Cecenia: 27' giorno di digiuno di padre Angelo Cavagna



From: "G.A.V.C.I. - Segreteria Nazionale" <gavci at iperbole.bologna.it>
C H I E D I A M O   A L   G O V E R N O......

 Il digiuno mio, giunto al 25° giorno, e dei molti che digiunano e
aderiscono all'iniziativa, motivato per la pace in Cecenia e per un 2000 di
pace, chiedeva in particolare ai PARLAMENTARI tutti e al GOVERNO di porre al
centro della POLITICA ESTERA DELL'ITALIA E DELL'EUROPA la democratizzazione
e il rafforzamento dell'ONU, cioè la RIFORMA del PALAZZO DI VETRO per la
giustizia e la pace mondiale.

 Ciò esige un PROGETTO ONU, concepito come AUTORITA' MONDIALE (Parlameno e
Governo) per i problemi mondiali come la globalizzazione
economico-politico-difensiva, secondo il principio di sussidiarietà. Una ONU
che sia confluenza di aree politiche continentali o subcontinentali vaste,
come Europa, OUA ecc., dotata di un CORPO DI POLIZIA INTERNAZIONALE e di un
CORPO DI CASCHI BIANCHI, avendo in prospettiva l'abolizione di tutti gli
eserciti nazionali come lo fu per gli eserciti subnazionali al formarsi
degli Stati.

 Lo dice perfino il nuovo Catechismo degli Adulti della CEI "La verità vi
farà liberi": "Abolire la guerra. Si auspicano forme di governo
sopranazionale con larga autonomia delle entità nazionali (pp. 528-529)...
Si dovrebbe togliere ai singoli Stati il diritto di farsi giustizia da soli
con la forza, come già è stato tolto ai privati cittadini e alle comunità
intermedie... Appare urgente promuovere nell'opinione pubblica il ricorso a
forme di difesa nonviolenta. Ugualmente meritano sostegno le proposte
tendenti a cambiare truttura e formazione dell'esercito per assimilarlo a un
corpo di polizia internazionale (pp. 493-494)".

 Nella prospettiva di una tale ONU, anche alla creazione del ventilato
esercito europeo di una vera Europa Unita dovrebbe corrispondere
l'abolizione degli eserciti nazionali, come avvenne per gli Stati Uniti
d'America. Sarebbe assurdo creare un esercito in più, come invece pare si
stia facendo. Anzi, l'ideale sarebbe un CORPO DI POLIZIA EUROPEO,
radicalmente diverso da un esercito (v. allegato). Insieme è tempo di
istituire un CORPO DI PACE CIVILE EUROPEO (v. allegato), oltre che
nazionale.

 Queste non sono vedute di pochi, ma di tanti studiosi, politici, movimenti
e comuni cittadini, con varie iniziative, come quelle di PADOVA, di PAX
CHRISTI e dei VERDI (v. allegati).
 Per dare un obiettivo a vista al digiuno, ottenuto il quale sospenderlo,
CHIEDIAMO AL GOVERNO ITALIANO:

1 - un atto formale pubblico e pubblicizzato di messa al centro della sua
POLITICA ESTERA la RIFORMA DEL PALAZZO DI VETRO, esplicitando la sua
proposta di PROGETTO ONU per la pace mondiale;
2 - una richiesta pubblica e pubblicizzata alla Russia di sospendere la
guerra in Cecenia, in favore di una soluzione negoziata in sede ONU, in base
al rispetto reciproco dei diritti-doveri dell'uomo e dei popoli, con la
richiesta di un <corridoio umanitario> immediato per portare soccorso ai
sopravvissuti e agli sfollati.
 Sono richieste minime per sospendere il nostro modesto gesto di protesta.
 Bologna 27 gennaio 2000
p. Angelo Cavagna
UN PICCOLO, GRANDE LIBRO DI MATTAI
Mi sembra giusto intervenire per apporre una robusta sottolineatura al
recente libro del teologo moralista salesiano Giuseppe Mattai: "La Pace
Oggi. Domande gravi; risposte stimolanti" (Edizioni Ennepilibri - Imperia
1999).
Mi spingono a farlo due considerazioni.
La prima è di adesione totale al contenuto. Costituisce la sintesi della
lunga riflessione dell'autore sull'argomento, culminata nella collaborazione
significativa alla massima opera, che è il "Dizionario di Teologia della
Pace" (EDB 1997), che ha riportato la pace, da settore, a
"categoria-orizzonte-principio-simbolo di tutta la teologia" (L.
Lorenzetti).
In particolare, Mattai dà una energica spinta alla svolta teologica in atto
di pace e nonviolenza. Secondo l'autore, "la teoria tradizionale della
giusta guerra risulta anacronistica" (p. 9). Inoltre, lo scritto di Mattai
dà spazio a vari elementi essenziali di una cultura e di un sistema di pace,
quali "Riforma dell'ONU - Ingerenza umanitaria - Umanizzare l'economia". E'
per questo che ritengo il testo assai completo pur se le pagine sono
relativamente poche (pp. 64). E' un pregio.
La seconda considerazione invece è un aspetto critico, ossia una
precisazione ulteriore che ritengo necessaria là dove Mattai afferma che a
volte, esaurite tutte le vie pacifiche, è giocoforza attuare la "ingerenza
umanitaria che, costretta come <extrema ratio> al ricorso della forza
militare, <non è guerra> ma intervento di <polizia internazionale>” (p. 10
ss.). Mattai distingue bene tra guerra e azione di polizia, ma, secondo me,
occorre distinguere ancor più nettamente tra esercito e polizia. Non basta
distinguere tra uso e non uso della forza armata, tra difesa armata e difesa
nonviolenta, ma anche tra <uso omicida> e <uso non omicida> della forza,
anche armata. Ciò corrisponde alla distinzione essenziale che pongono tra
esercito e polizia anche dei generali con grande preparazione teoretica e
grande esperienza sul campo sia nazionale che internazionale. Ad esempio, il
gen. Bruno Loi ha scritto e mi ha confermato a voce, in un incontro
all'Accademia militare di Modena, dove era comandante, incontro da lui
richiesto, che "non si può mandare l'esercito a fare azioni di polizia
internazionale: l'esercito ha tutt'altri strumenti e il soldato è addestrato
a uccidere e ad uccidere bene, mentre la polizia non deve uccidere nemmeno i
ladri e gli assassini; anzi dovrebbe essere dotata di armi intrinsecamente
non letali".
Se non si fa questa distinzione tra uso <omicida> e uso <non omicida> della
forza anche armata, si rischia di confondere tra polizia ed esercito; e ogni
volta che sembra necessario un certo uso della forza per difesa (ingerenza
umanitaria ecc.) si rischia di mandare gli eserciti a fare la guerra,
camuffata come azione di polizia, di solidarietà, di pace, di aiuto
umanitario, come è oramai di moda nominarla. Gli eserciti sono per la
guerra; ma la guerra non è più ammissibile; di conseguenza gli eserciti sono
destinati a sparire.
Assolutizziamo il <non uccidere>. Costruiamo culturalmente, pedagogicamente
e strutturalmente la Difesa Popolare Nonviolenta, che è la vera alternativa
al sistema militare. Tolleriamo realisticamente un uso <non omicida> della
forza in casi estremi. Questo lo dico anche per chiarire la mia posizione di
fronte ad amici perplessi sul mio dirmi nonviolento e contemporaneamente
possibilista su un certo uso della forza anche armata come la polizia. Gesù
ha usato la frusta per cacciare i mercanti dal tempio e una certa forza
verbale contro scribi e farisei. Non siamo più papisti del papa.
Auguro la più ampia diffusione, anche per il costo accessibile (£. 14.000),
a questo libro di Mattai, anzitutto nelle scuole teologiche ma anche fra la
gente, per contribuire a che la Chiesa Cattolica, in tutte le sue
componenti, non si lasci invischiare in future guerre, né con persone né con
dichiarazioni maldestre, come talvolta è successo in passato.
(p. Angelo Cavagna)      da Settimana

UN INCONTRO A BRUXELLES TRA PARLAMENTARI E ASSOCIAZIONI

Unione Europea
corpi civili di pace
L'istituzione dei corpi civili per la pace è un obiettivo fattibile e già
progettato. Occorre finanziarlo adeguatamente e, soprattutto, sostenerlo
politicamente. Il ruolo della società civile.

 Rappresentanti di movimenti e gruppi di pace di tutta Europa si sono
incontrati in una sala del parlamento europeo, su invito di un gruppo di 58
deputati di vari partiti. Tema dell'incontro è stata l'istituzione di un
"Corpo di pace civile europeo". Un centinaio i partecipanti, a proprie
spese, provenienti da gruppi sociali di tutta Europa. Delle istituzioni,
oltre l'on.le Luisa Morgantini, presidente dell'intergruppo, che ha guidato
i lavori, hanno partecipato un rappresentante della Commissione e una del
Consiglio europei.
 La questione non è nuova. Già la relazione Bourlanges/Martin, approvata dal
parlamento europeo nella seduta del 17 maggio 1995, a Strasburgo,
riconosceva per la prima volta questa necessità affermando che <<un primo
passo per contribuire alla prevenzione dei conflitti potrebbe consistere
nella creazione di un Corpo civile europeo della pace (che comprenda gli
obiettori di coscienza) assicurando la formazione di controllori, mediatori
e specialisti in materia di soluzione dei conflitti>>. Da allora, il
parlamento europeo ha ripetutamente confermato tale affermazione, da ultimo
nella sua più recente relazione sull'attuazione della Politica estera e di
sicurezza comune (PESC).
Finalità e obiettivi
 Principale finalità del Corpo di pace civile europeo (CPCE), secondo
esperti del parlamento europeo, dovrebbe essere la trasformazione delle
crisi provocate dall'uomo, per esempio la prevenzione dell'escalation
violenta dei conflitti e il contributo verso una loro progressiva riduzione.
In ogni caso, i compiti del CPCE avranno un carattere esclusivamente civile.
Un particolare accento sarà posto sulla prevenzione dei conflitti, in quanto
più umana e meno onerosa rispetto alla ricostruzione del dopoconflitto.
Tuttavia, il Corpo potrebbe svolgere altresì compiti umanitari in seguito a
catastrofi naturali. Il coinvolgimento del CPCE non dovrebbe limitarsi a una
data regione.
 Il CPCE dovrebbe comprendere gli sforzi politici ed economici, e
l'intensificazione della partecipazione politica e del contesto economico
delle operazioni. Dal momento che gli sforzi intesi a trasformare il
conflitto debbono riguardare tutti i livelli di conflitto che si protraggono
nel tempo, il CPCE assumerà compiti multifunzionali.
 Esempi concreti delle attività del CPCE intese a creare la pace sono la
mediazione e il rafforzamento della fiducia tra le parti belligeranti,
l'aiuto umanitario (compresi il disarmo e la smobilitazione degli ex
combattenti e il sostegno agli sfollati, ai rifugiati), la ricostruzione, la
stabilizzazione delle strutture economiche (compresa la creazione di legami
economici), il controllo e il miglioramento  della situazione relativa ai
diritti dell'uomo e la possibilità di partecipazione politica (comprese la
sorveglianza e l'assistenza durante le elezioni), l'amministrazione
provvisoria per agevolare la stabilità a breve termine, l'informazione e la
creazione di strutture e di programmi in materia di istruzione tesi a
eliminare i pregiudizi e i sentimenti di ostilità, e campagne di
informazione e di istruzione della popolazione sulle attività in corso a
favore della pace. Nulla di tutto ciò può essere imposto direttamente alle
parti, tuttavia la loro cooperazione può essere agevolata attraverso il
sostegno politico proveniente dall'esterno.
 La riuscita nell'adempimento di questi compiti dipenderà dal grado in cui
il CPCE sarà capace di migliorare le relazioni tra gli aiuti umanitari, il
rafforzamento della fiducia e la cooperazione economica. Il sostegno a
questi settori non potrà avere un risultato positivo se non sarà messo in
relazione agli altri; per esempio il successo degli aiuti umanitari e la
ricostruzione dopo una guerra dipendono dal grado di fiducia che viene a
crearsi tra le parti belligeranti. La ricostruzione materiale ha pertanto il
compito di coinvolgere i belligeranti in progetti comuni.
 Il CPCE dovrebbe essere un organo ufficiale, istituito dall'Unione Europea
e operante sotto gli auspici della stessa. Il CPCE opererebbe soltanto con
un mandato sostenuto dall'ONU o dalle sue organizzazioni regionali. Esso
contribuirà a creare i necessari collegamenti tra le attività diplomatiche,
da un lato, e la società civile, dall'altro. Quale organo ufficiale, il CPCE
si distinguerà dalle Organizzazioni non governative (Ong) e rafforzerà e
legittimerà il loro lavoro. L'attività del CPCE sarà strutturata e
organizzata indipendentemente dagli organi militari.
Uno sguardo storico
 Nove mesi fa il parlamento europeo ha compiuto uno storico passo in avanti
nel rinnovare l'approccio alla risoluzione dei conflitti internazionali. Il
2 febbraio 1999, infatti, una raccomandazione è stata approvata per
istituire un Corpo civile di pace europeo nell'ambito di una "Politica
estera e di sicurezza comune".
 C'è una lunga storia dietro l'idea di un organismo istituzionale non armato
responsabile dell'attuazione di misure legate al ristabilimento della pace,
che va dalle lotte nonviolente di Gandhi fino ai "Caschi bianchi" argentini
e all'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 20 dicembre 1994, quando
una risoluzione fu approvata per chiedere ai paesi membri di formare un
contingente di "Caschi bianchi", e 21 paesi, tra cui l'Italia, accettarono.
 Negli ultimi decenni le innumerevoli esperienze attuate dalle Ong, in tutto
il mondo, nella diplomazia popolare e nella prevenzione dei conflitti, ma
anche nella cooperazione e nell'aiuto umanitario, hanno aiutato
rappresentanti istituzionali, tra i quali si ricorda in particolare Alex
Langer, a cercare di inserire la risoluzione non armata dei conflitti tra
gli strumenti della politica estera comune europea.
 Sfortunatamente, questo progetto sembra bloccato. Il Consiglio Europeo deve
ancora produrre lo studio di fattibilità previsto dalla raccomandazione del
parlamento europeo. L'unità detta dell'Early Waming e la Commissione non
hanno dato udienza, come raccomandato, alle esperienze delle Ong nella
risoluzione pacifica dei conflitti.
 C'è bisogno di un nuovo impulso. I costi umani ed economici di un conflitto
armato sono sempre più inaccettabili per l'Europa. Inoltre, i Corpi civili
di pace europei, formati da personale adeguatamente preparato, potrebbero
essere utili sia all'interno che all'estero dell'Unione Europea, garantendo
un intervento affidabile e neutrale laddove la ricostruzione della fiducia è
necessaria anche a livello di comunità (es. Irlanda del Nord o Balcani).
 Proprio qui si inserisce l'incontro di Bruxelles con i gruppi di pace della
società civile europea. Questa iniziativa è stata pensata come il primo
passo per far realmente applicare una raccomandazione del parlamento europeo
(la n. A4-0047/99) sulla creazione di un Corpo civile  di pace europeo,
coerentemente con il primo obiettivo dell'intergruppo, e cioè la promozione
di iniziative civili nell'ambito di un più forte impegno dell'UE nella
prevenzione dei conflitti.
 <<Per questo - ha detto Luisa Morgantini - speriamo che dopo questo
incontro sia il Consiglio che la Commissione riconosceranno che i Centri
studi per la pace sparsi in Europa sono pronti a fornire formazione
professionale in questo campo, che il personale delle Ong è una base
sperimentata per reclutare un Corpo di pace e che una PESC democratica non
può prescindere dal decisivo apporto del parlamento europeo>>.
 L'incontro si è poi dipanato dando voce alle esperienze in atto nella
società civile. Ha iniziato Sandra Melone del "Centro europeo per la ragione
comune" (Common Ground), centro che si batte per la prevenzione dei
conflitti e interviene solo su richiesta di associazioni o persone.
Finalità: favorire il chiarimento e la comunicazione fra gli avversari,
nella convinzione che le soluzioni non si possono imporre, bensì devono
nascere dalla gente comune.
 Enrique Eguren Luis ha parlato per le "Brigate internazionali di pace".
L'associazione invia osservatori internazionali, protegge i protagonisti e i
rifugiati, sorveglia e incoraggia la comunicazione. Ogni intervento viene
deciso in base a chiari protocolli di attuazione.
 Per l'Associazione Papa Giovanni XXIII hanno parlato due giovani
protagonisti, Alberto e Samuele, dell'Operazione Colomba: 1.200 partecipanti
dal 1992, fra cui 300 obiettori di coscienza dal 1993; 400 milioni di lire
il costo complessivo, da autofinanziamento. Si tratta di andare a vivere in
comunità inserite fra la gente, in zone a rischio come il Kossovo o il
Chapas, nell'intento di gettare ponti vivi di comprensione e dialogo al di
sopra delle frontiere.
Esperienze e interrogativi
 Infine, hanno parlato Nadia Cervoni, Maria Assunta Cestaro e la stessa
Morgantini per le "Donne in nero/Associazione per la Pace". Il movimento
nacque nel 1988 fra donne italiane con quelle palestinesi-israeliane e poi
con quelle di Belgrado, Kossovo, Algeria, Afghanistan. Obiettivo: costruire
un movimento e una politica-diplomazia internazionale di pace, fatta con il
nero e il silenzio, radicalmente antimilitariste. <<Assumiamo - hanno
dichiarato - la parzialità e la non-neutralità; la pace c'è dove si accetta
di convivere nella diversità; del Corpo di pace civile europeo devono far
parte uomini e donne; affermiamo il diritto di esistere diverse; occorre
vincere l'odio e costruire ponti di pace>>.
 Dopo queste testimonianze di protagonismo sociale concreto sono intervenuti
molti degli invitati, tutti rappresentanti di movimenti o associazioni
europei di pace. Si era alla vigilia dell'incontro europeo di Helsinki, che
aveva all'ordine del giorno la difesa comune europea, ossia l'esercito
europeo, a sostegno - si dice - di una politica estera credibile. I
rappresentanti della Commissione e del Consiglio europei hanno contestato
l'affermazione, dicendo che la piattaforma di Solana, da segretario della
Nato divenuto responsabile della politica estera europea, era distinta in
due parti: una militare e una non militare, senza nominare esplicitamente i
corpi civili, ma le organizzazioni non governative. Fatto sta, hanno
osservato altri invitati, che non c'è ancora nessuno studio concreto di
fattibilità per i corpi civili, come richiesto dal parlamento, e che i
finanziamenti sono tutti finalizzati per le armi e non per la pace.
 In quest'ottica, sarà importante creare una rete di pressione e di
collaborazione fattiva fra i vari movimenti e associazioni, pur rispettando
la specificità di ciascuno. <<Questo incontro di Bruxelles - ha concluso la
Morgantini - è già un segno di azione comune; e non sarà l'ultimo>>.

Angelo Cavagna


"BEATI I COSTRUTTORI DI PACE"
IN PIAZZA CON LA RULOT A PADOVA
C E C E N I A :  C H E  F A R E  ?
 CECENIA: una sporca speculazione elettorale per il potere in Russia, sulla
pelle di migliaia di persone. Tantissimi profughi, feriti e morti. Anche in
Russia sono tante le mamme che lamentano la morte del loro figlio soldato e
per questo protestano.
Il pretesto del terrorismo ceceno non tiene più.
Ma che si può fare?
 Quancuno ha obiettato: "Manderemo la NATO a bombardare la Russia?". E i
pacifisti dove sono? Ma perchè nessun altro nella società si fa carico?
 Avremo tra breve i giornalisti che punteranno il dito! Tutti si lamentano
perchè nessuno si muove e comunque nessuno riesce a mobilitare l'opinione
pubblica. Questo è il frutto amaro, l'eredità lasciataci dall'intervento
armato della comunità internazionale contro la federazione jugoslava. La
comunità degli stati non conosce altra forma efficace d'intervento che
quella armata e così dichiara la sua impotenza di fronte alla situazione
cecena. L'ONU, come sempre, viene tenuta volutamente e debitamente in
disparte, tanto più che la Russia è uno dei cinque membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza.
 Come non bastasse, l'Italia, con le leggi 397 e 398, ha in questi giorni
ratificato con la Russia un accordo di cooperazione militare e di
modernizzazione degli armamenti, con una grande commessa di 600 aerei "Yak
130" alla Aermacchi.
 A questo punto, qualsiasi iniziativa si prenda, è sempre tardi ed è sempre
poco. Ma rassegnarci e tacere, no; per quanto poco possiamo contare.
Facciamo appello
a tutti i cittadini, i giornalisti, le autorità regionali, provinciali,
comunali, le Comunità delle varie religioni, gli studenti e insegnanti, il
corpo accademico dell'Università, i lavoratori e le organizzazioni
sindacali, gli artigiani e gli imprenditori, e tutte le associazioni e
organizzazioni sociali:
ciascuno faccia pervenire, nelle forme che ritiene più efficaci, la sua voce
perchè:
1 - abbia a cessare immediatamente l'intervento armato russo in Cecenia;
2 - venga lasciato immediatamente libero accesso alle organizzazioni
umanitarie
     in soccorso della popolazione e ai mezzi d'informazione;
3 - l'ONU riprenda con autorevolezza la sua funzione pacificatrice in
Cecenia e
     in tutti i conflitti gravi.
Padova 25 gennaio 2000
Indirizzi utili cui far pervenire la propria voce: Ministero degli Esteri
fax 06/322.
28.50; Ufficio ONU fax 06/679.33.37; Romano Prodi pres. UE fax 0032.2.296.
50.09; Javier Solana del PESC fax 0032.2.285.73.97.








COMUNICATO STAMPA
 Il Consiglio Nazionale di PAX CHRISTI, riunito presso la Casa per la Pace
di Tavernuzze (FI) il 22-23 gennaio 2.000, ha scelto di richiamare ancora
con forza all'attenzione di tutti la terribile tragedia della Cecenia. Già
nello scorso novembre, il Presidente di PAX CHRISTI mons. Diego Bona aveva
lanciato, con molti altri, un accorato appello per la Cecenia, inviato
all'ONU, all'ambasciata russa a Roma e al Governo italiano. Solo
l'ambasciata russa ha risposto.
 Durante la Marcia della Pace a Siena lo scorso 31 dicembre abbiamo
denunciato l'approvazione di accordi economico-militari con la Russia da
parte del Governo italiano (leggi 397-398), mentre erano in corso i
bombardamenti su Grozny e senza nessuna clausola legata al rispetto dei
diritti umani.
 * Chiediamo alla comunità nazionale e internazionale di far cessare il
massacro in Cecenia.
 * Chiediamo al Governo italiano di adottare misure significative sul piano
diplomatico e commerciale verso il governo russo, con la condanna del
massacro in corso in Cecenia. Siamo senza parole per gli accordi
economico-militari che l'Italia sta firmando con la Russia.
 * Esprimiamo solidarietà a padre Angelo Cavagna, dehoniano di Bologna,
giunto al 23° giorno di digiuno per la Cecenia.
 * Vogliamo sperare che anche la Chiesa italiana raccolga queste
testimonianze, unite al grido di dolore di tante vittime della guerra e
compia davvero con coraggio evangelico la scelta della nonviolenza e della
condanna di ogni guerra, per un'autentica educazione alla pace.
 * Chiediamo ai mezzi di informazione innanzitutto di 'informare' su quanto
si sta facendo e dicendo sulla Cecenia e sulle guerre in genere. Ci
amareggia il silenzio su molte attività, accompagnato dal dileggio ironico
sul presunto silenzio dei pacifisti. E' impegno, e fatica, di tutti compiere
gesti concreti a favore della pace, anche con una corretta informazione.
Spesso chi lavora per la pace fa notizia solo quando muore come è avvenuto
per l'ATR carico di volontari caduto nei pressi di Prishtina lo scorso 12
novembre.
 Non vogliamo che il silenzio dell'indifferenza sia più assordante dei colpi
di cannone e delle grida di dolore delle tante vittime innocenti di questa
guerra e di tutte le guerre più o meno dimenticate.
 Firenze 24 gennaio 2000                                  PAX CHRISTI ITALIA

MOZIONE dei VERDI
 L’assemblea costituente dei Verdi, riunita a Chianciano nei giorni
21-23.1.2000, ritiene necessario inserire nei geni del nuovo soggetto
politico verde il rifiuto permanente e definitivo della guerra e della sua
preparazione.
 Propone pertanto di premettere al Documento politico- programmatico un
preambolo nel quale venga espresso:
1) il rifiuto della guerra e della sua preparazione come scelta strategica,
morale e politica, dei Verdi;
2) l’impegno di operare a favore del rafforzamento dell’ONU, dell’
opposizione al Nuovo Modello di Difesa, del sostegno al Corpo di Pace Civile
Europeo, della scelta della nonviolenza come via, personale e politica, dei
Verdi italiani.



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