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La nonviolenza e' in cammino. 264
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 264
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 21 Oct 2001 02:47:37 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 264 del 21 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Non dimenticare 2. Aldo Capitini: dieci principi del lavoro di Danilo Dolci 3. Umberto Eco, passione e ragione 4. Una riflessione con Ali Rashid a Celleno 5. Diana Dimonte: cacao equosolidale 6. Peppe Sini, una lettera all'Anci e all'Upi 7. Renato Solmi ricorda Sergio Solmi: la Resistenza come scelta di dignita' 8. Letture: Maria Corda Costa (a cura di), Formare il cittadino 9. Letture: Camille Pissarro, Mio caro Lucien 10. Letture: Salvatore Veca, Della lealta' civile 11. Riletture: Immanuel Kant, Pace perpetua 12. Per studiare la globalizzazione: da Andrej Tarkovskij ad Ana Teberosky 13. Alcune riviste utili 14. La "Carta" del Movimento Nonviolento 15. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. NON DIMENTICARE Non dimenticare che la guerra e' sempre omicidio di massa. Non dimenticare che ogni vittima ha il volto di Abele. Non dimenticare che e' in pericolo l'intero genere umano. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 2. MATERIALI. ALDO CAPITINI: DIECI PRINCIPI DEL LAVORO DI DANILO DOLCI [Questo breve passo e' estratto da Aldo Capitini, Rivoluzione aperta, Parenti, Milano 1956. Aldo Capitini e Danilo Dolci sono due tra le piu' grandi figure della nonviolenza] Danilo Dolci ha cosi' messo praticamente in maggior rilievo ed ha espresso in modo chiarissimo princìpi ed elementi gia' espressi e praticati nel passato e nel presente, ma che con la sua persona, con la sua ispirazione ed azione incisiva e organica in una situazione così significativa, e' bene che siano messi a contatto di tutti e moltiplicati: 1. Lavorare per una societa' che sia veramente di tutti. 2. Cominciare piu' affettuosamente e piu' attentamente dagli "ultimi". 3. Portare le cose piu' alte a contatto dei piu' umili. 4. Partecipare per comprendere. 5. Superare continuamente i propri possessi dando aiuti. 6. Creare strumenti di lavoro e di civilta' per tutti. 7. Dare amorevolezza a tutte le persone, non considerandole chiuse nei loro errori. 8. Usare nelle azioni e nelle lotte il metodo rivoluzionario nonviolento. 9. Nei casi estremi e nei momenti decisivi offrire il proprio sacrificio (per esempio, il digiuno), prendendo su di se' la sofferenza. 10. Promuovere riunioni e assemblee per il dialogo su tutti i problemi. 3. RIFLESSIONE. UMBERTO ECO: PASSIONE E RAGIONE [Umberto Eco e' uno dei piu' prestigiosi intellettuali contemporanei, questo intervento e' apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 5 ottobre] Che qualcuno abbia, nei giorni scorsi, pronunciato parole inopportune sulla superiorita' della cultura occidentale, sarebbe un fatto secondario. E' secondario che qualcuno dica una cosa che ritiene giusta ma nel momento sbagliato, ed e' secondario che qualcuno creda a una cosa ingiusta o comunque sbagliata, perche' il mondo e' pieno di gente che crede a cose ingiuste e sbagliate, persino un signore che si chiama Bin Laden, che forse e' piu' ricco del nostro presidente del Consiglio e ha studiato in migliori universita'. Quello che non e' secondario, e che deve preoccupare un poco tutti, politici, leader religiosi, educatori, e' che certe espressioni, o addirittura interi e appassionati articoli che in qualche modo le hanno legittimate, diventino materia di discussione generale, occupino la mente dei giovani, e magari li inducano a conclusioni passionali dettate dall'emozione del momento. Mi preoccupo dei giovani perche' tanto, ai vecchi, la testa non la si cambia piu'. Tutte le guerre di religione che hanno insanguinato il mondo per secoli sono nate da adesioni passionali a contrapposizioni semplicistiche, come Noi e gli Altri, buoni e cattivi, bianchi e neri. Se la cultura occidentale si e' dimostrata feconda (non solo dall'Illuminismo a oggi ma anche prima, quando il francescano Ruggero Bacone invitava a imparare le lingue perche' abbiamo qualcosa da apprendere anche dagli infedeli) e' anche perche' si e' sforzata di "sciogliere", alla luce dell'indagine e dello spirito critico, le semplificazioni dannose. Naturalmente non lo ha fatto sempre, perche' fanno parte della storia della cultura occidentale anche Hitler, che bruciava i libri, condannava l'arte "degenerata", uccideva gli appartenenti alle razze "inferiori", o il fascismo che mi insegnava a scuola a recitare "Dio stramaledica gli inglesi" perche' erano "il popolo dei cinque pasti" e dunque dei ghiottoni inferiori all'italiano parco e spartano. Ma sono gli aspetti migliori della nostra cultura quelli che dobbiamo discutere coi giovani, e di ogni colore, se non vogliamo che crollino nuove torri anche nei giorni che essi vivranno dopo di noi. Un elemento di confusione e' che spesso non si riesce a cogliere la differenza tra l'identificazione con le proprie radici, il capire chi ha altre radici e il giudicare cio' che e' bene o male. Quanto a radici, se mi chiedessero se preferirei passare gli anni della pensione in un paesino del Monferrato, nella maestosa cornice del parco nazionale dell'Abruzzo o nelle dolci colline del senese, sceglierei il Monferrato. Ma cio' non comporta che giudichi altre regioni italiane inferiori al Piemonte. Quindi se, con le sue parole (pronunciate per gli occidentali ma cancellate per gli arabi), il presidente del Consiglio voleva dire che preferisce vivere ad Arcore piuttosto che a Kabul, e farsi curare in un ospedale milanese piuttosto che in uno di Bagdad, sarei pronto a sottoscrivere la sua opinione (Arcore a parte). E questo anche se mi dicessero che a Bagdad hanno istituito l'ospedale piu' attrezzato del mondo: a Milano mi troverei piu' a casa mia, e questo influirebbe anche sulle mie capacita' di ripresa. Le radici possono essere anche piu' ampie di quelle regionali o nazionali. Preferirei vivere a Limoges, tanto per dire, che a Mosca. Ma come, Mosca non e' una citta' bellissima? Certamente, ma a Limoges capirei la lingua. Insomma, ciascuno si identifica con la cultura in cui e' cresciuto e i casi di trapianto radicale, che pure ci sono, sono una minoranza. Lawrence d'Arabia si vestiva addirittura come gli arabi, ma alla fine e' tornato a casa propria. * Passiamo ora al confronto di civilta', perche' e' questo il punto. L'Occidente, sia pure e spesso per ragioni di espansione economica, e' stato curioso delle altre civilta'. Molte volte le ha liquidate con disprezzo: i greci chiamavano barbari, e cioe' balbuzienti, coloro che non parlavano la loro lingua e dunque era come se non parlassero affatto. Ma dei greci piu' maturi come gli stoici (forse perche' alcuni di loro erano di origine fenicia) hanno ben presto avvertito che i barbari usavano parole diverse da quelle greche, ma si riferivano agli stessi pensieri. Marco Polo ha cercato di descrivere con grande rispetto usi e costumi cinesi, i grandi maestri della teologia cristiana medievale cercavano di farsi tradurre i testi dei filosofi, medici e astrologi arabi, gli uomini del Rinascimento hanno persino esagerato nel loro tentativo di ricuperare perdute saggezze orientali, dai Caldei agli Egizi, Montesquieu ha cercato di capire come un persiano potesse vedere i francesi, e antropologi moderni hanno condotto i loro primi studi sui rapporti dei salesiani, che andavano si' presso i Bororo per convertirli, se possibile, ma anche per capire quale fosse il loro modo di pensare e di vivere forse memori del fatto che missionari di alcuni secoli prima non erano riusciti a capire le civilta' amerindie e ne avevano incoraggiato lo sterminio. Ho nominato gli antropologi. Non dico cosa nuova se ricordo che, dalla meta' del XIX secolo in avanti, l'antropologia culturale si e' sviluppata come tentativo di sanare il rimorso dell'Occidente nei confronti degli Altri, e specialmente di quegli Altri che erano definiti selvaggi, societa' senza storia, popoli primitivi. L'Occidente coi selvaggi non era stato tenero: li aveva "scoperti", aveva tentato di evangelizzarli, li aveva sfruttati, molti ne aveva ridotto in schiavitu', tra l'altro con l'aiuto degli arabi, perche' le navi degli schiavi venivano scaricate a New Orleans da raffinati gentiluomini di origine francese, ma stivate sulle coste africane da trafficanti musulmani. L'antropologia culturale (che poteva prosperare grazie all'espansione coloniale) cercava di riparare ai peccati del colonialismo mostrando che quelle culture "altre" erano appunto delle culture, con le loro credenze, i loro riti, le loro abitudini, ragionevolissime del contesto in cui si erano sviluppate, e assolutamente organiche, vale a dire che si reggevano su una loro logica interna. Il compito dell'antropologo culturale era di dimostrare che esistevano delle logiche diverse da quelle occidentali, e che andavano prese sul serio, non disprezzate e represse. Questo non voleva dire che gli antropologi, una volta spiegata la logica degli Altri, decidessero di vivere come loro; anzi, tranne pochi casi, finito il loro pluriennale lavoro oltremare se ne tornavano a consumare una serena vecchiaia nel Devonshire o in Piccardia. Pero' leggendo i loro libri qualcuno potrebbe pensare che l'antropologia culturale sostenga una posizione relativistica, e affermi che una cultura vale l'altra. Non mi pare sia cosi'. Al massimo l'antropologo ci diceva che, sino a che gli Altri se ne stavano a casa propria, bisognava rispettare il loro modo di vivere. * La vera lezione che si deve trarre dall'antropologia culturale e' piuttosto che, per dire se una cultura e' superiore a un'altra, bisogna fissare dei parametri. Un conto e' dire che cosa sia una cultura e un conto dire in base a quali parametri la giudichiamo. Una cultura puo' essere descritta in modo passabilmente oggettivo: queste persone si comportano cosi', credono negli spiriti o in un'unica divinita' che pervade di se' tutta la natura, si uniscono in clan parentali secondo queste regole, ritengono che sia bello trafiggersi il naso con degli anelli (potrebbe essere una descrizione della cultura giovanile in Occidente), ritengono impura la carne di maiale, si circoncidono, allevano i cani per metterli in pentola nei di' festivi o, come ancor dicono gli americani dei francesi, mangiano le rane. L'antropologo ovviamente sa che l'obiettivita' viene sempre messa in crisi da tanti fattori. L'anno scorso sono stato nei paesi Dogon e ho chiesto a un ragazzino se fosse musulmano. Lui mi ha risposto, in francese, "no, sono animista". Ora, credetemi, un animista non si definisce animista se non ha almeno preso un diploma alla Ecole des Hautes Etudes di Parigi, e quindi quel bambino parlava della propria cultura cosi' come gliela avevano definita gli antropologi. Gli antropologi africani mi raccontavano che quando arriva un antropologo europeo i Dogon, ormai scafatissimi, gli raccontano quello che aveva scritto tanti anni fa un antropologo, Griaule (al quale pero', cosi' almeno asserivano gli amici africani colti, gli informatori indigeni avevano raccontato cose abbastanza slegate tra loro che poi lui aveva riunito in un sistema affascinante ma di dubbia autenticita'). Tuttavia, fatta la tara di tutti i malintesi possibili di una cultura "altra" si puo' avere una descrizione abbastanza "neutra". I parametri di giudizio sono un'altra cosa, dipendono dalle nostre radici, dalle nostre preferenze, dalle nostre abitudini, dalle nostre passioni, da un nostro sistema di valori. Facciamo un esempio. Riteniamo noi che il prolungare la vita media da quaranta a ottant'anni sia un valore? Io personalmente lo credo, pero' molti mistici potrebbero dirmi che, tra un crapulone che campa ottant'anni e san Luigi Gonzaga che ne campa ventitre', e' il secondo che ha avuto una vita piu' piena. Ma ammettiamo che l'allungamento della vita sia un valore: se e' cosi' la medicina e la scienza occidentale sono certamente superiori a molti altri saperi e pratiche mediche. Crediamo che lo sviluppo tecnologico, l'espansione dei commerci, la rapidita' dei trasporti siano un valore? Moltissimi la pensano cosi', e hanno diritto di giudicare superiore la nostra civilta' tecnologica. Ma, proprio all'interno del mondo occidentale, ci sono coloro che reputano valore primario una vita in armonia con un ambiente incorrotto, e dunque sono pronti a rinunciare ad aerei, automobili, frigoriferi, per intrecciare canestri e muoversi a piedi di villaggio in villaggio, pur di non avere il buco dell'ozono. E dunque vedete che, per definire una cultura migliore dell'altra, non basta descriverla (come fa l'antropologo) ma occorre il richiamo a un sistema di valori a cui riteniamo di non potere rinunciare. Solo a questo punto possiamo dire che la nostra cultura, per noi, e' migliore. * In questi giorni si e' assistito a varie difese di culture diverse in base a parametri discutibili. Proprio l'altro giorno leggevo una lettera a un grande quotidiano dove si chiedeva sarcasticamente come mai i premi Nobel vanno solo agli occidentali e non agli orientali. A parte il fatto che si trattava di un ignorante che non sapeva quanti premi Nobel per la letteratura sono andati a persone di pelle nera e a grandi scrittori islamici, a parte che il premio Nobel per la fisica del 1979 e' andato a un pakistano che si chiama Abdus Salam, affermare che riconoscimenti per la scienza vanno naturalmente a chi lavora nell'ambito della scienza occidentale e' scoprire l'acqua calda, perche' nessuno ha mai messo in dubbio che la scienza e la tecnologia occidentali siano oggi all'avanguardia. All'avanguardia di cosa? Della scienza e della tecnologia. Quanto e' assoluto il parametro dello sviluppo tecnologico? Il Pakistan ha la bomba atomica e l'Italia no. Dunque noi siamo una civilta' inferiore? Meglio vivere a Islamabad che ad Arcore? I sostenitori del dialogo ci richiamano al rispetto del mondo islamico ricordando che ha dato uomini come Avicenna (che tra l'altro e' nato a Buchara, non molto lontano dall'Afghanistan) e Averroe' - ed e' un peccato che si citino sempre questi due, come fossero gli unici, e non si parli di Al Kindi, Avenpace, Avicebron, Ibn Tufayl, o di quel grande storico del XIV secolo che fu Ibn Khaldun, che l'Occidente considera addirittura l'iniziatore delle scienze sociali. Ci ricordano che gli arabi di Spagna coltivavano geografia, astronomia, matematica o medicina quando nel mondo cristiano si era molto piu' indietro. Tutte cose verissime, ma questi non sono argomenti, perche' a ragionare cosi' si dovrebbe dire che Vinci, nobile comune toscano, e' superiore a New York, perche' a Vinci nasceva Leonardo quando a Manhattan quattro indiani stavano seduti per terra ad aspettare per piu' di centocinquant'anni che arrivassero gli olandesi a comperargli l'intera penisola per ventiquattro dollari. E invece no, senza offesa per nessuno, oggi il centro del mondo e' New York e non Vinci. Le cose cambiano. Non serve ricordare che gli arabi di Spagna erano assai tolleranti con cristiani ed ebrei mentre da noi si assalivano i ghetti, o che il Saladino, quando ha riconquistato Gerusalemme, e' stato piu' misericordioso coi cristiani di quanto non fossero stati i cristiani con i saraceni quando Gerusalemme l'avevano conquistata. Tutte cose esatte, ma nel mondo islamico ci sono oggi regimi fondamentalisti e teocratici che i cristiani non li tollerano e Bin Laden non e' stato misericordioso con New York. La Battriana e' stato un incrocio di grandi civilta', ma oggi i talebani prendono a cannonate i Buddha. Di converso, i francesi hanno fatto il massacro della Notte di San Bartolomeo, ma questo non autorizza nessuno a dire che oggi siano dei barbari. Non andiamo a scomodare la storia perche' e' un'arma a doppio taglio. I turchi impalavano (ed e' male) ma i bizantini ortodossi cavavano gli occhi ai parenti pericolosi e i cattolici bruciavano Giordano Bruno; i pirati saraceni ne facevano di cotte e di crude, ma i corsari di sua maesta' britannica, con tanto di patente, mettevano a ferro e fuoco le colonie spagnole nei Caraibi; Bin Laden e Saddam Hussein sono nemici feroci della civilta' occidentale, ma all'interno della civilta' occidentale abbiamo avuto signori che si chiamavano Hitler o Stalin (Stalin era cosi' cattivo che e' sempre stato definito come orientale, anche se aveva studiato in seminario e letto Marx). No, il problema dei parametri non si pone in chiave storica, bensi' in chiave contemporanea. Ora, una delle cose lodevoli delle culture occidentali (libere e pluralistiche, e questi sono i valori che noi riteniamo irrinunciabili) e' che si sono accorte da gran tempo che la stessa persona puo' essere portata a manovrare parametri diversi, e mutuamente contraddittori, su questioni differenti. Per esempio si reputa un bene l'allungamento della vita e un male l'inquinamento atmosferico, ma avvertiamo benissimo che forse, per avere i grandi laboratori in cui si studia l'allungamento della vita, occorre avere un sistema di comunicazioni e rifornimento energetico che poi, dal canto proprio, produce l'inquinamento. La cultura occidentale ha elaborato la capacita' di mettere liberamente a nudo le sue proprie contraddizioni. Magari non le risolve, ma sa che ci sono, e lo dice. In fin dei conti tutto il dibattito su globale-si' e globale-no sta qui, tranne che per le tute nere spaccatutto: come e' sopportabile una quota di globalizzazione positiva evitando i rischi e le ingiustizie della globalizzazione perversa, come si puo' allungare la vita anche ai milioni di africani che muoiono di Aids (e nel contempo allungare anche la nostra) senza accettare una economia planetaria che fa morire di fame gli ammalati di Aids e fa ingoiare cibi inquinati a noi? Ma proprio questa critica dei parametri, che l'Occidente persegue e incoraggia, ci fa capire come la questione dei parametri sia delicata. E' giusto e civile proteggere il segreto bancario? Moltissimi ritengono di si'. Ma se questa segretezza permette ai terroristi di tenere i loro soldi nella City di Londra? Allora, la difesa della cosiddetta privacy e' un valore positivo o dubbio? Noi mettiamo continuamente in discussione i nostri parametri. Il mondo occidentale lo fa a tal punto che consente ai propri cittadini di rifiutare come positivo il parametro dello sviluppo tecnologico e di diventare buddisti o di andare a vivere in comunita' dove non si usano i pneumatici, neppure per i carretti a cavalli. La scuola deve insegnare ad analizzare e discutere i parametri su cui si reggono le nostre affermazioni passionali. * Il problema che l'antropologia culturale non ha risolto e' cosa si fa quando il membro di una cultura, i cui principi abbiamo magari imparato a rispettare, viene a vivere in casa nostra. In realta' la maggior parte delle reazioni razziste in Occidente non e' dovuta al fatto che degli animisti vivano nel Mali (basta che se ne stiano a casa propria, dice infatti la Lega), ma che gli animisti vengano a vivere da noi. E passi per gli animisti, o per chi vuole pregare in direzione della Mecca, ma se vogliono portare il chador, se vogliono infibulare le loro ragazze, se (come accade per certe sette occidentali) rifiutano le trasfusioni di sangue ai loro bambini ammalati, se l'ultimo mangiatore d'uomini della Nuova Guinea (ammesso che ci sia ancora) vuole emigrare da noi e farsi arrosto un giovanotto almeno ogni domenica? Sul mangiatore d'uomini siamo tutti d'accordo, lo si mette in galera (ma specialmente perche' non sono un miliardo), sulle ragazze che vanno a scuola col chador non vedo perche' fare tragedie se a loro piace cosi', sulla infibulazione il dibattito e' invece aperto (c'e' persino chi e' stato cosi' tollerante da suggerire di farle gestire dalle unita' sanitarie locali, cosi' l'igiene e' salva), ma cosa facciamo per esempio con la richiesta che le donne musulmane possano essere fotografate sul passaporto col velo? Abbiamo delle leggi, uguali per tutti, che stabiliscono dei criteri di identificazione dei cittadini, e non credo si possa deflettervi. Io quando ho visitato una moschea mi sono tolto le scarpe, perche' rispettavo le leggi e le usanze del paese ospite. Come la mettiamo con la foto velata? Credo che in questi casi si possa negoziare. In fondo le foto dei passaporti sono sempre infedeli e servono a quel che servono, si studino delle tessere magnetiche che reagiscono all'impronta del pollice, chi vuole questo trattamento privilegiato ne paghi l'eventuale sovrapprezzo. E se poi queste donne frequenteranno le nostre scuole potrebbero anche venire a conoscenza di diritti che non credevano di avere, cosi' come molti occidentali sono andati alle scuole coraniche e hanno deciso liberamente di farsi musulmani. Riflettere sui nostri parametri significa anche decidere che siamo pronti a tollerare tutto, ma che certe cose sono per noi intollerabili. * L'Occidente ha dedicato fondi ed energie a studiare usi e costumi degli Altri, ma nessuno ha mai veramente consentito agli Altri di studiare usi e costumi dell'Occidente, se non nelle scuole tenute oltremare dai bianchi, o consentendo agli Altri piu' ricchi di andare a studiare a Oxford o a Parigi - e poi si vede cosa succede, studiano in Occidente e poi tornano a casa a organizzare movimenti fondamentalisti, perche' si sentono legati ai loro compatrioti che quegli studi non li possono fare (la storia e' peraltro vecchia, e per l'indipendenza dell'India si sono battuti intellettuali che avevano studiato con gli inglesi). Antichi viaggiatori arabi e cinesi avevano studiato qualcosa dei paesi dove tramonta il sole, ma sono cose di cui sappiamo abbastanza poco. Quanti antropologi africani o cinesi sono venuti a studiare l'Occidente per raccontarlo non solo ai propri concittadini, ma anche a noi, dico raccontare a noi come loro ci vedono? Esiste da alcuni anni una organizzazione internazionale chiamata Transcultura che si batte per una "antropologia alternativa". Ha condotto studiosi africani che non erano mai stati in Occidente a descrivere la provincia francese e la societa' bolognese, e vi assicuro che quando noi europei abbiamo letto che due delle osservazioni piu' stupite riguardavano il fatto che gli europei portano a passeggio i loro cani e che in riva al mare si mettono nudi - beh, dico, lo sguardo reciproco ha incominciato a funzionare da ambo le parti, e ne sono nate discussioni interessanti. In questo momento, in vista di un convegno finale che si svolgera' a Bruxelles a novembre, tre cinesi, un filosofo, un antropologo e un artista, stanno terminando il loro viaggio di Marco Polo alla rovescia, salvo che anziche' limitarsi a scrivere il loro Milione registrano e filmano. Alla fine non so cosa le loro osservazioni potranno spiegare ai cinesi, ma so che cosa potranno spiegare anche a noi. Immaginate che fondamentalisti musulmani vengano invitati a condurre studi sul fondamentalismo cristiano (questa volta non c'entrano i cattolici, sono protestanti americani, piu' fanatici di un ayatollah, che cercano di espungere dalle scuole ogni riferimento a Darwin). Bene, io credo che lo studio antropologico del fondamentalismo altrui possa servire a capire meglio la natura del proprio. Vengano a studiare il nostro concetto di guerra santa (potrei consigliare loro molti scritti interessanti, anche recenti) e forse vedrebbero con occhio piu' critico l'idea di guerra santa in casa loro. In fondo noi occidentali abbiamo riflettuto sui limiti del nostro modo di pensare proprio descrivendo la pensee sauvage. * Uno dei valori di cui la civilt? occidentale parla molto e' l'accettazione delle differenze. Teoricamente siamo tutti d'accordo, e' politically correct dire in pubblico di qualcuno che e' gay, ma poi a casa si dice ridacchiando che e' un frocio. Come si fa a insegnare l'accettazione della differenza? L'Academie Universelle des Cultures ha messo in linea un sito dove si stanno elaborando materiali su temi diversi (colore, religione, usi e costumi e cosi' via) per gli educatori di qualsiasi paese che vogliano insegnare ai loro scolari come si accettano coloro che sono diversi da loro. Anzitutto si e' deciso di non dire bugie ai bambini, affermando che tutti siamo uguali. I bambini si accorgono benissimo che alcuni vicini di casa o compagni di scuola non sono uguali a loro, hanno una pelle di colore diverso, gli occhi tagliati a mandorla, i capelli piu' ricci o piu' lisci, mangiano cose strane, non fanno la prima comunione. Ne' basta dirgli che sono tutti figli di Dio, perche' anche gli animali sono figli di Dio, eppure i ragazzi non hanno mai visto una capra in cattedra a insegnargli l'ortografia. Dunque bisogna dire ai bambini che gli esseri umani sono molto diversi tra loro, e spiegare bene in che cosa sono diversi, per poi mostrare che queste diversita' possono essere una fonte di ricchezza. Il maestro di una citta' italiana dovrebbe aiutare i suoi bambini italiani a capire perche' altri ragazzi pregano una divinita' diversa, o suonano una musica che non sembra il rock. Naturalmente lo stesso deve fare un educatore cinese con bambini cinesi che vivono accanto a una comunita' cristiana. Il passo successivo sara' mostrare che c'e' qualcosa in comune tra la nostra e la loro musica, e che anche il loro Dio raccomanda alcune cose buone. Obiezione possibile: noi lo faremo a Firenze, ma poi lo faranno anche a Kabul? Bene, questa obiezione e' quanto di piu' lontano possa esserci dai valori della civilta' occidentale. Noi siamo una civilta' pluralistica perche' consentiamo che a casa nostra vengano erette delle moschee, e non possiamo rinunciarvi solo perche' a Kabul mettono in prigione i propagandisti cristiani. Se lo facessimo diventeremmo talebani anche noi. Il parametro della tolleranza della diversita' e' certamente uno dei piu' forti e dei meno discutibili, e noi giudichiamo matura la nostra cultura perche' sa tollerare la diversita', e barbari quegli stessi appartenenti alla nostra cultura che non la tollerano. Punto e basta. Altrimenti sarebbe come se decidessimo che, se in una certa area del globo ci sono ancora cannibali, noi andiamo a mangiarli cosi' imparano. Noi speriamo che, visto che permettiamo le moschee a casa nostra, un giorno ci siano chiese cristiane o non si bombardino i Buddha a casa loro. Questo se crediamo nella bonta' dei nostri parametri. * Molta e' la confusione sotto il cielo. Di questi tempi avvengono cose molto curiose. Pare che difesa dei valori dell'Occidente sia diventata una bandiera della destra, mentre la sinistra e' come al solito filoislamica. Ora, a parte il fatto che c'e' una destra e c'e' un cattolicesimo integrista decisamente terzomondista, filoarabo e via dicendo, non si tiene conto di un fenomeno storico che sta sotto gli occhi di tutti. La difesa dei valori della scienza, dello sviluppo tecnologico e della cultura occidentale moderna in genere e' stata sempre una caratteristica delle ali laiche e progressiste. Non solo, ma a una ideologia del progresso tecnologico e scientifico si sono richiamati tutti i regimi comunisti. Il Manifesto del 1848 si apre con un elogio spassionato dell'espansione borghese; Marx non dice che bisogna invertire la rotta e passare al modo di produzione asiatico, dice solo che di questi valori e di questi successi si debbono impadronire i proletari. Di converso e' sempre stato il pensiero reazionario (nel senso piu' nobile del termine), almeno a cominciare col rifiuto della rivoluzione francese, che si e' opposto all'ideologia laica del progresso affermando che si deve tornare ai valori della Tradizione. Solo alcuni gruppi neonazisti si rifanno a una idea mitica dell'Occidente e sarebbero pronti a sgozzare tutti i musulmani a Stonehenge. I piu' seri tra i pensatori della Tradizione (tra cui anche molti che votano Alleanza Nazionale) si sono sempre rivolti, oltre che a riti e miti dei popoli primitivi, o alla lezione buddista, proprio all'Islam, come fonte ancora attuale di spiritualita' alternativa. Sono sempre stati li' a ricordarci che noi non siamo superiori, bensi' inariditi dall'ideologia del progresso, e che la verita' dobbiamo andarla a cercare tra i mistici Sufi o tra i dervisci danzanti. E queste cose non le dico io, le hanno sempre dette loro. Basta andare in una libreria e cercare negli scaffali giusti. In questo senso a destra si sta aprendo ora una curiosa spaccatura. Ma forse e' solo segno che nei momenti di grande smarrimento (e certamente viviamo uno di questi) nessuno sa piu' da che parte sta. Pero' e' proprio nei momenti di smarrimento che bisogna sapere usare l'arma dell'analisi e della critica, delle nostre superstizioni come di quelle altrui. Spero che di queste cose si discuta nelle scuole, e non solo nelle conferenze stampa. 4. INCONTRI. UNA RIFLESSIONE CON ALI RASHID A CELLENO Sabato 20 ottobre si e' svolto presso il Centro comunitario di Celleno (VT) un incontro di riflessione con Ali Rashid, uno dei piu' prestigiosi rappresentanti del popolo palestinese in Italia, sul tema "Tra dialogo e resistenza: il dramma dei palestinesi alla luce dei nuovi eventi". All'incontro hanno preso parte numerosissime persone. Nella riflessione hanno interloquito con Ali Rashid, tra gli altri, Luciano Comini, che ha presentato e presieduto l'incontro; Carlo Conticchio, sindaco di Celleno; Peppe Sini, reponsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo. 5. RIFLESSIONE. DIANA DIMONTE: CACAO EQUOSOLIDALE [Diana Dimonte e' impegnata nell'associazione Mani Unite per il commercio equo e solidale, e sul commercio equo e solidale cura questa rubrica settimanale sul nostro notiziario. Per contatti: diana.dimonte at tin.it] Eccoci ancora qui a parlare di Commercio Equo e Solidale. Oggi vorrei proporre come spunto il testo di un programma televisivo, "Report", andato in onda giovedi 4 ottobre, a cura di Chiara Baldassari. Ovviamente in televisione le immagini potevano essere piu' esplicative, mentre qui abbiamo solo il testo. * - Un contadino: Questo e' il mio campo e questo e' il mio cacao, il piu' buono. - Chiara Baldassari: Da un po' di tempo a questa parte sugli scaffali della grande distribuzione alimentare troviamo prodotti contraddistinti da un particolare marchio che ci garantisce, almeno questo e' quello che leggiamo sull'etichetta, che il prezzo riconosciuto al produttore gli consente di promuovere migliori condizioni di vita e opportunita' per uno sviluppo autonomo. Questi prodotti noi li troviamo nei supermercati sotto l'indicazione "equosolidale". Perche' avete deciso di iniziare a venderli? - Giuseppe Brambilla (direttore supermercati GS): GS e anche il gruppo Carrefour, di cui facciamo parte, attua una politica di offrire al consumatore quante piu' alternative possibili. - Chiara Baldassari: Ma di queste alternative possibili i consumatori ne sanno qualcosa? Cosa e' un prodotto "equosolidale"? Lei lo sa? - Una signora che fa la spesa: Sono quei prodotti che vengono direttamente dai paesi d'origine e vengono venduti a minor prezzo per aiutare le popolazioni del terzo mondo. - Chiara Baldassari: La signora dice "minor prezzo", non e' proprio cosi': basta andare a vedere. Barretta Lindt, la piu' costosa: 2380 lire; barretta Novi 1450, barretta Milka 1600. La nostra barretta equosolidale costa 1790 lire, per cui 500 lire meno della barretta piu' griffata e 300 lire in piu' rispetto alle altre.E' leggermente piu' cara rispetto alle altre barrette? - Giuseppe Brambilla (direttore supermercati GS): Sicuramente non nella fascia piu' economica dei prodotti, ma credo che ci siano dei contenuti importanti in questi prodotti che ce lo giustificano. - Chiara Baldassari: Ritorniamo allora sui contenuti importanti. - Un signore che fa la spesa: Equosolidale... equo vuol dire che e' uguale, e solidale che e' amico di qualcuno, non e' cosi'? - Chiara Baldassari: Non e' proprio cosi', ma andiamo avanti. In percentuale quanto cacao equosolidale vendete, per esempio? - Giuseppe Brambilla (direttore supermercati GS): La quota raggiunta dal cacao e' intorno al 2 per cento dei prodotti che noi vendiamo. - Chiara Baldassari: Solo il 2 per cento! Forse e' per questo che tra i consumatori regna ancora tanta confusione... - Ragazze che fanno la spesa: Prodotti equosolidali? Sono quei prodotti il cui ricavato va ai paesi del terzo mondo senza passare dalle multinazionali. - Chiara Baldassari: Le multinazionali non c'entrano, e' vero, ma non ci siamo ancora. A pochi chilometri da Pisa c'e' il Centro Nuovo Modello di Sviluppo e dove se non meglio di li' ci sanno spiegare la differenza tra un prodotto equosolidale e uno tradizionale? - Francesco Gesualdi (Centro Nuovo Modello di Sviluppo): Per quanto riguarda i produttori la differenza sostanziale e' nel prezzo; nel caso del cacao venduto nel circuito del commercio tradizionale l'obiettivo dell'acquirente, del commerciante, della multinazionale e' quello di ottenere un prezzo piu' basso possibile, per avere poi un profitto piu' alto possibile. Nel caso del cacao venduto nel circuito del commercio equo, l'obiettivo e' quello di garantire ai piccoli produttori la possibilita' di vivere in maniera dignitosa e di riuscire anche a garantire alla comunita' locale di poter avviare tutta una serie di progetti che permettono di superare una serie di situazioni tragiche che sono state create attraverso il colonialismo. - Chiara Baldassari: La barretta che ho comprato e' questa, m'informo per capire da dove viene il cacao e scopro che arriva dal Ghana. A questo punto non resta che partire per andare a vedere se chi lo ha raccolto beneficia dei vantaggi descritti sulla nostra etichetta. Kumasi, Ghana, citta' di piu' di 1.000.000 di abitanti a circa 200 Km a nord dalla capitale Accra e dal mare. Siamo di fronte all'ufficio di una cooperativa di contadini che raccolgono il loro cacao e poi lo vendono. Quando a comprarlo e' un'organizzazione equosolidale il guadagno per i contadini e' maggiore. Quest'anno su 32.000 tonnellate vendute, 400 sono andate al commercio equo. Tradotto in soldi cosa vuol dire? Lo chiediamo al direttore generale. - Kwabena Ohemeng (direttore generale): Se calcola che quest'anno abbiamo venduto 400 tonnellate al commercio equo, se fa due conti, vede che abbiamo guadagnato 299.500 dollari in piu' rispetto allo stesso peso venduto ad una multinazionale. - Chiara Baldassari: Vale a dire 630 milioni di lire circa. Questi soldi costituiscono un fondo che per il 75% va a finanziare progetti equi e il 25% finisce nelle tasche dei contadini. Ma in che modo? - Kwabena Ohemeng (direttore generale): I soldi del commercio equo vengono redistribuiti tra i contadini per sacco di cacao venduto. Per ogni sacco venduto quest'anno i contadini hanno guadagnato 400 lire in piu'. - Chiara Baldassari: Sara' vero? La verifica la faccio alla banca dei contadini soci della cooperativa. - Un contadino davanti alla banca: Si', e' vero, per ogni sacco venduto noi guadagnamo 80.000 lire piu' 400 lire del commercio equo". - Chiara Baldassari: Non e' un po' pochino solo 400 lire per sacco? - Contadino davanti alla banca: Qualcuno potrebbe avere 100 sacchi, o 50 sacchi, cosi se calcoli 400 lire per 100 sacchi per esempio, sono abbastanza. - Chiara Baldassari: E il resto dei soldi dove sono andati a finire? Quest'anno la maggior parte dei soldi sono serviti per costruire le pompe dell'acqua. Senza l'intervento di nessuna organizzazione non governativa e senza l'aiuto di nessun missionario. Purtroppo su 667 villaggi di piccoli produttori i soldi sono bastati per 60, Fenaso e' uno di questi villaggi. - Un contadino del villaggio: Prima dovevamo percorrere piu' di un chilometro e mezzo a piedi per trovare l'acqua potabile, adesso ce l'abbiamo e la pompa e' qui, fuori di casa, e l'abbiamo costruita noi con i nostri soldi. - Una donna del villaggio: Voi non potete avere idea della felicita' che puo' dare una pompa dell'acqua; se riuscissimo a risolvere anche il problema della scuola saremmo davvero a posto. - Chiara Baldassari: cioe', cosa vuol dire? Che non ci sono insegnanti? Che i bambini non vanno a scuola? Che la scuola costa troppo? - Rita Damoah (Center of development of people): I contadini non possono permettersi di mandare i loro figli a scuola, alcuni non hanno i soldi per comprare neanche le uniformi. Le uniformi costano dalle tre alle cinquemila lire, e qualcuno addirittura non e' in grado di comprare neanche quelle. - Chiara Baldassari: Qualcuno non e' in grado di comprarle e sicuramente tra questi ci saranno anche i soci della nostra cooperativa, ma loro a differenza di tutti gli altri, in virtu' del loro status di soci, possono chiedere un prestito alla loro banca senza pagare tassi da usura. - Un contadino del villaggio: Capisci? Abbiamo fondato una banca e cosi' anche il piu' povero puo' chiedere un prestito a tassi bassissimi. Per pagare le tasse scolastiche, per esempio. - Chiara Baldassari: cinquemila lire all'anno piu' l'uniforme per mandare i figli a quelle che possono essere le nostre elementari. Per mandare i figli alle scuole medie si puo' arrivare a pagare dalle 500 alle 700 mila lire l'anno. Facciamo allora due conti in tasca ai contadini.Quanto cacao avete venduto lo scorso anno? - Contadini davanti alla banca: Io lo scorso anno ho prodotto 65 sacchi... io l'ultimo anno 45... 65 sacchi... io ho prodotto 100 sacchi. - Chiara Baldassari: Stando ai conti della cooperativa, per ogni quattro produttori come questi ne esistono altri quindici che non superano i cinque sacchi venduti all'anno, con un guadagno intorno alle 400 mila lire. Per cui se le elementari, con grossi sforzi, se le possono permettere tutti, le medie rimangono un lusso per pochi. E per il maestro di un villaggio i problemi non finiscono qui. - Un maestro in classe: Nel periodo della raccolta del cacao molti bambini vengono portati dai genitori a lavorare nei campi, e cosi' non possono venire a scuola... e tu arrivi e ti ritrovi la classe vuota. - Chiara Baldassari: Ecco la magagna! Bambini che lavorano nelle piantagioni. Ma allora non e' vero che il nostro cacao e' piu' buono degli altri! La buona notizia vacilla pericolosamente. Ma non e' che, anche voi della cooperativa, fate lavorare i bambini nei campi? - Contadino davanti alla banca: No, e' proibito! Assolutamente proibito! Non c'e' lavoro infantile. - Chiara Baldassari: E' vietato! Allora andiamo a vedere. In queste piantagioni raccolgono il cacao e di bambini al lavoro non ne abbiamo trovati. - Kwaku Owusu-Yeboah (giornalista della tv pubblica ghanese): La cooperativa ha affermato forte e chiaro: noi coltiveremo, produrremo il cacao, ma questo non significa che faremo i nostri affari a spese dell'educazione dei nostri figli. Non li manderemo nei campi quando dovrebbero essere a scuola. - Chiara Baldassari: In effetti all'ultima riunione plenaria dei contadini della cooperativa la risoluzione di non avvalersi del lavoro dei bambini nelle piantagioni e' stata votata all'unanimita'. Ecco un'altra sostanziale differenza tra i contadini soci della cooperativa e gli altri. All'interno della cooperativa le iniziative imprenditoriali vengono sostenute con un piccolo contributo del fondo equosolidale. Le donne di un villaggio hanno avviato una vera e propria impresa di produzione di sapone con gli scarti del cacao e poi lo vanno a vendere al mercato. - Signora del villaggio: Quando aiutiamo i nostri mariti nei campi, non e' che ci paghino. E cosi' quando non dobbiamo andare a raccogliere il cacao possiamo fare il sapone e andarlo a vendere. E quei soldi sono nostri e possiamo spenderli come ci pare. - Chiara Baldassari: Per cui, ritornando alla nostra barretta di cacao le garanzie che ci da' l'etichetta vengono rispettate. Anche se abbiamo visto che il dato rilevante non sono certo ne' le 400 lire in piu' per sacco, ne' il resto dei soldi che non sono sufficienti per migliorare sensibilmente la vita di tutti. Il dato rilevante e' che per stare all'interno del circuito del commercio equo i contadini si devono organizzare in strutture democratiche, non sono solo braccia da sfruttare. - George Grantadjepong (Dipartimento Cooperative del Ghana): La cooperativa e' organizzata effettivamente secondo principi democratici. Le scelte politiche provengono dalla base, non dall'alto al basso ma dal basso all'alto... un uomo un voto. - Chiara Baldassari: Un uomo un voto anche quando si deve eleggere l'uomo della bilancia, cioe' colui che al momento della vendita pesa i sacchi di cacao. Anthony e' per questo motivo che e' felice di essere membro della cooperativa. - Anthony: Io sono membro della cooperativa che pesa il mio sacco di cacao, se la bilancia dice 60 chili, io so che sono proprio 60 chili. Tutti gli altri contadini, invece, che non sono soci, vendono ad altre compagnie, e queste cosa fanno? Pagano lo stesso, ma rubano sul peso. Puo' capitare che con le bilance truccate arrivino a fregarti anche 10 chili. - Chiara Baldassari: Come? i soci della cooperativa sono 35 mila, ma i contadini che vendono il cacao in Ghana sono molti di piu'. Metti che si rubino 10 Kg per sacco, e' un bell'affare! Sara' vero? In un capannone c'e' una bilancia di una compagnia concorrente alla cooperativa. E l'unico modo che ho per verificare se la bilancia pesa correttamente e' quello di pesarmi. Dato che se c'e' una cosa di cui tutti siamo certi e' il nostro peso. Salgo sulla bilancia e peso 52 chili. E' impossibile! Io di chili ne peso 67. Per cui ogni contadino che viene a vendere il cacao qui ci rimette 15 chili per sacco. Altro villaggio, altra bilancia. Questa e' quella della PBC, una compagnia che prima era del governo e adesso e' stata privatizzata. Qui peso 64 chili, quindi questa bilancia ruba solo tre chili. Lei che qui e' il responsabile, crede che le bilance siano tarate? - John Sarfo (commissione marketing della PBC): Si', questa e' perfetta. - Chiara Baldassari: E anche le bilance che avete negli altri villaggi pesano correttamente? - John Sarfo: Dipende da dove sono state settate, questo puo' portare anche a un chilo di differenza. - Chiara Baldassari: Altro che un chilo di differenza, caro John Sarfo... io in un colpo solo ne avevo persi 15 di chili. Adesso non mi resta che l'ultima verifica, la bilancia della cooperativa. Infatti qui sono 67 chili belli tondi, come la bilancia di casa mia. Pessima conferma per me nonostante la dieta africana, e buona notizia per i contadini che vendono il cacao al commercio equo. Nessuno li frega sul peso, i bambini vanno a scuola, hanno la loro banca che gli concede prestiti a tasso quasi zero e con i loro guadagni, anche se piccoli, si sono costruiti la loro pompa per l'acqua. 6. INIZIATIVE. PEPPE SINI: UNA LETTERA ALL'ANCI E ALL'UPI Lettera aperta all'ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia) e all'UPI (Unione delle Province d'Italia). Oggetto: Che Comuni e Province dispongano la formazione e l'addestramento dei corpi di polizia locali alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza. Egregi signori rappresentanti dei Comuni e delle Province d'Italia, come forse gia' saprete e' in corso una riflessione ed un'iniziativa finalizzata a mettere a disposizione di tutti gli operatori della sicurezza pubblica la conoscenza e l'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza. Per quanto concerne i cinque corpi di polizia nazionali (Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria) e' in via di definizione una proposta di legge affinche' la formazione alla conoscenza e all'uso della nonviolenza sia inclusa ope legis nell'iter formativo (tale formazione peraltro potrebbe essere inclusa gia' fin d'ora nell'ambito dei percorsi formativi ed addestrativi attuali con mero provvedimento di tipo regolamentare, con disposizione interna o con circolare ministeriale). Per quanto concerne i corpi di polizia locali (ed in primo luogo i Corpi di Polizia Municipale, vigli urbani e guardie campestri) con la presente siamo a richiedervi un impegno ad hoc affinche' stimoliate tutti i Comuni e le Province ad attuare questa specifica formazione dei loro dipendenti che hanno funzioni e competenze afferenti all'ambito del rapporto coi cittadini, della pubblica sicurezza, dell'applicazione delle leggi, dell'irrogazione delle sanzioni. In Italia esistono gia' numerose esperienze di formazione delle polizie locali alla conoscenza e all'uso degli strumenti che la nonviolenza mette a disposizione; basti pensare, un esempio per tutti, all'attivita' formativa della Polzia Municipale del Comune di Milano che si avvale della supervisione della professoressa Marianella Sclavi. Peraltro molti Comuni e molte Province hanno gia' esperienza di attivita' formative alla nonviolenza per quanto concerne gli obiettori di coscienza in servizio civile. Si tratta quindi di estendere nei singoli enti locali a livello nazionale esperienze gia' in corso che hanno dato esiti positivi ed assai qualificati. Cosicche' siamo a proporvi un vostro intervento presso gli enti locali che rappresentate affinche': a) Comuni e Province istituiscano attivita' di formazione e addestramento delle polizie locali da essi dipendenti alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza; b) Comuni e Province deliberino ordini del giorno a sostegno di un provvedimento legislativo (o atto equipollente) che la formazione e l'addestramento alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza preveda per tutto il personale delle forze dell'ordine presenti e operanti in Italia. 7. MAESTRI. RENATO SOLMI RICORDA SERGIO SOLMI: LA RESISTENZA COME SCELTA DI DIGNITA' [Il minimo brano seguente abbiamo estratto dalla "Nota biografica e testimonianza personale" di Renato Solmi sul padre Sergio, in Sergio Solmi, Letteratura e societa' (Opere, volume V), Adelphi, Milano 2000, pp. 663-685; il passo che citiamo e' alle pp. 666-667. Sergio Solmi e' stato un eroe della Resistenza e uno dei piu' grandi poeti italiani del Novecento] Io non ricordo di averlo mai sentito discutere, di argomenti politici in senso stretto, col tono focoso e appassionato di chi tende a far prevalere la propria linea su una linea concorrente e diversa, e si sforza di persuadere i propri interlocutori ad aderire alla sua posizione piuttosto che a un'altra, come e' naturale, invece, che si conduca, nel corso di una conversazione sia pur poco animata, chiunque abbia fatto dell'impegno e dell'azione politica la ragione principale e la passione dominante della propria vita. Se egli e' stato indotto, a un certo punto, a impegnarsi fino in fondo in un'attivita' di carattere clandestino, che avrebbe comportato per lui gravissimi rischi, e, insomma, a battersi, non solo indirettamente e in forma nascosta, ma anche nel senso letterale della parola, per la causa della liberta' e della democrazia contro i suoi nemici e avversari di sempre, e' stato soprattutto per una questione di dignita' e di onore, oltre che di solidarieta' verso tutti coloro che avevano dedicato a questo scopo tutta la loro vita, fino all'estremo del sacrificio della medesima, e non certo perche' nutrisse, da parte sua, una qualsiasi ambizione di carattere personale, e nemmeno perche' si proponesse di realizzare o di promuovere, con la sua azione, una serie di obbiettivi particolari e ben determinati di carattere propriamente politico. 8. LETTURE. MARIA CORDA COSTA (A CURA DI): FORMARE IL CITTADINO Maria Corda Costa (a cura di), Formare il cittadino, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1997, pp. 496, lire 44.000. Un laboratorio di educazione civica per la scuola secondaria. 9. LETTURE. CAMILLE PISSARRO: MIO CARO LUCIEN Camille Pissarro, Mio caro Lucien, Eleuthera, Milano 1998, pp. 144, lire 18.000. Una scelta dalle lettere del grande pittore impressionista al figlio "su arte e anarchia", a cura di Eva Civolani e Antonietta Gabellini. 10. LETTURE. SALVATORE VECA: DELLA LEALTA' CIVILE Salvatore Veca, Della lealta' civile, Feltrinelli, Milano 1998, pp. 218, lire 32.000. "Diciotto saggi di filosofia civile scritti e riscritti fra il 1992 e il 1997" dal docente dell'Universita' di Pavia, uno dei piu' noti studiosi di filosofia politica. 11. RILETTURE. IMMANUEL KANT: PACE PERPETUA Immanuel Kant, Pace perpetua, Rusconi, Milano 1997, pp. 192, lire 16.000. Il "progetto filosofico" kantiano Zum ewigen Frieden in un'ottima edizione con testo a fronte; una lettura che tante volte la ripercorri, tante volte ti suscita nuove dense riflessioni. 12. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA ANDREJ TARKOVSKIJ AD ANA TEBEROSKY * ANDREJ TARKOVSKIJ Profilo: straordinario regista cinematografico (1932-1986): "testimonianza di fervore stilistico altissimo e di grande impegno morale" (Fernaldo Di Giammatteo). Opere di Andrej Tarkovskij: Il rullo compressore e il violino (1961); L'infanzia di Ivan (1962); Andrej Rublev (1969); Solaris (1972); Lo specchio (1974); Stalker (1979); Nostalghia (1983); Sacrificio (1986). * SILVANO TARTARINI Profilo: pacifista nonviolento, impegnato nella Lega per il Disarmo Unilaterale e nei Berretti Bianchi. Indirizzi utili: Associazione Berretti Bianchi Onlus, via F. Carrara 209, 55042 Forte dei Marmi (LU), fax 0584/735682, tel. cell. 0335-7660623, e-mail: bebitartari at bcc.tin.it, sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi * JACQUES TATI Profilo: regista ed attore francese (1908-1982). Opere di Jacques Tati: Giorno di festa (1949); Le vacanze di Monsieur Hulot (1953); Mio zio (1958); Playtime (1967); Monsieur Hulot nel caos del traffico (1974). * BERTRAND TAVERNIER Profilo: regista cinematografico francese (nato a Lione nel 1941). * PAOLO E VITTORIO TAVIANI Profilo: registi cinematografici italiani. Opere di Paolo e Vittorio Taviani: Un uomo da bruciare (1962); I fuorilegge del matrimonio (1964); I sovversivi (1967); Sotto il segno dello scorpione (1969); San Michele aveva un gallo (1971); Allonsanfan (1974); Padre padrone (1977); La notte di San Lorenzo (1982); Good Morning Babilonia (1987); Il sole anche di notte (1990); Fiorile (1993); Le affinita' elettive (1996); Tu ridi (1998). * ANA TEBEROSKY Profilo: pedagogista, collaboratrice di Emilia Ferreiro. 13. MATERIALI. ALCUNE RIVISTE UTILI * "A. rivista anarchica", mensile, tel. 022896627, fax 0228001271, e-mail: arivista at tin.it, sito: www.anarca-bolo.ch/a-rivista (nel sito sono disponibili tutti i fascicoli degli ultimi anni di questa ottima rivista di riflessione) * "Agape immaginaria", rivista del centro ecumenico di Agape, tel. 0121807514, e-mail: ufficio at agapecentroecumenico.org * "Amici dei lebbrosi", mensile dell'AIFO, tel. 051433402, e-mail: info at aifo.it, sito: www.aifo.it * "Azione nonviolenta", mensile fondato da Aldo Capitini, tel. 0458009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org (nel sito sono disponibili tutti i fascicoli degli ultimi anni della rivista, voce fondamentale del Movimento Nonviolento) * "Carta", settimanale dei "cantieri sociali", tel. 0636005613, e-mail: carta at carta.org, sito: www.carta.org * "Cem mondialita'", rivista del Centro Educativo alla Mondialita', tel. 0303772780, e-mail: cemmondialita at saveriani.bs.it * "CIR notizie", bollettino del Consiglio Italiano per i Rifugiati, tel. 0669200114, e-mail: cirstampa at cir-onlus.org, sito: www.cir-onlus.org * "Cobas. giornale dei comitati di base della scuola", tel. 0670452452, e-mail: mail at cobas-scuola.org, sito: www.cobas-scuola.org * "Critica liberale", mensile edito dall'omonima Fondazione Critica Liberale, tel. 066867981 (una rivista che vivamente raccomandiamo a tutti i nostri lettori). * "Fondazione", trimestrale della Fondazione Internazionale Lelio Basso per il Diritto e la Liberazione dei Popoli, tel. 0668801468, e-mail: filb at iol.it, www.grisnet.it/filb * "Fuoriluogo", foglio mensile su droghe e diritti in supplemento al quotidiano "Il manifesto", fax 0668719573, e-mail: lettera at fuoriluogo.it, sito: www.fuoriluogo.it * "Gaia", trimestrale di ecologia, nonviolenza, tecnologie appropriate, tel. 041935666, e-mail: info at ecoistituto.veneto.it * "Gli argomenti umani", rivista mensile su sinistra e innovazione, tel. 0254123260, e-mail: redazione at gliargomentiumani.com, sito: www.gliargomentiumani.com * "Il foglio", mensile di alcuni cristiani torinesi, e-mail: antonello.ronca at libero.it, sito: www.ilfoglio.org * "La rivista del manifesto", mensile diretto da Lucio Magri, esce in supplemento al quotidiano "Il manifesto", tel. 0668892517, e-mail: larivista at ilmanifesto.it, sito: www.larivistadelmanifesto.it * "L'emigrato", mensile di emigrazione e immigrazione, tel. 0523330074, e-mail: riv.emigrato at altrimedia.it * "Le monde diplomatique", l'edizione italiana esce in supplemento al quotidiano "Il manifesto" all'incirca verso la meta' di ogni mese, tel. 0668719453, e-mail: lemonde at ilmanifesto.it, sito: www.monde-diplomatique.fr (e' il piu' prestigioso periodico di analisi delle questioni internazionali). * "L'incontro", mensile diretto da Bruno Segre, tel. 0115212000, e-mail: linc at marte.aerre.it * "Mani Tese", mensile della ong Mani Tese, tel. 024075165, e-mail: manitese at manitese.it, sito: www.manitese.it * "Messaggero cappuccino", bimestrale d'informazione dei cappuccini bolognesi-romagnoli, tel. 054240265, e-mail: fraticappuccini at imolanet.com, sito: www.imolanet.com/fraticappuccini * "Missione oggi", mensile dei missionari saveriani, tel. 0303772780, e-mail: missioneoggi at saveriani.bs.it, sito: www.saveriani.bs.it * "Nigrizia", mensile dell'Africa e del mondo nero promosso dai padri comboniani, tel. 045596238, e-mail: redazione at nigrizia.it, sito: www.nigrizia.it (una fonte d'informazioni indispensabile, se non ci fosse bisognerebbe inventarla) * "Qualevita", bimestrale di riflessione e informazione nonviolenta, tel. 086446448, e-mail: sudest at iol.it (una lettura fondamentale) * "Quelli che solidarieta'", notiziario del circolo di Viterbo dell'associazione Italia-Nicaragua, tel. 0761435930, e-mail: giulio.vittorangeli at tin.it * "Rocca", quindicinale della Pro Civitate Christiana di Assisi, tel. 075813641, e-mail: rocca at cittadella.org, sito: www.cittadella.org/rocca * "Roma Caritas", mensile della Caritas di Roma, tel. 0669886417, e-mail: feedback at caritasroma.it, sito: www.caritasroma.it * "Segno", l'ottimo mensile palermitano diretto da Nino Fasullo, tel. 091228317, e-mail: rivistasegno at tin.it * "Solidarieta'", periodico del movimento omonimo, tel. 0461983626, e-mail: sol.tn at tin.it * "U C T. Uomo citta' territorio", mensile dell'omonimo gruppo culturale trentino, tel. 0461983496, e-mail: gruppo.uct at tin.it * "Utopie concrete", notiziario dell'associazione Fiera delle Utopie Concrete, tel. 0758554321, e-mail: segreteria at utopieconcrete.it, sito: www.utopieconcrete.it 14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 15. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 264 del 21 ottobre 2001
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