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La nonviolenza è in cammino. 162
- Subject: La nonviolenza è in cammino. 162
- From: "Centro ricerca pace Viterbo" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 28 Mar 2001 10:32:54 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 162 del 27 marzo 2001 Sommario di questo numero: 1. Ingeborg Bachmann, discorso ed epilogo 2. Ramjee Singh, Gandhi 3. Alessandro Pagnini, ricordo di Sebastiano Timpanaro 4. Giulio Vittorangeli, le fragili basi della democrazia 5. Due lettere dal Guatemala 6. Nuovi dossier di "Chiama l'Africa" 7. Il 28 marzo a Milano le teologie della liberazione 8. Il 31 marzo contro la pena di morte 9. E' in edicola "Carta" 10. Il catalogo 2001 della EMI 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. RIFLESSIONE. INGEBORG BACHMANN: Discorso ed epilogo [La seguente lirica abbiamo ripreso da Ingeborg Bachmann, Poesie, Tea, Milano 1996, pp. 125-127 (traduzione di Maria Teresa Mandalari); in una diversa traduzione (di Luigi Reitani) e' anche in I. B., Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, Milano 1994, poi Mondadori, Milano 1999, pp. 81-83. Ingeborg Bachmann, scrittrice e poetessa austriaca (Klagenfurt 1926 - Roma 1973) di straordinaria bellezza e profondità. Opere di Ingeborg Bachmann: versi: Il tempo dilazionato; Invocazione all'Orsa Maggiore, SE, poi Mondadori; Poesie, Tea. Racconti: Il trentesimo anno, Feltrinelli, poi Adelphi; Tre sentieri per il lago, Adelphi, poi Bompiani. Romanzi: Malina, Adelphi. Saggi: L'elaborazione critica della filosofia esistenzialista in Martin Heidegger (tesi di laurea); Ludwig Wittgenstein; Ciò che ho visto e udito a Roma; I passeggeri ciechi; Bizzarria della musica; Musica e poesia; La verità è accessibile all'uomo; Il luogo delle donne, Edizioni delle donne. Radiodrammi: Un affare di sogni; Le cicale, "Sipario"; Il buon Dio di Manhattan, Il Saggiatore. Libretti: L'idiota; Il principe di Homburg; Il giovane Lord. Discorsi: Luogo eventuale. Prose liriche: Lettere a Felician. Opere complete: Werke, 4 voll., Piper. Interviste e colloqui: Interview und Gespräche, Piper] * Discorso ed epilogo Non varcare le nostre labbra, parola che semini il drago. E' vero, l'aria e' soffocante, la luce schiuma di acidi e fermenti, sulla palude nereggia un velo di zanzare. Ama le bicchierate la cicuta. E' in mostra una pelle di gatto: la serpe s'avventa soffiando, lo scorpione inizia la danza. Non raggiungere le nostre orecchie, fama dell'altrui colpa: parola, muori nella palude da cui la pozzanghera sgorga. Parola, stai al nostro fianco tenera di pazienza e d'impazienza. Bisogna che questa semina abbia fine! Non domera' la bestia colui che ne imita il verso. Chi rivela segreti d'alcova, rinunzia per sempre all'amore. La parola bastarda serve al frizzo per immolare uno stolto. Chi ti richiede un giudizio su questo straniero? Se non richiesto lo formuli, prosegui tu il suo cammino da una nottata all'altra con le sue piaghe ai piedi: va'! e non ritornare. Parola, sii nostra, libera, chiara, bella. Certo, dovra' avere fine ogni cautela. (Il gambero si ritrae, la talpa dorme troppo, l'acqua dolce dissolve la calce, che pietra ha filato). Vieni, benevolenza fatta di voci e d'aliti, questa bocca fortifica quando la sua fralezza ci inorridisce e inceppa. Vieni e non ti negare, poiche' in conflitto siamo con tanto male. Prima che sangue di drago protegga l'avversario questa mano cadra' dentro il fuoco. O mia parola, salvami! 2. MEMORIA. RAMJEE SINGH: GANDHI [Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) riportiamo questi estratti da un'intervista a Ramjee Singh su Gandhi effettuata nell'agosto 1993 (nel medesimo sito sono presenti anche altri materiali di Singh su Gandhi estratti dalla stessa intervista). Ovviamente quella di Singh e' una delle molte interpretazioni (una interpretazione assai qualificata) che della figura, l'opera e il messaggio di Gandhi sono state date. Ramjee Singh e' nato nel 1931 in India ed ha insegnato filosofia in varie universita' indiane per quasi cinquant'anni. Ha fondato il Department of Gandhian Thought all'Universita' di Bhagalpur a Bihar. Dal 1956 al 1962 e' stato Segretario della Bihar State Philosophical Association e, dal 1956 al 1990, Presidente della All India Philosophical Society. E' anche Segretario per l'Asia della Afro-Asian Philosophical Association e Presidente della Indian Society of Philosophy di Londra. E' stato anche membro del Parlamento indiano. Le ricerche di Ramjee Singh sono concentrate su due principali temi: la ricostruzione e la storia del jainismo e l'approfondimento del pensiero di Gandhi. Su quest'ultimo punto, l'impegno di Singh non e' stato solamente teorico. Allo studio e allo sviluppo delle idee gandhiane, infatti, ha affiancato un'intensa attivita' nella vita civile e politica del suo paese. Nel 1942 ha preso parte al movimento "Quit India" sotto la guida di Gandhi. Successivamente, dal 1975 al 1977, Singh e' stato imprigionato per venti mesi per essersi opposto allo stato di emergenza proclamato nel 1975 dal primo ministro Indira Gandhi e durante il quale migliaia di oppositori al regime furono incarcerati. Opere di Ramjee Singh: la produzione di Singh conta 37 libri, circa 200 saggi scientifici e 300 articoli divulgativi. Ricordiamo: The Jaina concept of omniscience, Institute of Indology, Ahmedabad, 1974; The concept of omniscience in ancient Hindu thought, Oriental Publishers & Distributors, New Delhi, 1979; The relevance of Gandhian thought, Classical Pub. Co., New Delhi, 1983; Gandhi and the twenty-first century, Peace Publishers, New Delhi, 1993; Jaina perspective in philosophy and religion, Pujya Sohanalal Smaraka Parsvanatha Sodhapitha, Varanasi, 1993. Ha curato: (con M. Choudhuri) Mahatma Gandhi: 125 years, Sarva Seva Sangh Prakashan, Varanasi, 1995; (con S. Sundaram) Gandhi and the world order, APH, New Delhi, 1996; (con V. R. Datta, D. R. Yadav e S. Sundaram) Gandhi and the future of humanity, Gandhian Institute of Studies, Varanasi, 1997. Mohandas Gandhi è il fondatore della nonviolenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaborò le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 tornò in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guidò grandi lotte politiche e sociali affinando sempre più la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed è tale la grandezza di quest'uomo che una volta di più occorre ricordare che non va mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti negativi -che pure vi sono- della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d 'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verità. In italiano l'antologia migliore è Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verità, vol. I, Sonda, Torino-Milano 1991; Villaggio e autonomia, LEF; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la libertà, Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civiltà occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura della natura, LEF. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunità: la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verità; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verità. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991. Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Una importante testimonianza è quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione è quella di Ernesto Balducci, Gandhi, ECP. Una interessante sintesi è quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma] Gandhi voleva cambiare la natura della politica. Non era un politico machiavellico. In questo senso era apolitico. Vale a dire politica con la morale. Questo era Gandhi. Questa e' solo una piccola correzione di una concezione molto diffusa: credo che tutto l'Occidente e il mondo intero consideri Gandhi soprattutto come un liberatore del grande subcontinente indiano, ma Gandhi non e' solo un liberatore come per esempio Mazzini, Garibaldi, Lenin ed altri. E' stato qualcosa di piu', non e' stato solamente un uomo del ventesimo secolo, e' stato un uomo di molti secoli come Buddha, Maometto, Socrate e Gesu' Cristo. Percio' direi che Gandhi aveva una mente globale, e cosi' attinse moltissimo, e non esito' a dire di averlo fatto, sia dall'Occidente che dall'Oriente. Partiamo da Socrate: Gandhi stimava profondamente Socrate. Dal martirio di Socrate egli apprese la magia della verita'. Posso raccontare una storia di Socrate che Gandhi ha descritto nel suo piccolo libro? Socrate era stato condannato a morte mediante avvelenamento. Qualcuno tra i suoi discepoli propose a Socrate di evadere. Egli rispose "non faro' nulla di immorale, ogni azione immorale e' una violazione della verita'". E cosi' Gandhi ha detto: "se ottengo la liberta' attraverso mezzi impuri, la liberta' e' distrutta". Gandhi credeva nella purezza dei mezzi. Una vita morale e' essenziale per praticare il satyagraha. Un uomo che non dice la verita' e che non ama gli altri non ha diritto di praticare il satyagraha. Percio', come ho gia' detto, la moralita' e' intimamente correlata al concetto di satyagraha. * Analogamente Gandhi ammirava il Signore Gesu', Gesu' Cristo. La crocifissione di Cristo esercitava una enorme influenza su Gandhi. Ogni giorno, durante le sue preghiere, leggeva il Sermone della Montagna dal Nuovo Testamento. Il Sermone della Montagna ha ispirato moltissimo Gandhi. Gandhi era un'anima religiosa. Ebbene, provate solamente a confrontarlo con gli sciovinisti settari o con i nuovi fondamentalisti. Effettivamente ogni volta, durante i suoi quotidiani riti di preghiera, c'erano citazioni dalla Bibbia, dal Corano, dagli Upanishad-Veda e da altre scritture. E cosi' Gandhi credeva in una essenziale unita' di tutte le religioni. In secondo luogo, Gandhi credeva che di fronte ad un conflitto tra la morale e la religione e' la religione che va abbandonata. Dunque Gandhi era per la verita', per l'amore, per la nonviolenza, per il non-allineamento, per l'abolizione della intoccabilita', per l'unita' indu-musulmana. Questi sono i principi etici. E cosi' Gandhi difendeva due principi nella religione: prima di tutto uguale rispetto per tutte le religioni, e in secondo luogo una religione etica. Se una religione non e' etica, e' tutto ma non una religione. Riti, rituali e cerimonie sono solamente dimensioni esterne della religione. Il cuore della religione e' nella moralita' e nella spiritualita'. La religione e' l'intima natura dell'uomo che in ognuno di noi ha raggiunto un certo grado di sviluppo e di dispiegamento e in piu' e' la legge della crescita e della evoluzione futura. Cosi' nel suo vero significato la religione e' spiritualita' e quando ci offre la sua spiritualita' e moralita' noi progrediamo in umanita'. * Gandhi ha detto che i giorni della violenza sono finiti e che la violenza ha perso la sua forza. Oggi, con l'invenzione delle bombe atomiche, o non c'e' violenza, o non c'e' esistenza. L'umanita' non puo' procedere con la violenza. Nella storia la guerra e' cominciata con le unghie, con i denti e le unghie, poi con lance e spade, e poi con pistole e bombe e oggi abbiamo raggiunto lo stadio della bomba termonucleare. Ora non possiamo piu' andare avanti nella ricerca della violenza. Dobbiamo tornare indietro. Gandhi era un secolo avanti: cio' che Russell e Gorbachev e molti altri pensatori e politici hanno afferrato oggi Gandhi lo aveva gia' compreso prima. Ma e' giusto osservare che la sua nonviolenza e' stata fraintesa. Si dice che la nonviolenza sia passivita', sia codardia. Ma mi si conceda di dire che Gandhi ha fronteggiato senza ricorrere alla violenza la potenza del piu' grande impero della storia, cioe' l'Impero Britannico, nel quale il sole non tramontava. Non che ne avesse timore, e come dato di fatto posso un'altra volta citare le sue parole, sicuramente migliori delle mie. Ha detto: "Quando si deve scegliere tra la violenza e la nonviolenza, si deve scegliere la nonviolenza. Ma quando si deve scegliere tra la codardia e la violenza, si deve scegliere la violenza. La violenza e' migliore della codardia". Questo ha detto Gandhi. Quindi Gandhi non e' mai stato a favore di un approccio codardo alla sua lotta. La sua nonviolenza non e' stata fuga di fronte alle difficolta' e ai pericoli, non e' stata vigliaccheria, non e' stata passivita'. La sua nonviolenza, per usare le parole di Gesu' Cristo, e' stato amore attivo, sofferenza attiva. Quindi non e' stata passivita'. E' stata una attivita' intensa nonviolenta. Naturalmente bisogna aggiungere che noi non possiamo essere completamente nonviolenti. Per esempio: io sono vegetariano, non mangio pesce e neppure uova. Ma questo non e' sufficiente per sentirsi fiero. Si puo' lo stesso fare molto male alla societa'. Per Gandhi solo la morale e' nonviolenza. Non solo lo spargimento di sangue e' violenza, ma anche lo sfruttamento e' violenza. Pure la corruzione e' violenza e distruggere l'ecologia e' violenza. Dunque la nozione di nonviolenza di Gandhi e' molto ampia e non si limita al rispetto per le persone, ma comporta il rispetto per la societa'. Cosicche', per Gandhi lo sfruttamento e' violenza, la disonesta' e' violenza e la disuguaglianza e' violenza. In questo modo la concezione nonviolenta di Gandhi e' sempre piu' ampia. Ancora una volta voglio ripetere che noi non potremmo vivere completamente nonviolenti, perche' anche limitandoci a respirare uccidiamo moltissimi insetti. Ma allora, quante sono le cose che possiamo fare senza violenza? Di fatto Gandhi ha elaborato l'idea di nonviolenza progressiva. Io sono un vegetariano praticante, voi non lo siete, potete non esserlo. Ma questa situazione sara' superata quando l'essere vegetariani diverra' il culto del XXI secolo, secolo in cui Gandhi sara' amato sia in Oriente che in Occidente. So che anche in Occidente ci sono gia' molti vegetariani. Ma l'essere meramente vegetariani non e' nonviolenza. La nonviolenza ha una struttura piu' ampia. * Gandhi diceva di essere contro la civilizzazione moderna, contro la civilizzazione moderna occidentale. Ma non ha mai odiato gli occidentali. Ha odiato e ha combattuto la civilizzazione moderna occidentale basata sul materialismo, sull'immoralismo, sul consumismo occidentale. E' arrivato al punto di dire, ed e' difficile usare questo aggettivo, che tale civilizzazione dal punto di vista morale e' satanica, satanica perche' ci portera' alla rovina. Era contrario al sistema educativo di Macaulay, aveva concepito un altro sistema di educazione, chiamato educazione di base, nel quale testa mano e cuore, cuore testa e mano, tutti e tre devono formare un'unita'. E cosi' ha concepito un nuovo sistema educativo. Ha rifiutato la democrazia parlamentare. Ha detto: "questa democrazia, la democrazia occidentale, e' solo una cosiddetta democrazia; e' malata di fascismo e nazismo". Per esempio che cosa e' accaduto in Gran Bretagna? Un partito governa, non la totalita'. La dottrina di Lincoln del governo del popolo, dal popolo e per il popolo? No, non c'e' governo del popolo, ma governo di un partito, e non di un partito, ma dei capi del partito. Questi decidono dell'intera economia, del bilancio e delle politiche del governo. E il popolo li subisce passivamente. Percio' Gandhi ha detto: "cambiate questa struttura della politica". * I danni ecologici e ambientali sono il logico risultato della cultura consumistica occidentale. Percio' Gandhi era per la semplicita', per una vita semplice. Possiamo rimediare solo se cambiamo onestamente la nostra cultura, il nostro stile di vita. Certo, non possiamo cambiare l'intera struttura sociale. Per certi aspetti Gandhi era grato agli Inglesi, tuttavia aveva idee proprie riguardo alla politica e anche all'economia. L'altro giorno, quando sono state poste queste domande, alcuni studiosi, alcuni filosofi, hanno detto che Gandhi era contro le macchine. E' un errore comune pensare che Gandhi fosse contro le macchine, ma posso citare un'altra frase significativa di Gandhi? Gandhi stesso ha detto: "Io non odio le macchine, ma il desiderio sfrenato di macchine. Lo stesso telaio e' una macchina raffinata". Cio' che odiava erano le macchine in grado di distruggere, arsenali contro l'umanita'. La meta' della popolazione mondiale e' povera, mal vestita, priva di educazione, ma milioni di rupie vengono spese per gli armamenti. Gandhi era contrario alla produzione e al bisogno tecnologico di tecnologia. Inoltre Gandhi era contrario a quel tipo di tecnologia che genera disoccupazione. E cosi' Gandhi ha avuto una concezione della giusta tecnologia analoga a quella espressa dall'economista inglese Schumacher nel suo libro " Piccolo e' bello". Questo pero' non significa che Gandhi accettasse... non ha accettato ne' il sistema educativo britannico, ne' il sistema politico di governo britannico, e neppure i suoi successi economici. A proposito di tutto cio' aveva un pensiero piuttosto radicale. * Abbiamo vissuto secondo uno stile di vita consumistico; lo stile di vita che prima era prerogativa solo di principi e principesse e' adesso una regola di vita, ma le risorse sono limitate, molto limitate. Oggi lo sfruttamento di tali risorse ha fatto scattare un segnale di pericolo. Quindi quanto hanno detto Socrate e Gandhi sulla semplicita' della vita, su una vita semplice ma spiritualmente intensa, non e' medievalismo, ma, lungi dal rappresentare una idea reazionaria, costituisce l'idea del XXI secolo, e forse anche del XXII. Facciamo un esempio. Quando qualcuno chiedeva a Socrate: "Qual e' il segreto della tua felicita'?", Socrate replicava: "Di quante cose si puo' fare a meno". Poiche' non vi e' limite ai nostri desideri. Non c'e' limite alla nostra bramosia. Dunque la citazione di Gandhi e' corretta, la terra puo' dare abbastanza per soddisfare i bisogni, i nostri bisogni basilari, ma non la nostra ingordigia. Oggi possiedo una bicicletta con la quale raggiungo l'universita'. Ma potrei aver voglia di una automobile, e poi di un jet e cosi' via di seguito. E cosa significa cio'? Significa impoverimento delle nostre risorse e danni ambientali. Percio' la dottrina di Gandhi della semplicita' non e' moralistica, ma e' la piu' scientifica. O accettiamo un nuovo stile di vita, uno stile di vita non consumistico, oppure dobbiamo affrontare il pericolo ecologico: non c'e' un'altra via di scampo. * Oggi stiamo copiando il peggio dell'Occidente. Non stiamo prendendo, seguendo, accettando, le virtu' dell'Occidente, per esempio la puntualita', la pulizia, l'obbedienza. Non lo facciamo, ma dell'Occidente adottiamo i vizi. Quindi, con tutto il rispetto per la mia patria, con tutto il patriottismo in fondo al mio cuore, posso dire con sommo dolore che oggi l'India e' piu' materialista dell'Occidente. E cio' perche' abbiamo abbandonato le idee di Mahatma Gandhi. Abbiamo seguito una concezione sbagliata dell'economia, della politica e della vita sociale. Quindi condivido la sua opinione che ci sono delle ottime persone in Occidente, ma la questione non e' tanto quella di distinguere tra Oriente e Occidente, ma piuttosto come ottenere una sintesi che unifichi le virtu' occidentali ed orientali. A questo proposito direi che l'India puo' svolgere un ruolo importante in collaborazione con l'Occidente. L'Occidente ha dato la scienza al mondo, l'Oriente ha dato al mondo la spiritualita', naturalmente la spiritualita' e' presente anche in Occidente. E cosi' queste due virtu', scienza e spiritualita', si devono unire. Deve essere possibile una sintesi di scienza e spiritualita' e questo e' il vero Gandhi. La scienza senza la spiritualita' e' cieca, e la spiritualita' senza la scienza e' come un'arma indifesa, un attacco indifeso. Percio' l'Occidente e l'Oriente, la scienza occidentale e la spiritualita' orientale, devono essere sintetizzate per un nuovo mondo del XXI secolo, il secolo dove ognuno sara' un piccolo Gandhi. Gandhi non e' un induista ne' un indiano e neppure un uomo del XX secolo, Gandhi e' una personalita' globale dell'eternita'. Gandhi e' una sintesi fra scienza e religione, fra democrazia e socialismo, fra l'umanita' di una parte e l'umanita' dell'altra parte. 3. MAESTRI. ALESSANDRO PAGNINI: RICORDO DI SEBASTIANO TIMPANARO [Dalla pagina web http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/pagnini.htm riportiamo il seguente articolo di Alessandro Pagnini originariamente apparso sul "Sole 24 ore" in occasione della scomparsa di Sebastiano Timpanaro con il titolo "Ricordo di Timpanaro, leopardiano eclettico e acuto. Un anti-italiano materialista e ateo, apprezzato soprattutto all'estero" Sebastiano Timpanaro e' nato a Parma nel 1923, studioso di filologia classica, della cultura dell'Ottocento, di questioni inerenti al materialismo e il marxismo, ma anche alla linguistica ed alla psicanalisi. E ' uno dei più acuti interpreti di Leopardi e dei più rigorosi intellettuali della sinistra italiana. E' deceduto nel novembre 2000. Opere di Sebastiano Timpanaro: segnaliamo almeno La filologia di Giacomo Leopardi, Laterza; La genesi del metodo del Lachmann; Classicismo e illuminismo nell'Ottocento italiano, Nistri-Lischi; Sul materialismo, Nistri-Lischi, ora Unicopli; Antileopardiani e neomoderati nella sinistra italiana, Ets; Il lapsus freudiano; Aspetti e figure della cultura ottocentesca, Nistri-Lischi; La "fobia romana" e altri scritti su Freud e Meringer, Ets, Nuovi studi sul nostro Ottocento, Nistri-Lischi; segnaliamo anche particolarmente la sua traduzione di Cicerone, Della divinazione, e quella di Holbach, Il buon senso, ambedue presso Garzanti, con eccellente apparato critico] "Personalmente mi sento debitore dei metodi di lettura e di critica testuale di Timpanaro. I suoi studi di frammenti poetici latini arcaici, il suo lungo dialogo con le note filologiche di Leopardi,, le sue interpretazioni di testi chiave nella storia dell'Illuminismo e del materialismo marxista hanno fatto di Timpanaro uno dei piu' eminenti maestri moderni della comprensione". Chi scrive queste parole e' George Steiner; riconosciuto maestro e guida sicura nella babele dell'arte e della critica contemporanee. Sebastiano Timpanaro e' morto. E' morto nell'anonimato cosi' com'e' vissuto, schivo da ogni clamore e notorieta', a volte stupito senza retorica che le sue opere avessero fortuna e lettori accaniti (come nel caso de Il lapsus freudiano, 1974). Timpanaro e' stato uno dei piu' acuti e profondi intellettuali del nostro dopoguerra, che ha spaziato con straordinaria competenza e metodo sicuro dalla filologia alla filosofia (le sue pagine sul materialismo e il marxismo - Sul materialismo, 1970 - restano, di quegli anni affannati, spesso eccessivi o tristemente scolastici, tra le lezioni piu' durature), alla psicoanalisi, alla critica testuale, a una disincantata e severa interpretazione della storia letteraria e culturale italiana. Eppure i suoi piu' calorosi estimatori, a parte gli amici a lui vicini (si legga, per esempio, il bel ritratto che Emanuele Narducci traccio' di lui su "Belfagor", 1985), sono stati stranieri e soprattutto anglosassoni. Steiner fu talmente affascinato da questa figura eccentrica di intellettuale non allineato, non accademico, non appartenente - eppur sempre presente, percettivo e sottilmente critico di tutto quello che la cultura proponeva - che ne fece, senza conoscerlo da vicino, il protagonista di un breve romanzo apologo sull'impegno dell'intellettuale (Il correttore, 1992). Adolf Grunbaum lo considerava un mentore per i suoi lavori sulla psicoanalisi, e da Pittsburgh mi chiedeva di tradurgli passi di quei singolari quanto penetranti saggi de La "fobia romana" e altri scritti su Freud e Meringer (1992) che ben altra considerazione avrebbero meritato anche da noi. David Archard gli dedicava un capitolo di un suo libro (quello finale), accanto a Freud, Sartre, Lacan, parlando dei contributi piu' importanti a una definizione filosofica di "inconscio". Credo che il modo di lavorare di Timpanaro, di un oggettivismo e di un rigore filologico a volte pignolo, metodologicamente storicistico (ma nemico di ogni provvidenzialismo e giustificazionismo storico), puntigliosamente argomentativo, limpido ed elegante nella prosa, dove a volte ostentava una quasi provocatoria predilezione per i significati letterali e per il "senso comune" (e dove la sua vasta cultura appariva solo a tratti, come folgore essenziale a far luce, senza mai affettazioni e ridondanze), illuminista e crudamente "verificazionista" quando avvertiva la pericolosita' dei gerghi e delle derive semantiche, in tutto questo, e anche nel suo naturalismo e nel suo profondo rispetto per la scienza, era invero piu' vicino a tradizioni diverse dalla nostra. Di noi italiani sottolineava un'endemica, incoercibile, anima "manzoniana", molliccia e compromissoria, incompatibile con lo spirito del suo eroe "inorganico" Leopardi (Antileopardiani e neomoderati nella Sinistra italiana, 1982). Lui era "marxista-engelsiano-leopardiano", come gli piaceva definirsi, uno stravagante che leggeva d'Holbach invece di Hegel, curioso e impertinente nel porre imbarazzanti questioni a Freud, razionalista e ateo irredente. Forse bisognera' lasciar decantare molte illusioni, prima che i tempi riconoscano il significato e il valore etico del suo pensiero "inattuale". 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LE FRAGILI BASI DELLA DEMOCRAZIA [Giulio Vittorangeli, coordinatore provinciale di Viterbo dell'Associazione Italia-Nicaragua, e' una delle le figure piu' rilevanti della solidarieta' internazionale] Crediamo che la solidarieta' internazionale possa essere la cartina di tornasole da cui partire per giudicare la politica. Cosi', se guardiamo alle imminenti elezioni del 13 maggio, ci sentiamo di fatto in una morsa. Stretti tra il rischio concreto delle destre trionfanti, che certamente rappresentano un pericolo per la nostra democrazia (si veda l'appello dei grandi vecchi della cultura italiana, da Bobbio a Galante Garrone: "Una vittoria del Polo minerebbe le basi stesse della democrazia"); e un centro sinistra, che se dovesse affermarsi (cosa difficilissima) continuerebbe a ribadire la propria linea (per molti versi) suicida. Come non ricordare la guerra del 24 marzo 1999 nella ex-Jugoslavia, che non ha certo risparmiato la democrazia: si pensi alla violazione dell'articolo 11 della Costituzione italiana. Come movimenti eco-pacifisti e della solidarieta' conosciamo, e non da oggi, il pericolo rappresentato dalle destre; ed abbiamo cercato di opporci al dilagare della loro politica cialtrona, prima fra tutti sul tema dell'immigrazione. Su questo le sue urla scalmanate e scomposte dovevano sfasciare le orecchie ed offendere l'intelligenza dei democratici; invece hanno trovato facile consenso anche a sinistra. La novita', se mai, e' nelle dichiarazioni di Berlusconi, di voler "riformare" la prima parte della Costituzione, che contiene i valori su cui si fonda la nostra societa'. Il resto e' la volgarita' della Lega di Bossi; o le affermazioni piu' idiote da Storace (con tanto di delibera della Regione Lazio) sulla verifica del contenuto dei testi scolastici di storia; a Franco Frattini (di Forza Italia, presidente del Comitato di controllo sui servizi segreti) che definisce come potenzialmente eversiva addirittura la Rete di Lilliput (intervista del primo marzo su "Panorama"), che riunisce oltre 500 fra associazioni ambientaliste, del commercio equo e per la cooperazione allo sviluppo. Sembra di essere in un film "demenziale" di vent'anni fa di John Landis: come e' possibile che mettendo insieme la liquidazione del padre e con un prestito della banca (dove lavora appunto il padre), uno ha comprato tre canali televisivi, diversi giornali, una casa editrice, la squadra di calcio del Milan, costruito Milano 2, ecc. ecc.? Come si sa, sui finanziatori della sua irresistibile carriera, il Cavaliere non ha mai risposto e non risponde. Del resto, al giorno d'oggi, in giro c'e' poca gente che oserebbe fare simili domande; anche se le cose sono sotto gli occhi e le orecchie di tutti (l'intervista di Borsellino e' l'ennesima conferma), almeno di chi vuole vedere, ascoltare e ragionare con la propria testa. Ne "La Piovra 10" (andata in onda il 10 gennaio di quest'anno, su Rai Due), il programma "Federico II", elaborato da Silvio Berlusconi nel 1996 per le elezioni regionali siciliane, viene parafrasato da Tano Cariddi (l'attore Remo Girone) che propone ai suoi accoliti e mafiosi la trasformazione dell'isola in un porto franco, "sicuro rifugio della nuova economia globalizzata, liberata dalle leggi degli Stati nazionali". Ma la realta' supera la fantasia o la demenzialita'. Cosi' mentre uno si arricchisce, piu' o meno lecitamente, puo' fare la parte della vittima, del perseguitato dal regime "comunista" e tuonare contro il "totalitarismo"; per sostenere queste affermazioni ci vuole una gran faccia di bronzo (per non dire altro). E che dire, invece, delle "consultazioni" avviate dal cardinal Sodano con i candidati premier del centrodestra e del centrosinistra; dopo che gli uomini delle istituzioni hanno fatto a gara nel genuflettersi in piazza S. Pietro nel giorno del loro giubileo? Siamo in una situazione bacata, in un paese dove non solo il Vaticano impera (la Conferenza episcopale e lo stesso pontefice hanno chiesto e ottenuto col finanziamento alle scuole private confessionali la violazione della Costituzione che tali finanziamenti esplicitamente vieta), ma che non ripudia piu' la guerra. L'impiego delle armi fa organicamente parte della nostra politica estera, ed una parte del nostro esercito e' stabilmente insediato in territori stranieri. Ne e' espressione il "nuovo modello di difesa", che attribuisce alla forze armate "professionalizzate" il compito principale di sostegno a quelli che vengono definiti gli "interessi esterni" dell'Italia. Ai tempi del mondo bipolare Usa-Urss e dell'incubo atomico, eravamo un paese di frontiera tra Est ed Ovest. Adesso siamo di frontiera tra Nord e Sud del mondo, ricchi e poveri, cristianita' ed Islam. La cosa giusta sarebbe rifiutare nettamente questo ruolo di avamposto armato, e di far tutto invece per svolgere un ruolo di pace, di ponte tra le parti. Ma questo non ci sembra faccia parte del programma elettorale dell'Ulivo. Invece abbiamo visto un governo di "sinistra" che facendo (in molti casi) una politica di destra (in materia economica e sociale), ha consentito che le destre, sdoganate culturalmente, avanzassero sino alla soglia del governo nazionale. In questo senso, crediamo, un ruolo determinante, vero spartiacque, lo ha giocato la guerra di due anni fa (non a caso appoggiata entusiasticamente dal Polo), facilitando il compito della destra e promovendone il successo culturale e politico. Oggi, quello che sta accadendo in Macedonia testimonia drammaticamente dell'assurdita' della guerra balcanica della Nato. Si e' demolito uno stato, distaccandone di fatto una parte (il Kossovo) e cominciando a distaccarne altri (il Montenegro); destabilizzando gli stati vicini (la Macedonia). Si e' favorita in tal modo la formazione di "stati etnici", che frammentano ulteriormente la regione acuendo le tensioni che la attraversano. "Quella guerra ha fatto a pezzi il diritto internazionale, cancellato il ruolo dell'Europa politica tornata tutela americana, ha lasciato nell'area impunita', incertezza, tensione, armi a livelli devastanti e insopportabili (...) E' la stessa Nato che dimentica di aver addestrato, armato e finanziato le milizie dell'Uck, alle quali ha promesso e fatto balenare l'indipendenza del Kossovo. La stessa Nato che finge di non sapere che le milizie che seminano la guerra in Macedonia vengono dalla zona del Kossovo controllata dal contingente americano della Kfor. La stessa Nato che ha "vigilato" per quasi due anni senza muovere un dito mentre e' continuata nel Kossovo "liberato" una feroce pulizia etnica conto serbi, rom, goranci, turchi e croati" (Tommaso Di Francesco, da "il manifesto" del 17 marzo). Tutto questo non rende credibile l'appello di votare il centro-sinistra, sostenendo che: "chi e' di sinistra non puo' restare inchiodato a pagine discutibili come la partecipazione ai bombardamenti Nato, operazione che il governo ha dichiarato irripetibile". In realta', quella guerra "umanitaria" ha dimostrato drammaticamente cio' che non siamo e cio' che non vogliamo rispetto al centro-sinistra. E' la dimenticanza, o peggio la negazione, delle fondamenta di una cultura della pace e della solidarieta', di una coscienza mondiale delle vicende umane, che ha fatto difetto alla sinistra e che inevitabilmente si paghera' gravemente nelle elezioni di maggio. Quello che maggiormente temiamo, non e' la sconfitta, ma il tracollo strutturale delle sinistre. Perche' non c'e' solo l'immediatezza del voto, c'e' un orizzonte che si prefigura molto nero (qualunque sia il risultato elettorale), segnato dalla difficolta' di trovare un terreno comune che unifichi le diverse anime della sinistra con il variegato e frantumato mondo eco-pacifista per combattere a fondo le destre, contrapponendo cultura a incultura, valori a controvalori. Non sara' facile. Del resto, la sinistra non e' solo il lavoro e i suoi diritti, l'inclusione invece che l'esclusione, l'eguaglianza invece che la discriminazione, la solidarieta' invece che la competizione piu' spietata, la pace invece che la guerra. La sua anima e' piu' complicata e piu' vaste sono le sue ferite. Ma senza pace, diritti, eguaglianza e solidarieta', non e' sinistra. Su questo, che propongono le sinistre "inquiete" dell'Ulivo e quelle fuori di esso, ai propri delusi elettori? 5. TESTIMONIANZE. DUE LETTERE DAL GUATEMALA [Da Gerard Lutte riceviamo e ridiffondiamo queste due lettere di persone impegnate nella solidarieta' con le ragazze e i ragazzi di strada del Guatemala. Per contattare Gerardo: gerardlutte at tin.it] * Clandestini nel loro paese Caro Gerardo, se ne stanno prendendo molti ultimamente, senza motivo, solo perche' non hanno un documento. Hans, Luis, Raul, Henry, Wagner e Rosemary non esistono, sono clandestini nel loro paese. Per loro e' un crimine camminare per strada o respirare questa aria. E' un crimine stare su questa terra. Non esistono per tutto il tempo che sono liberi, non esistono per avere diritti, ma in carcere assumono un presenza ufficiale, dietro le sbarre si', esistono. E adesso condividono lo stesso pezzetto di cielo con altre sei o sette persone, tutti guardano lo stesso spicchio e, di notte, se non si accontentano delle stelle che vedono devono aspettare che l'universo giri un po per vederne qualcun altra. Non ci sono ombre corte in carcere, solo ombre lunghe. Il sole si affaccia dalle sbarre della finestra solo nelle ultime ore del giorno quando tramonta e ogni giorno si vede il sole che muore. Cosi coloro che li uccidono gettandoli nell'oblio della lunga notte senza stelle, li uccidono anche nel ricordo, sotto la fioca luce del sole che muore. Nonostante tutto teniamo alta la bandiera del nostro sorriso, perche' abbiamo appreso che da queste parti c'e' piu' coraggio nell'allegria che nella tristezza. Un sorriso e un muso lungo, segnano la differenza tra la lotta e la resa, e questo lo sanno bene i ragazzi e le ragazze che sono sempre pronti allo scherzo e al ballo, al canto o alla festa. I ragazzi della terminal si mantengono in uno stabile abbandonato ed ogni volta che andiamo li' per la nostra ricerca ci chiedono una canzone o un gioco che non me la spassavo cosi' di gusto da un pezzo, eppure eravamo solo un gruppo di persone senza chitarra e senza radio, la maggioranza senza casa e senza famiglia, in un posto squallido, con una gran voglia di stare insieme e di divertirci, le nostre voci risuonavano nell'aria e riempivano tutto intorno. E se quelli di sopra impongono il silenzio, canteremo. Se impongono l'individualismo, staremo insieme. Se impongono l'immobilismo, balleremo. Potranno forse togliere la voce dalla nostra bocca o il ballo dalle nostre gambe? E anche in mezzo al frastuono le nostre voci attraversano l'oceano e arrivano fino al tuo orecchio. Sorrisi ribelli in un mondo di tristezza imposta. Da quelli che stanno in alto. Vogliamo che tutti guardino il sole alto nel cielo che ci batte sulla pelle e ci riscalda, vogliamo guardare il cielo stellato in tutta la sua immensita'. Emanuele * * Una scena orribile Sai, l'altro giorno ho assistito ad una scena orribile, passeggiavo per la tredicesima strada e ho visto un ragazzo di circa 25 anni in mutandine con il naso spaccato pieno di sangue e le mani legate, il viso era della disperazione e dell'impotenza... attorno a lui dei giovani incappucciati che fieri portavano in giro il loro trofeo. La gente si fermava ad osservare, qualcuno rideva... ho chiesto ad una coppia perche' quel povero ragazzo era ridotto a quel modo e la ragazza mi rispose con tranquillita': "un ladron!". Sono stata molto male per quel ragazzo e anche al pensiero che questo capiti ovviamente alle persone che vivono ai margini della societa', come le nostre piccole e piccoli amici, e che non solo siano costrette a rubare per mangiare ma che subiscano tali violenze e orribili umiliazioni. Il Guatemala e' proprio un paese difficile. Oggi camminando per la sesta avenida ho visto un piccolo della strada, si chiama Manuel, e insomma c'era un uomo che lo tirava con violenza, lui era molto spaventato ed e' stato bello poterlo difendere e vedere il visetto di Manuel sorridere... forse una delle pochissime volte che si e' sentito protetto... Sai che Haroldo sta organizzando un'esposizione di opere di ragazze e ragazzi di strada al museo della facolta' di diritto? siamo stati l'altro pomeriggio a fare una visita al museo, c'erano una quindicina di ragazze e ragazzi che stanno lavorando costantemente con Haroldo, la cosa bellissima e' stata che tanto erano attenti, educati e interessati che sembravano proprio una scolaresca e la guida non si e' resa conto che vivevano in strada! Sofia 6. MATERIALI: NUOVI DOSSIER DI "CHIAMA L'AFRICA" [Da "Chiama l'Africa" (e-mail: chiama.africa at agora.stm.it) riceviamo e pubblichiamo] Sono stati pubblicati altri quattro dossier su Africa e dintorni (gruppi di resistenza, finanza etica, cooperazione, debito). Riportiamo qui di seguito delle brevi presentazioni. I dossier possono essere richiesti presso la sede di "Chiama l'Africa" di Parma, c/o Associazione Muungano, strada Cavestro 14/A 43030 Vicomero (PR), tel. 0521-314263, fax 0521-314269, e-mail muungano at libero.it. Verranno spediti per posta con allegato bollettino di conto corrente postale su cui versare un contributo (indicativamente 5.000-10.000 £ a copia). I dossier di Chiama l'Africa sono pubblicati in collaborazione con la rivista "Solidarieta' Internazionale". * Africa: storie di guerre e di resistenza, di Jean Leonard Touadi Un'analisi dell'Africa contemporanea, osservata e interpretata in chiave politico-economica, sociale e storica. "In bilico tra una tradizione violentata ma ancora viva e una modernita' imposta e seducente, le societa' africane sono entita' frantumate. E la crescente urbanizzazione ha accentuato questo carattere. Dal punto di vista sociale, l'Africa non e' morta: e' una pentola che bolle, ci avverte Jean Marc Ela (...). I laboratori di resistenza sono ovunque l'uomo africano rifiuta di piegarsi sotto il giogo dei meccanismi congiunti dello sfruttamento economico e della dominazione politica e culturale. Le periferie urbane delle citta'; le campagne; le associazioni di donne; le cooperative di giovani; i gruppi religiosi che sperimentano cammini di solidarieta' e di cambiamento sono campi arati dove il seme della resistenza, attraverso il sofferto vissuto quotidiano, dice no alla morte della speranza". * Le tendenze della cooperazione, di Rosario Lembo Un viaggio all'interno della cooperazione internazionale e della sua evoluzione attraverso i decenni, con una considerazione attenta di tutti i suoi attori: le agenzie internazionali, i singoli stati, le Ong, l'Europa. In particolare, per quanto riguarda il nostro paese, l'analisi prende in considerazione la legge sulla cooperazione, il suo iter travagliato e il dibattito che l'ha accompagnata per circa sei anni. Il problema si pone in maniera ancora piu' urgente oggi, con la legge ferma in parlamento a fine legislatura. "Il modello di sviluppo e di cooperazione costruito e prodotto fino ad oggi dal Nord e' stato fallimentare, soprattutto rispetto alla promozione di una giustizia a livello dei diritti umani e di accesso alla ricchezza nella maggior parte dei paesi del nostro pianeta (...). E' giunto il momento di un profondo rinnovamento dei soggetti che hanno finora concorso a realizzare la cooperazione, dei valori e dei modelli che hanno finora guidato e condizionato le strategie di intervento". * Africa-Europa: quale riconciliazione?, testi di Pedro Miguel, Joseph Ki-Zerbo e Sara Fornabaio Il dossier raccoglie alcuni contributi emersi durante una giornata di studio sul debito in Africa, organizzata da Chiama l'Africa. Pedro Miguel, filosofo angolano, affronta il tema del debito dal punto di vista della giustizia; Joseph Ki-Zerbo, uno dei massimi studiosi africani, esamina il debito africano in prospettiva storica. Segue, a cura di Sara Fornabaio, una panoramica sulle modalita' che hanno portato alla creazione dell'attuale situazione debitoria e soprattutto un contributo nuovo sulla geografia del credito italiano, con uno squarcio molto significativo sull'operato della Sace. Il quaderno e' corredato da alcuni documenti tra cui quello della commissione sui diritti umani delle Nazioni Unite. * Il finanziamento dell'alternativa, a cura di Marco Piccolo Riflettere oggi sull'uso del denaro acquisisce un valore che va oltre gli aspetti filosofici ed etici, e ci pone di fronte a quello che, dopo la caduta del muro di Berlino, sembra essere l'assoluto del nostro tempo: il capitale. Molte organizzazioni, accortesi dell'insufficienza di un'azione esclusivamente culturale, si sono assunte la responsabilita' di indicare nuovi percorsi per dare concretezza, anche in campo economico e finanziario, al bisogno di una maggiore coerenza con i valori (di giustizia, di solidarieta', di tutela dell'ambiente) che stanno alla base di uno sviluppo sostenibile e solidale. La finanza etica e' il frutto di un lungo lavoro, spesso portato avanti nel silenzio o in contesti ambientali difficili (come possono esserlo molte realta' del sud), da persone che hanno cercato di rispondere ad un semplice quesito: cosa posso fare io? (dalla introduzione al dossier). 7. INCONTRI. IL 28 MARZO A MILANO LE TEOLOGIE DELLA LIBERAZIONE [Volentieri diffondiamo] Si svolgera' mercoledi 28 marzo alle ore 21 a Milano presso il Chico Bar, via Ollearo 5, un incontro su "Le teologie della liberazione", con Giulio Girardi, teologo della liberazione, e Pablo Romo, del Centro diritti umani del Chiapas, Iustitia et Pax. Organizzano: Associazione Culturale Punto Rosso, Chicomendes. Nell'occasione verra' presentato il numero di Alternatives Sud: Le teologie della liberazione, Edizioni Punto Rosso, 2001, con saggi di: Leonardo Boff, Gustavo Gutierrez, Francois Houtart, Mohammed Taleb, Samir Amin, Franz Hinkelammert e altri. L'espressione "teologie della liberazione", declinata al plurale, indica la presenza nel contesto di alternative alla globalizzazione neoliberista di movimenti di liberazione religiosa e sociale nel cristianesimo, nell'islam, nel buddismo, ma anche nel contesto di movimenti sociali specifici: le donne, i popoli indigeni, i movimenti di liberazione nazionale, l'ecologia. Per richiedere il volume (pp. 273, lire 25.000): tel. 02.72006264, 02.72016642, e-mail: puntorosso at tiscalinet.it 8. INCONTRI. IL 31 MARZO CONTRO LA PENA DI MORTE [Riceviamo e diffondiamo] L'Istituto don Zefferino Jodi, Reggio nel mondo, il Centro don Gualdi ed Amnesty International organizzano a Reggio Emilia, sabato 31 marzo, alle ore 10 del mattino nella sala del Palazzo del Capitano del Popolo l'iniziativa "Dal braccio della morte di San Quintin...". Declamazione di testi di chi vive nel braccio della morte, condannato da una giustizia vendicativa, che non conosce redenzione. Recitano gli artisti di "Marco Cinque", accompagnati da musiche e video. Sono invitati tutti gli studenti e chiunque sia interessato. Ricordiamo a tutti che ogni sabato in piazza Prampolini si raccolgono tutto il giorno le firme per la sospensione della pena di morte di David Lee Goff, fissata per il 25 aprile, giorno della Liberazione. David Lee Goff e' di Fort Wort, citta' del Texas (Stati Uniti) gemellata con la nostra citta', Reggio Emilia. Il primo aprile partiranno Claudio Melioli (Centro Don Gualdi) e Arianna (Coalizione Italiana contro la pena di morte) per recare tutte le nostre firme a David e alle autorita' texane, e per unirsi alla Coalizione del Texas contro la pena di morte. Centro Don Gualdi, via del Guazzatoio 21, 42100 Reggio Emilia, tel.0522.371488. 9. RIVISTE. E' IN EDICOLA "CARTA" [Riceviamo e diffondiamo] Da martedi 27 e fino a venerdi 30 marzo e' in edicola il nuovo numero di "Carta" (acquistabile insieme al quotidiano "il manifesto"). Contiene, tra l'altro, un ampio faccia a faccia tra Marco Revelli e Fausto Bertinotti, a partire dal libro di Revelli, "Oltre il Novecento", che tante polemiche ha suscitato. Anche per capire come si sia trasformata la Fabbrica, che ha dominato il secolo appena terminato, "Carta" ha indagato sulla Fiat di Mirafiori, con le testimonianze dei delegati dell'epoca dei consigli di fabbrica e con quelle dei lavoratori precari che la Fiat ha licenziato, provocando scioperi e proteste. Inoltre: un resoconto-bilancio della marcia zapatista scritto da Pierluigi Sullo, di ritorno dal Messico; il reportage di Daniele Barbieri, di ritorno dal Congo e dalla missione di pace di trecento italiani; un'inchiesta sulle multinazionali che si sono impossessate delle acque minerali della Lombardia; un aggiornamento di Raffaele Laudani sulla costruzione di Attac Italia. E molto altro. Grazie per l'attenzione e buona lettura. Vi ricordiamo l'appello per la "giornata della terra", il 17 aprile, promossa da Via Campesina e dal Movimento Sem Terra e in Italia, tra gli altri, da Carta e dai Cantieri sociali. Tutti i documenti in www.carta.org. 10. EDITORIA. IL CATALOGO 2001 DELLA EMI E' stato pubblicato il catalogo 2001 della EMI (Editrice missionaria italiana), benemerita casa editrice che ha pubblicato opere fondamentali per una cultura della pace, della solidarieta', della nonviolenza. Per contatti e per richiedere il catalogo: EMI, via di Corticella 181, 40128 Bologna, tel. 051.326027, fax 051.327552, e-mail: sermis at emi.it, sito: www.emi.it 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 162 del 27 marzo 2001
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