La nonviolenza è in cammino. 163



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 163 del 28 marzo 2001

Sommario di questo numero:
1. Aldo Capitini, attraverso due terzi del secolo
2. Albino Bizzotto, carissimi fratelli vescovi
3. Rosa Luxemburg, e nel buio sorrido alla vita
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. ALDO CAPITINI: ATTRAVERSO DUE TERZI DEL SECOLO
[Dal sito dell'Associazione nazionale Amici di Aldo Capitini
(www.citinv.it/associazioni/ANAAC/) riportiamo questo fondamentale testo
autobiografico del grande pensatore e militante nonviolento scritto
nell'agosto 1968]
Sono nato a Perugia il 23 dicembre 1899, in una casa nell'interno povera, ma
in una posizione stupenda, perche' sotto la torre campanaria del palazzo
comunale, con la vista, sopra i tetti, della campagna e dell'orizzonte
umbro, specialmente del monte di Assisi, di una bellezza ineffabile.
Mio padre era un modesto impiegato comunale, e custode del campanile;
suonava anche le campane comunali, e tutti noi in casa sapevamo farlo. Mia
madre, che veniva dal vicino villaggio di Brufa, lavorava instancabile per
la casa e come sarta, per altri. Avevo un fratello, maggiore di me.
I primi venti anni della mia vita si sono svolti secondo un modello tipico.
Precoce come sensibilita', riflessivita' e interesse per la lettura e anche
per la poesia, non avevo nessuna guida, sicche' mi fu una grande scossa
l'incontro con la letteratura futurista, i suoi manifesti, i suoi programmi
innovatori che mi presero per un po' di tempo, dal 1913 al 1916,
associandosi al nazionalismo di adolescente (leggevo fin da piccolo i
giornali), e in contrasto col fondo del mio carattere, che invece preferiva
letterati e poeti meditativi e moralisti, come Boine, Slataper, Jahier, e
specialmente Ibsen.
Fu il periodo dei molti amici, delle esperienze varie e anche troppo varie e
sciocche, della mescolanza di poesia e di grossa polemica, finche' mi
avviavo alla "conversione" che avvenne negli anni 1918-1919 dalla vita di
"esperienze" all'austerita', dal nazionalismo all'umanitarismo pacifista e
socialista, dalle letture contemporanee allo studio delle lingue e
letterature latina e greca, che cominciai con la massima tensione nel 1919
da zero, visto che, per poverta', ero stato indirizzato agli studi
dell'istituto tecnico.
Autodidatta accuratissimo, in condizione di poverta' per le grammatiche e i
classici che compravo ad uno ad uno, sottoponevo la mia gracile costituzione
fisica (che mi aveva risparmiato il servizio militare e la guerra) ad uno
sforzo che mi porto' all'esaurimento e alle continue difficolta' del sonno e
della digestione: cosi' oltre il classicismo letterario e quasi filologico,
la conoscenza della Bibbia e la vicinanza al Leopardi, acquisii in quegli
anni l'esperienza della finitezza umana, del dolore fisico, dell'inattivita'
sfinita in mezzo alle persone attive, un'esperienza che con la componente
della costruzione culturale, era la componente della ricerca
etico-religiosa, gia' da anni indipendente dalla religione tradizionale.
Sapevo bene gli erramenti che mi ero lasciato alle spalle, che furono anche
quelli del primo ventennio del secolo in Italia. Avevo imparato perche' il
"classico", il "morale", le beatitudini evangeliche, la democrazia e il
socialismo, erano dei valori, ci ero arrivato dopo l'eversione, il
disordine, il dannunzianesimo, il marinettismo, le "parole in liberta'".
Avevo un senso cosi' serio, umano e autentico delle "strutture", che il
fascismo non mi prese minimamente, e se non partecipai attivamente alle
iniziative politiche opposte fu soltanto perche' ero tutto preso dalla mia
costruzione culturale e dai malanni. Oggi mi pare quasi impossibile che ne'
la "Rivoluzione liberale", ne' i socialisti ne' Gramsci mi abbiano preso,
tra il 1921 e il 1924, e io lo attribuisco anche al fatto che la fragilita'
della salute mi aveva indotto ad andare in campagna per rimettermi (facevo
il precettore), e questo mi stacco' dalle ripercussioni dirette della
politica, che pur seguivo.
O forse si potrebbe dire che io dovevo "fare" solo quando avrei potuto dare
"aggiunte" singolari e diverse, e in quegli anni veramente non ero ancora
capace di dare qualche cosa, che doveva invece maturare per successivi
momenti.
Nel ventennio dal 1924 al 1944 ho potuto mettere a frutto quel senso
etico-classico dei valori e della vita, in un modo che indicherei mediante
quattro punti:
1. negli studi universitari a Pisa dal 1924, letterari all'inizio secondo
l'impulso del primo ventennio e della conversione del 1919, passai sempre
piu' agli studi filosofici specialmente dal 1933, che meglio mi servivano
per costruire le giustificazioni dell'opposizione al fascismo e della
costruzione libero-religiosa;
2. alla posizione di intellettuale associai, dopo la Conciliazione e la
vista del tradimento del Vangelo, il lavoro pratico di propaganda di idee,
di cercare altri, di formare gruppi, lavoro che cominciai alla Normale di
Pisa, dove ero segretario, nel 1931 e continuai con Claudio Baglietto (morto
poi a Basilea nel 1940, esule e obiettore di coscienza), uniti nel
diffondere nuovi principi di vita religiosa, teistica, nonviolenta (avevamo
conosciuto la non collaborazione di Gandhi), antifascista; da allora io sono
principalmente il ricercatore e il costitutore di una vita religiosa, in
contrasto con quella tradizionale, leggendaria, istituzionale, autoritaria,
e compromessa fino al collo con la guerra, i privilegi, le oppressioni delle
societa' attuali; da allora ho sempre meglio chiarito per me e per gli altri
che cosa significasse la piu' profonda apertura a tutti (sono stato colui
che piu' ha usato nel periodo fascista il termine di "apertura", anche nei
libri allora pubblicati;
3. presa da Gandhi l'idea del metodo nonviolento impostato sulla
noncollaborazione, potevo avere una guida per dir "no" al fascismo (quando
Giovanni Gentile mi chiese la tessera fascista per conservarmi nel posto
della Normale), e soprattutto un modo per realizzare concretamente quel
certo francescanesimo a cui tendevo da fanciullo, col vantaggio che mentre
San Francesco era prima dell'Illuminismo, Gandhi veniva dopo il Settecento,
con la serissima applicazione dei principi della liberta', fratellanza,
eguaglianza (piu' che non abbiano fatto i borghesi che li avevano
annunciati), e del valore fondamentale della ragione critica e della
coscienza anche in religione; per oppormi alle guerre che Mussolini
preparava, presi la decisione vegetariana, nella convinzione che il
risparmio delle vite di subumani inducesse al rifiuto di uccidere esseri
umani;
4. la mia spinta alla politica, viva fin dalla fanciullezza (e dico prima
dei dieci anni) finalmente si veniva concretando, anche per opposizione alla
dittatura, in una sintesi di liberta' e di socialismo, criticando nel
liberalismo la difesa dell'iniziativa privata capitalistica e nel socialismo
vittorioso la trasformazione in statalismo non aperto al controllo dal basso
e alla liberta' di informazione e di critica per ogni cittadino, anche
proletario.
Dal 1933 al 1943 ho fatto propaganda girando in molte citta' e con
frequentissimi incontri a Perugia, specialmente tra i giovani, per
costituire gruppi di antifascismo; forse in quel periodo ho avvicinato piu'
giovani di ogni altro in Italia: questo era noto, tanto che un amico mi
disse enfaticamente "le donne partoriscono per te", e lo ricordo per
insegnare il valore dell'attivita' nonviolenta che cerca e stabilisce le
solidarieta', e puo' contare sull'esempio (in quel caso, il mio "no" al
fascismo) e sulla parola.
Questa fu aiutata da molti fogli che facevo circolare, e da tre libri che
pubblicai in quel periodo: gli Elementi di un'esperienza religiosa (da
Laterza, 1937), Vita religiosa (da Cappelli, 1942), Atti della presenza
aperta (da Sansoni, 1943).
Il primo libro fu fatto stampare dal Croce, che avevo conosciuto, mediante
Luigi Russo, a Firenze (Adolfo Omodeo scrisse a Luigi Russo il 20 ottobre
1936: "Don Benedetto e' tornato molto soddisfatto di un lavoro filosofico di
un tuo scolaro di Perugia e me lo vuol far leggere"; ma non fui mai scolaro
di Luigi Russo).
Mentre l'opposizione politica antifascista rinnovava i suoi sforzi, ed era
continuamente stroncata dalle uccisioni e dagli arresti (Gramsci e i
Rosselli morirono nel 1937), e mentre Mussolini vinceva in Africa e in
Spagna, il mio antifascismo, con le sue ragioni religiose, aveva la forza di
demitizzare le influenze esteriori e di chiedere tutta l'anima.
Senza che io ponessi la nonviolenza come necessaria conseguenza; tanto e'
vero che i gruppi, specialmente dopo l'accordo che feci con Walter Binni
prima, e poi con Guido Calogero, erano nettamente di indirizzo politico nei
fini e nei mezzi, e per alcuni l'indirizzo fu esplicitamente di
"liberalsocialismo".
Il mio proposito dal 1931, da "profeta" e "apostolo" religioso, che l'Italia
si liberasse dal fascismo mediante la noncollaborazione nonviolenta,
proposito reso sempre piu' difficile dalla stretta collaborazione col
fascismo della Chiesa romana, della Monarchia e dell'esercito, del Gentile e
della maggioranza degli intellettuali, diventava non previsione, ma lezione.
I miei amici si prospettavano i modi nei quali sarebbe stato possibile
rovesciare la dittatura; e la guerra europea ne preparava l'attuazione; io
non potevo che associarmi con loro nella diffusione dell'opposizione (e
andai per mesi in prigione), ma, nello stesso tempo, non attenuavo per nulla
il mio proposito.
Anzi nella prigione e durante l'esplicazione della rivolta partigiana (a cui
non partecipai) mi si concreto' l'idea dello stretto rapporto
intersoggettivo che si esprimeva nella nonviolenza, e, nascosto in campagna
mentre si sentivano i tedeschi passare nella notte lungo le strade, scrissi
quel libretto La realta' di tutti (nella primavera del 1944), che completa
la mia tetralogia antifascista, con un supremo appello alla compresenza di
tutti.
Certo, io ero uno sconfitto. Ma soprattutto perche' la mia attivita' non era
stata capace di costituire "gruppi" di nonviolenti. Con persuasione
nonviolenta c'erano stati, oltre me, amici fin dal momento pisano del
1931-32 e poi con Alberto Apponi ed altri, e perfino tra i partigiani ci
furono alcuni, come Riccardo Tenerini e come Alberto Giuriolo, che non tolse
mai la sicura al suo fucile. Ma eravamo sparsi, e nulla sapemmo organizzare
che fosse visibilmente coerente, efficiente e conseguente ad idee di
nonviolenza.
La lezione era che bisogna preparare la strategia e i legami nonviolenti da
prima, per metterla in atto quando occorre; e nessuno puo' negare che in
Italia nel 1924, al tempo del delitto Matteotti, e in Germania nel 1933, una
vasta e complessa azione dal basso di noncollaborazione nonviolenta sarebbe
stata occasione di inceppamento e di caduta per i governi.
Nel quadro della spiritualita' italiana e della formazione culturale ed
etico-politica il mio lavoro si presento', fin dall'inizio, come molto
critico dello storicismo: fui tra i primi a fronteggiarlo, a mostrarne le
insufficienze etiche. La mia provenienza era diversa, con un'apertura alle
singole individualita' e alla loro finitezza, con una severa considerazione
dei mezzi rispetto ai fini, con la tendenza a vedere il rapporto
intersoggettivo e la comunita' di tutti anche oltre la realta' della vita e
della morte.
Se si dovesse accennare a vicinanze culturali, ne nominero' tre: la
filosofia etica del Kant, una ripresa (piu' spontanea che derivata) dei temi
"morali" di alcune figure del primo ventennio: Michelstaedter, Boine,
Clemente Rebora; un'apertura, alla molteplicita' del tu-tutti, della
teogonia dell'atto gentiliano.
Se i miei Elementi del '37 potevano appartenere ad una letteratura
esistenzialistica, per altro verso il richiamo al singolo era inquadrato,
appunto in nome dell'"apertura" e di una escatologia. Il libretto degli Atti
della presenza aperta espresse, nella forma letteraria di salmi molto
sintetici, questa posizione costruttiva di apertura.
Mi pare che si realizzasse cosi' quanto era stato cercato dai "moralisti" in
Italia dall'inizio del secolo. E la mia disciplina costante era stata di
utilizzare il Croce per cio' che egli poteva dare per la distinzione e la
conoscenza dei valori, specialmente estetico, ma di non accettare
l'immanentismo del suo umanesimo, e la sua etica e politica.
Mi pareva anche che io avessi fatto un notevole passo in avanti rispetto al
modernismo e ai tentativi spiritualistici di riforma religiosa da Ernesto
Buonaiuti a Piero Martinetti, due persone per cui avevo una profonda
amicizia, ma che mi riuscivano, il primo, troppo esposto a illudersi sul
cattolicesimo, il secondo, pur con contributi culturali notevolissimi, non
atto a portarsi in un lavoro comune di riforma.
Con gli Elementi era apparsa la fiducia nella costituzione di attivi
"centri" per una riforma religiosa, e ne era indicato, in fondo, gia' sorto
uno, di una ricerca che da allora non si sarebbe interrotta, legato alla mia
attivita'.
E dal punto di vista politico si era delineato un tipo di opposizione
antifascista diversa da quella rappresentata successivamente dal Gobetti,
dal Croce, dal Gramsci, dai Rosselli, dal Calogero. Qui non si tratta piu'
di collocazione cronologica, del fatto che il mio antifascismo fosse gia'
alle origini, ma dell'essersi esso costituito in tutte le sue
giustificazioni e articolazioni separatamente da quelle altre forme, tutte
di tipo umanistico.
Il mio sopraggiungeva non tanto per togliere a quelli, quanto per aggiungere
una visuale sui mezzi e sui fini che quelli non avevano. La mia fiducia era
che l'umanesimo del laicismo e del marxismo avrebbe avuto bisogno, un
giorno, di un'ulteriore trincea, quella neo-religiosa, e mentre
quell'umanesimo suscitava, anche nell'antifascismo, tante forze, io mi
promettevo un discorso ulteriore. Quando vedo lo sviluppo che hanno preso
oggi tre temi a me cari e congiunti in unita': il rifiuto di ogni guerra, la
democrazia diretta con il controllo dal basso, la proprieta' resa pubblica e
aperta a tutti; e vedo le crescenti discussioni circa i temi cattolici,
penso che avessi ragione ad aspettare da un periodo post-fascista la piena
utilizzazione nel mio contributo.
Se io fossi morto nel 1944, dopo avere scritto in primavera La realta' di
tutti, avrei gia', con i quattro libri e le sollecitazioni portate
personalmente, delineato una posizione teorico-pratica di riforma
suscettibile di utilizzazioni, forse la piu' compatta dopo quella mazziniana
dell'Ottocento.
Si e' visto poi bene, nel successivo ventennio, che il campo doveva essere
occupato in buona parte da due potenti istituzionalismi, quello della Chiesa
romana che ebbe una ripresa di potere in un clima di restaurazione, quello
del partito comunista, che aveva il compito di volgarizzare il marxismo e di
mantener viva una opposizione politico-sociale.
Fino al 1944 io non avevo formato, per la mia riforma, nulla di veramente
istituzionale, ed ero isolato, fors'anche piu' di quanto alcuni pensassero.
Se fossi morto, non ci sarebbe stato che cio' che avevo detto e scritto, e
alcuni atti e decisioni; cioe' il centro era stato una persona. Non potevo
considerare il movimento del liberalsocialismo al quale avevo lavorato,
costituendolo insieme con Guido Calogero, come la realizzazione della
riforma come la volevo io.
Quello era stato un collegamento che pote' attuarsi per qualche anno, mentre
Giustizia e Liberta' era esausta per le persecuzioni, e noi portammo temi
freschi, una tattica accorta e penetrante, una duttilita' fortunata. Ma
quella era politica, e sempre piu' lo sarebbe diventata, fino alla
costituzione in partito, che io non approvai, vagheggiando un lavoro piu'
largo e di massa (come ho raccontato nel libro Nuova socialita' e riforma
religiosa).
L'impeto politico derivante dalla Resistenza armata, diverso dalla mia
posizione di religioso nonviolento fino al sorgere di equivoci non
agevolmente comprensibili, il fatto che io non fossi di nessun partito
(forse fui il primo ad usare in Italia l'espressione "indipendente di
sinistra"), portarono al mio progressivo isolamento, alla nessuna
utilizzazione da me fatta del posto avuto in dieci anni di attivissima
opposizione antifascista (in personale rapporto con tutti gli antifascisti
significativi e clandestini in Italia), al disinteresse generale, o
ignoranza, per il mio nome e i mie libri.
Ricominciavo veramente da una posizione di centro individuale, e mai forse
parola e' stata piu' adatta alle mie iniziative. Non posso negare che
restava, almeno, una trama larghissima di amicizie, che non posso elencare
perche' occuperei pagine, e l'ho fatto, in parte, in altri scritti. Nel
campo intellettuale, nel campo politico specialmente dei laici, dei
socialisti e dei comunisti, avevo avuto moltissimi contatti, sia stando a
Pisa fino al 1933, sia a Perugia o altrove dal 1933 al 1944.
Dal 1944, in poco piu' che un ventennio, dovevo valermi delle condizioni di
liberta' e di tutte le agevolazioni che avrei potuto incontrare, tra cui
quelle venutemi con l'insegnamento universitario, prima come incaricato a
Pisa di filosofia morale, e poi come professore di ruolo di pedagogia dal
1956, prima a Cagliari e poi a Perugia.
Subito, dopo la liberazione di Perugia, nel luglio 1944 costituii il Centro
di orientamento sociale (C.O.S.) per periodiche discussioni aperte a tutti,
su tutti i problemi amministrativi e sociali. Fu un'iniziativa felice, che
convocava molta gente e le autorita' (tra cui il prefetto e il sindaco),
molto desiderata da tutti per l'interesse ai temi e per la possibilita' di
"ascoltare e parlare"; e si diffuse nei rioni della citta', in piccole
citta' dell'Umbria, e in citta' come Firenze e Ferrara.
Nessuna istituzione la diffuse e la moltiplico', e il mio sogno che sorgesse
un C.O.S. per ogni parrocchia, era molto in contrasto con il disinteresse e
l'avversione che, dopo pochi anni, sorse in molti contro un'istituzione
cosi' indipendente, aperta, critica; ne' si poteva dire che l'organizzazione
ne fosse difficile; ci sarebbe voluta tuttavia una virtu': la costanza.
Quella fu la prima iniziativa che presi per valermi della liberta' e per
preparare la "riforma" come la vedevo e la vedo. Tanto e' vero che, dopo le
difficolta' che portarono nel 1948 alla fine dei C.O.S., anche dopo una
breve loro ripresa nel 1957, ho svolto e svolgo lo stesso tema mediante un
foglio mensile "Il potere e' di tutti", che propugna la democrazia diretta
(o omnicrazia, come la chiamo), il controllo dal basso in ogni localita' e
in ogni ente, i consigli di quartiere e i centri sociali, i comitati e le
assemblee, la liberta' di informazione e di critica, permanente e per tutti.
Il tema si riconduce, come diro' poi, a quella riforma che io propugno in
nome dello sviluppo della "realta' di tutti".
Non lo Stato antifascista, ma molto meno quello che segui' nel 1948, erano
in grado di valersi dei C.O.S. ed inserirli nella struttura pubblica
italiana, ad integrazione della limitata democrazia rappresentativa del
parlamento e dei consigli comunali e provinciali. Ne' le forze
dell'opposizione di sinistra, tese nella speranza di una presa del potere,
si curarono di apprestare uno strumento cosi' elementare per la convocazione
della popolazione e dell'opinione pubblica, anche in considerazione della
insufficiente diffusione dei giornali.
Si apri' invece il periodo in cui le ricche destre avrebbero rovesciato
sugli italiani, e specialmente sugli strati meno politicizzati come quello
delle donne, tonnellate di periodici illustrati; sostanzialmente di gusto
antirivoluzionario ed evasivo.
Un'altra iniziativa fu quella del "Movimento di religione". Nell'ottobre del
1946, d'intesa con l'ex-prete Ferdinando Tartaglia, convocammo a Perugia un
primo convegno sul problema religioso attuale. Era una cosa nuova, insolita,
inattesa per quanti non avessero percepito che nell'opposizione
antifascista, nella tensione di aggiornare l'Italia al mondo, c'era anche,
piu' o meno esplicito, il tema di portare il laicismo al punto di produrre
la sostituzione di una nuova vita religiosa a quella tradizionale, derivante
dalla Controriforma.
Al Convegno vennero molti e diversi amici (Spini, Pettazzoni, Mazzetti,
Marcucci, Assagioli, Binni ed altri). Le relazioni introduttive furono di me
e di Tartaglia: io indicai il lavoro religioso come consistente nella
ripresa, nell'etica contemporanea, dei temi della mitezza, del perdono,
della nonviolenza, e nell'apertura massima alla realta' di tutti, alla
compresenza di tutti gli esseri; Tartaglia lo indico' nella tensione a porre
un "puro dopo" la realta' e le societa' attuali, in una tramutazione di
tutta la nostra vita, nella creazione di "atti nuovi".
Al convegno di Perugia seguirono altri fino al 1948; avemmo il modo di
incontrare molti, di far gravitare su problemi vari, come quello della
liberta' religiosa in Italia e della situazione degli ex-preti (prova della
durezza illiberale della Chiesa romana) e quello dell'obiezione di coscienza
e della pace internazionale. Pubblicammo libri e articoli.
Quando Tartaglia si volse al lavoro personale della ricerca speculativa e
sistematica sulle sue idee religiose (e promise di darne conto in libri), io
continuai il Movimento per una riforma religiosa in Italia per anni e anni
fino al 1954. Un congresso tenuto a Roma nell'ottobre 1948, molto affollato
e con la presenza di molte forze del laicismo e del protestantesimo, si era
voluto intitolare, a due anni di distanza dal Convegno di Perugia che era
stato di assaggio, Congresso per la riforma religiosa, che naturalmente per
noi, per Tartaglia e per me, non era interna al cristianesimo, ma su
prospettive piu' larghe e indipendenti dai temi tradizionali.
Tartaglia poi si apparto', ed io continuai i convegni, specialmente romani,
presentando l'approfondimento dei miei temi della realta' di tutti,
dell'antiistituzionalismo religioso, della nonviolenza, e altri facendo
affluire i temi del laicismo piu' deciso e piu' largo. Ma, francamente,
l'interesse veniva declinando, e gli amici ormai si volgevano ad altri
impegni o religiosi, o politici, o culturali.
Nel 1955 l'uscita del mio libro Religione aperta, messo all'Indice da Pio
XII, segno' il punto di arrivo della Riforma religiosa da me impostata,
riassumendone i temi e affidandola ormai alle posizioni del tutto personali
di ciascuno.
Nello stesso tempo, anzi fin dal 1952, la costituzione a Perugia, in Via dei
Filosofi, di un Centro di orientamento religioso ( C.O.R.) per periodiche
conversazioni e di un Centro per la nonviolenza aveva a poco a poco
sostituito la convocazione di convegni romani con la sollecitazione a
costituire centri, come a Perugia, il che poi nessuno ha fatto in modo
continuato e aperto come a Perugia.
Se si pensa che da sedici anni fino ad oggi una volta la settimana si e'
discusso un tema solitamente di carattere religioso, si ha un'idea di quale
stimolo e addestramento abbiano potuto beneficiare gli organizzatori, gli
amici, i frequentatori spesso mutevoli. Io mi sento gratissimo a quel lavoro
settimanale fatto non al livello dell'erudizione, ma della formazione di un
orientamento di vita.
Le ragioni della critica storica neotestamentaria, l'utilizzazione di
apertura anche delle religioni istituzionali, il nesso della religione da un
lato con la nonviolenza, dall'altro con la riforma della societa',
l'esigenza costante della liberta' anche nella vita religiosa, sono stati
temi ed esigenze ritornanti spontaneamente tante volte nelle nostre
conversazioni, e creanti qualche cosa di comune tra noi di diverse
posizioni, libero religioso io, altri evangelici, cattolici, bahai, ebrei,
laici, marxisti. Abbiamo toccato temi ed argomenti, anche del giorno, di
ogni genere.
Fino al momento di oggi, nel quale potrebbero avvenire cambiamenti, il mio
lavoro religioso di decenni ha avuto, nella sua fedelta', questi periodi e
questi aspetti:
- dal 1931 al 1944 ha costituito il nucleo di una riforma, di limitata
diffusione anche per le condizioni della dittatura, ispirata da una libera
articolazione del gandhismo, in sintesi con elementi occidentali, da uno
sviluppo dell'apertura anche nel campo di una nuova societa';
- dal 1944 al 1968 ha fatto il piu' che ha potuto per creare strumenti di
collaborazione sulla base dell'interesse religioso (Movimento di religione,
Movimento per una riforma religiosa in Italia, religione aperta, Centro di
orientamento religioso); ha delineato meglio gli aspetti teorici dal tema
dell'apertura al tema della compresenza, in libri, articoli e "lettere di
religione"; ha diffuso anche opere di polemica religiosa (con Pio XII, sul
battesimo, sul Concordato).
Se la mia tensione in questo campo e' stata ed e' continua, e posso dire di
avere aiutato molti a chiarirsi problemi particolari, e di avere sparso idee
e termini, e' bene riconoscere che il mio scrupolo di non forzare e di non
istituzionalizzare, crescente negli anni, e' stato tale da non tenere conto
delle "adesioni", e di portare avanti piuttosto l'enunciazione di una vita
religiosa come "centro" e non altro.
Dopo i movimenti degli anni dopo la Liberazione, sono arrivato negli ultimi
anni, e fino a questo punto, ad un proposito di tenace approfondimento per
me, per capire ed essere sempre piu' un ricercatore-costruttore e un fedele
libero religioso, ma lasciando ogni incontro collaborativo al tempo e agli
altri. Se la mia vita religiosa e' risolutrice e utile, altri la rifaranno,
e meglio di me. Io non chiedo che di condurla bene, con autenticita'.
Una prova di questo aver diffuso temi e stimoli senza averne raccolto
precise e fedeli risposte, sta non solo nel vedere come si svolge la
problematica religiosa oggi, ma specialmente nel fatto che per la
"religione" non posso citare quei contatti e quelle influenze che posso
indicare per altri tre campi: la nonviolenza, la scuola, le idee sociali.
Nel campo della nonviolenza, dal 1944 ad oggi, posso dire di aver fatto piu'
di ogni altro in Italia. Ho approfondito in piu' libri gli aspetti teorici,
ho organizzato convegni e conversazioni quasi ininterrottamente, ho lavorato
per l'obiezione di coscienza, ho promosso, attraverso il Centro di Perugia
per la nonviolenza, convegni Oriente-Occidente, la Societa' vegetariana
italiana, la Marcia della pace da Perugia ad Assisi del 24 settembre 1961, e
poi il Movimento nonviolento per la pace e il periodico "Azione nonviolenta"
che dirigo. Della Consulta italiana per la pace, una federazione di
organizzazioni italiane per la pace sorta dopo la Marcia di Assisi, sono
ancora presidente.
Sono, insomma, riuscito a far dare ampia cittadinanza, nel largo interesse
per la pace, alla tematica nonviolenta. Come teoria e come proposte di
lavoro, la nonviolenza in Italia ha una certa maturita'. E qui, come dicevo,
ho avuto piu' occasioni d'incontro che con la pura e semplice religione. In
fondo, quando sono andato due volte a Barbiana, a parlare con don Lorenzo
Milani e la sua scuola, la discussione e l'esposizione non e' stata altro
che sulla nonviolenza, per la quale egli mi disse di convenire con me.
Per Danilo Dolci la cosa e' stata piu' complessa. Sapevo di lui e gli
scrissi quando egli fece il suo primo digiuno a Trappeto, per la morte di
una bambina di stenti. Gli dissi che non aveva il diritto, prima che egli
avesse informato sufficientemente noi tutti della situazione, e lo pregai
percio' di sospendere il digiuno. Cosi' siamo diventati amici e ho sempre
seguito il suo lavoro; ho fatto conoscere a Danilo tutti i miei amici laici
da Calamandrei a Bobbio, e tanti altri (egli era in partenza cattolico),
l'articolazione dell'apertura religiosa e della nonviolenza, i miei articoli
sul piano sociale e sul lavoro dal basso, mediante centri di educazione
degli adulti e di sviluppo sociale.
Vi sono anche due campi nei quali ho lavorato con continuita', e che qui
accenno senza illustrare: quello della liberta' religiosa in Italia,
stabilendo collaborazioni con laici, dal mio punto di vista di libero
religioso per cui la liberta' e' indispensabile per tutti; e quello della
difesa della scuola pubblica dalla pressione e dall'invasione confessionale,
un campo nel quale promossi un'associazione che ha avuto anni di buona
efficienza, l'A.D.E.S.S.P.I. (Associazione per la difesa e lo sviluppo della
scuola pubblica italiana). Ne' intendo qui illustrare il lavoro per i
problemi educativi, pedagogici (con una mia pedagogia diversa da quella
umanistico-empirista), scolastici (con l'iniziativa di una Consulta di
professori universitari di pedagogia), ai quali ho dedicato l'attivita'
dell'insegnamento, e libri, tra cui i due recenti volumi di Educazione
aperta.
Ma un campo, ancor piu' strettamente connesso con la profezia e l'apostolato
religioso, e' quello della trasformazione della societa', per cui,
rifiutando ogni carica offertami nel campo politico, ho piegato la politica,
e l'interesse in me fortissimo per essa, alla fondazione di un lavoro per la
democrazia diretta, per il potere di tutti o omnicrazia (come lo chiamo).
Per me e' intrinsecamente connesso con la religione, che, per me, e' piu'
della compresenza che di Dio; e percio' la compresenza di tutti
(religiosamente dei viventi e dei morti) deve continuamente realizzarsi,
come ho gia' detto, nell'omnicrazia; e chi e' centro della compresenza, e'
centro anche di omnicrazia; ed e' intrinsecamente connesso con la
nonviolenza, di cui e' l'idea politico-sociale. Il lavoro per i C.0.S., per
il pacifismo integrale, per la proprieta' pubblica aperta a tutti e creante
continue eguaglianze, non sono che effettuazioni dell'interesse per
l'omnicrazia.
Se dovessi indicare i punti dove ho espresso la tensione fondamentale, da
cui tutte le altre, del mio animo per l'interesse inesauribile agli esseri e
al loro animo, e perche' ad essi sia apprestata una realta' in cui siano
tutti piu' insieme e tutti piu' liberati, segnalerei due righe di un mio
libro poetico, Colloquio corale (sulla festa), nel quale ho ripreso
accentuando la compresenza, un modo di esprimermi lirico, gia' presentato
negli Atti della presenza aperta. Il Colloquio corale (1955) e' cosi' poco
noto (il libro di cui ho piu' copie nel mio magazzino di carte!), ed e'
invece cosi' espressivo, che non mi oppongo alla tentazione di citare
qualche cosa da esso piuttosto che da altri libri.
La mia nascita e' quando dico un tu.
Mentre aspetto, l'animo gia' tende.
Andando verso un tu, ho pensato gli universi.
Non intuisco dintorno similitudini pari a quando penso alle persone.
La casa e' un mezzo ad ospitare.
Amo gli oggetti perche' posso offrirli.
Importa meno soffrire da questo infinito.
Rientro dalle solitudini serali ad incontrare occhi viventi.
Prima che tu sorridi, ti ho sorriso.
Sto qui a strappare al mondo le persone avversate.
Ardo perche' non si credano solo nei limiti.
Dilagarono le inondazioni, ed io ho portato nel mio intimo i bimbi travolti.
Il giorno sto nelle adunanze, la notte rievoco i singoli.
Mentre il tempo taglia e squadra cose astratte, mi trovo in ardenti secreti
di anime.
Torno sempre a credere nell'intimo.
Se mi considerano un intruso, la musica mi parla.
Quando apro in buona fede l'animo, il mio volto mi diviene accettabile.
Ringraziando di tutti, mi avvicino infinitamente.
Do familiarita' alla vita, se teme di essere sgradita ospite.
Quando tutto sembra chiuso, dalla mia fedelta' le persone appaiono come
figli.
A un attimo che mi umilio, succede l'eterno.
La mente, visti i limiti della vita, si stupisce della mia costanza da
innamorato.
Soltanto io so che resto, prevedendo le sofferenze.
Ritorno dalle tombe nel novembre, consapevole.
Non posso essere che con un infinito compenso a tutti.
Il discorso fatto fin qui, prevalentemente di "prassi", non ha affrontato il
mio lavoro filosofico. Ho approfondito soprattutto, nell'ultimo ventennio,
la conoscenza del Kant e dello Hegel, e il singolare e' che, malgrado le mie
simpatie per il primo e per certi aspetti del suo pensiero etico, religioso
e circa i valori, lo Hegel mi ha interessato profondamente, e l'ho studiato
per anni e anni. Cio' che mi ha attratto, oltre la forte complessita' del
suo pensiero, e' stato principalmente il proposito di calare gli elementi
ideali nella realta'.
Ho spiegato largamente altrove (e specialmente nel libro Il fanciullo nella
liberazione dell'uomo) questo tema. Mi e' parso che proprio questo suo
programma "realistico" fosse attuato, nel suo umanesimo immanentistico, in
modo insufficiente, facendo condizionare gli elementi "ideali" da elementi
"reali" assunti come insuperabili, quali lo Stato, la proprieta' privata, la
violenza, la morte degl'individui singoli. E che invece spetti proprio ad un
programma religioso impostare la "discesa" degli elementi ideali (la
compresenza di tutti nella produzione dei valori) nella natura e in una
nuova storia.
Questo spiega anche il mio atteggiamento riguardo al marxismo, che ha avuto
tanto sviluppo in Italia nell'ultimo ventennio. In quanto immanentismo di
tipo hegeliano esso non va oltre lo stoicismo dell'individuo che si immola
per l'avvento di una umanita' liberata, ma in quanto pone il tema della
"discesa" degli elementi ideali nell'umanita' e in una tensione
escatologica, il marxismo puo' essere un passo verso una concezione
religiosa della compresenza.
E' da rilevare anche come si presenta l'apertura religiosa alla compresenza:
fuori di ogni pretesa ontologica di tipo vecchio, autoritario e sistematico,
che "costringa" gli altri, ma come libera aggiunta alla base di ogni
realta', vedendo ogni essere nascere nella compresenza per sempre, oltreche'
nella natura che lo consuma; un'apertura pratica come ipotesi di lavoro,
modesta e senza armi immanenti o trascendenti; un'ipotesi che e' fuori da
ogni verifica scientifica.
Bisognava che la concezione religiosa tradizionale, appoggiata
dall'istituzione, entrasse nella crescente crisi che la dissolve, malgrado
la vittoria sul modernismo e l'appoggio dello Stato fascista e del
successivo. Specialmente dopo il Concilio, altro che modernismo si diffonde!
e altro che intangibilita' dei dogmi! Bisognava anche che le si
contrapponesse la concezione marxistica, e che il popolo italiano,
specialmente in alcuni strati e in alcune zone, si politicizzasse attraverso
un laicismo comunista. Si e' visto poi che la cosa non era cosi' semplice
come pareva ad alcuni stalinisti nel primo decennio dopo la Liberazione;
oggi, vista la rivoluzione violenta inattuabile e cresciuta l'esigenza di
un'articolazione democratica in cui il "basso" conti effettivamente,
ferventi comunisti arrivano a scrivere la formula "socialismo e liberta'".
Dico questo delle due forze di massa in Italia, perche' nel ventennio esse
hanno occupato, anche con una larga produzione libraria, il campo in Italia.
Perche' si arrivasse a capire il valore e l'efficienza della sintesi da me
proposta (di riforma religiosa, di metodo nonviolento, di democrazia diretta
e proprieta' pubblica) era necessario che dessero quanto potevano, mostrando
i loro limiti, le due concezioni etico-politiche precedenti.
Difatti oggi erompono piu' chiare, anche se di gruppi limitati, le esigenze
religiose e sociali, perlomeno nella forma di richieste piu' indipendenti e
piu' severe di prima. Con cio' non voglio dire affatto che proprio le mie
proposte religiose e politiche troveranno chi le fara' sue e le svolgera'.
Tutt'altro che questo!
Si vedra' molto del laicismo anche notevolmente critico accettare prima o
poi l'influenza americana, anche se essa si fara' meno democratica, ma
giudicata da quei laici pur sempre il male minore, in una certa circolazione
di culture e di beni. Si vedra' anche la spinta rivoluzionaria farsi sempre
piu' estremista, attuando anche colpi violenti se non di guerra, di
guerriglia, fino alla speranza di un controimpero che spazzi tutto il
vecchio.
Dopo i due terzi di secolo siamo arrivati ad un punto da cui si vede tutto
questo. Nell'ultimo terzo del secolo Croce e anche Gramsci saranno meno
presenti nella nostra spiritualita'. L'Europa, unita al Terzo Mondo e al
meglio dell'America, elaboreranno la piu' grande riforma che mai sia stata
comune all'umanita', quella riforma che rendera' possibile abolire
interamente le disuguaglianze attuali di classi e di popoli, e abolire le
differenze tra i "fortunati" e gli "sfortunati".
Non con piani di assistenza e di elargizione sara' possibile costituire una
nuova societa' nel mondo, in cui tutto sia di tutti, con la massima
naturalezza, superando il vecchio individualismo borghese che ho visto cosi'
fiorente all'inizio di questo secolo. Ci vorra' una profonda concezione
religiosa che abbia arricchito l'uomo, e fors'anche una grande
semplificazione nella vita, che non impedira' ai piu' alti valori di avere
il primato, perche' diventi conseguente un modo di trattare tutti, nel modo
piu' aperto, con crescenti uguaglianze, con la gioia di portare gli ultimi
tra i primi. Questa comunita' nella societa' sara' la premessa di una
vittoria sulla stessa natura, diventata al servizio di tutti.
Non molto lontano dai settant'anni, e in un momento in cui meno che in ogni
altro posso prevedere se potro' anche nell'ultimo terzo del secolo dare un
contributo, questa visione religioso-sociale di tutti mi eleva. Ho insistito
per decenni ad imparare e a dire che la molteplicita' di tutti gli esseri si
poteva pensare come avente una parte interna unitaria di tutti, come un
nuovo tempo e un nuovo spazio, una somma di possibilita' per tutti i
singoli, anche i colpiti e annullati nella molteplicita' naturale, visibile,
sociologica. Questa unita' o parte interna di tutti, la loro possibilita'
infinita, la loro novita' pura, il loro "puro dopo" la finitezza e tante
angustie, l'ho chiamata la compresenza.

2. RIFLESSIONE. ALBINO BIZZOTTO: CARISSIMI FRATELLI VESCOVI
[Riceviamo e diffondiamo questa lettera a tutti i vescovi del Triveneto che
don Albino Bizzotto ha scritto a nome dell'associazione "Beati i Costruttori
di Pace", in occasione della Via Crucis Pordenone-Aviano di domenica
prossima; ringraziamo Tiziano Tissino per avercela trasmessa]
Carissimi fratelli vescovi,
a conclusione del seminario "Globalizzazione e Giubileo", tenutosi davanti
alla base USAF di Aviano, dal 6 al 9 agosto 2000, vi abbiamo inviato una
lettera nella quale vi rivolgevamo un pressante invito a denunciare come
"strutture di peccato" la produzione e il commercio delle armi e "a prendere
in considerazione le tematiche della pace e della nonviolenza, come esige il
Vangelo, per un programma pastorale che sia di guida e di orientamento a
tutte le Chiese".
Sappiamo che in occasione del Giubileo dei Militari nel settembre 2000 e'
stato recapitato a tutti i Vescovi italiani il documento "Superare la
guerra", redatto dai volontari e obiettori di coscienza dell'Associazione
Papa Giovanni XXIII - Operazione Colomba.
Il Papa, nel suo messaggio per la pace del primo gennaio di quest'anno,
parla di "scelte improcrastinabili" e di "scelte concrete e tempestive"
proprio riguardo alla preoccupante crescita degli armamenti e al "permanente
rischio di conflitti tra nazioni, di guerre civili all'interno di vari Stati
e di una violenza diffusa". A conclusione il Papa afferma che la
riconciliazione e il perdono, nella visione cristiana, sono "l'unica via per
raggiungere la meta della pace", sebbene "molti, in nome di un realismo
disincantato", reputino "questa strada utopistica ed ingenua"; ... e' quanto
dire la valenza anche politica della nonviolenza.
Anche le vicende legate all'uso dell'uranio impoverito hanno mostrato di
quali menzogne e imbrogli si nutrono e vengono mascherate tutte le guerre,
anche quelle giustificate dalla comunita' internazionale come "ingerenza
umanitaria".
Siamo appena tornati da un'azione internazionale nonviolenta di pace per
l'Africa, realizzata a Butembo nella Repubblica Democratica del Congo.
Abbiamo aperto gli occhi sull'olocausto dei nostri giorni, milioni (ma
proprio milioni) di uccisi nel silenzio e nell'indifferenza piu' totali, con
le nostre armi e per i nostri interessi! Anche le Chiese locali di quei
paesi si sentono abbandonate; non riescono a capacitarsi, perche' la loro
voce non riesca a giungere alle nostre comunita', nonostante la loro
coraggiosa testimonianza, a volte a costo della vita, di opposizione alla
guerra con la nonviolenza. Eppure abbiamo sperimentato che anche un piccolo
gesto di solidarieta' e' capace di far esplodere la speranza della gente e
anticipare la festa della pace.
Ad Aviano, si sta completando una ristrutturazione di potenza e di guerra in
una delle basi militari piu' grandi del mondo anche questa nel silenzio e
nell'indifferenza. Il primo aprile prossimo ritorneremo a percorrere il
tratto Pordenone-Aviano, in una Via Crucis che renda concreto il nostro
impegno di conversione sia personale che strutturale. Quest'anno ci saranno
due Vescovi a camminare con noi, un altro interverra' dall'Africa... per noi
e' un segno che ci riempie di gioia e di speranza.
La pace, dono del Risorto, e' la Sua prima parola creatrice dopo la
Risurrezione e costituisce il fondamento e la caratteristica della nuova
comunita' dei discepoli. Ma per Lui la pace e' stata cosi' diretta e
concreta da portarlo sulla croce; la Sua pace e' il frutto della croce.
Siamo ben coscienti di essere servi inutili, ma continuiamo a rivolgerci a
voi con fiducia, perche' vorremmo che la pace non venga ridotta ad alcune
iniziative o celebrazioni, ma informi la fede e quindi la prassi pastorale
di tutte le comunita', affinche' lo specifico cristiano dell'amore al
nemico, della riconciliazione e del perdono non venga proposto solo come
consiglio evangelico di perfezione per singole persone, ma si traduca in
cammino comunitario che coinvolga la vita privata, ma anche politica, le
coscienze e le strutture.
Oggi molti soffrono dello sconcerto per le scelte egoistiche ed
individualiste di tanta parte della societa' e per l'insignificanza della
fede e della pratica religiosa, specialmente nei giovani. C'e' sete di
testimonianze coraggiose e credibili; non di singoli o di gruppi, ma di
comunita' vive.
Per questo chiediamo anche a voi:
- Di aiutarci ad approfondire la centralita' teologica della pace, anche
nella concretezza storica e nella traduzione pastorale. Come strumento
specifico vi chiediamo di rimettere in onore e rendere operativa, sia a
livello nazionale che locale la commissione "Giustizia e Pace" e non
accorparla in appendice alla "Commissione pastorale del Lavoro".
- Essere presenti, sostenere, incoraggiare le comunita' ecclesiali a
partecipare, a sporcarsi nelle iniziative che il complessivo movimento della
pace e della nonviolenza da anni sta promovendo.
- Darci orientamenti e pronunciamenti di magistero, sulle scelte che
riguardano le sfide piu' grandi dell'umanita', che aiutino a mettere a fuoco
obiettivi e percorsi contro le strutture di morte, per un'economia a
servizio dell'uomo, per la salvaguardia del creato, per il rispetto dei
diritti umani, che impegnino comunitariamente, senza accettare una
relativizzazione totale, che permette anche nella Chiesa di scegliere tutto
e il contrario di tutto, con grande confusione e delusione specialmente da
parte dei giovani. Anche a Voi chiediamo di prendere posizione su scelte
concrete con "parresia" nei confronti dei vari poteri di questo mondo, anche
a costo di entrare in conflitto con il potere costituito, come di fatto e'
successo a Gesu'.
Come potrete immaginare, per noi e' troppo importante una vostra risposta,
che attendiamo anche come segno della comunione ecclesiale che ci lega tutti
all'unico Signore, il Principe della Pace.
Pace e gioia a tutti,
per l'associazione "Beati i Costruttori di Pace"
don Albino Bizzotto

3. MATERIALI. ROSA LUXEMBURG: E NEL BUIO SORRIDO ALLA VITA
[Il seguente brano abbiamo estratto da una lettera di Rosa Luxemburg a Sonja
Liebknecht del dicembre 1917; lo riprendiamo da R. L., Lettere 1893-1919,
Editori Riuniti, Roma 1979, p. 249.
Rosa Luxemburg, 1871-1919, e' una delle più limpide figure del movimento dei
lavoratori e dell'impegno contro la guerra e contro l'autoritarismo. Opere
di Rosa Luxemburg: segnaliamo due fondamentali raccolte di scritti in
italiano: Scritti scelti, Einaudi; Scritti politici, Editori Riuniti (con
una ampia, fondamentale introduzione di Lelio Basso). Opere su Rosa
Luxemburg: Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori;
Paul Frölich, Rosa Luxemburg, Rizzoli; P. J. Nettl, Rosa Luxemburg, Il
Saggiatore; Daniel Guérin, Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria,
Mursia; AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista,
Mazzotta. Ovviamente si veda anche il noto saggio di Lukács, Rosa Luxemburg
marxista, in György Lukács, Storia e coscienza di classe, Sugar]
(...) E' il mio terzo Natale in carcere, ma non la prenda sul tragico. Io
sono calma e serena come sempre.
Ieri rimasi a lungo sveglia; adesso non riesco ad addormentarmi prima delle
4, ma devo stare a letto gia' alle 10 perche' spengono la luce, allora mi
metto a sognare diverse cose nel buio. Ieri, dunque, pensavo: e'
straordinario il fatto che io viva costantemente in uno stato di gioiosa
esaltazione, senza alcun motivo particolare. Ad esempio, qui dormo su un
materasso durissimo in una cella buia, attorno a me nella casa regna il
solito silenzio sepolcrale, sembra di essere nella tomba; attraverso la
finestra sotto il soffitto si disegna il riflesso della lanterna che splende
tutta la notte davanti al carcere. Di quando in quando si sente solo, sordo,
lo strepito lontano di un convoglio ferroviario che passa, oppure
vicinissimo, sotto la finestra, il tossire della sentinella che coi suoi
pesanti stivali fa un paio di passi lenti per sgranchirsi le gambe
intirizzite. La sabbia scricchiola cosi' disperatamente sotto questi passi
da far risuonare nella notte umida e oscura tutta la desolazione e
l'angustia dell'esistenza. Io giaccio tranquilla, sola, avvolta in questi
molteplici veli neri dell'oscurita', della noia, della prigionia,
dell'inverno, e intanto il mio cuore palpita di una gioia interiore
inconcepibile, ignota, come se camminassi su un prato in fiore nella luce
radiosa del sole. E nel buio sorrido alla vita, come se conoscessi un
qualche segreto magico che smentisce ogni male e ogni tristezza e li
trasforma in trasparente chiarezza e felicita'. E intanto io stessa cerco
una ragione di questa gioia, non la trovo e di nuovo devo ridere... di me
stessa. Credo che il segreto non e' altro che la vita stessa (...).

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ;
angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 163 del 28 marzo 2001