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La nonviolenza è in cammino. 160
- Subject: La nonviolenza è in cammino. 160
- From: "Centro ricerca pace Viterbo" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 26 Mar 2001 03:18:44 +0200
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 160 del 25 marzo 2001 Sommario di questo numero: 1. Medici senza frontiere: per l'accessibilita' dei farmaci contro l'Aids 2. Intervista a Seyla Benhabib, la filosofia politica femminista 3. Donne in nero di Belgrado: fermiamo la guerra in Macedonia 4. Associazione per la pace: la guerra non risolve i problemi, li aggrava 5. Il 26 marzo educazione alla pace a Orte 6. La "Carta" del Movimento Nonviolento 7. Per saperne di piu' 1. UNA PETIZIONE. MEDICI SENZA FRONTIERE: PER L'ACCESSIBILITA' DEI FARMACI CONTRO L'AIDS [Diffondiamo la petizione promossa da Medici Senza Frontiere a sostegno dell'impegno del Sudafrica per l'accessibilita' dei farmaci contro l'AIDS; invitiamo tutti i nostri interlocutori ad aderire e a diffondere ulteriormente la petizione] Medici Senza Frontiere (MSF) presenta una petizione per sostenere l'impegno del Sudafrica nella battaglia per l'accessibilita' dei farmaci contro l'AIDS. La firma della petizione via Internet si fa cosi': 1. Aprire la pagina della petizione: http://www.msf.org/petition/italy.htm 2. Inviare la petizione cliccando dove indicato. La petizione deve essere firmata entro il 15 aprile. Ecco il testo della petizione: Petizione per il Sudafrica I sottoscritti sostengono gli sforzi fatti dal governo del Sudafrica tramite la legge sui medicinali approvata nel 1997 per rendere i farmaci essenziali meno costosi e piu' accessibili al suo popolo. Di conseguenza, i sottoscritti chiedono alle 39 societa' farmaceutiche, che bloccano l'applicazione di questa legge con una causa legale, di abbandonare immediatamente questa causa. Con oltre quattro milioni di sieropositivi, il Sudafrica ha il piu' alto numero al mondo di malati di HIV/AIDS. Solo pochi possono permettersi la cura che ha consentito di allungare e migliorare la vita dei malati nei paesi piu' ricchi. Dal 1998, l'industria farmaceutica ha bloccato la legge sui farmaci, dichiarando che avrebbe violato i diritti dei brevetti. In questo periodo, 400.000 Sudafricani sono morti per cause legate all'AIDS. I prezzi elevati stanno in realta' togliendo i farmaci ai pazienti poveri, condannandoli ad una morte prematura. I sottoscritti chiedono alle 39 societa' farmaceutiche di abbandonare immediatamente ed incondizionatamente questa causa. E chiedono ai governi di sostenere il popolo del Sudafrica esortando le compagnie ad abbandonare la causa. La petizione sara' inviata: alle 39 case farmaceutiche che hanno intentato il processo contro il governo del Sudafrica: Pharmaceutical Manufacturers' Association of South Africa (PMA), rappresentante di tutte le altre; Alcon Laboratories (S.A.) (Proprietary) Limited; Bayer AG; Bayer (Proprietary) Limited; Boehringer-Ingelheim International GmbH; Boehringer-Ingelheim KG; Bristol-Myers Squibb Company; Bristol-Myers Squibb (Proprietary) Limited; Byk Gulden Lomberg Chemische Fabrik GmbH; Byk Madaus (Proprietary) Limited; Dr. Karl Thomae GmbH; Eli Lilly and Company; Eli Lilly (South Africa) (Proprietary) Limited; F. Hoffman-La Roche AG; Glaxo Wellcome (South Africa) (Proprietary) Limited; Hoechst Marion Roussel Limited; Ingelheim Pharmaceuticals (Proprietary) Limited; Janssen-Cilag Pharmaceutica (Proprietary) Limited; Knoll Pharmaceuticals South Africa (Proprietary) Limited; Lundbeck South Africa (Proprietary) Limited; Merck & Co., Inc.; Merck KGaA; Merck (Proprietary) Limited; MSD (Proprietary) Limited; Novartis South Africa (Proprietary) Limited; Novo Nordisk (Proprietary) Limited; Pharmacia & Upjohn (Proprietary) Limited; Rhone-Poulenc Rorer S.A.; Rhone-Poulenc Rorer South Africa (Proprietary) Limited; Roche Products (Proprietary) Limited; Schering (Proprietary) Limited; Schering-Plough (Proprietary) Limited; Scientific Pharmaceuticals S.A. (Proprietary) Limited; SmithKline Beecham; SmithKline Beecham Pharmaceuticals (Proprietary) Limited; Universal Pharmaceuticals (Proprietary) Limited; Wyeth (Proprietary) Limited; Xixia Pharmaceuticals (Proprietary) Limited; Zeneca South Africa (Proprietary) Limited; e al governo dei paesi in cui MSF opera. Ai destinatari della petizione saranno inviati soltanto il nome, il cognome e lo stato di residenza dei firmatari. L'indirizzo e-mail non sara' diffuso. Per firmare la petizione clicca http://www.msf.org/petition/italy.htm 2. RIFLESSIONE. INTERVISTA A SEYLA BENHABIB: LA FILOSOFIA POLITICA FEMMINISTA [Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche (www.emsf.rai.it) abbiamo ripreso questa intervista all'illustre pensatrice. Seyla Benhabib e' nata ad Istanbul nel 1950. E' professoressa di Teoria politica presso l'universita' di Harvard. Ha conseguito il dottorato in filosofia nel 1977 all' universita' di Yale. Dal 1979 al 1981 e' stata Alexander von Humboldt Fellow a Starnberg e Francoforte. Ha studiato filosofia, politica e storia del pensiero femminile a Boston, presso la New School for Social Research. E' stata professoressa ospite presso l'universita' di Costanza, Francoforte e Macerata. Dal 1986 al 1992 e' stata coeditrice di "Praxis International". Seyla Benhabib si e' occupata di teoria critica, filosofia politica e femminismo . Ha indagato le relazioni della teoria critica della societa' con la tradizione del pensiero politico e con l'etica contemporanea. Ha difeso un progetto di etica universale che risente delle suggestioni di Habermas e che intende integrare il pensiero femminile e il criticismo all'interno di un'etica dialogica che prospetta l'atto etico come capacita' di entrare in relazione con il punto di vista dell'altro. Recentemente Seyla Benhabib ha focalizzato i suoi interessi sul pensiero femminista; sta lavorando ad un libro che esamina la filosofia politica di Hannah Arendt (The Reluctant Modernism of Hannah Arendt). Opere di Seyla Behabib: Critique, Norm and Utopie. A study of the Foundations of Critical Theory, Columbia University Press, 1986; Fischer Verlag, 1992; (con Drucilla Cornel), Feminism as Critique, Polity and Minesotta Presses, 1987; The communicative Ethics Controversy (con Fred Dallmayr), MIT Press, 1988; Situating the Self. Gender, Community and Postmodernism in contemporary Ethics, Routledge and Polity Presses, 1992] 1. Professoressa Benhabib, negli ultimi vent'anni, sia in Europa che nell'America settentrionale, siamo stati testimoni dell'esplosivo emergere della teoria femminista. Cosa pensa di questa teoria e come spiega la sua straordinaria diffusione? Ritengo che il femminismo sia uno dei piu' interessanti movimenti sociali, politici, culturali e intellettuali della seconda meta' di questo secolo. Esso, infatti, pone questioni estremamente significative e rilevanti per l'intera civilta': invita le donne a interrogarsi sulla propria identita', sul proprio corpo, sulle proprie emozioni, sulla propria sessualita', a riflettere e a divenire consapevoli di aspetti dell'esistenza mai considerati prima, o a cui si era prestata ben poca attenzione. Sotto questo aspetto, il femminismo e' una rivoluzione di lunga durata, la piu' lunga di tutte, perche', contrariamente a ogni rivoluzione che ha di mira trasformazioni di tipo politico, sociale ed economico, la posta in gioco e' l'identita', il modo autentico di essere sessuati all'interno del proprio corpo. La tendenza attuale del movimento femminista - e a cui ci si riferisce solitamente con l'espressione "femminismo della seconda ondata" - e' emersa dopo il movimento studentesco del '68. Tra questo e l'attuale movimento delle donne ci sono interessanti connessioni e rapporti antagonistici, ma possiamo comunque rintracciare l'origine del secondo in certi temi sollevati all'interno del movimento del '68. Uno degli slogan sostenuti dalla seconda ondata del movimento femminista e' stato "il personale e' politico". Questo slogan puo' essere frainteso in molti modi, perche' e' difficile comprendere come il personale possa divenire politico senza invadere l'ambito della liberta' individuale, della privacy, dell'autonomia, che siamo soliti salvaguardare dallo stato. Cosi', ad una lettura immediata lo slogan "il personale e' politico" puo' essere inteso quasi come un appello totalitario a meccanismi politici che limitino ulteriormente la vita privata. Ma ad una riflessione piu' attenta, questo slogan significa che e' necessario essere consapevoli del modo in cui, al livello piu' profondamente individuale e intimo dell'esistenza, modelli collettivi, culturali e sociali determinano e condizionano la formazione delle nostre identita'. E dobbiamo essere consapevoli del ruolo politico del "gender" nelle nostre vite. Rispetto a questo background, nel senso piu' ampio e generale definisco la teoria femminista come la lotta delle donne per l'uguaglianza, la giustizia e l'emancipazione in ogni cultura e comunita' del mondo. 2. Ci puo' spiegare il significato di espressioni come "la politica della differenza di genere" o "il sistema sex-gender"? Prima di tutto, occorre distinguere tra sex e gender. Possiamo dire anzitutto, con una formulazione provocatoria, che il gender sta alla teoria femminista come la produzione, il lavoro e i rapporti di classe stavano al marxismo, o come la sessualita' sta alla psicoanalisi; con la categoria di gender, un termine che non esiste neppure in molte lingue europee (dove e' quindi difficile distinguere tra sex e gender), ci si riferisce a cio' che i francesi chiamerebbero champ episthemologique, "campo epistemologico". Questo definisce l'intero ambito della teoria femminista, che riguarda infatti origine, funzione, riproduzione e spiegazione delle relazioni di "genere" (gender). Per comprendere la distinzione tra sex e gender e' utile a mio avviso riferirsi all'antropologia. Questa ci mostra che, nella maggior parte delle societa' umane a noi note, tra maschio e femmina c'e' innanzitutto una distinzione di ordine culturale. Il fatto che gli uomini siano aggressivi e amanti della guerra, e le donne siano inclini alla passivita' e alla vita domestica, costituisce culturalmente una variabile. E la gamma di variazioni e' veramente molto ampia. Le diverse culture e societa' umane attribuiscono all'uomo e alla donna qualita' molto differenti rispetto a quelle a cui ci ha abituati il punto di vista della nostra cultura moderna occidentale. Vi sono, per esempio, alcune comunita' tribali in cui sono gli uomini a fare la parte dei "civetti", mentre alle donne spetta l'atto sessuale della seduzione. E' bene quindi tener presente che, mentre la differenziazione maschio-femmina sembra essere una costante nelle societa' umane, le caratteristiche culturali che attribuiamo al maschio e alla femmina variano da cultura a cultura. Questo e' un primo elemento. Un secondo aspetto e' che, nella maggior parte delle societa' umane, sembra esserci una divisione sessuale del lavoro. Essa implica che, solitamente, sia la donna a prendersi cura dei bambini, dei giovani e in molti casi degli anziani e dei malati. Si dovrebbe comunque prestare attenzione al fatto che non e' necessariamente la madre biologica ad avere questi compiti. Il fatto che sia la madre biologica a prendersi cura del neonato e' frutto di una innovazione culturale molto recente; e' comunque alla donna che viene generalmente assegnato il compito di prendersi cura dei giovani e dei bambini, per non parlare dei malati e degli anziani. Sulla base di queste considerazioni, le femministe - e non tutte condividono del resto l'idea degli universali antropologici - concludono che c'e' una differenza essenziale tra differenza sessuale e gender. Con "differenza sessuale" si intendono in questo caso le differenze anatomiche tra femmina e maschio: il fatto cioe' che una donna possa allattare, rimanere incinta, partorire un bambino, avere le mestruazioni, entrare in menopausa, che sia di solito piu' minuta di un uomo, abbia meno peli, etc. Il gender riguarda, invece, la differenza culturalmente elaborata, le posizioni sociali di potere e le relazioni sociali in cui uomini e donne vengono inseriti sulla base della loro diversita' anatomica. 