Catena di SanLibero 75



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riccardo orioles <ricc at libero.it>
tanto per abbaiare
21 maggio 2001 - n.75
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Questa e' l'ultima lettera, credo, di Paolo Borsellino ed e'
indirizzata a una delle tante insegnanti che richiedevano la sua
presenza nelle scuole per parlare coi ragazzi della lotta alla mafia.
Nella prima parte della lettera, che ometto, il magistrato continua a
scusarsi con la professoressa per il ritardo a rispondere ed elenca
diffusamente e umilmente tutte le ragioni che gli hanno impedito di
rispondere prima.
Ripropongo questa lettera oggi per due precisi motivi.
In primo luogo, perche' il nome di Borsellino e' di quelli che, per
ordine superiore, verranno raramente mentovati da giornali e
televisioni nei prossimi anni: percio' uno dei nostri compiti, qui ed
ora, e' quello di ricordare ai ragazzi che in Italia e' vissuto Paolo
Borsellino.
In secondo luogo, perche' adesso e' il momento di ricordare formalmente
qual era il punto di vista tecnico di Borsellino e Falcone sulla mafia:
"La mafia (Cosa Nostra) e' una organizzazione criminale, unitaria e
verticisticamente strutturata"; "il conflitto con lo Stato con cui Cosa
Nostra e' in sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si
attribuiscono le stesse funzioni) e' risolto condizionando lo Stato
dall'interno". Entrambi questi punti di vista vengono oggi rinnegati e
diversi organi giudiziari (a partire dalla Cassazione), negando
l'unitarieta' dell'organizzazione mafiosa, hanno gia' assolto numerosi
imputati che, seguendo il punto di vista di Borsellino e Falcone,
sarebbero stati invece duramente condannati.
Ciascuna istituzione, naturalmente, ha il diritto di fare nel proprio
ambito le scelte che crede e, nell'arco di queste scelte, di
individuare una strada. Diritto loro. A patto che sia chiaro che con
Falcone e Borsellino non c'e' proprio piu' niente a che vedere.
* * *
Palermo, 19 luglio 1992. "Gentilissima" professoressa, uso le
virgolette perche' le ha usate Lei nello scrivermi, non so se per
sottolineare qualcosa, e "pentito" mi dichiaro e dispiaciutissimo per
il disappunto che ho causato agli studenti del Suo Liceo per la mia
mancata presenza all'incontro di Venerdi' 24 gennaio.
Oggi non e' per certo il giorno piu' adatto per risponderLe perche'
frattanto la mia citta' si e' di nuovo barbaramente insanguinata ed io
non ho piu' tempo da dedicare neanche ai miei figli, che vedo raramente
poiche' dormono quando esco da casa ed al mio rientro, quasi sempre in
ore notturne, li trovo nuovamente addormentati.
Ma e' la prima domenica, dopo almeno tre mesi, che mi sono imposto di
non lavorare e non ho difficolta' a rispondere, pero' in modo
telegrafico, alle sue domande.
1) Sono diventato giudice perche' nutrivo grandissima passione per il
diritto civile ed entrai in magistratura con l'idea di diventare un
civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalla necessita'
di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la
carriera per me piu' percorribile per dare sfogo al mio desiderio di
ricerca giuridica non appagabile con la carriera universitaria per la
quale occorrevano tempo e santi in paradiso.
Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e
fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il
meglio di me stesso. E' vero che nel 1975, per rientrare a Palermo, ove
ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all'Ufficio Istruzione
Processi Penali, ma ottenni l'applicazione, anche se saltuaria, ad una
sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche
dei diritti reali, delle (...) legali, delle divisioni ereditarie ecc.
Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Cons.
Chinnici volle che mi occupassi io dell'istruzione del relativo
procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato,
provenendo anche egli dal Civile, il mio amico d'infanzia Giovanni
Falcone e sin da allora capii che il mio lavoro doveva essere un altro.
Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un
senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad
occuparmi quasi casualmente, ma, se amavo questa terra, di essi dovevo
esclusivamente occuparmi.
Non ho piu' lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo
pressoche' esclusivamente di criminalita' mafiosa. E sono ottimista
poiche' vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi
una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io
mantenni sino ai quarant'anni. Quando questi giovani saranno adulti
avranno piu' forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne
abbiamo avuta.
2) La Dia e' un organismo investigativo formato da elementi dei
Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, e la
sua istituzione si propone di realizzare il coordinamento fra queste
tre strutture investigative che, fino ad ora, con lodevoli ma scarse
eccezioni, hanno agito senza assicurare un reciproco scambio di
informazioni ed una auspicabile razionale divisione dei compiti loro
istituzionalmente affidati in modo promiscuo e non coordinato.
3) La mafia (Cosa Nostra) e' una organizzazione criminale, unitaria e
verticisticamente strutturata, che si contraddistingue da ogni altra
per la sua caratteristica di "territorialita'".
Essa e' suddivisa in "famiglie", collegate tra loro per la comune
dipendenza da una direzione comune (Cupola), che tendono ad esercitare
sul territorio la stessa sovranita' che su esso esercita, deve
esercitare, legittimamente, lo Stato.
Cio' comporta che Cosa Nostra tende ad appropriarsi delle ricchezze che
si producono o affluiscono sul territorio principalmente con
l'imposizione di tangenti (paragonabili alle esazioni fiscali dello
Stato) e con l'accaparramento degli appalti pubblici, fornendo al
contempo una serie di servizi apparenti rassembrabili a quelli di
giustizia, ordine pubblico, lavoro ecc., che dovrebbero essere forniti
esclusivamente dallo Stato.
E' naturalmente una fornitura apparente perche' a somma algebrica zero,
nel senso che ogni esigenza di giustizia e' soddisfatta dalla mafia
mediante una corrispondente ingiustizia. Nel senso che la tutela dalle
altre forme di criminalita' (storicamente soprattutto dal terrorismo)
e' fornita attraverso l'imposizione di altra e piu' grave forma di
criminalita'. Nel senso che il lavoro e' assicurato ad alcuni (pochi)
togliendolo ad altri (molti).
La produzione ed il commercio della droga, che pur hanno fornito Cosa
Nostra dei mezzi economici prima indispensabili, sono accidenti di
questo sistema criminale e non necessari alla sua perpetuazione.
Il conflitto inevitabile con lo Stato con cui Cosa Nostra e' in
sostanziale concorrenza (hanno lo stesso territorio e si attribuiscono
le stesse funzioni) e' risolto condizionando lo Stato dall'interno,
cioe' con le infiltrazioni negli organi pubblici che tendono a
condizionare la volonta' di questi perche' venga indirizzata verso il
soddisfacimento degli interessi mafiosi e non di quelli di tutta la
comunita' sociale.
Alle altre organizzazioni criminali di tipo mafioso (camorra,
'ndrangheta, Sacra Corona Unita ecc.) difetta la caratteristica della
unitarieta' ed esclusivita'. Sono organizzazioni criminali che agiscono
con le stesse caratteristiche di sopraffazione e violenza di Cosa
Nostra, ma non ne hanno l'organizzazione verticistica ed unitaria.
Usufruiscono inoltre in forma minore del "consenso" di cui Cosa Nostra
si avvale per accreditarsi come istituzione alternativa allo Stato, che
tuttavia con gli organi di questo tende a confondersi.
Paolo Borsellino
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Italia. Il magistrato di Brescia ha deciso l'archiviazione del
procedimento contro i giudici di Mani Pulite, indagati per attentato
agli organi istituzionali per l'invito a comparire rivolto nel 94
all'allora presidente del Consiglio Berlusconi. Questi sosteneva di
avere perso il governo a causa della mala figura fattagli fare dai
giudici; Maroni ha pero' testimoniato che la Lega aveva deciso di far
cadere il governo Berlusconi gia' quindici giorni prima che i giudici
milanesi mandassero il loro invito a comparire.
Cosi', grazie alla testimonianza di un leghista, Borrelli e compagnia
bella non sono finiti sotto processo per la colpa di avere indagato
Berlusconi. Gli e' andata bene. Stavolta.
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Italia. Il presidente della Federazione editori, Mario Ciancio, e'
stato sostituito da Luca di Montezemolo. Ciancio, proprietario di tutti
i quotidiani siciliani e diversi altri, e' socio di Cesare Romiti. Era
diventato presidente degli editori grazie a una larga intesa con
l'apporto determinante sia di Romiti che del gruppo Caracciolo.
Montezemolo, la cui principale caratteristica consiste nella sua
parentela con la famiglia Agnelli, era stato protagonista di una buffa
storia di ministero offerto, accettato e rifiutato con Berlusconi; la
vicenda, unitamente ad alcune esternazioni dell'avvocato Agnelli, e'
stata interpretata dalla stampa come un'adesione del gruppo Agnelli al
nuovo regime e sembrava essersi risolta in una bolla di sapone.
Ufficialmente, Montezemolo aveva alla fine declinato l'offerta di
Berlusconi in seguito alle proteste del popolo ferrarista che non
voleva assolutamente rinunciare ai suoi insostituibili talenti.
In realta', la vera trattativa si e' svolta - discretamente - su altri
piani, e la poltrona per cui Montezemolo (e dunque il gruppo Agnelli)
in realta' correva era quella di coordinatore dell'editoria dei grandi
gruppi industriali. Questo obiettivo e' stato conseguito, ed era un
obiettivo importante, anche se i giornali hanno ovviamente relegato
nelle pagine interne l'avvenimento. Quale ruolo ha avuto Romiti in
questa trattativa? E' stato Romiti a convincere il suo socio Ciancio a
farsi da parte? In cambio di che cosa? Ciancio e' sempre lo stesso
Ciancio che a suo tempo si rifiuto' di pubblicare sul suo giornale i
necrologi delle vittime della mafia, e che rimprovero' davanti a un
boss mafioso un proprio cronista colpevole di averne parlato male?
Oppure e' un altro Ciancio, democratico e civile, con cui i Romiti, gli
Agnelli e i Berlusconi possono tranquillamente trattare da pari a pari?
Quante domande non si trovano, amici miei, sui giornali...
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Segnaletiche. In Sicilia si vota ancora, fra qualche settimana, per le
regionali. Tutte le citta' siciliane sono tappezzate di foto
segnaletiche, ma in formato dieci metri per quattro e senza impronte
digitali, di minacciosi signori che intimano di essere votati.
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Ad Agrigento, in Sicilia, plebiscitato il politico che s'era costruito
la villa (intestata a sua suocera) esattamente nel mezzo dei templi
greci. Mi par di vedere tutta la popolazione maschile della citta' che
si dirige in corteo, col piccone in spalla e cantando "Andiamo-
andiam...", verso i templi e cominciare metodicamente a sbriciolarli
alla talebana. Quanta buona area edificabile sprecata.
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A Trapani, in Sicilia, eletto il figlo di Craxi. Nel secolo scorso,
nella stessa citta', venne plebiscitariamente eletto un certo Nunzio
Nasi, che i magistrati accusavano di essere il mandante dell'omicidio
Notarbartolo (il primo omicidio mafioso "moderno", legato agli affari
del Banco di Sicilia). Nel secolo nostro, la provincia di Trapani e'
nota per essere stata (indagini di Chinnici, Ciaccio Montalto e
Falcone) la provincia col piu' alto numero di sportelli bancari e di
logge massoniche coperte; nonche' dei massimi imprenditori mafiosi, i
cugini Salvo di Salemi.
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Estate. E' il momento di comprare gli occhiali da sole. Su tutti i
giornali e le televisioni escono spontaneamente e contemporaneamente
dei bellissimi servizi (servizi giornalistici, non pubblicita') in cui
si presentano con grande entusiasmo i principali modelli delle
principali aziende che producono occhiali da sole. Tutti i servizi si
concludono con l'esortazione a non comprare occhiali da sole sulle
bancarelle, perche' non sono di marca e fanno male.
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Inverno. Metano piu' caro, quest'inverno: la regione Sicilia, che ha
capito un sacco di cose, ha deciso di imporre un "pizzo" dieci lire al
metro cubo su tutto il metano che attraversa il suo territorio per
arrivare nel resto d'Italia dall'Algeria.
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Vaticano. Il cardinal Ratzinger manda a dire i principali problemi di
morale cattolica con cui il nuovo governo, piu' amico del precedente,
si dovra' confrontare. Aborto, scuole dei preti, divorzio e omosessuali
sono temi su cui, dal governo della provvidenza, si attendono segnali
chiari. Per completezza, sua eminenza ha aggiunto anche una noticina
sulla masturbazione, atto "oggettivamente grave" che necessita
evidentemente di qualche attenzione da parte delle autorita' civili e
religiose. Immagino dunque che il nuovo ministro dell'Istruzione
Popolare non manchera' di mobilitare insegnanti e studenti contro il
pericolo delle seghe.
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Cronaca. Roma. Un uomo sulla cinquantina, un piccolo imprenditore
romano, ha rapinato di venti milioni con un coltello da cucina il
direttore del Banco Ambroveneto, al Labaro. Ottenuta la somma, ha
gettato il coltello ed e' scoppiato in lacrime. Si ritiene sia una
vittima dell'usura.
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Cronaca. Roma. Un ragazzo cingalese di dodici anni e' stato minacciato
per diversi mesi da alcuni compagni di scuola e sottoposto ad ogni
sorta di angherie perche' era "nero". Alla fine, gli altri ragazzini
della classe si sono mobilitati per difendere il loro amico. I giovani
razzisti hanno fatto intervenire dei loro amici, delinquenti comuni,
che hanno sequestrato il "nero" e uno dei ragazzi che lo difendevano e
li hanno picchiati a sangue, costringendoli a inginocchiarsi e a
rivelare i nomi degli altri ragazzi antirazzisti della scuola.
Coltelli, spranghe, croci celtiche e viva Lazio.
I giovani (ma non tutti giovani) delinquenti alla fine sono stati
fermati dalla polizia. Nessuno degli insegnanti e' intervenuto ("Non ci
siamo accorti di niente") per tutti i mesi in cui e' durata la
persecuzione.
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Pro-internet. Danimarca. Il governo danese ha annunciato una legge in
base alla quale sara' possibile scaricare legalmente file musicali
dall'internet, a condizione di farne uso personale e di non dare i
materiali scaricati ad altri. Proteste della Federazione internazionale
dell'industria discografica, che si e' dichiarata "scioccata"
dall'annuncio dei danesi.
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Anti-internet. Spagna. Le Cortes (il Parlamento spagnolo) stanno per
approvare una "Legge sul commercio elettronico" che, se arrivera' ad
entrare in vigore, potra' fare da modello (negativo) per l'intera
Europa. La legge spagnola considera infatti qualunque scambio di
informazioni sull'internet come una attivita' in se' intrinsecamente
economica, soggetta dunque - con gli opportuni adattamenti - alla
legislazione che regola le attivita' delle aziende commerciali. In
particolare viene considerata attivita' commerciale quella di chi mette
comunque informazioni in rete, anche gratis.
A partire da questo principio-base, si richiede la registrazione di
ogni singolo sito web, sia esso il portale di un grande quotidiano o la
pagina amatoriale di un hobbysta. La multa prevista per gli
inadempienti supera i centocinquanta milioni di lire ed e' facile
capire come una sanzione del genere spazzi via senza appello tutti i
siti volontaristici e senza fini di lucro di associazioni, studenti,
ricercatori e semplici cittadini desiderosi di usare l'internet per
esprimersi e per comunicare. Nemmeno le e-mail, in presenza di un
qualsiasi contenuto informativo, sfuggono alla griglia prevista dalla
legge: il che fa piazza pulita delle newsletter, dei newsgroup e di
tutti gli altri stumenti "leggeri" che da sempre costituiscono il
segmento piu' partecipato e creativo della rete.
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Tesi. L'universita' della Virginia ha messo a punto un software che
consente di verificare se in un documento - ad esempio una tesi di
laurea... - vi siano capoversi copiati da altri testi presenti in rete.
Il problema e' sorto quando i professori si sono accorti che in molti
casi gli studenti si limitavano a un paziente lavoro di cut&paste di
materiali recuperati sull'internet, montandoli poi in modo da
presentarsi rapidamente agli esami con tesi "proprie". L'Universita' ha
deciso che d'ora in avanti sara' consentito copiare non piu' di qualche
centinaio di parole per tesi: un quantitativo superiore fara' scattare
il software ed annullare l'elaborato.
Non e' stata tuttavia sviluppata una release specifica per il
monitoraggio delle pubblicazioni - fondamentali ai fini della carriera
- presentate dal corpo docente...
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Mercato. Si "automobilizzano" i processori. Non si e' ancora risolto lo
scontro Intel-Amd sul nuovo processore-standard dei Pc home. Ormai da
quasi un anno i Pentium della Intel subiscono la concorrenza sempre
piu' incisiva dei nuovi processori Amd, che si collocano piu' a o meno
nella stessa fascia di prestazioni ma con tendenza a una maggiore
economicita'.
I problemi della prima generazione di Pentium 4,  (surriscaldamento,
ecc.) hanno dato un insperato vantaggio iniziale agli Amd che hanno
potuto aprire una prima breccia in un mercato fino a due anni fa
completamente monopoplizzato (a parte la nicchia Apple-Motorola) da
Intel.
Questo vantaggio non si e' ridotto, o si e' ridotto di poco, anche dopo
che la Intel e' riuscita a regolarizzare le prestazioni dei Pentium e a
renderli affidabili per il medio utente. Da quel momento in poi la
guerra e' stata combattuta per diversi mesi pubblicizzando gli
incrementi della velocita' di clock, il dato piu' immediatamente
percepibile (anche se in se' non risolutivo) dall'utente finale. Fin
qui, niente di nuovo.
La novita' e' invece che, alla fine di uno scontro sostanzialmente
privo di risultati, la Intel e' passata a una vera e propria guerra dei
prezzi riducendo sensibilmente i prezzi dei propri processori: la Amd
ha subito reagito annunciando a propria volta una riduzione dei prezzi.
Entrambe le aziende negano ufficialmente l'intenzione di dar vita a una
guerra dei prezzi "che non converrebbe a nessuno". Fatto sta che per la
prima volta una concorrenza di tipo "automobilistico" si manifesta in
un settore - quello dei processori di base - in cui finora le uniche
emozioni commerciali erano venute dalle nicchie laterali (palmari,
stazioni grafiche, ecc.) ma mai dal corpo principale del mercato.
Qualcosa si muove nel cuore hardware della new economy...
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Giuseppe wrote:
<Ciao Riccardo, leggo la tua rubrica regolarmente e come messinese, mi
da' certamente un po' di sostegno, di voglia di combattere, di non
vendermi al nemico. Tu conosci la ns. realta' e sai che non e' facile
fare impresa in Sicilia e men che meno a Messina dove a parte
Universita', Comune, Provincia, Policlinico ed Arsenale non puoi
vendere a nessuno; e ciascuno di questi soggetti negli anni ha avuto i
riflettori puntati addosso e la propria brava dose di copertura da
parte dei fratelli massoni. Adesso, con un risultato bulgaro come l'en
plein siciliano, dove sbattiamo la testa? Io le mutande non me le calo
ma non posso fare a meno di pensare che una persona su due tra quelle
che incontro ha consegnato la mia azienda, la mia sanita', la mia
scuola, i miei giudici (quei pochi che erano rimasti) ad un manifesto.
Ed hai voglia di leggere micromega, antimafiaduemila, tanto per
abbaiare, e di scendere in piazza per levarti dalle palle i tir che
appiattiscono pedoni in pieno centro citta' e bucano i polmoni perche'
ai padroni di Messina fa comodo che passino da li'... una persona su
due della nostra Sicilia, della mia Messina ha scelto cosi'.>
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Posta in ritardo/ 1.
Leonardo (che allora aveva 18 anni, e adesso piu' o meno trenta e
chissa' come la pensa ora) wrote:
<La criminalita' organizzata e' oggi piu' agguerrita che in passato. Le
recenti vicende di Milano (vedi Duomo connection) dimostrano che la
"piovra" ha ormai esteso i suoi tentacoli alle regioni dell'Italia
settentrionale. Convinto che sia dovere morale se non giuridico di ogni
cittadino contribuire alla lotta contro la piaga malavitosa, mi
permetto di suggerire una iniziativa coraggiosa e giusta insieme.
Recentemente, sono state raccolte firme in segno di solidarieta' ai
militari italiani impegnati nel conflitto del Golfo Persico. Io
propongo la raccolta di firme contro la mafia; se vorrete considerare
la mia proposta, saro' lieto di apporre la mia firma accanto alle
altre.>
* * *
Caro Leonardo, grazie innanzitutto della tua proposta, che giro
volentieri ai lettori. Personalmente, non credo molto alle raccolte di
firme, che a volte finiscono per essere un modo "facile" per mettersi
la coscienza in pace rispetto a un problema duro, o magari per
strumentalizzarlo ai propri fini di parte, com'e' avvenuto per le firme
"di solidarieta'" ai militari che tu citi. Le donne e gli uomini che
conducono la lotta alla mafia hanno bisogno di fatti, non di altre
parole, specialmente ora che lo Stato si e' schierato apertamente
contro di loro. Fatti, puo' significare molte cose: ed anche
semplicemente far bene il proprio lavoro quotidiano, nella propria
vita, rischiando (quando ce n'e' bisogno) quel che c'e' da rischiare,
dando sempre i nomi esatti alle cose, e svergognando a gran voce chi
invece questi nomi li vuol cambiare. Questo e' piu' che sufficiente per
cancellare qualunque tipo di mafia dalla faccia della terra, se
facciamo tutti cosi'.
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Posta in ritardo/ 2.
Caro Orazio, hai perfettamente ragione. I cavalieri sono il frutto di
una precisa configurazione, in termini sempre piu' oligarchici, del
sistema economico-sociale che, nelle specifiche condizioni date, assume
per avventura "anche" caratteristiche "mafiose". Dissento da te solo su
un punto, che pero' e' centrale: "anche se non fossero stati mafiosi".
Non avrebbero potuto non esserlo; esattamente come la Fiat o l'Ansaldo,
nella congiuntura del 1914, non avrebbero potuto non essere
interventisti; o come un mercante di Liverpool, nel diciassettesimo
secolo, non avrebbe potuto non essere un mercante di schiavi. La mafia,
cioe', non e' piu' una patologia del sistema ma una sua componente
strutturale. Questo e' il motivo per cui il sistema politico-mafioso
non solo si estende al resto d'Italia, ma tende anche a imporsi come
modello nazionale. Parallelamente, e' anche il motivo per cui le
esperienze dei movimenti antimafiosi siciliani non solo tendono a
uscire dai confini regionali ma si propongono sempre piu' come modello
organizzativo e politico globale.
Cosi', se da un lato un operatore del sistema di potere "locale" come,
p.es., Salvo Ando' puo' assumere un peso notevole nel sistema di potere
nazionale, dall'altro esperienze di movimento "locali" come il
Coordinamento Antimafia o I Siciliani possono venire in larga parte
riprese da movimenti d'opposizione - come la Rete - a livello
nazionale. Il discorso vale anche in ambiti piu' specialistici: nel mio
campo, che e' il giornalismo, c'e' per esempio un filo nettissimo di
continuita' (anche sul piano delle scelte tecniche-organizzative) fra I
Siciliani di Giuseppe Fava, I Siciliani dell'84-85 e Avvenimenti di
adesso (1992): il che, oltre che ai sentimenti personali che puoi
immaginare, m'induce a ritenere d'essere in presenza di un dato
innovatore, e significativo.
E' possibile individuare con precisione gli aspetti che contengono -
abbiamo visto che dal lato del potere il fatto nuovo e' dato
dall'integrazione "mafiosa" - l'elemento di novita' dell'opposizione
"siciliana", della sua politica e cultura, e delle sue forme
organizzative? Ritengo di si', ed e' anzi il mio lavoro di questi anni.
Abbiamo dimostrato che si puo' fare politica senza ideologie - un
termine che Marx aborriva - e senza tuttavia scadere nei qualunquismi;
che l'oppposizione puo' essere condotta direttamente non solo contro le
sovrastrutture ideologico-culturali del sistema di potere, ma
direttamente contro le sue strutture portanti economiche e sociali, col
massimo di concretezza e di radicalita'; che questa opposizione puo'
essere confortata da una solidarieta' popolare vasta e attiva, molto
piu' che nel caso di un'opposizione ideologicamente connotata; che essa
puo' essere gestita al di fuori dei modelli organizzativi verticistici
e "professionali" attualmente in uso in tutte le forze politiche, le
progressiste comprese. E siamo appena ai primi passi, alle prime -
spesso maldestre - esplorazioni. Ti ringrazio di avermi scritto.
Affettuosamente.
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E' stato silenziosamente scarcerato, e altrettanto silenziosamente
reincarcerato, Francesco Giammusso, esponente del clan Santapaola e
assassino di Giuseppe Fava. Alcuni giornali - ma pochi - hanno dato
questa notizia nelle pagine interne; la maggior parte l'ha ignorata del
tutto. "Italia, quanta vergogna - e quanto debito per l'avvenire".
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Riepilogo IV

Voi non potete capire
cos'era la vita in quel momento.
I cannoni dei carri puntati sulle case
i camion dei soldati per i viali
gli alberi del corso netti
nel nero dell'incendio.
Quando una sera ho sentito i passi pesanti
salire per le scale
e la porta percossa da colpi inesorabili
voi non potete capire cosa ho provato allora.
E sono salito sulla loro macchina nera
e li ho portati da quelli che conoscevo.
Dopo, poi che tutto fu finito,
non potevo dimenticare gli occhi
che ho svegliato di notte con voce d'amico.

Ma non e' stata colpa mia,
vi dico! Non e' stata colpa mia.
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"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio di lottare?" (Giuseppe
Fava)
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