale delle Alternative: tel. 0272006264, fax: 02875045, e-mail: fma at puntorosso.it 8. INCONTRI. TRANSFAIR: "CIOCCOLATO POSITIVO" IL 25 OTTOBRE A PERUGIA. [Da Transfair (e-mail: transfai at intercity.it, sito: www.equo.it) riceviamo e diffondiamo] In occasione del lancio della campagna "cioccolato positivo", Save the Children e TransFair Italia organizzano un workshop di approfondimento rivolto alle associazioni, alle aziende, ai consumatori e a tutti coloro che intendano capire in modo piu' preciso le connessioni e le implicazioni esistenti tra i cicli di produzione del cioccolato e la violazione dei diritti dell'infanzia. Il workshop sara' condotto da Anita Sheth Responsabile del Dipartimento Advocacy e Lobbying di Save the Children Canada ed esperta sulle tematiche relative al traffico di bambini e al lavoro minorile in relazione all'industria del cacao. Anita e' membro del gruppo permanente di lavoro sui rapporti con il settore privato dell'Alleanza Internazionale di Save the Children. Il workshop si terra' presso la sala riunioni della Casa dell'Associazionismo in via della Viola 1 a Perugia, dalle ore 15 alle ore 18,30 di giovedi 25 ottobre e rappresentera' oltre che ad un'occasione di approfondimento anche un primo momento per costituire un coordinamento tematico tra tutti i soggetti interessati. Con il Cacao del Commercio Equo garantito TransFair, piu' diritti per i lavoratori ed i bambini del Sud del Mondo. Per informazioni: TransFair Italia, passaggio De Gasperi 3, 35131 Padova, tel. 0498750823, fax: 0498750910, e-mail: transfai at intercity.it, sito: www.equo.it 9. INCONTRI. IL 16-18 NOVEMBRE LA NONVIOLENZA A COMO [Riceviamo e volentieri diffondiamo] Il Coordinamento Comasco per la Pace con il patrocinio dell'Universita' dell'Insubria e del Politecnico di Milano (sede di Como) invita al convegno: "Addio alle armi. Lanonviolenza come pratica e come progetto di liberta'". Venerdi 16, sabato 17, domenica 18 novembre, aula magna dell'Universita' di Como, via Castelnuovo 7, Como. Programma: Venerdi 16 novembre, ore 21: apertura. Presentazione dei relatori; introduzione di Hebe De Bonafini (Presidentessa Madres de Plaza de Mayo); spettacolo teatrale "Camille va alla guerra" di Patrizia Pasqui con Mario Spallino. Sabato 17 novembre, ore 9-13: Testimoni e costruttori di liberta' (iscrizione obbligatoria per gruppi scolastici, ingresso libero per singoli), intervengono: Hebe De Bonafini, Albino Bizzotto, Jean Marie Benjamin, Carlos Rojas. Ore 14,30-18,30: La nonviolenza come progetto politico, intervengono: Lidia Menapace, Nanni Salio, Antonino Drago, Mao Valpiana. Domenica 18 novembre, re 9,30-13: laboratori di approfondimento (iscrizione obbligatoria). Ore 14,30-18,30: La forza della verita', intervengono: Rigoberta Menchu', Hebe De Bonafini, Luisa Morgantini, un rappresentante del Consolato Generale del Sudafrica di Milano; chiusura del convegno. Durante tutto il convegno, musica dal vivo: Francesco D'Auria, Simone Mauri, Maurizio Aliffi. Pause caffe': a cura delle botteghe comasche del commercio equo solidale. Proiezioni video. Ufficio stampa a cura di Ecoinformazioni. Per avere informazioni su possibilita' di alloggio contattare il Coordinamento. Coordinamento Comasco per la Pace, via Cimarosa 3/A 22063 Cantu' (CO), tel. 031701517, fax. 031702875, e-mail: comopace at cracantu.it, web: www.comopace.org, lunedi, mercoledi, venerdi ore15-18, sabato ore 9-12. 