3. Puo' parlarci dell'origine, della funzione e del futuro del sistema "sex-gender" cosi' come lo ha definito? A questo riguardo, vi sono approcci contrastanti all'interno del movimento femminista? Riprendendo Freud, potremmo dire che "l'anatomia e' il nostro destino". Con questo concetto, Freud intendeva dire che le caratteristiche anatomiche femminili definiscono e determinano la psiche, la posizione nella vita, i sogni, l'intero futuro della donna. Cio' che il femminismo oggi rifiuta, invece, e' anzitutto la tesi che l'anatomia o la biologia rappresenti il destino della persona. Questa, tra l'altro, e' la premessa che unisce oggi scuole di teoria femminista assai divergenti. In questa sede, vorrei analizzare tre approcci fondamentali che elaborano la categoria di gender e il nesso tra gender e sesso. Chiameremo il primo approccio, "approccio teoretico al ruolo" del femminismo liberale; il secondo "approccio psicoanalitico"; il terzo puo' essere invece caratterizzato come "postmoderno" e parleremo pertanto di "interpretazioni femministe postmoderne". La teoria dell'"approccio teoretico al ruolo" sostiene che le differenze culturali tra uomo e donna possono essere spiegate fondamentalmente con il fatto che le donne si sono trovate in una situazione di subordinazione e di ineguaglianza. Se ricostruissimo e riformassimo la societa' in modo da renderla egualitaria rispetto al gender, avremo allora altrettanti astronauti, neurochirurghi, matematici, compositori, giocatori di baseball di sesso femminile quanto maschile. Negli Stati Uniti c'e' un movimento molto interessante che fa giocare le ragazzine a baseball in piccole squadre sulla base dell'assunto che non c'e' alcuna ragione per cui le ragazze non possano o non debbano saper giocare a baseball come i ragazzi, se vengono incitate a farlo. C'e' qualche ragione per cui una donna di talento non debba diventare compositore? Perche' la societa' le impedisce questo tipo di obiettivi? L'assunto, quindi, e' che la societa' e' stata organizzata in modo ingiusto, in modo da precludere sulla base del gender alla maggior parte degli individui di talento le posizioni che ad essi spettavano. Nella teoria dei ruoli, in conclusione, le differenze di gender sono spiegate in termini di distribuzione diseguale nella societa' (rispetto agli uomini e alle donne) di alcuni tipi di opportunita' di carriera. 4. Considera l'opera classica di John Stuart Mill "Sulla servitu' delle donne" un esempio di tale posizione? Certamente. Penso che John Stuart Mill dia la definizione filosofica piu' articolata di femminismo liberale. Infatti, dicendo espressamente che l'ineguaglianza fondata sul gender e la preclusione di determinati tipi di occupazioni alle donne sulla base delle loro differenze anatomiche sono due fatti assolutamente in contraddizione con la condizione moderna, Mill afferma che, con l'abolizione della distinzione tra schiavo e uomo libero, tra servo e padrone, e' impossibile conservare quella tra uomo e donna, e tenere le donne in una posizione subordinata. Mill fa anche l'esempio della regina Vittoria e si domanda: "Se abbiamo le regine, come e' possibile che non abbiamo donne membri del parlamento?". Penso comunque che politicamente il femminismo liberale abbia avuto un ruolo estremamente importante, in particolare per i modi in cui si e' sviluppato parallelamente alle rivoluzioni borghesi, americana e francese. Il programma del femminismo liberale, infatti, ha combattuto per la parita' dei diritti delle donne, per l'uguaglianza di fronte alla legge e nelle piu' alte istituzioni e ancora oggi fa parte per questo del programma di tutto il femminismo. Non mi trovo invece d'accordo con l'idea che la distinzione tra maschio e femmina, come prodotto di cultura e di civilizzazione, possa essere spiegata semplicemente in termini di ruoli sociali. Al riguardo, il femminismo liberale ha un concetto piuttosto superficiale della persona e una comprensione limitata delle relazioni che intercorrono tra gender e identita'. Prendiamo un esempio molto elementare: una donna puo' diventare neurochirurgo, ma continuare a subire nella propria vita privata una situazione di ineguaglianza; puo' essere una moglie maltrattata, o puo' soffrire comunque di insicurezze profonde e di senso di inadeguatezza per quanto concerne il proprio essere donna. In altre parole, la teoria del gender non spiega il modo in cui il gender e' parte delle nostre identita', delle nostre fantasie, del nostro subconscio, di chi siamo e di come concettualizziamo il nostro stesso essere nel mondo. Mi sembra che la teoria del ruolo si situi alla superficie delle istituzioni politiche e giuridiche: il suo obiettivo e' la persona pubblica, ma non indaga sull'identita' individuale che sta dietro di questa. 5. Mi sembra che tra psicoanalisi e femminismo vi sia una specie di amore-odio. E' d'accordo? Certamente. Alcune tra le battaglie intellettuali piu' interessanti degli ultimi dieci o quindici anni sono state combattute sul terreno della psicoanalisi e del femminismo. Perche' se ne comprendano le ragioni, cominciamo con uno sguardo retrospettivo. Per la prima volta nella storia intellettuale dell'Occidente, la psicoanalisi apre alla riflessione, alla cura e alla trasformazione un ambito dell'esistenza umana che era considerato al di fuori della comprensione razionale, almeno nel periodo moderno: si tratta sostanzialmente dell'ambito dell'inconscio, del corpo, della sessualita', dei desideri. In epoca moderna, tutto questo era stato considerato dominio della donna. Si pensava, infatti, che la donna fosse piu' vicina al mondo delle emozioni, del corpo, della sessualita'. E' questa la ragione per cui vi e' una sorta di coalizione intorno a un certo campo tematico, a cui guardano sia il femminismo che la psicoanalisi. Oltre a questo, credo anche che femminismo e psicoanalisi condividano un approccio molto interessante alla relazione tra coscienza e teoria o, volendo avvalersi del francese (in cui tale nesso si esprime meglio), tra "conscience" e "connaissance". Gli individui si avvicinano alla psicoanalisi a causa dell'esperienza del dolore, e non per un interesse puramente teoretico per le tesi di Freud: e' l'esperienza della sofferenza, del disorientamento che l'individuo sperimenta, che lo porta a cominciare a riflettere, ad analizzare se stesso o a pensare a se stesso in altri modi. Talvolta ci si riferisce alla psicoanalisi come a una cura della parola. Una relazione analoga tra coscienza da un lato e teoria e conoscenza dall'altro si ha nel femminismo. Il femminismo parte da un'esperienza di contraddizione e di infelicita' vissute, di disorientamento vissuto e poi procede alla spiegazione teorica, o meglio va alla ricerca di una spiegazione teorica delle origini di quella condizione. Cosi', per entrambi questi aspetti - la coincidenza del campo tematico e la relazione tra coscienza e teoria - psicoanalisi e femminismo sono in un rapporto di grande familiarita' e sono tra loro alleati. E tuttavia, la teoria psicoanalitica considera come proprio modello, come norma, la sessualita' maschile adulta: non c'e' nessuna teoria psicoanalitica che spieghi lo sviluppo di una donna. Per lo piu', la donna viene interpretata in termini di mancanza. Si defini' anzitutto il complesso di Edipo, poi si decise che doveva esserci un equivalente femminile, e venne cosi' creato il complesso di Elettra. Poiche' i bambini maschi avevano una particolare relazione affettiva con la madre, le bambine dovevano avere la stessa relazione con il padre. Si ipotizzo' ad esempio per le bambine la cosiddetta invidia del pene. La bambina dice: "Perche' io non ho nulla e lui si'?". E la questione - come hanno osservato alcune femministe - e' se non era possibile pensare le cose diversamente: "E l'invidia del seno allora? E il il fatto che una donna possa generare bambini?". In psicoanalisi, in sintesi, molti modelli di sviluppo, molte categorie e ipotesi esplicative considerano il soggetto maschile come norma. E questa e' proprio un'ironia della sorte, perche' la maggior parte dei pazienti di Freud erano donne. Di conseguenza, mentre il materiale grezzo della psicoanalisi e' sempre stato costituito dalle donne, la riflessione teorica ha riguardato un altro soggetto. 6. Pensa che il cosiddetto movimento postmoderno che si e' affermato nella filosofia contemporanea abbia dato contributi significativi anche alla teoria femminista? Negli ultimi vent'anni, il femminismo e il postmoderno sono stati alleati, hanno combattuto su un fronte comune. Esporro' soltanto un aspetto di questa alleanza: il profondo scetticismo per cio' che si intende per meta-narrativita' dell'epoca moderna. Il concetto di meta-narrativita' e' di Jean-Francois Lyotard, secondo il quale la caratteristica principale dei moderni sistemi di pensiero - liberalismo, positivismo, secolarismo, marxismo - e' stata l'idea che c'e' una storia comune che possiamo raccontare, sia essa la storia del progresso umano, dell'uguaglianza, della giustizia o quella della lotta di classe, a cui seguira' la vittoria del proletariato. Ma c'e' comunque un telos unificante. Le femministe affermano che la meta-narrativita' dell'epoca moderna non ha mai incluso veramente le donne, e che non sappiamo se la modernita', ad un livello molto elementare, abbia significato la stessa cosa per le donne e per gli uomini. E oggi ne sappiamo abbastanza della storia sociale e culturale delle piu' grandi rivoluzioni della modernita' - le rivoluzioni americana e francese - per poter dire che la cosa non e' stata la stessa per entrambi. La recente storiografia sulla rivoluzione francese, ad esempio, mostra che c'erano in effetti numerosi clubs, salotti e associazioni di donne prima della rivoluzione e che, nei primi due anni della rivoluzione, queste associazioni indipendenti di donne furono dichiarate incostituzionali e delegittimate. In realta' la rivoluzione francese, che consideriamo un periodo di emancipazione dell'individuo, elaboro' un modello repubblicano di figura materna e critico' tutte le donne che non si adeguavano a tale modello. Questo esempio storiografico ci mostra perche' il femminismo condivide con i filosofi del postmoderno un certo scetticismo riguardo alla "grande storia", alla narrazione ufficiale. 7. A proposito della rilevanza teoretica della filosofia femminista, sarebbe pronta a sostenere che esiste un'epistemologia femminista, una metafisica femminista, una teoria morale femminista e una filosofia politica femminista? La questione e' intricata. Procediamo quindi a piccoli passi, chiarendo prima alcuni punti. Anzitutto, occorre nuovamente soffermarsi sulla categoria di gender; da questa passeremo poi alla rilevanza filosofica del femminismo. Nelle risposte precedenti ho contrapposto tre diversi modelli di spiegazione del gender: liberale, psicoanalitico e postmoderno. Mi sono soffermata a lungo sul modello liberale. Il modello psicoanalitico ritiene che l'identita' del gender si costituisca sostanzialmente nei primi tre anni di vita, all'interno della famiglia, in relazione alle diverse forme di ego, del padre e della madre, che l'individuo sperimenta. Nell'approccio postmoderno, invece, il gender non e' considerato soltanto attraverso le diverse forme di ego e i processi di interiorizzazione nella famiglia, ma si inserisce in una battaglia culturale in senso ampio: i filosofi postmoderni sostengono che e' possibile individuare una "microfisica del potere", che determina e configura il modo in cui acquistiamo un'identita' e ci costituiamo come individui. Quando si comincia a pensare al contributo complessivo del femminismo all'epistemologia e all'etica, e' necessario anzitutto comprendere cosa significa pensare il gender. Dobbiamo comprendere che cosa significa nel nostro lavoro, nella nostra ricerca, considerare seriamente il gender come una categoria utile per l'analisi storica. Sulla scia di Joan Scott, un'importante storica che ha parlato del gender come di una categoria utile all'analisi sociale e storica, domandiamoci prima di tutto, in modo molto pedagogico: che cosa facciamo quando ci proponiamo di pensare in termini di gender? Mi sembra che abbiamo due obiettivi. Uno, vogliamo pensare il gender come "contesto". Possiamo comprendere in qualche modo che cosa significhi questa possibilita' se pensiamo ad esempio al marxismo. Il marxismo ci ha insegnato che dobbiamo pensare alla classe come contesto, cosicche' possiamo interrogarci, per esempio, sulle origini della tragedia greca in termini di conflitto di classe nel mondo antico. Prima del marxismo, nessuno avrebbe mai pensato di porsi questo genere di domande sulla tragedia greca. In qualche modo il femminismo ci porta oggi a riflettere non solo sulla lotta di classe, ma anche sulla lotta intorno al gender in alcune societa'; ci chiede di osservare la costruzione sociale del gender e il gender come relazione di potere. E cio' definisce anche il contesto dei testi che stiamo prendendo in esame. La prima indicazione sarebbe quindi: "usa il gender come contesto, come una variabile interpretativa nelle tue analisi". La seconda considera invece il gender come sub-testo. Penso che questa categoria sia particolarmente utile quando si ha a che fare con testi filosofici, letterari, con i grandi testi della cultura occidentale. Che cosa significa considerare il gender come un sub-testo? Nella maggior parte dei grandi testi filosofici della nostra tradizione, i testi sono disseminati di osservazioni marginali, note, indicazioni coincidenti, interventi estemporanei, che molto spesso mettono in difficolta' gli interpreti. Il nostro compito e' integrare queste annotazioni marginali e comporre, per quanto sia possibile, un quadro d'insieme coerente. Vorrei ricordare che moltissime osservazioni sulle donne, sulla sessualita', sulla famiglia sono di solito interventi marginali, "note a fondo pagina" nei testi classici di filosofia. 8. Vi sono casi interessanti di operazioni interpretative nel senso femminista, ad esempio nelle opere di Hanna F. Pitkin su Machiavelli o nei suoi stessi lavori su Hegel e negli studi su Rousseau. Si puo' dire che il femminismo non ci ha soltanto spinto a ripensare i testi filosofici e a confrontarci con essi in modo diverso, ma ci ha costretto concretamente a farlo? Certamente. Sara' utile offrire a tale proposito alcuni esempi concreti e mostrare che cosa intende fare la scuola femminista con la propria rilettura e ripensamento dei testi filosofici. Cominciamo col dire che in tutte le analisi femministe dei classici della filosofia occidentale la distinzione tra filosofia e letteratura - ad esempio, nel caso di Machiavelli, tra i Discorsi, Il Principe e La Mandragola - non viene eliminata, ma comincia ad essere messa in questione. Si cominciano a integrare tragedia, commedia, racconti all'interno dei testi teorici, perche' nei cosiddetti testi letterari moltissime riflessioni di grande interesse per il femminismo vengono in primo piano. A questo riguardo, il miglior esempio e' Jean-Jacques Rousseau. Nel 1762 - lo stesso anno del Contratto sociale - esce anche Emilio, o dell'educazione, il famoso romanzo pedagogico di Rousseau. Quindici anni fa, quando ho studiato Rousseau e ho seguito i corsi di filosofia politica, nessuno si interessava all'Emilio e la considerava un'importante opera filosofica da leggere parallelamente al Contratto sociale. Ma, soprattutto, nessuno si domandava: qual e' l'origine dei cittadini del contratto sociale? Chi sono? Dove crescono? Da che genere di famiglie provengono? Quale tipo di comportamento emozionale hanno? E quale tipo di comportamento sessuale? Nell'Emilio, Rousseau tenta di rispondere alla questione dell'origine del cittadino maschio, perche' l'opera riguarda proprio l'educazione dell'uomo naturale, dell'individuo naturale, che sara' poi anche il cittadino perfetto per la Repubblica. Un capitolo emblematico (dal nostro punto di vista) dell'Emilio si intitola semplicemente: Sophie, ou la femme. Il libro e' dedicato all'educazione di Emilio, ma il capitolo in cui compare Sophie, la donna, riguarda la donna come compagna ideale di Emilio, come compagna del perfetto cittadino maschio. Non abbiamo tempo per illustrare, nella sua complessita', il quadro costruito da Rousseau. Il testo rousseauiano e' incredibilmente onesto: a Sophie, la donna, viene detto di accettare un certo assetto del desiderio, nel senso di Foucault. Rousseau afferma esplicitamente che in fondo le donne sanno di essere le piu' forti. Perche'? Perche' sono in grado di eccitare le passioni degli uomini; devono, pero', usare questa forza per il loro bene, ossia per controllare la sessualita' maschile. Oltre alle idee sulle donne espresse da Rousseau nelle sue opere, e' interessante osservare che l'originario ideale della famiglia bucolica costruito nell'Emilio finisce per dissolversi. In un'opera postuma, Emile, ou le solitaire, Rousseau disgrega completamente questa costruzione. Qui Sophie ed Emilio vanno a Parigi; Sophie e' infedele e rimane incinta di un altro uomo. Alla fine Emilio abbandona Sophie, se ne va, e diventa legislatore di un'altra repubblica. Qui e' dunque il Rousseau romanziere, scrittore letterario, che riflette sul gender e sulla complessa relazione tra sessualita' e potere, in modi che non ritroviamo in testi come il Contratto sociale, dove introduce immediatamente il problema della liberta'. E' questo dunque il tipo di rilettura della tradizione che il femminismo sta compiendo, divenendo cosi' ermeneutica critica. Il femminismo e' anche un'ermeneutica che porta a rileggere la tradizione con occhi completamente nuovi. 9. Dunque il femminismo ha aperto possibilita' di interpretazione dei testi classici che, solo alcuni anni fa, non sospettavamo neppure. Ma cio' vale anche per la filosofia morale e la filosofia politica femministe? La sua domanda riguarda l'epistemologia, l'etica e la teoria politica femministe, che non a caso mi ripromettevo di affrontare. Prima di tutto, pensiamo a cosa significa occuparsi di critica femminista della ragione, nella scienza come nella teoria morale e nella teoria politica in senso ampio. Sottolineo ancora una volta che il femminismo, come il marxismo e come, forse, la teoria della conoscenza di Nietzsche, insiste sul fatto che la conoscenza prende forma dagli interessi della nostra esistenza: la conoscenza non si costituisce in un vuoto, e le determinanti della conoscenza non sono soltanto il contesto teoretico di altre ricerche. Gli interessi messi in luce dal femminismo sono anzitutto il contesto del gender. A questo riguardo il femminismo diviene una forma di filosofia decostruzionista, ma con la d minuscola. Diventa cio' che Paul Ricoeur ha chiamato una volta "un'ermeneutica del sospetto", che invita a mettere in questione il soggetto, gli assunti dell'epistemologia, dell'etica, della politica. Il femminismo ci ha obbligati a considerare i testi classici della filosofia politica in modo diverso e, grazie alla prospettiva femminista, abbiamo potuto mettere in luce significati di cui non sospettavamo l'esistenza. Tuttavia, si puo' affermare che il femminismo, oltre a costringerci a ripensare la nostra tradizione culturale, ha introdotto nuove forme di vita sociale, nuove costruzioni etiche, una nuova filosofia morale. Si tratta di istanze diverse del femminismo ed entrambe sono teoricamente rispecchiate nel panorama attuale. La richiesta di inclusione parte dalla messa in questione delle credenze non solo dei testi classici della tradizione, ma anche delle loro premesse e dei loro principi, poiche' viene messo in luce il fatto che c'e' una differenza fondamentale nella costruzione del soggetto maschile e di quello femminile. E in effetti i nostri principi, le nostre norme, i nostri ideali rispecchiano questa differenza. L'accento sulla differenza del resto, e' diventato estremamente rilevante nella teoria femminista contemporanea; essa ci ricorda che la richiesta non e' solo di inclusione, ma anche di differenza; si avanza il diritto di essere differenti. Le donne intendono dire che il femminismo non significa volere che le donne diventino sempre piu' simili agli uomini, ma invece, se e' possibile, costruire un mondo in cui possiamo scegliere di essere tali, nel modo in cui desideriamo esserlo, senza essere punite, discriminate o combattute. Nel femminismo contemporaneo, dunque, esistono almeno due istanze, una verso l'inclusione e l'altra verso la differenza; buona parte di questa tensione tra inclusione e differenza, ovvero tra istanza di universalita' da un lato e di differenza dall'altro, e' attiva in tutti i campi, nell'epistemologia, nella morale, come nella filosofia politica. Veniamo a qualche esempio tratto dall'epistemologia. Quando le studiose cominciarono a lavorare con l'epistemologia, si interessarono prima di tutto di storia della scienza e osservarono che la scienza moderna ebbe, per usare un'immagine di Evelyn Fox Keller, una nascita ermafrodita. Se leggiamo i testi di Bacone, vediamo che la natura e' rappresentata come una donna e che la scienza deve forzare questa donna a rivelare i suoi segreti. E' la metafora, l'immagine della violenza alla natura simile a quella fatta ad una donna. Dunque, nell'ambito della storia della scienza ci si e' interrogati su quale fosse il contesto e il sub-testo di gender, ad esempio nell'area delle moderne scienze matematiche nel XVII e nel XVIII secolo. 10. Professoressa Benhabib, Lei ritiene che esista un contesto di gender alle origini della scienza moderna e - se si' - che cio' implichi, ad esempio, che le categorie della biologia, della fisica, della chimica moderne sono influenzate dal gender? Questa domanda suona sospetta, come la genetica staliniana. Credo sia giusto essere molto cauti e domandarsi se sia possibile elaborare questo genere di critica epistemologica. Fortunatamente, penso che la scuola femminista sia molto al di la' di questa linea riduzionistica che sostiene che le verita' della scienza moderna sono vere solo per gli uomini e non per le donne. Non e' questo il punto. La scuola femminista imposta in modo molto interessante un altro genere di questioni. Evelyn Fox Keller, ad esempio, si occupa della questione delle metafore e dei modelli nella scienza. Quando gli scienziati usano metafore e modelli per pensare il mondo e i fenomeni, quale tipo di metafore e modelli scelgono? Vi sono delle implicazioni di gender in queste scelte? Evelyn Fox Keller ha studiato la vita di Barbara Mc Clintock, la studiosa di genetica, che si e' occupata dello sviluppo genetico del mais, vincitrice del premio Nobel. Fox Keller afferma che Barbara Mc Clintock ha elaborato una teoria genetica differente rispetto ai modelli standard del suo tempo: ha concepito un modello meno gerarchico, piu' diversificato, a rete di trasmissione genetica in un campo, in opposizione a quello dominante in quel periodo, incentrato su una molecola-guida. Che cosa sta dicendo Fox Keller in questo caso? Non sta dicendo che Mc Clintock si occupava diversamente di genetica, perche' era una donna, ma che Barbara Mc Clintock, per il suo essere donna, aveva una sensibilita' o trovava un'affinita' rispetto a certi modelli nella ricerca scientifica che in quel periodo erano divergenti rispetto ai modelli dominanti e che le hanno consentito di vincere il premio Nobel per le scoperte ad essi collegate. Si tratta di un'affermazione molto sottile e complessa; non intende affatto dire che le donne pensano necessariamente in modo diverso dagli uomini o che non possono pensare come un uomo. Significa che c'e' un certo modo di affrontare le questioni, una certa prospettiva e una certa sensibilita' rispetto a certi modelli, a certe metafore, la capacita' di escogitare un tipo di spiegazioni plausibili, che puo' essere correlato con le differenze di gender. 