[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
La nonviolenza è in cammino. 163
- Subject: La nonviolenza è in cammino. 163
- From: "Centro ricerca pace Viterbo" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 31 Mar 2001 13:16:06 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 163 del 28 marzo 2001 Sommario di questo numero: 1. Aldo Capitini, attraverso due terzi del secolo 2. Albino Bizzotto, carissimi fratelli vescovi 3. Rosa Luxemburg, e nel buio sorrido alla vita 4. La "Carta" del Movimento Nonviolento 5. Per saperne di piu' 1. MATERIALI. ALDO CAPITINI: ATTRAVERSO DUE TERZI DEL SECOLO [Dal sito dell'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini (www.citinv.it/associazioni/ANAAC/) riportiamo questo fondamentale testo autobiografico del grande pensatore e militante nonviolento scritto nell'agosto 1968] Sono nato a Perugia il 23 dicembre 1899, in una casa nell'interno povera, ma in una posizione stupenda, perche' sotto la torre campanaria del palazzo comunale, con la vista, sopra i tetti, della campagna e dell'orizzonte umbro, specialmente del monte di Assisi, di una bellezza ineffabile. Mio padre era un modesto impiegato comunale, e custode del campanile; suonava anche le campane comunali, e tutti noi in casa sapevamo farlo. Mia madre, che veniva dal vicino villaggio di Brufa, lavorava instancabile per la casa e come sarta, per altri. Avevo un fratello, maggiore di me. I primi venti anni della mia vita si sono svolti secondo un modello tipico. Precoce come sensibilita', riflessivita' e interesse per la lettura e anche per la poesia, non avevo nessuna guida, sicche' mi fu una grande scossa l'incontro con la letteratura futurista, i suoi manifesti, i suoi programmi innovatori che mi presero per un po' di tempo, dal 1913 al 1916, associandosi al nazionalismo di adolescente (leggevo fin da piccolo i giornali), e in contrasto col fondo del mio carattere, che invece preferiva letterati e poeti meditativi e moralisti, come Boine, Slataper, Jahier, e specialmente Ibsen. Fu il periodo dei molti amici, delle esperienze varie e anche troppo varie e sciocche, della mescolanza di poesia e di grossa polemica, finche' mi avviavo alla "conversione" che avvenne negli anni 1918-1919 dalla vita di "esperienze" all'austerita', dal nazionalismo all'umanitarismo pacifista e socialista, dalle letture contemporanee allo studio delle lingue e letterature latina e greca, che cominciai con la massima tensione nel 1919 da zero, visto che, per poverta', ero stato indirizzato agli studi dell'istituto tecnico. Autodidatta accuratissimo, in condizione di poverta' per le grammatiche e i classici che compravo ad uno ad uno, sottoponevo la mia gracile costituzione fisica (che mi aveva risparmiato il servizio militare e la guerra) ad uno sforzo che mi porto' all'esaurimento e alle continue difficolta' del sonno e della digestione: cosi' oltre il classicismo letterario e quasi filologico, la conoscenza della Bibbia e la vicinanza al Leopardi, acquisii in quegli anni l'esperienza della finitezza umana, del dolore fisico, dell'inattivita' sfinita in mezzo alle persone attive, un'esperienza che con la componente della costruzione culturale, era la componente della ricerca etico-religiosa, gia' da anni indipendente dalla religione tradizionale. Sapevo bene gli erramenti che mi ero lasciato alle spalle, che furono anche quelli del primo ventennio del secolo in Italia. Avevo imparato perche' il "classico", il "morale", le beatitudini evangeliche, la democrazia e il socialismo, erano dei valori, ci ero arrivato dopo l'eversione, il disordine, il dannunzianesimo, il marinettismo, le "parole in liberta'". Avevo un senso cosi' serio, umano e autentico delle "strutture", che il fascismo non mi prese minimamente, e se non partecipai attivamente alle iniziative politiche opposte fu soltanto perche' ero tutto preso dalla mia costruzione culturale e dai malanni. Oggi mi pare quasi impossibile che ne' la "Rivoluzione liberale", ne' i socialisti ne' Gramsci mi abbiano preso, tra il 1921 e il 1924, e io lo attribuisco anche al fatto che la fragilita' della salute mi aveva indotto ad andare in campagna per rimettermi (facevo il precettore), e questo mi stacco' dalle ripercussioni dirette della politica, che pur seguivo. O forse si potrebbe dire che io dovevo "fare" solo quando avrei potuto dare "aggiunte" singolari e diverse, e in quegli anni veramente non ero ancora capace di dare qualche cosa, che doveva invece maturare per successivi momenti. Nel ventennio dal 1924 al 1944 ho potuto mettere a frutto quel senso etico-classico dei valori e della vita, in un modo che indicherei mediante quattro punti: 1. negli studi universitari a Pisa dal 1924, letterari all'inizio secondo l'impulso del primo ventennio e della conversione del 1919, passai sempre piu' agli studi filosofici specialmente dal 1933, che meglio mi servivano per costruire le giustificazioni dell'opposizione al fascismo e della costruzione libero-religiosa; 2. alla posizione di intellettuale associai, dopo la Conciliazione e la vista del tradimento del Vangelo, il lavoro pratico di propaganda di idee, di cercare altri, di formare gruppi, lavoro che cominciai alla Normale di Pisa, dove ero segretario, nel 1931 e continuai con Claudio Baglietto (morto poi a Basilea nel 1940, esule e obiettore di coscienza), uniti nel diffondere nuovi principi di vita religiosa, teistica, nonviolenta (avevamo conosciuto la non collaborazione di Gandhi), antifascista; da allora io sono principalmente il ricercatore e il costitutore di una vita religiosa, in contrasto con quella tradizionale, leggendaria, istituzionale, autoritaria, e compromessa fino al collo con la guerra, i privilegi, le oppressioni delle societa' attuali; da allora ho sempre meglio chiarito per me e per gli altri che cosa significasse la piu' profonda apertura a tutti (sono stato colui che piu' ha usato nel periodo fascista il termine di "apertura", anche nei libri allora pubblicati; 3. presa da Gandhi l'idea del metodo nonviolento impostato sulla noncollaborazione, potevo avere una guida per dir "no" al fascismo (quando Giovanni Gentile mi chiese la tessera fascista per conservarmi nel posto della Normale), e soprattutto un modo per realizzare concretamente quel certo francescanesimo a cui tendevo da fanciullo, col vantaggio che mentre San Francesco era prima dell'Illuminismo, Gandhi veniva dopo il Settecento, con la serissima applicazione dei principi della liberta', fratellanza, eguaglianza (piu' che non abbiano fatto i borghesi che li avevano annunciati), e del valore fondamentale della ragione critica e della coscienza anche in religione; per oppormi alle guerre che Mussolini preparava, presi la decisione vegetariana, nella convinzione che il risparmio delle vite di subumani inducesse al rifiuto di uccidere esseri umani; 4. la mia spinta alla politica, viva fin dalla fanciullezza (e dico prima dei dieci anni) finalmente si veniva concretando, anche per opposizione alla dittatura, in una sintesi di liberta' e di socialismo, criticando nel liberalismo la difesa dell'iniziativa privata capitalistica e nel socialismo vittorioso la trasformazione in statalismo non aperto al controllo dal basso e alla liberta' di informazione e di critica per ogni cittadino, anche proletario. Dal 1933 al 1943 ho fatto propaganda girando in molte citta' e con frequentissimi incontri a Perugia, specialmente tra i giovani, per costituire gruppi di antifascismo; forse in quel periodo ho avvicinato piu' giovani di ogni altro in Italia: questo era noto, tanto che un amico mi disse enfaticamente "le donne partoriscono per te", e lo ricordo per insegnare il valore dell'attivita' nonviolenta che cerca e stabilisce le solidarieta', e puo' contare sull'esempio (in quel caso, il mio "no" al fascismo) e sulla parola. Questa fu aiutata da molti fogli che facevo circolare, e da tre libri che pubblicai in quel periodo: gli Elementi di un'esperienza religiosa (da Laterza, 1937), Vita religiosa (da Cappelli, 1942), Atti della presenza aperta (da Sansoni, 1943). Il primo libro fu fatto stampare dal Croce, che avevo conosciuto, mediante Luigi Russo, a Firenze (Adolfo Omodeo scrisse a Luigi Russo il 20 ottobre 1936: "Don Benedetto e' tornato molto soddisfatto di un lavoro filosofico di un tuo scolaro di Perugia e me lo vuol far leggere"; ma non fui mai scolaro di Luigi Russo). Mentre l'opposizione politica antifascista rinnovava i suoi sforzi, ed era continuamente stroncata dalle uccisioni e dagli arresti (Gramsci e i Rosselli morirono nel 1937), e mentre Mussolini vinceva in Africa e in Spagna, il mio antifascismo, con le sue ragioni religiose, aveva la forza di demitizzare le influenze esteriori e di chiedere tutta l'anima. Senza che io ponessi la nonviolenza come necessaria conseguenza; tanto e' vero che i gruppi, specialmente dopo l'accordo che feci con Walter Binni prima, e poi con Guido Calogero, erano nettamente di indirizzo politico nei fini e nei mezzi, e per alcuni l'indirizzo fu esplicitamente di "liberalsocialismo". Il mio proposito dal 1931, da "profeta" e "apostolo" religioso, che l'Italia si liberasse dal fascismo mediante la noncollaborazione nonviolenta, proposito reso sempre piu' difficile dalla stretta collaborazione col fascismo della Chiesa romana, della Monarchia e dell'esercito, del Gentile e della maggioranza degli intellettuali, diventava non previsione, ma lezione. I miei amici si prospettavano i modi nei quali sarebbe stato possibile rovesciare la dittatura; e la guerra europea ne preparava l'attuazione; io non potevo che associarmi con loro nella diffusione dell'opposizione (e andai per mesi in prigione), ma, nello stesso tempo, non attenuavo per nulla il mio proposito. Anzi nella prigione e durante l'esplicazione della rivolta partigiana (a cui non partecipai) mi si concreto' l'idea dello stretto rapporto intersoggettivo che si esprimeva nella nonviolenza, e, nascosto in campagna mentre si sentivano i tedeschi passare nella notte lungo le strade, scrissi quel libretto La realta' di tutti (nella primavera del 1944), che completa la mia tetralogia antifascista, con un supremo appello alla compresenza di tutti. Certo, io ero uno sconfitto. Ma soprattutto perche' la mia attivita' non era stata capace di costituire "gruppi" di nonviolenti. Con persuasione nonviolenta c'erano stati, oltre me, amici fin dal momento pisano del 1931-32 e poi con Alberto Apponi ed altri, e perfino tra i partigiani ci furono alcuni, come Riccardo Tenerini e come Alberto Giuriolo, che non tolse mai la sicura al suo fucile. Ma eravamo sparsi, e nulla sapemmo organizzare che fosse visibilmente coerente, efficiente e conseguente ad idee di nonviolenza. La lezione era che bisogna preparare la strategia e i legami nonviolenti da prima, per metterla in atto quando occorre; e nessuno puo' negare che in Italia nel 1924, al tempo del delitto Matteotti, e in Germania nel 1933, una vasta e complessa azione dal basso di noncollaborazione nonviolenta sarebbe stata occasione di inceppamento e di caduta per i governi. Nel quadro della spiritualita' italiana e della formazione culturale ed etico-politica il mio lavoro si presento', fin dall'inizio, come molto critico dello storicismo: fui tra i primi a fronteggiarlo, a mostrarne le insufficienze etiche. La mia provenienza era diversa, con un'apertura alle singole individualita' e alla loro finitezza, con una severa considerazione dei mezzi rispetto ai fini, con la tendenza a vedere il rapporto intersoggettivo e la comunita' di tutti anche oltre la realta' della vita e della morte. Se si dovesse accennare a vicinanze culturali, ne nominero' tre: la filosofia etica del Kant, una ripresa (piu' spontanea che derivata) dei temi "morali" di alcune