10. RIVISTE. IL NUOVO NUMERO DI "ANTIMAFIA DUEMILA" [Riceviamo e volentieri diffondiamo] E uscito in edicola il nuovo numero di "Antimafia Duemila". - Fallito attentato a Salvatore Boemi: perche' la ndrangheta e i poteri occulti volevano uccidere il Procuratore della DDA di Reggio Calabria; - Carlo Palermo: non si puo' combattere il terrorismo se non si combattono i grandi traffici di droga, di armi, la corruzione e la mafia; - Dossier: attacco all'America; - Interventi di Gianni Mina', Massimo Fini, Andrea Purgatori, Giulietto Chiesa, Dario Fo ed altri; - Passa la legge sulle rogatorie: Bin Laden e Bernardo Provenzano ringraziano; - Le scorte non servono: Scajola le toglie ai giudici antimafia, e la mafia osserva. Tutto questo sul numero di ottobre 2001. In rete: www.antimafiaduemila.com 11. LETTURE. GRAZIANO LINGUA: LA STORIA E LE FORME DELLA FINE Graziano Lingua, La storia e le forme della fine, Paravia, Torino 2000, pp. 218, lire 20.000. Un'antologia su "le matrici escatologiche del pensiero del Novecento". Tema molto interessante, ampia la scelta degli autori, stimolante alla discussione (purtroppo l'editing non e' stato abbastanza curato e restano spiacevoli refusi che una buona correzione delle bozze avrebbe evitato). 12. LETTURE. UMBERTO SANTINO: STORIA DEL MOVIMENTO ANTIMAFIA Umberto Santino, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, pp. 416, lire38.000. Umberto Santino, presidente del "Centro Impastato" di Palermo, e' il piu' grande studioso vivente del fenomeno mafioso ed una delle figure piu' rilevanti del movimento antimafia. Questo autorevolissimo libro e' il primo ed unico lavoro d'insieme, di rigoroso impianto scientifico (e di appassionata e nitida testimonianza), sulla storia del movimento antimafia. Una lettura indispensabile. 13. LETTURE. BRUNA ZANI, PATRIZIA SELLERI, DOLORES DAVID: LA COMUNICAZIONE Bruna Zani, Patrizia Selleri, Dolores David: La comunicazione, Carocci, Roma 1994, 2000, pp. 256, lire 45.000. Un'analisi delle caratteristiche psicosociali dei processi comunicativi, e un esame della comunicazione in specifici contesti istituzionali. Utile. 14. RILETTURE. NORBERTO BOBBIO: POLITICA E CULTURA Norberto Bobbio, Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1974, 1977, pp. 284. Una raccolta di saggi che ancor oggi fanno testo di uno dei maestri della nostra cultura politica, giuridica, filosofica. 15. RILETTURE. GIUSEPPE DOSSETTI: SENTINELLA, QUANTO RESTA DELLA NOTTE? Giuseppe Dossetti, Sentinella, quanto resta della notte?, Edizioni Lavoro, Roma 1994, pp. 58, lire 6.000. Una piccola raccolta di interventi e lettere della grande figura della vita civile e religiosa. 16. RILETTURE: IL MESSAGGIO DI ALDO CAPITINI Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, pp. 540, lire 30.000. A cura dei migliori specialisti, l'ancora insuperata antologia complessiva in unico volume degli scritti di Aldo Capitini, disponibile presso il Movimento Nonviolento, tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it 17. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA EMMA THOMAS A PAUL TILLICH * EMMA THOMAS Profilo: per ricordare Emma Thomas riproduciamo ancora una volta i seguenti testi di Luisa Schippa e di Aldo Capitini, tratti dal bel libro di autori vari curato da Sergio Albesano, Bruno Segre e Mao Valpiana, Le periferie della memoria. Profili di testimoni di pace, ANPPIA e Movimento Nonviolento (e con il contributo del Centro Studi Sereno Regis), Torino-Verona 1999; un libro che caldamente raccomandiamo e che può essere richiesto agli editori: tel. 011/5214638 (ANPPIA), 045/8009803 (Movimento Nonviolento), 011/532824 (Centro Studi Sereno Regis), al costo davvero modesto di 10.000 lire. Le persone che volessero mettersi