11. Ritiene che la filosofia femminista possa essere considerata una critica della ragione? E se e' cosi', di quale ragione? Anzitutto di un modello di ragione onnipotente, che bisogna ridimensionare. La ragione non e' un'entita' astratta, fuori e sopra di noi, ma e' un prodotto degli esseri umani finiti, che, alla nascita, sono bambini indifesi. La ragione, infatti, viene fuori da corpi incarnati; e' un prodotto degli esseri umani, per cui e' necessario che il corpo e i suoi bisogni siano messi al primo posto. Cosi' il femminismo mi ha insegnato ad avere un approccio psicogenetico alla ragione, a scapito delle vecchie astrazioni della metafisica e dell'epistemologia, che vedevano la ragione come un'entita' indipendente. Mi ha insegnato a chiedermi quale sia la genesi, la nascita del soggetto umano nel quale, se tutto va bene, la ragione funziona. Dobbiamo comprendere quindi come sia vulnerabile, contingente, bisognosa la creatura in cui la ragione sorge. In questo senso, il femminismo ci rimanda molto indietro, alle origini dell'esperienza umana, e ci mostra che dietro a ogni essere umano adulto e razionale c'e' un bambino bisognoso, e che la ragione e' una capacita' che si sviluppa in questa creatura, non e' soltanto una proprieta' astratta. La filosofia femminista, dunque, ci invita a pensare ad una concezione meno arrogante, meno trionfalistica della ragione e nella misura in cui ci insegna l'umilta' riguardo alle nostre origini, l'etica e la politica femministe sollevano moltissimi nuovi temi da discutere. Ci sono state diverse discussioni negli Stati Uniti. La piu' nota e' stata quella tra Lawrence Colberg e Carol Gilligan sui temi della teoria femminista. In sintesi, la questione era la seguente: "Si puo' parlare di una moralita' femminile? Le donne hanno un approccio diverso alla moralita' rispetto agli uomini? Le donne tendono a pensare maggiormente in termini di bisogni personali e sono piu' orientate verso le emozioni e la cura degli altri rispetto agli uomini? E gli uomini tendono invece a pensare alla moralita' in termini di principi astratti di giustizia, in termini di diritti (mentre le donne pensano in termini di cura)?". E' il cosiddetto indirizzo etico "cura versus giustizia", all'interno del quale Gilligan sosteneva che la filosofia morale ha trascurato la prospettiva della cura. La distinzione tra la prospettiva della giustizia e quella della cura, dunque, e' stata ampiamente dibattuta all'interno della teoria morale. L'obiezione che viene anzitutto in mente e' la seguente: se si ipotizza che l'approccio delle donne alla morale presta piu' attenzione ai bisogni delle persone, alla cura reciproca, allora si intende dire che il modo di ragionare della donna riguardo alla morale e' stereotipicamente femminile, che la donna non sa pensare veramente in termini di principi astratti di giustizia e di politica e che in questo senso l'esperienza morale della donna e' determinata dalla realta' morale della famiglia e dei gruppi parentali? In che senso dunque vi sarebbe un contributo positivo delle donne una volta riconosciuto che queste si caratterizzano per un orientamento morale verso la cura piuttosto che verso la giustizia? Il mio personale punto di vista su questo dibattito molto complesso e' che l'aspetto piu' interessante della discussione non sta nel chiedersi se le donne pensino solo in termini di cura e gli uomini soltanto in termini di giustizia. E del resto, le prove empiriche raccolte da Carol Gilligan mostrano che le cose non stanno cosi'. La sua documentazione piu' recente mostra che un terzo delle donne preferisce orientarsi verso la cura, un terzo verso la giustizia e un terzo adotta un sistema misto. E' interessante, invece, la frattura, lo iato che si riscontra nella teoria e nell'esperienza morale tra cura, relazioni personali, responsabilita' e principi astratti di giustizia. Quello che sto tentando di dire non e' che dovremmo fonderli insieme e avere solo una politica della cura o che dovremmo avere solo l'ambito della famiglia, o che non dovremmo avere distinzioni in campo morale. Ma penso che dovremmo riflettere sulle dicotomie. Il modo in cui il dualismo nell'esperienza morale ci determina come uomini e donne fa sorgere conflitti e fraintendimenti e, in molti casi, i dualismi, le dicotomie, della nostra esperienza sono anche espressione di una gerarchia e forse di una personalita' e di una cultura poco integrate. Perche' la giustizia non puo' assumere in se' un certo grado di altruismo? Perche' la cura deve essere necessariamente concepita come cura reciproca tra individui tra loro vicini? Non possiamo pensare il diritto come integrazione di questi due elementi, giustizia e cura? La mia posizione non predica l'unita' superiore, che non ritengo possibile ne' desiderabile; ma possiamo provare a immaginare una nuova combinazione al di fuori di questa dicotomia. 3. UN APPELLO. DONNE IN NERO DI BELGRADO: FERMIAMO LA GUERRA IN MACEDONIA [Diffondiamo questo comunicato delle Donne in nero di Belgrado del 19 marzo] Da 10 anni lo spazio della ex Jugoslavia e' un luogo di conflitti bellici. Da 10 anni siamo testimoni delle stesse o simili immagini di sofferenze della popolazione civile, di tutte le origini etniche. Da 10 anni, gli ideologi del sangue e del suolo, creatori di stati etnicamente puri, combattenti per la causa della omogeneizzazione etnica, abusano dello scontento e della sofferenza della popolazione civile per conservare il potere, accumulare ricchezze e spartirsi il bottino di guerra. Da 10 anni cambiano solo i luoghi dei conflitti bellici. Ora e' la volta della Repubblica di Macedonia. "L'idillio" tra i nazionalisti macedoni e albanesi che ancora condividono il potere, e' durato poco. Tanto per gli uni come per gli altri l'unico obiettivo e' stato mantenersi al potere. In nome del popolo albanese, i ribelli armati che si sono dati il nome di ONA (Esercito nazionale di liberazione) generano una violenza brutale in nome di "mete supreme". "La guerra per la pace" messa in moto da loro conduce esclusivamente al progetto di uno stato etnico puro, e' l'esclusione fino all'eliminazione degli altri e dei diversi. Speriamo che la violenza armata dei ribelli albanesi non serva come giustificazione per un'eventuale repressione da parte dello stato, dell'esercito e della polizia macedoni contro il popolo albanese in Macedonia. Speriamo che le autorita' della Macedonia non seguano l'esempio della polizia e dell'esercito serbo durante il regime di Slobodan Milosevic, devastando villaggi, distruggendo citta', massacrando e ammazzando civili. Speriamo che le comunita' etniche in Macedonia abbiano la forza sufficiente per bloccare le intenzioni di omogeneizzazione etnica e resistano in modo nonviolento alla politica di guerra. Speriamo che si oppongano all'Esercito di liberazione del Kosovo (UCK) che attualmente opera in diverse zone, sotto diversi nomi. Speriamo che la societa' civile in Macedonia esiga dalle sue autorita' che intavolino il dialogo e optino per una soluzione pacifica del conflitto. Consideriamo la comunita' internazionale, specialmente la KFOR (NATO), responsabile dell'estensione del conflitto per non aver proceduto alla smilitarizzazione del Kosovo. Invece della politica di forza, della riflessione tardiva e di prendere partito solo da una parte, cosa che quasi sempre e' stata fatta sinora, la comunita' internazionale deve appoggiare i negoziati come unica via per superare la crisi. Come sempre sinora, diamo il nostro appoggio esclusivamente a quelli/e che optano per la nonviolenza, i negoziati e la coesistenza. Li invitiamo ad unirsi alla nostra protesta contro la violenza e i conflitti armati in Macedonia. Belgrado, 19 marzo 2001 4. UN COMUNICATO. ASSOCIAZIONE PER LA PACE: LA GUERRA NON RISOLVE I PROBLEMI, LI AGGRAVA [Diffondiamo questo comunicato dell'Associazione per la pace (per contatti: info at assopace.org)] Cosa diranno i fautori della guerra "umanitaria" su cio' che sta succedendo in Macedonia? Eppure tutto era gia' stato previsto, tutto era gia' stato detto e tutto era gia' stato visto nelle precedenti crisi. Ora una nuova tragedia incombe sull'area balcanica. Si sta aprendo un fronte di guerra proprio nella Repubblica Macedone, l'unica ad essere rimasta fuori dai conflitti che hanno funestato la ex Jugoslavia in questi dieci anni. La politica avventurista dell'UCK, tra l'altro pesantemente coinvolto anche in attivita' connesse al commercio della droga, sta trascinando i Balcani in una nuova guerra dagli esiti imprevedibili. Diventa cosi' chiaro il fallimento totale della politica della Nato e dei governi che hanno sostenuto la giustezza della guerra di due anni fa (l'anniversario cade proprio il 24 marzo) contro la Federazione Jugoslava. La Nato dopo aver distrutto la Serbia, provocato un disastro ambientale difficilmente rimarginabile nel breve periodo e occupato il Kosovo con migliaia di soldati, non e' riuscita a fermare la "contropulizia etnica" perpetrata dagli estremisti albanesi contro serbi, rom ed altre minoranze, ed ora si dimostra impotente a fermare la nuova offensiva dell'UCK contro il sud della Serbia e la Macedonia. Deve addirittura chiedere aiuto all'armata federale di Jugoslavia per tentare di venire a capo di una situazione che non riesce piu' a controllare. Eppure l'UCK e' stata e continua ad essere una creatura della Nato e degli USA in particolare. Ma chi sta alimentando questa situazione? Chi arma l'UCK? Le armi e gli armati che stanno attaccando la Macedonia provengono, guarda caso, proprio dal settore del Kosovo controllato dalle truppe USA che stanno costruendo quella che ormai e' la piu' grande base militare statunitense in Europa. Stiamo quindi assistendo ad un nuovo atto di destabilizzazione dell'area anche in funzione antieuropea per il controllo delle vie di approvvigionamento energetico, vero motivo della guerra contro la Serbia. Quindi diventa urgente togliere questo cerino dalle mani dell'UCK e degli USA e spegnerlo immediatamente, riproponendo quella conferenza internazionale per la pace nei Balcani che da tempo chiediamo. L'Europa, inoltre, puo' e deve fare anche qualcosa di piu': deve ipotizzare l'integrazione di tutti i Balcani nell'Unione e non ventilare invece ingressi separati. Cio' naturalmente deve significare anche il rispetto degli accordi che hanno posto fine alla guerra del '99 garantendo l'integrita' territoriale della Federazione Jugoslava e naturalmente anche della Macedonia. In caso contrario si dara' ancora spazio a nuovi nazionalismi e secessionismi e a quelli vecchi come il nazionalismo croato in Erzegovina che sta mettendo in crisi anche gli accordi di Dayton che hanno posto fine alla guerra in Bosnia. 5. INCONTRI. IL 26 MARZO EDUCAZIONE ALLA PACE A ORTE Lunedi 26 marzo, dalle ore 14 alle ore 16, si terra' l'undicesimo incontro del corso di educazione alla pace del liceo scientifico di Orte (VT); esso avra' per tema "La gestione nonviolenta dei conflitti", e prevede, oltre alle consuete attivita' seminariali ed esercitazioni, letture e discussione di testi di Mohandas Gandhi, Alberto L'Abate, Enrico Peyretti, vangelo secondo Giovanni, Virginia Woolf. La partecipazione e' aperta a tutti. 6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ; per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben at libero.it ; angelaebeppe at libero.it ; mir at peacelink.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per contatti: info at peacelink.it LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac at tin.it Numero 160 del 25 marzo 2001
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