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La nonviolenza e' in cammino. 247
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 247
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 2 Oct 2001 22:37:27 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 247 del 3 ottobre 2001 Sommario di questo numero: 1. Enrico Peyretti, gli imperi sono stupidi 2. Barbara Lee, sono morte gia' troppe persone innocenti 3. Peppe Sini, iniziando un digiuno 4. Valentina Duca, lo spazio in cui un vero dialogo puo' essere messo al mondo 5. Davide Melodia, risposta nonviolenta al terrorismo 6. Giancarla Codrignani, la globalizzazione dell'orrore 7. Lidia Menapace, opposizione alla guerra e forme della politica 8. Emergency, un chiarimento al presidente del consiglio dei ministri 9. Helmuth Moroder, Sami Adwan e Dan Bar-On, premi "Alexander Langer" 2001, a Roma l'11 ottobre 10. Silvano Tartarini, venerdi 12 ottobre a Perugia 11. Letture: Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete 12. Letture: Raissa Maritain, Diario di Raissa 13. Letture: Edoardo Martinelli (a cura di), Progetto Lorenzo Milani: il maestro 14. "La rivista del Manifesto" 15. Per studiare la globalizzazione: da Francesco Santanera a Saskia Sassen 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: GLI IMPERI SONO STUPIDI [Enrico Peyretti e' una delle figure piu' fulgide della cultura della pace. Per contatti: peyretti at tiscalinet.it] E' vero. Questa non e' una guerra tra civilta'. E' una guerra tra barbarie. In entrambe la parti oggi contrapposte ci sono vere civilta' umane, dunque imperfette, cariche di errori e colpe, e tuttavia tentativi nobili di vivere insieme con un senso umano in sviluppo, tentativi costruiti nella storia da alcuni maestri e da popoli interi. Ma entrambe le parti sono in questo momento minacciate, al loro stesso interno, e reciprocamente, da poteri violenti, mortali, che spingono indietro l'umanita' di tutti. Se per difendermi da un delinquente che vuole spingermi nell'abisso mi legassi una corda al collo, credendo di assicurarmi, sarei uno stupido. Bush fa questo. E la lega al collo dei paesi che fanno corpo unico con quello da lui governato. Ogni impero e' stupido: questo e quello che gli succedera'. Stupido di una stupidaggine che fa molto male a molti. Ci sono stati-canaglia, si grida oggi. Sicuramente ci sono sempre stati imperi-canaglia. I pericoli e dolori maggiori, nella storia umana, sono venuti dai piu' potenti. Chi ha un martello in mano scambia il mondo per un chiodo, dice un proverbio americano. Si', americano. Quel po' di saggezza che c'e' nel mondo (ma non e' poi cosi' poca, altrimenti saremmo gia' finiti tutti) e' in chi ha potere su di se', non in chi ha potere sugli altri. Aspettiamo che un (o una) grande giornalista o intellettuale se ne accorga e lo spieghi (gratis) al popolo sbalordito. Aspettiamo un capo di stato che faccia sua la preghiera di Salomone per avere il dono della sapienza, o che si ricordi, o impari per la prima volta, gli editti di Asoka. La malvagita' esiste. Affrontare i malvagi con la violenza li rafforza, loro o i loro eredi, proprio perche' parla l'unico linguaggio che conoscono, le uniche ragioni che comprendono. Come ne ammazzi uno ne nascono due, magari dentro di te. Dice infatti Kant perfettamente: "La guerra e' un male perche' fa piu' malvagi di quanti ne toglie di mezzo". Cioe', fa il contrario di quello che dice di voler fare. Nulla e' piu' fallimentare della guerra. La guerra e' illusione. Col terrore delle grandi armi, alimenta il terrorismo, la piccola arma facile. La guerra e' sempre farsi giudici in causa propria. Cio' demolisce un pilastro di ogni civilta', di ogni idea di giustizia. Se anche fosse vero che non c'e' altro da fare, questa non sarebbe ragione sufficiente per peggiorare la situazione. Ma ci sono alternative. La democrazia, con tutti i suoi difetti, e' la scommessa che l'intelligenza e la morale media dei popoli sia discreta o buona, e che comunque sappia correggersi quando sbaglia una scelta. La malvagita' va affrontata con la solidarieta' e il dialogo tra i popoli. E' l'unico modo per tagliare l'erba sotto i piedi ai malvagi (e agli stupidi arroganti) che tentano di usare i popoli per i loro calcoli, seducendoli e corrompendoli: la mafia, il terrorismo, gli assolutismi religiosi e quelli economici. Un'alleanza civile tra i popoli, una solidarieta' economica, una conferenza internazionale il piu' possibile rappresentativa, sono l'unica risposta al super-terrorismo del 2001 che abbia qualche speranza di efficacia. Sono l'unica possibilita' di andare a rimuovere le cause profonde che il terrorismo utilizza. Questa guerra e' piu' stupida di tutte le altre. E se fosse, come appare sempre piu' possibile, un cogliere l'occasione per estendere l'impero, sarebbe stupida e criminale, cannibalesca divoratrice delle stesse vittime che ufficialmente piange e dice di vendicare. E' stupida perche' impotente ma disastrosa. Impotente perche' la bomba-uomo e' invincibile, come dimostro' per primo Sansone. Puo' solo essere disinnescata nelle menti, nei cuori, nelle relazioni civili, nella giustizia fra i popoli, nell'isolamento dei duci che mandano uomini a morire per loro, in tutti i campi. 2. RIFLESSIONE. BARBARA LEE: SONO MORTE GIA' TROPPE PERSONE INNOCENTI [Barbara Lee, delegata al Congresso americano per la California, ha pronunciato nella seduta del 15 settembre scorso l'unico voto contrario alla risoluzione che autorizzava il Presidente Bush all'uso della forza contro i terroristi responsabili degli attentati dell'11 settembre. Riproponiamo il testo del suo intervento, riprendendolo dal sito de "Il paese delle donne", www.womenews.net] Mi sono svegliata stamani con il cuore pesante, condividendo la tristezza per le famiglie e l'amore per coloro che sono stati uccisi e feriti a New York, Virginia e Pennsylvania. Solo i piu' folli, o i cuori piu' induriti, possono non capire il dolore che ha colpito il popolo americano e milioni di persone in tutto il mondo. Questo indicibile attacco agli Stati Uniti mi ha forzato a riferirmi alle mie convinzioni morali, alla mia coscienza e al mio Dio per avere un'indicazione. L'11 settembre ha cambiato il mondo. Le nostre piu' profonde paure ora ci incalzano. Tuttavia io sono convinta che l'azione militare non servira' a prevenire altri atti di terrorismo internazionale contro gli Usa. So che la risoluzione sull'uso della forza passera' lo stesso, e noi sappiamo che il presidente puo' iniziare la guerra addirittura senza una nostra risoluzione. Per quanto difficile sia questo voto, qualcuno deve incitare a limitare l'uso della repressione. Deve esserci qualcuno di noi che dica facciamo un passo indietro per un momento, pensiamo alle implicazioni dell'azione che noi compiamo oggi - cerchiamo di capirne pienamente le conseguenze. Non siamo stati affrontati con una guerra tradizionale. Non possiamo rispondere in maniera convenzionale. Non voglio vedere questa spirale incontrollata. Questa crisi coinvolge questioni di sicurezza nazionale, politica estera, protezione civile, intelligence, economia e morte. La nostra risposta deve essere adeguata. Non dobbiamo precipitare il giudizio. Sono morte gia' troppe persone innocenti. Il nostro paese e' in cordoglio. Se ci affrettiamo a lanciare il contrattacco, corriamo il rischio che donne, bambini e altri non combattenti, siano colpiti da un fuoco incrociato. Ne' possiamo permettere che la nostra rabbia giustificata verso questi atti oltraggiosi, condotti da degenerati assassini, infiammi il pregiudizio contro gli arabi americani, i musulmani, i sudasiatici, o qualsiasi altra persona a causa della sua razza, religione o etnia. Ed infine, dobbiamo stare attenti a non imbarcarci in una guerra senza fine, senza nemmeno una strategia per uscirne e un bersaglio ben individuato. Non possiamo ripetere gli errori del passato. Nel 1964 il Congresso diede al Presidente Lyndon Johnson, il potere di prendere "tutte le misure necessarie" per respingere gli attacchi e prevenire altre aggressioni. Cosi' facendo esso venne meno alle proprie responsabilita' costituzionali e lancio' il nostro paese in un'annosa guerra non dichiarata in Vietnam. A quel tempo il senatore Wayne Morse, che pronuncio' uno dei due soli voti che si levarono contro la risoluzione sul Golfo del Tonchino, ebbe a dichiarare: "Io credo che la storia registrera' che abbiamo commesso un grave errore sovvertendo e aggirando la Costituzione degli Stati Uniti. Credo che ancora nel prossimo secolo le future generazioni guarderanno con disgusto e gran disappunto al Congresso che e' ora sul punto di commettere questo storico errore". Il senatore Morse aveva ragione, e io temo che noi oggi possiamo ripetere lo stesso errore. E ne temo le conseguenze. Mi sono dibattuta su questo voto. Sono arrivata a formularlo durante una penosa, ma bella, funzione commemorativa alla National Cathedral, quando un membro del clero ha cosi' eloquentemente detto: "Quando agiamo, Signore, non farci diventare uguali ai demoni che deploriamo". 3. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: INIZIANDO UN DIGIUNO [Oggi il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, Peppe Sini, inizia un digiuno di condivisione, di meditazione e di preparazione all'azione diretta nonviolenta contro la guerra] L'orrore delle stragi dell'11 settembre ci interpella tutti. Occorre che ognuno si impegni contro il terrorismo, contro le uccisioni, contro la violenza, contro il fanatismo suicida, omicida, onnicida. Il piano dei terroristi evidentemente mira a scatenare la violenza su scala planetaria; quell'azione abominevole intende innescare un conflitto mondiale. Occorre opporsi al piano dei terroristi. Occorre opporsi alla guerra, occorre opporsi a nuove stragi. Occorre che la comunita' internazionale si impegni contro il terrorismo con gli strumenti del diritto; occorre che la comunita' internazionale ripudi la guerra, come stabilito dalla Carta delle Nazioni Unite. Tutto in queste drammatiche ore lascia invece pensare che una guerra verra' scatenata; tutto lascia pensare che anche il nostro paese vi verra' coinvolto in violazione della legge fondamentale del nostro Stato; tutto lascia pensare che il piano dei terroristi di scatenare una guerra senza fine e senza confini si stia adempiendo con la complicita' stolta e irresponsabile dei potenti del mondo. Dobbiamo opporci. Dobbiamo opporci al terrorismo, e dobbiamo opporci alla guerra che lo magnifica. Ma per opporci efficacemente, limpidamente, coerentemente, concretamente, dobbiamo scegliere la nonviolenza. Solo la nonviolenza puo' contrapporsi frontalmente, nitidamente, consequenzialmente, intransigentemente, al terrorismo e alla guerra. Ogni altra posizione e' ambigua e subalterna, ogni altra posizione rischia di essere reduplicatrice o fiancheggiatrice della violenza. Occorre opporci alla guerra e fare quanto e' in nostro potere: opporci nel nostro paese sperando che tutti nei loro paesi si oppongano. Opporci anche in nome di chi non vede riconosciuti i suoi inalienabili diritti di essere umano, opporci anche in nome delle vittime delle dittature, opprci anche in nome degli espropriati e dei diseredati, dei rapinati dall'ordine iniquo della violenza oggi dominante sul mondo. Contro la guerra, contro il terrorismo, contro tutte le uccisioni, e in difesa della legalita' costituzionale, proponiamo (qualora la guerra venga scatenata e l'Italia vi prenda parte in violazione di quanto disposto dall'articolo 11 della Costituzione e di quanto stabilito dal diritto internazionale) una strategia di lotta nonviolenta fondata su tre elementi: - l'azione diretta nonviolenta; - la disobbedienza civile; - lo sciopero generale. Occorre preparare queste iniziative e preparare noi stessi. Occorre altresi' rendere consapevoli il governo, il parlamento ed il presidente della Repubblica di questo nostro impegno in difesa della legalita', della pace, del diritto alla vita di ogni essere umano. Per condividere sia pure in minima parte l'angoscia dei sopravvissuti delle stragi dell'11 settembre, quella dei familiari degli assassinati e quella delle vittime designate della guerra in preparazione; per meditare sulle mie responsabilita' e sui miei limiti; per pensare con attenzione a cio' che occorre fare contro il terrorismo e contro la guerra; per prepararmi all'azione nonviolenta e per poter esortare altri all'azione nonviolenta sapendo di chiedere loro un impegno gravoso; per tutto questo intraprendo ora un digiuno. Un digiuno: che non e' rivolto contro nessuno, che non vuole convincere nessuno di nulla, che non si pone ne' come sfida ne' come appello: che e' invece momento di raccoglimento e di ricerca interiore, di attenzione e di fortificazione in cio' che mi sembra essere vero e giusto. Perche' avremo bisogno di tutta la nostra forza, di tutta la forza di tutti gli esseri umani che vogliono vivere come individui e come umanita', per contrastare e sconfiggere il terrore e la guerra. 4. RIFLESSIONE. VALENTINA DUCA: LO SPAZIO IN CUI UN VERO DIALOGO PUO' ESSERE MESSO AL MONDO [Questo intervento di Valentina Duca abbiamo ricevuto attraverso Tiziano Tissino, che ringraziamo come ringraziamo l'autrice, impegnata per la nonviolenza. Per contatti: vale_duca at yahoo.com] Quando ho visto le immagini del crollo delle torri gemelle, la mia mente e' corsa immediatamente in Sudan, in Palestina, in Algeria, in Kosovo, in Cecenia, in Macedonia. Non si tratta di un collegamento ragionato. Non c'e' dietro un'analisi politica. Almeno all'inizio. Quello che mi e' accaduto e' andare automaticamente con il pensiero e con il cuore alle altre immagini di morte con cui ogni giorno conviviamo, e che quindi ci sono familiari e formano il nostro immaginario. La prima cosa cui ho pensato, non e' stato ne' definire il luogo dove questo era accaduto, ne' chiedermi il perche', ma vedere dei volti segnati dalla sofferenza, dal dolore della perdita e dalla disperazione. Ho lasciato che quei volti mi penetrassero senza pensare, senza formulare ipotesi, senza cercare colpevoli, senza farmi prendere dall'ansia di una risposta. Ho lasciato che il dolore fluisse e mi invadesse il corpo. Senza risposta, senza difese razionali. E' la sensazione dell'essere espropriato. La descrive bene Johannes Tauler, un mistico vissuto a Strasburgo nel '300, nel suo "Cantico della nudita'": Cantero' un canto nuovo: la nudita'. La purezza reale e' vuota di pensiero. Il pensiero deve tenersi alla larga. E cosi', ho perduto quanto io ero. Sono ridotto a nulla. (1) Non a caso il cantico di Tauler si intitola "Cantico della nudita'", perche' descrive uno stato in cui l'essere umano e' espropriato di tutto dall'altro (qui Dio), spogliato di quello che e' di fronte all'altro. In questo stato non si dice nulla e non si pensa a nulla, si resta. Anche Paul Celan, poeta ebreo di lingua tedesca segnato dalla tragedia del suo popolo, descrive questo stato, quello di chi, di fronte al dolore, si lascia essere cosi' tanto da non poter pronunciare parola: Se venisse, verrebbe un uomo, verrebbe un uomo al mondo, oggi, con la barba di luce dei Patriarchi: non potrebbe, se parlasse di questo tempo, non potrebbe che balbettare e balbettare, sempre, sem-pre. (2) Questo silenzio del giudicare, del conoscere, del voler comprendere, mette l'Uomo al mondo. Quell'uomo e' passato dal deserto. Se domani parlera', sara' solo perche' e' passato da li', e il suo parlare sara' piu' veritiero. Il silenzio di cui parla Celan e' quanto di piu' distante dal silenzio complice della distruzione e dell'anti-vita che spesso attuiamo di fronte alla sofferenza di altri, cosi' come da tutte le parole, le reazioni, i giudizi e le ipotesi che formuliamo. Credo che solo da questo tacere possano nascere parole e azioni capaci di costruire un'alternativa credibile e duratura alla morte ed alla distruzione. Parole cioe' che carichino le cose di senso, o meglio ne riconoscano il senso, e che si facciano per questo costruzione, grido della vita contro quanto non lo e', radici di albero, acqua nel deserto. Ritengo che ogni parola, perche' sia radice ben piantata nel terreno, debba per forza germogliare dall'essere espropriati di se', dal superamento della paura di essere spogliati di quello che noi siamo. E' l'accettazione del rischio di non possedere piu' nulla, di non dominare. E' quello a cui sono costretti la maggioranza degli uomini. E' l'abdicazione al dominio che mi costringe a riconoscere l'altro e a divenire corresponsabile della vita, che non e' piu' la mia o la sua vita, ma la Vita. Invece ieri ho assistito a infiniti dibattiti televisivi su probabili reazioni di guerra, sulla posizione della Nato, sul pericolo che attanaglia l'Occidente. E sono corsa nauseata a rifugiarmi in camera mia. Era, ancora una volta, il trionfo del possedere, del voler dominare e comprendere prima di essere letteralmente attraversati dalla sofferenza scritta nello sguardo dell'altro. Se si lasciasse accadere questo, quello di ieri non sarebbe piu' letto come un attacco all'America, alla civilta', ma all'uomo. E davvero sentiremmo accadere, non fuori ma dentro di noi, un'apocalisse, vale a dire uno svelamento. Ci lasceremmo sconvolgere da questo svelamento. Alle lacrime di quei cittadini americani si sovrapporrebbero allora quelle di tutti i sofferenti della storia, che continuano a vivere e a morire nascosti, soli perche' noi non ci siamo, e non perche' un "destino sgarbato", il male o quant'altro lo hanno voluto. Smetteremmo finalmente di indignarci a sprazzi, solo per alcune cose, perche' il valore di un volto e' il valore di un volto, e quanto esso valga non dipende dai suoi lineamenti, ne' dalla simpatia che ci ispira. Ci renderemmo conto del potere che abbiamo tra le mani, potere di curare o di distruggere, non altri poteri, ma solo questi due, o l'uno o l'altro. Forse prenderemmo coscienza di quanto sia impegnativo e splendido essere uomini e che, se il male c'e', e' perche' noi non scegliamo il suo contrario. Inizieremmo ad aprire gli occhi alla responsabilita', al prenderci cura, alla dimensione del generare. I berberi della Kabilia, i Kurdi, gli abitanti dei sobborghi fatiscenti di Nairobi, i Rom di casa nostra, gli immigrati ed i nomadi di cui abbiamo tanta paura, sono volti sfigurati come quelli dei cittadini americani morti ieri. L'unica differenza e' che, se i secondi li abbiamo conosciuti nel pieno delle loro forze e poi li abbiamo visti cadere sotto i nostri occhi, i primi erano gia' a terra, gia' caduti da tempo. Ma comunque li abbiamo conosciuti. Se i secondi erano la nostra immagine, di cui abbiamo in questi giorni scoperto la vulnerabilita', i primi non lo sono, sono l'irruzione devastante dell'alterita', che come tale viene allontanata e relegata fuori le mura. Nel sentire l'irruzione in me di quei volti, ho sentito con chiarezza che il volto e' uno. E' un cittadino degli Stati Uniti d'America nel momento in cui gli viene negata la vita, ed e' un "cittadino" ruandese nel momento in cui gli viene negata la vita. So che solo a partire da questa ammissione dolorosa potra' nascere la vera giustizia, cosi' come la vera parola nasce dal silenzio e non resta silenzio, ma diviene impegno. Alla scoperta della nostra vulnerabilita' possiamo reagire in due modi. Il primo e' difendersi a spada tratta, che e' quello che gli uomini hanno sempre fatto. E' cio' a cui abbiamo assistito in questi giorni, la demonizzazione dell'altro, l'invocazione di guerre giuste e, in questo caso, la riduzione dell'Islam all'integrismo. E' la logica della contrapposizione tra un presunto Occidente cristiano ed il Medioriente musulmano, una logica che francamente ritengo mistificatoria, in primo luogo perche' non mi sembra di vivere in una societa' evangelica. Anzi. Il secondo e' il farsi espropriare cosi' profondamente dall'irrompere dell'altro, da lasciar cadere le nostre difese e la nostra mania di autoconservazione per provare la gioia di nascere uomini per la prima volta, in un atteggiamento di nonviolenza e disponibilita' radicale. Philippe Sers, un professore francese che non ha mai scritto un libro, ma che studia sia Al-Hallaj che la Bibbia e sa raccontare splendide storie, parlando cosi' piano che si e' costretti a tendere l'orecchio, un giorno ci ha parlato del monaco brucia-capanna. E' una storia dolce. Il monaco brucia-capanna era un eremita che viveva in un bosco e ogni poco tempo bruciava la sua capanna o la smontava per ricostruirla nello stesso luogo di prima. Da quando aveva iniziato ad agire cosi', gli animali accorrevano a lui piu' numerosi che a Sant'Antonio nella Tebaide. Un uccellino lo svegliava al mattino e si era fatto amico sia i lupi che gli agnelli. Perche' bruciava la sua capanna? Perche' compiva un gesto tanto inutile per poi ricostruirla? Doveva creare lo spazio di cui parla Tauler, uno spazio di gratuita', l'unico in cui un vero dialogo puo' essere messo al mondo. * Note 1. In Hermes, Recherches sur l'experience spirituelle, Le Vide, experience spirituelle en Orient et en Occident, n. 2, 1989, p. 123. 2. Paul Celan, La rose de personne, Christian Bourgois Editeur, Tubingen. In italiano: Paul Celan, Poesie, Mondadori, Milano 1999. 5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: RISPOSTA NONVIOLENTA AL TERRORISMO [Da due lettere di Davide Melodia, che ringraziamo di tutto cuore, riportiamo questi estratti. Per contatti: melody at libero.it] Quale che sia il livello di terrorismo attuato da un gruppo violento, contro qualsiasi obiettivo, e quale che possa essere la conseguenza in termini di distruzione e di morte, la risposta dei nonviolenti si sviluppa con il medesimo spirito. E cioe': non scendere sul piano della violenza come i terroristi, evitare la vendetta, cercare di non provocare una crescita irrefrenabile della violenza, da una parte e dall'altra. Non coltivare l'odio, ed invece ipotizzare un raffreddamento degli animi, prevedere incontri di mediazione, scoprire le cause profonde della violenza terroristica, mettere in campo operazioni di sostegno ai Paesi poveri, fare giustizia dove giustizia non c'e'. Far si' che i Paesi, dal cui seno sono nati i terroristi, li disconoscano e li isolino essi stessi. * Ne' "con i vendicatori" (sedicenti) della miseria del Terzo Mondo, i terroristi, ne' "con i vendicatori" della civilta' opulenta occidentale, gli specialisti anti-terrorismo piu' armati e potenti dei primi, capaci di coinvolgere col richiamo emotivo il Primo, il Secondo, parti del Terzo e del Quarto Mondo, mediante i loro mass-media planetari. Ma "con la nonviolenza", per una giustizia sociale ed una giustizia economica mondiale e riparatrice, la cui totale assenza e' la causa remota di questa forma subdola, invisibile, vile e spietata di guerra. Diamo un esempio ai giovani di una scelta fra le ragioni della forza e la forza della ragione, seguendo la seconda, cosi' da prendere il sentiero della verita' anziche' quello della menzogna militarista. 6. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: LA GLOBALIZZAZIONE DELL'ORRORE [Giancarla Codrignani e' una delle voci piu' autorevoli dell'impegno per la pace. Per contatti: giancodri at libero.it] Dio, come stiamo male. Sapevamo che la microconflittualita' diffusa, che invade anche in questo momento una cinquantina di paesi, e' gia' la terza guerra mondiale, ma non potevamo immaginare quanto "globale" fosse questo rischio. Se si doveva avere una prova definitiva che il mondo e' tutto legato insieme, basta quel che e' accaduto: globalizzato l'orrore. C'e' stato chi si e' ricordato dell'attentato di Sarajevo: fu causa della prima guerra mondiale, ma era morto un granduca, non migliaia e migliaia di persone normali come noi. Dietro ci sono sempre cause remote che, poi, si scopre che erano conosciute da tutti, anche da noi. Cosi' succede anche questa volta. Da quanti anni, - facendo i conti a partire da noi stesse - puntiamo il dito sulla questione palestinese? quanti viaggi per capire, per fare solidarieta', per contrapporre alla violenza la nostra presenza di donne capaci di convivere con donne come noi, israeliane e palestinesi. Se partissero da noi e dai nostri bisogni di pace nella vita quotidiana, anche i governi potrebbero comprendere che l'intero problema di "due popoli su una terra sola" si poteva o comporre negli accordi o decomporre nella guerra. La pazienza era stata tanta da quando l'Onu aveva fissato perfino le regole dei risarcimenti: occupazioni, guerre, Sabra e Chatila, la prima Intifada, la seconda. Erano nati bambini che conoscevano solo privazioni: vedevano crollare le loro case, morire i fratelli e imparavano l'odio. Le donne dalla violenza avevano avuto tutto da perdere, mentre il fondamentalismo rendeva fanatici gli uomini di un popolo che era stato laico e che ora le metteva sotto la legge del chador. Le israeliane avevano imparato la paura ed erano entrate nel tunnel dell'odio. Le poche che continuavano la fatica di ricercare la pace sentivano che il nero delle vesti indossate per protestare significava il lutto per il futuro. E anche noi abbiamo allentato le nostre spole. Le afghane! I sovietici occupanti del loro paese avevano consentito loro di studiare, di lavorare, di emanciparsi; la guerra "di liberazione" dei talebani le aveva umiliate e recluse nel piu' crudele dei simboli, il burqa. Non e' stato possibile fare nulla, perche' tutte le proteste femminili occidentali cozzavano con una realta' dura: i diritti delle donne non possono diventare punto di partenza per rivendicare la liberta' di un popolo. Le irachene non abbiamo potuto conoscerle direttamente, ma sappiamo bene che in un paese petrolifero, senza la guerra, avrebbero potuto vivere meglio. Oggi percepiamo su di noi il peso delle loro sofferenze, della loro vita disperata, dei loro bambini stremati. Ma non possiamo spezzare la maledizione della guerra. Il TG1 delle 13,30 di oggi, 17 settembre, dice che piu' dell'80% degli americani consente con le richieste bellicose di Bush: e che soprattutto le donne vogliono la vendetta. Puo' darsi. Puo' darsi che si riesca a ricondurci al vecchio ruolo della donna che ha paura, che incorpora il bene dei suoi come fine patriottico e materno insieme, che ridiventa figlia delle Furie. Ma sono sempre i maschi che preoccupano. Questa mattina alla radio - rete 3, ore 10 - il generale Jean proponeva di usare in Afghanistan l'arma nucleare. Spero che, per quanto possa crescere il numero delle donne soldate e l'avanzamento nei gradi delle loro carriere, nessuna si omologhi a questo livello. Perche', se e' vero che moltissimi uomini sono ben diversi dal generale in questione, agli uomini la guerra piace. Sono state create regole perche' gli stati diano valore alla violenza, alla gerarchia, alla vendetta, per fare impunemente quello che fanno volgari assassini e stupratori. Adesso non e' ancora "la" guerra; ma se ne sente la presenza. E nessuno fa i conti con le cause remote. Che sono quelle di sempre: lavorare per guadagnare, per produrre, per consumare; cercare di competere nei beni, nella carriera, nel sesso; stabilire con gli altri un rapporto di forza, per definire il male, identificare il nemico ed esercitare la violenza "legittima". Invece di avere come primo valore la vita, le relazioni eque verso tutti, gli affetti, le passioni. Vale per tutti, uomini e donne. Solo che noi donne, la vita la facciamo con il nostro corpo (almeno per ora). E ci sembra di sapere meglio che e' questa la priorita'. Ma anche quando partecipiamo ai governi manca l'autorevolezza piena della nostra cultura: ci prestiamo alla tradizione dominante, non siamo le protagoniste nelle riforme. E cosi' le guerre ritrovano dignita', nonostante tutti sappiano che sono infami. La vecchia, ipocrita violenza del masochismo patriarcale che nomina invano anche il nome di un Dio che non e' il nostro. 7. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: OPPOSIZIONE ALLA GUERRA E FORME DELLA POLITICA [Lidia Menapace e' una delle nostre maestre migliori, da sempre. Questo suo intervento e' apparso nel sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net)] La riunione dell'Associazione Rosa Luxemburg (della Convenzione permanente di donne contro le guerre) si e' svolta a Firenze il 22 settembre, il giorno prima della riunione (nazionale) della Marcia mondiale delle donne. Questa coincidenza di date, e la presenza alla riunione dell'Associazione di molte donne che hanno condiviso sia il percorso della Marcia che quello della Convenzione, ha portato ad affrontare il problema del rapporto fra queste due realta'. Le partecipanti hanno ritenuto ancora valida l'ipotesi formulata prima dell'estate. Si e' poi parlato della preparazione del seminario sul pensiero di Rosa Luxemburg e sulle pratiche politiche che ne possono derivare per noi oggi. Il seminario si svolgera' a Firenze nei giorni 8 e 9 dicembre. Poiche' la forza delle donne e' di provare sempre a vivere e a far vivere, e per far questo bisogna lavarsi, cucinare, fare la spesa, anche se si e' sotto il peso di dolore, lutto, disgrazia, scrivo quello che avevo promesso al coordinamento nazionale della Marcia mondiale delle donne, riunitosi a Firenze il giorno dopo l'incontro dell'Associazione Rosa Luxemburg e del comitato promotore della Convenzione permanente di donne contro le guerre. Ma mi pesa davvero moltissimo, mi sembra totalmente inutile. Pero' lo faccio, come avevo promesso. Anche sotto minaccia o - fosse pure - millantazione atomica, il dolore e la vergogna sono uguali, per l'inettitudine e la vigliaccheria dei governanti e dei governati, di maggioranza e opposizione, di papi e vescovi, fedeli e atei: tutti li' imbambolati davanti al potere e alla follia del nuovo Nerone detto Bush, (si assomigliano quasi in tutto, tranne che il vecchio era un uomo colto e persino poeta, sia pure da strapazzo). Orbene, mi ero impegnata a chiarire il senso delle forme politiche che vanno circolando. Comincio da Rete, che sull'onda della telematica va forte. Una forma politica a rete e' essenzialmente orizzontale, priva di gerarchia e si tiene connessa per omogeneita'. Non si puo' fare una rete con corde di diversa grossezza ne' con nodi non ben ordinati, viene una schifezza e non becca nulla. Dunque e' giusto chiamare Rete quella delle Donne in nero, esse sono la forma politica che piu' assomiglia al nome che si e' data; Convenzione invece e' per definizione un patto tra forme, contenuti e pratiche differenziate, purche' non contraddittorie. Non potrebbe stare in una Convenzione contro le guerre un gruppo di donne che hanno scelto di fare il militare ad esempio, ma potrebbero starci donne agenti di polizia, purche' si impegnino ad usare la forza (cioe' la violenza dello stato) nelle forme e nei limiti rigidamente previsti, cioe' rigorosamente rispettando le procedure che la prevedono: non facendo cioe' irruzione nella scuola Diaz e poi pretendendo che sia una perquisizione. Gia' che ci sono, aggiungo quel che gia' dissi nella citata riunione. Sono molto diffidente verso la corsa ai Forum sociali che sorgono qua e la' e anche con una tendenza organizzativistica che sembra prevedere solo la manifestazione o il corteo e mai un momento di riflessione su contenuti, mete e pratiche. Inoltre, per quanto mi riguarda dico che il femminismo non puo' stare in un forum "sociale", non perche' sia misto, ma perche' e' sociale, e il femminismo o i femminismi sono un soggetto e una forma politica. Non vorrei che piu' o meno innocentemente si ricadesse - magari citando a sostegno Porto Alegre - nella dicotomia tra sociale e politico, dove poi al politico (cioe' al partito) spetta sempre di dirigere, stabilire le mete ultime, quando addirittura non di portare la coscienza. Mi pare ora di finirla, abbiamo gia' dato. Vi sono stati nella storia della sinistra protagonisti di lotte e invidiabili rivoluzionari che pensavano che non ci volesse il partito e nemmeno la conquista del potere statale identificato nel palazzo d'inverno. E visto che l'altra ipotesi, di tipo militarista, di rivoluzione ha fatto un tonfo dal quale non pare possa risuscitare, sara' meglio non ripercorre le stesse strade: e' pero' tipico della cultura maschile di essere soggetta alla coazione a ripetere: noi donne aiutare dai nostri "capricci", siamo piu' propense a mutare. Aggiungo conclusivamente che la Convenzione permanente di donne contro le guerre non e' un semplice coordinamento di donne pacifiste, ne' una rete di donne che lottano per la pace: la sua ragione sociale - come spero si ricordera' - e' di costruire una cultura politica che escluda l'uso della guerra e impari, inventi, insegni come si governano e gestiscono i conflitti, appunto ne' rimovendoli, ne' uccidendoli con la guerra. Bisogna incominciare a praticare tra noi la dichiarazione, la analisi, il riconoscimento dei conflitti tra noi e le forme per gestirli, nel modo meno abborracciato, emotivo o pasticciato: abbiamo spesso paura dei conflitti aperti, ma lasciati li' fanno male e diventano grovigli inestricabili, e poi arriva qualcuno con la spada e taglia i nodi. Siamo alla guerra. 8. RIFLESSIONE. EMERGENCY: UN CHIARIMENTO AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI [Riceviamo e diffondiamo. Emergency e' la straordinaria esperienza umanitaria promossa da Gino Strada, chirurgo in zone di guerra. Sito: www.emergency.it] Il Presidente del Consiglio dei Ministri in Senato avrebbe parlato di "un medico integerrimo ma di confuse idee, che non saprebbe scegliere tra gli Stati Uniti e l'Afghanistan. Noi - avrebbe aggiunto - tra la grande democrazia americana ed una teocrazia violenta che costringe le donne al silenzio e alla segregazione, noi abbiamo gia' scelto e definitivamente". Secondo agenzie di stampa il Presidente del Consiglio si riferirebbe a Gino Strada che ha dichiarato "io non mi sento piu' americano di quanto non mi senta afghano". Emergency, di cui Gino Strada fa parte, sta con gli indifesi, con le vittime civili delle guerre; non ha mai preso posizione in favore o contro qualche governo o Paese. Una vita persa americana ha lo stesso valore assoluto della vita di un cambogiano, di un iracheno, di un italiano. Con la "teocrazia violenta" della quale parla il Presidente del Consiglio Emergency ha avuto molte difficolta' per il rispetto che nell'ospedale di Kabul abbiamo voluto fosse portato alla dignita' e al lavoro delle donne. Il rispetto integrale dei diritti dell'uomo proclamati nel 1948 (non votati dai paesi arabi musulmani) e' stato e costituisce un criterio fondamentale del comportamento di Emergency. Chiediamo che questa precisazione sia intesa esclusivamente per quel chiarimento che vuol essere: siamo assolutamente estranei e contrari a qualsiasi guerra, anche di parole. 9. INCONTRI. HELMUTH MORODER: SAMI ADWAN E DAN BAR-ON, PREMI "ALEXANDER LANGER" 2001, A ROMA L'11 OTTOBRE [Dalla Fondazione "Alexander Langer" riceviamo e diffondiamo. Per contatti: langer.foundation at tin.it] Care/cari amici/ della Fondazione "Alexander Langer", il palestinese Sami Adwan e l'israeliano Dan Bar-On, saranno in Italia dall'11 al 14 ottobre per partecipare, all'interno della Fiera delle utopie concrete di Citta' di Castello (vedi programma in www.utopieconcrete.it), il 13 mattina ad un seminario di drammatica attualita' dopo l'attentato che ha colpito l'America e sta ridisegnando politiche internazionali, attivita' diplomatiche, alleanze e impegno delle societa' civili, e domenica 14 alla cerimonia di consegna ufficiale del premio internazionale "Alexander Langer" 2001 di cui sono destinatari. In ambedue le occasioni si incontreranno e confronteranno pubblicamente con Natasa Kandic e Vjosa Dobruna che hanno vissuto il loro stesso dramma e sono impegnate a costruire "vie di pace" nelle loro martoriate regioni. Potete trovare notizie su di loro nel sito della fondazione www.alexanderlanger.org . Vi scriviamo per una altrettanto importante ragione. Riprendendo una tradizionale inaugurata dall'on. Violante (con Khalida Messaoudi, Jacqueline Mukansonera e Yolande Mukagasana), i nostri premiati 2001 Dan Bar-On e Sami Adwan, verranno ricevuti alle ore 11 di giovedi 11 ottobre dal presidente della Camera Casini, come un modo per onorare Alex Langer e dare piu' forza e sostegno al messaggio di cui sono portatori, in un momento cosi' delicato delle relazioni nei loro paesi. Con l'aiuto di Marco Boato (ed in particolare di Luca al gruppo misto 0667609660), di Gianclaudio Bressa (Margherita), Grazia Barbiero (Ds), Uwe Staffler (Verdi), stiamo cercando di promuovere alle ore 12 o 13 dello stesso giorno, in una sala della Camera ancora da precisare, un incontro piu' pubblico, riservato ad altri parlamentari, giornalisti, amici ed interessati. Vi invitiamo calorosamente a prendere nota e a partecipare a questo importante appuntamento, ad allargare l'invito, a valutare la possibilita' di farne oggetto di notizie e servizi giornalistici. Faremo avere piu' precise informazioni a chi dara' un segno di vita e di interesse. Grazie di cuore e saluti. 10. INCONTRI. SILVANO TARTARINI: VENERDI 12 OTTOBRE A PERUGIA [Silvano Tartarini e' impegnato nell'esperienza dei "Berretti Bianchi". Per contatti: tel. 3357660623, fax 0584735682, e-mail: bebitartari at bcc.tin.it, sito: www.peacelink.it/users/berrettibianchi] Cari amici, vi confermo che la nostra richiesta di un incontro specifico dei movimenti e delle associazioni degli amici della nonviolenza e' stata accolta dagli organizzatori della quarta assemblea dell'ONU dei popoli, e il nostro incontro di riflessione si terra' il giorno venerdi 12 dalle ore 20,30 alle 22,30 a Perugia presso il Palazzo dei Priori (non sappiamo ancora in quale sala ci potremo riunire. Per questo devo richiamare mercoledi. Lo faro' sapere poi). Ricordo che e' prevista la partecipazione di un massimo di due persone per associazione. Invito chi intendesse partecipare e ancora non ha dato la propria adesione a farlo rapidamente indicando, se possibile, il nome o i nomi dei partecipanti. Il nostro incontro di amici della nonviolenza sara' introdotto da Alberto L'Abate. Un caro saluto a tutti. 11. LETTURE. LIA LEVI: CHE COS'E' L'ANTISEMITISMO? PER FAVORE RISPONDETE Lia Levi, Che cos'e' l'antisemitismo? Per favore rispondete, Mondadori, Milano 2001, pp. 84, lire 12.000. L'autrice di "Una bambina e basta" risponde alle venti domande piu' frequenti negli incontri avuti nelle scuole. 12. LETTURE. RAISSA MARITAIN: DIARIO DI RAISSA Raissa Maritain, Diario di Raissa, Morcelliana, Brescia 2000, pp. 416, lire 35.000. Tredicesima edizione ampliata della raccolta, curata dal marito Jacques Maritain, di carte inedite della pensatrice, mistica e poetessa. 13. LETTURE. EDOARDO MARTINELLI (A CURA DI): PROGETTO LORENZO MILANI: IL MAESTRO Edoardo Martinelli (a cura di), Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Firenze 1998, pp. 304, s. i. p. Una raccolta di materiali e testimonianze di grande interesse. Per contatti con l'editore: barbiana at dada.it 14. RIVISTE. "LA RIVISTA DEL MANIFESTO" E' in edicola in questi giorni e fino a venerdi, in supplemento al quotidiano "Il manifesto", "La rivista del manifesto", il bel mensile di approfondimento diretto da Lucio Magri (in rete: www.larivistadelmanifesto.it); si apre con un ricordo di Sergio Garavini, seguono testi di Magri, Raniero La Valle, Isidoro Mortellaro, Gino Barsella e Jean-Leonard Touadi, Perry Anderson, Franco Fortini, Andre' Brie, Maurizio Matteuzzi, Hermann Sheer, Giuseppe Chiarante, Enrico Pugliese, Maurizio Zipponi, David Bidussa. 15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA FRANCESCO SANTANERA A SASKIA SASSEN * FRANCESCO SANTANERA Profilo: impegnato nell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie, e nell'Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale. Opere di Francesco Santanera: Il paese dei celestini (a cura di, con Bianca Guidetti Serra), Einaudi; Assistenza, emarginazione e lotta di classe (con G. Alasia, G. Freccero, M. Gallina), Feltrinelli; Vecchi da morire (con Maria Grazia Breda), Rosenberg & Sellier. * ENZO SANTARELLI Profilo: storico, nato ad Ancona nel 1922, docente di storia contemporanea all'Università di Urbino, ha preso parte alla Resistenza. Opere di Enzo Santarelli: La rivoluzione femminile, Parma 1950; Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1959; La revisione del marxismo in Italia, Milano 1964; Storia sociale del mondo contemporaneo, Milano 1982; Storia critica della repubblica. L'Italia dal 1945 al 1994, Milano 1996. * UMBERTO SANTINO Profilo: ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni uno dei militanti democratici più impegnati contro la mafia ed i suoi complici. È uno dei massimi studiosi di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalità. Opere di Umberto Santino: La violenza programmata, L'impresa mafiosa, Gabbie vuote, presso Angeli, Milano; Dietro la droga, Edizioni Gruppo Abele, Torino; L'antimafia difficile, La borghesia mafiosa, Casa Europa, La mafia come soggetto politico, Sicilia 102, Oltre la legalità, presso il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo; La mafia interpretata, La democrazia bloccata, L'alleanza e il compromesso, presso Rubbettino, Soveria Mannelli; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma; La cosa e il nome, Rubbettino, Soveria Mannelli. Indirizzi utili: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, e-mail: csdgi at tin.it * ANTONIO SANTONI RUGIU Profilo: docente universitario di pedagogia, direttore della rivista "Scuola e città". Opere di Antonio Santoni Rugiu: tra le sue molte pubblicazioni segnaliamo Guida alle scienze dell'educazione, Sansoni, Firenze 1974; Storia sociale dell'educazione, Principato, Milano 1987. * CHIARA SARACENO Profilo: illustre sociologa Opere di Chiara Saraceno: segnaliamo almeno Dalla parte della donna, De Donato, Bari 1971. * JOSE' SARAMAGO Profilo: scrittore portoghese di forte impegno civile, premio Nobel per la letteratura nel 1998. * MICHELE SARFATTI Profilo: nato nel 1952, lavora presso il "Centro di documentazione ebraica contemporanea", è membro della commissione governativa di indagine su cosa è accaduto ai beni degli ebrei in Italia durante la persecuzione. Opere di Michele Sarfatti: Mussolini contro gli ebrei, Zamorani, 1944; Gli ebrei nell'Italia fascista, Einaudi, 2000. * NATHALIE SARRAUTE Profilo: scrittrice francese, deceduta nell'ottobre 1999. * DIANA SARTORI Profilo: filosofa, fa parte della comunità filosofica femminile "Diotima" e della comunità scientifica femminile "Ipazia". Opere di Diana Sartori: ha contribuito a vari volumi collettanei, tra cui: Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990; Autorità scientifica, autorità femminile, Editori Riuniti, Roma 1992; Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995. * JEAN-PAUL SARTRE Profilo: nato a Parigi nel 1905, scomparso nel 1980, filosofo, scrittore, simbolo dell'intellettuale impegnato. Nel 1964 rifiutò il Nobel per la letteratura. Opere di Jean-Paul Sartre: dal punto di vita che qui più ci interessa segnaliamo almeno: tra i testi filosofici L'essere e il nulla, L' esistenzialismo è un umanismo, Critica della ragion dialettica; tra i testi letterari e drammaturgici: Le mani sporche; tra i testi critici e politici: L'Antisemitismo. Opere su Jean-Paul Sartre: per la biografia cfr. Annie Cohen-Solal, Sartre, Il Saggiatore; ovviamente si veda anche l'opera autobiografica di Simone de Beauvoir; per un'introduzione al pensiero filosofico cfr. Sergio Moravia, Introduzione a Sartre, Laterza. * SASKIA SASSEN Profilo: sociologa, docente in varie università americane. Opere di Saskia Sassen: Città globali, Utet, Torino 1997; Fuori controllo, Il Saggiatore, Milano 1998; Le città nell'economia globale, Il Mulino, Bologna 1998; Migranti, Feltrinelli, Milano 1999. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 247 del 3 ottobre 2001
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