in contatto con la Società degli amici (Quaccheri) possono scrivere alla seguente casella di posta elettronica: bori at spbo.unibo.it - Luisa Schippa: Emma Thomas Lo scritto di Aldo Capitini su Emma Thomas non avrebbe bisogno di altre testimonianze, perché esprime quello che è rimasto nel pensiero e nel cuore di chi la conobbe, in modo insuperabile. Aggiungo soltanto qualche mio ricordo personale. Emma si stabilì a Perugia all'età di settantadue anni, acquistò un piccolo appartamento di due stanzette e con un grosso salone destinato alle riunioni settimanali del Centro di Orientamento Religioso (C.O.R.), dove erano presenti amici e conoscenti di Capitini interessati al suo impegno per una riforma religiosa e per lo studio della nonviolenza gandhiana. Gli incontri erano programmati trimestralmente su argomenti di carattere religioso e sociale. La presentazione del tema specifico scelto era affidata ad una persona che introduceva il tema, a cui seguivano interventi da parte dei presenti. Il metodo usato rievocava quello del Centro di Orientamento Sociale (C.O.S.), ma con differenza di contenuti, poiché i tempi e la situazione generale erano diversi da quelli dell'immediato dopoguerra. Emma era dotata di uno spirito ricco di iniziative, aperto ai bisogni di quanti la frequentavano: studenti d'inglese e persone di varia estrazione e formazione culturale; camminava a piedi per la città, faceva chilometri di strada per raggiungere l'ufficio postale alla stazione di Fontivegge per spedire lettere ed inviti agli amici e conoscenti, oltre alle lettere che inviava giornalmente a Capitini a Pisa, dove era tornato alla fine del 1946 al suo incarico alla Scuola Normale Superiore. Ricordo particolarmente gli incontri in cui si svolgeva un rito, quello della sua religione; Emma infatti faceva parte della Società degli amici - Quaccheri (1). Il rito consisteva in una disposizione a circolo delle persone presenti, in assoluto silenzio, che veniva rotto da interventi di singoli che liberamente esprimevano pensieri ispirati dalla concentrazione e provenienti dall'intimo. Emma aveva questa religiosità che le ispirava la fiducia nell'uomo e nella capacità di comunicare ed unirsi agli altri con l'aiuto di una forza che è più in alto di noi. La sua fede le permetteva di essere amica di tutti, senza criticare e giudicare le convinzioni religiose diverse dalla sua. Ella credeva che ogni essere umano porta con sé valori alti che si manifestano dopo la meditazione ed il raccoglimento nel silenzio. - Aldo Capitini: La sua vita e le sue idee Emma Thomas (2) nacque a Lewisham, nel Kent (Inghilterra), l'8 febbraio 1872, prima di sette fratelli e sorelle. Suo padre era calzolaio e la madre lavorava spesso nella bottega; di conseguenza Emma doveva svolgere i lavori di casa. Studiò a Londra al collegio Stockwell e fu la prima donna a diplomarsi in scienze sociali nella famosa scuola inglese di economia, dove ebbe come insegnanti Hobhouse, Haddon e Westermarck. Ricevette una borsa di studio per la Francia e dopo un anno tornò a Londra, con un posto di regolare insegnante. Dopo trent'anni di lavoro si ritirò in pensione nel 1921. Non si mise a riposo, ma con i suoi risparmi aprì una propria scuola a Gland in Svizzera (International Fellowship School), dove poté mettere in pratica le sue teorie di un modo più libero, più organico e cooperativo di educare. Essa vi era chiamata "moto" (madre in sanscrito). Vi erano ragazzi di varie nazioni; Romain Rolland fu un amico di questa scuola, Gandhi tra i visitatori più illustri, Pierre Cérésole e Truda Weil tra gli insegnanti. Dopo quindici anni la scuola di Gland fu chiusa ed Emma Thomas tornò a Londra. Durante la guerra fu nei corpi di assistenza nelle incursioni aeree e poi prese in consegna quindici fanciulli evacuati in un luogo di rifugio nella campagna inglese. Insegnò la lingua inglese a prigionieri italiani ed alla fine della guerra si ostinò per ottenere il permesso di venire in Italia e lavorare per avvicinare i due popoli. Collaborò a Roma con il pedagogista Washburne e propagava l'Unione per le nazioni unite. Restò in Italia, insegnando in varie scuole, tra cui quella anglo-americana, organizzando riunioni di quaccheri ed assistendo i poveri. Si trovava spesso a convegni organizzati da me e da miei amici a Roma dal 1947 in poi su problemi di riforma religiosa e di nonviolenza. Una volta, sapendo che avevo organizzato a Perugia dal 1944 i Centri di orientamento sociale per la periodica discussione, aperta a tutti, dei problemi amministrativi locali, sociali e politici generali (una cosa nuova in Italia, diversa dal fascismo autoritario), mi espose la sua intenzione di stabilirsi a Perugia per aiutarmi a costituire un Centro di orientamento religioso per periodiche ed aperte discussioni su problemi di vita religiosa e di nonviolenza. Venne a Perugia ed acquistò l'ultimo piano di una casa in costruzione in via dei Filosofi 33. Dal 1952 si sono svolte in questo centro conversazioni settimanali secondo un programma trimestrale e convegni Oriente-occidente; si è costituita la Società vegetariana italiana ed è stato tenuto un seminario gandhiano. Fino a quando è entrata all'ospedale, ella è stata la costante preparatrice delle riunioni nel pomeriggio domenicale, spesso parlando lei stessa con contributi efficacissimi. Al lavoro del centro di Perugia per l'orientamento religioso e del centro di coordinamento internazionale per la nonviolenza, ai collegamenti con spiriti religiosi e nonviolenti d ogni parte del mondo, Emma Thomas dava un'opera assidua di segretaria, di traduttrice, di ispiratrice. A questo lavoro univa quello di insegnante di inglese, lavoro a lei carissimo, e di frequente assistenza ai bisognosi. Era stimata ed amata da tutti quanti la conoscevano nella via dei Filosofi e nella città. Da due anni le sue forze erano diminuite. Nel gennaio 1959 era entrata all'ospedale per curare una grave polmonite; il prof. Benda, che era già suo scolaro d'inglese, la guarì, ma ella rimase all'ospedale perché debole. Dopo un po' tornò a casa, ma non era più come prima. Quest'anno era tornata all'ospedale in febbraio, per debolezza dei polmoni e del cuore e per disturbi alla circolazione. I medici hanno sempre detto che aveva una grande capacità di resistere e di riprendere le forze. La sua testa era sempre limpida. Fece un'operazione ad un occhio per cateratta. Negli ultimi mesi, stando all'ospedale, era sempre più debole. I medici e le donne infermiere le hanno dato il massimo della loro attenzione. Da qualche mese aveva ceduto al comitato del C.O.R. la proprietà dell'appartamento, perché desiderava che il centro continuasse la sua vita, anche se ella era malata o morta. Da lunedi 18 luglio era gravissima, sempre nel letto, alternando momenti di assopimenti ed incoscienza a momento di lucidità. Nella sua camera aveva come compagna la signora Anna Ascani, che le è stata come una sorella giorno e notte. Negli ultimi giorni ha avuto periodi in cui parlava non chiaramente ora in italiano, ora in inglese. Nel penultimo giorno di vita ha chiamato molto l'amica Lilian. Non ha sofferto. Ormai il suo corpo era consumato. Il trasporto funebre è avvenuto lunedì 25, alle ore 18, senza cerimonia cattolica: sulla cassa è stato messo il nome e la croce. Un manifesto ed un comunicato nei giornali ha annunciato alla cittadinanza la morte di Emma Thomas. In un punto dell'accompagno funebre è stato letto un discorso a nome degli amici. Molti erano i fiori. Al cimitero è stata collocata provvisoriamente nella tomba di Giancarlo Sargenti, suo scolaro. Tra mesi la salma passerà nella tomba di amici del C.O.R. (3). Emma Thomas amava le contrapposizioni: spazio e barriere, apertura ed esclusione, vita e morte. Pensava che creare sistemi chiusi, porre barriere, escogitare troppe definizioni, soffoca la vita, che è una manifestazione tra noi dello spirito divino. Il cristianesimo ha affermato l'autorità del papa e del libro sacro (mentre la Bibbia non è che un periodo nello sviluppo della religione): meglio fa la Società degli amici (o Quaccheri) affermando l'immanenza dell'autorità e della verità e che perciò non ha sacerdoti, riti, dogmi, perché il divino seme è in ogni uomo, donna, bambino. Bisogna lasciar crescere questo seme: l'energia che va verso il fuori è creatrice, l'energia che va verso il dentro è rovinosa, è cancro. Citava spesso la frase di Eddington: "Il miracolo della creazione non è compiuto una volta nel confuso passato, ma continuamente da una mente consapevole". Come i corpi sono individuali e nemmeno due fili d'erba sono identici, così è, anche più, delle anime. Emma Thomas insisteva sempre sul valore dell'individuo, della sua singolarità, differenza, disuguaglianza. E la religione è l'espressione dell'intimo rapporto dell'anima individuale, da una parte con Dio, dall'altra con gli esseri: la vita dell'Unotutti. Ognuno di noi ha un contributo unico ed indispensabile da dare al regno di Dio sulla Terra e nessun altro lo può dare al suo posto. L'evoluzione avviene attraverso un variare infinito. La vita opera sempre verso armonie più larghe, verso cooperazioni. Così è nell'organismo fisico, così nella società. E la lotta contro quella certa inerzia che deve esser fatta dalla vita nell'individuo e nella società è piuttosto uno stimolo alla crescita che un ostacolo. "Non vi è assoluto, non perfezione neppure nello stesso Dio, poiché ciò significherebbe la negazione della vita, la cui essenza è l'infinito cambiamento. La vita non può arrestarsi". L'amore è la pienezza e sovrabbondanza della vita, che spinge a dare, a servire, a dimenticare la propria vita in quella degli altri, fino al proprio sacrificio. Emma Thomas amava la nota preghiera di san Francesco: "O Signore, fa' di me uno strumento della tua pace... fa' che io non cerchi tanto di essere amato, quanto di amare". Non accettava che ci fossero tormenti eterni, l'inferno. L'universo ha certamente una finalità; noi non possiamo vivere senza ideali. Nei suoi scritti e nelle conversazioni mi risultava come Emma Thomas avesse assimilato termini da me usati, come "presenza, centro, Uno-Tutti, valore, ascoltare e parlare, sempre più, apertura", alle sue idee chiarissime, ben possedute dalla mente e congiunte strettamente con la pratica. Ho incontrato in lei una persona che viveva e creava spontaneamente caratteri dello spirito gandhiano come l'apertura, la nonviolenza, la lealtà, la festevolezza, la razionalità, la costanza; ella era veramente, come Gandhi diceva di sé, un'"idealista pratica". Tra le persone che ho incontrato, in mezzo a tanti che ripetono conformisticamente le idee ricevute dalla tradizioni come facevano i pagani, o le rifiutano e non cercano altro, Emma Thomas era una di quelle che possedeva idee sicure e liberamente formate e tuttavia desiderava quotidianamente di rivederle, correggerle o approfondirle: ella attuava l'idea del C.O.R. - Note 1. La religione fondata da George Fox, Società dei Quaccheri, che poi chiamò Società religiosa degli amici, diffusa in Inghilterra ed in alcuni Stati americani. 2. Il presente scritto di Aldo Capitini è tratto dall'opuscolo "A Emma Thomas", edito dal Centro di orientamento religioso di Perugia, s. d. ma 1960, pagg. 5-9. 3. In quella stessa tomba, accanto ad Emma Thomas, è sepolto ora Aldo Capitini. * EDWARD P. THOMPSON Profilo: nato nel 1924, storico, impegnato nella nuova sinistra, una delle figure più rappresentative dei movimenti per la pace degli anni ottanta, è scomparso nel 1993. Opere di Edward P. Thompson: Uscire dall'apatia, Einaudi, Torino 1962; Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra, Il Saggiatore, Milano 1969; Società patrizia, cultura plebea, Einaudi, Torino 1981; Protestare per sopravvivere, Pironti, Napoli 1982; Diritti umani e disarmo (con V. Racek), CSD, Palermo 1982; Opzione zero, Einaudi, Torino 1983; Oi Paz, Editori Riuniti, Roma 1991. * ITALO TIBALDI Profilo: nato nel 1927, partigiano combattente di "Giustizia e Libertà", deportato a Mauthausen ed in seguito al sottocampo di Ebensee. Studioso della deportazione dall'Italia, vicepresidente del Comitato internazionale del KZ di Mauthausen. Opere di Italo Tibaldi: Compagni di viaggio. Dall'Italia ai Lager nazisti, Angeli, Milano 1994. * PEDRO TIERRA Profilo: pseudonimo di Hamilton Pereira, poeta e teologo, nato nel 1948 in Brasile. Incarcerato e torturato dalla dittatura nel 1972 e per cinque anni, partecipe della lotta del popolo per la liberazione e la dignità. Opere di Pedro Tierra: Le parole sepolte fioriranno, Borla, Roma 1976; Canti del popolo della notte, Emi, Bologna 1981; Acqua di ribellione, Cens, Cernusco sul Naviglio 1989. * ENZO TIEZZI Profilo: docente universitario di Chimica fisica; ha dato contributi scientifici nel campo delle risonanze magnetiche; si è a lungo impegnato nella difesa dell'ambiente. Opere di Enzo Tiezzi: Tempi storici, tempi biologici, Feltrinelli, Milano 1984; Il capitombolo di Ulisse, Feltrinelli, Milano 1991; Fermare il tempo, Cortina, Milano 1996; La bellezza e la scienza, Cortina, Milano 1998. * PAUL TILLICH Profilo: 1886-1965, uno dei massimi teologi contemporanei; docente universitario in Germania, destituito all'avvento del nazismo, dal 1933 si trasferisce in America. Opere di Paul Tillich: segnaliamo particolarmente La mia ricerca degli assoluti, Ubaldini-Astrolabio, Roma 1968 (un libro aperto da un'ampia autopresentazione, impreziosito dagli stupendi disegni di Saul Steinberg); Lo spirito borghese e il kairós, Claudiana, Torino (consiste dell'edizione italiana curata da A. Banfi ed edita da Doxa, Roma 1929); cfr. ovviamente anche la fondamentale Teologia sistematica, il primo dei quattro volumi è stato finalmente edito in italiano dalla Claudiana di Torino nel 1996. Opere su Paul Tillich: cfr. l'interessante volume di Stefano Mistura, Paul Tillich, teologo della nuova psichiatria, Claudiana, Torino 1978. 18. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 19. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 266 del 23 ottobre 2001
- Prev by Date: Intervista: capire l'Islam
- Next by Date: Comunicato congiunto del Lug Roma e dell'Associazione Software Libero
- Previous by thread: Intervista: capire l'Islam
- Next by thread: Comunicato congiunto del Lug Roma e dell'Associazione Software Libero
- Indice: