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La nonviolenza e' in cammino. 240
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 240
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Wed, 26 Sep 2001 12:13:35 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 240 del 26 settembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Peppe Sini: tre cose da preparare, subito 2. War Resisters International: appello per l'obiezione di coscienza alla guerra e ai preparativi bellici 3. Michele Di Schiena, preoccupazione "infinita" 4. Yukari Saito, qualcuno sa spiegarmi... 5. Ettore Masina, il sole oscurato 6. Mumia Abu-Jamal: "perche' ci odiano cosi' tanto?" 7. Lorenzo Milani: e noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana? 8. Virginia Woolf: il modo migliore per aiutarvi a prevenire la guerra 9. Enrico Peyretti, Genova 10. Giovanni Benzoni, primo salone dell'editoria di pace in Italia 11. Una proposta dal gruppo di lavoro "Impronta ecologica" della Rete di Lilliput 12. Letture: Alessandra Calzi, L'interculturalita' nella scuola elementare 13. Letture: Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci 14. Letture: Margot Waddell, Mondi interni 15. Benito D'Ippolito, dopo l'esecuzione (della minaccia di Mr Rumsfeld) 16. Per studiare la globalizzazione: da Anna Rossi-Doria a Sheila Rowbotham 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. UN APPELLO. PEPPE SINI: TRE COSE DA PREPARARE, SUBITO Siamo a un passo dall'inizio di una guerra mondiale. Il governo italiano, violando la Costituzione, ci sta trascinando in una follia di cui nessuno sa prevedere gli esiti, che possono essere apocalittici. Occorre prepararci ad organizzare una opposizione efficace che si colleghi all'opposizione di tutte le donne e gli uomini di volonta' buona che hanno a cuore il futuro della civilta' umana. Non bastano le iniziative testimoniali ed ininfluenti; occorre difendere concretamente la legalita' costituzionale, il diritto internazionale, la vita delle persone minacciate dalla guerra, la dignita' nostra e di tutti gli esseri umani. Tre cose occorre preparare subito, bene, ovunque, capillarmente, con la massima limpidezza, consapevolezza, responsabilita', onesta' intellettuale e morale, per difendere la legalita' e la pace, contro il terrorismo da chiunque agito, contro ogni guerra, per impedire un ulteriore crimine che puo' scatenare una catastrofe di proporzioni inimmaginabili; occorre preparare subito: 1. l'azione diretta nonviolenta per contrastare operativamente la macchina bellica; 2. la disobbedienza civile di massa per rendere inefficace il potere di chi avra' commesso il reato di alto tradimento della Costituzione della Repubblica Italiana: nessuno sia complice degli stragisti, nessuno sia complice dei fedifraghi, nessuno sia complice dei fuorilegge che vorranno infrangere il fondamento del nostro ordinamento giuridico e trascinarci nell'orrore; 3. lo sciopero generale contro la guerra per bloccare il paese e ricondurre alla ragione il governo, il parlamento ed il presidente della Repubblica qualora commettessero il crimine di violare la Costituzione e precipitarci nella catastrofe bellica. 2. UN APPELLO. WAR RESISTERS INTERNATIONAL: APPELLO PER L'OBIEZIONE DI COSCIENZA ALLA GUERRA E AI PREPARATIVI BELLICI [Riceviamo e volentieri diffondiamo questo appello di una delle piu' importanti organizzazioni pacifiste e nonviolente internazionali, la WRI (War Resisters International), cui aderisce anche il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, che ne e' la sezione italiana (per contatti: e-mail: azionenonviolenta at sis.it; sito: www.nonviolenti.org)] L'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI), una rete internazionale di organizzazioni pacifiste con 80 sezioni in piu' di 40 paesi, lancia un appello per l'obiezione di coscienza in vista dei preparativi bellici intrapresi dalla NATO, dall'Afghanistan e da molti altri paesi. Sebbene ancora sconvolti dagli attacchi terroristici dell'11 settembre al World Trade Centre e al Pentagono, siamo profondamente convinti che una guerra di ritorsione andra' solo ad alimentare il circolo della violenza. Combattere il crimine dell'attacco terroristico con il crimine del bombardamento e dell'uccisione di persone ugualmente innocenti non serve a "pareggiare i conti", ma solo a sommare sofferenza a sofferenza. Noi chiediamo una giustizia senza guerra. E' responsabilita' di ciascuno di noi opporsi alla guerra e ai suoi preparativi. In questa situazione: - l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti i soldati - per qualsiasi forza siano chiamati a combattere - di dare ascolto alla loro coscienza e di rifiutarsi di partecipare ai preparativi bellici o alla guerra: disobbedire agli ordini, appellarsi alla possibilita' di obiettare, disertare, dire no! - l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti coloro che sono implicati nei preparativi bellici, tanto a livello amministrativo quanto nelle fabbriche: disobbedite agli ordini, dite no! - l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) fa appello ai giornalisti e ai media, cui si richiede di sostenere i preparativi bellici e di promuovere la guerra, affinche' si rifiutino di farlo, insistano a scrivere la verita', dicano no! - l'Internazionale dei Resistenti alla Guerra (WRI) chiede a tutti i suoi membri e a ciascuno, di sostenere questo rifiuto di prendere parte alla guerra e ai suoi preparativi, e di impegnarsi in azioni dirette nonviolente di resistenza alla guerra. 3. RIFLESSIONE: MICHELE DI SCHIENA: PREOCCUPAZIONE "INFINITA" [Michele Di Schiena e' magistrato a Brindisi; questo suo intervento ci e' stato trasmesso da Giancarlo Canuto, per contatti: giancanuto at inwind.it] L'hanno chiamata "giustizia infinita" l'operazione di guerra contro il terrorismo intrapresa dagli Stati Uniti con l'invio di centinaia di aerei da bombardamento nel Golfo Persico. E' una operazione che si sa da dove viene, e cioe' dal centro del potere politico-militare americano, ma non si sa dove va, come fa temere l'aggettivo "infinita" che, aggiunto alla parola "giustizia", la qualifica per una vastita' spaziale e temporale senza limiti, per una pervasivita' che puo' fare innumerevoli vittime innocenti ed accrescere (come sta gia' avvenendo in Afghanistan) la miseria e la disperazione di popoli interi, per una intensita' che non esclude l'impiego di strumenti terribili di morte e di devastazione ambientale, e per una indeterminatezza che si sottrae ad ogni controllo e che puo' consentire (come e' stato candidamente detto in sedi autorevoli) attivita' "sporche" dei servizi segreti fatte di destabilizzazioni, complotti, attentati, colpi di stato, uccisioni. Ma se l'aggettivo preoccupa, il sostantivo allarma perche' non ci sono, almeno per ora, risposte convincenti e rassicuranti alla domanda di quale giustizia si tratti. Una domanda alla quale non si puo' non rispondere considerando il quesito un lusso non consentito di fronte alla efferatezza delle aggressioni terroristiche. E nemmeno si dovrebbe rispondere identificando la giustizia con le proprie ragioni, per quanto valide, e con la propria forza, per quanto posta al servizio di quelle ragioni, senza indicare di questa giustizia i contenuti, gli strumenti e gli obiettivi piu' immediati. La coscienza del mondo civile concepisce oggi la giustizia, elevata peraltro dalla dottrina cristiana ad una delle quattro virtu' cardinali, come la scelta e la volonta' di riconoscere e rispettare il diritto dei singoli uomini e delle comunita' mediante l'attribuzione di quanto e' ad essi riconosciuto e dovuto secondo la ragione e la morale. Ma la giustizia e' anche, su di un piano normativo, la conformita' dei comportamenti dei cittadini e degli stati al diritto interno ed a quello internazionale, codificato o consuetudinario. Ed e' infine, in una ottica specificatamente punitiva, il potere di giudicare secondo legge ed equita' e di infliggere sanzioni da parte di organi imparziali e sereni. Ora, come si pone la "giustizia infinita" di Bush rispetto ai tre indicati livelli (morale, giuridico e punitivo) di una Giustizia che per la sua natura deve essere sempre super partes e che non puo' essere "infinita" (in termini di valore lo e', per i credenti, solo quella di Dio) per non degenerare in un arbitrio dovuto all'assenza di regole, limiti e confini? Ed ancora: quali devono essere gli strumenti per assicurare alla giustizia i responsabili dei terribili atti terroristici? Saranno rispettati gli statuti dei singoli stati ed il diritto e le convenzioni internazionali in materia di delitti contro l'umanita' e di conflitti bellici? Saranno gli organi di giustizia internazionale quelli chiamati a giudicare sulla validita' delle prove ai fini della incriminazione, prima, e della condanna, poi, delle persone indiziate degli atti di terrorismo? Saranno questi organi a decidere in merito alle responsabilita' di soggetti di diritto internazionale per il loro eventuale coinvolgimento, diretto o indiretto, negli attentati? Questi interrogativi, si sa, fanno storcere il naso e, forse, mandano in bestia quanti stanno vivendo una specie di truce passione per la guerra che, rompendo ogni argine di ragionevolezza e di prudenza, emerge incredibilmente anche su bocche di solito traboccanti di parole in difesa della vita e, soprattutto, della vita nascente. Ma i fatti sono argomenti testardi ed insegnano che il terrorismo va combattuto non solo sul piano repressivo ma anche su quello della rimozione delle cause politiche e sociali che rendono fertile il terreno di degrado e di miseria sul quale il nefando fenomeno attecchisce. E la storia ed il buon senso insegnano anche che la repressione dei gravi fenomeni di criminalita' e di terrorismo non puo' mai giustificare la sospensione del diritto, l'indebolimento dei diritti e l'"affievolimento" della democrazia: una sospensione che in questa congiuntura storica, rapportandosi al carattere "infinito" della operazione di "giustizia", potrebbe diventare anch'essa "infinita" e sostanzialmente coincidente con la cancellazione di conquiste di civilta' che si ritenevano per sempre acquisite. La speranza e' che le forze disarmate della giustizia e della pace abbiano ancora qualcosa da dire per fermare un vortice di violenze che puo' spostare indietro le lancette sull'orologio della storia. 4. RIFLESSIONE: YUKARI SAITO: QUALCUNO SA SPIEGARMI... [Ringraziamo di cuore Yukari Saito per questo intervento. Yukari Saito e' una giornalista e saggista giapponese che vive nel nostro paese e scrive per importanti testate, tra cui l'ottima "Internazionale". Per contatti: yukaris at tiscalinet.it] Qualcuno sa spiegarmi come mai fino a ieri Bush ha aspettato a confiscare i beni dei terroristi? Ne' con Bush ne' con i terroristi, bensi' con i nordamericani che rifiutano la logica della guerra e del terrorismo. Ecco, abbiamo anche questa scelta che certamente non calpesta le vittime di New York e di Washington ne' puo' essere bollata come "anti-americana". Noi abbiamo bisogno di loro e loro di noi. E questa nostra lotta sara' contro ogni violenza, sara' la prima lotta mondiale contro la violenza, infinita molto piu' della guerra di Bush e di Bin Laden. 5. RIFLESSIONE. ETTORE MASINA: IL SOLE OSCURATO [Questo articolo di Ettore Masina apparira' sul settimanale dell'Azione Cattolica, "Segno nel mondo". Ettore Masina e' un prestigioso giornalista e un uomo attivamente impegnato nella solidarieta' concreta e per la pace. Per contatti: ettore.mas at libero.it] "C'e' un tempo per piangere e uno per gioire" dice il Qoelet, in un lungo elenco delle possibili vicende della storia. Ma c'e' un tempo che lo scrittore biblico non aveva previsto ed e' il tempo dell'orrore e della confusione. E' il tempo che stiamo vivendo. Anche quando il Qoe'let fu composto, 2200 anni fa, la storia aveva pagine sanguinose: ma tutto era (o sembrava) chiaro: l'eroismo e la ferocia, i volti degli uccisori e quelli delle vittime, i loro nomi, le conseguenze di una strage. Oggi conosciamo veramente soltanto la crudelta' del massacro, le emozioni che abbiamo provato davanti alle immagini televisive, i sentimenti che si agitano ancora in noi, la confusa certezza, dell'imminenza di una bufera nella quale potremmo essere coinvolti come foglie secche. Il primo superstite dell'orrore delle Torri che ho visto comparire sul mio teleschermo era un negro, anziano, con un cappello a visiera. Che fosse un negro, lo si scopriva soltanto guardando i suoi lineamenti, una polvere compatta lo aveva rivestito di un bianco spettrale. L'uomo portava occhiali e anche le lenti di quegli occhiali erano rese opache dalla polvere. Tuttavia egli non accennava a pulirle. Sembrava che non volesse piu' vedere, che andasse avanti come un automa e difatti sul suo volto non c'era altra espressione che quella dello smarrimento. Penso che camminasse cercando un luogo per dimenticare. E anch'io vorrei camminare con lui, ma quel luogo non c'e'. Siamo tutti costretti a ricordare. Ma ricordare non puo' voler dire rimanere incapsulati in uno choc che ci impedisca di pensare e di agire razionalmente. Nelle lunghe ore in cui sono rimasto, come centinaia di milioni di persone di tutta la Terra, seduto davanti al televisore, quasi ipnotizzato, guardando quel cielo senza luce mi e' capitato di ripensare a un verso di Shakespeare: "Questo mattino reca una lugubre pace. Il sole, per il dolore, non vuole mostrare il suo volto". Quel verso sta in "Romeo e Giulietta", tenera storia di due giovani sposi ma anche terribile racconto di un odio insensato; e certo la parola "pace" voleva dire silenzio stupefatto, orrore, senso di inermita' davanti a un tetro capolavoro del male. E' la "pace" che in queste ore inchioda anche noi: qualcuno in preghiera, qualcun altro ai tavoli su cui i generali distendono le carte geografiche e scelgono dove colpire, qualcun altro, infine - i piu' - in una fonda paura, paralizzante. La tragedia contemplata in diretta sui nostri teleschermi sembra prepararne un'altra, piu' vasta, planetaria. Ancora una guerra nella storia dell'umanita'. Penso che non possiamo dimenticare la tragedia ma dobbiamo "leggerla" in tutti i suoi aspetti. Non soltanto, dunque, l'odio e la strage: ma anche la generosita' con la quale il popolo di New York si e' mosso subito, cercando in tutti i modi di esprimere una solidarieta' attiva per le vittime del massacro e per le loro famiglie. E' un esempio di fraternita' ma e' anche un'indicazione politica e di sanita' psicologica. Come scrisse Sigmund Freud a Einstein poco prima del secondo conflitto mondiale, alla distruttivita' della propensione alla guerra si deve rispondere mobilitando l'Eros, l'amore; e il fondatore della psicoanalisi citava il vangelo: "Ama il prossimo tuo come te stesso". Che e' l'esatta antitesi del terrorismo, il quale travolge nella stessa morte i suoi autori e le loro vittime. E' soltanto con l'amore che si puo' vincere l'odio. I governanti e i generali non vogliono capire che non e' con le armi che si sradichera' il terrorismo: ci sara' sempre qualche disperato o qualche fanatico che decidera' di diventare una bomba umana. Le Torri erano gia' state attaccate (6 morti, 150 feriti) nel 1993 da un uomo - fu detto - di bin Laden. Due anni piu' tardi una setta fondamentalista "cristiana" americana fece saltare un grattacielo di Oklahoma City: 168 morti, 500 feriti. Quando (e se) bin Laden sara' stato preso e, come merita, esemplarmente punito per il suo crimine contro l'umanita', sara' fatta giustizia ma sradicata soltanto una delle spaventose minacce che gravano sulla nostra civilta'. La guerra puo', forse, distruggere alcuni governi favoreggiatori del terrorismo, ma non deve toccarne i popoli. Se la nostra civilta' rispondera' alla orribile strage delle Torri con altre stragi anche numericamente maggiori, come e' proprio di ogni guerra, non soltanto sara' compiuto un peccato mortale collettivi ma sara' piu' facile al terrorismo nascere e muoversi in un panorama popolare di odio accresciuto. Il miliardario bin Laden (tale per attivita' capitalistiche negli Stati Uniti, in Giappone, in Norvegia, etc.) non rappresenta il Sud dei poveri. E' una scheggia impazzita dell'Islam e una persona che puo' permettersi il lusso di tessere una gigantesca rete di fanatici nel cuore stesso dell'impero americano. Ma non e' un emissario dei poveri e non si cura del loro destino. Lo spinge il fanatismo religioso, non lo spirito di giustizia. Colpire il Sud dei poveri per distruggere il suo invisibile impero, significherebbe compiere uníimmensa ingiustizia. "Rawa", l'associazione delle donne afghane in esilio, ha pubblicato un appello in cui dice: "Il governo degli USA e il popolo americano devono sapere che c'e' una grande differenza tra la gente povera e martoriata dell'Afghanistan e i terroristi criminali Talebani e Jehadi. (...) Attaccare l'Afghanistan e uccidere la sua gente piu' derelitta e sofferente, non alleviera' in alcun modo il lutto del popolo americano". Non aumentera' la sicurezza del Nord. Quando sono andato a controllare la citazione di Shakespeare, ho trovato che, subito dopo l'immagine del sole che non vuole vedere il massacro e dopo il grido: "Povere vittime del nostro odio!", egli conclude la tragedia con un incitamento rivolto alla folla che va addensandosi intorno ai corpi esanimi dei protagonisti: "Partiamo di qua per parlare piu' a lungo di questi tristi eventi". Io credo che sia un consiglio che ci riguarda. E' impossibile cercare di ragionare sui luoghi della strage, mentre riviviamo la tragedia del bambino che la madre strinse al seno mentre l'aereo su cui viaggiavano si schiantava su una delle torri o quella del marito che sapendo di dover morire entro pochi attimi telefono' alla moglie chiedendo "Sono andate a scuola le bambine? Io vi amo, tu lo sai che voi siete tutto il mio amore"; o contemplando per l'ennesima volta le immagini delle decine di persone che si gettarono impazzite dalle finestre dei grattacieli. E' necessario scostarsi un po', non permettere che il lutto offuschi la nostra vista perche' il lutto, talvolta, genera mostri, violenza, desiderio di vendetta. E' necessario sapere che tutto e' cambiato per noi, gente del Nord; aggredita nella nostra isola di benessere in mezzo a un oceano di disperazione; ma nulla e' cambiato per la miseria del Sud. Oggi il Sud sembra soltanto, sulle pagine dei giornali e nei torrenti di parole che escono dai teleschermi, una giungla da bonificare non con i trattori e con gli aratri ma con le armi piu' sofisticate; un cuore di tenebre da colpire a morte. Follia! Gli studenti di Berkeley scrivono sui cartelli delle loro manifestazioni pacifiste una frase di Gandhi: "Occhio per occhio rende cieco il mondo". Noi che ci sforziamo di guardare la Terra con gli occhi del vangelo dobbiamo, dopo la sosta sulle tombe, riprendere il lavoro per un mondo piu' giusto. Dobbiamo reimparare l'amore e il coraggio dell'amore. Dobbiamo testardamente aprire il cuore ai poveri, volere per loro una giustizia che non e' quella "infinita" reclamata dai potenti offesi ma il diritto alla vita, alla dignita' e alla liberta' di tutti gli esseri umani. 6. RIFLESSIONE. MUMIA ABU-JAMAL: "PERCHE' CI ODIANO COSI' TANTO?" [Mumia Abu-Jamal e' un illustre giornalista afroamericano, scrittore, militante per i diritti, detenuto in attesa di esecuzione capitale a seguito di un processo fondato su menzogne, pregiudizi razzisti e scandalose irregolarita'. Per salvare la sua vita da anni e' in corso una mobilitazione dell'opinione pubblica mondiale. Questo articolo e' apparso in Italia sul quotidiano "Il manifesto" del 25 settembre] Al telefono, la voce della donna era tremolante come se piangesse, mentre implorava il conduttore del talkshow di spiegarle "Perche', perche' ci odiano tanto?". La sua domanda risuona come un'eco nella coscienza di milioni di americani, che guardano la carneficina del World Trade Center, tremano al pensiero stesso dell'audacia con la quale e' stata perpetrata e ancora si chiedono "Perche'?". E' un tipo di reazione tipicamente americana, tutt'uno con una cultura che non ha ieri, ma solo un domani, costituito da generi di conforto, gelati dietetici e macchine di lusso. La storia, per milioni di americani, e' John Wayne o i tanto decantati Padri fondatori, senza macchia ne' paura. La gran parte del mondo esterno non li interessa, poiche' gli altri sono i sudditi dell'Impero, e come tali sacrificabili. Le loro storie, pur profondamente intrecciate con quella degli Stati Uniti, non hanno grande importanza. Da qui l'interrogativo "Perche'?". Questa ignoranza, quasi volontaria, di milioni di americani permette loro di guardare all'attacco della Uss Cole e ai dirottamenti degli aerei di linea dell'11 settembre e di chiedersi "perche'". Se voi, lettori, non volete ricevere una risposta a questa domanda retorica, sentitevi liberi di voltare pagina, perche' la risposta dell'autore non vi piacera'. Gli attacchi aerei alle torri del World Trade Center e al Pentagono non hanno avuto inizio l'11 settembe 2001. E neppure sono stati, come suggerito in modo disinvolto da alcuni politici, "una guerra contro la civilizzazione". Ma non e' il mestiere dei politici informare. E' il compito dei media, ma la loro principale preoccupazione e' vendere, e quindi non vogliano sconvolgere i lettori. La loro responsabilita' primaria non e' nei confronti dei lettori ma dei proprietari, o degli azionisti. Ed e' nell'interesse del complesso militare industriale che milioni di persone restino malinformate o disinformate del tutto. I voli suicidi su New York, Washington e Pennsylvania hanno avuto origine nei monti dell'Afghanistan, nella guerriglia, durata dieci anni, contro l'allora Unione Sovietica. La guerra era sostenuta e aiutata dalla Cia, che ha versato miliardi di dollari nelle tasche dell'insurrezione antisovietica. Il risultato? Un sociologo algerino disse a un giornalista americano ad Algeri "il tuo governo ha partecipato alla creazione di un mostro" e poi ha aggiunto "Ora si e' rivoltato contro di voi e contro il mondo... 16.000 arabi sono stati addestrati in Afghanistan, trasformato in una vera e propria macchina da guerra" ("Los Angeles Times", 4 settembre '96). Gli ha fatto eco un diplomatico Usa in Pakistan che ha detto: "Questo e' un esempio mal riuscito di un gallo che torna a cantare nel pollaio. Non si possono immettere miliardi di dollari in una jihad anticomunista, coinvolgere il mondo intero e poi ignorarne le conseguenze. Ma noi lo abbiamo fatto. I nostri obiettivi non erano la pace e lo sviluppo in Afghanistan. Il nostro scopo era uccidere i comunisti e buttare fuori i russi" ("Los Angeles Times", 4 settembre '96). Come hanno fatto gli afghani a pagare per avere le armi, in un paese cosi' povero e devastato dalla guerra? Quante persone sanno che l'Afghanistan e' il paese maggior produttore di eroina al mondo? A corto di liquidi, i mujaheddin afghani scambiavano eroina contro armi con i fornitori della Cia, dando vita cosi' al "Golden Crescent" il circuito islamico dell'eroina. Quando i sovietici furono cacciati e la guerra fini', i ribelli si guardarono attorno e si accorsero che non l'Urss ma gli Usa dominavano la regione. Si accorsero della presenza militare statunitense nei luoghi sacri dell'Arabia Saudita, del sostegno Usa agli stati antidemocratici, della devastazione dell'Iraq e dell'appoggio unilaterale ad Israele, ottenuto a spese dei palestinesi assediati. E quando si sono messi a studiare gli Stati Uniti, si sono accorti delle forti somiglianze imperialiste con i sovietici. L'Afghanistan, uno dei luoghi piu' poveri e devastati del mondo, ha una popolazione maschile con un'aspettativa media di vita di 46 anni (45 per le donne). Ha un tasso di alfabetizzazione del 29%. Guarda alla tronfia opulenza americana, al dominio globale dell'impero statunitense, e va in collera. Questo divario nazionalista, culturale, religioso e di classe alimenta un profondo e durevole astio nei confronti del dominio americano. L'umiliazione, sentimento col quale il mondo islamico ha dovuto familiarizzare fin dalla caduta dell'impero ottomano nel 1922 e poi con l'era coloniale fino alla meta' del ventesimo secolo, costituisce una forza potentissima. Essa porto' un uomo tedesco, umiliato, sull'orlo della conquista del mondo dopo la prima guerra mondiale. Non e' quindi cosa da prendersi alla leggera. L'Afghanistan potrebbe portare a un altro punto di svolta nella storia del mondo e per questa ragione tutti noi dobbiamo imparare a conoscerlo. 7. MAESTRI. LORENZO MILANI: E NOI STIAMO QUI A QUESTIONARE SE AL SOLDATO SIA LECITO O NO DISTRUGGERE LA SPECIE UMANA? [Questo brano dalla "lettera ai giudici" del 18 ottobre 1965 di don Milani si trova alle pp. 60-62 de L'obbedienza non e' piu' una virtu', LEF, Firenze. Lorenzo Milani: nato a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinerà il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui deriverà il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non è più una virtù. Muore dopo una lunga malattia nel 1967: è appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non è più una virtù, Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (LEF). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma - Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La EMI ha appena pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L' insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, LEF, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Un repertorio bibliografico sintetico è in Peppe Sini, Don Milani e l'educazione alla pace, CRP, Viterbo 1998. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di libertà, supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, ECP, S. Domenico di Fiesole 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (BG) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualità, LEF, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998. Indirizzi utili: Centro di documentazione Don Milani, c/o biblioteca comunale, Vicchio di Mugello (FI); Centro nuovo modello di sviluppo, via della barra 32, 56019 Vecchiano (PI); Edoardo Martinelli: martinelli at dada.it; Giorgio Pecorini, piazza Libertà 21, 53031 Casole d'Elsa (SI); molti materiali di e su don Milani sono nel sito http://www.etruria.org/nonsololibri/milani] Che io sappia nessun teologo ammette che un soldato possa mirare direttamente (si puo' ormai dire esclusivamente) ai civili. Dunque in casi del genere il cristiano deve obiettare anche a costo della vita. Io aggiungerei che mi pare coerente dire che a una guerra simile il cristiano non potra' partecipare nemmeno come cuciniere. Gandhi l'aveva gia' capito quando ancora non si parlava di armi atomiche. "Io non traccio alcuna distinzione tra coloro che portano le armi di distruzione e coloro che prestano servizio di Croce Rossa. Entrambi partecipano alla guerra e ne promuovono la causa. Entrambi sono colpevoli del crimine della guerra" (Non-violence in peace and war. Ahmedabad 14 vol. 1). A questo punto mi domando se non sia accademia seguitare a discutere di guerra con termini che servivano gia' male per la seconda guerra mondiale. Eppure mi tocca parlare anche della guerra futura perche' accusandomi di apologia di reato ci si riferisce appunto a quel che dovranno fare o non fare i nostri ragazzi domani. Ma nella guerra futura l'inadeguatezza dei termini della vostra teologia e della vostra legislazione e' ancora piu' evidente. E' noto che l'unica "difesa" possibile in una guerra di missili atomici sara' di sparare circa 20 minuti prima dell'"aggressore". Ma in lingua italiana lo sparare prima si chiama aggressione e non difesa. Oppure immaginiamo uno Stato onestissimo che per sua "difesa" spari 20 minuti dopo. Cioe' che sparino i suoi sommergibili unici superstiti d'un paese ormai cancellato dalla geografia. Ma in lingua italiana questo si chiama vendetta non difesa. Mi dispiace se il discorso prende un tono di fantascienza, ma Kennedy e Krusciov (i due artefici della distensione!) si sono lanciati l'un l'altro pubblicamente minacce del genere. "Siamo pienamente consapevoli del fatto che questa guerra, se viene scatenata, diventera' sin dalla primissima ora una guerra termonucleare e una guerra mondiale. Cio' per noi e' perfettamente ovvio" (lettera di Krusciov a B. Russell, 23 ottobre 1962). Siamo dunque tragicamente nel reale. Allora la guerra difensiva non esiste piu'. Allora non esiste piu' una "guerra giusta" ne' per la Chiesa ne' per la Costituzione. A piu' riprese gli scienziati ci hanno avvertiti che e' in gioco la sopravvivenza della specie umana. (Per esempio Linus Pauling, premio Nobel per la chimica e per la pace). E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o no distruggere la specie umana? 8. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: IL MODO MIGLIORE PER AIUTARVI A PREVENIRE LA GUERRA [Questo brano e' tratto dalla conclusione delle "Tre ghinee". Virginia Woolf: scrittrice tra le più grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue opere letterarie scrisse saggi di cui alcuni fondamentali per una cultura della pace. Morì suicida nel 1941. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un' edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) è stata recentemente pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma. Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per sé, Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987. Opere su Virginia Woolf: Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Manconi Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980] Il modo migliore per aiutarvi a prevenire la guerra non e' di ripetere le vostre parole e seguire i vostri metodi, ma di trovare nuove parole e inventare nuovi metodi. Non e' di entrare nella vostra associazione, ma di rimanere fuori pur condividendone il fine. E il fine e' il medesimo: affermare "il diritto di tutti - di tutti gli uomini e di tutte le donne - a vedere rispettati nella propria persona i grandi principi della Giustizia, dell'Uguaglianza e della Liberta'". 9. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: GENOVA [Questa meditazione di Enrico Peyretti, scritta in agosto, e' apparsa su "Rocca" del 15 settembre, insieme ad un altro suo stupendo testo, a p. 58. Per contatti con Enrico Peyretti, uno dei piu' lucidi e limpidi costruttori di pace: peyretti at tiscalinet.it; per contatti con "Rocca", una delle migliori riviste di informazione: rocca at cittadella.org] Genova e' stato un trauma profondo, psicologico e civile, per i moltissimi che vi hanno partecipato con le piu' giuste e pulite intenzioni. Pochi complici neri della grande violenza sistematica fingevano di opporvisi col distruggere la citta'. La quasi totalita' dei manifestanti agiva con la passione per la giustizia mondiale, senza alcuna violenza, ed ha subito molta violenza. Sento persone pure e limpide contaminate dalla rabbia e dall'odio per cio' che hanno visto, per lo scandalo civile sofferto, per il terrore patito. E tutto questo da parte di chi deve garantire la legge della convivenza civile. E' inevitabile porre il problema di troppa mentalita' fascista, esibita senza pudore, tra le forze dell'ordine. Diversi giovani manifestanti hanno parlato di "innocenza perduta". Il trauma e' noto a quelli di noi che ricordano la guerra: il terrore che viene dall'alto (i bombardamenti allora; i lacrimogeni sparati dagli elicotteri rombanti a bassa quota a Genova); il veder uccidere vite umane (la morte ovunque in guerra, la morte di un ragazzo in piazza a Genova, dove si e' visto picchiare in modi che per un nulla potevano essere mortali, quindi rivelavano direttive e animi disposti ad uccidere); il provare di persona o sapere di offese profonde ai corpi, all'intimita', alla dignita'; il vedere qualcuno in totale balia di chi lo puo' anche uccidere. Come dice Simone Weil, questi non e' morto, non e' ancora ridotto ad una cosa, ma e'soggetto al potere di chi puo' "mutare in cosa un uomo che resta vivo. E' vivo, ha un'anima; e', nondimeno, una cosa. (...). L'anima non e' fatta per abitare una cosa: quando vi sia costretta, non vi e' piu' nulla in essa che non patisca violenza. (.). Si tratta di un'altra specie umana, un compromesso tra l'uomo e il cadavere" (Simone Weil, L'Iliade, poema della forza). Sentirsi in questa condizione, veder colpire, offendere, minacciare persone inermi e innocue, toglie senso all'esistenza. Sono necessarie risorse molto grandi e ricuperi interiori enormi per credere di nuovo alla vita e dedicarsi a migliorarla. Chi ha assistito allo scandalo della violenza disumanizzante e' colpito da un trauma, piu' o meno forte, ma di questa orrenda qualita'. Questo danno umano e sociale profondo non e' abbastanza considerato nei commenti correnti. Il pericolo, davvero mortale, e' che chi viene cosi' violentato nell'anima, si inchini alla violenza riconoscendola regina del mondo e della storia. E cio', o con la rinuncia rassegnata, fino ad accettare o servire il potere violento, oppure col lasciar degenerare il dolore e l'indignazione in odio, avviandosi a rispondere, all'occasione, con l'anti-violenza, che e' violenza duplicata, trionfo della violenza che si vorrebbe negare. Contro il veleno dell'odio abbiamo solo la verita' e la compassione: la maggior verita' possibile, la forza che viene del cercare la verita' (satyagraha, forza gandhiana), la verita' dei fatti, la verita' nei pensieri e negli atti; la compassione attiva anche per chi e' preda della violenza (poliziotto o ribelle che sia), per proporgli la liberazione da quella condizione indegna di un essere umano. Il trauma di Genova e' di questa gravita', ma puo' essere dominato. Guardiamo al processo lungo, non all'evento puntuale. Il processo e' il lavoro multiforme e formicolare per costruire concrete relazioni di giustizia tra persone e popoli. Questo lavoro c'e' piu' di ieri, e' avviato, ha bisogno di tutte le nostre energie. 10. INIZIATIVE. GIOVANNI BENZONI: PRIMO SALONE DELL'EDITORIA DI PACE IN ITALIA [Da Giovanni Benzoni (responsabile del "progetto Iride" per la Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace; recapiti telefonici: 041.5206960, 328.2517362; e-mail: gbenzoni at tin.it) riceviamo e volentieri diffondiamo] Nell'ambito delle attivita' della "Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace", da qualche tempo e' stata avviata la realizzazione del "progetto Iride", formula tesa a racchiudere quelle attivita', iniziative e studi che piu' direttamente si riferiscono alle diverse realta' ed anime che formano anche in Italia e nel Veneto il "popolo della pace". Entro l'anno giungono a conclusione due iniziative che si annunciano di gran rilievo: - La pubblicazione del primo Annuario di pace in Italia per l'editore Asterios di Trieste (si tratta di un volume di non meno di 400 pagine con cronologie, studi, analisi, redatte da un gruppo di studiosi e giornalisti italiani e con la collaborazione di testata quali "Internazionale" e " Nigrizia" e il sito storico del pacifismo italiano "Peacelink"). - La realizzazione del primo salone dell'editoria di pace in Italia, "Fondaco di Venezia" che si terra' l'8 e 9 dicembre 2001 presso il Fondaco dei Tedeschi a Rialto. Quest'ultima iniziativa e' possibile grazie alla collaborazione di Poste Italiane che ha dato la disponibilita' al pieno utilizzo espositivo del Fondaco dei Tedeschi, consentendo cosi' un percorso del tutto inedito anche per i visitatori residenti in Venezia. Il supporto tecnico ed organizzativo e' garantito da VeneziaFiere, che in citta' rappresenta l'operatore piu' affidabile per tali iniziative di fieristica di nicchia. L'Annuario sara' ovviamente presentato nella degna cornice del Fondaco di Venezia. Il bilancio complessivo dell'operazione - comprensiva del salone e dell'annuario- e' dell'ordine dei cento milioni di cui solo venti sono gia' stati destinati dalla Fondazione alla realizzazione dell'iniziativa. Nella piu' rosea delle previsioni - i restanti 70-80 milioni saranno coperti in larga misura dai proventi degli spazi acquistati dagli espositori - che appartengono quasi tutti ad una realta' produttiva dalle molte esposizioni (economiche) e dagli scarsi ricavi -, e in parte minima dai proventi della vendita dell'annuario. Contiamo che i tre Enti fondatori della Fondazione (Comune di Venezia, Provincia di Venezia, Regione Veneto) cui abbiamo chiesto sia il patrocinio sia un contributo straordinario per la realizzazione del progetto rispondano con la ragionevolezza loro consueta, ma allo stato attuale non abbiamo che una deliberazione dell'Amministrazione Provinciale ed una assicurazione formale dell'Amministrazione Comunale. Nel frattempo da parte di Poste italiane abbiamo avuto la conferma della concessione per la realizzazione dei primo salone dell'editoria di pace in Italia della sede del Fondaco dei Tedeschi, non invece quella - che pure avevamo loro proposto - di essere lo sponsor unico dell'insieme del progetto Iride. Di qui, anche con un certo affanno, la richiesta di sostenere l'iniziativa con una opera di sponsorizzazione, che - ma non siamo noi a doverlo dire - presenta piu' di un fondato motivo di interesse (novita', per certi aspetti, assoluta nel panorama italiano sia dell'annuario sia del salone dell'editoria di pace; novita' dell'uso di tutto il Fondaco dei Tedeschi come "naturale" spazio espositivo; qualita' del pubblico gia' interessato - il cosiddetto "popolo della pace"; le potenzialita' di acquisire una nuova fetta di pubblico locale data la familiarita' del Fondaco dei tedeschi ). Suggeriamo infine anche la formula della "sponsorizzazione", vale a dire il contributo per far parte del gruppo di sponsorizzatori. 11. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DAL GRUPPO DI LAVORO "IMPRONTA ECOLOGICA" DELLA RETE DI LILLIPUT [Riceviamo e volentieri diffondiamo. Il sito della Rete di Llliput e' www.retelilliput.org; per contatti sull'argomento qui proposto: e-mail: r.brambilla at mclink.it] Proposta di indagine della Rete di Lilliput su cio' che si insegna nelle facolta' di economia italiane Il Gruppo di lavoro tematico "Impronta ecologica" della Rete di Lilliput ha preparato un questionario per effettuare una prima indagine qualitativa e non esaustiva sul tipo di impostazione economica che si insegna nelle facolta' italiane di economia. E' facile immaginare che se si continua a formare studenti che non sanno nulla circa i limiti biofisici della natura, sara' piuttosto difficile che in futuro si facciano passi avanti verso la sostenibilita'. La Rete di Lilliput, che si batte per una economia piu' giusta ed attenta al sistema naturale, con questa indagine vuole quindi contribuire a mettere in discussione a partire dal basso e con particolare attenzione agli studenti, l'attuale pensiero economico neoliberista che vede nel profitto a breve termine e nelle cosiddette leggi di mercato i pilastri del nostro sistema economico e della nostra societa'. Per fare questo, con la collaborazione dei "nodi" della Rete di Lilliput, intende: - effettuare una indagine su cio' che viene insegnato nelle Facolta' italiane di economia; - produrre un dossier (primi mesi del 2002) che ne riporti i risultati per poi presentarlo alla stampa, agli studenti stessi e al corpo docente; - effettuare - dopo una settimana dalla presentazione alla stampa - una azione "visibile" di sensibilizzazione presso le universita' (es.: banchetti e volantinaggi) per far conoscere i risultati e per diffondere libri ancora troppo poco noti su argomenti quali la sostenibilita', l'impronta ecologica, etc. Coloro che avessero vicino una facolta' di economia e fossero in contatto con studenti e professori "lillipuziani" e intendessero effettuare l'indagine possono richiedere a Roberto Brambilla (e-mail: r.brambilla at mclink.it) copia del testo del questionario da compilare. Non si tratta affatto di fare una indagine che prevede l'intervista di decine di studenti, si tratta di rispondere una sola volta e sulla base della propria esperienza di studio o di lavoro in facolta' alle domande del questionario. Il tempo a disposizione va da ottobre a novembre. 12. LETTURE. ALESSANDRA CALZI: L'INTERCULTURALITA' NELLA SCUOLA ELEMENTARE Alessandra Calzi, L'interculturalita' nella scuola elementare, Emi, Bologna 1999, pp. 128, lire 12.000. Un utile volumetto dell'ottima collana dei "Quaderni dell'interculturalita'" curata dal CEM (Centro Educazione alla Mondialita'). 13. LETTURE. PAUL ROAZEN: FREUD E I SUOI SEGUACI Paul Roazen, Freud e i suoi seguaci, Einaudi, Torino 1998, pp. 658, lire 54.000. Un assai utile lavoro del docente universitario di Toronto, importante storico della psicoanalisi. 14. LETTURE. MARGOT WADDELL: MONDI INTERNI Margot Waddell, Mondi interni, Bruno Mondadori, Milano 2000, pp. 226, lire 30.000. Un libro appassionante; l'autrice e' psicoanalista e consultant child psychotherapist presso l'Adolescent Department della prestigiosa Tavistock Clinic. 15. RIFLESSIONE. BENITO D'IPPOLITO: DOPO L'ESECUZIONE (DELLA MINACCIA DI Mr RUMSFELD) [Benito D'Ippolito ci invia questo falso sonetto - o sonetto impoverito - che scarta e scade di ritmo e di metro, perche' - e' ben noto - dopo Auschwitz ed Hiroshima le composte forme classiche non reggono piu'. Si sono deteriorate, come la vita, la vita vieppiu' minacciata] "Quanto sofferser l'ossa sanza polpe" (Dante, Purg., XXXII, 123) Forse un giorno, tornando alla ragione intorno a un fuoco ci rincontreremo sapremo dirci allora ancora fremo per la vergogna innanzi a quell'ustione. Di tanto cruda rabbia cercheremo nella gelida notte la ragione nei ricordi nebbiosi, nelle icone che vaniscono in acque nello stremo. E riandremo traendo a fatica le memorie sbriciolate piu' dei muri alla vita di prima, all'amica confidente vita dei puri idioti che fummo nell'antica quiete dei complici e dei morituri. 16. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA ANNA ROSSI-DORIA A SHEILA ROWBOTHAM * ANNA ROSSI-DORIA Profilo: intellettuale italiana di forte impegno civile. Opere di Anna Rossi-Doria: La libertà delle donne, Rosenberg e Sellier, Torino 1990. * MANLIO ROSSI-DORIA Profilo: economista, meridionalista illustre. * RENATO ROSSO Profilo: nato nel 1945, prete dal 1972, per una dozzina d'anni ha dedicato interamente il suo servizio di prete agli zingari del Piemonte, spostandosi da un accampamento all'altro con un carro da cavalli trascinato a mano. Dal 1984 in Brasile chiamatovi da un vescovo di quel paese per il popolo zingaro che vive là; in questi ultimi anni in India e Bangladesh. Opere di Renato Rosso: Il vangelo dei nomadi, Edizioni Tempi di Fraternità, Torino 1976; L' uomo nostra seconda eucaristia, Edizioni Dehoniane, Bologna 1983; La consegna, Edizioni Dehoniane, Bologna 1987; Messale festivo dei laici, Edizioni Tempi di Fraternità, Torino 1988. * MAURO ROSTAGNO Profilo: militante politico, dirigente del '68 e della nuova sinistra, poi impegnato in una comunita' terapeutica. Assassinato dalla mafia. * ELISABETH ROUDINESCO Profilo: dall'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche riportiamo questo breve profilo: "Elisabeth Roudinesco e' nata nel 1944. Storica, psicoanalista, scrittrice, e' autrice di molte opere di critica letteraria e di storia del pensiero soprattutto francese. Dal 1969 al 1981 e' stata membro dell'Ecole freudienne de Paris, diretta da Jacques Lacan (sciolta dallo stesso Lacan nel 1981). Attualmente e' direttrice di ricerche al dipartimento di Storia dell'Universita' di Paris VII e chargee de conferences all'Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales. E' inoltre Vicepresidente della Societe' Internationale d'Histoire de la Psychiatrie et de la Psychanalyse (diretta dallo psicoanalista Rene' Major). Collabora regolarmente al quotidiano "Liberation". Ad un tempo storica della psicoanalisi e psicoanalista, Elisabeth Roudinesco va considerata come la piu' importante storica della psicoanalisi francese, e in particolare dell' analista a cui si e' sentita piu' affine, Jacques Lacan. Il suo approccio storico e' influenzato dal clima culturale del post-strutturalismo parigino degli anni '70, e in particolare dal pensiero di Jacques Derrida. Attualmente sta preparando un'opera di sintesi sullo stato della psicoanalisi in tutto il mondo, e sul sapere psicoanalitico da cento anni a questa parte". Opere di Elisabeth Roudinesco: riportiamo sempre dalla Emsf: "Histoire de la psychanalyse en France, Ramsay, Paris, 1982; II ed. Seuil, Paris,1986; III ed. Paris, Fayard, 1995; il secondo volume e' stato tradotto in inglese dalla Chicago University Press nel 1990. Ha pubblicato inoltre: Theroigne de Mericourt. Une femme melancolique sous la Revolution, Seuil, Parigi, 1989; trad. ingl. Verso, 1991; Jacques Lacan. Esquisse d'une vie, histoire d'un systeme de pensee, Fayard, Parigi, 1993; trad. it. Jacques Lacan, Raffaello Cortina, Milano, 1995; trad. ingl. Columbia University Press, 1996; Genealogies, Fayard, Parigi, 1994". * DAVID ROUSSET Profilo: nato nei 1912, militante della sinistra francese, nel corso della Resistenza viene arrestato e deportato in un campo di sterminio. Sopravvissuto, ha scritto importanti libri di testimonianza e di denuncia del totalitarismo. Opere di David Rousset: L'universo concentrazionario, Baldini & Castoldi, Milano 1997. * ROBERTO ROVERSI Profilo: nato a Bologna nel 1923, partecipe delle esperienze di riviste culturali come "Officina" e "Rendiconti", poeta di forte impegno civile. Opere di Roberto Roversi: Dopo Campoformio, Einaudi, Torino; Le descrizioni in atto, ciclostilato in proprio, Bologna (una quarta edizione - finalmente a stampa ma sempre a diffusione gratuita - per I quaderni de "Lo spartivento", Bologna 1990); cfr. anche i testi - alcuni bellissimi - delle canzoni scritte per Lucio Dalla (una collaborazione musicale che ha dato frutti notevoli). Opere su Roberto Roversi: Luciano Caruso e Stelio M. Martini, Roberto Roversi, La Nuova Italia, Firenze 1978. * SHEILA ROWBOTHAM Profilo: nata a Leeds nel 1943, insegnante alla Workers' Education Association, impegnata nel Women's Liberation Workshop. Opere di Sheila Rowbotham: Donne, resistenza e rivoluzione, Einaudi, Torino 1976; Esclusa dalla storia, Editori Riuniti, Roma 1977. Opere su Sheila Rowbotham: cfr. il fascicolo n. 14/1980 di "Nuova dwf", monografico sul tema Femminismo/socialismo partiti/movimento, che contiene ampi brani di un saggio della Rowbotham, tre interventi su di esso di Margherita Repetto, Giovanna Fiume, Mariella Gramaglia, ed altri materiali. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 240 del 26 settembre 2001
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