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Caschi Bianchi Associazione Papa Giovanni XXIII in Cecenia e Kossovo - Comunicati e lettere
- Subject: Caschi Bianchi Associazione Papa Giovanni XXIII in Cecenia e Kossovo - Comunicati e lettere
- From: Samuele Filippini e Maddalena <samuele.apg23 at libero.it>
- Date: Tue, 23 May 2000 19:59:55 +0200
ASSOCIAZIONE COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con D.P.R. 5-7-'72 - n. 596 G.U. n. 271 Iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche presso il Tribunale di Rimini al n.16 Comunicato alla stampa - Convocazione Conferenza Stampa "Operazione Colomba - Corpo Civile di Pace in partenza per la Cecenia" Perchè partiamo per la Cecenia : Andremo a vivere con le persone che subiscono la guerra, per noi gli interessi principali non sono quelli economici ma quelli umani. Che cosa faremo : getteremo le basi per una presenza tra loro come già stiamo facendo in Chiapas e Kossovo, per condividere le loro sofferenze e cercare di essere la loro voce. E' inaccettabile che queste popolazioni vengano deportate nel silenzio del mondo. Questo sembra il piano politico che tiene ancora i profughi ceceni rinchiusi nei campi in Ingusezia senza alcuna prospettiva di rientro alle loro case. Ancora una volta intere popolazioni vengono usate a piacimento a seconda della convenienza, senza che nessuno dica una parola per impedirlo. Il nostro esssere con loro vuole essere una risposta a questa logica criminale di cui anche noi, come popoli e governi occidentali, siamo colpevoli. Non è ammissibile che il rispetto dei diritti umani sia subordinato alla forza di chi li calpesta : contro Milosevic o Saddam si interviene, contro la Russia no. In questa situazione si dimostra ancora una volta l'inefficacia di un intervento di pace armato, il cui unico risultato può essere solo quello di inasprire i conflitti senza risolvere nulla, mentre si conferma la validità di un intervento civile, utilizzabile ed efficace in situazioni in cui un intervento militare farebbe solo precipitare una crisi verso una guerra mondiale . I corpi di pace esistono già e stanno operando,ora occorre che anche gli stati facciano propria la volontà di crearli e sostenerli. San Marino, storicamente famoso per la scelta di non dotarsi di un esercito, a nostro parere ha l'importante funzione di promuovere in sede internazionale (ONU, Consiglio d'Europa, OSCE) la creazione di un Corpo Civile di Pace Nonviolento. Per informazioni: Per ulteriori informazioni: 0541 - 751498 oppure 0348 - 2488146 ____________________________________ "C'E' ANCORA BISOGNO DI OBIEZIONE DI COSCIENZA, CASCHI BIANCHI IN CECENIA E KOSSOVO" Giovedì 18 Maggio 2000 partirà alla volta della Cecenia, nel quadro del progetto Operazione Colomba - Corpo Civile di Pace, Carlo Gubitosa, OdC della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, originario di Taranto e fra i creatori del sito pacifista Peacelink (http://www.peacelink.it). Continua l'impegno della Comunità Papa Giovanni XXIII per la pace e per la promozione ed il pieno valore dell'Obiezione di Coscienza e del Servizio Civile in Italia ed anche dove il diritto all'obiezione di coscienza non esiste. Da anni decine di OdC della Comunità Papa Giovanni XXIII si impegnano quotidianamente nel servizio ai poveri ed agli emarginati, in Italia, come all'estero nelle zone di conflitto (ex-Jugoslavia, Croazia, Kossovo, Cecenia, Albania etc.). Attualmente sono in servizio 5 Caschi Bianchi (oltre a Carlo Gubitosa, Luigi Sansone, Gianmaria Zamagni di Rimini, Roberto Rutigliano di Avellino, Marco Pincelli di Modena), che presto diventeranno 25, Giovedì 18 maggio prenderanno servizio 4 Caschi Bianchi (Roberto Florian di Padova, Davide Fasoli di Verona, Paolo Galloni di Parma, Domenico Convertino di Bari). Gli obiettori di coscienza continuano, fra mille difficoltà ed incertezze, e per la cifra di 5.700 lire al giorno, in Italia come in zone di guerra, a prestare la loro essenziale opera. Continuano a portare avanti una obiezione all'attuale idea di difesa e di intervento militare, alla crescente spesa militare del nostro paese (nella finanziaria 2000 oltre 2000 miliardi in più) ed anche una obiezione alla attuale idea di servizio civile e di riforma del servizio civile, svuotato di senso, privo di un progetto forte, sfiancato dalla continua mancanza di fondi (mentre si sottraggono 60 miliardi al servizio civile per abbassare le tariffe assicurative), perennemente sull'orlo del collasso organizzativo, mentre si investe in denaro e spot nella promozione dell'Esercito come unica forma di impegno del cittadino, del giovane per difendere la pace ed il paese. Denunciamo la mancanza di una politica sul servizio civile, il tentativo di delegittimare progressivamente uno strumento che in questi anni ha dato risposta a molti bisogni e necessità del paese, la carenza continua di fondi, la semplicistica e anticostituzionale abolizione della leva e il tentativo di cancellare l'idea stessa di obiezione di coscienza nel nostro paese. Il Servizio Civile non è il "business dei poveracci" come ha detto tempo fa il premier Amato. Il problema della progressiva della sparizione dell'Obiezione di Coscienza e del Servizio Civile in Italia non è tanto e solo degli enti ma dell'intera società, ed in particolare dei più deboli e poveri in essa. ___________________________________________________________________ CARLO GUBITOSA PARTE PER LA CECENIA Il 18 maggio 2000 partiro' per la Cecenia assieme ai volontari dell'"Operazione Colomba", il corpo civile di Pace di Rimini. Premetto che non sono assolutamente convinto di mettere a repentaglio la mia vita: ormai i russi hanno fatto terra bruciata e i ribelli sono ormai quattro gatti nel sud della regione (io entrero' da nord) che si divertono ogni tanto a sabotare qualche convoglio militare. Per cui, a meno che non decida di indossare la divisa dell'esercito russo e fare una passeggiata per le strade di montagna, non credo di correre grossi rischi. Sono convinto che la paura di morire, e in genere tutte le paure, non impediscano di morire, ma impediscano di vivere. A darmi sicurezza c'e' anche la presenza di Andrea Pagliarani (dimenticavo: siamo in quattro a partire), un volontario dell'"Operazione Colomba" che oltre ad essere gia' stato in Cecenia ha anche vissuto in prima persona i recenti disordini a Timor est e diversi capitoli della guerra in Jugoslavia. Non e' un "duro", anzi e' un ragazzo abbastanza esile di corporatura e molto riservato, ma ha uno sguardo sicuro e soprattutto e' una persona che riesce a seguire il cuore con la testa, senza facili sentimentalismi o entusiasmi passeggeri, ma con lucida determinazione. In Cecenia sta avvenendo da anni un massacro silenzioso, di cui fanno le spese soprattutto le popolazioni civili grazie all'omerta' dei governi occidentali, che non possono di certo attaccare la Russia con bombe intelligenti per ripristinare i diritti umani, perche' in questo caso l'"effetto collaterale" delle bombe sarebbe la terza guerra mondiale. Oltre all'omerta', va aggiunto anche lo sciacallaggio, il business delle armi fatto sui cadaveri dei profughi civili. I civili in Cecenia non hanno nessun tipo di tutela anche perche' la comunita' internazionale che dovrebbe tutelare i loro diritti ha scelto invece di tutelare a tutti i costi gli scambi militari ed economici. Il Caucaso rappresenta il centro vitale per il controllo delle condotte petrolifere utilizzate per lo sfruttamento del greggio e del gas naturale del Mar Caspio. Ancora una volta gli interessi economici e commerciali prevalgono sulle vite umane. Il gruppo verde dell'Europarlamento aveva lanciato un appello al vertice UE di Helsinky chiedendo "sanzioni" contro Mosca, ma le potenze occidentali dicono "niente sanzioni economiche". La scarsa reazione da parte dei paesi della comunità internazionale favorisce quello che sta accadendo in Cecenia. Oltre all'omerta' e allo sciacallaggio, infine, dobbiamo aggiungere anche la complicita': negli ultimi anni l'Italia ha esportato verso la Russia un ingente quantitativo di armi, e negli ultimi mesi del 1999 l'Italia ha ratificato, con le leggi n. 398 e n. 397, l'accordo di cooperazione militare con la Russia e quello relativo all'industria per la difesa di Mosca, entrambi firmati a Roma nel novembre 1996. La Camera dei Deputati ha approvato i provvedimenti proprio mentre erano in corso i bombardamenti con cui la Russia ha devastato la Cecenia, che hanno causato molte vittime e decine di migliaia di profughi. Gli accordi sono di notevole valenza politica, in quanto sono i primi del genere stipulati fra Paesi che al tempo della guerra fredda erano nemici. Alla luce di questi fatti, risulta chiaro che faccio parte di un paese omertoso, che preferisce discutere di arbitri e gol annullati anziche' interrogarsi sulle sofferenze altrui, un paese sciacallo, che pur di commerciare include tra i suoi partner economici anche assassini e malfattori, come hanno fatto la Telecom e la Stet facendo grossi affari con Milosevic fino al giorno prima dei bombardamenti Nato, un paese complice, che fornisce agli stati repressivi le armi con cui alimentare i conflitti. Ora, delle due l'una: o mi tappo gli occhi e le orecchie e mi rinchiudo in casa e vedermi tutte le puntate registrate di "Un medico in famiglia" dal 1998 ad oggi oppure, dicevo, decido di essere un protagonista e non uno spettatore della storia del mio tempo. Poiche' non mi piace fare lo struzzo, il 18 partiro' per la Cecenia, e al mio ritorno cerchero' di raccontare le cose che ho visto per svergognare il maggior numero di commercianti di armi, politici complici di assassini e giornalisti imbavagliati e venduti. Ma queste, dicevo, sono le motivazioni semplici, quelle nobili e disinteressate, che mi spiegano in parte ma non totalmente che diamine vado a fare in mezzo ai russi quando qui e' gia' estate. Ci sono poi delle altre ragioni, che sono piu' complicate perche' neanche io riesco a spiegarle fin in fondo. Forse ha qualcosa a che fare con la grande sensazione di liberta' che ho provato verso i nove anni quando sono uscito di casa da solo per la prima volta, la consapevolezza di poter girare liberamente per la citta', di poter scegliere ad ogni angolo se girare a destra o a sinistra, se andare diritto o tornare indietro, senza piu' seguire il percorso obbligato segnato dai passi di mia madre. La sensazione di essere libero di fermarmi e camminare, di guardare le vetrine o la gente, di restare in Italia o andare dall'altro capo del mondo, di stare zitto e coltivare il mio orticello o guardare negli occhi i potenti della terra e dire "tu non mi freghi. Puoi fregare i giornalisti che paghi, l'opinione pubblica che ammansisci, ma non me. Io ho avuto il tempo di leggere, chiedere e capire, e forse avro' anche il tempo di sbugiardarti per bene". Non credo di fare nulla di particolarmente rischioso, sono andato diverse volte sulla tangenziale est di milano (il posto con il piu' alto tasso di mortalita' in Italia) e non ho mai avuto paura del rischio che correvo. Non vedo perche' dovrei pisciarmi sotto solo per andare a stare un po' di giorni a fare quello che gli operatori della Caritas locale fanno gia' da mesi e che continueranno a fare per altri mesi dopo che me ne saro' andato. Oltre alle motivazioni "facili" ed umanitarie, le mie motivazioni complicate riguardano qualcosa di piu' profondo, la sensazione che solo vivendo fino in fondo la mia vita, il mio tempo, la mia storia e le mie esperienze posso sentirmi pienamente uomo e pienamente me stesso. Sarebbe comodo per me mandare tutto a quel paese e badare ai fatti miei, in fin dei conti mi mancano tre settimane alla fine del servizio civile e ho ancora 17 giorni di licenza da sfruttare. Non credo pero' nelle soluzioni facili e nelle soluzioni comode, mi hanno gia' tradito in passato. Nell'estate del 1992 o del 1993, non ricordo bene, leggendo un annuncio su "Cuore", avevo sentito una "vocina", una luce interiore, un moto interiore che mi spingeva a dare la mia adesione ad una marcia di pace in Jugoslavia, una marcia passata alla storia come la "Marcia dei 500" su Sarajevo, guidata da Don Tonino Bello. Un gruppo di pazzi in marcia verso una citta' assediata in piena guerra. In quella occasione ho rinunciato a partecipare perche' la mia vita mi sembrava troppo preziosa per buttarla via. A distanza di sette anni vado in Cecenia esattamente per la stessa motivazione. Quella vocina luminosa di sette anni fa finalmente e' riuscita a farsi sentire e ad esprimersi. Carlo Gubitosa e' nato a Taranto 29 anni fa ed e' segretario di PeaceLink, associazione di volontariato dell'informazione. Attualmente e' obiettore di coscienza a Rimini presso l'Associazione Comunita' Papa Giovanni XXIII di Rimini, nel Corpo Civile di Pace denominato "Operazione Colomba". Dopo la riforma della legge sull'obiezione di coscienza, per gli obiettori e' possibile recarsi all'estero per missioni di pace. Carlo Gubitosa, oltre che capo scout, e' un esperto di Internet e telecomunicazioni. Collabora con vari giornali ed ha vinto l'edizione 1999 del Premio Giornalistico SMAU. E' autore di libri sulla telematica sociale, fra cui "Oltre Internet", della Editrice Missionaria Italiana (EMI). Il suo indirizzo di posta elettronica e' c.gubitosa at peacelink.it Durante la missione in Cecenia verranno mantenuti i collegamenti telefonici con l'ente di servizio civile e PeaceLink ne dara' un costante resoconto sul sito http://www.peacelink.it ________________________________________________________________________ Sono obiettore di coscienza da 4 mesi presso l'associazione comunità Papa Giovanni XXIII, in particolare sono un casco bianco, che vuol dire svolgere il mio servizio all'interno di una missione umanitaria in zona di guerra. Di mio non sono un gran sognatore, e tutto sommato non credo che un intervento civile possa servire da solo ad evitare che una guerra si combatta o perduri se non è supportato da azioni governative. Ciò nonostante ho vissuto in Kossovo, nella città di Mitrovica, per circa due mesi, sino agli inizi di maggio di quest'anno. Quando prima di partire raccontavo a qualcuno della mia prossima esperienza, per lo più mi venivano rivolte due tipi di domande: o "Ma non hai paura?", oppure "In Kossovo? Ma che ci vai a fare? Ormai la guerra è finita.". Riguardo la paura, da un lato ne avevo, dall'altro mi rassicurava la presenza di altre persone, volontari ed obiettori di coscienza, nello stesso posto dove sarei andato io. Alla seconda domanda rispondevo con un'altra domanda, e cioè quand'è che una guerra è finita? E nella fattispecie quand'è che è finita la guerra in Kossovo? Le risposte possono essere molte. Dipende dalla concezione che ciascuno ha di "guerra". Se la si intende come una partita a calcio aperta a tre risultati, 1 X 2, e si fa il tifo da casa per una o l'altra parte è vero che la guerra in Kossovo è finita. C'è stata una resa, un trattato definito di pace, una delle due parti ha ceduto. Potrei obiettare sulla regolarità della partita, sul fatto che gli "sconfitti" sono ancora al loro posto di comando e su altro, ma il punto non è questo. Diverso è il discorso se si considerano altri fattori e si rimuove la visione calcistica. A mio parere una guerra continua ad essere tale fino a quando c'è qualcuno che ne paga il prezzo. E la quota maggiore tocca a chi non ha scelto di partecipare a questo gioco. Non credo nella vittoria dell'uno o dell'altro. Se lo facessi ricadrei nella logica che giustifica le guerre e ne legittima, inconsapevolmente, l'esistenza. Non penso che la guerra in Kossovo fosse inevitabile e soprattutto non credo che questa sia cominciata con la prima bomba sganciata da un aereo dalla NATO e che sia finita con la resa del governo jugoslavo. C'era gente che soffriva da prima e ce n'è ancora adesso. A circa un anno di distanza dalla fine dei bombardamenti e dal conseguente ingresso in Kossovo delle truppe NATO, la tanto declamata "pace" non esiste ancora, è un dato di fatto, le morti continuano e la paura della gente anche. Se prima era facile schematizzare tutto come serbi contro albanesi, ed albanesi contro serbi, adesso si comincia a parlare anche di albanesi contro albanesi e di serbi contro serbi. E questo la dice tutta sulla natura del conflitto. Ho la presunzione di pensare che continuando a chiamare "etniche" le guerra balcaniche si faccia esclusivamente il gioco di chi ha interessi in queste. Credo sinceramente che, per i padroni del mondo, avere una regione d'Europa ad alta instabilità sia un grande vantaggio. Lo stesso vale per le organizzazioni mafiose locali ed internazionali. Io non ho la pretesa di fermare questo sistema, non credo di esserne capace, non sono un gran sognatore, ma ritengo importante e giusto stare vicino a chi continua a pagare il prezzo per qualcosa che non ha scelto. Per questo torno in Kossovo. Roberto Rutigliano Samuele, Maddalena, Giacomo Filippini Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
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