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La nonviolenza e' in cammino. 230
- Subject: La nonviolenza e' in cammino. 230
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it> (by way of Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.it>)
- Date: Sun, 16 Sep 2001 01:33:26 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 230 del 16 settembre 2001 Sommario di questo numero: 1. Amos Oz, non facciamoci contagiare dall'odio e dal fanatismo 2. Alessandro Marescotti, barbari e abominevoli atti 3. Luciano Benini, dalla strage negli Usa a una nuova convivenza mondiale 4. Dino Frisullo, dalla parte di tutte le vittime 5. Le redazioni di Altreconomia, Terre di Mezzo, Peacelink: il tempo del lutto 6. Massimo Paolicelli, occorre il ripudio della violenza e della guerra 7. Crescono le adesioni a sostegno della proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza 8. Marianella Sclavi, le sette regole dell'arte di ascoltare 9. Appello urgente dell'Universita' di Birzeit 10. Benedetta Frare, un incontro in Germania 11. Monica Lanfranco, video di donne sul G8 12. Ottavio Raimondo, nuove basi di speranza 13. Maria Teresa Gavazza, cinema tra le colline 14. A Gualtieri il 28 settembre 15. Per studiare la globalizzazione: da Guido Quazza a Sergio Quinzio 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. AMOS OZ: NON FACCIAMOCI CONTAGIARE DALL'ODIO E DAL FANATISMO [Amos Oz, scrittore israeliano, e' tra i fondatori del movimento "^Peace now". Questo intervento e' apparso sul "Corriere della Sera"] Guardando con orrore e con dolore le choccanti immagini provenienti da New York e Washington, ci ricordiamo che l'ondata di fanatismo religioso e nazionalistico e' in aumento in tutto il mondo islamico, dalle Filippine a Gaza, dalla Libia all'Algeria, dall'Afghanistan all'Iran, dall'Iraq al Libano e al Sudan. Qui in Israele ci siamo trovati particolarmente esposti a questa letale ondata di fanatismo: quasi ogni giorno siamo testimoni del legame esistente tra l'incitazione all'odio e le stragi, tra i sermoni religiosi che inneggiano alla Jihad e la loro realizzazione negli attentati suicidi e nelle autobomba contro civili innocenti. Il fatto di essere vittime del fondamentalismo arabo e musulmano spesso ci rende ciechi e ci porta a ignorare la crescita di un estremismo sciovinistico e religioso non solo nell'area dell'Islam, ma in diverse parti del mondo cristiano e in realta' anche tra il popolo ebraico. Se dovesse risultare che questa terribile prova a cui l'America e' stata sottoposta deriva dal fatto che fanatici mullah e ayatollah la dipingono, con insistenza, come "Il Grande Satana" - allora l'America, cosi' come Israele, "Il Piccolo Satana", dovra' prepararsi ad affrontare una lunga e dura lotta. Forse e' solo umano che sotto choc e in preda al dolore alcuni di noi qui in Israele sentano una voce interiore che dice "adesso perlomeno tutti capiranno quello che stiamo passando" o "adesso finalmente tutti saranno dalla nostra parte". Ma questa esile voce e' estremamente pericolosa per noi: essa potrebbe facilmente indurci a dimenticare che con o senza il fondamentalismo islamico, con o senza il terrorismo arabo, non vi e' alcuna giustificazione per l'occupazione e la repressione del popolo palestinese da anni attuata da Israele. Non abbiamo alcun diritto di negare ai palestinesi il loro diritto naturale alla autodeterminazione. Due immensi oceani non hanno potuto proteggere l'America dal terrorismo; la Cisgiordania e Gaza, territori occupati da Israele, certamente non rappresentano una difesa per Israele. Al contrario, rendono la nostra stessa autodifesa molto piu' difficile e complessa. Prima questa occupazione terminera', meglio sara' per gli occupati e gli occupanti. In questo momento e' troppo facile e allettante cadere in uno dei tanti cliche' razzisti sulla "mentalita' musulmana" o sul "carattere arabo" e altre sciocchezze simili. L'orrendo crimine commesso contro New York e Washington ci ricorda chiaramente che questa non e' ne' una guerra tra religioni, ne' una lotta tra nazioni. Si tratta, ancora una volta, di uno scontro tra fanatici per i quali il fine - qualunque fine, religioso, nazionalistico o ideologico - giustifica i mezzi, e il resto di noi che attribuisce inviolabilita' alla vita stessa. Nonostante i deplorevoli festeggiamenti e le manifestazioni di gioia a Gaza e Ramallah mentre la gente a New York stava ancora bruciando viva, nessun rispettabile essere umano deve dimenticare che la grande maggioranza degli arabi e degli altri musulmani non e' ne' complice di questo crimine ne' si sta rallegrando per gli avvenimenti. Quasi tutti sono choccati e addolorati come il resto del genere umano. Forse hanno addirittura qualche motivo speciale per preoccuparsi dal momento che gia' si sentono circolare alcune inquietanti voci anti-islamiche. Tali manifestazioni non sono una giusta risposta a questo crimine. Al contrario, in questo modo fanno proprio il gioco dei loro esecutori. Ricordiamoci: ne' l'Occidente, ne' l'Islam o gli arabi rappresentano "Il Grande Satana". "Il Grande Satana" e' personificato dall'odio e dal fanatismo. Queste due vecchie malattie mentali ancora ci tormentano. Stiamo attenti a non farci contagiare. 2. RIFLESSIONE. ALESSANDRO MARESCOTTI: BARBARI E ABOMINEVOLI ATTI [Alessandro Marescotti e' tra gli animatori di Peacelink, la piu' importante esperienza pacifista italiana nella rete telematica] I barbari e abominevoli atti di terrorismo contro cittadini americani inermi e innocenti ci stanno vedendo uniti nella ferma condanna della violenza. E' un fatto di per se' positivo su cui non e' necessario soffermarsi. Detto questo va aggiunto che il nostro sforzo di pacifisti nonviolenti e di persone intellettualmente libere e dotate di capacita' critica sara' ora quello di rivendicare - dopo il momento unanime del cordoglio - la nostra indipendenza di giudizio sulle forme della punizione dei colpevoli, a partire dalla esigenza di un regolare processo che accerti, prove alla mano, l'effettiva colpevolezza dei presunti mandanti. Ad una giustizia sommaria e vendicativa, tipica della guerra o delle rivoluzioni violente da cui anche gli ex partiti comunisti oggi prendono le distanze, occorre sostituire una giustizia "civile" che consideri come obiettivo primario l'accertamento della verita' e non la spettacolarizzazione della punizione (si pensi alle macabre fucilazioni negli stadi cinesi) al fine di dimostrare alle masse la terribile onnipotenza e l'implacabilita' di un potere ferito che desidera riconquistare un'immagine di forza di fronte a tutti. Vorremmo che l'amministrazione americana si distinguesse appunto dalla Cina e non ideasse una fucilazione sommaria (moltiplicata all'infinito dalla potenza di fuoco dei bombardieri) in quegli stadi moderni che sono le rete televisive mondiali. Come nonviolenti non condividiamo pertanto l'idea che ad atti estremi si debba rispondere con estremi rimedi e che a vittime innocenti sia inevitabile e tutto sommato giusto aggiungere altre vittime innocenti pur di colpire il presunto colpevole. Ecco perche' e' francamente inaccettabile il proclama di Bush con cui si annuncia la "prima guerra del nuovo secolo". No. Cio' che occorre non e' una guerra ma un'azione di polizia internazionale che veda concorde il mondo intero e le premesse per fare questo ci sono tutte. In una guerra la violenza mette nel conto l'uccisione di persone che non hanno alcuna colpa se non quella di appartenere ad un'altra nazione. Nell'azione di polizia la forza ha lo scopo di essere al servizio della giustizia e non della vendetta sommaria. Cosi' come oggi di fronte al governo americano rivendichiamo la nostra contrarieta' alla pena di morte come mezzo di punizione del colpevole, cosi' pure domani rivendicheremo la nostra contrarieta' ad ogni azione che abbia come scopo la vendetta al posto della giustizia. Di fronte ad un potenziale inutile bagno di sangue futuro noi gia' da ora dobbiamo rivendicare un sistema di punizione che sia commisurato alla neutralizzazione dei colpevoli , evitando che a sangue innocente si aggiunga altro sangue innocente. I morti innocenti degli Stati Uniti non potremo rescuscitarli con la nostra rabbia, i futuri morti innocenti potremo evitarli invece con un fermo richiamo ai valori della nostra piu' valida tradizione culturale che derivano dai principi dell'illuminismo di Cesare Beccaria e quindi dal ripudio di ogni giustizia che si trasformi in desiderio di vendetta. Dopo gli attentati si sono visti in TV dei festeggiamenti fra alcuni palestinesi (tristissima scena). Molti di noi hanno pero' anche sentito e visto di persona amici e parenti dire: "Uccidiamoli tutti", con chiari riferimenti agli arabi e alla loro fede religiosa. E' triste notare che non si riesca spesso a compiere un salto di civilta' nel combattere la barbarie. Abbiamo visto anche cartelli americani con la scritta: "President Bush declare war on Afghanistan tonight" ("Presidente Bush, dichiara guerra questa notte all'Afghanistan"). La foto, pubblicata da "Il Giornale" del 13 settembre, porta la data dell'11 settembre 2001 (erano passate solo poche ore dall'attentato), quando neppure l'ultimo consigliere di Bush aveva un'ipotesi. La giustizia non e' l'uccisione del criminale di turno sulla base di un sondaggio di opinione. E' ricerca paziente e faticosa come ha testimoniato la stessa giustizia americana con la sua "fatica" e lentezza nell'individuare - per di piu' sul territorio nazionale - gli effettivi mandanti dell'uccisione dei fratelli Kennedy. La giustizia non e' sinonimo di rapidita', a diferenza della vendetta. La giustizia non e' spettacolare. Ecco perche' la nostra idea di giustizia non piace ad alcuni giornalisti che ci attaccheranno proprio per questo. Ma noi non dobbiamo accettare di fare 400 anni di balzo all'indietro della civilta' emulando in questo gli ancor piu' barbari regressi dell'integralismo e del fanatismo. 3. RIFLESSIONE. LUCIANO BENINI: DALLA STRAGE NEGLI USA A UNA NUOVA CONVIVENZA MONDIALE [Luciano Benini e' presidente del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), uno dei principali movimenti nonviolenti] Di fronte alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti l'orrore e l'indignazione sono i sentimenti che immediatamente prevalgono in ognuno di noi, accanto alla piu' ferma condanna per atti che non possono trovare alcuna giustificazione. Questi crimini colpiscono l'umanita' intera perche' lacerano e feriscono la natura umana che c'e' in ciascuno di noi. Ora, a qualche giorno di distanza da avvenimenti tanto tragici, occorre saper riflettere sulle cause che possono portare a gesti tanto disperati e gravi, perche' poi le risposte che la comunita' internazionale dovra' porre in essere dipenderanno proprio dall'analisi che sapremo fare. Se, come purtroppo la maggior parte dei politici, dei giornalisti e delle persone di potere hanno affermato in questi giorni, si cerchera' di spiegare tutto col fanatismo religioso, con la lotta fra il bene e il male, con lo scontro fra la civilta' da una parte e la barbarie dall'altra, allora sembrera' normale una risposta militare e violenta, sembrera' normale restringere le liberta' individuali in nome della sicurezza, sembrera' normale vedere in ogni mediorientale un possibile terrorista, sembrera' normale reprimere ogni forma di dissenso e di critica al sistema occidentale in nome della necessita' di far fronte comune contro il nemico esterno. In questa logica si spiega l'irresponsabile e ridicola proposta, avanzata da un personaggio inquietante come Cossiga, di celebrare subito un nuovo incontro dei G8 in Italia, proposta purtroppo fatta propria dal presidente Berlusconi ma per fortuna accantonata subito dagli stessi Stati Uniti. L'analisi di quanto avvenuto in questi giorni mi pare debba essere molto piu' profonda. E' certamente giusto cercare di individuare i colpevoli di questa tremenda strage e renderli incapaci di nuocere ancora: questo deve essere fatto, e con urgenza. Ma occorre anche cercare di capire il loro scopo e la molla che li ha spinti ad agire cosi'. Capire non significa giustificare: non c'e' giustificazione alcuna per la violenza omicida e premeditata. Ma non basta annientare chi l'ha progettata e messa in atto, se non si estirpa del tutto il seme dell'odio. Che qualcuno abbia potuto far festa per questa strage e' un pensiero che ci fa inorridire, ma e' l'inquietante segnale di un mondo diviso: percio' occorre cercar di capire, ascoltando tutti, soprattutto coloro che sono o si sentono vittime dello strapotere simboleggiato dagli obiettivi che sono stati colpiti, Manhattan e quindi il potere economico, il Pentagono e quindi il potere militare, la Casa Bianca, scampata dalla strage, il potere politico. Occorre dare all'Occidente un volto amichevole e solidale verso il resto del mondo: una nuova e reale sicurezza non nascera' dal rafforzamento militare della cittadella assediata, ne' dalla ferocia delle ritorsioni, ma da un ritrovato senso della giustizia, e dall'acquisizione di strumenti non distruttivi per la gestione dei conflitti, anche i piu' gravi, anche i piu' tragici. Chi compie azioni di questo genere in nome dell'Islam bestemmia Allah esattamente come bestemmiavano i cristiani che si lanciavano in tante "guerre sante", anche in tempi recenti. Perche' meravigliarsi che qualcuno cerchi di guadagnarsi il paradiso nell'aldila' con azioni terroristiche, quando il paradiso in terra promesso dal capitalismo neoliberista, per oltre i quattro quinti dell'umanita',e' un miraggio che si allontana, lasciando il posto ad un inferno fatto di sfruttamento economico, disastri ambientali, collasso sociale, violenza endemica? Perche' stupirsi se c'e' chi si addestra alla guerra santa, quando gli anni novanta sono stati utilizzati dalle potenze occidentali per ridare legittimita' e dignita' alla guerra come valido strumento di risoluzione delle controversie internazionali? Queste sono le domande che dovremmo porci, questi i temi su cui chiedere al popolo degli Stati Uniti di riflettere, se veramente ci consideriamo loro amici. Gli Usa, e con loro l'intero Occidente, devono imparare a guardarsi allo specchio se vogliono veramente capire come si e' arrivati alla tragedia di questi giorni. Il "brodo di cultura" in cui il terrorismo si e' sviluppato e' il loro stesso sistema economico, non il movimento "anti-global" come gli ideologi di regime stanno gia' cominciando a dire. E' la disperazione che genera la massa critica sufficiente per una follia di cosi' grande portata. E la disperazione e' la condizione di milioni di poveri, di diseredati, di oppressi. Popoli devastati e depredati dal colonialismo del Primo Mondo che forniscono braccia e consenso al terrorismo. Popoli che hanno visto milioni di loro fratelli morire, essere trattati come bestie. Popoli spogliati di tutto, dalle loro materie prime alla loro cultura. Non e' vero che di qua c'e' la civilta' e di la' c'e' la barbarie. Quando gli Stati Uniti bruciavano vivi col Napalm migliaia di bambini vietnamiti colpevoli solo di vivere in un paese comunista, dove era la civilta' e dove la barbarie? Quando gli Stati Uniti organizzavano le scuole di tortura e repressione per i militari golpisti latino-americani, che poi puntualmente mettevano in pratica gli insegnamenti ricevuti uccidendo, facendo sparire e torturando centinaia di migliaia di donne, bambini, anziani, dove era la civilta' e dove la barbarie? Quando i bombardamenti della Nato, Italia compresa, uccidevano 100-200 mila iracheni colpevoli solamente di avere come capo un dittatore che solo pochi anni prima era sostenuto politicamente, economicamente e militarmente dalla Nato stessa perche' difendeva gli interessi occidentali contro il fanatismo musulmano di Khomeini, dove era la civilta' e dove la barbarie? Quando piu' di mezzo milione di bambini iracheni venivano uccisi in dieci anni dall'embargo proclamato dai paesi occidentali, dove era la civilta' e dove la barbarie? Quando la Nato giocava al tiro al bersaglio da 10 mila metri di altezza uccidendo a migliaia serbi e kossovari e spegnendo la speranza che dieci anni di resistenza nonviolenta aveva alimentato, dove era la civilta' e dove la barbarie? Quando da piu' di 50 anni quattro milioni di palestinesi sono costretti a vivere nei campi profughi perche' cacciati dalla loro terra senza che nessuno muova un dito, mentre per molto meno (Kuwait, Kossovo) si e' messo a disposizione l'intero apparato bellico delle potenze occidentali, dov'e' la civilta' e dove la barbarie? Quando decine di migliaia di kurdi sono uccisi, torturati, imprigionati senza che la Nato muova un dito solo perche' il governo che uccide, tortura, imprigiona, quello turco, fa parte della Nato stessa, dov'e' la civilta' e dove la barbarie? Quando ogni giorno 100 mila persone muoiono di fame, malattie, guerre spesso causate dalle politiche neoliberiste occidentali che la globalizzazione vorrebbe estendere all'intera pianeta, quando con il consenso dei governi occidentali gli aggiustamenti strutturali del Fondo Monetario Internazionale e le politiche monetarie e commerciali della Banca Mondiale e dell'Organizzazione Mondiale del Commercio costringono alla miseria e alla disperazione milioni di persone, dov'e' la civilta' e dove la barbarie? Quando otto paesi al mondo pretendono di decidere le sorti del resto dell'umanita' e con il loro braccio armato, la Nato, si arrogano il diritto di decidere quando e contro chi e' giusto bombardare, togliendo forza e legittimita' all'unico organismo internazionale che ce l'ha, l'Onu, dov'e' la civilta' e dove la barbarie? Quando l'altra sera anch'io partecipavo alla fiaccolata per esprimere l'orrore e lo sdegno per la strage, camminavo non solo per le migliaia di vittime provocate in questi giorni dal terrorismo negli Stati Uniti ma anche per i palestinesi, per i kurdi, per gli africani, per i popoli latino-americani, per tutti i popoli e le persone della terra che sono privati della dignita' di esseri umani. La vita di un palestinese, di un kurdo, di un iracheno, di un africano o di un latino-americano ha lo stesso valore di quella di uno statunitense. Occorre allora avere la forza di indignarsi sempre di fronte alla barbarie, perche' civilta' e barbarie sono in ogni popolo e in ognuno di noi. Quando prevale la nonviolenza, la giustizia, la convivenza, la solidarieta', e' la civilta' che prevale, quando la parola e' alla repressione, alle armi, alla violenza, e' la barbarie che prevale. C'e' infine un aspetto che fa riflettere in questa vicenda: il gigantesco sistema militare che e' stato messo in piedi in 50 anni dalla Nato, basato su migliaia di testate nucleari, carriarmati, armamenti chimici e batteriologici, bombardieri e cannoni, e' stato messo in ginocchio e ridicolizzato non da un attacco nucleare di una superpotenza ma da alcuni coltellini da boy-scout. Se anche solo una piccolissima parte delle risorse economiche e di persone che sono state sprecate in questi anni fosse stata impiegata per consentire a tutti di disporre di acqua, cibo, casa, salute e lavoro, gran parte dei problemi dell'umanita' sarebbero stati risolti e la sicurezza del mondo sarebbe molto maggiore di quanto sia oggi. Ridicolo ci appare oggi il progetto di "Scudo stellare": speriamo che almeno quanto avvenuto serva per accantonarlo definitivamente. Occorre allora affermare con chiarezza che chiunque ancora oggi propugni la tesi che possa esistere una "violenza giusta" e' esso stesso complice degli assassini, e mette in pericolo il futuro dell'umanita', che chiunque non abbia capito che l'uccidere anche un solo essere umano equivale ad affermare la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del mondo. E mentre condanniamo senza appello la strage dell'11 settembre, condanniamo ugualmente ogni proposito di vendetta o pretesa di fare giustizia con le armi da parte del governo degli Stati Uniti e dei suoi alleati. L'indagine ed il giudizio sui responsabili di un tale crimine internazionale che offende tutta l'umanita' compete all'ONU nelle sue legittime istituzioni. Per questo motivo mi sento di fare mio l'appello che circola in questi giorni che dice: "Signor Presidente della Repubblica, La supplico di agire perche' alla strage disumana compiuta negli Stati Uniti nessuno risponda con la vendetta militare. Proprio perche' quel crimine colpisce tutta l'umanita', deve essere un tribunale che rappresenta l'intera comunita' dei popoli umani a compiere le indagini ed emettere il giudizio con tutte le garanzie giuridiche. Ad un crimine, per quanto grande, non si risponde con la guerra. La guerra non sarebbe un giusto giudizio penale, nella luce della ragione, della morale e della legge, ma un nuovo crimine che spingerebbe ulteriormente il mondo nel buio mortale dell'odio e della distruzione. In nome della vita e della civilta', nell'ora del massimo pericolo, La supplico di scongiurare la guerra con l'impegnativa autorita' che Le da' la nostra Costituzione pacifica. Se l'Italia sara' in guerra, io non ci saro'". 4. RIFLESSIONE. DINO FRISULLO: DALLA PARTE DI TUTTE LE VITTIME [Dino Frisullo e' impegnato in molte iniziative di pace, di solidarieta', contro il razzismo] A partire dalla guerra di Spagna, con il tremendo passaggio di Hiroshima e Nagasaki, le guerre moderne si combattono a colpi di massacri di civili, distruggendo infrastrutture civili. Dunque questo e' un atto di guerra in senso pieno. Noi siamo contro la guerra in generale, la guerra alle citta' in particolare. Questo atto riempie di orrore, non meno e non piu' dei bombardamenti sul Vietnam, su Baghdad, su Belgrado. Non di meno, e non di piu'. Credo che nessuno debba e possa gioire del colpo al cuore della prima potenza mondiale. Credo che nessuno, ai tempi della piu' tremenda guerra partigiana, potesse gioire di Dresda o Hiroshima rase al suolo. La logica amico-nemico non ci appartiene. Chi ha organizzato questo attacco deve disporre di soldi, mezzi, organizzazione e di una buona dose di fanatismo. Tutte doti che non mancano ad ogni macchina di guerra che si rispetti. E' possibile che si tratti di una macchina statuale, ed e' probabile che gli Usa si attaccheranno a questa ipotesi per dare risposte distruttive allo "stato-canaglia" di turno (l'espressione e' di Bush). E' l'ipotesi piu' facile, e' la scelta piu' comoda. Quale citta' colpiranno per prima? Su quale parte del Sud del mondo si avventeranno i bombardieri? L'altra ipotesi e' piu' dura. Gli stati da tempo non hanno piu' il monopolio della forza, ed ora neppure della guerra. Un'organizzazione non statuale, ma dotata di cospicui mezzi, puo' scatenare un'offensiva di questo tipo. E come ogni parte in guerra, puo' avere le sue motivazioni. Le sue "ragioni". Gli Usa hanno sparso o fatto spargere fiumi di sangue e di dolore in mezzo mondo, in questo sessantennio di pace armata. E' l'unica potenza al mondo che non abbia mai vissuto una guerra sul proprio suolo. Non c'e' bisogno di ricorrere al cliche' dell'integrismo: per mezzo mondo gli Usa sono il "Grande Satana" anche senza bisogno di sovrastrutture religiose. Un colosso inattaccabile. Fino a ieri. Questo equivale a giustificare? No. A cercare di capire. Non ci appartiene il terrorismo, ne' quando e' agito da organizzazioni ne' quando e' terrorismo di stato. L'attacco agli Usa non e' un attacco a "noi", nel senso diffuso in queste ore a piene mani, di attacco al "mondo libero" (?!), alla democrazia etc. Non c'e' nulla in comune fra "noi" e gli strateghi del Pentagono. E' un attacco a noi in ben altro senso: c'e' molto in comune fra "noi" e i civili che fuggivano disperati fra nuvole di polvere sul suolo insanguinato. Il loro terrore era lo stesso dei vietnamiti, degli jugoslavi, degli irakeni. Degli abitanti di San Lorenzo a Roma, mezzo secolo fa. E' un attacco a noi anche perche' si cerchera' di schiacciarci nella logica della guerra. Con gli Usa, o contro la civilta'. E macchine repressive ancora piu' militarizzate schiacceranno chi dissente, individui, collettivi o popoli. Come in tempo di guerra, appunto. Lo sgomento che viviamo non e' diverso da quello vissuto dieci anni fa, davanti allo spettacolo dei traccianti sui cieli di Baghdad. E' lo sgomento dell'impotenza, dell'espropriazione, di fronte alla morte che viene dall'alto. Siamo contro tutte le guerre. Anche contro questa guerra. Siamo per un altro mondo, in cui nessuno possa decidere della vita o della morte altrui schiacciando un pulsante, che si tratti del telecomando di una bomba o del comando di lancio di un jet. In cui nessuno debba guardare al cielo con paura, che si tratti del cielo di New York o di Gaza. Ma proprio per questo, siamo e restiamo fermamente contro la Nato e il suo riarmo nucleare, siamo e restiamo contro tutti i signori della guerra, in divisa e non. Siamo e restiamo contro i gendarmi dello sfruttamento, a partire dalla macchina militare Usa, e contro quel comando unico che scatena e innesca, anche contro se stesso, logiche di guerra. Siamo per un altro ordine, che s'imponga dal basso. Siamo dalla parte delle vittime. Quelle di oggi, e quelle di ieri. Tutte. 5. RIFLESSIONE. LE REDAZIONI DI ALTRECONOMIA, TERRE DI MEZZO, PEACELINK: IL TEMPO DEL LUTTO Carissimi amici, l'angoscia di questi giorni e' grande. Il dolore e' enorme. Questo e' il tempo del lutto, della disperazione, delle vittime. Forse solo di questo. Ma scriviamo, vi scriviamo, perche' molti, dall'una all'altra parte del mondo, parlano di guerra. Poche le voci che si levano per dire che deve esserci, che c'e' un'altra strada, un'altra umanita'. Forse e' troppo facile per noi, per noi che non siamo tra le vittime, non oggi almeno. Ma lo vedete: le voci di chi considera necessaria una "risposta militare" si rafforzano a vicenda, dai governi all'opinione pubblica, dalle alleanze militari ai giornali, e viceversa. Poi sara' inevitabile l'uso della forza. Possiamo dire, in lacrime, che non siamo d'accordo? E fare sentire la nostra voce? Se condividete la nostra angoscia per quanto e' accaduto e potrebbe accadere, vi invitiamo a scrivere, intanto ai vostri amici, e poi alle associazioni, ai giornali, al governo, ai parlamentari, alle vostre chiese. E a organizzare momenti comuni, magari anche solo di veglia o fiaccolate. Se sono cattive idee, o troppo piccole, buttiamole via e cerchiamone delle altre. Non lasciamo pero' crescere la sensazione che l'opinione pubblica int era legittimi lo stato di guerra. Noi non legittimiamo niente di tutto cio'. La violenza non e' mai una speranza per l'umanita'. 6. RIFLESSIONE. MASSIMO PAOLICELLI: OCCORRE IL RIPUDIO DELLA VIOLENZA E DELLA GUERRA [Massimo Paolicelli e' presidente dell'Associazione Obiettori Nonviolenti] Ci appelliamo al Presidente Ciampi, affinche' stemperi questa voglia ossessiva di ritorsione militare, che serpeggia anche in Italia. Il Capo dello Stato traduca in gesti concreti del nostro Paese l'appello del Sommo Pontefice che chiede che non prevalgano la vendetta e lo spirito di ritorsione che alimenterebbero nuovo odio, scatenando una spirale maledetta e incontrollabile di violenza. Si deve cercare giustizia sulla base del diritto internazionale e non della vendetta. Questo, secondo noi, e' il momento della riflessione: occorre un'analisi politica approfondita delle ragioni che alimentano il terrorismo e bisogna lavorare per coalizzare la comunita' internazionale cosi' da superare le situazioni di ingiustizia del mondo che forniscono l'humus ai kamikaze del nuovo millennio. E' ormai evidente che il disordine mondiale che e' stato creato rappresenta una minaccia per tutti, anche per i ricchi e i potenti; occorre quindi lavorare per costruire un nuovo ordine mondiale basato sul rispetto della vita e dei diritti umani, sul ripudio della violenza e della guerra. Per questo anziche' sprecare tempo e denaro dietro ad un inutile scudo stellare, occorre uno sforzo di tutte quelle nazioni che si considerano "civili" per rivitalizzare e rafforzare da subito le Nazioni Unite". 7. INIZIATIVE: CRESCONO LE ADESIONI A SOSTEGNO DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE E L'ADDESTRAMENTO DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA CONOSCENZA E ALL'USO DEI VALORI, DELLE TECNICHE E DELLE STRATEGIE DELLA NONVIOLENZA Tra i parlamentari che hanno gia' espresso attenzione e adesione ci sono il vicepresidente del Parlamento Europeo Renzo Imbeni, i senatori Achille Occhetto, Natale Ripamonti, Francesco Martone, Anna Donati, Nedo Canetti; i deputati Marida Bolognesi, Paolo Cento, Elettra Deiana, Titti De Simone, Giorgio Panattoni, Aldo Preda, Vincenzo Siniscalchi, Giovanni Russo Spena, Tiziana Valpiana, Luciano Violante; i parlamentari europei Giuseppe Di Lello, Luisa Morgantini, Giovanni Pittella (oltre al gia' citato Renzo Imbeni); La presentazione ufficiale della proposta di legge, sottoscritta da vari senatori e deputati di diverse forze politiche, e' prevista per la seconda meta' di settembre. In occasione della presentazione della proposta di legge si terra' a Roma anche una conferenza cui parteciperanno i parlamentari presentatori, illustri personalita' della peace research e della nonviolenza, cattedratici universitari di prestigio internazionale. La bozza della proposta di legge e due dossier documentari di approfondimento possono essere richiesti al "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo (e-mail: nbawac at tin.it). La bozza dell'articolato di legge su cui si sta costruendo il confronto, la convergenza e il consenso e' la seguente: Art. 1. (Formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza). Si dispone che nei percorsi formativi, addestrativi e di aggiornamento delle forze dell'ordine sia prevista l'inclusione della conoscenza e dell'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza. Art. 2. (Disposizioni e provvedimenti attuativi e regolamentari). Si demanda al Ministro dell'Interno, d'intesa con gli altri ministri interessati alla definizione dei percorsi formativi ed educativi ed alla formazione e gestione delle forze dell'ordine, di emanare le disposizioni ed i provvedimenti attuativi e regolamentari entro il termine di mesi sei dall'approvazione della legge. Tali disposizioni e provvedimenti devono essere comprensivi della definizione di un percorso formativo obbligatorio standard per tutto il personale delle forze dell'ordine. Art. 3. (Consulenza di esperti). Per l'approntamento della specifica normativa, la definizione della qualificazione dei docenti, la predisposizione della manualistica relativa, si prevede di avvalersi della consulenza sia dei docenti e ricercatori esperti in materia di peace research e di formazione alla nonviolenza, sia dei responsabili delle strutture formative e addestrative delle forze dell'ordine attualmente operanti. Art. 4. (Finanziamento). Per il finanziamento di tale attivita' formativa, addestrativa e di aggiornamento alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza, si prevede di incrementare il budget a disposizione per la formazione, l'addestramento e l'aggiornamento delle forze dell'ordine in ragione sia della necessaria inclusione nei ranghi del personale docente di nuove figure specificamente qualificate (eventualmente attraverso rapporti di convenzione con Universita' o istituti di ricerca e di formazione), sia dell'acquisizione o predisposizione di specifica manualistica (ed a tal fine si puo' far riferimento alle piu' qualificate e prestigiose pubblicazioni anche in lingua italiana gia' esistenti in tale ambito di studi), sia di ogni altro adempimento e strumentazione si rendessero necessari. 8. MATERIALI. MARIANELLA SCLAVI: LE SETTE REGOLE DELL'ARTE DI ASCOLTARE [Le "Sette regole dell'arte di ascoltare" sono un condensato dell'approccio elaborato in circa vent'anni di ricerche epistemologiche e sul campo da Marianella Sclavi. Marianella Sclavi e' docente universitaria al Politecnico di Milano, e' antropologa, e si occupa di progettazione urbana partecipata e di formazione della Polizia Municipale a Milano. Per contatti: msclavi at libero.it] 1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte piu' effimera della ricerca. 2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista. 3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva. 4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice e' relazionale e analogico. 5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali piu' importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perche' incongruenti con le proprie certezze. 6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti. 7. Per divenire esperto nell'arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l'umorismo viene da se'. 9. APPELLI. APPELLO URGENTE DELL'UNIVERSITA' DI BIRZEIT [Riceviamo e diffondiamo questo appello redatto l'8 settembre scorso; per contatti con l'Universita' di Birzeit: www.birzeit.edu] Levare l'assedio militare all'educazione all'Universita' di Birzeit. Aprire la strada della pace attraverso un'azione concreta per proteggere la popolazione e la vita civile in Palestina. Il 15 settembre, piu' di 5.000 studenti ed oltre 350 persone dello staff universitario cominceranno il nuovo anno accademico all'universita' di Birzeit - e dovranno far fronte ad un viaggio a piedi duro, umiliante e spesso pericoloso attraverso due posti di blocco militari israeliani per tentare di raggiungere il campus, gli uffici e i laboratori. Dal marzo 2001 sia gli allievi che gli insegnanti hanno sopportato tutte le difficolta' derivanti dalla chiusura della strada Ramallah-Birzeit, il principale, e di questi tempi, il solo accesso vitale alla nostra Universita'. Dopo l'estate la situazione e' peggiorata e le difficolta' e l'oppressione sono ora "istituzionalizzati" sia per la comunita' dell'Universita' di Birzeit che per i residenti dei 35 villaggi rurali che utilizzano questa strada come linea vitale di collegamento con i servizi, i rifornimenti e i posti di lavoro di Ramallah. Ma non sono solamente le difficolta' e i pericoli sofferti dai diversi studenti e insegnanti, e nemmeno il danno inflitto ad una delle principali istituzioni educative della Palestina che ha portato l'Universita' di Birzeit a pubblicare questo appello. Queste difficolta' sono veramente pesanti, come ci hanno testimoniato i nostri allievi e i nostri insegnanti che si arrampicano sopra le trincee, cercando di tenersi al riparo dal fuoco dell'esercito israeliano, dalle bombe suono o dai gas lacrimogeni, bloccati e umiliati e talvolta arrestati. Il danno alla vita accademica, ai programmi di servizio della comunita', alla ricerca e al futuro sviluppo dell'Universita' sono molto reali. Tuttavia, e' la dura realta' che questi eventi negativi fanno parte della nuova "normalita'" delle chiusure israeliane e dell'assedio contro la popolazione civile palestinese, del tutto in contrasto con il diritto internazionale, che ci riguarda - e che richiede un'azione reale ed effettiva da parte della comunita' internazionale. Nessuna pace puo' essere costruita sulla distruzione e sulla rovina di un altro popolo, della sua vita civile, sviluppo, societa' e condizioni di vita. La Comunita' di Birzeit ha agito, nella pace, nell'unita' e nella dignita', contro la chiusura e per il diritto all'educazione, alla liberta' di movimento ed al rispetto per le persone. Nei mesi scorsi, con dimostrazioni pacifiche, organizzate dall' universita' e dai suoi amici, si e' provveduto a riempire con materiali vari le trincee scavate dai bulldozers dei militari israeliani per impedire l'utilizzo della strada all'inizio di marzo. Tuttavia, le successive proteste pacifiche contro la chiusura continua del posto di blocco militare (checkpoint) - compresa la consegna ai soldati della informazione relativa al fatto che le loro azioni contravvenivano al diritto internazionale - non hanno dato risultati a lungo termine. La chiusura della strada di Birzeit non e' sostenuta da giustificazioni di sicurezza, ma e' invece utilizzata da Israele per la maggior parte delle sue azioni illegali nel territorio palestinese. La strada Ramallah-Birzeit non passa vicino ad alcuna citta' o insediamento israeliano. Invece i posti di blocco (checkpoint) rappresentano una politica sistematica ed ufficiale di intimidazione che e' animata dall'intento di istituzionalizzare la sofferenza della societa' civile palestinese, nel tentativo di spezzarne la volonta' e deteriorarla. Per tali ragioni, chiediamo alla comunita' internazionale di difendere i diritti umani intraprendendo una azione immediata contro questa chiusura, che viola in modo evidente la Quarta Convenzione di Ginevra, della quale Israele e' firmatario, cosi' come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e le altre disposizioni sui diritti umani. In effetti e' urgente e necessario che le parti contraenti della Convenzione assumano le proprie responsabilita' conformemente al diritto internazionale. Ma accanto a queste iniziative onnicomprensive, chiediamo alla comunita' internazionale di agire ogniqualvolta i diritti alla pace e alla sicurezza sono violati, con l'adozione di misure concrete per assicurare questi diritti. Noi crediamo che la riapertura della strada per l'Universita' di Birzeit sia un passo verso una pace vera e giusta. Abbiamo urgentemente bisogno del vostro sostegno. 10. INIZIATIVE. BENEDETTA FRARE: UN INCONTRO IN GERMANIA [Da Benedetta Frare, dell'ufficio stampa di "TransFair Italia" (transfai at intercity.it), riceviamo e diffondiamo] Cinquecento organizzazioni di produttori del commercio equo si ritrovano in Germania per costruire una globalizzazione alternativa. Sara' la prima assemblea mondiale del commercio equo quella che riunira' a Lingen, nel nord della Germania, dal 17 al 21 settembre, piu' di cinquecento organizzazioni di commercio equo e solidale che esportano prodotti alimentari nel circuito europeo. Si incontreranno con tutti gli attori di questa forma alternativa di rapporto commerciale che elimina lo sfruttamento del lavoro nel Sud del mondo, pagando un prezzo giusto che consenta alle comunita' di Asia, Africa e America Latina di investire in servizi sociali e sanitari. I delegati di queste cooperative si ritroveranno con i licenziatari (aziende europee che importano prodotti da queste organizzazioni), centrali di importazione del commercio equo, rappresentanti delle Botteghe del mondo, i marchi di garanzia nazionali (tra loro, anche TransFair Italia) per tracciare le linee di ristrutturazione di Flo, il coordinamento europeo dei marchi di garanzia con sede a Bonn; ma si discutera' anche di marketing, presentazione del prodotto, pubblicita', tecniche di contrattazione. All'incontro partecipera' Romano Prodi, presidente dell'Unione Europea, da sempre consumatore di prodotti del commercio equo. Con questo appuntamento, che da quest'anno ritornera' con cadenza biennale, il commercio equo si candida ad essere tra le reali e incisive alternative ai danni della globalizzazione. Basti pensare che, nella sola Svizzera, il te' del commercio equo ha conquistato il 4% del mercato; le banane il 15%, il caffe' il 3%, come nei Paesi Bassi, nazioni che da tempo hanno introdotto questi prodotti nella grande distribuzione. In Italia, grazie al lavoro di TransFair, i prodotti provenienti da cooperative di commercio equo, hanno conosciuto un trend di crescita positivo, raggiungendo il 35% della grande distribuzione. 11. MATERIALI. MONICA LANFRANCO: VIDEO DI DONNE SUL G8 [Da Monica Lanfranco, animatrice del sito "Marea" e di varie iniziative di donne per la pace, riceviamo e diffondiamo. Per contatti: e-mail: mochena at village.it; siti: www.marea.it, www.village.it/lanfranco/] "Giugno - luglio 2001: le donne". Questo il titolo del video vhs di 25 minuti che "Marea" ha realizzato per raccogliere le immagini e le parole di cio' che molte donne hanno realizzato e vissuto a Genova, un mese prima del summit del G8, all'evento "Punto G - genere e globalizzazione", realizzato dalla rete della "Marcia mondiale delle donne" e nei giorni di luglio. Le parole di Lidia Menapace, Starhawk, Luisa Morgantini, le immagini del corteo dei migranti del 19 luglio, il racconto di due genovesi presenti nei luoghi dove le donne della rete della Marcia si erano date appuntamento il 20 e le immagini di gioia di quella giornata fino all'inizio dell'incubo, il corteo del 21, la giornata "Genova libera" del 24, dopo le devastazioni e la repressione poliziesca: questo il sommario del video. La scelta narrativa e' stata quella di privilegiare le immagini di cio' che si e' riuscite a fare, (di cio' che avrebbero dovuto e potuto essere quei momenti) immagini che in realta' nessuno ha potuto vedere perche' oscurate dalla drammatica realta' della violenza e della repressione. Il video, prodotto da "Marea" con l'autofinanziamento, e' a disposizione di tutte e tutti anche per organizzare momenti di incontro e dibattito sui contenuti della protesta e della proposta delle donne nel movimento antiglobalizzazione. Il costo e' di lire ventimila. Tra qualche giorno inoltre sara' disponibile anche il numero 3 di "Marea", un numero speciale di 200 pagine, con gli atti del convegno "Punto G" e riflessioni sui fatti di Genova. Vi preghiamo di mettervi al piu' presto in contatto per le prenotazioni. 12. MATERIALI. OTTAVIO RAIMONDO: NUOVE BASI DI SPERANZA [Ottavio Raimondo e' direttore della EMI, l'Editrice Missionaria Italiana di Bologna, che pubblica libri semplicemente indispensabili per ogni costruttore di pace] "Teologia della rigenerazione" di Carlos Castillo mi aiuta a scrivere in questo momento in cui il dolore per la grande strage di umanita' scaturita dall'attentato al cuore della finanza e del potere militare USA, si assomma al dolore per le migliaia di vite, spesso appena sbocciate, che si spengono ogni giorno a causa della miseria che colpisce l'80 per cento e piu' dell'umanita'. Due situazioni molto diverse, unite da un unico dolore per le vite umane spazzate via da chi, da una parte, crede di poter risolvere le ingiustizie con la violenza, e dall'altra da chi le ingiustizie le perpetua. Il libro inizia con queste parole: "Non siamo di fronte a un'epoca di cambiamenti, ma a un cambiamento di epoca", e termina, a pagina 125, con questa affermazione: "Quest'epoca di grande e profonda crisi ci sfida a proporre al mondo nuove basi di speranza". Il cardinale Martini gia' nel 1999 faceva un esplicito riferimento alle basi di speranza, quando scriveva: "Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo... non basta parlare di giustizia, di doveri, di bene comune... Bisogna parlare con un cuore carico di amore compassionevole... bisogna irradiare la bellezza di cio' che e' vero e giusto nella vita". "Teologia della rigenerazione" e "Impero svelato" sono due pubblicazioni, teologica la prima e biblica la seconda, che a tutti offrono orizzonti nuovi e stimoli per leggere l'oggi con l'impegno di costruire un futuro di giustizia e di pace per tutti. Sono convinto che e' piu' facile credere di poter controllare il mondo reprimendo e colpendo. Ma sara' questa la strada giusta? Sara' vero che "siamo di fronte alla prima guerra del XXI secolo", come ha affermato il signor Bush parlando alla nazione americana e al mondo intero? E le tante guerre dimenticate che stanno facendo i poveri con le armi dei ricchi? E' triste renderci conto che la grande preoccupazione dell'Occidente, e in primo luogo dei governi, non e' per le persone ma per il profitto. Ma noi della EMI continuiamo ad andare controcorrente e a proporre nuovi stili di vita come nel libro "Invito alla sobrieta' felice" e in alcune VHS: "Vandana Shiva"; "Ho ucciso"; "Nairobi"; "Nei sotterranei della storia"; "Dal fucile all'automobile"; "L'alba dell'era atomica"; "L'economia del Pentagono". Il poeta Bernard Dadie', in una poesia riportata in "All'ombra del baobab" di Valentino Salvoldi, ci regala un messaggio che e' anche un augurio e una certezza: "Quando saremo uniti non ci sara' la paura negli occhi. E la luce del cielo rischiarera' il nostro amore, la melodia delle fronde cullera' il nostro sonno. Noi ci uniremo, fratelli, e le lucide stelle, a profusione, pure come gli occhi dei saggi, risplenderanno sul nostro destino". 13. MEMORIA. MARIA TERESA GAVAZZA: CINEMA TRA LE COLLINE [Maria Teresa Gavazza fa parte dell'associazione "Comunicando"; per contatti: e-mail: teregav at tin.it] Lunedi 10 settembre sono iniziate le riprese del primo film realizzato nei paesi del Basso Monferrato. La regista Elisa Bolognini, accompagnata da una numerosa troupe di giovani volontari, con l'aiuto di alcuni professionisti (tra cui ricordiamo Emiliano Fiore, direttore della fotografia, Valentina Bevilacqua e Michela Cacciola, scenografe, Gianfranco Maiolo, costumista) si sta cimentando in un complesso lavoro artistico. L'idea e' partita dal progetto dell'associazione culturale "Comunicando" che opera nella zona: l'intreccio di memoria e creativita' ha consentito di raccogliere storie nascoste, la vera identita' dell'anima popolare dei piccoli paesi di queste terre. Dai racconti e' scaturito un intreccio radicato nella memoria delle nostre colline: la storia di una donna, Rosa, che racconta in analessi la propria vita. Momenti di festa e di dolore (la guerra, il fascismo) si alternano in un susseguirsi di azioni, dove non manca lo spazio per un onirico fantasticare. Nella sceneggiatura, opera della stessa regista, il simbolo domina sovrano, ma si innerva nella terra e nel mito. La prima scena, cui ho assistito, si svolge nella vecchia casa di Rosa (l'attrice Monica Massone). Gia' sul paesaggio aleggia qualcosa di misterioso ed inafferrabile: una cascina su una collina nella zona Vallerina di Quargnento, nascosta dal folto di un bosco, raggiungibile a malapena da una stradina erbosa. Qui sono riuniti numerosi giovani, appassionati e desiderosi di contribuire alla realizzazione di un prodotto cinematografico sicuramente lontano dalle luci hollywoodiane. E' con una certa sorpresa che osservo donne e uomini uniti in un progetto serio e rigoroso, dove conta l'impegno personale senza alcuna retribuzione economica. In una societa' materialista, in cui il successo si raggiunge attraverso effimere passerelle oppure inseguendo audience mediatiche, incontrare questi giovani significa credere che gli anticorpi al "totalitarismo" culturale stiano nascendo, nonostante tutto. Per tutta la settimana, fino a domenica, le nostre colline saranno percorse dalla numerosa troupe, guidata da Elisa Bolognini, alla ricerca (giorno e notte) dello spirito dei poeti, per trasporre nell'immagine cio' che loro trasfusero nella parola. 14. INCONTRI. A GUALTIERI IL 28 SETTEMBRE [Dall'Associazione Resistenza e Pace (ass-rep at libero.it) riceviamo e diffondiamo] Il Collettivo nonviolento uomo ambiente, il Coordinamento provinciale obiettori fiscali alle spese militari, la Rete di Lilliput bassa reggiana, mantovana, cremonese, promuovono venerdi 28 settembre, alle ore 21, al teatro palazzo Greppi, Santa Vittora, Gualtieri (RE), una serata pacifista sui temi della nonviolenza e della globalizzazione con interventi, testimonianze, concerto, tavoli di associazioni (commercio equosolidale, finanza etica, etc.). La serata e' di solidarieta' con l'obiettrice pignorata Dirce. Per informazioni: e-mail: kampa.anto at libero.it 15. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA GUIDO QUAZZA A SERGIO QUINZIO * GUIDO QUAZZA Profilo: storico (nato a Genova nel 1922, figlio dello storico Romolo Quazza), prese parte alla Resistenza, docente universitario, presidente dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia. Opere di Guido Quazza: del suo lavoro storiografico cfr. almeno La Resistenza italiana (1966); ma cfr. anche la testimonianza del suo impegno per e con gli studenti nel libro Piani di studio (1970). * RAYMOND QUENEAU Profilo: nato a Le Havre nel 1903 e scomparso a Parigi nel 1975, letterato di cultura vertiginosa, direttore dell'Encyclopédie de la Pléiade presso Gallimard, fondatore dell'Ouvroir de Littérature potentielle (Oulipo); come è stato detto, la sua biografia coincide essenzialmente con la sua bibliografia. Opere di Raymond Queneau: tra le opere di Queneau segnaliamo almeno Exercises de style (traduzione italiana di Umberto Eco per Einaudi); Petite cosmogonie portative (traduzione italiana di Sergio Solmi per Einaudi); Zazie dans le métro (traduzione italiana di Franco Fortini); Les fleurs bleues (traduzione italiana di Italo Calvino). Opere su Raymond Queneau: Gianni Poli, Invito alla lettura di Queneau, Mursia, Milano. * WILLARD VAN ORMAN QUINE Profilo: filosofo e logico americano, nato nel 1908, deceduto sul finire del 2000. Opere di Willard Van Orman Quine: segnaliamo Parola e oggetto, Milano 1970. Cfr. anche Quidditates, Milano 1991. Opere su Willard Van Orman Quine: Gloria Origgi, Introduzione a Quine, Laterza, Roma-Bari 2000. * SERGIO QUINZIO Profilo: pensatore, biblista, saggista; nato ad Alassio nel 1927, morto a Roma nel 1996. Opere di Sergio Quinzio: in volume segnaliamo Diario profetico; Religione e futuro; Giudizio sulla storia; Cristianesimo dell' inizio e della fine; Che cosa ha veramente detto Teilhard de Chardin; La dimensione del nostro tempo; Laicità e verità religiosa. La religione nella scuola; Un commento alla Bibbia; Monoteismo ed Ebraismo (con Piero Stefani); L'impossibile morte dell'intellettuale; La fede sepolta; Dalla gola del leone; L'incoronazione; La filosofia della Bibbia (a cura di); Silenzio di Dio; La croce e il nulla; La speranza nell'apocalisse; Domande sulla santità; Le radici ebraiche del moderno; La sconfitta di Dio; Incertezze e provocazioni; I vangeli della domenica; Mysterium iniquitatis. Segnaliamo inoltre l'intervista a cura di Leo Lestigi, La tenerezza di Dio; la raccolta delle Lettere agli amici di Montebello; la raccolta di scritti inediti L' esilio e la gloria (scritti inediti 1969-1996). Opere su Sergio Quinzio: segnaliamo il fascicolo monografico di "Bailamme" n. 20 del dicembre 1996, Sergio Quinzio in memoriam; il fascicolo contiene studi, documenti ed una eccellente bibliografia (alle pp. 275-301). Segnaliamo anche il fascicolo di "Humanitas" 1, 1999, monografico su: Sergio Quinzio: le domande della fede. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 230 del 16 settembre 2001
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