figure del primo ventennio: Michelstaedter, Boine, Clemente Rebora; un'apertura, alla molteplicita' del tu-tutti, della teogonia dell'atto gentiliano. Se i miei Elementi del '37 potevano appartenere ad una letteratura esistenzialistica, per altro verso il richiamo al singolo era inquadrato, appunto in nome dell'"apertura" e di una escatologia. Il libretto degli Atti della presenza aperta espresse, nella forma letteraria di salmi molto sintetici, questa posizione costruttiva di apertura. Mi pare che si realizzasse cosi' quanto era stato cercato dai "moralisti" in Italia dall'inizio del secolo. E la mia disciplina costante era stata di utilizzare il Croce per cio' che egli poteva dare per la distinzione e la conoscenza dei valori, specialmente estetico, ma di non accettare l'immanentismo del suo umanesimo, e la sua etica e politica. Mi pareva anche che io avessi fatto un notevole passo in avanti rispetto al modernismo e ai tentativi spiritualistici di riforma religiosa da Ernesto Buonaiuti a Piero Martinetti, due persone per cui avevo una profonda amicizia, ma che mi riuscivano, il primo, troppo esposto a illudersi sul cattolicesimo, il secondo, pur con contributi culturali notevolissimi, non atto a portarsi in un lavoro comune di riforma. Con gli Elementi era apparsa la fiducia nella costituzione di attivi "centri" per una riforma religiosa, e ne era indicato, in fondo, gia' sorto uno, di una ricerca che da allora non si sarebbe interrotta, legato alla mia attivita'. E dal punto di vista politico si era delineato un tipo di opposizione antifascista diversa da quella rappresentata successivamente dal Gobetti, dal Croce, dal Gramsci, dai Rosselli, dal Calogero. Qui non si tratta piu' di collocazione cronologica, del fatto che il mio antifascismo fosse gia' alle origini, ma dell'essersi esso costituito in tutte le sue giustificazioni e articolazioni separatamente da quelle altre forme, tutte di tipo umanistico. Il mio sopraggiungeva non tanto per togliere a quelli, quanto per aggiungere una visuale sui mezzi e sui fini che quelli non avevano. La mia fiducia era che l'umanesimo del laicismo e del marxismo avrebbe avuto bisogno, un giorno, di un'ulteriore trincea, quella neo-religiosa, e mentre quell'umanesimo suscitava, anche nell'antifascismo, tante forze, io mi promettevo un discorso ulteriore. Quando vedo lo sviluppo che hanno preso oggi tre temi a me cari e congiunti in unita': il rifiuto di ogni guerra, la democrazia diretta con il controllo dal basso, la proprieta' resa pubblica e aperta a tutti; e vedo le crescenti discussioni circa i temi cattolici, penso che avessi ragione ad aspettare da un periodo post-fascista la piena utilizzazione nel mio contributo. Se io fossi morto nel 1944, dopo avere scritto in primavera La realta' di tutti, avrei gia', con i quattro libri e le sollecitazioni portate personalmente, delineato una posizione teorico-pratica di riforma suscettibile di utilizzazioni, forse la piu' compatta dopo quella mazziniana dell'Ottocento. Si e' visto poi bene, nel successivo ventennio, che il campo doveva essere occupato in buona parte da due potenti istituzionalismi, quello della Chiesa romana che ebbe una ripresa di potere in un clima di restaurazione, quello del partito comunista, che aveva il compito di volgarizzare il marxismo e di mantener viva una opposizione politico-sociale. Fino al 1944 io non avevo formato, per la mia riforma, nulla di veramente istituzionale, ed ero isolato, fors'anche piu' di quanto alcuni pensassero. Se fossi morto, non ci sarebbe stato che cio' che avevo detto e scritto, e alcuni atti e decisioni; cioe' il centro era stato una persona. Non potevo considerare il movimento del liberalsocialismo al quale avevo lavorato, costituendolo insieme con Guido Calogero, come la realizzazione della riforma come la volevo io. Quello era stato un collegamento che pote' attuarsi per qualche anno, mentre Giustizia e Liberta' era esausta per le persecuzioni, e noi portammo temi freschi, una tattica accorta e penetrante, una duttilita' fortunata. Ma quella era politica, e sempre piu' lo sarebbe diventata, fino alla costituzione in partito, che io non approvai, vagheggiando un lavoro piu' largo e di massa (come ho raccontato nel libro Nuova socialita' e riforma religiosa). L'impeto politico derivante dalla Resistenza armata, diverso dalla mia posizione di religioso nonviolento fino al sorgere di equivoci non agevolmente comprensibili, il fatto che io non fossi di nessun partito (forse fui il primo ad usare in Italia l'espressione "indipendente di sinistra"), portarono al mio progressivo isolamento, alla nessuna utilizzazione da me fatta del posto avuto in dieci anni di attivissima opposizione antifascista (in personale rapporto con tutti gli antifascisti significativi e clandestini in Italia), al disinteresse generale, o ignoranza, per il mio nome e i mie libri. Ricominciavo veramente da una posizione di centro individuale, e mai forse parola e' stata piu' adatta alle mie iniziative. Non posso negare che restava, almeno, una trama larghissima di amicizie, che non posso elencare perche' occuperei pagine, e l'ho fatto, in parte, in altri scritti. Nel campo intellettuale, nel campo politico specialmente dei laici, dei socialisti e dei comunisti, avevo avuto moltissimi contatti, sia stando a Pisa fino al 1933, sia a Perugia o altrove dal 1933 al 1944. Dal 1944, in poco piu' che un ventennio, dovevo valermi delle condizioni di liberta' e di tutte le agevolazioni che avrei potuto incontrare, tra cui quelle venutemi con l'insegnamento universitario, prima come incaricato a Pisa di filosofia morale, e poi come professore di ruolo di pedagogia dal 1956, prima a Cagliari e poi a Perugia. Subito, dopo la liberazione di Perugia, nel luglio 1944 costituii il Centro di orientamento sociale (C.O.S.) per periodiche discussioni aperte a tutti, su tutti i problemi amministrativi e sociali. Fu un'iniziativa felice, che convocava molta gente e le autorita' (tra cui il prefetto e il sindaco), molto desiderata da tutti per l'interesse ai temi e per la possibilita' di "ascoltare e parlare"; e si diffuse nei rioni della citta', in piccole citta' dell'Umbria, e in citta' come Firenze e Ferrara. Nessuna istituzione la diffuse e la moltiplico', e il mio sogno che sorgesse un C.O.S. per ogni parrocchia, era molto in contrasto con il disinteresse e l'avversione che, dopo pochi anni, sorse in molti contro un'istituzione cosi' indipendente, aperta, critica; ne' si poteva dire che l'organizzazione ne fosse difficile; ci sarebbe voluta tuttavia una virtu': la costanza. Quella fu la prima iniziativa che presi per valermi della liberta' e per preparare la "riforma" come la vedevo e la vedo. Tanto e' vero che, dopo le difficolta' che portarono nel 1948 alla fine dei C.O.S., anche dopo una breve loro ripresa nel 1957, ho svolto e svolgo lo stesso tema mediante un foglio mensile "Il potere e' di tutti", che propugna la democrazia diretta (o omnicrazia, come la chiamo), il controllo dal basso in ogni localita' e in ogni ente, i consigli di quartiere e i centri sociali, i comitati e le assemblee, la liberta' di informazione e di critica, permanente e per tutti. Il tema si riconduce, come diro' poi, a quella riforma che io propugno in nome dello sviluppo della "realta' di tutti". Non lo Stato antifascista, ma molto meno quello che segui' nel 1948, erano in grado di valersi dei C.O.S. ed inserirli nella struttura pubblica italiana, ad integrazione della limitata democrazia rappresentativa del parlamento e dei consigli comunali e provinciali. Ne' le forze dell'opposizione di sinistra, tese nella speranza di una presa del potere, si curarono di apprestare uno strumento cosi' elementare per la convocazione della popolazione e dell'opinione pubblica, anche in considerazione della insufficiente diffusione dei giornali. Si apri' invece il periodo in cui le ricche destre avrebbero rovesciato sugli italiani, e specialmente sugli strati meno politicizzati come quello delle donne, tonnellate di periodici illustrati; sostanzialmente di gusto antirivoluzionario ed evasivo. Un'altra iniziativa fu quella del "Movimento di religione". Nell'ottobre del 1946, d'intesa con l'ex-prete Ferdinando Tartaglia, convocammo a Perugia un primo convegno sul problema religioso attuale. Era una cosa nuova, insolita, inattesa per quanti non avessero percepito che nell'opposizione antifascista, nella tensione di aggiornare l'Italia al mondo, c'era anche, piu' o meno esplicito, il tema di portare il laicismo al punto di produrre la sostituzione di una nuova vita religiosa a quella tradizionale, derivante dalla Controriforma. Al Convegno vennero molti e diversi amici (Spini, Pettazzoni, Mazzetti, Marcucci, Assagioli, Binni ed altri). Le relazioni introduttive furono di me e di Tartaglia: io indicai il lavoro religioso come consistente nella ripresa, nell'etica contemporanea, dei temi della mitezza, del perdono, della nonviolenza, e nell'apertura massima alla realta' di tutti, alla compresenza di tutti gli esseri; Tartaglia lo indico' nella tensione a porre un "puro dopo" la realta' e le societa' attuali, in una tramutazione di tutta la nostra vita, nella creazione di "atti nuovi". Al convegno di Perugia seguirono altri fino al 1948; avemmo il modo di incontrare molti, di far gravitare su problemi vari, come quello della liberta' religiosa in Italia e della situazione degli ex-preti (prova della durezza illiberale della Chiesa romana) e quello dell'obiezione di coscienza e della pace internazionale. Pubblicammo libri e articoli. Quando Tartaglia si volse al lavoro personale della ricerca speculativa e sistematica sulle sue idee religiose (e promise di darne conto in libri), io continuai il Movimento per una riforma religiosa in Italia per anni e anni fino al 1954. Un congresso tenuto a Roma nell'ottobre 1948, molto affollato e con la presenza di molte forze del laicismo e del protestantesimo, si era voluto intitolare, a due anni di distanza dal Convegno di Perugia che era stato di assaggio, Congresso per la riforma religiosa, che naturalmente per noi, per Tartaglia e per me, non era interna al cristianesimo, ma su prospettive piu' larghe e indipendenti dai temi tradizionali. Tartaglia poi si apparto', ed io continuai i convegni, specialmente romani, presentando l'approfondimento dei miei temi della realta' di tutti, dell'antiistituzionalismo religioso, della nonviolenza, e altri facendo affluire i temi del laicismo piu' deciso e piu' largo. Ma, francamente, l'interesse veniva declinando, e gli amici ormai si volgevano ad altri impegni o religiosi, o politici, o culturali. Nel 1955 l'uscita del mio libro Religione aperta, messo all'Indice da Pio XII, segno' il punto di arrivo della Riforma religiosa da me impostata, riassumendone i temi e affidandola ormai alle posizioni del tutto personali di ciascuno. Nello stesso tempo, anzi fin dal 1952, la costituzione a Perugia, in Via dei Filosofi, di un Centro di orientamento religioso ( C.O.R.) per periodiche conversazioni e di un Centro per la nonviolenza aveva a poco a poco sostituito la convocazione di convegni romani con la sollecitazione a costituire centri, come a Perugia, il che poi nessuno ha fatto in modo continuato e aperto come a Perugia. Se si pensa che da sedici anni fino ad oggi una volta la settimana si e' discusso un tema solitamente di carattere religioso, si ha un'idea di quale stimolo e addestramento abbiano potuto beneficiare gli organizzatori, gli amici, i frequentatori spesso mutevoli. Io mi sento gratissimo a quel lavoro settimanale fatto non al livello dell'erudizione, ma della formazione di un orientamento di vita. Le ragioni della critica storica neotestamentaria, l'utilizzazione di apertura anche delle religioni istituzionali, il nesso della religione da un lato con la nonviolenza, dall'altro con la riforma della societa', l'esigenza costante della liberta' anche nella vita religiosa, sono stati temi ed esigenze ritornanti spontaneamente tante volte nelle nostre conversazioni, e creanti qualche cosa di comune tra noi di diverse posizioni, libero religioso io, altri evangelici, cattolici, bahai, ebrei, laici, marxisti. Abbiamo toccato temi ed argomenti, anche del giorno, di ogni genere. Fino al momento di oggi, nel quale potrebbero avvenire cambiamenti, il mio lavoro religioso di decenni ha avuto, nella sua fedelta', questi periodi e questi aspetti: - dal 1931 al 1944 ha costituito il nucleo di una riforma, di limitata diffusione anche per le condizioni della dittatura, ispirata da una libera articolazione del gandhismo, in sintesi con elementi occidentali, da uno sviluppo dell'apertura anche nel campo di una nuova societa'; - dal 1944 al 1968 ha fatto il piu' che ha potuto per creare strumenti di collaborazione sulla base dell'interesse religioso (Movimento di religione, Movimento per una riforma religiosa in Italia, religione aperta, Centro di orientamento religioso); ha delineato meglio gli aspetti teorici dal tema dell'apertura al tema della compresenza, in libri, articoli e "lettere di religione"; ha diffuso anche opere di polemica religiosa (con Pio XII, sul battesimo, sul Concordato). Se la mia tensione in questo campo e' stata ed e' continua, e posso dire di avere aiutato molti a chiarirsi problemi particolari, e di avere sparso idee e termini, e' bene riconoscere che il mio scrupolo di non forzare e di non istituzionalizzare, crescente negli anni, e' stato tale da non tenere conto delle "adesioni", e di portare avanti piuttosto l'enunciazione di una vita religiosa come "centro" e non altro. Dopo i movimenti degli anni dopo la Liberazione, sono arrivato negli ultimi anni, e fino a questo punto, ad un proposito di tenace approfondimento per me, per capire ed essere sempre piu' un ricercatore-costruttore e un fedele libero religioso, ma lasciando ogni incontro collaborativo al tempo e agli altri. Se la mia vita religiosa e' risolutrice e utile, altri la rifaranno, e meglio di me. Io non chiedo che di condurla bene, con autenticita'. Una prova di questo aver diffuso temi e stimoli senza averne raccolto precise e fedeli risposte, sta non solo nel vedere come si svolge la problematica religiosa oggi, ma specialmente nel fatto che per la "religione" non posso citare quei contatti e quelle influenze che posso indicare per altri tre campi: la nonviolenza, la scuola, le idee sociali. Nel campo della nonviolenza, dal 1944 ad oggi, posso dire di aver fatto piu' di ogni altro in Italia. Ho approfondito in piu' libri gli aspetti teorici, ho organizzato convegni e conversazioni quasi ininterrottamente, ho lavorato per l'obiezione di coscienza, ho promosso, attraverso il Centro di Perugia per la nonviolenza, convegni Oriente-Occidente, la Societa' vegetariana italiana, la Marcia della pace da Perugia ad Assisi del 24 settembre 1961, e poi il Movimento nonviolento per la pace e il periodico "Azione nonviolenta" che dirigo. Della Consulta italiana per la pace, una federazione di organizzazioni italiane per la pace sorta dopo la Marcia di Assisi, sono ancora presidente. Sono, insomma, riuscito a far dare ampia cittadinanza, nel largo interesse per la pace, alla tematica nonviolenta. Come teoria e come proposte di lavoro, la nonviolenza in Italia ha una certa maturita'. E qui, come dicevo, ho avuto piu' occasioni d'incontro che con la pura e semplice religione. In fondo, quando sono andato due volte a Barbiana, a parlare con don Lorenzo Milani e la sua scuola, la discussione e l'esposizione non e' stata altro che sulla nonviolenza, per la quale egli mi disse di convenire con me. Per Danilo Dolci la cosa e' stata piu' complessa. Sapevo di lui e gli scrissi quando egli fece il suo primo digiuno a Trappeto, per la morte di una bambina di stenti. Gli dissi che non aveva il diritto, prima che egli avesse informato sufficientemente noi tutti della situazione, e lo pregai percio' di sospendere il digiuno. Cosi' siamo diventati amici e ho sempre seguito il suo lavoro; ho fatto conoscere a Danilo tutti i miei amici laici da Calamandrei a Bobbio, e tanti altri (egli era in partenza cattolico), l'articolazione dell'apertura religiosa e della nonviolenza, i miei articoli sul piano sociale e sul lavoro dal basso, mediante centri di educazione degli adulti e di sviluppo sociale. Vi sono anche due campi nei quali ho lavorato con continuita', e che qui accenno senza illustrare: quello della liberta' religiosa in Italia, stabilendo collaborazioni con laici, dal mio punto di vista di libero religioso per cui la liberta' e' indispensabile per tutti; e quello della difesa della scuola pubblica dalla pressione e dall'invasione confessionale, un campo nel quale promossi un'associazione che ha avuto anni di buona efficienza, l'A.D.E.S.S.P.I. (Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana). Ne' intendo qui illustrare il lavoro per i problemi educativi, pedagogici (con una mia pedagogia diversa da quella umanistico-empirista), scolastici (con l'iniziativa di una Consulta di professori universitari di pedagogia), ai quali ho dedicato l'attivita' dell'insegnamento, e libri, tra cui i due recenti volumi di Educazione aperta. Ma un campo, ancor piu' strettamente connesso con la profezia e l'apostolato religioso, e' quello della trasformazione della societa', per cui, rifiutando ogni carica offertami nel campo politico, ho piegato la politica, e l'interesse in me fortissimo per essa, alla fondazione di un lavoro per la democrazia diretta, per il potere di tutti o omnicrazia (come lo chiamo). Per me e' intrinsecamente connesso con la religione, che, per me, e' piu' della compresenza che di Dio; e percio' la compresenza di tutti (religiosamente dei viventi e dei morti) deve continuamente realizzarsi, come ho gia' detto, nell'omnicrazia; e chi e' centro della compresenza, e' centro anche di omnicrazia; ed e' intrinsecamente connesso con la nonviolenza, di cui e' l'idea politico-sociale. Il lavoro per i C.0.S., per il pacifismo integrale, per la proprieta' pubblica aperta a tutti e creante continue eguaglianze, non sono che effettuazioni dell'interesse per l'omnicrazia. Se dovessi indicare i punti dove ho espresso la tensione fondamentale, da cui tutte le altre, del mio animo per l'interesse inesauribile agli esseri e al loro animo, e perche' ad essi sia apprestata una realta' in cui siano tutti piu' insieme e tutti piu' liberati, segnalerei due righe di un mio libro poetico, Colloquio corale (sulla festa), nel quale ho ripreso accentuando la compresenza, un modo di esprimermi lirico, gia' presentato negli Atti della presenza aperta. Il Colloquio corale (1955) e' cosi' poco noto (il libro di cui ho piu' copie nel mio magazzino di carte!), ed e' invece cosi' espressivo, che non mi oppongo alla tentazione di citare qualche cosa da esso piuttosto che da altri libri. La mia nascita e' quando dico un tu. Mentre aspetto, l'animo gia' tende. Andando verso un tu, ho pensato gli universi. Non intuisco dintorno similitudini pari a quando penso alle persone. La casa e' un mezzo ad ospitare. Amo gli oggetti perche' posso offrirli. Importa meno soffrire da questo infinito. Rientro dalle solitudini serali ad incontrare occhi viventi. Prima che tu sorridi, ti ho sorriso. Sto qui a strappare al mondo le persone avversate. Ardo perche' non si credano solo nei limiti. Dilagarono le inondazioni, ed io ho portato nel mio intimo i bimbi travolti. Il giorno sto nelle adunanze, la notte rievoco i singoli. Mentre il tempo taglia e squadra cose astratte, mi trovo in ardenti secreti di anime. Torno sempre a credere nell'intimo. Se mi considerano un intruso, la musica mi parla. Quando apro in buona fede l'animo, il mio volto mi diviene accettabile. Ringraziando di tutti, mi avvicino infinitamente. Do familiarita' alla vita, se teme di essere sgradita ospite. Quando tutto sembra chiuso, dalla mia fedelta' le persone appaiono come figli. A un attimo che mi umilio, succede l'eterno. La mente, visti i limiti della vita, si stupisce della mia costanza da innamorato. Soltanto io so che resto, prevedendo le sofferenze. Ritorno dalle tombe nel novembre, consapevole. Non posso essere che con un infinito compenso a tutti. Il discorso fatto fin qui, prevalentemente di "prassi", non ha affrontato il mio lavoro filosofico. Ho approfondito soprattutto, nell'ultimo ventennio, la conoscenza del Kant e dello Hegel, e il singolare e' che, malgrado le mie simpatie per il primo e per certi aspetti del suo pensiero etico, religioso e circa i valori, lo Hegel mi ha interessato profondamente, e l'ho studiato per anni e anni. Cio' che mi ha attratto, oltre la forte complessita' del suo pensiero, e' stato principalmente il proposito di calare gli elementi ideali nella realta'. Ho spiegato largamente altrove (e specialmente nel libro Il fanciullo nella liberazione dell'uomo) questo tema. Mi e' parso che proprio questo suo programma "realistico" fosse attuato, nel suo umanesimo immanentistico, in modo insufficiente, facendo condizionare gli elementi "ideali" da elementi "reali" assunti come insuperabili, quali lo Stato, la proprieta' privata, la violenza, la morte degl'individui singoli. E che invece spetti proprio ad un programma religioso impostare la "discesa" degli elementi ideali (la compresenza di tutti nella produzione dei valori) nella natura e in una nuova storia. Questo spiega anche il mio atteggiamento riguardo al marxismo, che ha avuto tanto sviluppo in Italia nell'ultimo ventennio. In quanto immanentismo di tipo hegeliano esso non va oltre lo stoicismo dell'individuo che si immola per l'avvento di una umanita' liberata, ma in quanto pone il tema della "discesa" degli elementi ideali nell'umanita' e in una tensione escatologica, il marxismo puo' essere un passo verso una concezione religiosa della compresenza. E' da rilevare anche come si presenta l'apertura religiosa alla compresenza: fuori di ogni pretesa ontologica di tipo vecchio, autoritario e sistematico, che "costringa" gli altri, ma come libera aggiunta alla base di ogni realta', vedendo ogni essere nascere nella compresenza per sempre, oltreche' nella natura che lo consuma; un'apertura pratica come ipotesi di lavoro, modesta e senza armi immanenti o trascendenti; un'ipotesi che e' fuori da ogni verifica scientifica. Bisognava che la concezione religiosa tradizionale, appoggiata dall'istituzione, entrasse nella crescente crisi che la dissolve, malgrado la vittoria sul modernismo e l'appoggio dello Stato fascista e del successivo. Specialmente dopo il Concilio, altro che modernismo si diffonde! e altro che intangibilita' dei dogmi! Bisognava anche che le si contrapponesse la concezione marxistica, e che il popolo italiano, specialmente in alcuni strati e in alcune zone, si politicizzasse attraverso un laicismo comunista. Si e' visto poi che la cosa non era cosi' semplice come pareva ad alcuni stalinisti nel primo decennio dopo la Liberazione; oggi, vista la rivoluzione violenta inattuabile e cresciuta l'esigenza di un'articolazione democratica in cui il "basso" conti effettivamente, ferventi comunisti arrivano a scrivere la formula "socialismo e liberta'". Dico questo delle due forze di massa in Italia, perche' nel ventennio esse hanno occupato, anche con una larga produzione libraria, il campo in Italia. Perche' si arrivasse a capire il valore e l'efficienza della sintesi da me proposta (di riforma religiosa, di metodo nonviolento, di democrazia diretta e proprieta' pubblica) era necessario che dessero quanto potevano, mostrando i loro limiti, le due concezioni etico-politiche precedenti. Difatti oggi erompono piu' chiare, anche se di gruppi limitati, le esigenze religiose e sociali, perlomeno nella forma di richieste piu' indipendenti e piu' severe di prima. Con cio' non voglio dire affatto che proprio le mie proposte religiose e politiche troveranno chi le fara' sue e le svolgera'. Tutt'altro che questo! Si vedra' molto del laicismo anche notevolmente critico accettare prima o poi l'influenza americana, anche se essa si fara' meno democratica, ma giudicata da quei laici pur sempre il male minore, in una certa circolazione di culture e di beni. Si vedra' anche la spinta rivoluzionaria farsi sempre piu' estremista, attuando anche colpi violenti se non di guerra, di guerriglia, fino alla speranza di un controimpero che spazzi tutto il vecchio. Dopo i due terzi di secolo siamo arrivati ad un punto da cui si vede tutto questo. Nell'ultimo terzo del secolo Croce e anche Gramsci saranno meno presenti nella nostra spiritualita'. L'Europa, unita al Terzo Mondo e al meglio dell'America, elaboreranno la piu' grande riforma che mai sia stata comune all'umanita', quella riforma che rendera' possibile abolire interamente le disuguaglianze attuali di classi e di popoli, e abolire le differenze tra i "fortunati" e gli "sfortunati". Non con piani di assistenza e di elargizione sara' possibile costituire una nuova societa' nel mondo, in cui tutto sia di tutti, con la massima naturalezza, superando il vecchio individualismo borghese che ho visto cosi' fiorente all'inizio di questo secolo. Ci vorra' una profonda concezione religiosa che abbia arricchito l'uomo, e fors'anche una grande semplificazione nella vita, che non impedira' ai piu' alti valori di avere il primato, perche' diventi conseguente un modo di trattare tutti, nel modo piu' aperto, con crescenti uguaglianze, con la gioia di portare gli ultimi tra i primi. Questa comunita' nella societa' sara' la premessa di una vittoria sulla stessa natura, diventata al servizio di tutti. Non molto lontano dai settant'anni, e in un momento in cui meno che in ogni altro posso prevedere se potro' anche nell'ultimo terzo del secolo dare un contributo, questa visione religioso-sociale di tutti mi eleva. Ho insistito per decenni ad imparare e a dire che la molteplicita' di tutti gli esseri si poteva pensare come avente una parte interna unitaria di tutti, come un nuovo tempo e un nuovo spazio, una somma di possibilita' per tutti i singoli, anche i colpiti e annullati nella molteplicita' naturale, visibile, sociologica. Questa unita' o parte interna di tutti, la loro possibilita' infinita, la loro novita' pura, il loro "puro dopo" la finitezza e tante angustie, l'ho chiamata la compresenza. 2. RIFLESSIONE. ALBINO BIZZOTTO: CARISSIMI FRATELLI VESCOVI [Riceviamo e diffondiamo questa lettera a tutti i vescovi del Triveneto che don Albino Bizzotto ha scritto a nome dell'associazione "Beati i Costruttori di Pace", in occasione della Via Crucis Pordenone-Aviano di domenica prossima; ringraziamo Tiziano Tissino per avercela trasmessa] Carissimi fratelli vescovi, a conclusione del seminario "Globalizzazione e Giubileo", tenutosi davanti alla base USAF di Aviano, dal 6 al 9 agosto 2000, vi abbiamo inviato una lettera nella quale vi rivolgevamo un pressante invito a denunciare come "strutture di peccato" la produzione e il commercio delle armi e "a prendere in considerazione le tematiche della pace e della nonviolenza, come esige il Vangelo, per un programma pastorale che sia di guida e di orientamento a tutte le Chiese". Sappiamo che in occasione del Giubileo dei Militari nel settembre 2000 e' stato recapitato a tutti i Vescovi italiani il documento "Superare la guerra", redatto dai volontari e obiettori di coscienza dell'Associazione Papa Giovanni XXIII - Operazione Colomba. Il Papa, nel suo messaggio per la pace del primo gennaio di quest'anno, parla di "scelte improcrastinabili" e di "scelte concrete e tempestive" proprio riguardo alla preoccupante crescita degli armamenti e al "permanente rischio di conflitti tra nazioni, di guerre civili all'interno di vari Stati e di una violenza diffusa". A conclusione il Papa afferma che la riconciliazione e il perdono, nella visione cristiana, sono "l'unica via per raggiungere la meta della pace", sebbene "molti, in nome di un realismo disincantato", reputino "questa strada utopistica ed ingenua"; ... e' quanto dire la valenza anche politica della nonviolenza. Anche le vicende legate all'uso dell'uranio impoverito hanno mostrato di quali menzogne e imbrogli si nutrono e vengono mascherate tutte le guerre, anche quelle giustificate dalla comunita' internazionale come "ingerenza umanitaria". Siamo appena tornati da un'azione internazionale nonviolenta di pace per l'Africa, realizzata a Butembo nella Repubblica Democratica del Congo. Abbiamo aperto gli occhi sull'olocausto dei nostri giorni, milioni (ma proprio milioni) di uccisi nel silenzio e nell'indifferenza piu' totali, con le nostre armi e per i nostri interessi! Anche le Chiese locali di quei paesi si sentono abbandonate; non riescono a capacitarsi, perche' la loro voce non riesca a giungere alle nostre comunita', nonostante la loro coraggiosa testimonianza, a volte a costo della vita, di opposizione alla guerra con la nonviolenza. Eppure abbiamo sperimentato che anche un piccolo gesto di solidarieta' e' capace di far esplodere la speranza della gente e anticipare la festa della pace. Ad Aviano, si sta completando una ristrutturazione di potenza e di guerra in una delle basi militari piu' grandi del mondo anche questa nel silenzio e nell'indifferenza. Il primo aprile prossimo ritorneremo a percorrere il tratto Pordenone-Aviano, in una Via Crucis che renda concreto il nostro impegno di conversione sia personale che strutturale. Quest'anno ci saranno due Vescovi a camminare con noi, un altro interverra' dall'Africa... per noi e' un segno che ci riempie di gioia e di speranza. La pace, dono del Risorto, e' la Sua prima parola creatrice dopo la Risurrezione e costituisce il fondamento e la caratteristica della nuova comunita' dei discepoli. Ma per Lui la pace e' stata cosi' diretta e concreta da portarlo sulla croce; la Sua pace e' il frutto della croce. Siamo ben coscienti di essere servi inutili, ma continuiamo a rivolgerci a voi con fiducia, perche' vorremmo che la pace non venga ridotta ad alcune iniziative o celebrazioni, ma informi la fede e quindi la prassi pastorale di tutte le comunita', affinche' lo specifico cristiano dell'amore al nemico, della riconciliazione e del perdono non venga proposto solo come consiglio evangelico di perfezione per singole persone, ma si traduca in cammino comunitario che coinvolga la vita privata, ma anche politica, le coscienze e le strutture. Oggi molti soffrono dello sconcerto per le scelte egoistiche ed individualiste di tanta parte della societa' e per l'insignificanza della fede e della pratica religiosa, specialmente nei giovani. C'e' sete di testimonianze coraggiose e credibili; non di singoli o di gruppi, ma di comunita' vive. Per questo chiediamo anche a voi: - Di aiutarci ad approfondire la centralita' teologica della pace, anche nella concretezza storica e nella traduzione pastorale. Come strumento specifico vi chiediamo di rimettere in onore e rendere operativa, sia a livello nazionale che locale la commissione "Giustizia e Pace" e non accorparla in appendice alla "Commissione pastorale del Lavoro". - Essere presenti, sostenere, incoraggiare le comunita' ecclesiali a partecipare, a sporcarsi nelle iniziative che il complessivo movimento della pace e della nonviolenza da anni sta promovendo. - Darci orientamenti e pronunciamenti di magistero, sulle scelte che riguardano le sfide piu' grandi dell'umanita', che aiutino a mettere a fuoco obiettivi e percorsi contro le strutture di morte, per un'economia a servizio dell'uomo, per la salvaguardia del creato, per il rispetto dei diritti umani, che impegnino comunitariamente, senza accettare una relativizzazione totale, che permette anche nella Chiesa di scegliere tutto e il contrario di tutto, con grande confusione e delusione specialmente da parte dei giovani. Anche a Voi chiediamo di prendere posizione su scelte concrete con "parresia" nei confronti dei vari poteri di questo mondo, anche a costo di entrare in conflitto con il potere costituito, come di fatto e' successo a Gesu'. Come potrete immaginare, per noi e' troppo importante una vostra risposta, che attendiamo anche come segno della comunione ecclesiale che ci lega tutti all'unico Signore, il Principe della Pace. Pace e gioia a tutti, per l'associazione "Beati i Costruttori di Pace" don Albino Bizzotto 3. MATERIALI. ROSA LUXEMBURG: E NEL BUIO SORRIDO ALLA VITA [Il seguente brano abbiamo estratto da una lettera di Rosa Luxemburg a Sonja Liebknecht del dicembre 1917; lo riprendiamo da R. L., Lettere 1893-1919, Editori Riuniti, Roma 1979, p. 249. Rosa Luxemburg, 1871-1919, e' una delle più limpide figure del movimento dei lavoratori e dell'impegno contro la guerra e contro l'autoritarismo. Opere di Rosa Luxemburg: segnaliamo due fondamentali raccolte di scritti in italiano: Scritti scelti, Einaudi; Scritti politici, Editori Riuniti (con una ampia, fondamentale introduzione di Lelio Basso). Opere su Rosa Luxemburg: Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori; Paul Frölich, Rosa Luxemburg, Rizzoli; P. J. Nettl, Rosa Luxemburg, Il Saggiatore; Daniel Guérin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, Mursia; AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista, Mazzotta. Ovviamente si veda anche il noto saggio di Lukács, Rosa Luxemburg marxista, in György Lukács, Storia e coscienza di classe, Sugar] (...) E' il mio terzo Natale in carcere, ma non la prenda sul tragico. Io sono calma e serena come sempre. Ieri rimasi a lungo sveglia; adesso non riesco ad addormentarmi prima delle 4, ma devo stare a letto gia' alle 10 perche' spengono la luce, allora mi metto a sognare diverse cose nel buio. Ieri, dunque, pensavo: e' straordinario il fatto che io viva costantemente in uno stato di gioiosa esaltazione, senza alcun motivo particolare. Ad esempio, qui dormo su un materasso durissimo in una cella buia, attorno a me nella casa regna il solito silenzio sepolcrale, sembra di essere nella tomba; attraverso la finestra sotto il soffitto si disegna il riflesso della lanterna che splende tutta la notte davanti al carcere. Di quando in quando si sente solo, sordo, lo strepito lontano di un convoglio ferroviario che passa, oppure vicinissimo, sotto la finestra, il tossire della sentinella che coi suoi pesanti stivali fa un paio di passi lenti per sgranchirsi le gambe intirizzite. La sabbia scricchiola cosi' disperatamente sotto questi passi da far risuonare nella notte umida e oscura tutta la desolazione e l'angustia dell'esistenza. Io giaccio tranquilla, sola, avvolta in questi molteplici veli neri dell'oscurita', della noia, della prigionia, dell'inverno, e intanto il mio cuore palpita di una gioia interiore inconcepibile, ignota, come se camminassi su un prato in fiore nella luce radiosa del sole. E nel buio sorrido alla vita, come se conoscessi un qualche segreto magico che smentisce ogni male e ogni tristezza e li trasforma in trasparente chiarezza e felicita'. E intanto io stessa cerco una ragione di questa gioia, non la trovo e di nuovo devo ridere... di me stessa. Credo che il segreto non e' altro che la vita stessa (...). 4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 5. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 163 del 28 marzo 2001
- Prev by Date: Un archivio di oltre 400 articoli sul sociale
- Previous by thread: Un archivio di oltre 400 articoli sul sociale
- Indice: