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pacifisti in Kossovo e Cecenia
- Subject: pacifisti in Kossovo e Cecenia
- From: Alessandro Marescotti <kfqma at tin.it>
- Date: Sat, 26 Feb 2000 08:44:09 +0100
From: Servizio Obiezione e Pace <odcpace.apg23 at libero.it> (Associazione Papa Giovanni XXIII) Subject: comunicato da Mitrovica e dalla Cecenia della Operazione Colomba 21 febbraio 2000 CONTINUA LA PRESENZA DELLA OPERAZIONE COLOMBA - CORPO CIVILE DI PACE MENTRE LA STAMPA MANTIENE IL SILENZIO SU QUANTO ACCADE IN KOSSOVO E CECENIA DOVE LA GUERRA CONTINUA CECENIA, 21 FEBBRAIO 2000 Andrea Pagliarani (Rimini) e Daniele Aronne (Viterbo) sono in procinto di spostarsi da Mosca nella regione dell'Inguscezia per visitarei campi profughi e valutare i bisogni umanitari e i possibili progetti della Operazione Colomba. Un compito non facile per le difficoltà di accesso alle vittime frapposte dalle autorità russe e per il rischio di rapimento del personale umanitario. Ci trasmettono alcuni dati: Alcuni dati dalle Nazioni Unite: - Circa 185.000 sfollati in Inguscezia dalla Cecenia; - Solo nell'area nord della Cecenia ci sono circa 35.000 sfollati di cui solo 5.000 in campi profughi; - Lavorano saltuariamente nell'area: UNHCR (Commisariato Onu per i rifugiati), ICRC (Croce Rossa Internazionale), WFP (Programma Alimentare Mondiale) , DRC, UNICEF, UNDP, WHO, Islamic Relief, CPCD, Aid, ACF, Salvation Army, People in Need Foundation, CARITAS. Le grandi ONG (Organizzazioni Non Governative) finanziate dai governi occidentali (USA, Francia, Germani e Inghilterra) non ricevono fondi perchè dai propri stati viene considerata un'area a rischio troppo elevato (1.800 rapiti negli ultimi 4 anni) o forse perche' e' meglio cosi'! Su questa situazione in Italia è il silenzio assoluto e la Camera dei Deputati italiana ha recentemente approvato il disegno di legge 397 e 398 attinenti alla cooperazione militare tra il nostro paese e la Federazione russa. Denunciamo il silenzio su questo massacro di cui il nostro paese si rende complice e ci chiediamo se non esistono popolazioni con diritti di serie B e popolazioni con diritti di serie A. Per ulteriori informazioni 03357056512 MITROVICA 21.02.2000 Dopo gli ultimi drammatici avvenimenti di giovedì 3 febbraio 2000, in cui 11 persone hanno perso la vita e circa 40 persone sono rimaste ferite, la situazione ed la tensione è rimasta molto tesa. Lo stesso coprifuoco imposto dal Kfor per circa dieci giorni, dalle 10 alle 5 del mattino, stava a testimoniarlo. Domenica 13 febbraio, verso le 10.30 abbiamo attraversato il ponte piccolo vicino a Bosniaacka Mahala, per andare a messa; per questa domenica avevamo scelto di non portare gente dalla parte nord per la messa nella chiesa cattolica a sud, vista la situazione. Dopo circa 15 minuti, mentre eravamo a messa, sono cominciati gli scontri a fuoco in bosniacka mahala, numerosissime le raffiche di mitra e le forti detonazioni che si sentivano. Qualcosa di grosso era nuovamente scoppiato nel quartiere. Appena finita la messa abbiamo cercato di avvicinarci al ponte piccolo, ovviamente bloccato dalla Kfor, si continuava a sparare, tutta la zona era assediata dal kfor che rispondeva al fuoco. Siamo riusciti ad entrare nella zona nord attraverso il ponte principale il quale non era stato ancora bloccato, più tardi abbiamo saputo dai carabinieri che sui tetti vi erano appostati numerosi cecchini. Rientrati nel quartiere abbiamo incontrato la gente che era in una forte situazione di panico ci chiedeva cosa sapevamo, cosa avevamo visto; la radio e la tv locale dava la notizia che due militari francesi erano stati feriti gravemente , probabilmente da alcuni albanesi del quartiere di Bosniacka Mahala. Intorno alle due del pomeriggio la città era completamente assediata dal Kfor e dalla polizia dell'Unmik (missione ONU in Kossovo), che perquisivano ogni persona che entrava ed usciva dalla città. La tensione era ormai altissima. La gente albanese era estremamente impaurita. Dicevano che ormai era arrivato il momento che le ultime famiglie albanesi rimaste a nord sarebbero state cacciate con la violenza come era avvenuto circa dieci giorni prima. Intorno all'una del pomeriggio è scattato il piano di evacuazione per le organizzazioni internazionali residenti a nord. I nostri padroni di casa hanno cominciato a piangere, la gente per strada ci chiedeva dove andavamo, cosa gli sarebbe successo. Nel frattempo attorno al quartiere si vedevano delle persone armate con le pistole in mano. E' stato molto difficile scegliere cosa fare: da una parte la gente del quartiere rimaneva sola, dall'altra non si sapeva che reazioni si sarebbero potute avere nei nostri confronti. In genere come abbiamo molte volte sperimentato un presenza internazionale ostacola e impedisce delle azioni violente, ma chi può prevedere la reazione di alcune schegge impazzite ed armate fuori di senno? Intorno alle quattro è stato diffuso il comunicato del coprifuoco: dalle sei del pomeriggio alle sei del mattino successivo per per 7 giorni. Noi tre eravamo convinti che era importante stare affianco alla gente in questo momento, altrimenti è riduttivo vivere con la gente solo quando regna la calma. Scegliendo di rimanere bisognava compiere alcuni passi importanti: far sapere a quante più persone possibili che noi quella notte saremmo restati in quel quartiere misto in una casa albanese. Ciò significava comunicarlo alla kfor ed alla polizia, ma innanzitutto bisognava comunicarlo a qualcuno della parte serba. Appena la gente del quartiere si è resa conto che non andavamo via per quella notte, ha cominciato a telefonare a casa della Francisca chiedendo conferma: la Francisca ci ha raccontato che tutti quanti hanno tirato un sospiro di solievo. La paura comunque ha fatto da padrona in quella notte, ma la consapevolezza dell'importanza di restare vicino a quella gente ci faceva credere che non sbagliavamo, non eravamo incoscienti nel farlo. Grazie al coprifuoco ed al serrato assedio la notte è passata tranquilla, sicuramente qualcuno in alto ha anche deciso che sarebbe dovuta andare così! L'indomani la città si svuotava ulteriormente, prevalentemente rimanevano uomini ed anziani albanesi. Dal tre febbraio ad oggi circa 1500 persone albanesi hanno abbandonato la parte nord di Mitrovica. In teoria dovrebbero esserci ancora 1000 persone di etnia albanese. La pulizia etnica continua. Sempre lunedì 14 Febbraio,abbiamo tentato di entrare nel quartiere di Bosniacka Mahala, ma tutti gli ingressi erano bloccati dai militari francesi che facevano perquisizioni nelle case alla ricerca di armi, per noi era assolutamente vietato entrare: probabilmente non dovevamo vedere alcune cose e parlare con la gente. Siamo però riusciti ad incontrare alcune famiglie serbe ed albanesi attorno al quartiere che ci hanno raccontato i momenti drammatici del giorno precedente: per circa quattro ore si è sparato, non solo gli albanesi ed il Kfor ma anche i serbi appostati con dei cecchini sugli alti palazzi; circa 45 persone albanesi del quartiere d B.M. sono state arrestate. Il martedì successivo (15 Febbraio 2000) abbiamo riprovato ad entrare nel quartiere, dopo circa un ora di interrogatorio e di perquisizioni siamo riusciti ad entrare, ma sempre controllati a vista dai militari che pensavano fossimo delle spie filo albanesi. Nel quartiere poca gente era rimasta, la gente ci ha subito accolto bene, ed ha cominciato a raccontarci la loro versione dei fatti. Gli spari sono cominciati attorno alle dieci alcuni cecchini serbi hanno sparato addosso agli albanesi, alcuni di loro hanno risposto al fuoco, nel frattempo due militari francesi sono stati feriti, così il Kfor ha perso la calma ed ha cominciato a sparare ed a lanciare alcune granate. Gli stessi serbi si affollavano attorno al quartiere, gli albanesi raccontano di avere visto i serbi sparare assieme ai francesi (fatto gravissimo se fosse vero), questo per più di quattro ore. Negli scontri a fuoco sono rimasti feriti circa sette persone albanesi rimaste diverse ore senza soccorsi. Verso le sei del pomeriggio il Kfor ha ordinato alla gente del quartiere di uscire dalle proprie case donne e bambini compresi. Tutta la gente è stata disposta contro un muro per le perquisizioni personali e per permettere che i militari entrassero nelle singole case a perquisire. La gente racconta di essere stata immobile per strada per circa tre ore contro il muro al freddo con le armi puntate contro mentre i bambini piangevano. Diverse persone raccontano di un capitano francese che abbia detto: vorrei uccidervi tutti per quello che avete fatto ( si riferiva ai due militari feriti). Verso le nove di sera circa 45 persone sono state arrestate, durante questi giorni sono state rilasciate a piccoli gruppi dopo estenuanti interrogatori. Tutti raccontano di soldati inferociti, quasi avessero perso il controllo. Noi stessi siamo entrati in alcune delle case perquisite dai soldati, alcune sono state distrutte a colpi di ascia, rese inpraticabili, impossibile per la gente poter tornare a vivere se non vengono riparate. Mercoledi 16 febbraio, nella mattina siamo andati a denunciare quanto abbiamo visto nel quartiere e quanto ci è stato raccontato ad ECMM (la missione di monitoraggio della Unione Europea), i quali ci hanno chiesto di recarci con loro nel quartiere per verificare. Io (Gianpiero Cofano) sono riuscito ad entrare con la loro auto, mentre agli altri volontari un militare ha risposto che per la nostra organizzazione è vietato entrare senza dare alcuna spiegazione. Gli stessi monitor ECMM coperti di immunità diplomatica e libertà di accesso in qualsiasi luogo sono stati bloccati per un breve tempo. Assieme gli agenti dell'ECMM abbiamo dialogato per circa due ore con la gente; sono state perlustrate le case distrutte nelle perquisizioni e si sono raccolte le testimonianze di come sono accaduti i fatti, secondo il punto vista della gente. Questo lavoro è stato fatto incontrando sia gli albanesi sia i serbi. Il pomeriggio stesso l'ECMM ha chiesto spiegazioni al Kfor ed invitato il comandante a recarsi nella zona, nelle case distrutte dai loro uomini per verificare e riaggiustare le case. Nel frattempo è stato fatto rapporto a Bruxelles. Gli stessi ECMM ci hanno chiesto di continuare a collaborare con loro ogni qual volta vi fossero casi simili. Qui la situazione precipita proprio nei momenti più tranquilli. Quando però la situazione esplode non si limita ad atti di violenza circoscritti bensì atti di notevole rilevanza e violenza. Per esempio non solo un morto per volta bensì 10, non una casa ma dieci da bruciare. Nella casa dove abitiamo è possibile vedere la televisione italiana ed anche quella di altri paesi europei. Mentre in altri telegiornali si parla della situazione del Kossovo sulle emitenti italiane è il silenzio assoluto. Ci chiediamo perché. Sarebbe importante mantenere una forte attenzione e presenza civile, diplomatica oltre che militare in questa area. Non basta inviare missioni militari per avere la pace. La situazione di Mitrovica ormai lo dimostra.
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